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Ultimo Aggiornamento: 20/12/2017 09:55
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05/12/2017 08:38
 
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Dopo il Papa in Asia: ha ancora senso la missione?



  • EDITORIALI di Cascioli da La Nuova Bussola

  • 04-12-2017





Papa Francesco

Diversi sono gli spunti e le domande che provoca il viaggio del Papa in Myanmar e Bangladesh, e ci sarà forse tempo nei prossimi giorni per ritornarci. C’è però una questione che mi pare prioritaria, che i gesti e le parole di papa Francesco (anche in conferenza stampa) hanno posto in primo piano. Vale a dire, il senso della missione. O meglio, e mi si scusi la brutalità: a essere coerenti con le affermazioni del Papa, ha ancora senso la missione? E la missione, così come vissuta dalla Chiesa in duemila anni, è da rottamare?


La domanda sorge pressante anche in considerazione del fatto che Myanmar e Bangladesh sono due paesi di missione, dove la fede cattolica è arrivata 500 anni fa grazie ai missionari europei e il lavoro di evangelizzazione ha avuto un nuovo impulso all’inizio del ‘900. Sebbene le comunità cattoliche rappresentino una piccola minoranza (1% in Myanmar, ancora meno in Bangladesh), hanno una storia importante di fedeltà a Cristo, vissuta fino nel martirio, grazie anche ai tanti missionari che hanno lavorato in questi paesi. Tra questi va almeno ricordato il padre Clemente Vismara, 65 anni trascorsi nelle foreste birmane e beatificato nel 2011.


Non solo negli interventi del Papa a questa storia missionaria e di martirio non si è fatto cenno, ma nei suoi discorsi sono emersi soprattutto due aspetti: il primo è un’aperta diffidenza verso le conversioni al cattolicesimo, e a tutto ciò che sa di missione “tradizionale”. C’è una costante insistenza nel sottolineare che l’evangelizzazione non è proselitismo, lo ha fatto ancora nella conferenza stampa sull’aereo di ritorno: sebbene nel linguaggio comune per proselitismo si intenda una missione “aggressiva”, tipica di alcune sette protestanti, non pare proprio a questo che il Papa si riferisca visto che non si vede proprio come i cattolici rischino un atteggiamento del genere.

Piuttosto il Papa sembra proprio prendere le distanze dalla missione intesa anzitutto come annuncio di Cristo, di cui troviamo mille esempi negli Atti degli Apostoli e che può essere sintetizzato dal discorso di San Paolo all’Areopago di Atene: «Quello che voi adorate senza conoscere, io ve l’annunzio». Chiara in questo senso è una risposta sull’aereo: «… noi non siamo molto entusiasti di fare subito le conversioni. Se vengono, aspettano: si parla…, la tradizione vostra…, si fa in modo che una conversione sia la risposta a qualcosa che lo Spirito Santo ha mosso nel mio cuore davanti alla testimonianza del cristiano». E ancora: «Questa è la forza e la mitezza dello Spirito Santo nelle conversioni. Non è un convincere mentalmente con apologetiche, ragioni… no. E’ lo Spirito che fa la conversione. Noi siamo testimoni dello Spirito, testimoni del Vangelo». Non c’è dubbio che il Papa dia la precedenza alla convivenza tra le religioni, al reciproco rispetto: «Cosa è prioritario, la pace o la conversione? Ma, quando si vive con testimonianza e rispetto, si fa la pace. La pace incomincia a rompersi in questo campo quando incomincia il proselitismo, e ci sono tanti tipi di proselitismo, ma questo non è evangelico». Insomma, potremmo sbagliare ma sembra proprio che l’ideale implicito è che ogni religione coltivi il suo orto e guai ad alterare gli equilibri.

Si obietterà: ma il Papa invita continuamente – anche nelle frasi che ho citato – a testimoniare il Vangelo, ad essere “Chiesa in uscita”. Ed è infatti qui il secondo aspetto da mettere in evidenza, ovvero che cosa egli intenda per “testimoniare il Vangelo”: «È testimoniare le Beatitudini, testimoniare Matteo 25 («…Avevo fame e mi avete dato da mangiare,… ndr), testimoniare il Buon Samaritano, testimoniare il perdono settanta volte sette», ha detto sull’aereo. E nel valorizzare e incoraggiare i cattolici del Myanmar, su questo si è soffermato: «In mezzo a tante povertà e difficoltà, molti di voi offrono concreta assistenza e solidarietà ai poveri e ai sofferenti. Attraverso le cure quotidiane dei suoi vescovi, preti, religiosi e catechisti, e particolarmente attraverso il lodevole lavoro del Catholic Karuna Myanmar e della generosa assistenza fornita dalle Pontificie Opere Missionarie, la Chiesa in questo Paese sta aiutando un gran numero di uomini, donne e bambini, senza distinzioni di religione o di provenienza etnica». 

