A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
Nuova Discussione
Rispondi
Cerca nel forum
Tag discussione
Discussioni Simili   [vedi tutte]
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

Conferenze sugli scritti di Joseph Ratzinger

Ultimo Aggiornamento: 15/01/2018 11:33
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 39.988
Sesso: Femminile
15/01/2018 09:58
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

Risultati immagini per Ratzinger Benedetto xvi


Cristianesimo e razionalità, dall’illuminismo ad oggi

Le basi dell’Europa; quell’Europa che un tempo, possiamo dire, è stata il Continente cristiano, ma che è stata anche il punto di partenza di quella nuova razionalità scientifica che ci ha regalato grandi possibilità e altrettante grandi minacce. Il cristianesimo non è certo partito dall’Europa, e dunque non può essere neanche classificato come una religione europea, la religione dell’ambito culturale europeo. Ma proprio in Europa ha ricevuto la sua impronta culturale e intellettuale storicamente più efficace e resta pertanto intrecciato in modo speciale all’Europa. D’altra parte è anche vero che quest’Europa, sin dai tempi del rinascimento, e in forma compiuta dai tempi dell’illuminismo, ha sviluppato proprio quella razionalità scientifica che non solo nell’epoca delle scoperte portò all’unità geografica del mondo, all’incontro dei continenti e delle culture, ma che adesso, molto più profondamente, grazie alla cultura tecnica resa possibile dalla scienza, impronta di sé veramente tutto il mondo, anzi, in un certo senso lo uniforma. E sulla scia di questa forma di razionalità, l’Europa ha sviluppato una cultura che, in un modo sconosciuto prima d’ora all’umanità, esclude Dio dalla coscienza pubblica, sia che venga negato del tutto, sia che la Sua esistenza venga giudicata non dimostrabile, incerta, e dunque appartenente all’ambito delle scelte soggettive, un qualcosa comunque irrilevante per la vita pubblica. Questa razionalità puramente funzionale, per così dire, ha comportato uno sconvolgimento della coscienza morale altrettanto nuovo per le culture finora esistite, poiché sostiene che razionale è soltanto ciò che si può provare con degli esperimenti. Siccome la morale appartiene ad una sfera del tutto diversa, essa, come categoria a sé, sparisce e deve essere rintracciata in altro modo, in quanto bisogna ammettere che comunque la morale, in qualche modo, ci vuole. In un mondo basato sul calcolo, è il calcolo delle conseguenze che determina cosa bisogna considerare morale oppure no. E così la categoria di bene, come era stata evidenziata chiaramente da Kant, sparisce. Niente in sé è bene o male, tutto dipende dalle conseguenze che un’azione lascia prevedere. Se il cristianesimo, da una parte, ha trovato la sua forma più efficace in Europa, bisogna d’altra parte anche dire che in Europa si è sviluppata una cultura che costituisce la contraddizione in assoluto più radicale non solo del cristianesimo, ma delle tradizioni religiose e morali dell’umanità. Da qui si capisce che l’Europa sta sperimentando una vera e propria “prova di trazione”; da qui si capisce anche la radicalità delle tensioni alle quali il nostro Continente deve far fronte. Ma qui emerge anche e soprattutto la responsabilità che noi europei dobbiamo assumerci in questo momento storico: nel dibattito intorno alla definizione dell’Europa, intorno alla sua nuova forma politica, non si gioca una qualche nostalgica battaglia di “retroguardia” della storia, ma piuttosto una grande responsabilità per l’umanità di oggi.
Diamo uno sguardo accurato a questa contrapposizione tra le due culture che hanno contrassegnato l’Europa. Nel dibattito sul preambolo della Costituzione europea, tale contrapposizione si è evidenziata in due punti controversi: la questione del riferimento a Dio nella Costituzione e quella della menzione delle radici cristiane dell’Europa. Visto che nell’articolo 52 della Costituzione sono garantiti i diritti istituzionali delle Chiese, possiamo stare tranquilli, si dice. Ma ciò significa che esse, nella vita dell’Europa, trovano posto nell’ambito del compromesso politico, mentre, nell’ambito delle basi dell’Europa, l’impronta del loro contenuto non trova alcuno spazio. Le ragioni che si danno nel dibattito pubblico per questo netto “no” sono superficiali, ed è evidente che più che indicare la vera motivazione, la coprono. L’affermazione che la menzione delle radici cristiane dell’Europa ferisce i sentimenti dei molti non-cristiani che ci sono in Europa, è poco convincente, visto che si tratta prima di tutto di un fatto storico che nessuno può seriamente negare. Naturalmente questo cenno storico contiene anche un riferimento al presente, dal momento che, con la menzione delle radici, si indicano le fonti residue di orientamento morale, e cioè un fattore d’identità di questa formazione che è l’Europa. Chi verrebbe offeso? L’identità di chi viene minacciata? I musulmani, che a tale riguardo spesso e volentieri vengono tirati in ballo, non si sentono minacciati dalle nostre basi morali cristiane, ma dal cinismo di una cultura secolarizzata che nega le proprie basi. E anche i nostri concittadini ebrei non vengono offesi dal riferimento alle radici cristiane dell’Europa, in quanto queste radici risalgono fino al monte Sinai: portano l’impronta della voce che si fece sentire sul monte di Dio e ci uniscono nei grandi orientamenti fondamentali che il decalogo ha donato all’umanità. Lo stesso vale per il riferimento a Dio: non è la menzione di Dio che offende gli appartenenti ad altre religioni, ma piuttosto il tentativo di costruire la comunità umana assolutamente senza Dio.

