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Quando il Papa è infallibile? E che cosa è la vera Tradizione? di Carlo di Pietro

Ultimo Aggiornamento: 20/11/2017 23:08
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11/11/2017 00:00
 
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Pio IX, «Dei Filius». Capitolo IV. Della Fede e della Ragione. Conclusione


L’ininterrotto pensiero della Chiesa cattolica sostenne e sostiene che esiste un duplice ordine di cognizioni, distinto non solo quanto al principio, ma anche riguardo all’oggetto; quanto al principio, perché in uno conosciamo con la ragione naturale, nell’altro con la fede divina; quanto all’oggetto perché, oltre le cose a cui la ragione naturale potrebbe arrivare, ci viene proposto di credere misteri nascosti in Dio: misteri che non possono essere conosciuti senza la rivelazione divina.

Per questo l’Apostolo, il quale asserisce che Dio è conosciuto dalle genti attraverso le cose che sono state create, trattando poi della grazia e della verità che ci sono venute da Gesù Cristo (Gv., 1, 17), afferma: “Noi parliamo di una sapienza di Dio, misteriosa, che è nascosta: di una sapienza che Dio ha ordinato prima dei secoli per la nostra gloria, e che nessuno dei principi di questa terra ha conosciuto. A noi è stata rivelata da Dio per mezzo del Suo Spirito: quello Spirito infatti scruta ogni cosa, anche le cose profonde di Dio (1Cor ., 2, 7-9). Lo stesso Figlio Unigenito ringrazia il Padre di aver tenuto nascoste queste cose ai sapienti e di averle rivelate ai pargoli” (Mt., 11, 25). Per la verità, la ragione, quando è illuminata dalla fede e cerca diligentemente, piamente e con amore, ottiene, con l’aiuto di Dio, una certa comprensione dei misteri, già preziosa per sé, sia per l’analogia con le cose che già conosce naturalmente, sia per la connessione degli stessi misteri fra di loro relativamente al fine ultimo dell’uomo. Essa, però, non è mai in grado di comprendere tali misteri allo stesso modo delle verità che costituiscono l’oggetto naturale delle proprie capacità conoscitive.

Infatti, i misteri di Dio trascendono per loro natura in modo così elevato l’intelletto creato, che anche se insegnati dalla Rivelazione e accolti con fede, restano tuttavia coperti dal velo della stessa fede e quasi avvolti nell’oscurità finché in questa vita mortale noi pellegriniamo lontani dal Signore: giacché noi camminiamo per fede e non per conoscenza (2Cor., 5, 7). Ma sebbene la fede sia superiore alla ragione, pure non vi può essere nessun vero dissenso fra la fede e la ragione, poiché il Dio che rivela i misteri della fede e la infonde in noi è lo stesso che ha infuso il lume della ragione nell’animo umano; Dio non può quindi negare se stesso, né la verità contraddire la verità. La vana apparenza di queste contraddizioni nasce soprattutto o perché i dogmi della fede non sono stati compresi ed esposti secondo la mente della Chiesa, o perché false opinioni sono state considerate verità dettate dalla ragione. Stabiliamo pertanto che ogni asserzione contraria alla verità della fede illuminata è totalmente falsa [Conc. Lat. V, Bulla Apostolici regiminis].

La Chiesa, poi, che insieme con l’ufficio apostolico d’insegnare ha ricevuto pure il mandato di custodire il deposito della fede, ha da Dio anche il diritto e il dovere di proscrivere la falsa scienza, affinché nessuno sia ingannato da una filosofia vana e fallace (Col., 2, 8). Conseguentemente non solo è vietato a tutti i fedeli cristiani di difendere come legittime conclusioni della scienza tali opinioni che sono contrarie alla dottrina della fede, specialmente quando sono state riprovate dalla Chiesa, ma gli stessi cristiani sono assolutamente tenuti a considerarle come errori che hanno ingannevole parvenza di verità. La fede e la ragione non solo non possono essere mai in contrasto fra loro, ma anzi si aiutano vicendevolmente in modo che la retta ragione dimostri i fondamenti della fede e, illuminata da questa, coltivi la scienza delle cose divine, e la fede, dal canto suo, renda la ragione libera da errori, arricchendola di numerose cognizioni. Pertanto, non è affatto vero che la Chiesa si opponga alla cultura delle arti e delle discipline umane; anzi, le coltiva e le favorisce in molti modi.

