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Consacrazione del genere umano a Cristo Re (storia importante di questa Solennità)

Ultimo Aggiornamento: 21/11/2017 23:49
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21/11/2017 23:47
 
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LETTERA ENCICLICA
MIT BRENNENDER SORGE
DEL SOMMO PONTEFICE 
PIO XI

 

Ai Venerabili Fratelli Arcivescovi e Vescovi e agli altri Ordinari di Germania aventi pace e comunione con la Sede Apostolica.

Il Papa Pio XI. Venerabili Fratelli, salute e Apostolica Benedizione.

Con viva ansia e con stupore sempre crescente veniamo osservando da lungo tempo la via dolorosa della Chiesa e il progressivo acuirsi dell’oppressione dei fedeli ad essa rimasti devoti nello spirito e nell’opera; e tutto ciò in quella terra e in mezzo a quel popolo, a cui S. Bonifacio portò un giorno il luminoso e lieto messaggio di Cristo e del Regno di Dio.

Tale Nostra ansia non è stata alleviata dalle relazioni che i Reverendissimi Rappresentanti dell’Episcopato, conforme al loro dovere, Ci fecero secondo verità, visitandoCi durante la Nostra infermità. Accanto a molte notizie, che Ci furono di consolazione e conforto, sulla lotta sostenuta dai loro fedeli a causa della religione, non poterono, nonostante l’amore al loro popolo e alla loro patria e la cura di esprimere un giudizio ben ponderato, passare sotto silenzio innumerevoli altri avvenimenti tristi e riprovevoli. Quando Noi udimmo le loro relazioni, con profonda gratitudine verso Dio potemmo esclamare con l’Apostolo dell’amore: «Non ho gioia più grande di quando sento che i miei figli camminano nella verità »(1). Ma la franchezza che si addice alla grave responsabilità delNostro ministero Apostolico, e la decisione di presentare davanti a voi e all’intero mondo cristiano la realtà in tutta la sua crudezza esigono anche che aggiungiamo: Non abbiamo maggiore ansia né più crudele afflizione pastorale di quando sentiamo che molti abbandonano il cammino della verità(2).

1. IL CONCORDATO

Quando Noi, Venerabili Fratelli, nell’estate del 1933, a richiesta del governo del Reich, accettammo di riprendere le trattative per un Concordato, in base ad un progetto elaborato già vari anni prima, e addivenimmo così ad un solenne accordo, che riuscì di soddisfazione a voi tutti, fummo mossi dalla doverosa sollecitudine di tutelare la libertà della missione salvifica della Chiesa in Germania e di assicurare la salute delle anime ad essa affidate, e in pari tempo dal sincero desiderio di rendere un servizio d’interesse capitale al pacifico sviluppo e al benessere del popolo tedesco.

Nonostante molte e gravi preoccupazioni, pervenimmo allora, non senza sforzo, alla determinazione di non negare il Nostro consenso. Volevamo risparmiare ai Nostri fedeli, ai Nostri figli e alle Nostre figlie della Germania, secondo le umane possibilità, le tensioni e le tribolazioni che, in caso contrario, si sarebbero dovute con certezza aspettare, date le condizioni dei tempi. E volevamo dimostrare col fatto, a tutti, che Noi, cercando solo Cristo e ciò che appartiene a Cristo, non rifiutiamo ad alcuno, se egli stesso non la respinga, la mano pacifica della Madre Chiesa.

Se l’albero di pace, da Noi piantato in terra tedesca con puro intento, non ha prodotto i frutti, da Noi bramati nell’interesse del vostro popolo, non ci sarà alcuno al mondo intero, che abbia occhi per vedere e orecchi per sentire, il quale potrà dire ancor oggi la colpa essere della Chiesa e del suo Capo Supremo. L’esperienza degli anni trascorsi mette in luce le responsabilità, e svela macchinazioni, che già dal principio non si proposero altro scopo se non una lotta fino all’annientamento. Nei solchi, in cui Ci eravamo sforzati di gettare la semenza della vera pace, altri sparsero — come l’inimicus homo della Sacra Scrittura(3) — la zizzania della sfiducia, della discordia, dell’odio, della diffamazione, di un’avversione profonda, occulta e palese, contro Cristo e la sua Chiesa, scatenando una lotta che si alimentò in mille fonti diverse, e si servì di tutti i mezzi. Su di essi e solamente su di essi, e sui loro protettori, occulti o palesi, ricade la responsabilità se all’orizzonte della Germania apparisce, non l’arcobaleno della pace, ma il nembo minaccioso delle dissolvitrici lotte religiose.