Le motivazioni per questo duplice”no” sono più profonde di quel che lasciano pensare le motivazioni avanzate. Presuppongono l’idea che soltanto la cultura illuminista radicale, la quale ha raggiunto il suo pieno sviluppo nel nostro tempo, potrebbe essere costitutiva per l’identità europea. Accanto ad essa possono dunque coesistere differenti culture religiose con i loro rispettivi diritti, a condizione che e nella misura in cui rispettino i criteri della cultura illuminista e si subordino ad essa. Questa cultura illuminista sostanzialmente è definita dai diritti di libertà; essa parte dalla libertà come un valore fondamentale che misura tutto.

E’ evidente che questo canone della cultura illuminista, tutt’altro che definitivo, contiene valori importanti dei quali noi, proprio come cristiani, non vogliamo e non possiamo fare a meno; ma è altrettanto evidente che la concezione mal definita o non definita affatto di libertà, che sta alla base di questa cultura, inevitabilmente comporta contraddizioni; ed è evidente che proprio per via del suo uso (un uso che sembra radicale) comporta limitazioni della libertà che una generazione fa non riuscivamo neanche ad immaginarci. Una confusa ideologia della libertà conduce ad un dogmatismo che si sta rivelando sempre più ostile verso la libertà.

Queste filosofie sono caratterizzate dal fatto che sono positivistiche, e perciò antimetafisiche, tanto che, alla fine, Dio non può avere in esse alcun posto.

Ma soprattutto bisogna dire che questa filosofia illuminista e la sua rispettiva cultura sono incomplete. Essa taglia coscientemente le proprie radici storiche privandosi delle forze sorgive dalle quali essa stessa è scaturita, quella memoria fondamentale dell’umanità, per così dire, senza la quale la ragione perde l’orientamento. Infatti adesso vale il principio che la capacità dell’uomo sia la misura del suo agire. Ciò che si sa fare, si può anche fare. Un saper fare separato dal poter fare non esiste più, perché sarebbe contro la libertà, che è il valore supremo in assoluto. Ma l’uomo sa fare tanto, e sa fare sempre di più; e se questo saper fare non trova la sua misura in una norma morale, diventa, come possiamo già vedere, potere di distruzione. L’uomo sa clonare uomini, e perciò lo fa. L’uomo sa usare uomini come “magazzino” di organi per altri uomini, e perciò lo fa; lo fa perché sembrerebbe essere questa una esigenza della sua libertà. L’uomo sa costruire bombe atomiche, e perciò le fa, essendo, in linea di principio, anche disposto ad usarle. Anche il terrorismo, alla fine, si basa su questa modalità di “auto-autorizzazione” dell’uomo, e non sugli insegnamenti del Corano. Il radicale distacco della filosofia illuminista dalle sue radici diventa, in ultima analisi, un fare a meno dell’uomo. L’uomo, in fondo, non ha alcuna libertà, ci dicono i portavoce delle scienze naturali, in totale contraddizione col punto di partenza di tutta la questione. Egli non deve credere di essere qualcos’altro rispetto a tutti gli altri esseri viventi, e perciò dovrebbe anche essere trattato come loro, ci dicono persino i portavoce più avanzati di una filosofia nettamente separata dalle radici della memoria storica dell’umanità.