Essa non ignora né disprezza i vantaggi che da esse provengono alla vita umana; anzi dichiara che esse, dato che derivano da Dio, Signore delle scienze, conducono l’uomo a Dio, con l’aiuto della Sua grazia, qualora siano debitamente coltivate. La Chiesa non vieta certamente che le diverse discipline si valgano dei propri principi e del proprio metodo, ciascuna nel proprio ambito, ma mentre riconosce questa giusta libertà, vigila attentamente che esse non accolgano nel proprio interno errori contrari alla divina dottrina, oppure che, travalicando i propri confini, non occupino né sconvolgano le materie appartenenti alla fede. La dottrina della fede che Dio rivelò non è proposta alle menti umane come una invenzione filosofica da perfezionare, ma è stata consegnata alla Sposa di Cristo come divino deposito perché la custodisca fedelmente e la insegni con magistero infallibile.

Quindi deve essere approvato in perpetuo quel significato dei sacri dogmi che la Santa Madre Chiesa ha dichiarato, né mai si deve recedere da quel significato con il pretesto o con le apparenze di una più completa intelligenza. Crescano dunque e gagliardamente progrediscano, lungo il corso delle età e dei secoli, l’intelligenza e la sapienza, sia dei secoli, sia degli uomini, come di tutta la Chiesa, ma nel proprio settore soltanto, cioè nel medesimo dogma, nel medesimo significato, nella medesima affermazione [Vinc. Lir. Common., n. 28]. 

Canoni. IV - Fede e Ragione.

1. Se qualcuno dirà che nella rivelazione divina non è contenuto alcun mistero vero e propriamente detto, ma che tutti i dogmi della fede possono essere compresi e dimostrati dalla ragione debitamente coltivata per mezzo dei principi naturali: sia anatema.

2. Se qualcuno dirà che le discipline umane devono essere trattate con tale libertà che le loro asserzioni, anche se contrarie alla dottrina rivelata, possono essere ritenute vere e non possono essere condannate dalla Chiesa: sia anatema.

3. Se qualcuno dirà che può accadere che ai dogmi della Chiesa si possa un giorno – nel continuo progresso della scienza – attribuire un senso diverso da quello che ha inteso e intende dare la Chiesa: sia anatema.

Pertanto, eseguendo il dovere del Nostro supremo ufficio pastorale, per le viscere di Gesù Cristo scongiuriamo tutti i fedeli di Cristo, specialmente coloro che presiedono o hanno l’ufficio d’insegnare, anzi comandiamo loro, con l’autorità dello stesso Dio e Salvatore nostro, che dedichino il loro studio e la loro opera per allontanare ed eliminare questi errori dalla Santa Chiesa e spandere la luce della purissima fede. E poiché non basta evitare gli errori dell’eresia, se non si fuggono diligentemente anche tutti gli altri errori che più o meno ad essa si avvicinano, richiamiamo tutti al dovere di osservare anche le Costituzioni e i Decreti con i quali furono condannate e proibite da questa Santa Sede tutte le false dottrine e opinioni di questo genere che qui non sono esplicitamente indicate.

Dato a Roma, nella pubblica Sessione solennemente celebrata nella Basilica Vaticana l’anno dell’Incarnazione del Signore 1870, il 24 aprile, nell’anno ventiquattresimo del Nostro Pontificato. Papa Pio IX . Qui il Documento completo 




Teologia Politica n° 13. Roma locuta, causa finita est

Teologia Politica n° 13. Roma locuta, causa finita est

Poste le premesse elencate nei precedenti articoli, passiamo adesso ad un’essenziale precisazione, al fine di svolgere una corretta apologia della Teologia politica, contro tutti quelli che, definendosi pure a “vario titolo” cristiani, si rifiutano di aderire alla stessa, adducendo svariate motivazioni, prima fra tutte il rigetto di seguire la medesima Dottrina sociale così come viene insegnata e difesa da scuole o movimenti a loro poco congeniali o che essi ripugnano.

Sarebbe come dire: “non mangio la pasta al ragutto, poiché lo fanno anche i comunisti” o “non cammino con le scarpe da ginnastica, perché è abitudine dei fascisti”. L’esempio estremizza molto il concetto, tuttavia le perversità pratiche a cui porta il libero esame possono essere di gran lunga peggiori.

Papa Pio XII, quasi certamente l’ultimo Pontefice ad aver retto la Cattedra anche formalmente e non solo materialmente, il 17 ottobre 1953, nel Discorso per il IV Centenario dell’Università Gregoriana a Roma, ci illumina con le seguenti parole:

«Questo Istituto si propone come scopo la divulgazione della Dottrina sociale della Chiesa, i cui punti principali sono contenuti nei documenti della Sede Apostolica, nelle Encicliche, nelle Allocuzioni e nelle Lettere pontificie». Avendo chiarito il «carattere vincolante» della Dottrina sociale, approfondisce: «Per quanto riguarda questo argomento sorsero varie scuole di sociologia che chiarirono i Documenti pontifici, li spiegarono e li raccolsero in sistemi».

