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Rinnovo della CEI e nomina del nuovo Presidente dei Vescovi Italiani

Ultimo Aggiornamento: 26/05/2017 14:08
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23/05/2017 19:42
 
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SALUTO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
ALL'APERTURA DEI LAVORI DELLA 70ma ASSEMBLEA 
GENERALE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA (C.E.I.)

Aula del Sinodo
Lunedì, 22 maggio 2017








 

Papa Francesco:

Buona sera, fratelli e sorelle.

Ringrazio per le parole che mi ha rivolto il cardinale presidente. Vorrei ringraziare lui per questi dieci anni di servizio nella presidenza, e anche ringraziarlo per la pazienza che ha avuto con me, perché non è facile lavorare con questo Papa. E lui ha avuto tanta pazienza, e lo ringrazio tanto. Lui veniva con un piano e usciva con un altro: è così. Ma in questo lavoro, posso dire che ci vogliamo bene e abbiamo fatto un’amicizia bella. Soltanto, ho una paura: quanto mi farà pagare sabato prossimo per entrare a Genova?

Cardinale Bagnasco:

Sicuro! Sicuro … [ridono, applausi] Si prepari …

Papa Francesco:

I genovesi non fanno…

Cardinale Bagnasco:

… sconti, niente! [ridono]

Papa Francesco:

Benissimo. Grazie tante, Eminenza, e anche a tutti quelli che hanno collaborato con Lei in questi dieci anni. Ma Lei, siccome è tanto abituato, passa da una presidenza all’altra, adesso… ma le sarà più facile, quella… [si riferisce alla presidenze del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee]

Cardinale Bagnasco:

Penso di sì…

Papa Francesco:

Sarà più facile. Io ho scritto una cosa che volevo dirvi, ma poi leggendo, rileggendo ho visto che era più una meditazione che una introduzione. E mi è sembrato più utile lasciarla a voi perché la portiate, le leggiate e facciate una meditazione su quello. E’ un servizio. Alla fine della seduta di oggi, vi daranno il testo e così ognuno lo porta con sé, lo legge, lo rilegge… L’ho fatto con la volontà, soltanto, di aiutare la Conferenza ad andare avanti e così dare più frutti. La mia idea è fare un dialogo, un dialogo sincero come abbiamo fatto l’altra volta, che è uscito tanto bene e mi ha fatto bene e si domandano le cose chiaramente, senza paura. Perché quando non c’è il dialogo, quando quello che presiede non permette il dialogo, semina il chiacchiericcio ed è peggio: questo è peggio. Dialoghiamo tra noi. Da parte mia, sono disposto ad ascoltare anche opinioni che non siano piacevoli per me, ma con tutta libertà, con tutta libertà. Perché, secondo la più bella definizione, il Papa è il servo dei servi di Dio. E questo è quello che devo fare oggi, rispondendo alle vostre domande, alle vostre preoccupazioni e facendo insieme un dialogo. Fino a che ora abbiamo, Eminenza?

Cardinale Bagnasco:

Fino alle 7.

Papa Francesco:

Fino alle 7, va bene. Finiamo? Se non c’è niente da dire, finiamo prima… [ridono] Ringrazio tutti quelli che collaborano, i giornalisti, i segretari, tutti, tutti, per questo aiuto; do il benvenuto a quelli che sono stati nominati o ordinati dall’ultima assemblea a oggi, ai “nuovi”… L’ultimo ordinato nella precedente era Accrocca; chi è l’ultimo ordinato in questa? L’ultimo che è stato consacrato, chi è? [Mons. Guglielmo Giombanco, vescovo di Patti] Benvenuto!