Affermando questo non si nega tutto ciò che questa filosofia dice di positivo e importante, ma si afferma piuttosto il suo bisogno di compiutezza, la sua profonda incompiutezza. E così ci troviamo di nuovo a parlare dei due punti controversi del preambolo della Costituzione europea. L’accantonamento delle radici cristiane non si rivela espressione di una superiore tolleranza che rispetta tutte le culture allo sesso modo, non volendo privilegiarne alcuna, bensì come l’assolutizzazione di un pensare e di un vivere che si contrappongono radicalmente, fra l’altro, alle altre culture storiche dell’umanità. La vera contrapposizione che caratterizza il mondo di oggi non è quella tra diverse culture religiose, ma quella tra la radicale emancipazione dell’uomo da Dio, dalle radici della vita, da una parte, e le grandi culture religiose dall’altra. Se si arriverà ad uno scontro delle culture, non sarà per lo scontro delle grandi religioni – da sempre in lotta le une contro le altre ma che, alla fine, hanno anche sempre saputo vivere le une con le altre - ma sarà per lo scontro tra questa radicale emancipazione dell’uomo e le grandi culture storiche. Così, anche il rifiuto del riferimento a Dio, non è espressione di una tolleranza che vuole proteggere le religioni non teistiche e la dignità degli atei e degli agnostici, ma piuttosto espressione di una coscienza che vorrebbe vedere Dio cancellato definitivamente dalla vita pubblica dell’umanità e accantonato nell’ambito soggettivo di residue culture del passato. Il relativismo, che costituisce il punto di partenza di tutto questo, diventa così un dogmatismo che si crede in possesso della definitiva conoscenza della ragione, ed in diritto di considerare tutto il resto soltanto come uno stadio dell’umanità in fondo superato e che può essere adeguatamente relativizzato. In realtà ciò significa che abbiamo bisogno di radici per sopravvivere e che non dobbiamo perdere Dio di vista, se vogliamo che la dignità umana non sparisca.

Questo è un semplice rifiuto dell’illuminismo e della modernità? Assolutamente no. Il cristianesimo, fin dal principio, ha compreso se stesso come la religione del Logos, come la religione secondo ragione. Non ha individuato i suoi precursori in primo luogo nelle altre religioni, ma in quell’illuminismo filosofico che ha sgombrato la strada dalle tradizioni per volgersi alla ricerca della verità e verso il bene, verso l’unico Dio che sta al di sopra di tutti gli dèi. In quanto religione dei perseguitati, in quanto religione universale, al di là dei diversi Stati e popoli, ha negato allo Stato il diritto di considerare la religione come una parte dell’ordinamento statale, postulando così la libertà della fede. Ha sempre definito gli uomini, tutti gli uomini senza distinzione, creature di Dio e immagine di Dio, proclamandone in termini di principio, seppure nei limiti imprescindibili degli ordinamenti sociali, la stessa dignitàIn questo senso l’illuminismo è di origine cristiana ed è nato non a caso proprio ed esclusivamente nell’ambito della fede cristiana. Laddove il cristianesimo, contro la sua natura, era purtroppo diventato tradizione e religione di Stato. Nonostante la filosofia, in quanto ricerca di razionalità – anche della nostra fede - sia sempre stata appannaggio del cristianesimo, la voce della ragione era stata troppo addomesticata. E’ stato ed è merito dell’illuminismo aver riproposto questi valori originali del cristianesimo e aver ridato alla ragione la sua propria voce. Il Concilio Vaticano II, nella costituzione sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, ha nuovamente evidenziato questa profonda corrispondenza tra cristianesimo ed illuminismo, cercando di arrivare ad una vera conciliazione tra Chiesa e modernità, che è il grande patrimonio da tutelare da entrambe le parti.

Il cristianesimo deve ricordarsi sempre che è la religione del Logos. Essa è fede nel Creator Spiritus, nello Spirito creatore, dal quale proviene tutto il reale. Proprio questa dovrebbe essere oggi la sua forza filosofica, in quanto il problema è se il mondo provenga dall’irrazionale, e la ragione non sia dunque altro che un “sottoprodotto”, magari pure dannoso, del suo sviluppo, o se il mondo provenga dalla ragione, ed essa sia di conseguenza il suo criterio e la sua meta. La fede cristiana propende per questa seconda tesi, avendo così, dal punto di vista puramente filosofico, davvero delle buone carte da giocare, nonostante sia la prima tesi ad essere considerata oggi da tanti la sola “razionale” moderna. Ma una ragione scaturita dall’irrazionale e che è, alla fin fine, essa stessa irrazionale, non costituisce una soluzione ai nostri problemi. Soltanto la ragione creatrice, e che nel Dio crocifisso si è manifestata come amore, può veramente mostrarci la via.

