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Eucaristia piccolo catechismo eucaristico di mons. Luciano Pascucci

Ultimo Aggiornamento: 19/04/2017 14:20
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19/04/2017 13:48
 
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RITI INIZIALI

I riti iniziali comprendono tutto ciò che si svolge dall’ingresso fino alla proclamazione della Parola.
Il loro scopo è quello di fare sì che i fedeli, riuniti insieme, costituiscano una comunità, si raccolgano in sé per disporsi rettamente ad ascoltare con fede la Parola di Dio ed a celebrare degnamente l’Eucaristia, e perché entrino in preghiera.
Non è sempre chiaro nella mente e nel cuore dei soggetti laici il motivo della convocazione; alle ragioni della fede spesso si mescolano altre motivazioni.
Per questo ci sono i riti di introduzione: perché vengano purificate le intenzioni dei fedeli convocati e ci sia un’appropriazione oggettiva della ragioni della fede e della grazia.

E’ profondamente diverso, sia per una comunità che per una singola persona, iniziare la santa Messa con un’assemblea già adunata e preparata o con un’assemblea in buona parte ancora in formazione.
Nel primo caso i riti introduttivi potranno dispiegare tutte le loro potenzialità in ordine all’evangelizzazione della mente e del cuore dei fedeli.
Nell’altro caso essi risulteranno solo un riempitivo e una fase di passaggio, ancora incerta e confusa.
Concretamente essi si articolano così:


a. Il popolo si raduna.

Convocazione dell’assemblea. La Messa è una ‘sacra convocazione’; ciò significa che il Signore ci raduna insieme alla sua presenza, nel giorno della sua risurrezione; ci invita a entrare in comunione con lui e tra di noi. Non è solo un fatto materiale rispondente a una necessità: il fatto di radunarsi esprime e realizza il mistero della Chiesa, che è ‘un popolo radunato’, e rende presente Cristo in mezzo ai suoi riuniti nel suo nome.
E’ una convocazione ecclesiale che in ultima analisi è convocazione divina. Tutto questo è un’epifania della Chiesa.
La ragione del radunarsi dei cristiani la domenica non è da cercare sul versante morale di una generosità particolare, bensì sul versante “teologale” di una risposta a una chiamata di Cristo stesso: è lui che convoca (ek-kalèo) il suo popolo, è lui che esercita in mezzo e in favore di questo popolo il suo sacerdozio unico e intrasmissibile.
La celebrazione comincia già quando, al suono delle campane, i fedeli escono di casa e si avviano verso la chiesa. E’ la voce del Signore che ci invita e ci dice: “Venite, vi sto aspettando!”. Le chiese ci ricordano che siamo pellegrini.
Ci avviamo verso la chiesa per ringraziare, lodare, benedire, esaltare, glorificare, cantare, gioire insieme. La vita ha vinto sulla morte, l’amore ha vinto l’egoismo; ci è stata data la speranza della nostra stessa vittoria! E’ mai possibile rimanere indifferenti o pigri?
Per facilitare l’unione materiale di chi si raduna è molto utile un intelligente e discreto servizio di accoglienza. E’ d’obbligo l’invito a spegnere il cellulare, perché ci si concentri sull’azione liturgica che sta per iniziare.
Il primo atteggiamento cristiano quando si arriva in questa assemblea domenicale non è quello di mettersi la testa fra le mani, di tapparsi gli orecchi e chiudere gli occhi per potersi raccogliere nel cuore a cuore con Dio, ma è quello di accogliere questi ‘altri’ che sono donati da Dio a ciascuno come il prossimo più prossimo da amare; anzi, come membra del medesimo ‘Corpo’, come pietre vive del medesimo ‘Tempio’.
Per questo tutta l’assemblea è chiamata ad essere interamente attiva con Cristo. Si invera così l’adagio, teologicamente fondato sulla tradizione liturgica costante del “noi” partecipativo (“ti preghiamo”, “ti rendiamo grazie”, “ti chiediamo”…) e diventato oggi comune: “uno solo presiede, ma tutti celebrano”, adagio da intendere così: uno solo presiede per manifestare e rendere possibile il fatto che tutti celebrano!
“La liturgia non dice ‘io’, bensì ‘noi’. La liturgia non è opera del singolo, bensì della totalità dei fedeli. Essa si dilata oltre i limiti di uno spazio determinato e abbraccia tutti i credenti della terra intera. E travalica anche i limiti del tempo, in quanto la comunità che prega sulla terra si sente una cosa sola anche con i beati, che vivono nell’eternità” (Romano Guardini).

Dunque, la Messa non è uno spettacolo. Qualche volta si sente dire specialmente dalle persone adulte: “Andiamo a prendere Messa” o “Andiamo a sentire la Messa”. La Messa non è qualcosa che si prende o si ascolta, come si può vedere un film o una partita di calcio.
La Messaè la festa dei cristiani che si incontrano con il Signore risorto e fra di loro. La Messa non va “ascoltata”, ma va vissuta e partecipata. Sono io insieme a tutti gli altri che celebro la Messa e il sacerdote come ministro incaricato la presiede.


b. Accesso dei ministri all’altare

1. Processione d’ingresso.

E’ la prima della quattro processioni previste dalla celebrazione della Messa. Esse sono:
a. la processione di ingresso,
b. la processione al Vangelo,
c. la processione per la presentazione dei doni,
d. la processione alla comunione.
La processione d’ingresso è il movimento compiuto dal presidente assieme agli altri ministri verso l’altare. Il presidente è segno visibile di Cristo. Essa ricorda la chiesa pellegrinante che è in cammino verso la casa di Dio nella gloria.


