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LA VERA RELIGIONE di sant'Agostino Vescovo

Ultimo Aggiornamento: 11/11/2017 19:00
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Sesso: Femminile
11/11/2017 18:57
 
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Con la remissione dei peccati, necessaria anche per i battezzati, gli angeli sono in concordia con noi.

17. 64. Comunque gli Angeli sono in concordia con noi anche adesso, quando sono rimessi i nostri peccati. È questa la ragione per cui, dopo la menzione della santa Chiesa, segue, nell’ordine della nostra confessione, la remissione dei peccati. È questa infatti che fa sussistere la Chiesa sulla terra e non lascia perdere chi era perduto ed è stato ritrovato 152. In effetti, a prescindere dal dono del battesimo, che ci è stato dato contro il peccato originale, in modo che quanto è stato contratto con la generazione venga detratto con la rigenerazione – e nondimeno è in grado di togliere anche tutti i peccati attuali che ha trovato in noi, commessi in pensieri, parole ed opere –; a prescindere dunque da questo grande atto di condono, da cui prende origine il rinnovamento dell’uomo che libera da ogni colpa, innata e acquisita, non si può condurre il resto della vita, quando si è ormai nell’uso di ragione, per quanto sia fecondo il potere della giustizia, senza la remissione dei peccati; la ragione è che i figli di Dio, finché dura la loro vita mortale, sono in conflitto con la morte. Ed anche se è veritiero quanto di loro è stato detto: Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio 153, tuttavia è lo Spirito di Dio che li sollecita e il loro cammino verso Dio in quanto figli suoi è tale che, in quanto figli dell’uomo, possono abbassarsi per alcuni impulsi umani verso se stessi anche nel loro spirito, soprattutto perché appesantito dal corpo corruttibile 154, e peccare. Naturalmente l’entità del peccato è importante: se è vero infatti che ogni delitto è peccato, non per questo ogni peccato è anche un delitto. Per questo diciamo che la vita di santi uomini, finché si trova in questa condizione mortale, può esser trovata senza delitto, mentre se diciamo di essere senza peccato, afferma un Apostolo cosí grande, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi 155.

 

La penitenza nella Chiesa cattolica.

17. 65. Comunque per quel che riguarda la remissione degli stessi delitti, per quanto gravi, nell’ambito della santa Chiesa, chi fa una penitenza adeguata al proprio peccato non deve disperare della misericordia. In tale opera di penitenza comunque, qualora sia stato commesso un peccato che abbia separato il suo autore persino dal corpo di Cristo, si deve considerare non tanto la dimensione della durata, quanto del dolore; Dio infatti non disprezza un cuore contrito ed umiliato 156. Ma poiché, generalmente parlando, il dolore che uno prova nel proprio cuore rimane nascosto al cuore di un altro, né giunge a conoscenza di altri attraverso le parole o altro genere di segni, mentre esso si manifesta a colui al quale si dice: Il mio gemito a te non è nascosto 157, quanti presiedono le Chiese hanno fatto bene a stabilire dei tempi di penitenza, che rappresentino un’espiazione anche dinanzi alla Chiesa, nella quale quei peccati vengono rimessi. Al di fuori di essa senza dubbio non vengono rimessi : essa stessa infatti ha ricevuto, propriamente parlando, come caparra lo Spirito Santo 158, senza il quale non vengono rimessi peccati, in modo che coloro ai quali vengono rimessi conseguano la vita eterna.

 

La remissione dei peccati in vista del giudizio futuro e la condizione dei bambini battezzati.