E adesso, solennemente, extra omnes! [ridono, applausi]
 


Discorso consegnato dal Santo Padre
 

Cari fratelli,

in questi giorni, mentre preparavo l’incontro con voi, mi sono trovato più volte a invocare la «visita» dello Spirito Santo, di Colui che è “il soave persuasore dell’uomo interiore”. Veramente, senza la sua forza “nulla è nell’uomo, nulla senza colpa” e vana rimane ogni nostra fatica; se la sua “luce beatissima” non ci invade nell’intimo, restiamo prigionieri delle nostre paure, incapaci di riconoscere che siamo salvati solamente dall’amore: ciò che in noi non è amore, ci allontana dal Dio vivente e dal suo Popolo santo.

“Vieni, Santo Spirito, manda a noi dal cielo un raggio della tua luce. Dona ai tuoi fedeli, che solo in te confidano, i tuoi santi doni”.

Il primo di questi doni sta già nel convenire in unum, disponibili a condividere tempo, ascolto, creatività e consolazione. Vi auguro che queste giornate siano attraversate dal confronto aperto, umile e franco. Non temete i momenti di contrasto: affidatevi allo Spirito, che apre alla diversità e riconcilia il distinto nella carità fraterna.

Vivete la collegialità episcopale, arricchita dall’esperienza di cui ciascuno è portatore e che attinge alle lacrime e alle gioie delle vostre Chiese particolari. Camminare insieme è la via costitutiva della Chiesa; la cifra che ci permette di interpretare la realtà con gli occhi e il cuore di Dio; la condizione per seguire il Signore Gesù ed essere servi della vita in questo tempo ferito.

Respiro e passo sinodale rivelano ciò che siamo e il dinamismo di comunione che anima le nostre decisioni. Solo in questo orizzonte possiamo rinnovare davvero la nostra pastorale e adeguarla alla missione della Chiesa nel mondo di oggi; solo così possiamo affrontare la complessità di questo tempo, riconoscenti per il percorso compiuto e decisi a continuarlo con parresia.

In realtà, questo cammino è segnato anche da chiusure e resistenze: le nostre infedeltà sono una pesante ipoteca posta sulla credibilità della testimonianza del depositum fidei, una minaccia ben peggiore di quella che proviene dal mondo con le sue persecuzioni. Questa consapevolezza ci aiuta a riconoscerci destinatari delle Lettere alle Chiese con cui si apre l’Apocalisse (1,4–3,22), il grande libro della speranza cristiana. Chiediamo la grazia di saper ascoltare ciò che lo Spirito oggi dice alle Chiese; accogliamone il messaggio profetico per comprendere cosa vuole curare in noi: “Vieni, padre dei poveri; vieni, datore dei doni; vieni, luce dei cuori”.

Come la Chiesa di Efeso, forse a volte anche noi abbiamo abbandonato l’amore, la freschezza e l’entusiasmo di un tempo… Torniamo alle origini, alla grazia fondante degli inizi; lasciamoci guardare da Gesù Cristo, il «Sì» del Dio fedele, l’unum necessarium: “Questa nostra assemblea qui radunata non brilli d’altra luce se non di Cristo, che è la luce del mondo; i nostri animi non cerchino altra verità se non la parola del Signore, che è il nostro unico maestro; non preoccupiamoci d’altro se non di obbedire ai suoi precetti con una sottomissione fedele in tutto; non ci sostenga altra fiducia se non quella che corrobora la nostra flebile debolezza, perché si fonda sulle sue parole: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20)” (Paolo VI, Discorso per l’inizio della seconda sessione del Concilio Ecumenico Vaticano II, 29 settembre 1963).

Come la Chiesa di Smirne, forse anche noi nei momenti della prova siamo vittima della stanchezza, della solitudine, del turbamento per l’avvenire; restiamo scossi nell’accorgerci di quanto il Dio di Gesù Cristo possa non corrispondere all’immagine e alle attese dell’uomo ‘religioso’: delude, sconvolge, scandalizza. Custodiamo la fiducia nell’iniziativa sorprendente di Dio, la forza della pazienza e la fedeltà dei confessori: non avremo a temere la seconda morte.

