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Eucaristia piccolo catechismo eucaristico di mons. Luciano Pascucci

Ultimo Aggiornamento: 19/04/2017 14:20
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19/04/2017 14:01
 
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LITURGIA EUCARISTICA


Per comprendere bene questo rito è essenziale riferirsi alla Cena. Si metterebbe invece su una via sbagliata chi volesse vedere corrispondenze visibili tra i gesti della Messa e la tragedia del Golgota. Certo: il contenuto è il sacrificio di Gesù. Ma la forma rituale con cui questa realtà è rivestita, è quella di un banchetto gioioso, allietato dalla presenza del Risorto.
Ed ecco le principale componenti del rito:


a. Presentazione-preparazione dei doni

Eravamo abituati alla parola ‘offertorio’: ma questo termine oscura la fisionomia essenziale di questo momento rituale. Prima di tutto si prepara l’altare che è il centro della celebrazione, collocandovi l’occorrente. Quindi si portano le offerte e si depongono sopra l’altare. Sull’altare non ci si deve mettere niente, se non il messale, la pisside e il calice. E’ bene che siano recate dai fedeli, in forma processionale, mentre si canta l’antifona destinata ad accompagnare il rito.

La processione per la presentazione dei doni: è il movimento caratterizzato dalla gioia di una comunità che esprime la sua gratitudine a Dio e afferma la signorìa di colui che è l’origine di ogni realtà creata riconoscendo la propria povertà. La processione offertoriale ha il profondo significato di portare veramente il nostro mondo al cospetto di Dio. Anche questo serve ad esprimere la parte attiva che ognuno prende al sacrificio: all’altare viene offerto e consacrato ciò che ogni fedele ha portato, non tanto e solo in beni materiali, quanto con quel ‘complemento alla passione di Cristo’ che Paolo domanda (cf. Col 1,24).

Il mistero dell’acqua e del vino: prima della preghiera di benedizione per il vino, durante la preparazione del calice, assieme al vino viene versata anche, nel calice, qualche goccia d’acqua. E ciò perché Gesù nell’ultima cena consacrò del vino misto ad acqua, seguendo un uso di origine mediterranea e quindi conosciuto anche presso gli ebrei. Tale uso aveva lo scopo di evitare gli effetti inebrianti del vino. Ma soprattutto la mescolanza dell’acqua con il vino simboleggia la nostra unione con Dio, o, meglio, l’unione della nostra natura umana con la natura divina di Cristo.L’acqua indica la Chiesa, il vino indica Cristo. Cristo e la Chiesa sono strettamente uniti per l’offerta della messa. L’io dell’offerente dovrebbe dissolversi come una goccia d’acqua nel vino del sacrificio di Cristo. Così nell’Eucaristia noi diventiamo partecipi della natura divina (cf. 2Pt 1,4) e diventiamo una sola cosa con Dio in Gesù Cristo, come l’acqua e il vino sono diventati un’unica, inscindibile sostanza. Questo piccolo gesto dona un nuovo senso alla nostra esistenza: sapere che la vita e l’amore di Dio scorrono in me – e non possono più essere separati da me – mi fa sperimentare la mia grande dignità di cristiano.
Quindi i doni vengono presentati a Dio e poi deposti sull’altare con la formula di ‘benedizione’.

L’elevazione delle offerteè un’immagine simbolica importante: con questo gesto le offerte terrene entrano nell’ambito divino e noi riconosciamo che tutto proviene da Dio e a lui appartiene. Insieme con le offerte noi innalziamo la nostra vita fino a Dio, perché soltanto partendo da lui essa sarà sana e salva.

La ‘benedizione’, in linguaggio biblico, è un’esclamazione di ammirazione e di riconoscenza gioiosa, è una confessione di lode per tutto quello che Dio fa per noi. L’oggetto sono il pane e il vino, che qui sono il simbolo di tutto il creato. La formula di benedizione presenta a Dio questi doni, come per affermare il suo sovrano dominio su tutte le cose. E poiché sono anche ‘frutto del nostro lavoro’, è il senso stesso della nostra esistenza che viene percepito in quel momento: essa è fatta per essere donata a lui in un gesto d’amore, come ‘ostia vivente’. Questi doni, il Padre nella sua bontà ce li restituirà tra poco, sublimati nel Corpo e Sangue del suo Figlio; e allora potremo offrire al Padre ‘il Figlio del suo amore’.
- Bisogna ritrovare nello sguardo sulle cose del creato e sul lavoro dell’uomo una nuova capacità di benedizione; bisogna riscoprire la dimensione provvidenziale dell’ordine creaturale, riaprire lo spazio del gratuito e della riconoscenza di fronte alla destinazione ‘altra’ delle cose quotidiane. Nell’Eucaristia c’è anche una dimensione cosmica.

- Va esclusa, perché senza senso, la presentazione di oggetti che poi dovrebbero essere ripresi dagli offerenti. Non si tratterebbe più di “doni”!