17. 66. È soprattutto in vista del giudizio futuro che avviene la remissione dei peccati in questa vita. Fino a tal punto quanto è stato scritto: Un giogo pesante grava sui figli di Adamo, dal giorno della loro nascita dal grembo materno fino al giorno della loro sepoltura nella madre comune 159 serve a farci vedere che anche i piccoli, dopo il lavacro di rigenerazione, sono afflitti e tormentati da vari mali, e a farci comprendere che tutta l’efficacia salvifica dei sacramenti è rivolta alla speranza dei beni futuri, piú che alla conservazione o all’acquisto di quelli presenti. Sembra che anche in questa vita molti peccati siano perdonati, senza esser puniti con alcun castigo; in realtà le loro pene sono rinviate in futuro – del resto non invano si parla propriamente di giorno del giudizio per indicare quando verrà il giudice dei vivi e dei morti –. Come pure, al contrario, quaggiú sono puniti alcuni peccati che, tuttavia, se rimessi, nel mondo futuro non arrecheranno certamente alcun danno. A proposito di talune pene temporali, inflitte in questa vita ai peccatori, l’Apostolo, rivolgendosi a quanti vedono distrutti i propri peccati, perché non siano conservati fino alla fine, ha detto: Se noi giudicassimo noi stessi, non saremmo giudicati dal Signore; ma, in quanto siamo giudicati, siamo ammoniti dal Signore, per non essere condannati insieme con questo mondo 160.

 

La presunzione di salvarsi nei cristiani che persistono nel peccato.

18. 67. Taluni poi credono che riusciranno a salvarsi, pur attraversando il fuoco, anche quanti non abbandonano il nome di Cristo, ricevono il lavacro del suo battesimo nella Chiesa, non se ne separano per qualche scisma o eresia, pur vivendo fra delitti tali, che nessuna penitenza ripara, né alcuna elemosina riscatta, perseverando anzi in essi con massima ostinazione fino all’ultimo giorno di questa vita; e questo anche ammettendo, in rapporto all’entità dei misfatti e dei vizi, una punizione con un fuoco durevole, ma non eterno. Eppure quanti la pensano cosí mi sembra che s’ingannino, pur essendo cattolici, per una certa umana benevolenza: interpellando la divina Scrittura infatti, si ha una risposta diversa. Sulla questione comunque ho scritto un libro intitolato La fede e le opere, dove, basandomi sulle Sacre Scritture, con l’aiuto di Dio ho cercato, nei limiti del possibile, di mostrare che la salvezza dipende da quella fede, indicata dall’apostolo Paolo in modo sufficientemente chiaro con le parole: In Cristo Gesú infatti non è la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma la fede che opera per mezzo della carità 161. Se poi, anziché operare bene, essa opera male, non c’è dubbio, come afferma l’apostolo Giacomo, che è morta in se stessa162; egli infatti aggiunge: Se qualcuno dice di avere la fede, ma non ha le opere, quella fede forse potrà salvarlo? 163 Se poi un uomo scellerato attraversando il fuoco si salverà per la sola fede, intendendo cosí le parole del beato Paolo: Tuttavia egli si salverà, però come attraverso il fuoco 164, allora la fede potrà salvare senza le opere e sarà falso quanto ha detto Giacomo, Apostolo come lui. Sarà falso allora anche ciò che lo stesso Paolo ha detto: Non ingannatevi: né impuri, né idolatri, né adulteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né accaparratori possederanno il regno di Dio 165. Se infatti costoro, perseverando in tali delitti, tuttavia si salveranno in virtú della fede in Cristo, come potranno non essere nel regno di Dio?

 

Che cosa pensare di chi edifica sopra il fondamento e si salva attraverso il fuoco.