Come la Chiesa di Pergamo, forse anche noi talvolta cerchiamo di far convivere la fede con la mondanità spirituale, la vita del Vangelo con logiche di potere e di successo, forzatamente presentate come funzionali all’immagine sociale della Chiesa. Il tentativo di servire due padroni è, piuttosto, indice della mancanza di convinzioni interiori. Impariamo a rinunciare a inutili ambizioni e all’ossessione di noi stessi per vivere costantemente sotto lo sguardo del Signore, presente in tanti fratelli umiliati: incontreremo la Verità che rende liberi davvero.

Come la Chiesa di Tiatira, siamo forse esposti alla tentazione di ridurre il Cristianesimo a una serie di principi privi di concretezza. Si cade, allora, in uno spiritualismo disincarnato, che trascura la realtà e fa perdere la tenerezza della carne del fratello. Torniamo alle cose che contano veramente: la fede, l’amore al Signore, il servizio reso con gioia e gratuità. Facciamo nostri i sentimenti e i gesti di Gesù ed entreremo davvero in comunione con Lui, stella del mattino che non conosce tramonto.

Come la Chiesa di Sardi, possiamo forse essere sedotti dell’apparenza, dall’esteriorità e dall’opportunismo, condizionati dalle mode e dai giudizi altrui. La differenza cristiana, invece, fa parlare l’accoglienza del Vangelo con le opere, l’obbedienza concreta, la fedeltà vissuta; con la resistenza al prepotente, al superbo e al prevaricatore; con l’amicizia ai piccoli e la condivisione ai bisognosi. Lasciamoci mettere in discussione dalla carità, facciamo tesoro della sapienza dei poveri, favoriamone l’inclusione; e, per misericordia, ci ritroveremo partecipi del libro della vita.

Come la Chiesa di Filadelfia, siamo chiamati alla perseveranza, a buttarci nella realtà senza timidezze: il Regno è la pietra preziosa per cui vendere senza esitazione tutto il resto e aprirci pienamente al dono e alla missione. Attraversiamo con coraggio ogni porta che il Signore ci schiude davanti. Approfittiamo di ogni occasione per farci prossimo. Anche il miglior lievito da solo rimane immangiabile, mentre nella sua umiltà fa fermentare una gran quantità di farina: mescoliamoci alla città degli uomini, collaboriamo fattivamente per l’incontro con le diverse ricchezze culturali, impegniamoci insieme per il bene comune di ciascuno e di tutti. Ci ritroveremo cittadini della nuova Gerusalemme.

Come la Chiesa di Laodicea, conosciamo forse la tiepidezza del compromesso, l’indecisione calcolata, l’insidia dell’ambiguità. Sappiamo che proprio su questi atteggiamenti si abbatte la condanna più severa. Del resto, ci ricorda un testimone del Novecento, la grazia a buon mercato è la nemica mortale della Chiesa: misconosce la vivente parola di Dio e ci preclude la via a Cristo. La vera grazia – costata la vita del Figlio – non può che essere a caro prezzo: perché chiama alla sequela di Gesù Cristo, perché costa all’uomo il prezzo della vita, perché condanna il peccato e giustifica il peccatore, perché non dispensa dall’opera… È a caro prezzo, ma è grazia che dona la vita e porta a vivere nel mondo senza perdersi in esso (cfr. D. Bonhoeffer, Sequela). Apriamo il cuore al bussare dell’eterno Pellegrino: facciamolo entrare, ceniamo con Lui. Ripartiremo per arrivare in ogni dove con un annuncio di giustizia, fraternità e pace.

Cari fratelli, il Signore non punta mai a deprimerci, per cui non attardiamoci sui rimproveri, che nascono comunque dall’amore (cf. Ap. 3,19) e all’amore conducono. Lasciamoci scuotere, purificare e consolare: “Lava ciò che è sordido, bagna ciò che è arido, sana ciò che sanguina. Piega ciò che è rigido, scalda ciò che è gelido, drizza ciò che è sviato”.