Papa Pacelli prosegue: «Riteniamo che ciò sia stato fatto giustamente, ma non si poteva evitare che le medesime scuole, nell’applicazione dei princìpi e nella deduzione delle conclusioni, procedessero in modo diverso e non raramente discordassero fra di loro». Infine delinea la soluzione veramente cattolica e sentenzia: «A anche in questa materia bisogna evitare quanto già esponemmo trattando della Dottrina della fede cattolica e delle Scuole teologiche. Non si confonda la vera e genuina Dottrina sociale della Chiesa con le varie sentenze particolari di ciascuna scuola» (cf. Documentation Catholique, 7 febbraio 1954, col. 156-157 - Trad. it. di Salvatore Renda in La Dottrina sociale della Chiesa, Ares 1958, p. 20).

Come evidenzia il Pontefice, difatti, è necessario fare sempre distinzione fra l’autentica Dottrina sociale e le conclusioni teologiche o socio-politiche delle varie scuole o correnti, posto che le elaborazioni di alcuni economisti e/o politici, che pur si possono dire cristiani, non sono affatto vincolanti e non fanno parte del Magistero.

L’assistenza nella diretta infallibilità promessa da Nostro Signore Gesù Cristo al Pontefice, ed alla Chiesa docente solo se è a lui suddita, è sì indirettamente estesa anche al popolo (o Chiesa discente), ma solo a condizione che quest’ultimo si attenga scrupolosamente e senza alcuna devianza al Magistero stesso.

Sua Eccellenza Pietro Maria Ferrè, nel suo Commento alla Costituzione Dogmatica Dei Filius sulla Fede Cattolica, sancita e promulgata nella Sessione Terza del Sacrosanto  Concilio Ecumenico Vaticano (Casale, 1874) esplicita in maniera elementare questo concetto di fede e cattolica, smorzando anche le frequenti tentazioni di sedicente “tradizionalismo”, di scisma “progressista” ed i tanti sofismi con i quali alcuni auspicano il “ritorno” a presunte “origini”. Egli afferma: «È chiarissimo (scrive indi procede) che realmente la dottrina proposta dal Magistero è antica quanto la Chiesa perchè sempre identica a se stessa, è diffusa in tutto il mondo cattolico, ed è conosciuta e professata da tutti i cattolici. Ciò detto (scrive in questo senso), quindi, è verissimo che si deve credere ciò che sempre, dovunque e da tutti è stato creduto. Ma, per fare ciò, non si richiede altro che aderire semplicemente e con tutta fermezza al Magistero universale ed ordinario della Chiesa».

Prima dell’intervento del Magistero della Chiesa, anche gli studi di economia e sociologia probabilmente hanno ricoperto un importante ruolo di preparazione e di documentazione, tuttavia a seguito della promulgazione di un Documento pontificio a riguardo, ciò che è stato accettato e sancito per vero ed utile dalla Chiesa costituisce Dottrina sociale, ciò che è stato scartato non è più oggetto di trattativa, se ritenuto eretico, offensivo, erroneo, scandaloso o comunque pericoloso.

Lo stesso concetto, di cui vi parlerò con maggiore incisività nel prossimo articolo, è valido per qualsivoglia materia vincolante e raccolta nell’insieme della Scienza teologica, come precisa sempre Pio XII nella sua mirabile Humani Generis: «[Alcuni] vanno dicendo che i Pontefici non intendono dare un giudizio sulle questioni che sono oggetto di disputa tra i teologi; è quindi necessario ritornare alle fonti primitive, e con gli scritti degli antichi si devono spiegare le costituzioni e i decreti del Magistero. Queste affermazioni vengono fatte forse con eleganza di stile; però esse non mancano di falsità. Infatti è vero che generalmente i Pontefici lasciano liberi i teologi in quelle questioni che, in vario senso, sono soggette a discussioni fra i dotti di miglior fama; però la storia insegna che parecchie questioni, che prima erano oggetto di libera disputa, in seguito non potevano più essere discusse».

Carlo Di Pietro da ControSenso Basilicata





Teologia Politica n° 16. Forze sovversive in lotta contro il Deposito della fede

La Chiesa può intervenire nella sfera sociale in vari modi nella custodia del Depositum fidei (Deposito della fede) e della legge morale. Il Deposito della fede e la legge morale non possono mutare e vanno tutelati fino al martirio.

Afferma la Costituzione dogmatica Dei Filius: «La dottrina della fede che Dio rivelò non è proposta alle menti umane come un’invenzione filosofica da perfezionare, ma è stata consegnata alla Sposa di Cristo come divino deposito perché la custodisca fedelmente » (24 aprile 1870).

