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Che cosa è la Mistagogia

Ultimo Aggiornamento: 02/01/2018 22:52
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02/01/2018 22:49
 
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CAPITOLO VII


LA MISTAGOGIA DELLE NOZZE


L’unione dell’uomo con la donna intesa come amore reciproco, convivenza, condivisione e procreazione, è stato un legame voluto da Dio e da lui stesso benedetto fin dal principio (cf. Gn 1, 26-27. 2, 18-24).
Tale legame, con tutte le sue problematiche e con tutte le sue componenti, fu recepito dai cristiani non solo come "volontà di Dio", ma anche come "sacramento", istituito da Cristo durante le nozze di Cana, nell'atto di trasformare l'acqua in vino "buono" (cf. Gv 2, 1-11). E, ancora, come immagine dell’unione di Cristo con la sua Chiesa, come afferma S. Paolo in Efesini 5, 20-33: "Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!". 
Il Matrimonio cristiano allora è: 
- l’esplicazione della volontà di Dio ("I due saranno una carne sola", "L’uomo non separi ciò che Dio unisce" e "Crescete e moltiplicatevi"); 
- il conferimento dello Spirito Santo, che dà agli sposi la capacità di santificarsi nella vita di coppia; 
- la manifestazione del "mistero" dell’unità: Cristo-sposo e Chiesa-sposa.

Il Mistero del Matrimonio cristiano esprime poi un altro aspetto del piano d’amore di Dio, nascosto in Lui ma rivelatoci in Cristo: la fedeltà amorosa di Cristo nei confronti dell'umanità, sua sposa, redenta dal suo sangue; il suo "SI" eterno, immutabile e irremovibile nei confronti di essa.
La celebrazione delle nozze nel rito bizantino esprime tutte queste realtà, nell’ambito di una tradizione ricchissima.
Analizzeremo anche questa volta i riti, i gesti, le preghiere, le letture per trarre le nostre conclusioni mistagogiche, scopo del nostro lavoro.

ANALISI MISTAGOGICA DEL RITO DEL FIDANZAMENTO
(nel rito ortodosso e che faremo bene a riscoprire)

I fidanzati si presentano davanti alle porte della chiesa, l’uomo a sinistra e la donna a destra del sacerdote, che va loro incontro col libro dell’Evangelo.
Il sacerdote fa loro baciare il sacro libro significando così che è lo stesso Cristo che li accoglie nella sua casa. Quindi consegna una candela accesa ai fidanzati e ai testimoni e cantando l'inno alla Madre di Dio: Axion estìn (E' degno veramente proclamarti beata...), si avvia verso il soléa.
Lì si ferma e intona la dossologia solita dell'ufficiatura non eucaristica (l’altra: quella eucaristica sarà intonata all'inizio del rito dell'incoronazione, per la connessione del Matrimonio con l'Eucaristia).
Segue una litania di supplica con diverse intenzioni legate alla circostanza: il Fidanzamento, per tanti versi simili a quelle che saranno dette nel rito della Coronazione.
Seguono due brevi preghiere, forse le più antiche, tra quelle del matrimonio a noi pervenute.
La prima preghiera supplica Dio che sia lui stesso a benedire i suoi servi fidanzati, Lui che ha raccolto in unità le cose divise, e che ha benedetto Isacco e Rebecca facendoli eredi della promessa.
La seconda preghiera chiede a Dio la benedizione del fidanzamento e ricorda l’immagine Cristo-sposo e Chiesa-sposa, come si è sopra accennato. 
Dopo le due brevi preghiere il sacerdote fa loro congiungere le mani e quindi consegna loro l’anello quale caparra del "futuro" matrimonio. 
Che l’anello sia caparra lo dice lo stesso verbo greco: "arrhavonízetai" cioè "si fidanza dando l'arra" ossia il pegno dell’anello quale impegno dell’amore. In altre parole i fidanzati dandosi l'anello si impegnano l’uno con l’altra per il matrimonio e la fedeltà coniugale.
Dopo aver loro consegnato l’anello, il sacerdote glieli scambia per tre volte, e dopo di lui anche i testimoni presenti, quindi recita una lunga preghiera dove si ricorda il significato dell'anello, potestà, glorificazione, fedeltà alla parola data, dignità : "con un anello fu data potestà a Giuseppe in Egitto (Gn 41,42), con un anello fu glorificato Daniele nella città di Babilonia (Gn 6,17), con un anello si svelò la verità di Tamar (Gn 38, 17-26), con un anello il nostro Padre celeste ridiede la dignità di figlio a colui che l'aveva perduta (Lc 5, 2) ".
La preghiera supplica Dio affinché confermi la parola che i fidanzati si scambiano, stabilendoli nell'unione santa che viene da Lui, perché è Lui che benedice e santifica ogni cosa. E' questo l’elemento tipico di ogni celebrazione cristiana: l’invocazione del Signore, affinché con la sua celeste benedizione, trasformi la realtà comune in realtà trasfigurata, celeste, cioè trasformata secondo le esigenze del Regno di Dio.
La preghiera infine fa riferimento alla mano (destra) del Signore che per mezzo di Mosè guidò a salvezza il popolo attraverso il Mar Rosso. 
L’anello del fidanzamento nella destra degli sposi (46), è il segno della protezione di Dio attraverso il mare della vita.
La preghiera infine si conclude con l’augurio che la loro vita sia sempre sotto la protezione dell’Angelo del Signore, che cammini davanti a loro tutti i giorni della loro vita. 
Il semplice atto dello scambio dell’anello viene così trasformato dalla liturgia bizantina, in un legame essenziale che unisce Dio con la nuova coppia, e il pegno tra i due fidanzati trova il suo modello ultimo nella fedeltà di Dio alla sua promessa in favore del suo popolo.
A questo punto dovrebbe seguire il congedo, ma dovendo continuare, il sacerdote non congeda nessuno e intona il Salmo 127 che è il proemio del rito della Coronazione.

