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Ultimo Aggiornamento: 10/10/2017 17:55
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10/10/2017 17:50
 
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II - Padre Pio eccezionale liturgo del-l'Eucarestia

1. Il sacerdozio di Padre Pio

I presbiteri, incentrati essenzialmente nel Cristo per il loro ministero, sono sacramenti visibili del Si-gnore per continuare tra gli uomini il suo ministero di salvezza (PO, 5).

Il Decreto sul ministero e vita sacerdotale del Va-ticano II dice così: « I sacerdoti... vengono elevati alla condizione di strumenti vivi del Cristo eterno sacer-dote, per proseguire nel tempo la sua mirabile opera, che ha reintegrato con divina efficacia l'intero genere umano » (Cf. PO, 12).

La singolare grazia di essere stato elevato da Dio con il sacramento dell'Ordine a strumento vivo del Signore con la configurazione a Cristo sacerdote, Pa-dre Pio la fa trasparire in una lettera scritta il 9 ago-sto 1912 a p. Agostino, in cui rievoca la sua ordina-zione sacerdotale.

« Ma, padre mio, mentre io scrivo dove vola il mio pensiero? Al bel giorno della mia ordinazione. Doma-ni, festa di S. Lorenzo, è pure il giorno della mia festa. Ho già cominciato a provare di nuovo il gaudio di quel giorno sacro per me. Fin da stamattina ho incominciato a gustare il paradiso... E che sarà quando lo gusteremo eternamente!? Vado paragonando la pace del cuore, che sentii in quel giorno, con la pace del cuore che incomincio a provare fin dalla vigilia, e non ci trovo nulla di diverso.

Il giorno di s. Lorenzo fu il giorno in cui trovai il mio cuore più acceso di amore per Gesà Quanto fui felice, quanto godei quel giorno! » (Cf. Espit. I, 297s).

I presbiteri, che debbono essere santi, ricorda il sumenzionato Decreto, vengono elevati a tanta digni-tà per proseguire nel tempo la mirabile opera del Si-gnore. E Padre Pio vuole essere santo e allo stesso tempo vuole essere anche una vittima. Tutte e due queste cose egli le lascia trasparire nella immaginetta-ricordo che preparò per la prima messa.

« O rex, dona mihi animan meam pro qua rogo et populum meum pro quo obsecro (Esther 7,5). Gesù / mio sospiro e mia vita / oggi che trepidan-te Ti elevo / In un mistero d'amore / Con te io sia pel mondo / Via Verità Vita / E per Te Sacerdote Santo / Vittima perfetta / P. Pio, Cappuccino ».

Dal giorno dell'ordinazione, la santa Messa cele-brata da questo singolare figlio del Serafico, con l'an-dare del tempo, impressionerà tanto il popolo di Dio, che sarà chiamata significativamente: « La messa di Padre Pio ».

Innanzitutto il Padre sa che Gesù concede un ba-cio di pace a quelli che celebrano.

Scrivendo il 17 agosto 1913 a p. Asgostino, egli di-ce: « Vi consoli, caro padre, il dolce pensiero di amare Gesù e di essere assai di più da lui riamato. Chiedia-mogli la grazia di amare e di vederlo amare sempre più. Chiediamogli con la sposa dei sacri Cantici: "Osculetur me osculo oris sui, quia meliora sunt ube-ra tua vino". Quante volte questo bacio di pace, a noi sacerdoti specialmente, viene dato da Gesù nel santissimo sacramento! Sì, desideriamolo ardentemente questo bacio dalla bocca divina e più ancora mostriamocene riconoscenti. Qual più caro dono pos-siamo noi miseri mortali desiderare da Dio?! » (Cf. Epist. I, 406).

Questo bacio di pace del Signore è accompagnato da fenomeni singolarissimi. Essi producono cose mi-rabili nell'anima e nel corpo di Padre Pio.

A p. Benedetto, 1'8 settembre 1911, confida: «All'altare alle volte mi sento talmente un accedi-mento per tutta la persona, che non posso descriver-glielo. Il viso massimamente mi sembra che voglia an-dare tutto in fuoco. Che segni sono questi, padre mio, lo ignoro »      (Cf. Epist. I, 234).

In poche parole, in concomitanza con la celebra-zione della santa messa, si sono verificati in Padre Pio alcuni fenomeni mistici: tocchi sostanziali, dono delle lacrime, fusione dei cuori, stigmate, per citarne alcuni.

Non mi fermo al dono delle lacrime, perché que-sto fenomeno straordinario è stato percepito dalla maggior parte dei pellegrini, che hanno assistito alla celebrazione della sua santa messa.