Ci è chiesta audacia per evitare di abituarci a situazioni che tanto sono radicate da sembrare normali o insormontabili. La profezia non esige strappi, ma scelte coraggiose, che sono proprie di una vera comunità ecclesiale: portano a lasciarsi «disturbare» dagli eventi e dalle persone e a calarsi nelle situazioni umane, animati dallo spirito risanante delle Beatitudini. Su questa via sapremo rimodellare le forme del nostro annuncio, che si irradia innanzitutto con la carità. Muoviamoci con la fiducia di chi sa che anche questo tempo è un kairos, un tempo di grazia abitato dallo Spirito del Risorto: a noi spetta la responsabilità di riconoscerlo, accoglierlo e assecondarlo con docilità.

“Vieni, Santo Spirito. Consolatore perfetto, ospite dolce dell’anima, dolcissimo sollievo”.

Cari fratelli, “posti a pascere la Chiesa di Dio” (At 20,28), partecipi della missione del Buon Pastore: ai vostri occhi nessuno resti invisibile o marginale. Andate incontro a ogni persona con la premura e la compassione del padre misericordioso, con animo forte e generoso. Siate attenti a percepire come vostro il bene e il male dell’altro, capaci di offrire con gratuità e tenerezza la stessa vita. Sia questa la vostra vocazione; perché, come scrive Santa Teresa di Gesù Bambino, “solo l’amore fa agire le membra della Chiesa: se l’amore si spegnesse, gli apostoli non annuncerebbero più il Vangelo, i martiri rifiuterebbero di versare il loro sangue…”.

In questa luce, ringrazio anche a nome vostro il Card. Angelo Bagnasco per i dieci anni di presidenza della Conferenza Episcopale Italiana. Grazie per il suo servizio umile e condiviso, non privo di sacrificio personale, in un momento di non facile transizione della Chiesa e del Paese. Anche l’elezione e, quindi, la nomina del suo successore, altro non sia che un segno d’amore alla Santa Madre Chiesa, amore vissuto con discernimento spirituale e pastorale, secondo una sintesi che è anch’essa dono dello Spirito.

E pregate per me, chiamato a essere custode, testimone e garante della fede e dell’unità di tutta la Chiesa: con voi e per voi possa assolvere questa missione con letizia fino in fondo.

“Vieni, Santo Spirito. Dona virtù e premio, dona morte santa, dona gioia eterna”. Amen.



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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23/05/2017 19:48
 
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Scelta la terna per la guida della Cei. Ultima prolusione del card. Bagnasco

 
L'assemblea generale della Cei - AP



I vescovi italiani hanno scelto la terna di nomi da sottoporre al Papa per la nomina del nuovo presidente della Cei. Oltre al cardinale arcivescovo di Perugia Gualtiero Bassetti, sono mons. Francesco Giulio Brambilla, vescovo di Novara, e il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento. La scelta è avvenuta durante l'assemblea della Cei in corso in Vaticano fino a giovedi. Ora sarà Francesco a decidere la guida dei vescovi italiani. E oggi ultima prolusione del cardinale Angelo Bagnasco da presidente della Cei. Il porporato ha messo in guardia dal populismo che pervade l’Europa, ed è tornato a chiedere più tutele per le famiglie e i giovani.

Il cardinale Bagnasco disegna il quadro di un’Italia che fa fatica ad uscire dalla crisi. Disoccupazione e povertà, crisi della natalità sono fenomeni che condizionano la società italiana, ma non solo.

Attenzione al populismo
Il populismo, figlio di “una democrazia apparente” in tutta Europa, prende piede: “Ci si chiede, pertanto, se serva veramente la gente, oppure se ne voglia servire; se intenda veramente affrontare i problemi o non piuttosto usarli per affermarsi. Con questo, il populismo non può essere snobbato con sufficienza: va considerato con intelligenza, se non altro perché raccoglie sentimenti diffusi che non nascono sempre da preconcetti, ma da disagi reali e, a volte, pure gravi”.