Nell’epoca dell’illuminismo si è tentato di intendere e definire le norme morali essenziali dicendo che esse sarebbero valide etsi Deus non daretur, anche nel caso che Dio non esistesse. Nella contrapposizione delle confessioni e nella crisi incombente dell’immagine di Dio, si tentò di tenere i valori essenziali della morale fuori dalle contraddizioni e di cercare per loro un’evidenza che li rendesse indipendenti dalle molteplici divisioni e incertezze delle varie filosofie e confessioni. Così si vollero assicurare le basi della convivenza e, più in generale, le basi dell’umanità. A quell’epoca sembrò possibile, in quanto le grandi convinzioni di fondo create dal cristianesimo in gran parte resistevano e sembravano innegabili. Ma non è più così.

Dovremmo, allora, capovolgere l’assioma degli illuministi e dire: anche chi non riesce a trovare la via dell’accettazione di Dio dovrebbe comunque cercare di vivere e indirizzare la sua vita veluti si Deus daretur, come se Dio ci fosse. Questo è il consiglio che già Pascal dava agli amici non credenti; è il consiglio che vorremmo dare anche oggi ai nostri amici che non credono. Così nessuno viene limitato nella sua libertà, ma tutte le nostre cose trovano un sostegno e un criterio di cui hanno urgentemente bisogno
(da L’Europa di Benedetto di Joseph Ratzinger, LEV-Cantagalli, Roma-Siena, 2005).

Potrà risultare opportuno ascoltare una storiella ebraica, riportataci da Martin Buber, nella quale il dilemma dell’esistenza umana affiora in tutta la sua evidenza. “Un esploratore, uomo assai erudito che aveva sentito parlare dell’uomo di Berditchev, andò a fargli visita, per disputare come il suo solito anche con lui, nell’intento di far ancora una volta scempio delle retrive prove da lui apportate per dimostrare la verità della sua fede. Entrando nella stanza dello Zaddik, lo vide passeggiare innanzi e indietro con un libro in mano, immerso in profonda meditazione. Il saggio non prestò alcuna attenzione al visitatore. Finalmente si arrestò, lo guardò di sfuggita, e sbottò fuori a dire: “Chissà, forse è proprio vero”. Il dotto esploratore chiamò invano a raccolta tutto il suo orgoglio: gli tremavano le ginocchia, tanto era imponente lo Zaddik da vedere, tanto tremenda la sua sentenza da udire. Il rabbino Levi Jizchak si volse però completamente a lui, rivolgendogli in tutta calma le seguenti parole: “Figlio mio, i grandi della Thora con i quali tu hai polemizzato, hanno sciupato inutilmente le loro parole con te; quando te ne sei andato, ci hai riso sopra. Essi non sono stati in grado di porgerti Dio e il suo Regno; ora, neppur io sono in grado di farlo. Ma pensaci, figlio mio, perché forse è vero”.
L’esploratore fece appello a tutte le sue energie interiori, per ribattere; ma quel tremendo “forse”, che risuonava ripetutamente scandito ai suoi orecchi, aveva spezzato ogni sua velleità di opposizione”.
(da Introduzione al cristianesimo di Joseph Ratzinger, Queriniana, Brescia, 1979)



Tre elementi morali fondanti

Vorrei indicare gli elementi morali fondanti che non dovrebbero a mio avviso mancare.
Un primo elemento è l’ “incondizionatezza” con cui la dignità umana e i diritti umani devono essere presentati come valori che precedono qualsiasi giurisdizione statale. Questi diritti fondamentali non vengono creati dal legislatore, né conferiti ai cittadini, “ma piuttosto esistono per diritto proprio, sono da sempre da rispettare da parte del legislatore, sono a lui previamente dati come valori di ordine superiore” (G.Hirsch, Ein Bekenntnis zu den Grundewerten, in “Frankfurter Allgemeine Zeitung” 12 ottobre 2000).
Questa validità della dignità umana previa ad ogni agire politico e ad ogni decisione politica rinvia ultimamente al Creatore: solamente Dio può stabilire valori che si fondano sull’essenza dell’uomo e che sono intangibili. Che ci siano valori che non sono manipolabili per nessuno è la vera e propria garanzia della nostra libertà e della grandezza umana; la fede cristiana vede in ciò il mistero del Creatore e della condizione di immagine di Dio che egli ha con­ferito all’uomo.
Ora oggi quasi nessuno negherà direttamente la precedenza della dignità umana e dei diritti umani fondamentali rispetto ad ogni decisione politica; sono ancora troppo recenti gli orrori del nazismo e della sua teoria razzista. Ma nell’ambito concreto del cosiddetto progresso della medicina ci sono minacce molto rea­li per questi valori: sia che noi pensiamo alla donazione, sia che pensiamo alla conservazione dei feti umani a scopo di ri­cerca e di donazione degli organi, sia che pensiamo a tutto quan­to l’ambito della manipolazione genetica — la lenta consunzio­ne della dignità umana che qui ci minaccia non può venir mi­sconosciuta da nessuno. A ciò si aggiungono in maniera cre­scente i traffici di persone umane, le nuove forme di schiavi­tù, i traffici di organi umani a scopo di trapianti. Sempre ven­gono addotte finalità buone, per giustificare quello che non è giustificabile.