Venerabili Fratelli, Noi non Ci siamo stancati di far presente ai reggitori, responsabili delle sorti della vostra nazione, le conseguenze che sarebbero necessariamente derivate dalla tolleranza, o peggio ancora dal favoreggiamento di quelle correnti. Abbiamo fatto di tutto per difendere la santità della parola solennemente data, la inviolabilità degli obblighi volontariamente contratti, contro teorie e pratiche, le quali, se ufficialmente ammesse, avrebbero dovuto spegnere ogni fiducia e svalutare intrinsecamente ogni parola data, anche per l’avvenire. Se verrà il momento di esporre agli occhi del mondo questi Nostri sforzi, tutti i ben pensanti sapranno dove sono da cercare i tutori della pace e dove i suoi perturbatori. Chiunque abbia conservato nel suo animo un residuo di amore per la verità, e nel suo cuore anche un’ombra del senso di giustizia, dovrà ammettere che negli anni difficili e gravi di vicende, susseguitisi al Concordato, ciascuna delle Nostre parole e delle Nostre azioni ebbe per norma la fedeltà degli accordi sanciti. Ma dovrà anche riconoscere, con stupore e con intima ripulsa, come dall’altra parte si sia eretto a norma ordinaria lo svisare arbitrariamente i patti, l’eluderli, lo svuotarli e finalmente il violarli più o meno apertamente.

La moderazione da Noi finora mostrata, nonostante tutto ciò, non Ci è stata suggerita da calcoli di interessi terreni né tanto meno da debolezza, ma semplicemente dalla volontà di non strappare, insieme con la zizzania, anche qualche buona pianta; dalla decisione di non pronunziare pubblicamente un giudizio, prima che gli animi fossero maturi per riconoscerne l’ineluttabilità; dalla determinazione di non negare definitivamente la fedeltà di altri alla parola data, prima che il duro linguaggio della realtà avesse strappato i veli, con cui si è saputo e si cerca anche adesso mascherare, secondo un piano prestabilito, l’attacco contro la Chiesa. Anche oggi, che la lotta aperta contro le scuole confessionali, tutelate dal Concordato, e l’annientamento della libertà di voto per coloro che hanno diritto all’educazione cattolica, manifestano, in un campo particolarmente vitale per la Chiesa, la tragica serietà della situazione e una non mai vista pressione spirituale dei fedeli, la sollecitudine paterna per il bene delle anime Ci consiglia di non lasciare senza considerazione le prospettive, per quanto scarse, che possano ancora sussistere, di un ritorno alla fedeltà dei patti e ad una intesa permessa dalla Nostra coscienza.

Seguendo le preghiere dei Reverendissimi Membri dell’Episcopato non Ci stancheremo anche nel futuro di difendere il diritto leso presso i reggitori del vostro popolo, incuranti del successo o dell’insuccesso del momento, ubbidienti solo alla Nostra coscienza e al Nostro ministero pastorale, e non cesseremo di opporCi ad una mentalità, che cerca, con aperta od occulta violenza, di soffocare il diritto, autenticato da documenti.

Lo scopo però della presente lettera, Venerabili Fratelli, è un altro. Come voi ci avete visitato amabilmente durante la Nostra infermità, così Noi ci rivolgiamo oggi a voi e, per mezzo vostro, ai fedeli cattolici della Germania, i quali, come tutti i figli sofferenti e perseguitati, stanno molto vicini al cuore del Padre comune. In questa ora, in cui la loro fede viene provata, come vero oro, nel fuoco della tribolazione e della persecuzione, insidiosa o aperta, ed essi sono accerchiati da mille forme di organizzata compressione della libertà religiosa, in cui l’impossibilità di aver informazioni, conformi a verità, e di difendersi con mezzi normali, molto li opprime, hanno un doppio diritto ad una parola di verità e d’incoraggiamento morale da parte di Colui, al cui primo predecessore il Salvatore diresse quella parola densa di significato: « Io ho pregato per te, affinché la tua debolezza non vacilli, e tu a tua volta corrobora i tuoi fratelli »(4).

