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Cari Vescovi, vi supplichiamo, non tacete più, gridate dai tetti la Verità (7)

Ultimo Aggiornamento: 21/08/2018 16:02
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20/01/2018 09:24
 
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"Chiese proibite per usi profani". Firmato: un vescovo

A Valencia il cardinale Arcivescovo scrive un atto rivolto a fedeli e sacerdoti nel quale proibisce l'utilizzo delle chiese per scopi profani. E raccomanda la comunione in ginocchio e in bocca. "La secolarizzazione interna alla Chiesa è la più grave di tutte".


“Il mio tempio è una casa di orazione”: partendo dalla frase del Vangelo il cardinale arcivescovo di Valencia, Antonio Llovera Canizares, ha scritto qualche giorno fa una lettera ai sacerdoti della sua diocesi per indicare come si possa – e soprattutto come non si possa – usare una chiesa. È un argomento particolarmente attuale e interessante, soprattutto da noi, dove l’abitudine – la moda? – di usare le chiese per allestire pranzi e cene, e altri usi ancora, sta dilagando come la Nuova BQ sta mostrando da settimane con la campagna #salviamolechiese. Un fenomeno di imitazione cominciato con la mensa in San Petronio durante la visita del Pontefice, e che si è diffuso qua e là anche altrove; nonostante in moltissimi casi non siano certo i locali a disposizione che mancano alle chiese e alle diocesi…E il card. Canizares raccomanda anche di ricevere l’eucarestia in ginocchio e in bocca, anche se è permesso ricevere l’ostia nella mano.

“Cari fratelli sacerdoti, cari tutti: vi scrivo questa lettera con tutto l’affetto a la preoccupazione e il massimo interesse affinché i templi – cattedrale, basiliche, chiese parrocchiali, cappelle, eremitaggi con culto abituale –siano case di orazione e non si trasformino, o non le convertiamo in luoghi profani”.

Il porporato inizia raccomandando il silenzio, dovuto ai luoghi sacri, e ricorda come sin da bambino gli sia stato insegnato dai genitori a mantenere il silenzio in chiesa. Un silenzio che, osserva, “si vede alterato con troppa frequenza e indebitamente nel rito della pace, così come alla fine della celebrazione, o all’ingresso nel tempio”.

Dopo aver ricordato che per entrare in chiesa è necessario un abbigliamento adeguato, e che è opportuno ricordarlo con cartelli all’ingresso delle chiese, parla poi delle fotografie. “Senza impedire il ricordo, che capisco sia gradito di conservare in fotografia. Si possono fare fotografie, è normale che si desideri. Però non possiamo convertire il tempio in un salone di fotografie né in un momento di divertimento e frivolezza”.

Continua poi in questo piccolo saggio di etichetta sacra: “Mi permetto di richiamare la vostra attenzione a come ci comportiamo quando passiamo davanti al tabernacolo; a volte si passa davanti al tabernacolo senza fare nessun gesto di riverenza né genuflessione, come si deve. I bambini passano davanti al tabernacolo in cui sta Gesù presente, consacrato. Bisogna educarli, e bisogna educare i grandi”.

I punti centrali della lettera però riguardano la comunione, e l’uso improprio dei luoghi di culto. Fa riferimento a una lettera pastorale di qualche anno fa: “In questa stessa lettera ricordavo come darsi la pace e comunicarsi. Vi confesso che ci sono volte che sto male vedendo come si avvicinano alcuni, senza nessun raccoglimento e devozione, senza nessun gesto di adorazione, come si prende un biscotto o qualche cosa di simile. Insisto in quello che dicevo nella lettera citata sull’Eucarestia: ci si può comunicare direttamente in bocca, o con la mano per poi portarsi il corpo di Cristo alla bocca. Però devo aggiungere che la forma più consona con il mistero del Corpo di Cristo che si riceve è comunicarsi in ginocchio, e in bocca. Non sono retrogrado in questo, ma segnalo solo ciò che si accorda alla comunione”.

E l’ultima parte è centrata sull’uso corretto delle chiese, e sulla lotta alla secolarizzazione interna nella Chiesa: “Infine, i templi devono essere rispettati per quello che sono: Tutti abbiamo visto male che in Catalogna si siano utilizzati i templi, per esempio, per metterci le urne del recente voto. E vediamo con quanta tranquillità, senza scomporsi, con un certo gusto anzi, non so se per snobismo o per quale ragione – si usano i templi con la migliore buona intenzione ma senza testa, per altri usi, per i quali si potrebbero usare altri locali; chiaro salvo casi di emergenza o necessità? Rispetto a ciò devo dire per fedeltà e rispetto a quello che è il tempio che proibisco severamente altri usi profani che, salvo casi di emergenza o di necessità maggiore o inevitabile che lo richiedano, e questo con autorizzazione almeno del vicario di zone. Non contribuiamo alla secolarizzazione, la secolarizzazione interna alla Chiesa è la più grave di tutte”.

La lettera si chiude con una richiesta paterna: “Non prendete in mala parte ciò che dico; è per il vostro bene e il bene delle nuove generazioni e della Chiesa…. Non dimentichiamo mai le parole di Gesù stesso, mosso con tutto il suo zelo di Figlio per la gloria del Padre, in tutta la loro gravità e profondità: ‘La mia casa è casa di orazione’. Contribuiremo, se lo facciamo, seguendo le indicazioni che offro ad andare superando la secolarizzazione così grande che subiamo e che è necessario superare. In questo modo contribuiremo al culto in “spirito e verità” come ci dice Gesù, e a compiere quello che ordina il primo comandamento, di amare Dio sopra ogni cosa”. A Valencia c’è un vescovo. 


