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Ultimo Aggiornamento: 10/10/2017 17:55
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III - La pastorale eucaristica dell'Apo-stolo di Pietrelcina

L'Eucarestia - ha detto il Vaticano II - è fonte ed apice della vita cristiana (Cf. LG, 11).

Perché la carità come un buon seme cresca nell'anima e vi fruttifichi, - dice ancora il Concilio - ogni fedele deve ascoltare volentieri la parola di Dio e, con l'aiuto della sua grazia, compiere con le opere la sua volontà, partecipare frequentemente ai sacra-menti, soprattutto all'Eucarestia (Cf. LG, 42).

La santa comunione per Padre Pio è il gran mezzo per camminare speditamente nella via della perfezio-ne e per raggiungere quella sanità a cui è chiamato dal Signore ogni cristiano.

Nella lettera diretta a Maria Gargani, il 27 luglio 1917, Padre Pio dice a questa anima: « Mia cara fi-gliuola, io penso che la santissima Eucarestia sia il gran mezzo per aspirare alla santa perfezione, ma bi-sogna riceverla col desiderio e coll'impegno di toglie-re dal cuore tutto ciò che dispiace a colui che voglia-mo alloggiare » (Cf. Epist. III, 282s).

Non meno indicativa è la lettera che il 17 settem-bre Padre Pio scrive a Raffaelina Cerase. Il Padre in-dica a quest'anima il modo con cui deve accostarsi all'Eucarestia e quello che bisogna attendersi alla ve-nuta del Signore: « Accostiamoci a ricevere il pane degli angeli con una grande fede e con una gran fiam-ma di amore ed attendiamoci pure da questo dolcissi-mo amante delle anime nostre di essere consolati in questa vita col bacio della sua bocca. Felici noi, o Raffaelina, se arriveremo a ricevere dal Signore della nostra vita di essere consolati di questo bacio! Allora sì che sentiremo essere la nostra volontà sempre lega-ta indivisibilmente con quella di Gesti, e niuna cosa al mondo ci potrà impedire di avere un volere che non sia quello del divin maestro » (Cf. Epist. 11, 490).

Se poi ci si trova in uno stato di sofferenza che fa tanto soffrire il cuore, Padre Pio, il 30 luglio 1917, ad-dita a Rachelina Russo la via da battere per esserne li-berati: « D'altronde bisogna sempre avere coraggio, e se ci sopraggiunge qualche languore di spirito, corria-mo ai piedi di Gesù in sacramento e mettiamoci tra i celesti profumi, e saremo indubbiamente rinvigoriti » (Cf. Epist. 111, 502).

La pratica della comunione frequente, anzi quoti-diana, è la componente principale del suo apastolato. « Frequentate la comunione quotidiana, - scrive 1'11 dicembre 1916 alle sorelle Ventrella - disprez-zando sempre i dubbi che sono irragionevoli e confi-date nell'ubbidienza cieca ed ilare, non temete d'in-contrar male » (Cf. Epist. 111, 551).

La ragione per inculcare una tale pratica è perché l'Eucarestia è una forza contro gl'innumerevoli peri-coli.

Scivendo a p. Agostino, il 18 maggio 1913, a ri-guardo di un'anima, Padre Pio dice: « Sono profonda-mente commosso nel considerare le grandi cose che il Signore va operando in quell'anima grandemente pri-vilegiata. I pericoli che attorniano quel tesoro di gra-zie e di evangelica purezza sono molti purtroppo! Quindi il mezzo migliore ed unico per conservarsi fedele a Dio per lei, che è quasi sempre a contatto di gente senza fede e senza legge, che hanno sempre la bestemmia sulle labbra ed in cuore l'odio a Dio, è quello di accostarsi quotidianamente a ricevere Gesù, alla mensa degli angeli » (Cf. Epist. I, 362s).

In un'occasione analoga, allo stesso p. Agostino, il 26 giugno 1913, dietro suggerimento del cielo, in me-rito ad un'angelica creatura, il Padre scrive: « Non de-ve mai tralasciare di satollarsi del cibo degli angeli. Molte saranno le tentazioni che riceverà dal nemico, che non ignora il vantaggio che da questo cibo rice-verà la sua anima, e molte altre ancora per lei, ma non si spaventi affatto. Gesù promette che non lasce-rà di assisterla. La promessa di Gesù è immutabile e solo allora viene meno a ciò che promette quando l'anima diviene infedele » (Cf. Epist. I, 379).