- La dimensione offertoriale è molto importante, perché sottolinea la mia partecipazione all’offerta di Cristo. Non solo il presbitero, ma anche ogni fedele, per il sacerdozio comune dei fedeli, deve considerarsi, come Cristo, sacerdote e vittima.

L’elemosina: La questua in denaro o altri doni, portati dai fedeli o raccolti in chiesa, è un gesto concreto che si attua nella celebrazione per sovvenire alle necessità della chiesa e dei più poveri. Questi doni vengono deposti in luogo adatto, fuori della mensa eucaristica. L’ideale sarebbe che il ricavato della questua venisse presentato al sacerdote assieme agli altri doni. L’elemosina non è un disturbo! Sarebbe un gesto del tutto materiale nel mezzo di un’azione che dovrebbe essere tutta spirituale!? Eppure l’elemosina è necessaria, perché nella messa non si può andare a dire seriamente a Dio che lo si ama, senza mostrare nel medesimo tempo che si ama anche il prossimo.
L’elemosina sottolinea l’importante dimensione di condivisione con i poveri, che non può assolutamente mancare in ogni celebrazione eucaristica. La testimonianza della carità nasce intrinsecamente dall’Eucaristia.

L’incensazione del pane e del vino e dello stesso altare vuole significare che l’offerta della Chiesa e la sua preghiera si innalzano come incenso al cospetto di Dio. Vuole anche simboleggiare l’onore ad essi dovuto, e, nello stesso tempo, in certo modo, purificarli e santificarli. L’incensazione acquista così il valore di un ossequio anticipato al Corpo e al Sangue di Cristo che si renderanno presenti sull’altare sotto le umili apparenze del pane e del vino. E quasi a rendere partecipi di tale onore, purificazione e santificazione il sacerdote e i fedeli tutti, l’incensazione è rivolta anche a loro. E giustamente. Essi sono templi viventi di Dio e come tali, degni di onore; ma sono anche bisognosi di purificazione e di santificazione. Ma l’estensione dell’incensazione dai doni eucaristici e dall’altare al sacerdote e ai fedeli vuole essere ancora per loro un richiamo a sentirsi coinvolti personalmente nella presentazione dei doni deposti sull’altare per il sacrificio. L’assemblea intera, rappresentata dai doni presentati e incensati, intende prepararsi ad offrirsi con Cristo a Dio in sacrificio di soave odore.

Il gesto del Lavabo (Lavami. Signore, da ogni colpa) alla conclusione della preparazione dei doni è altamente simbolico. Intende esprimere il desiderio di una purificazione interiore prima della celebrazione del sacrificio eucaristico. Essa consta di due elementi collegati tra di loro: l’invito alla preghiera, l’orazione sulle offerte.

Orate fratres (pregate, fratelli…)! E’ un’introduzione alla orazione sulle offerte. Ritorna ancora l’idea del sacrificio, che occuperà un posto di primo piano nella preghiera eucaristica.

Oratio super oblata (orazione sui doni): sostanzialmente vengono presentati alcuni grandi temi: quello dell’offerta, della santificazione e del sacrificio. Vengono offerti il pane e il vino, si prega Dio di volerli accettare e santificare, di volerli trasformare nel Corpo e nel Sangue di Cristo che riattualizzerà il suo sacrificio.

Vengono così suscitate nel cuore dei fedeli quelle disposizioni interiori che sono necessarie per la partecipazione al sacrificio. Durante la prima parte del rito i fedeli stanno seduti e così esprimono la loro calma attesa e, nello stesso tempo, la loro attenta meditazione. Poi si alzano in piedi: ciò esprime la riconoscente accoglienza dell’incensazione loro indirizzata, il rispetto del sacerdote che li invita alla preghiera, la piena adesione all’invito loro rivolto e all’orazione sulle offerte.

- Il pane e il vino. Gesù non ha scelto dei prodotti ‘naturali’ che escono così dalla terra, ma ‘artificiali’, trasformati dall’attività dell’uomo. Sono questi prodotti che l’azione dello Spirito trasformerà nella presenza del Cristo donato per noi. E’ bello allora pensare che in quel pane e quel vino che vengono presentati all’altare ci siamo noi, la nostra vita, il nostro lavoro, la nostra fatica, le paure e le gioie; tutto quel complesso di sentimenti e di esperienze che costituiscono il nostro vissuto.
- Ci consegniamo a Dio perché faccia di noi quello che vuole, perché ci ‘usi’ come strumento della realizzazione della sua volontà di salvezza.