 


Preti cattolici diventano anglicani

Con questo titolo, nostro, pubblichiato il seguente articolo apparso sul quotidiano Libero del 16 gennaio 2018, con l'intestazione che riportiamo
http://www.liberoquotidiano.it/news/italia/13299531/vaticano-papa-francesco-fuga-chiesa-
cattolica-chiesa-anglicana-uno-su-dieci-non-ce-la-fa.html



Uno su dieci non ce la fa. Tra i sintomi più preoccupanti della crisi del cattolicesimo non c’è solo la fuga dei fedeli dalle chiese e il mancato avvicinamento o la mancata conversione di nuovi credenti; ma c’è anche la rinuncia al proprio ministero da parte di tanti, tantissimi sacerdoti che - per ragioni personali, motivi dottrinali o un’insofferenza verso le gerarchie - si spretano, dismettono l’abito talare o approdano ad altre confessioni. 
Secondo le stime di alcune associazioni cattoliche in Italia, sono ben 5mila i preti che si sono dimessi su un totale di 50mila uomini con la tonaca. 

Un’erosione enorme.

Ed è interessante che, mentre la maggior parte torna alla vita laicale, alcuni di essi restano preti, ma sotto una nuova veste, quella della Chiesa anglicana. 
In questi giorni ha fatto scalpore la storia del segretario dell’abbazia di Montecassino, padre Antonio Potenza, diventato anglicano e trasferitosi in Gran Bretagna dove ha sposato una giovane donna all’interno di un’altra abbazia, quella di Westminster. 
Ma non è un caso isolato. 
Come raccontato da Marianna Losito di coratolive.it, un prete pugliese, don Fabrizio Pesce, dopo una crisi spirituale durante una missione in Argentina (dove aveva come vescovo il futuro Papa Francesco), ha lasciato il sacerdozio, si è innamorato di una donna che ha sposato ed è andato a vivere a Londra; qua si è avvicinato alla comunità anglicana fino a divenirne sacerdote.

Storie che si inseriscono in un fenomeno più ampio, confermato dal vicario generale della Chiesa anglicana in Italia, Vickie Sims: «I preti cattolici mi contattano nella speranza di poter diventare preti anglicani», ci dice, «anche se non esiste un passaggio diretto. Uno deve essere prima membro della chiesa anglicana, e poi in un secondo momento discernere la vocazione al sacerdozio anglicano». 
Ecco allora il caso di «un gesuita che, tempo dopo aver lasciato il sacerdozio cattolico, è entrato nella Chiesa d’Inghilterra e ha poi ottenuto il permesso a esercitare il ministero dal nostro vescovo»; e ancora la storia di un prete che si è sposato, ha avuto una figlia ed è approdato alla Chiesa d’Inghilterra; o la vicenda di un giovane ex sacerdote cattolico che «è ancora nel processo per fare riconoscere i suoi ordini» dalla Chiesa anglicana. 
A conferma che, sebbene richiesto, il passaggio è molto lento e lungo. «Prima la persona deve far parte di una congregazione anglicana come laico per un periodo di tempo. Poi, a seguito di un processo di discernimento, può essere accettata per esercitare il suo ministero nella Chiesa d’Inghilterra».

Di solito i parroci ex cattolici, nella fase di passaggio, cambiano non solo confessione ma anche Paese: si trasferiscono in Gran Bretagna dove hanno maggiore possibilità di esercitare il loro sacerdozio con la nuova veste.
«A muoverli nella scelta di approdare all’anglicanesimo c’è una somma di fattori. In primo luogo, la possibilità di vivere a pieno la propria sfera affettivo-sessuale, visto che nella Chiesa anglicana il matrimonio dei sacerdoti è pienamente riconosciuto. Ma contano anche altri aspetti, di natura dottrinale-pastorale: dalla minore gerarchia interna alla maggiore autonomia di ciascuna comunità fino a un messaggio evangelico più vicino all’uomo e alla sua natura, in nome di un pragmatismo tipicamente british. «Una combinazione», sintetizza la Sims, «di vita privata con questioni di dogma e di cultura ecclesiastica».

Temi che spingono ad aderire alla comunità anglicana non solo parroci ma anche semplici fedeli. 
Motivati ad esempio dalla possibilità per un divorziato di risposarsi o di vedere celebrata una messa anche da parte di una donna (nella Chiesa anglicana è prevista l’ordinazione femminile). 
Ma, ribadisce la Sims, «quello che attrae le persone è soprattutto l’esperienza di una comunità dove si sentono volute, accettate, e trovano lo spazio per riflettere sulla vita e incontrare Dio». 

E così la Chiesa anglicana cresce, a piccoli passi in Italia, dove esistono una ventina di congregazioni riconducibili alla Chiesa d’Inghilterra e la comunità ha un carattere internazionale, in quanto mette insieme persone dalle nazioni più diverse; e in modo più significativo nel mondo, dove la confessione anglicana è la terza del cristianesimo, dopo il cattolicesimo romano e la Chiesa ortodossa. 
Ma, a spiegare questa tendenza, c’è forse soprattutto la volontà di realizzare il doppio auspicio di Enrico VIII e di Lucio Dalla. 
Il primo, divorziando, sperava di «tornare lo scapolo più felice del creato»; il secondo sognava preti che «potranno sposarsi, ma solo a una certa età».







[Modificato da Caterina63 20/01/2018 10:10]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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