Le anime pie spesso vanno soggette ad aridità spi-rituali. Sono queste un sentiero ordinario per chi vuole battere le vie di Dio. Un rimedio per vincerle vi è: la santa comunione.

«Allorché duri questo genere di male, - scrive il Padre il 6 febbraio 1918 a Erminia Gargani - non de-vi porti in angustia, non devi tralasciare mai di avvici-narti al sacro banchetto del divino Agnello, poiché nessuna cosa raccoglierà meglio il tuo spirito che il suo re, veruna cosa lo riscalderà tanto che il suo sole, veruna cosa lo stempererà sì soavemente che il suo balsamo. Non vi è altro rimedio più potente che que-sto, mia dilettissima figliuola » (Cf. Epist. III, 710).

A Maria Gargani, sorella di Erminia, Padre Pio, il 23 novembre 1918, fa un risoluto richiamo per non aver ricevuto l'Eucarestia; « Mi dici che il primo gior-no che sei uscita di casa, dopo la malattia sofferta, ti astenesti dall'accostarti alla sacra mensa, dal perché temevi di trovarti in disgrazia di Dio. Ti lodo in que-sto? giammai. Avresti dovuto rammentarti che io ti dissi: finché non sei certa di trovarti in disgrazia di Dio, cioè col peccato mortale nell'anima, non dovevi né potevi astenerti dalla comunione, ma farsi l'atto di contrizione e disporsi ad ubbidire. Guardati bene in seguito dal diportarti come ti sei diportata questa vol-ta, altrimenti ti tratterò come meriti » (Cf. Epist.111, 343).

Né meno energiche sono le parole che Padre Pio, il 2 aprile 1917, ha indirizzato ad Assunta Di Tomaso. Dopo aver indicato come bisogna comportarsi du-rante gli assalti del nemico, il Padre, con tono energi-co, riprende questa sua figliuola spirituale dicendo: « Non so poi affatto compatirti né perdonarti quel modo tuo di tralasciare con facililtà la comunione » (Cf. Epist. 111, 414).

Dopo la comunione sacramentale, Padre Pio in-culca con zelo la comunione spirituale. Ambedue so-no un mezzo importante per stare intimamente uniti a Gesù.

La comunione spirituale, a differenza di quella eu-caristica, si può ripetere tutte le volte che si vuole, e può sostituire - ma non con la stessa efficacia - la co-munione sacramentale.

Padre Pio è chiaro a riguardo.

Scrivendo a Raffaelina Cerase, il 24 ottobre 1914, il Padre si esprime così: «Vi rammaricate che, per causa della malattia, siete costretta a rimanervi digiu-na della santissima Eucarestia; ed in ciò vi compren-do e non vi do torto. Conviene rassegnarsi e non ces-sare di supplicare Gesù che venisse a visitarvi spiri-tualmente. La comunione spirituale, quando la sacra-mentale addiviene impossibile, supplisce in parte alla reale » (Cf. Epist. 11, 208).

Non meno espressivo il Padre si dimostra allorché, il 10 luglio 1917, scrive ad Assunta Di Tomaso: « Non ti inquietare quando non puoi meditare, non puoi co-municarti e non puoi attendere a tutte le pratiche di-vote. Cerca in questo frattempo di supplire diversa-

mente col tenerti unita a nostro Signore con una vo-lontà amorosa, con le orazioni giaculatorie, con le co-munioni spirituali » (Cf. Epist. 111, 424).

Padre Pio vuole addirittura che nel corso della giornata, con una certa frequenza, si voli con lo spiri-to dinanzi al tabernacolo per intrattenersi con il Di-letto.

Scrivendo ancora ad Assunta Di Tomaso, il 4 gen-naio 1922, il Padre verga a riguardo parole belle e si-gnificative: « Se non ti è concesso di poterti trattene-re a lungo in preghiera, in letture, ecc. non devi per questo sconfortarti. Finché avrai Gesù sacramentato ogni mattina, devi stimarti fortunata.