ANALISI MISTAGOGICA DEL RITO DELLA CORONAZIONE

Se il rito del fidanzamento si è svolto davanti al soléa, allora al canto del salmo si entra dentro e ci si pone davanti all'altare appositamente preparato. 
Se il rito si è svolto al nartece allora, cantando il salmo, si entra in chiesa e ci si pone sempre e comunque davanti all'altare preparato nel soléa.
Sull’altare vi è l’Evangelo, le corone, un pane (o una fetta di esso), una coppa di vetro col vino, il velo per gli sposi e un tricerio per simboleggiare la presenza della Trinità.
Terminato il canto del salmo, che ha come antifona - ritornello: "Gloria a Te, Dio nostro, gloria a Te!", il sacerdote dà inizio al rito con la dossologia della liturgia eucaristica: "Benedetto il Regno del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Ora e sempre e nei secoli dei secoli". "Amìn".
Ci si chiederà perché questa formula, usata solo per le celebrazioni eucaristiche: Divina Liturgia, Vespri con Liturgia, o Presantificati, viene usata per due altri sacramenti: il Battesimo e il Matrimonio. 
La risposta è semplice: perché questi due sacramenti sono legati all'Eucaristia, come le su citate Liturgie.
Il matrimonio è legato all’Eucaristia sia per contenuto: l’offerta di due persone, perché Dio le trasformi in una sola realtà come il pane e il vino offerti, che diventano unica realtà del corpo del Signore Gesù; sia perché era celebrato nel contesto della Liturgia, o se questa non veniva celebrata, ai due erano dati i doni eucaristici presantificati.
Questa non è una nostra invenzione, molti codici liturgici, infatti, parlano della celebrazione delle nozze in questi termini, poi, purtroppo, caduta in disuso.
Dopo la dossologia iniziale, segue la solita litania di pace, con intenzioni di preghiere adatte all'incoronazione e poi tre preghiere di diversa lunghezza ma di identico contenuto.
Checché ne dicano liturgisti e teologi, esse sono tre identiche preghiere di cui va detta una sola a scelta del sacerdote perché, tutt’e tre, al pari delle anafore, contengono una prefázio, una anámnêsis e una epíclêsi, quindi, dette tutt'e tre, a nostro modo di vedere, significa sposare tre volte gli sposi!
Dopo le preghiere segue la velazione degli sposi. Il sacerdote stende un largo velo sulla testa dei due sposi coprendoli, e ciò a significare che Dio stesso, per mezzo del suo Spirito, li copre con la sua ombra e li rende fecondi. Le radici scritturistiche della velazione le troviamo in Luca 1,35a: " Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'altissimo "(47). 
Il rito della velazione è in uso solo presso le popolazioni albanesi di rito bizantino della Sicilia, mentre è scomparso da tutto l’oriente cristiano. 
Dopo la velazione segue l'incoronazione.
L’incoronazione ha radici veterotestamentarie (cf. Is 61,10 e Ct 3,11), e pagane. Ma essa è passata nella civiltà cristiana con significati ben precisi. Nella nostra cultura dunque chi porta la corona e perché? 
Martiri: perché con il martirio hanno raggiunto la forma più perfetta di santità ("Nessuno ha un amore più grande – più perfetto - di colui che dà la vita per i suoi amici" Gv 15, 13).
Vescovi: essi sono perfetti nel governo della Chiesa e nell'amministrazione dei Sacramenti.
Re: al pari dei vescovi essi sono perfetti nel governo delle Nazioni.
Gli Atleti: i vincitori sono perfetti nello sport in cui hanno gareggiato, dunque incoronati.
Poeti: perfetti nell'arte della poesia e dell'espressione, sono incoronati di gloria immortale . 
Per quanto riguarda il velo e le corone nuziali sono i S. Padri a parlarne, soprattutto S. Paolino da Nola nel suo cantico sul Matrimonio. Ma le corone sono viste dai Padri in maniera diversa, alcuni le rigettano come tradizione pagana (Tertulliano), altri danno come simbologia la vittoria sulle passioni (Giovanni Crisostomo), altri ancora affermano che le corone non devono essere poste sul capo dal Vescovo ma dai padri di famiglia ( Gregorio di Nazianzo) ecc.