Un secondo punto in cui appare l’identità europea è il matri­monio e la famiglia. Il matrimonio monogamico, come struttu­ra fondamentale della relazione tra uomo e donna e al tempo stes­so come cellula nella formazione della comunità statale, è sta­to modellato a partire dalla fede biblica. Esso ha dato all’Europa, a quella occidentale come a quella orientale, il suo volto par­ticolare e la sua particolare umanità, anche e proprio perché la forma di fedeltà e di rinuncia qui delineata dovette sempre nuovamente venire conquistata, con molte fatiche e sofferenze. L’Europa non sarebbe più Europa, se questa cellula fondamentale del suo edificio sociale scomparisse o venisse essenzialmente cambiata. Tutti sappiamo quanto il matrimonio e la famiglia siano minacciati – da una parte mediante lo svuotamento della loro indissolubilità ad opera di forme sempre più facili di divorzio, dall’altra attraverso un nuovo comportamento che si va diffondendo sempre di più, la convivenza di uomo e donna senza la forma giuridica del matrimonio. In vistoso contrasto con tutto ciò vi è la richiesta di comunione di vita di omosessuali, che ora paradossalmente richiedono una forma giuridica, la quale più o meno deve venir equiparata al matrimonio. Con questa tendenza si esce fuori dal complesso della storia morale dell’umanità, che nonostante ogni diversità di forme giuridiche del matrimonio sapeva tuttavia sempre che detto matrimonio, secondo la sua essenza, è la particolare comunione di uomo e donna, che si apre ai figli e così alla famiglia.

Il mio ultimo punto è la questione religiosa. Non vorrei entrare qui nelle complesse discussioni degli ultimi anni, ma mettere in rilievo solo un aspetto fondamentale per tutte le culture: il rispetto nei confronti di ciò che per l’altro è sacro, e particolarmente il rispetto per il sacro nel senso più alto, per Dio, cosa che è lecito supporre di trovare anche in colui che non è disposto a credere in Dio. Laddove questo rispetto viene infranto, in una società va perduto qualcosa di essenziale. Nella nostra società attuale grazie a Dio viene multato chi disonora la fede di Israele, la sua immagine di Dio, le sue grandi figure. Viene multato anche chiunque offende il Corano e le convinzioni di fondo dell’Islam. Laddove invece si tratta di Cristo e di ciò che è sacro per i cristiani, ecco che allora la libertà di opinione appare come il bene supremo, limitare il quale sarebbe un minacciare o addirittura distruggere la tolleranza e la libertà in generale. La libertà di opinione trova però il suo limite in questo, che essa non può distruggere l’onore e la dignità dell’altro; essa non è libertà di mentire o di distruggere i diritti umani.
C’è qui un odio di sé dell’Occidente che è strano e che si può considerare solo come qualcosa di patologico; l’Occidente tenta sì in maniera lodevole ad aprirsi pieno di comprensione a valori esterni, ma non ama più se stesso; della sua propria storia vede oramai soltanto ciò che è deprecabile e distruttivo, mentre non è più in grado di percepire ciò che è grande e puro.
L’Europa ha bisogno di una nuova – certamente critica e umile – accettazione di se stessa, se vuole davvero sopravvivere. La multiculturalità, che viene continuamente e con passione incoraggiata e favorita, è talvolta soprattutto abbandono e rinnegamento di ciò che è proprio, fuga dalle cose proprie. Ma la multiculturalità non può sussistere senza il rispetto di ciò che è sacro. Essa comporta l’andare incontro con rispetto agli elementi sacri dell’altro, ma questo lo possiamo fare solamente se il sacro, Dio, non è estraneo a noi stessi.
(da Europa. I suoi fondamenti spirituali ieri, oggi e domani di Joseph Ratzinger, San Paolo, Cinisello Balsamo 2004)





[Modificato da Caterina63 15/01/2018 09:59]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 14:55. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com