18. 68. Ma poiché queste testimonianze apostoliche, assolutamente esplicite ed evidenti, non possono essere false, tutto quel che è stato detto in modo oscuro a proposito di quanti edificano sopra il fondamento che è Cristo non con oro, argento e pietre preziose, ma con legno, fieno e paglia 166 (di essi è stato detto che attraversando il fuoco si salveranno, poiché sarà il valore del fondamento a non farli perire), si deve intendere in modo da non contraddire questi testi cosí espliciti. Ora legno e fieno e paglia possono essere intesi in modo non arbitrario come una forma di passione per le cose del mondo, per quanto lecitamente accordate, tale che riesce impossibile perderle senza che l’anima ne provi dolore. Quando perciò è un dolore di questo genere che brucia, se Cristo occupa nel cuore il posto di un fondamento, in modo che, in altri termini, niente gli venga anteposto e l’uomo, bruciato da tale dolore, preferisca privarsi di queste cose tanto amate piuttosto che di Cristo, allora egli, attraversando il fuoco, si salva. Se al contrario, nel tempo della tentazione, ha preferito il possesso di queste realtà temporali e mondane a Cristo, allora non lo ha avuto come fondamento, mantenendo quelle cose al primo posto, mentre in un edificio niente precede le fondamenta. Il fuoco di cui in quel passo ha parlato l’Apostolo si deve intendere come ciò attraverso cui passano entrambi, cioè chi costruisce sopra questo fondamento con oro, argento, pietre preziose e chi con legno, fieno, paglia. E dopo aver detto questo, egli ha aggiunto: Il fuoco proverà la qualità dell’opera di ciascuno. Se l’opera costruita da qualcuno resisterà, costui ne avrà la ricompensa; ma se l’opera finirà bruciata, egli ne subirà le conseguenze: tuttavia egli si salverà, però come attraverso il fuoco 167. Dunque il fuoco proverà l’opera di entrambi, non di uno dei due soltanto. La prova della tribolazione è una specie di fuoco e altrove se ne parla esplicitamente: La fornace saggia gli oggetti del vasaio e la prova della tribolazione gli uomini giusti 168. Quel fuoco realizza temporaneamente in questa vita quel che l’Apostolo ha detto a proposito di due credenti, uno dei quali pensa alle cose di Dio, come possa piacere a Dio, edifica cioè sopra il fondamento che è Cristo con oro, argento, pietre preziose, mentre l’altro pensa alle cose del mondo, come possa piacere alla moglie 169, cioè edifica sopra il medesimo fondamento con legno, fieno, paglia. L’opera dell’uno non finisce bruciata, poiché non ha amato cose la cui perdita potrebbe tormentarlo. Finisce bruciata invece l’opera dell’altro, poiché non è indolore la perdita delle cose possedute con amore; eppure visto che costui, posto dinanzi all’alternativa, preferirebbe privarsi di quelle cose piuttosto che di Cristo e che il timore di perderle non gli fa abbandonare Cristo, benché la perdita non sia indolore, questi senz’altro si salva, però come attraverso il fuoco, perché il dolore delle cose perdute e che aveva amato lo brucia, senza però atterrarlo e distruggerlo, difeso com’è dalla solidità incorruttibile del fondamento.

 

Il fuoco che purifica dopo questa vita quanti si salvano.

18. 69. Che qualcosa del genere avvenga anche dopo questa vita non è incredibile, e ci si può domandare se le cose stiano in questi termini, e se è possibile o meno scoprire che alcuni credenti, attraverso un fuoco purificatore, si salvino in un tempo piú o meno lungo, a seconda che il loro amore per i beni effimeri sia stato piú o meno grande; tuttavia non saranno come coloro che non possederanno il regno di Dio 170, se dopo un’adeguata penitenza non vengono loro rimessi i medesimi crimini. Ho parlato di una penitenza adeguata, perché non siano infruttuosi nelle loro elemosine, alle quali la Scrittura divina ha attribuito tanta importanza, che il Signore proclama di ascrivere unicamente il loro frutto a chi sederà alla sua destra e unicamente la loro sterilità a chi sederà alla sua sinistra, quando agli uni dirà: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete il regno 171, mentre agli altri: Andate nel fuoco eterno 172.

 

L’elemosina non basta a cancellare delitti inauditi nei quali si persevera.

