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Cari Vescovi, vi supplichiamo, non tacete più, gridate dai tetti la Verità (6)

Ultimo Aggiornamento: 20/12/2017 09:55
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09/06/2017 08:41
 
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 Cari amici, e ci auguriamo anche molti sacerdoti e vescovi, dopo il successo di BEN CINQUE precedenti thread su questi appelli (con oltre 190-MILA visite in totale):

vedi: -  Cari Vescovi, vi supplichiamo, non tacete più, gridate dai tetti la Verità
Cari Vescovi, vi supplichiamo, non tacete più, gridate dai tetti la Verità(2)  e 

Cari Vescovi, vi supplichiamo, non tacete più, gridate dai tetti la Verità(3)
- Cari Vescovi, vi supplichiamo, non tacete più, gridate dai tetti la Verità (4)

- Cari Vescovi, vi supplichiamo, non tacete più, gridate dai tetti la Verità (5)

arriviamo alla SESTA pagina dedicata a queste suppliche ai nostri Patori, affinchè VIGILINO  attentamente e con pazienza sul gregge loro affidato, sulla diocesi che sono chiamati a servire...vedi Ezechiele 3,16-21

«Figlio dell'uomo, ti ho posto per sentinella alla casa d'Israele. Quando sentirai dalla mia bocca una parola, tu dovrai avvertirli da parte mia. Se io dico al malvagio: Tu morirai! e tu non lo avverti e non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta perversa e viva, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te. Ma se tu ammonisci il malvagio ed egli non si allontana dalla sua malvagità e dalla sua perversa condotta, egli morirà per il suo peccato, ma tu ti sarai salvato.
Così, se il giusto si allontana dalla sua giustizia e commette l'iniquità, io porrò un ostacolo davanti a lui ed egli morirà; poiché tu non l'avrai avvertito, morirà per il suo peccato e le opere giuste da lui compiute non saranno più ricordate; ma della morte di lui domanderò conto a te. Se tu invece avrai avvertito il giusto di non peccare ed egli non peccherà, egli vivrà, perché è stato avvertito e tu ti sarai salvato».

.. dal canto nostro assicuriamo preghiera e filiazione affettuosa, sempre... nei Cuori di Gesù e Maria.... specialmente in questo Anno del Centenario di Fatima (1917-2017)




 

 




  EDITORIALE
Il Papa con i vescovi polacchi
 

La Conferenza episcopale polacca ha dichiarato che l’insegnamento della Chiesa per ciò che riguarda le persone che vivono in situazioni di coppie non sacramentali “non è cambiato” dopo la pubblicazione dell’esortazione apostolica Amoris Laetitia. E' la prima conferenza episcopale a dichiarare unitariamente che continuerà a seguire l’insegnamento tradizionale della Chiesa.

di Marco Tosatti

Il 7 giugno la Conferenza episcopale polacca ha chiuso i lavori della sua assemblea generale a Zakopane, sui monti Tatra. E secondo quanto ha dichiarato a Katholish.de il portavoce dei vescovi polacchi, Pawel Rytel-Andrianik, i presuli hanno constatato che l’insegnamento della Chiesa per ciò che riguarda le persone che vivono in situazioni di coppie non sacramentali “non è cambiato” dopo la pubblicazione dell’esortazione apostolica Amoris Laetitia.

Una dichiarazione pubblica spiega che i cattolici che si trovano in quel tipo di situazioni dovrebbero essere guidati “Verso una vera conversione e a una riconciliazione con il loro coniuge e i figli di quell’unione”. I vescovi si riferivano esplicitamente all’esortazione post-sinodale di Giovanni Paolo II “Familiaris Consortio”, che permette di avvicinarsi ai sacramenti solo se i divorziati-risposati civilmente vivono una relazione come fratello e sorella.

I vescovi polacchi hanno inoltre annunciato che discuteranno in autunno, durante la prossima assemblea generale, le linee guida realtive alla cura pastorale delle persone che vivono in situazioni di coppia “non sacramentali”, e la loro integrazione nella vita della Chiesa. Le nuove linee guida spiegheranno in concreto come dovrà essere svolto l’accompagnamento dei divorziati-risposati.