Non sostenere la famiglia è suicida
Ed ancora, la famiglia. “Quante volte abbiamo messo in guardia dalle derive antropologiche: esse, in nome dell’uomo, lo negano con costumi e leggi che sembrano rispettare la libertà, ma in fondo sono convenienti all’economia – dice il cardinale all’assemblea - Le famiglie, sul piano sociale, si sentono sostanzialmente abbandonate: sono urgenti politiche familiari consistenti nelle risorse e semplici nelle condizioni e nelle regole. Non sostenere la famiglia è suicida”.

Demografia in caduta libera
Ne consegue che ad oggi è sempre più difficile fare figli. Il cardinale mette in luce che “basterebbe, a questo proposito, accennare – e l’abbiamo fatto infinite volte – alla caduta libera della demografia: non è possibile che le politiche familiari siano sempre nel segno di piccoli rimedi, quando sono necessarie cure radicali. E che dire del dramma della disoccupazione? Il compito di mantenere le nostre aziende e di crearne di nuove è certamente di molti. Ma la politica in solido ha la responsabilità primaria non delegabile di creare le condizioni di possibilità e di incentivare in ogni modo la geniale capacità dei nostri lavoratori”.

Attenzione ai giovani
La classe politica, fa capire il cardinale, deve guardare di più ai giovani: “Molte volte abbiamo sollecitato la politica e la società civile perché abbiano una più giusta e concreta attenzione verso di voi: l’educazione integrale, l’accesso al lavoro, l’ascolto della vostra età, leggi che abbiano a cuore il futuro della società, un futuro che siete anzitutto voi stessi, … Tutto questo e altro ancora ci sta a cuore”.

Gli altri vescovi presenti all’assemblea, soprattutto dopo il dialogo col Papa ieri, assicurano la loro attenzione al mondo giovanile.

L’arcivescovo di Taranto Filippo Santoro:

“Conferma una dimensione di vicinanza, di essere amici, di stare insieme con loro. E’ chiaro, non tutti sacerdoti lo possono fare, se uno ha 80 anni non è che può farlo. Però che ci sia questo sguardo, questo cuore, questa attenzione. E poi richiamando l’esempio della tradizione italiana, anche, di far trovare loro lavoro, di sviluppare lavoro”.

Mons. Stefano Mainetti, vescovo di Montepulciano:

“Essere semplici, guardare l’essenza del Vangelo con molta fiducia nello Spirito Santo. Non ci sono problemi insormontabili per lo Spirito Santo”.

L’incontro di ieri col Papa è stato uno stimolo per tutti, dice l’arcivescovo di Matera Giuseppe Caiazzo:

“Ci ha incoraggiato molto come vescovi, anzi ha fatto un passaggio dove ha messo in evidenza che è molto più difficile il lavoro che noi dobbiamo fare all’interno delle diocesi con il clero, con i laici, che non il lavoro che lui deve fare da Papa nel rapporto con noi come vescovi. Per cui incontriamo molte più difficoltà noi che non lui”.

Sulla stessa linea l’arcivescovo vescovo di Norcia Renato Boccardo:

“Nel dialogo con i vescovi si sono affrontate diverse questioni di pastorale pratica ordinaria. Qualcuno dei vescovi diceva: facciamo noi con il Papa quello che i nostri sacerdoti fanno con noi. Dunque questo dialogo, questa riflessione, questo mettere in luce i problemi, le difficoltà, le fatiche dell’evangelizzazione e sentire il Papa che si mette con semplicità al livello di un vescovo diocesano e che dice: ‘Quando io ero in Argentina facevo…. Mi è successo di incontrare … E allora…’. E’ dunque il Papa che condivide la sua esperienza personale, che diventa un arricchimento per tutti noi”.




Fraternamente CaterinaLD

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Il cardinale arcivescovo di Perugia Gualtiero Bassetti è stato nominato alla presidenza della Conferenza episcopale italiana da papa Francesco. Il Papa ha perciò confermato l'indicazione venuta dall'assemblea dei vescovi italiani, per cui il cardinale Bassetti era il primo nome della terna presentata al Pontefice.



di Lorenzo Bertocch


Aggiornamento, ore 10: Il Papa ha scelto il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia, quale presidente della Conferenza episcopale italiana, confermando così l'indicazione emersa dal voto dei vescovi italiani riuniti in assemblea.