2. GENUINA FEDE IN DIO

E anzitutto, Venerabili Fratelli, abbiate cura che la fede in Dio, primo e insostituibile fondamento di ogni religione, rimanga pura e integra nelle regioni tedesche. Non si può considerare come credente in Dio colui che usa il nome di Dio retoricamente, ma solo colui che unisce a questa venerata parola una vera e degna nozione di Dio.

Chi, con indeterminatezza panteistica, identifica Dio con l’universo, materializzando Dio nel mondo e deificando il mondo in Dio, non appartiene ai veri credenti.

Né è tale chi, seguendo una sedicente concezione precristiana dell’antico germanesimo, pone in luogo del Dio personale il fato tetro e impersonale, rinnegando la sapienza divina e la sua provvidenza, la quale « con forza e dolcezza domina da un’estremità all’altra del mondo »(5) e tutto dirige a buon fine. Un simile uomo non può pretendere di essere annoverato fra i veri credenti.

Se la razza o il popolo, se lo Stato o una sua determinata forma, se i rappresentanti del potere statale o altri elementi fondamentali della società umana hanno nell’ordine naturale un posto essenziale e degno di rispetto; chi peraltro li distacca da questa scala di valori terreni, elevandoli a suprema norma di tutto, anche dei valori religiosi e, divinizzandoli con culto idolatrico, perverte e falsifica l’ordine, da Dio creato e imposto, è lontano dalla vera fede in Dio e da una concezione della vita ad essa conforme.

Rivolgete, Venerabili Fratelli, l’attenzione all’abuso crescente, che si manifesta in parole e per iscritto, di adoperare il tre volte santo nome di Dio quale etichetta vuota di senso per un prodotto più o meno arbitrario di ricerca o aspirazione umana, e adoperatevi che tale aberrazione incontri tra i vostri fedeli la vigile ripulsa che merita. Il nostro Dio è il Dio personale, trascendente, onnipotente, infinitamente perfetto, uno nella trinità delle persone e trino nell’unità della essenza divina, creatore dell’universo, signore, re e ultimo fine della storia del mondo, il quale non ammette né può ammettere altre divinità accanto a sé.

Questo Dio ha dato i suoi comandamenti in maniera sovrana: comandamenti indipendenti da tempo e spazio, da regione e razza. Come il sole di Dio splende indistintamente su tutto il genere umano, così la sua legge non conosce privilegi né eccezioni. Governanti e governati, coronati e non coronati, grandi e piccoli, ricchi e poveri dipendono ugualmente dalla sua parola. Dalla totalità dei suoi diritti di Creatore promana essenzialmente la sua esigenza ad un’ubbidienza assoluta da parte degli individui e di qualsiasi società. E tale esigenza all’ubbidienza si estende a tutte le sfere della vita, nelle quali le questioni morali richiedono l’accordo con la legge divina e con ciò stesso l’armonizzazione dei mutevoli ordinamenti umani col complesso degli immutabili ordinamenti divini.

Solamente spiriti superficiali possono cadere nell’errore di parlare di un Dio nazionale, di una religione nazionale, e intraprendere il folle tentativo di imprigionare nei limiti di un solo popolo, nella ristrettezza etnica di una sola razza, Dio, Creatore del mondo, re e legislatore dei popoli, davanti alla cui grandezza le nazioni sono piccole come gocce in un catino d’acqua(6).

I Vescovi della Chiesa di Cristo « preposti a quelle cose che riguardano Dio »(7) devono vigilare perché non si affermino tra i fedeli tali perniciosi errori, ai quali sogliono tener dietro pratiche ancora più perniciose. Appartiene al loro sacro ministero di fare tutto il possibile, affinché i comandamenti di Dio siano considerati e praticati quali obbligazioni inconcusse di una vita morale e ordinata, sia privata sia pubblica; i diritti della maestà divina, il nome e la parola di Dio non vengano profanati(8); le bestemmie contro Dio in parole, scritti e immagini, numerose talvolta come l’arena del mare, vengano ridotte al silenzio, e di fronte allo spirito caparbio e insidioso di coloro, che negano, oltraggiano e odiano Dio, non si illanguidisca mai la preghiera espiatrice dei fedeli, la quale sale ad ogni ora come incenso all’Altissimo, trattenendone la mano punitrice.

Noi ringraziamo, Venerabili Fratelli, voi, i vostri sacerdoti e tutti i fedeli che nella difesa dei diritti della divina Maestà contro un provocante neopaganesimo, appoggiato, purtroppo, spesso da personalità influenti, avete adempiuto e adempite il vostro dovere di cristiani. Questo ringraziamento è particolarmente intimo e unito ad una riconoscente ammirazione per coloro i quali, nel compimento di questo loro dovere, si sono resi degni di sopportare per la causa di Dio sacrifici e dolori.