Qualunque sia l’interpretazione che ne danno i Padri, per noi, facendo riferimento a chi porta la corona e perché, la corona indica la perfezione, la perfezione dell'uomo nella donna e della donna nell'uomo, perfezione a livello psicofisico.
In altre parole il marito è la gloria della moglie e la moglie del marito. Il marito trova il suo perfezionamento a tutti i livelli nella donna e la donna nell'uomo. Dunque si portano a vicenda sul capo, perché l’uno è la gloria dell’altra e viceversa.
Il celebrante quindi prende una corona dall’altare e tracciando un segno di croce sullo sposo dice: " Il servo di Dio (N.) si incorona della serva di Dio (N.), nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo". 
Il greco dice stéphetai che significa adorna il suo capo con la corona, per indicare che l’altra parte (la donna), è ciò che gli mancava per essere perfetto e che ora possiede, gloriandosi di portarla sul capo.
Lo stesso avviene per la sposa.
Dopo l’incoronazione il sacerdote canta un versetto di invocazione, epicletico, che richiama il Salmo 8, augurando che sia Dio a incoronarli: 
"Signore Dio nostro, incoronali Tu di gloria e di onore". L'uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio (maschio e femmina), nell'unità famigliare riceve da Dio gloria e onore facendo risplendere nella coppia la luce del piano di Dio.
Mentre il sacerdote canta il versetto su citato scambia le corone sulla testa degli sposi tre volte e dopo di lui anche i testimoni. 
Seguono due letture: Ef 5, 22-33 e Gv 2, 1-1 1, che si adattano e spiegano il matrimonio cristiano.
" L'Epistola agli Efesini parla del grande mistero della comunione coniugale, in relazione all'unione fra Cristo e la Chiesa e dei sentimenti che devono animare gli sposi in una comunità di amore e di uguaglianza, in ruoli distinti, consigliando di stare sottomessi gli uni agli altri nel timore del Signore " (48).
Il Vangelo di Giovanni ricorda l’episodio delle nozze di Cana a cui è invitato anche Gesù, la Madre sua e i suoi discepoli.
La trasformazione dell'acqua in buon vino indica la trasformazione che avviene nella vita degli sposi ma anche la provvidenza che il Signore ha nei confronti della coppia umana. Non bisogna sottovalutare neanche l'intervento della S. Madre di Dio, della sua intuizione e della sua mediazione. 
Finita la lettura della Parola, seguono alcune preghiere litaniche e il Padre nostro. Il sacerdote quindi benedice la coppa comune e, dopo aver loro dato da mangiare un po’ di pane, porge loro la coppa del vino cantando il versetto del Salmo 115, 13: "Alzerò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore".
Un unico pane e un’unica coppa di vino, per indicare l'unità, la concordia, la comunione di vita e la gioia. Un unico pane, un unico calice, un’unica realtà: tutto è tra loro comune ed entrambi hanno pari dignità di fronte al Signore, a se stessi e al mondo.
Anticamente dopo il Padre nostro si dava l’Eucaristia, oggigiorno, se le nozze si celebrano la mattina, qualche sacerdote, un po’ timidamente e arbitrariamente, ha inserito il rito della Comunione. 
Terminato il rito del calice comune, nella tradizione bizantina di Sicilia, il calice di vetro viene spezzato per indicare l'indissolubilità del matrimonio e la fedeltà: in quel bicchiere dopo che hanno bevuto gli sposi nessuno più deve bere. Il sacerdote quindi, con gli sposi e i testimoni, girano tre volte attorno all'altare cantando tre tropári, gli stessi che si cantano durante le ordinazioni, invertendo l'ordine: il primo, durante le ordinazioni, si canta per ultimo.