Questa presa di posizione ufficiale, dopo quelle di segno contrario delle conferenze episcopali della Germania e del Belgio, rende sempre più evidente lo stato di confusione provocato dall’ambiguità delle norme – e soprattutto delle note a piè di pagina – dell’esortazione post-sinodale “Amoris Laetitia”. Dalla sua pubblicazione si assiste a interpretazioni opposte di cardinali, vescovi,e  conferenze episcopali, mentre la richiesta di chiarimenti rivolta al Pontefice non solo dai cardinali con i “Dubia”, ma da laici, vescovi e studiosi con lettere aperte e petizioni rimane ancora inevasa.

Era prevedibile per altro che la Conferenza episcopale polacca si esprimesse in questa direzione. Già nel novembre scorso mons. Jan Watroba, Presidente del Consiglio per la Famiglia dei vescovi polacchi, aveva dichiarato: “E’ un vero peccato che non esista un’interpretazione unica e un messaggio chiaro del documento, e che si debbano aggiungere interpretazioni a un documento apostolico. Personalmente preferivo documenti come quelli che Giovanni Paolo II scriveva, dove commenti aggiuntivi o interpretazioni relative all’insegnamento di Pietro non erano necessari”. In precedenza il vescovo ausiliario di Lublino Józef Wróbel aveva espresso il suo appoggio ai Dubia. I cardinali “Hanno fatto bene e hanno esercitato correttamente quello che prevede la legge canonica. Credo che sia non solo un diritto, ma anche un dovere. Sarebbe stato giusto rispondere alle loro osservazioni”.

E aveva aggiunto:

“Non potevi dare la comunione prima, e non è possibile ora. La dottrina della Chiesa non è soggetta a cambiamenti, altrimenti non si tratta più della Chiesa di Cristo fondata sul Vangelo e sulla Tradizione. Nessuno ha il diritto di modificare la dottrina, perché nessuno è padrone della Chiesa”.

Anche il presidente della conferenza episcopale polacca, mons. Gadecki, nel luglio del 2016 secondo il Tablet aveva negato la possibilità di dare l’Eucarestia ai divorziati risposati. La conferenza episcopale polacca è la prima conferenza episcopale a dichiarare unitariamente che continuerà a seguire l’insegnamento tradizionale della Chiesa sul matrimonio e i sacramenti. In precedenza si erano avute conferenze episcopali regionali, a prendere posizione in merito, e un appello dei vescovi del Kazakhstan al Papa affinché confermasse la prassi immodificabile della Chiesa sull’indissolubilità del matrimonio. Altri vescovi in tutto il mondo hanno preso posizione in difesa della dottrina del matrimonio della Chiesa così come è stata enunciata e praticata fino ad “Amoris Laetitia”.

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SARAH
Il card Roberto Sarah
 

Il Prefetto Sarah apre il convegno internazionale sulla liturgia e si toglie più di un sassolino: «L'arroganza e la violenza del linguaggio verso Benedetto XVI sono diabolici e coprono la Chiesa con un manto di tristezza e di vergogna. Queste persone demoliscono la Chiesa e la Sua profonda natura».
Nel discorso chiede ancora la riforma della riforma e invita alla comunione in ginocchio e sulla bocca. Sull'esempio di Giovanni Paolo II e Madre Teresa. 

di Lorenzo Bertocchi

Con il discorso inaugurale tenuto ieri alle 17,30 dal cardinale Robert Sarah hanno preso avvio i lavori del convegno internazionale Sacra Liturgia, quattro giorni che vedono impegnati relatori da tutto il mondo. Quest'anno l'incontro si svolge a Milano e il discorso tenuto ieri nell'Aula magna dell'Università Cattolica dall'attuale prefetto della Congregazione per il Culto Divino era particolarmente atteso.

L'indirizzo di saluto di monsignor Dominique Rey, vescovo di Toulon, ha ricordato la postfazione che il papa emerito Benedetto XVI ha scritto all’edizione tedesca del libro di Sarah, La Forza del Silenzio. Come sappiamo questo breve testo di Joseph Ratzinger ha fatto perdere la bussola a qualche personaggio interessato al tema, che si è spinto in apprezzamenti pesanti nei confronti della persona di Benedetto XVI e del prefetto (vedi QUI).

