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Una provocazione ma anche uno studio sulla scelta di Paolo VI per la messa moderna

Ultimo Aggiornamento: 16/05/2019 22:51
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14/10/2017 23:06
 
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L'ECUMENISMO NELLA RIFORMA DI GIOVANNI XXIII...

A questo i Giansenisti non ci avevano pensato. La Riforma del 1960 sopprime dalle orazioni del Venerdì Santo l'aggettivo latino "perfidis" ( = senza fede) riferito ai Giudei, ed il sostantivo "perfidiam" ( = empietà) riferito a "Giudaica". È la porta aperta alla visita alla Sinagoga dei nostri giorni. Al numero 181 delle Rubriche del 1960 si legge: "la Messa contro i pagani venga chiamata: per la difesa della Chiesa. La Messa per togliere lo scisma, venga detta: per l'unità della Chiesa" (solita eresia che nega che la Chiesa è UNA! N.D.R.).

Questi cambiamenti rivelano il liberalismo, pacifismo e falso ecumenismo di chi li ha concepiti. Un ultimo punto, ma tra i più gravi. Nel "Breve Esame Critico" contro la "nuova Messa" presentato dai Cardinali Ottaviani e Bacci si dichiara giustamente che è "un chiaro attentato al dogma della Comunione dei Santi la soppressione, quando il sacerdote celebri senza inserviente (cioè da solo. N.d.r.), di tutte le salutationes (cioè "Dominus vobiscum" ecc.) e della benedizione finale" (pag. 18). Infatti, anche se solo, il sacerdote nel celebrare la Messa o dire il Breviario prega a nome di tutta la Chiesa e con tutta la Chiesa. Verità questa negata da Lutero. Ora, questo attentato al dogma era già compiuto dal Breviario di Giovanni XXIII che al sacerdote che lo recita da solo impone di non dire più "Dominus vobiscum - il Signore sia con voi" ma "Domine exaudi orationem meam - Signore, ascolta la mia preghiera", pensando, con una "professione di pura fede razionalista" (Breve Esame Critico, pag. 18) che il Breviario non sia più la preghiera pubblica della Chiesa, ma una lettura privata.


CONCLUSIONE NECESSARIA

Non serve a nulla la teoria, se non la si applica. Questo articolo non può concludersi senza un caldo invito, innanzitutto ai sacerdoti, a ritornare alla liturgia "canonizzata" dal Concilio di Trento ed alle Rubriche promulgate da San Pio X.

Scrive Mons. Gamber: "Molte delle innovazioni promulgate in materia liturgica negli ultimi 25 anni - a cominciare dal decreto sul rinnovamento della Liturgia della Settimana Santa del 9 febbraio 1951 (ancora sotto Pio XII) e dal nuovo Codice delle Rubriche del 25 luglio 1960 (ormai di nuovo superato) fino alla riforma, per continue piccole modificazioni, dell'Ordo Missae del 3 aprile 1969 - si sono dimostrate inutili e dannose alla vita spirituale". (Op. cit. pag. 44-45).

Purtroppo nel campo "tradizionalista" regna la confusione: chi si ferma al 1955, chi al 1965 o 1967; la Fraternità San Pio X, dopo aver adottato la riforma del 1965 è tornata a quella del 1960, di Giovanni XXIII (accordata ora dall'indulto del 1984) benché ci si permetta di introdurre usi anteriori e posteriori! Nei Distretti di Germania, Inghilterra e Stati Uniti, dove si recitava il Breviario di San Pio X, è stato imposto quello di Giovanni XXIII, e ciò non solo per motivi legalistici ma di principio, mentre si tollera a malapena la recitazione privata del Breviario di S. Pio X. Ci illudiamo, sperando che questo, o altri studi, aiutino a capire che la Riforma è UNA in tante tappe, e che tutta si deve rifiutare se non si vuole (absit) accettarla tutta? Solo con l'aiuto di Dio ed idee chiare si potrà ottenere una restaurazione che non duri un'estate di San Martino.




 
 
 





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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