Tutto lascia pensare che Gualtiero Bassetti sarà nominato da Papa Francesco come nuovo presidente della Conferenza episcopale italiana. 75 anni, in prorogatio fino agli 80 per volontà del pontefice, l'arcivescovo di Perugia-Città della Pieve è risultato il primo degli eletti nelle votazioni per stabilire la terna di nomi da cui dovrebbe uscire il nuovo presidente dei vescovi italiani.

Pronostici comunque rispettati, visto che oltre a Bassetti sono entrati nella terna, il vescovo di Novara, Franco Giulio Brambilla, e l’arcivescovo di Agrigento, il cardinale Francesco Montenegro.

Bassetti, nominato cardinale da Francesco nel concistoro del 2014, ha ottenuto 134 voti al ballottaggio della prima sessione, conclusasi con un certo entusiasmo dell'aula. Infatti, la candidatura dell'arcivescovo di Perugia era la più attesa perchè in grado di coagulare le varie anime dell'episcopato italiano. Per molti quella di Bassetti, in fondo, era la più classica delle candidature di mediazione, di fronte a un episcopato decisamente orientato verso il vescovo-teologo Franco Giulio Brambilla, figlio culturale del cardinale Carlo Maria Martini.

Proprio Brambilla, personalità decisionista e volitiva, ha collezionato 115 preferenze nel secondo turno, mentre al terzo è risultato vincitore il vescovo di Agrigento, il cardinale Francesco Montenegro con 126 voti.

Il risultato dell'elezione tra i vescovi italiani mostra chiaramente la volontà di nominare un presule gradito al pontefice, specialmente lo sono le due porpore nominate proprio da Bergoglio (anche Montenegro è stato fatto cardinale da Francesco), in quanto considerati presuli “sociali”.

Il vescovo di Agrigento accompagnò Bergoglio nella sua prima storica e significativa uscita in quel di Lampedusa, in quel mare nostrum dove troppi muoiono e dove vive il controverso fenomeno delle migrazioni. Proprio Montenegro è stato presidente Caritas Italia ed è presidente della commissione episcopale per le migrazioni. 

Bassetti è un apostolo della chiesa “in uscita”, si è subito orientato sul documento programmatico di Papa Francesco, l'Evangelii guadium, scrivendo anche una lettera pastorale alla sua diocesi per promuovere la «conversione pastorale» voluta dal pontefice. Ha parlato spesso anche di «rivoluzione della tenerezza» per interpretare la discussa esortazione post sinodale Amoris laetitia.

Sul discernimento, l'integrazione e l'accoglienza delle coppie cosiddette “irregolari”, tema forte del dibattito sinodale sulla famiglia, i tre eletti sono su posizioni molto simili e tutte di apertura anche all'accesso ai sacramenti per i divorziati risposati.

A Bassetti candidato di mediazione, viene riconosciuta una certa dose di buon senso, dote che comunque viene ritenuta importante negli equilibri tra le diverse anime dell'episcopato. Non era il candidato preferito dal Segretario generale, monsignor Nunzio Galantino, tuttavia anche per il segretario questa eventuale presidenza non promette male.

Quello che molti sostengono è che il ruolo di dominus esercitato da Galantino in questi ultimi anni di presidenza Bagnasco potrà continuare con Bassetti, sebbene ora si trovi come presidente un porporato che gode di maggior simpatia a Santa Marta, rispetto a quanto non potesse goderne Bagnasco. 

La nomina era attesa già ieri, ma è imminente. Bassetti è in pole position, ma le sorprese, papa Francesco regnante, sono sempre dietro l'angolo.




si conferma l'elezione di Bassetti a Presidente della CEI







[Modificato da Caterina63 26/05/2017 14:08]
Fraternamente CaterinaLD

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