In questo modo sembra che l’evangelizzazione sia ridotta alle opere buone per i poveri. E l’ideale diventi essere buoni e bravi. Non c’è dubbio che le buone azioni siano importanti, ma non si può non fare un paragone: Gesù agiva certamente, ma anche insegnava e dà mandato agli apostoli di annunciare il Vangelo e «ammaestrare le genti». Gli Atti degli Apostoli ci raccontano della gioia per la conversione dei pagani e l’accoglienza della Parola di Dio. La storia della Chiesa poi è costellata di missionari martiri che avevano a cuore l’annuncio della Parola di Dio prima che la costruzione di ospedali, scuole e centri di accoglienza. E Madre Teresa di Calcutta, che pure in opere per i poveri non era seconda a nessuno, diceva: «La più grande disgrazia del popolo indiano è di non conoscere Gesù Cristo». E quanto all’apologetica, tanto disprezzata, non era forse San Pietro a invitare a «rendere ragione della speranza» che è in noi?

C’è da dire che un certo approccio non è una novità, perché una parte del mondo missionario da decenni spinge soprattutto sul piano socio-economico della missione. Ma se questa diventa l’indicazione che si irradia da Roma, torniamo alla domanda iniziale: ha ancora senso la missione?

Sarebbe auspicabile che anche dai missionari arrivassero contributi per aprire un dibattito.







Bergoglio rompe con il Credo: “Ognuno ha la sua risposta”

…e così «La presenza di Dio oggi si chiama anche Rohingya. Ognuno ha la sua risposta», parola del Vicario di Cristo che così annulla l’unica risposta che davvero conta: NOSTRO SIGNORE GESU’ CRISTO.

Che papa Francesco ci stia assordando da cinque anni con la sua rivoluzione gesuitica modernista “rap”, è sotto gli occhi di tutti, ma che noi dobbiamo “abituarci” e in silenzio subire, non solo le ambiguità ma ora anche le contraddizioni, è inaccettabile.

Se a Myanmar ha taciuto sulla difesa del gruppo dei musulmani per evitare rappresaglie contro le comunità cristiane, così hanno descritto i fatti i Media al seguito papale, in Bangladesh papa Francesco si è potuto finalmente realizzare in ciò che più gli piace: accontentare tutti. Finendo anche per contraddirsi perché, il Vicario di Cristo che afferma che ogni religione ha la sua risposta, annulla automaticamente l’unica risposta che davvero conta e che è quell’unica Verità che si chiama ed è Gesù Cristo. Parole a braccio, la cui trascrizione ufficiale e integrale le trovate qui.

Viene spontaneo chiedersi: perché convertirsi a Cristo se “ognuno ha la sua risposta”? E perché la “nostra” risposta dovrebbe essere più vera di quella delle altre religioni? E perché si dovrebbe dare ascolto ad un uomo “vestito di bianco”, accolto come una star, ascoltato da TUTTI, ma per le cui parole nessuno si converte a Cristo, se ciò che dice vale come una risposta fra le tante altre che il mondo religioso, il supermarket delle fedi può offrire?  A COSA CI SERVE IL CREDO attraverso il quale è Gesù Cristo la sola risposta che cerchiamo? A Natale chi attendiamo:  Rohingya??  In definitiva: se Gesù Cristo è LA RISPOSTA agli interrogativi umani, cosa vuol dire che “ognuno ha la sua risposta”?

Ma vedete amici, ritorniamo sempre a quella INFORMAZIONE necessaria che ognuno di noi deve avere per capire la situazione: Bergoglio è figlio dello “spirito del concilio“, quello condannato già da Paolo VI, da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI… Bergoglio è figlio spirituale del preposto gesuita Pedro Arrupe alla guida del gesuitismo modernista degli anni ’70, inizi anni ’80, che si scontrò – per la dottrina – contro Paolo VI, Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II. E’ tutto provato, nero su bianco, con testi anche ufficiali che troverete qui.

Quando il giovane Jorge Mario Bergoglio venne ostracizzato dalla stessa Compagnia di Gesù, per la sua opposizione contro la Teologia della Liberazione (TdL vedi qui), si pensava bene di assoldarlo per combattere la “buona battaglia” che lo stesso Giovanni Paolo II aveva ingaggiato, condannando la TdL attraverso un documento fatto preparare dall’allora cardinale Ratzinger, qui il testo integrale.

Tuttavia, ciò che molti non compresero allora, e neppure oggi, è che Bergoglio ingannò tutti con la sua trasposizione dalla TdL alla Teologia del popolo, del pueblo (TdP). Non ingannò ovviamente Pedro Arrupe ieri, e neppure al successore Sosa oggi, da lui prescelto alla guida della nuova Compagnia, perché entrambi consapevoli della nuova linea intrapresa dai rivoltosi: IL MODERNISMO.

Affermare che “Ognuno ha la sua risposta” è il cavallo di battaglia del gesuitismo modernista di de Chardin, K. Rahner, Pedro Arrupe ieri e di Sosa e Bergoglio oggi, con i cortigiani di corte di cui papa Francesco si è circondato proprio per portare avanti quella battaglia che aveva come slogan: “se non si può convertire la gente a Cristo, allora bisogna cattolicizzare ciò che non è cattolico“.