Nal corso del giorno, quando non ti è permesso di fare altro, chiama Gesù, anche in mezzo a tutte le tue occupazioni, con gemito rassegnato dell'anima ed egli verrà e resterà sempre unito con l'anima mediante la sua grazia ed il suo santo amore.

Vola con lo spirito dinanzi al tabernacolo, quando non ci puoi andare col corpo, e là sfoga le ardenti brame e parla e prega ed abbraccia il Diletto delle anime meglio che se ti fosse dato di riceverlo sacra-mentalmente» (Cf. Epist. 111, 448).

Si può immaginare allora quanto trafiggano il cuore dello Stigmatizzato del Gargano gli oltraggi che vengono fatti a Gesù eucaristico e con quale ar-dore egli ne chieda alle anime buone la riparazione. Scrivendo, 1'8 marzo 1915, ad Annita Rodote, Pa-dre Pio esce in queste espressioni: « Un'altra preghie-ra non dovete mai trascurare. Vedete quanti dispregi e quanti sacrilegi si commettono dai figliuoli degli uomini verso l'umanità sacrosanta del suo Figliuolo nel sacramento dell'amore? A noi tocca, o Annita, giacché dalla bontà del Signore siamo stati prescelti nella sua Chiesa, al dir di San Pietro, a regale sacer-dozio, a noi tocca, difendere l'onore di questo man-suetissimo Agnello, sempre sollecito quando si tratta di patrocinare la causa delle anime, sempre muto al-lorché trattasi della propria causa.

Tutta la nostra vita, tutte le nostre azioni, tutte le nostre aspitazioni siano tutte dirette a riparazioni delle offese che gl'ingrati nostri fratelli continuamen-te gli fanno» (Epist. III, 62s).

L'incitamento a volare con frequenza durante la giornata dinanzi al tabernacolo per amare e riparare è frutto di un preciso lamento fatto dal Signore a Pa-dre Pio. Il quale, il 12 marzo 1913, mette al corrente padre Agostino di quanto a riguardo gli ha confidato il Signore.

«Sentite, padre mio, i giusti lamenti del nostro dolcissimo Gesù: "Con quanta ingratitudine viene ri-pagato il mio amore dagli uomini! Sarei stato meno offeso da costoro se l'avessi amati di meno. Mio padre non vuole più sopportarli. Io vorrei cessare si amarli, ma... (e qui Gesù si tacque e sospirava, e dopo ripre-se) ma ahimé! il mio cuore è fatto per amare! Gli uo-mini vili e fiacchi non si fanno nessuna violenza per vincersi nelle tentazioni, che anzi si dilettano nelle loro iniquità. Le anime da me più predilette, messe al-la prova mi vengono meno, le deboli si abbandonano allo sgomento ed alla disperazione, le forti si vanno rilassando a poco a poco.

Mi lasciano solo di notte, solo di giorno nelle chie-se. Non si curano più del sacramento dell'altare; non si parla mai di questo sacramento di amore; ed anche quelli che ne parlano ahimé! con che indifferenza, con che freddezza.

Il mio cuore è dimenticato; nessuno si cura più del mio amore; io sono sempre contristato. La mia casa è diventata per molti un teatrto di divertimenti; anzi i miei ministri, che io ho sempre riguardato con predi-lezione, che io ho amato come la pupilla dell'occhio mio; essi dovrebbero confortare il mio cuore pieno di amarezze; essi dovrebbero aiutarmi nella redenzione delle anime, invece chi lo crederebbe?! da essi debbo ricevere ingratitudini e sconoscenze. Vedo, figlio mio, molti di costoro che... (qui si chetò, i singhiozzi gli strinsero la gola, pianse in segreto) che sotto ipocrite sembianze mi tradiscono con comunioni sacrileghe, calpestando i lumi e le forze che continuamente dò ad essi... ".

Gesù continuò ancora a lamentarsi. Padre mio, come mi fa male veder piangere Gesù» (Espist. I, 342s).

Nella cornice della pietà eucaristica, che Padre Pio inculcava, non poteva mancare l'incitamento sa-crificale alle anime da lui dirette.