19. 70. Certo, bisogna guardarsi bene dal pensare che delitti inauditi, quali sono commessi da coloro che non possederanno il regno di Dio, siano eseguibili ogni giorno ed ogni giorno riparabili con elemosine. In realtà la vita deve cambiare in meglio e Dio, riguardo ai peccati commessi, attraverso le elemosine dev’esser reso propizio, non quasi comprato per acquisire una perenne licenza d’impunità. Egli infatti non ha dato a nessuno il permesso di peccare173, benché nella sua misericordia cancelli i peccati già commessi, se non viene trascurata una conveniente riparazione.

 

La preghiera del Padre nostro cancella i peccati quotidiani e le colpe gravi passate.

19. 71. Quanto poi ai peccati fugaci e lievi di ogni giorno, immancabili nello svolgersi di questa vita, è la preghiera quotidiana dei credenti che li ripara. Dicono infatti: Padre nostro, che sei nei cieli 174, quelli che sono stati già rigenerati da un tale Padre in virtú dell’acqua e dello Spirito Santo 175. Questa preghiera infatti cancella assolutamente i peccati piú piccoli di ogni giorno. Cancella anche quelli che hanno guidato, in modo addirittura scellerato, la vita dei credenti, dai quali però il pentimento l’ha fatta allontanare, mutando in meglio, purché, come è vero dire: Rimetti a noi i nostri debiti (dal momento che non mancano debiti da rimettere), si dica in modo altrettanto vero: Come noi li rimettiamo ai nostri debitori 176, cioè si realizzi quel che si dice: perdonare a chi implora indulgenza è infatti in se stessa una forma di elemosina.

 

Sono molti i generi di elemosina.

19. 72. E per tutte le opere che traggono profitto dalla misericordia hanno valore le parole del Signore: Fate elemosina ed ecco, tutto per voi è puro 177. Fa elemosina dunque non soltanto chi dà da mangiare all’affamato, dà da bere all’assetato, chi veste l’ignudo, chi accoglie il pellegrino, chi nasconde il fuggitivo, chi visita l’infermo o il carcerato, chi riscatta il prigioniero, chi corregge il debole, chi accompagna il cieco, chi consola l’afflitto, chi cura l’ammalato, chi orienta l’errante, chi consiglia il dubbioso, chi dà il necessario a chiunque ne abbia bisogno, ma anche chi è indulgente con il peccatore. E cosí se uno frusta colui sul quale ha autorità o gli impone un qualche freno, pur perdonandogli di cuore il peccato da cui ha ricevuto un danno o un’offesa, o pregando perché gli venga rimesso, costui fa elemosina, poiché accorda misericordia, non solo nell’atto di perdonare e di pregare, ma anche nell’atto di limitarlo e di infliggergli un qualche castigo correttivo. Sono molti in realtà i beni accordati ad alcuni, loro malgrado, quando si guarda al loro profitto, anziché al loro volere, poiché costoro si scoprono nemici di se stessi, mentre loro amici sono piuttosto quelli che essi ritengono nemici e cosí sbagliando rendono il male per il bene, mentre il cristiano non dovrebbe rendere il male nemmeno per il male 178. Insomma ci sono molti generi di elemosina che ci aiutano, quando li realizziamo, ad ottenere la remissione dei nostri peccati.

 

L’elemosina più grande è il perdono.