«Prego devotamente», ha detto Sarah nell'avvio del suo discorso, «per coloro che hanno il tempo e la pazienza di leggere attentamente questo volume [La forza del silenzio, nda]: che Dio li aiuti a dimenticare la volgarità e la bassezza usate da alcune persone quando si riferiscono alla "Prefazione" e al suo autore, Papa Benedetto XVI. L'arroganza, la violenza del linguaggio, la mancanza di rispetto e il disprezzo inumano per Benedetto XVI sono diabolici e coprono la Chiesa con un manto di tristezza e di vergogna. Queste persone demoliscono la Chiesa e la Sua profonda natura. Il Cristiano non combatte contro nessuno. Il Cristiano non ha nemici da sconfiggere».

Poi l'intervento del cardinale si è sviluppato cercando di focalizzare il tema più volte espresso da Joseph Ratzinger sul fatto che la Chiesa si regge e cade sulla liturgia. Per comprendere questo ha richiamato l'attenzione su tre domande: Chi è Gesù Cristo?; Come conoscere Gesù Cristo?; Che cos'è un Cristiano?

NON SEPARARE IL CRISTO DELLA STORIA DAL CRISTO DELLA FEDE

Nella liturgia «non stiamo celebrando il "Gesù della storia", e nemmeno "il Cristo della fede". Riconosciamo umilmente il Cristo risorto come Dio, nostro Signore. Non viene demitizzato e allontanato da tutto ciò che riguarda la nostra fede: nonostante il valore accademico di questa separazione, non può essere considerata un’impresa legittima nel culto della Chiesa. Quando celebriamo la Sacra Liturgia, partecipiamo nell’adorazione del Cristo diventato uomo per la nostra salvezza, pienamente umano e pienamente divino». Perciò, ha sottolineato Sarah, «la liturgia non può diventare semplice celebrazione della fratellanza, ma deve diventare culto di Dio».

CRISTO SI INCONTRA NELLA CHIESA

Come Persona vivente il Cristo si incontra nella Chiesa. «Il nostro rapporto con Cristo parte dall’unica vera Chiesa che egli ha fondato per questo scopo. Come disse Papa Benedetto XVI: “Cristo lo scopriamo, lo conosciamo come Persona vivente, nella Chiesa. Essa è il ‘suo Corpo”». Oggi, ha aggiunto, «questa realtà è negata, perchè si accoglie Gesù, ma non la Chiesa. L'incontro personale è un seme che non riesce a maturare e a produrre frutto da solo perchè ha bisogno di nutrirsi della vita della Chiesa». Quindi il cardinale ha fatto riferimento all'appello che Giovanni Paolo II fece a Sidney nel 1996, rivolgendosi ai battezzati: “Tornate a casa”. E' vero, infatti, che tanti battezzati si assentano dalla liturgia e questo viene considerato da Sarah come «un continuo e grave scandalo presente nella Chiesa che mette in pericolo la loro vita eterna. Se diciamo alla gente di tornare occorre essere sicuri che la Sacra liturgia sia fatta come vuole la Chiesa».

In riferimento alla cosiddetta “riforma della riforma”, il cardinale ha detto che «occorre considerare questa questione con urgenza. In alcuni ambienti c'è separazione tra “vecchio” e “nuovo” [rito, nda], questa opposizione non può continuare. La liturgia non può essere modificata ad ogni sviluppo ecclesiologico. La Chiesa prima e dopo il concilio non ha due identità separate».

ESSERE RIVOLTI A CRISTO

Il cardinale ha quindi richiamato alcune parole di Sant'Ambrogio rivolte al battezzato: “Ricorda le domande che ti sono state poste, ripensa alle risposte: tu ti volti verso oriente, perchè chi rinuncia a Satana guarda Cristo faccia a faccia” (De Mysterii). «Attraverso l’uso di una postura fisica comune di profondo significato accanto ai suoi fratelli, il neofita prende il suo posto come Cristiano nel culto della ecclesia. Ho parlato diverse volte sull’importanza di recuperare questo orientamento, di essere rivolti a Est durante la celebrazione della liturgia di oggi, e continuo a sostenere ciò che ho detto. Vorrei semplicemente notare che in queste parole di Sant’Ambrogio possiamo apprezzare il vero potere, la bellezza, e anche il significato quando guardiamo a est. Così siamo uniti nella Chiesa che si rivolge al Signore per adorarlo, per guardare Cristo “faccia a faccia”».

In definitiva, «un Cristiano è una persona che prende il suo giusto posto nell'assemblea liturgica della ecclesia, che prende da questa fonte la grazia e l'istruzione necessaria per la vita Cristiana. Queste persone iniziano a penetrare e quindi vivere sempre di più i profondi misteri trasmessi dalla Sacra Liturgia. Per ciò, partecipare nella Sacra Liturgia rimane essenziale per il Cristiano».