3. GENUINA FEDE IN GESÙ CRISTO

La fede in Dio non si manterrà, a lungo andare, pura e incontaminata, se non si appoggerà nella fede in Gesù Cristo. «Nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui a cui il Figlio lo vuole rivelare »(9). «Questa è la vita eterna; che essi riconoscano te, unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo »(10). A nessuno dunque è lecito dire: io credo in Dio, e ciò è sufficiente per la mia religione. La parola del Salvatore non lascia posto a scappatoie di simil genere: « Chi rinnega il Figlio non ha neanche il Padre; chi riconosce il Figlio ha anche il Padre »(11).

In Gesù Cristo, incarnato Figlio di Dio, è apparsa la pienezza della rivelazione divina: « In varie maniere e in diverse forme, Dio un giorno parlò ai padri per mezzo dei profeti. Nella pienezza dei tempi ha parlato a noi per mezzo del Figlio »(12). I libri santi dell' Antico Testamento sono tutti parola di Dio, parte organica della sua rivelazione. Conforme allo sviluppo graduale della rivelazione, su di essi si posa il crepuscolo del tempo che doveva preparare il pieno meriggio della redenzione. In alcune parti si narra dell’imperfezione umana, della sua debolezza e del peccato, come non può accadere diversamente, quando si tratta di libri di storia e di legislazione. Oltre a innumerevoli cose alte e nobili, essi parlano della tendenza superficiale e materiale, che appariva a varie riprese nel popolo dell’antico patto, depositario della rivelazione e delle promesse di Dio. Ma per ogni occhio, non accecato dal pregiudizio o dalla passione, non può che risplendere ancora più luminosamente, nonostante la debolezza umana, di cui parla la storia biblica, la luce divina del cammino della salvezza, che trionfa alla fine su tutte le debolezze e i peccati.

E proprio su questo sfondo, spesso cupo, la pedagogia della salute eterna si allarga in prospettive, le quali nello stesso tempo dirigono, ammoniscono, scuotono, sollevano e rendono felici. Solo cecità e caparbietà possono far chiudere gli occhi davanti ai tesori di salutari insegnamenti, nascosti nell’Antico Testamento. Chi quindi vuole banditi dalla Chiesa e dalla scuola la storia biblica e i saggi insegnamenti dell’Antico Testamento, bestemmia la parola di Dio, bestemmia il piano della salute dell’Onnipotente ed erige a giudice dei piani divini un angusto e ristretto pensar umano. Egli rinnega la fede in Gesù Cristo, apparso nella realtà della sua carne, il quale prese natura umana da un popolo, che doveva poi configgerlo in croce. Non comprende nulla del dramma mondiale del Figlio di Dio, il quale oppose al misfatto dei suoi crocifissori, qual sommo sacerdote, l’azione divina della morte redentrice, e fece così trovare all’Antico Testamento il suo compimento, la sua fine e la sua sublimazione nel Nuovo Testamento.

La rivelazione culminata nell’Evangelo di Gesù Cristo è definitiva e obbligatoria per sempre, non ammette appendici di origine umana e, ancora meno, succedanei o sostituzioni di « rivelazioni » arbitrarie, che alcuni banditori moderni vorrebbero far derivare dal così detto mito del sangue e della razza. Da che Cristo, l’Unto del Signore, ha compiuto l’opera di redenzione, infrangendo il dominio del peccato e meritandoci la grazia di diventare figli di Dio, da allora non è stato dato agli uomini alcun altro nome sotto il cielo, per diventare beati, se non il nome di Gesù(13). Anche se un uomo identifichi in sé ogni sapere, ogni potere e tutta la possanza materiale della terra, non può gettare fondamento diverso, da quello che Cristo ha gettato(14). Colui quindi che con sacrilego misconoscimento delle diversità essenziali tra Dio e la creatura, tra l’Uomo-Dio e il semplice uomo, osasse di porre accanto a Cristo o, ancora peggio, sopra di Lui o contro di Lui, un semplice mortale, fosse anche il più grande di tutti i tempi, sappia che è un profeta di chimere, a cui si applica spaventosamente la parola della Scrittura: « Colui, che abita nel cielo, ride di loro »(15).




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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