Il primo tropárion così recita: " Isaia, danza, poiché la vergine ha concepito nel suo seno e ha partorito un figlio, l’Emmanuele, Dio e Uomo, Oriente è il suo nome, e noi magnificandolo, proclamiamo beata la Vergine ".
L'invito alla danza è motivata dalla realtà dell'incarnazione profetata da Isaia. Ciò che il profeta ha previsto si è avverato. 
Anche il matrimonio è espressione di questa incarnazione del Verbo, infatti come il Logos si unisce alla Umanità, pur rimanendo Logos, così l’uomo e la donna si uniscono pur rimanendo tali. Ecco perché il tropárion qui si canta per primo.
Seguitando a girare intorno all'altare si canta il secondo tropárion che si riferisce ai martiri vittoriosi e incoronati, affinché supplichino il Signore di aver pietà delle anime nostre.
Il terzo tropárion è una dossologia a Cristo, vanto degli Apostoli ed esultanza dei Martiri il cui annunzio è stata la Trinità consustanziale.
Questo rito richiama il giro attorno alla vasca battesimale, rievoca la dimensione eterna del sacramento a cui sono chiamati gli sposi, ricorda la gioia di appartenere a Cristo e di girargli intorno esultanti; rammenta, infine, l'impegno di testimoniarlo dinanzi all'assemblea.
Terminata la "danza nuziale" il sacerdote toglie le corone augurando allo sposo di essere magnificato come Abramo, benedetto come Isacco e fecondo come Giacobbe, camminando nella pace e adempiendo nella giustizia i comandamenti di Dio; alla sposa augura di essere magnificata come Sara, felice come Rebecca e feconda come Rachele, di rallegrarsi del suo sposo e di osservare la Legge di Dio secondo il suo beneplacito.
Le corone vengono consegnate a uno della famiglia che ha cura di portarle nella nuova casa dove andranno ad abitare gli sposi e di rimetterle in un luogo decoroso, essendo il segno del loro amore (49).
Quindi gli sposi dinanzi all'assemblea si danno il bacio e il sacerdote dopo aver invocata ancora la Trinità affinché li benedica e faccia riuscire ogni loro iniziativa e ogni loro impresa, li congeda nella pace, perché di essa hanno bisogno, più di ogni altra cosa. 
"Dopo il congedo e gli auguri, gli sposi, accompagnati dalla preghiera della Chiesa, "procedono in pace" nella loro vita, certi della presenza del Signore, in base alla sua promessa: "Dove due o tre sono uniti ne mio nome, Io sono in mezzo a loro" (Mt 18,20)" (50).
La vita di coppia, infatti, non è sempre facile, implica un forte combattimento e una rinuncia continua contro il proprio egoismo, fonte di tutti i peccati, e questo sarà possibile se in mezzo a loro c’è la presenza del Signore.
La vera gioia si ottiene attraverso la scoperta della croce: " Dona loro, o Signore, la gioia che provò la beata Elena (imperatrice), quando trovò la preziosa croce" (2 preghiera ). La vera felicità e la perfetta santità, consistono nella morte quotidiana a se stessi per vivere dell'altro.
Quale migliore conferma a queste parole di quello che scrisse il papa Gregorio Magno nella Regola pastorale?: "Si devono ammonire i coniugi affinché tutto ciò che in loro talvolta dispiace, lo sopportino a vicenda. Sta scritto infatti: "portate i pesi gli uni degli atri, e così adempirete la legge di Cristo (Gal 6, 2). Ma la legge di Cristo è l'amore, e per amore egli ci ha elargito i suoi ricchi doni e ha portato con animo sereno i nostri mali. 
Noi adempiamo, dunque la legge di Cristo imitandolo, quando elargiamo con benignità i nostri beni e sopportiamo con pietà i mali dei nostri.
Si ammoniscano dunque (gli sposi) che ciascuno di loro badi non tanto a ciò che sopporta dall'altro, quanto a ciò che fa sopportare all’altro. Se infatti considera i pesi che fa portare all'altro, porta più facilmente i pesi che l'altro gli fa sopportare" (51).




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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