LA COMUNIONE IN BOCCA E IN GINOCCHIO

«Oggi vorrei espressamente proporre di riflettere e promuovere la bellezza, appropriatezza e il valore pastorale di una pratica sviluppata durante la lunga vita e tradizione della Chiesa, cioè l’atto di ricevere la Santa Comunione sulla lingua mentre inginocchiati. Se San Paolo ci insegna che, “nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra” (Fili 2:10), quanto più dobbiamo piegare le nostre ginocchia quando riceviamo il Signore nel sublime e intimo atto della Santa Comunione!».

Per riflettere su questo delicatissimo tema il cardinale ha proposto ai presenti l'esempio di due santi: Giovanni Paolo II e Madre Teresa di Calcutta. «L’Intera vita di Karol Wojtyla è stata segnata da un profondo rispetto per la Santa Eucarestia. (…) Oggi vi chiedo semplicemente di ripensare agli ultimi anni del suo ministero, un uomo segnato nel corpo dalla malattia, ma Giovanni Paolo II non si è mai seduto al cospetto dell’Eucarestia. Si è sempre imposto di inginocchiarsi. Aveva bisogno dell’aiuto di altri per piegare le ginocchia e poi alzarsi. Fino ai suoi ultimi giorni ha voluto darci una grande testimonianza di riverenza al Santissimo Sacramento».

Madre Teresa «sicuramente toccava quotidianamente il “corpo” di Cristo presente nei corpi rovinati dei più poveri. Tuttavia, con stupore e rispettosa venerazione, decise di non toccare il Corpo di Cristo transustanziato. Invece, lo adorava. Lo contemplava silenziosamente. Si inginocchiava e si prostrava di fronte a Gesù nell’Eucaristia. E la riceveva come un piccolo bambino umilmente nutrito dal suo Dio. Vedere Cristiani che ricevevano la Santa Comunione nelle loro mani la riempivano di tristezza e dolore. Ella stessa disse: “Quando entro nel mondo, la cosa che mi rattristisce di più è vedere la gente ricevere la Comunione nelle loro mani.”».

Sarah si è detto consapevole del fatto che «l'attuale legislazione contiene l'indulto di ricevere l'eucaristia in piedi e in mano, ma quella di riceverla in ginocchio e sulla lingua è la norma dei cattolici di rito latino».

 





EDITORIALE
Monsignor Vincenzo Paglia
 

La nuova composizione della Pontificia Accademia per la Vita indica chiaramente che si vuole andare verso lo sdoganamento della contraccezione e la cancellazione di ogni eredità di san Giovanni Paolo II. Ma si tratta di obiettivi che avrebbero conseguenze gravissime  su ogni insegnamento della Chiesa.

di Riccardo Cascioli

La gravità delle nomine alla Pontificia Accademia per la Vita è tale che merita sicuramente una puntualizzazione oltre all’analisi già pubblicata ieri. Sono almeno due i punti di svolta che meritano una riflessione.

Anzitutto appare sempre più chiaro l’intento di rimettere in discussione l’enciclica di Paolo VI Humanae Vitae (1968) e, di conseguenza, l'istruzione Donum Vitae (1987) Di quest’ultima si è già detto tempo fa dando notizia dell’annullamento di una conferenza internazionale a 30 anni dalla sua promulgazione che la Pontificia Accademia per la Vita aveva già programmato (con tanto di relatori e temi assegnati), ovviamente prima dell’arrivo di monsignor Vincenzo Paglia alla guida dell’Accademia. Paglia ha quindi provveduto a cassarla.

Sulla Humanae Vitae girano già da tempo voci di una possibile commissione “segreta” incaricata di rivedere l’enciclica che, quando fu pubblicata nel 1968, provocò una vera rivolta di tanti teologi e perfino conferenze episcopali che chiedevano l’accettazione della contraccezione. Ieri queste voci hanno trovato consistenza: il professor Roberto De Mattei ha rivelato i nomi di questa commissione, tra cui spiccano don Pierangelo Sequeri, da poco nominato preside dell’Istituto Giovanni Paolo II per gli studi su Matrimonio e Famiglia, e monsignor Gilfredo Marengo, docente dello stesso istituto, che sarà anche il coordinatore della commissione. Le nuove nomine alla Pontificia Accademia per la Vita di teologi, filosofi e bioeticisti vanno esattamente in questa direzione di “reinterpretazione” della Humanae Vitae. Un nome su tutti è quello di don Maurizio Chiodi, teologo moralista della Facoltà teologica dell’Italia settentrionale che nelle sue lezioni non lesina critiche all’enciclica di Paolo VI, e che monsignor Paglia aveva già introdotto nel Pontificio Consiglio per la Famiglia nel tentativo di far cambiare indirizzo ai membri del dicastero.