La prova di ciò che vi portiamo è data anche dalle stesse parole di papa Francesco nei suoi viaggi ed incontri: egli cerca di accontentare tutti. Tutti hanno “una risposta da dare”, tranne – a quanto pare – la dottrina della Chiesa e i cattolici che si azzardassero a proclamarla. In questi incontri Bergoglio dice cose suggestive ai cattolici, li conferma nella fede, senza dubbio, ma con delle aggiunte atte a spingere le nuove comunità di cristiani, ad accogliere i non cattolici non per convertirli, ma per creare INSIEME la nuova società sincretista, vedi qui, regolata non da dottrine, ma da una sorta di supermarket delle fedi dentro i quali ognuno “troverà la sua risposta”, a seconda di ciò che potrà esprime il proprio pensiero, o la propria idea di fede, vedi qui.

Non inventiamo nulla: nell’incontro con i giovani in Bangladesh, vedi qui fonte ufficiale, le immagini parlano chiaro perché non c’è alcun Crocefisso e nessuna icona della Vergine Santa durante l’incontro, ma piuttosto un enorme poster con il volto di Bergoglio primeggiante la sua parola. Non a caso, in tutti i suoi Discorsi, in questo viaggio, papa Francesco ha solo citato se stesso.

Avevamo già portato le prove, vedi qui, di come papa Francesco abbia eliminato, dagli incontri Gesù Cristo Eucaristia, ora siamo anche alla eliminazione DEI SEGNI CATTOLICI durante l’incontro con i giovani…. Potrete accusarci di tutto, ma provate almeno a smentirci portando argomenti, e noi faremo subito ammenda, se scoprissimo di aver tralasciato qualcosa di importante per la Fede Cattolica.

Prendiamo atto, per onestà propria di chi si ritiene cattolico, che dobbiamo tenere conto dell’attuale situazione drammatica in cui vive il mondo, destinato ad un grave fallimento. Insomma, non è che si può dare la colpa di tutto a papa Francesco!Bergoglio ha davanti a sé il collasso del mondo, gli scandali nella Chiesa, il dominio della cultura radical-laicista. Spesso ci viene da pensare come egli, da gesuita modernista, pensi che sia più efficace non prendere di petto il mondo ma assecondarlo il più possibile, proprio perché la vittoria del Cristo in fondo non gli è del tutto oscura, ci crede davvero! Ma sappiamo che non gli è mai interessata la coerenza con la dottrina e la Tradizione, e sappiamo che il suo interesse ruota più attorno alla (ri)conquista dei fedeli attraverso il consenso delle folle e l’assenso dei media e dei poteri culturali, vedi qui.

Le conseguenze altrettanto drammatiche di questo modo di ragionare, però, degli ultimi cinque anni, le conosciamo. Il problema è trovare un delicato equilibrio: andare in queste periferie senza però perdere quelli che vivono già, con enormi difficoltà, al centro, vedi qui! E conciliare due compiti della Chiesa: aprirsi ai mutamenti del mondo e insieme restare un punto fermo rispetto ai suoi sbandamenti, vedi qui. Papa Francesco, a dirla in bene, ha un catechismo del fai da te, elementare, con una visione assai spicciola di Dio; a dirla in male è un gesuita modernista e le sue aberrazioni anche in campo dottrinale, non sono campate in aria, ma sono un progetto chiaro di questa corrente, vedi qui.

Ogni generazione, da duemila anni, si trova e si troverà, ci ritroviamo, davanti all’immagine del Sinedrio: Allora il governatore domandò: «Chi dei due volete che vi rilasci?». Quelli risposero: «Barabba!». Disse loro Pilato: «Che farò dunque di Gesù chiamato il Cristo?». Tutti gli risposero: «Sia crocifisso!».  Ed egli aggiunse: «Ma che male ha fatto?». Essi allora urlarono: «Sia crocifisso!» (Mt.27,21-23).

Oggi nessuno vuole, intenzionalmente CROCIFIGGERE Gesù il Signore, ma il ritenerlo UGUALE alle altre religioni, nascondere il Crocefisso negli incontri cattolici, oscurare la Presenza reale nell’Eucaristia, equivale a crocefiggerlo di nuovo… affermare che «La presenza di Dio oggi si chiama anche Rohingya. Ognuno ha la sua risposta», significa tornare a crocifiggerlo perché, di proposito, si omette che LA PRESENZA DI DIO SI CHIAMA GESU’ CRISTO.

Siamo entrati in Avvento, volgiamo lo sguardo al Dio che viene, senza temere di dire al mondo il Suo Nome GESU’ CRISTO, portando le nostre afflizioni e la sofferenza della santa Chiesa, Sposa del Cristo, nel Cuore Immacolato di Maria e nel Cuore di San Giuseppe, portiamo la preghiera per il sommo Pontefice, per i Vescovi, affinché comprendano la gravità della situazione e la finiscano di tacere.







[Modificato da Caterina63 05/12/2017 08:43]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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