Chi non ha visto piangere il Padre quando leggeva l'epistola o il Vangelo? Chi non ha sperimentato le te-nerezze del suo animo, che gl'imperlavano il ciglio di lacrime, quando celebrava le feste liturgiche in onore della mamma di Gesù? E chi non ha visto fremere e piangere il Serafino di Pietrelcina allorché all'altare si cibava con la carne immacolata del Signore?

Riguardo al tocco sostanziale riporto solamente quello che Padre Pio sperimentò nella festa del Cor-pus Domini del 30 maggio 1918.

Scrivendo a p. Benedetto, il 27 luglio 1918, il Pa-dre dice: « Rammento che il mattino di detto giorno all'offertorio della santa messa mi si porgesse un alito di vita; non saprei dire nemmeno lontanamente ciò che avvenne in quel fugace momento nel mio interno, mi sentii tutto scuotere, fui ripieno di estremo ter-rore e poco mancò che non venissi a mancar di vita; poi subentrò una calma completa da me non mai spe-rimentata per l'addietro.

Tutto questo terrore, scuotimento e calma che l'una succedette all'altro fu causato non dalla vista, ma da una cosa che mi sentii toccare nella parte più secreta ed intima dell'anima. Io non riesco a dire al-tro di questo avvenimento. Piaccia a Dio farvi inten-dere la cosa come avvenne nella sua realtà » (Cf. Epist. I, 1053).

Né meno espressive sono le parole del Mistico di Pietrelcina quando parla della fusione dei cuori. In una lettera del 18 aprile 1912 il Padre confida a p. Agostino: « Il buon Gesù... non mancò... dopo di consolarmi e fortificarmi nello spirito.

A stento potei recarmi al divin prigioniero per ce-lebrare. Finita la messa mi trattenni con Gesù nel rendimento di grazie. Oh quanto fu soave il colloquio tenuto col paradiso in questa mattina! Fu tale che pur volendomi provare a voler dir tutto non lo potrei; vi furono cose che non possono tradursi in un linguag-gio umano, senza perdere il loro senso profondo e ce-leste. Il cuore di Gesù ed il mio, permettetemi l'espres-sione, si fusero. Non erano più due cuori che batteva-no, ma uno solo. Il mio cuore era scomparso, come una goccia d'acqua che si smarrisce in un mare. Gesù n'era il paradiso, il re. La gioia in me era sì intensa e sì pro-fonda, che più non mi potei contenere; le lacrime più deliziose mi inondarono il volto » (Cfr. Epist. I, 273).

Se i fenomeni mistici colpiscono chi scorre l'epi-stolario dello Stigmatizzato del Gargano, tanto ricco di doni straordinari, non meno commovente e im-pressionante è quanto la santissima Eucarestia opera fisicamente nel Serafino di Pietrelcina.

« Ieri festività di s. Giuseppe - scrive il Padre il 21 marzo 1912 - Iddio solo sa quante dolcezze provai, massime dopo la messa, tanto che le sento ancora in me. La testa ed il cuore mi bruciavano; ma era un fuo-co che mi faceva bene. La bocca sentiva tutta la dol-cezza di quelle carni immacolate del Figlio di Dio. Oh! se in questo momento che sento quasi ancora tutto mi riuscisse di seppellire sempre nel mio cuore queste con-solazioni certo sarei in paradiso! » (Cf. Espist. I, 265).

Tutto questo fa capire bene il grande dolore che viene arrecato all'umile figlio del Serafico quando, durante il servizio militare, non gli viene data la pos-sibilità di poter celebrare.

Scrivendo da Napoli, il 16 agosto 1917 a p. Bene-detto, il Padre dice: « Ieri mattina sono stato visitato due volte, da un capitano e da un maggiore, e tutti e due confermarono la diagnosi fatta dagli altri. Mi fe-cero la base e mi mandarono per altre osservazioni nella prima clinica medica, dove vi passai ieri sera.

Qui se ne passeranno almeno un'altra decina di giorni...

Sono estremamente sconfortato per l'unica ragio-ne che qui non si può celebrare, perché manca la cap-pella e fuori non ci è permesso di uscire. Che desola-zione! » (Cf. Espist. I, 931s).

In una lettera però inviata pure da Napoli, il 10 settembre 1917, se mette al corrente p. Agostino di quanto soffre fisicamente e moralmente, Padre Pio gli dice ancora: « Sono diversi giorni che ho incomincia-to a celebrare e spero che Gesù non voglia privarmi di quest'unico conforto » (Cf. Espit. I, 930s).

Un conforto durato poco. Infatti, il 15 ottobre del-lo stesso anno, scrivendo sempre da Napoli a p. Ago-stino, l'umile e sconsolato figlio del Poverello dice: « In salute vado peggiorando sempre e la febbre è as-sidua... Ciò che più mi addolora si è il non poter né celebrare, né satollarmi delle carni immacolate del di-vino agnello » (Cf. Espist. I, 955).

   


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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