Il Decreto sul ministero e vita sacerdotale del Va-ticano II afferma: « è attraverso il ministero dei pre-sbiteri che il sacrificio spirituale dei fedeli viene reso perfetto, perché viene unito al sacrificio di Cristo, unico mediatore; questo sacrificio, infatti, per mano dei presbiteri e in nome di tutta la Chiesa, viene of-ferto nell'Eucarestia in modo incruento e sacramen-tale, fino al giorno della venuta del Signore. A ciò tende e in ciò trova la sua perfetta realizzazione il mi-nistero dei presbiteri ». (Cf. PO, 2).

In sintomia con il futuro Concilio, il Padre ha in-culcato alle sue figlie spirituali di unire la loro offerta quotidiana alla vittima divina, allorché questa veniva offerta sull'altare del Signore.

Egli stesso associava le anime a lui care al divin sacrificio quando al mattino ascendeva all'altare di Dio. Padre Pio sapeva bene che offrire con Gesù al Padre i bisogni spirituali delle anime, soprattutto mentre offriva se stesso, era un mezzo sicuro per ren-dere gradite a Dio le preghiere e ottenere allo stesso tempo con sicurezza l'esaudimento.

« Io più volte al giorno, - scrive il Padre il 17 lu-glio 1917 a Erminia Gargani -, presento il tuo cuore all'eterno Padre con quello del suo diletto Figliuolo, e glielo presento immancabilmente nella santa messa. Egli non saprebbe rifiutarlo a cagione di quest'unio-ne, in virtù della quale io fo l'offerta: suppongo che tu dal canto tuo fai lo stesso» (Epist. III, 699).

Quando poi deve conoscere qual è la volontà di Dio nei riguardi di un'anima, Padre Pio scongiura il Signore durante la santa messa perché gli sveli il suo volere.

« Riguardo al novello stato da abbracciare, - dice il Padre il 19 maggio 1918 a Girolama Longo -, con tutta sincerità e verità ti dico che il Signore non mi fa conoscere ancora chiaramente la sua volontà. Io lo scongiuro assiduamente e non ho tralasciato di offri-re a questo fine più volte il santo sacrificio della mes-sa. Insistiamo con la preghiera, affinché mi faccia co-noscere tutta la sua volontà, lo ci penserò molto bene ed offrirò molte altre messe ancora affine di ricevere il lume dello Spirito Santo per ben risolvermene » (Espist. III, 1027s).

Non mancano pure suggerimenti molto utili per poter partecipare con frutto alla santa messa, indi-cando il contegno da avere nell'assistere a sf grande mistero.

Scrivendo il 25 luglio 1915 ad Annita Rodote, Pa-dre Pio così si esprime: « Entra in chiesa in silenzio e con gran rispetto, tenendoti e riputandoti indegna di comparire davanti alla maestà del Signore... Appena sei in vista del Dio sacramentato, fa' devotamente la genuflessione. Trovato il posto, inginocchiati e rendi a Gesù sacramentato il tributo della tua preghiera e della tua adorazione... Assistendo alla santa messa e alle funzioni, usa molta gravità nell'alzarti, nell'ingi-nocchiarti, nel metterti a sedere; e compi ogni atto re-ligioso con la più grande devozione » (Epist., III, 87).

Né meno significative sono state le risposte che il Padre ha dato quando è stato interrogato su tale set-tore.

- Padre, che dobbiamo fare durante la s. messa? - Compassionare ed amare.

- Come dobbiamo ascoltare la s. messa?

- Come vi assistettero la santissima Vergine e le pie donne. Come assistette san Giovanni al sacrificio eucaristico e a quello cruento della croce.

è stato inoltre chiesto:

- Padre, che benefici riceviamo ascoltando la s. messa?

- Non si possono enumerare. Si vedranno in cie-lo!

La fonte e il culmine della vita e dell'opera di Padre Pio «Questa offerta deve raggiungere la sua massima espressione nella cele-brazione del sacrificio eucaristico. E chi non ricorda il fervore col quale Padre Pio riviveva, nella messa, la passione di Cristo? Da qui la stima che egli aveva della messa - da lui chiamata "un mistero tremendo" - come momento decisivo della salvezza e della santificazione dell'uomo mediante la partecipazione alle sofferenze stesse del Crocifisso. "C'è nella messa - diceva - tutto il Calvario". La messa fu per lui la "fonte ed il culmine", il perno ed il centro di tutta la sua vita e di tutta la sua opera» (Giovanni Paolo II: San Giovanni Rotondo, 23 maggio 1987). 


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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