19. 73. Tuttavia non c’è elemosina piú grande di quando perdoniamo di cuore un peccato commesso contro di noi. È meno grande, in effetti, la benevolenza o anche la beneficenza quando si manifesta nei confronti di chi non ti ha fatto nulla di male, mentre è di gran lunga piú grande, e segno della bontà piú sublime, l’amore anche verso il tuo nemico, e a chi ti vuole male, e ti fa del male se gli è possibile, volere sempre bene e fare, se possibile, del bene, ascoltando la parola di Gesú: Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano e pregate per quelli che vi perseguitano 179. Ma indubbiamente ciò appartiene alla perfezione dei figli di Dio, alla quale ogni credente deve protendersi, orientando verso questa disposizione lo spirito umano attraverso la preghiera rivolta a Dio e attraverso l’azione e lo sforzo personale; tuttavia, dal momento che un bene cosí grande non è accessibile a tutte le persone che noi crediamo esaudite, quando nella preghiera si dice: Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori 180, evidentemente l’impegno assunto con queste parole viene soddisfatto quando chi non è arrivato sino al punto da amare il proprio nemico, almeno perdona di cuore l’uomo che ha peccato contro di lui e che lo implora di esser perdonato. Non c’è dubbio infatti che anch’egli vuole ottenere la remissione che implora, quando prega dicendo: Come noi li rimettiamo ai nostri debitori, cioè: " Rimetti i nostri debiti a noi che imploriamo, cosí come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori che ci implorano ".

 

Dio non rimette i peccati a quanti a loro volta non li rimettono di cuore agli altri.

19. 74. In realtà, chi implora l’uomo contro il quale ha peccato, se è spinto a ciò dal proprio peccato, non si deve piú ritenere un nemico: di conseguenza amarlo non è difficile, come quando egli alimentava l’inimicizia. Perciò chi non perdona di cuore nemmeno la persona che lo implora e si pente del proprio peccato, non s’illuda minimamente che il Signore perdoni i suoi peccati: la verità non può mentire. Può forse essere sconosciuto a chiunque ascolti o legga il Vangelo colui che ha detto: Io sono la verità 181? Dopo averci insegnato la preghiera, Egli ci raccomandò vivamente un pensiero contenuto in essa: Se voi avrete rimesso agli uomini i loro peccati, anche il vostro Padre celeste vi rimetterà i vostri peccati; se invece non avrete rimesso agli uomini, nemmeno il vostro Padre rimetterà i vostri peccati 182. Chi non si scuote dinanzi ad un tuono cosí grande, non dorme, ma è morto: eppure Egli ha il potere di risuscitare anche i morti.

 

La vita scellerata di quanti disattendono l’invito del Signore a fare elemosina.

20. 75. Certo, quanti conducono una vita scelleratissima e non si preoccupano di correggere tale condotta di vita con i suoi costumi, pur continuando a fare costantemente elemosine insieme ai propri misfatti viziosi, si lusingano invano, dal momento che il Signore ha detto: Fate elemosina ed ecco, tutto per voi è puro; non ne comprendono infatti la portata. Per comprenderlo, facciano attenzione ai destinatari di quelle parole. Effettivamente nel Vangelo è stato scritto cosí: Dopo che ebbe parlato, un fariseo lo invitò a pranzo ed Egli, entrato, si mise a tavola. Il fariseo allora cominciò a chiedersi tra sé e sé perché mai non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo. E il Signore gli disse: Ebbene, voi farisei purificate l’esterno della coppa e del piatto, ma il vostro interno è pieno di rapina e di iniquità. Stolti, chi ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno? Piuttosto fate elemosina quanto al resto, ed ecco, tutto per voi è puro 183. Sarà mai possibile intendere che tutto è puro per i farisei che non hanno fede in Cristo, anche se non avranno creduto in Lui e non saranno rinati dall’acqua e dallo Spirito Santo, purché abbiano fatto elemosine, come essi le concepiscono? E ciò benché siano impuri quanti non sono purificati dalla fede in Cristo, a proposito della quale è stato scritto: Purificando i loro cuori con la fede 184, e benché l’Apostolo dica: Per gli impuri e gli infedeli nulla è puro, ma sono contaminate la loro mente e la loro coscienza 185. Allora come potrebbe essere tutto puro per quei farisei, che facessero elemosine senza diventare credenti? Oppure come potrebbero essere credenti, senza aver voluto credere in Cristo e rinascere nella sua grazia? Eppure è vero quel che avevano udito: Fate elemosina ed ecco, tutto per voi è puro.