La Costituzione dogmatica Pastor Aeternus definisce e spiega: «Lo Spirito Santo infatti, non è stato promesso ai successori di Pietro per rivelare, con la sua ispirazione, una nuova dottrina, ma per custodire con scrupolo e per far conoscere con fedeltà, con la sua assistenza, la rivelazione trasmessa dagli Apostoli, cioè il deposito della fede» (18 luglio 1870).

Ora, appare evidente che neanche il Pontefice può varcare questi confini, difatti egli è «Vicario di Cristo», non viceversa. Un Pontefice che avesse la pretesa, per follia o per diabolicità, di mutare, a determinate condizioni, il Depositum fidei, cesserebbe di essere Papa o dimostrerebbe di non aver mai posseduto il Papato (cf. Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, Verità della Fede, parte III, cap. X, 20,ss.)

Abitualmente, quindi, la Chiesa insegna direttamente tutti quei principi necessari alla salvezza delle anime ed al bene comune, alla maggior gloria di Dio. Purtroppo, quando sopravanzano l’apostasia e l’odio anticattolico, la Chiesa deve intervenire con un’azione pastorale particolarmente decisa, ovvero peculiare e correttiva, che in alcune circostanze si spinge fino alla censura ed alla condanna, anche politica.

Diversamente da quanto sostengono i modernisti, oggi riciclatisi in politica nei cattocomunisti, che vorrebbero una pastorale sempre più accondiscendente ed inconcludente, ovverosia un’azione antidogmatica ed anticorrettiva, la Chiesa ha sempre agito all’esatto opposto, ritenendo queste pretese tanto false quanto pericolose (cf. Lamentabili Sane Exitu e Sillabo).

Papa Pio XII, nella Orientalis Ecclesiae del 9 aprile 1944, spiega cos’è la pastorale citando più volte san Cirillo d’Alessandria e ne celebra la grandissima azione pastorale in occasione XV centenario della sua morte: «Noi - così egli dichiara - che abbiamo per amica la verità e i dogmi della verità, non seguiremo affatto gli eretici, ma calcando le vestigia della fede lasciataci dai santi padri, custodiremo contro tutti gli errori il deposito della divina rivelazione […] Il mio più ardente desiderio - egli scrive - è di patire e morire per la fede di Cristo […] Nessuna ingiuria pertanto, nessuna contumelia, nessun insulto mi muove […] sol che la fede ne esca sana e salva».

Papa Pacelli sentenzia: «Perciò non conduce al desideratissimo ritorno dei figli erranti alla sincera e giusta unità in Cristo, quella teoria, che ponga a fondamento del concorde consenso dei fedeli solo quei capi di dottrina, sui quali o tutte o almeno la maggior parte delle comunità, che si gloriano del nome cristiano, si trovino d’accordo, ma bensì l’altra che, senza eccettuarne né sminuirne alcuna, integralmente accoglie qualsiasi verità da Dio rivelata».

Questa premessa si rende necessaria anche nel nostro studio per due ragioni:

1) Deposito e legge morale vanno salvaguardati anche nell’azione politica, che anzi ordinano. Non è affatto estremista chi difende questa regola, mentre invece agisce da eretico chi fa il contrario;

2) Molti politici sedicenti cattolici rigettano tutte queste verità di fede rivelate e ben definite, che invece dovrebbero essere difese fino al martirio, se Dio lo vuole.

Allora perché si definiscono cattolici? Siamo autorizzati a pensare che lo facciano per catalizzare consensi.

È facile comprendere che davanti a tutti quei mestieranti della politica che pretendono di sovvertire la Dottrina sociale, noi non possiamo far altro che rattristarci per la loro infinita e superba ignoranza, pregando il buon Dio affinché li faccia redimere o li castighi a scopo propedeutico individuale e collettivo.

Ma veniamo alle molte censure che si sono rese necessarie da parte della Chiesa per il bene dell’umanità proiettata a Dio. Il Guerry  (Op. cit.) ci ricorda che la Chiesa a volte esprime «giudizi che pronuncia su errori (liberalismo, comunismo, nazismo) o strutture economiche che minacciano (tecnocrazia, totalitarismo di Stato), a volte infine ne propone l’applicazione sotto una formula concreta (organizzazione professionale) e scende essa stessa ad applicazioni pratiche, a seconda dei paesi e delle epoche. È importante studiare ben da vicino i documenti per distinguere in essi le verità assolute, direttrici di vita, e le loro applicazioni pastorali, fatte dalla Chiesa».

Carlo Di Pietro da ControSenso Basilicata



 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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