2. Canto d’ingresso.

Salmo di ingresso (Introitus) . L’introito diventa l’idea-guida del nostro cammino verso l’altare e del nostro comportamento interiore all’inizio della celebrazione. Impariamo a ordinare pensieri ed emozioni, temi e impressioni. Tutto il popolo, in un modo o nell’altro, deve partecipare all’esecuzione del canto di ingresso. L’unione delle voci contribuisce efficacemente a favorire quell’unione degli spiriti che costituisce uno degli scopi del canto di ingresso. Il canto d’ingresso serve anche a introdurre lo spirito dei fedeli riuniti nel mistero del tempo liturgico o della festività. Cantando, la comunità entra nel mistero dell’amore che Dio le mostrerà nell’Eucaristia.
- Il canto – in particolare – è segno della gioia del cuore (cf At 2,46). Dice molto bene S. Agostino: “Il canto è proprio di chi ama”.
- Il canto sottolinea la dimensione gioiosa e conviviale della Messa. “Il canto ha una grande valenza antropologica e simbolica, dà forza al messaggio di fede, fa sentire uniti, suscita emozioni, apre all’adorazione, facilita la contemplazione e la preghiera, è espressione di festa e di gioia” (Benedetto XVI).


3. Gli atti di riverenza davanti all’altare.

- Prima riverenza è l’inchino o l’inginocchiarsi (se c’è il SS. Sacramento). Mi faccio piccolo, mi abbasso, e questo per amore. Nell’inginocchiarsi l’uomo si fa piccolo per un profondo rispetto verso Dio.
- Seconda riverenza è il bacio dell’altare. E’ il segno di venerazione più antico e più importante. L’altare rimanda a Cristo, poiché l’unico altare del cristianesimo è Cristo, nostra vittima e sacerdote. L’altare della nostra celebrazione serve solo come richiamo all’altare vero e proprio, a Cristo. E’ Cristo, infatti, l’altare sul quale i nostri doni vengono presentati al Padre. Dice S. Ambrogio:‘Che cos’è l’altare se non la forma del corpo di Cristo?’. Il bacio dell’altare intende quindi il Signore, a cui vogliamo manifestare riverenza e amore. E’ il bacio che la Chiesa Sposa dona a Cristo Sposo.
- Terza riverenza è l’incensazione dell’altare. Come non pensare in questo caso ai Magi? Dopo la nascita del Figlio di Dio a Betlemme, essi portano fra i loro doni, anche l’incenso, e qui sull’altare il Signore nasce di nuovo.
Questi tre gesti di venerazione all’altare permettono di stabilire un particolare rapporto con Cristo. Sono anzi l’opportuno coronamento del rito di ingresso, che ha appunto lo scopo di un primo incontro dei fedeli con il Signore.


4. Il segno della croce.

Con il segno di croce iniziale ci si mette già alla presenza di Dio. Con esso proclamiamo la nostra fede, quella in cui siamo stati battezzati: Dio è Padre e Figlio e Spirito santo.
- La Messa comincia con il Battesimo. Quando l’uomo diventa cristiano, viene versata tre volte sul suo capo dell’acqua e si dice: “Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”. Solo il battezzato può celebrare l’Eucaristia e parteciparvi. Il Battesimo è la porta d’ingresso verso l’altare. - La Messa comincia con la Pasqua. Il segno della croce è il segno dell’amore con cui Cristo ci ha amati sino alla fine. Ci dice che andiamo ad offrire con tutti i cristiani il sacrificio della croce e ad offrire noi stessi. Andiamo ad unire la croce delle nostre vite con quella di Cristo.
- La Messa comincia nel nome della Trinità. Le tre persone divine vengono nominate perché la Messa è avvento di Dio per la nostra vita. Intorno all’altare scorre la triplice vita divina. Noi a Messa sediamo a mensa con la SS. Trinità. Nella Trinità troviamo asilo e gioia. Dio non è un Dio lontano e chiuso in se stesso, ma il Dio disponibile verso di noi, che ci consente di partecipare alla circolazione del suo amore. Tutta la struttura della celebrazione eucaristica è trinitaria. I credenti, attraverso il battesimo, sono stati inseriti nella comunione trinitaria.

- Questo segno tracciato sul nostro corpo è una vera professione di fede, dice che ci riconosciamo di Cristo, che siamo radunati nel suo nome e che siamo un riflesso del mistero della SS. Trinità.
- La Messa comincia con un segno di croce, ma termina anche con un segno di croce, la benedizione. La Messa è come rivestita dalla croce.
- Per i primi cristiani il segno della croce era come un distintivo con cui essi incidevano sul proprio corpo l’amore di Cristo. Compiendo il segno della croce, noi sfioriamo prima la fronte, poi l’addome, quindi la spalla sinistra e quella destra, volendo così esprimere che Gesù ama tutto di noi: il pensiero, la vitalità, la sessualità, l’inconscio e la consapevolezza.

- ‘Fate bene il segno della croce. Non un gesto affrettato, rattrappito, che non abbia alcun senso. No! Un segno di croce, uno vero, lento, largo, dalla fronte al petto, da una spalla all’altra. Sentite come questo gesto vi avvolge? Raccoglietevi, riunite in questo segno tutti i vostri pensieri e tutto il vostro cuore: sentirete quanto vi prende, vi fa sicuri, vi santifica’ (R. Guardini).

     


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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