 

Chi vuol fare elemosina deve cominciare da se stesso, secondo l’insegnamento del Signore.

20. 76. Chi vuol fare elemosina in modo ordinato, deve in effetti cominciare da se stesso e farla prima di tutto a se stesso. L’elemosina è infatti un’opera di misericordia e sono assolutamente vere le parole: Abbi misericordia della tua anima per piacere a Dio 186. Per questo rinasciamo : per piacere a Dio, al quale giustamente dispiace la colpa che abbiamo contratto nascendo. È questa la prima elemosina che noi ci facciamo, poiché abbiamo ricercato la nostra miseria grazie alla misericordia di Dio misericordioso, confessando il suo giusto giudizio, dal quale è dipesa la nostra miseria e a proposito del quale l’Apostolo dice: Il giudizio venuto da uno solo per la nostra condanna 187, e rendendogli grazie per la sua grande carità, a proposito della quale ancora l’Apostolo, messaggero della grazia, dice: Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi, perché, pur essendo ancora peccatori, Cristo è morto per noi 188; cosí, se ci giudichiamo secondo verità nella nostra miseria e amiamo Dio con quella carità che Egli stesso ci ha donato, possiamo vivere in modo religioso e retto. Trascurando questo giudizio e quest’amore di Dio, i farisei offrivano, è vero, attraverso le elemosine che facevano, la decima, fino alle minuzie dei loro raccolti, eppure non facevano elemosine a partire da se stessi, praticando innanzi tutto la misericordia con se stessi. È questo invece l’ordine della carità per il quale è stato detto: Amerai il prossimo tuo come te stesso 189. Dopo averli quindi rimproverati perché si lavavano all’esterno, mentre interiormente erano pieni di rapina e di iniquità, avvertendo che l’elemosina che purifica interiormente è quella che ogni uomo deve anzitutto fare a se stesso, il Signore afferma: Piuttosto fate elemosina quanto al resto, ed ecco, tutto per voi è puro. Quindi, per rendere esplicito tale avvertimento e ciò che essi non si preoccupavano di compiere, perché non pensassero che Egli ignorava le loro elemosine, disse: Guai a voi, farisei! In altri termini: vi ho messo in guardia sull’elemosina che dovete fare in virtú della quale tutto per voi sarà puro: ma guai a voi, o farisei, che pagate la decima della menta, della ruta e di ogni erbaggio; conosco bene infatti queste vostre elemosine e, perché non pensiate che il mio avvertimento riguardi ora quelle cose, aggiungo: E trasgredite la giustizia e l’amore di Dio 190, cioè l’elemosina che vi purificherebbe da ogni contaminazione interiore, rendendo puri per voi anche i corpi che lavate. Dicendo: tutto, si intende ovviamente l’interiore e l’esteriore, come si legge in un altro passo: Purificate l’interno e l’esterno sarà puro 191. Ma per non dare l’impressione di aver disprezzato quelle elemosine che provengono dai frutti della terra, ha detto: Queste cose bisognava curare (cioè il giudizio e l’amore di Dio) senza trascurare le altre 192 (cioè le elemosine dei frutti della terra).

 

L’illusione di chi crede di comprare con le elemosine l’impunità.

20. 77. Non s’ingannino dunque quanti pensano di comprare con le piú generose elemosine dei propri raccolti o anche del proprio denaro la licenza di persistere impunemente nell’efferatezza dei misfatti e nella dissolutezza dei vizi. Costoro infatti non si limitano solo a commetterli, ma li amano al punto da desiderare di restarvi implicati per sempre, purché sia possibile farlo impunemente. Però chi ama l’iniquità odia l’anima sua 193, e chi odia l’anima sua non è misericordioso verso di essa, ma crudele. Amarla secondo il mondo è certamente odiarla secondo Dio. Volendo dunque farle l’elemosina che rende per lei tutto puro, dovrebbe odiarla secondo il mondo e amarla secondo Dio. Nessuno infatti fa una qualsiasi elemosina senza ricevere qualcosa a cui attingere da chi a sua volta non ne ha bisogno. Per questo è stato detto: La sua misericordia mi precederà 194.