Lo schema attraverso cui dovrà avvenire il cambiamento è quello già sperimentato con successo con la Amoris Laetitia: si dirà che sulla contraccezione non cambia la dottrina ma che si farà discernimento caso per caso. Del resto, lo stesso Marengo – ricorda De Mattei citando un articolo apparso su Vatican Insider - ha recentemente invitato a superare il dualismo “pillola sì, pillola no”, così come si deve fare per “comunione ai divorziati risposati sì, comunione ai divorziati risposati no”. Per essere precisi e a futura memoria è proprio questo modo di aggirare la legge di Dio a proprio uso e consumo che si definisce “farisaico”.

Ma qui il problema va ben oltre l’ipocrisia. Si intende scardinare il principio chiave che è alla base della Humanae Vitae, coerente con ciò che la Chiesa ha sempre insegnato: l’inscindibilità della finalità unitiva e procreativa dell’atto coniugale. Ammettere la contraccezione significa introdurre una separazione che già è all’origine del disastro demografico e sociale dei nostri paesi occidentali. 

Non solo, proprio seguendo il filo del pensiero dei moralisti Paglia-style si vuole ridurre l’insegnamento della Chiesa – in questo caso su matrimonio e atto coniugale - a ideale astratto e raggiungibile solo da pochi, così da essere necessario abbassare l’asticella in modo da tenere conto della realtà. È una visione che svuota di significato i sacramenti e condanna l’uomo al suo limite, e ovviamente è una visione che si estende necessariamente a ogni aspetto della vita della Chiesa (nessuna sorpresa dunque se già vediamo all’orizzonte un nuovo dibattito sul celibato sacerdotale).

Una reinterpretazione della Humanae Vitae in senso liberal, dunque, avrebbe conseguenze gravissime per la Chiesa.

La seconda questione si lega in qualche modo alla prima. È infatti evidente che monsignor Paglia – su indicazione dall’alto - persegue l’obiettivo di cancellare ogni traccia dell’insegnamento di san Giovanni Paolo II. La Pontificia Accademia per la Vita è stata fortemente voluta da papa Wojtyla - contro molte resistenze – proprio per promuovere la cultura della vita, a difesa del diritto alla vita e della dignità della persona. Per questo per tutti i membri dell’Accademia era previsto un giuramento in cui si impegnavano a difendere la vita. 

Con monsignor Paglia, invece, abbiamo visto prima cancellare il giuramento dagli Statuti dell’Accademia, e ora nominare filosofi e scienziati in contrasto con la visione a favore della vita. Particolare scandalo ha suscitato la nomina a membro ordinario dell’Accademia del filosofo britannico Nigel Biggar, pubblicamente a favore dell’aborto entro le 18 settimane. Cosa c’entra Biggar con lo scopo per cui è nata la Pontificia Accademia per la Vita? Nulla, rappresenta il contrario, ma proprio per questo è stato nominato. E molto discutibile è anche la nomina del professor Angelo Vescovi che con Monsignor Paglia vanta un lungo sodalizio. A Terni infatti, città dove Paglia è stato vescovo dal 2000 al 2013, è stato creato un Centro per la ricerca sulle cellule staminali diretto appunto da Vescovi e finanziato anche da Paglia. Per quanto ufficialmente si affermi che la ricerca riguarda soltanto cellule staminali adulte, fonti locali sostengono invece che la ricerca scientifica riguardi anche staminali embrionali. 

Comunque sia è chiaro che la preoccupazione di monsignor Paglia – come del resto si capisce dal suo commento alla nomina dei nuovi membri dell’Accademia – non è quello di difendere la vita dal concepimento fino alla morte naturale quanto quella di arrivare a indicare strade che siano condivise anche da chi non crede nella sacralità della vita. I risultati si vedranno presto.

   si legga anche qui: Elton Paglia, presidente della pontificia accademia per la morte






[Modificato da Caterina63 15/06/2017 08:52]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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