Ecco il viaggio del pane. Dopo che i fedeli lo hanno portato sull’altare, il pane incomincia un viaggio molto bello. Il sacerdote lo prende nelle sue mani e lo presenta a Dio. Poi pronuncerà su di esso una lunga preghiera di benedizione: la preghiera eucaristica. Al termine di questa preghiera il pane sarà sollevato in alto; è come se il sacerdote volesse farlo salire così fino al cuore di Dio. Fatto questo gesto, il pane sarà spezzato, poi distribuito alle persone venute a celebrare l’Eucaristia.


b. Preghiera eucaristica

Viene anche denominata: (Anafora=offerta) o (Canone=regola). Nella celebrazione eucaristica la parte centrale, quella fissa che non cambia, detta appunto “canone”, che vuol dire regola, è la parte della liturgia che produce il mistero, il mistero della presenza eucaristica di Cristo sull’altare.
Si giunge così al momento centrale e culminante dell’intera celebrazione (è il cuore della Messa): la grande preghiera eucaristica, la preghiera di azione di grazie e di santificazione, proclamata dal ministro a nome di tutta l’assemblea, e durante la quale si rinnova la Cena del Signore. Essa ci dà la chiave per afferrare la portata del rito e, insieme, con l’efficacia che le è conferita da Cristo, fa l’Eucaristia, cioè apre quel gesto umano sul mistero di Dio. Permette all’assemblea dei fedeli di unirsi a Cristo nella confessione delle meraviglie di Dio e nell’oblazione del sacrificio.
La preghiera eucaristica è una preghiera-azione. Infatti durante la preghiera eucaristica si agisce, si fa qualche cosa. E’ azione soprattutto perché riattualizza, ripresenta al Padre, nella virtù dello Spirito Santo, il sacrificio pasquale di Cristo. Eccone gli elementi:

Un inno di azione di grazie

Prefazio. Indica in genere la formula che precede un discorso. Nella liturgia romana sarebbe la forma introduttoria della preghiera eucaristica: il sacerdote, a nome di tutto il popolo santo, glorifica Dio Padre e gli rende grazie per tutta l’opera di salvezza che ha messo in atto per noi o per qualche suo aspetto particolare, a seconda della diversità del giorno, della festa o del tempo. Il prefazio, all’inizio della preghiera eucaristica, stabilisce quel clima di rendimento di grazie che dovrà pervadere poi tutta la preghiera.

Il dialogo introduttivo è antichissimo: il saluto, l’invito ad un’attiva partecipazione (Sursum corda!, (Habemus ad Dominum!), l’invito al rendimento di grazie.”In alto i nostri cuori!” “Sono rivolti al Signore!”: ossia non assorbiti da pensieri o preoccupazioni che possono insorgere dentro di noi, non divagando all’esterno distratti da varie cose, ma in uno slancio di elevazione, con il cuore, la mente e lo sguardo tutti convergenti verso Dio.
Al dialogo introduttivo segue una formula nella quale viene espresso, in forma solenne e lirica, il rendimento di grazie al Padre. Segue la parte centrale del prefazio, nella quale viene indicato il motivo del rendimento di grazie.
E’ l’elemento più variabile del prefazio (embolismo=elemento immesso, aggiunto). Esso è in stretta relazione con il mistero della salvezza ricordato. E’ l’elemento più interessante e più importante del prefazio, perché serve ad orientare e a concretizzare, volta per volta, il rendimento di grazie dell’assemblea.
C’è poi la formula del protocollo finale che ha lo scopo di far sfociare il rendimento di grazie precedente nella speciale lode e glorificazione di Dio espressa nel “Santo”. La forma è caratterizzata dal ricordo dei cori angelici, ai quali si associa la Chiesa.

- Il Prefazio è preghiera gioiosa e luminosa; persino nelle Messe di esequie, quando stiamo piangendo la perdita di persone care e sentiamo il dolore del distacco, noi continuiamo a dire: “E’ veramente cosa buona e giusta rendere grazie…”. Lo possiamo fare perché anche lì, di fronte alla morte, ritroviamo i segni della presenza del Signore e abbiamo, da lui, la promessa di una consolazione vera. Il prefazio è scuola raffinata di ringraziamento e di lode.

Molta gente fa fatica a entrare nel cuore dell’Eucaristia, a rendere grazie e questo per due motivi:
- Passiamo molto tempo a guardare noi stessi, soprattutto gli aspetti penosi della nostra esistenza: le piccole preoccupazioni, i piccoli malanni, gli insuccessi… Passiamo molto tempo a considerare il lato oscuro del mondo: violenza, ingiustizia, violazioni dei diritti della persona…I nostri occhi non vedono quasi più il sole che sorge, la libertà che ci è data, i bambini che nascono… e poi tante altre cose di cui non parlano né i giornali, né la radio, né la televisione. Se ringraziassimo Dio per tutte le cose che ci dona, non avremmo più tempo per lamentarci di quello che ci manca.
La dimensione del rendimento di grazie è ciò che più di ogni altra caratterizza la celebrazione eucaristica, tanto da dare il nome alla stessa Messa, appunto ‘Eucaristia’.
- Non abbiamo molto il senso della gratuità. La vita per la vita! Il canto per il piacere di cantare! Conversare per la gioia di conversare! Tante cose che sembrano perdita di tempo. La preghiera eucaristica è qualcosa di gratuito, è l’amicizia espressa verso Dio, in risposta all’immenso amore che egli ha per noi.

     
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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