 

Differenza fra peccati lievi e peccati gravi e necessità della preghiera.

21. 78. La differenza fra peccati lievi e peccati gravi va comunque ponderata sulla base del giudizio divino, non di quello umano. Noi vediamo che anche dagli stessi Apostoli è stato concesso di perdonare alcune azioni, come quando il venerabile Paolo ha detto agli sposi: Non defraudatevi l’un l’altro, se non temporaneamente di comune accordo, per dedicarvi alla preghiera, e poi ritornate a stare insieme, perché Satana non vi tenti a causa della vostra intemperanza195. Si potrebbe pensare che questo non sia peccato, cioè l’unione coniugale finalizzata non alla procreazione, che poi è il bene delle nozze, bensí al piacere sessuale, in modo che chi ha una debole capacità di dominio possa evitare il male funesto della fornicazione, nel caso sia dell’adulterio, sia di qualsiasi altra impurità, che è vergognoso anche nominare, dove può trascinare la concupiscenza sotto la tentazione di Satana. Si potrebbe pensare, come ho detto, che ciò non sia peccato, se non avesse aggiunto: Questo però vi dico per remissione, non per comando 196. Chi potrebbe negare a questo punto che questo sia di fatto un peccato, dal momento che si ammette, sulla base di un’autorità apostolica, una remissione verso quanti lo commettono ? È analogo il caso in cui dice: Qualcuno di voi, avendo una questione con un altro, osa forse farsi giudicare dagli ingiusti anziché davanti ai santi? 197 E un po’ piú avanti: Se dunque avrete avuto dei conflitti su questioni di questo mondo, voi prendete come giudici persone prive di autorità nella Chiesa. Lo dico per vostra vergogna. Cosí non ci sarebbe tra voi proprio nessuna persona saggia che possa intervenire con un giudizio tra fratello e fratello? Invece un fratello viene chiamato in giudizio dal fratello e per di piú davanti a non credenti 198. Anche qui infatti si potrebbe pensare che sia peccato non l’avere un conflitto con un altro, ma soltanto il pretendere d’esser giudicato all’infuori della Chiesa, se di seguito egli non avesse aggiunto: È di fatto chiaramente una colpa avere conflitti vicendevoli 199. Perché poi nessuno cercasse di giustificarsi, dicendo che la propria causa era giusta, ma che ciononostante egli subiva un’ingiustizia, che pretendeva fosse riparata da una sentenza dei giudici, l’Apostolo affronta immediatamente queste idee pretestuose, e dice: Perché non subite piuttosto l’ingiustizia? Perché non vi lasciate defraudare 200 ? È possibile cosí tornare alle parole del Signore: A chi vuole prenderti la tunica e chiamarti in giudizio, tu lascia anche il mantello 201. E altrove: A chi prende del tuo, non richiederlo 202. Vietò anche ai suoi di avere conflitti con altri uomini su affari temporali e su questo insegnamento l’Apostolo si basa quando parla di colpa. Tuttavia, quando permette che tali controversie siano definite tra fratelli chiamando altri fratelli a giudicare, è irremovibile nel vietare che ciò avvenga al di fuori della Chiesa: appare evidente anche qui allora che cosa viene accordato per remissione a chi è debole. A causa di questi e analoghi peccati, e di altri, anche se minori, dovuti a mancanze in parole e pensieri, stando alla testimonianza dell’apostolo Giacomo: Tutti quanti manchiamo in molte cose 203, è opportuno rivolgerci al Signore con una preghiera quotidiana e frequente, dicendo: Rimetti a noi i nostri debiti, e non mentire in quel che segue: Come noi li rimettiamo ai nostri debitori 204.




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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