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Paolo VI Salvete fratres e l'apertura al mondo....

Ultimo Aggiornamento: 26/01/2018 13:47
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26/01/2018 13:28
 
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Il principio, la via e lo scopo del concilio


Riprendiamo, o fratelli, adunque il cammino. Questo ovvio proposito richiama al Nostro spirito un altro pensiero; e questo, così capitale e così luminoso, da obbligarCi a comunicarlo a questa assemblea, anche se essa già ne è tutta informata e illuminata.


Donde parte il nostro cammino, o fratelli? quale via intende percorrere, se piuttosto che alle indicazioni pratiche testé ricordate noi poniamo attenzione alle norme divine a cui deve obbedire? e quale meta, o fratelli, vorrà proporsi il nostro itinerario, da segnarsi, sì, sul piano della storia terrena, nel tempo e nel modo di questa nostra vita presente, ma da orientarsi al traguardo finale e supremo che sappiamo non dover mancare al termine del nostro pellegrinaggio?


Queste tre domande, semplicissime e capitali, hanno, ben lo sappiamo, una sola risposta, che qui, in quest’ora stessa, dobbiamo a noi stessi proclamare e al mondo che ci circonda annunciare: Cristo! Cristo, nostro principio! Cristo, nostra via e nostra guida! Cristo, nostra speranza e nostro termine!


Oh! abbia questo concilio piena avvertenza di questo molteplice e unico, fisso e stimolante, misterioso e chiarissimo, stringente e beatificante rapporto tra noi e Gesù benedetto, fra questa santa e viva chiesa, che noi siamo, e Cristo, da cui veniamo, per cui viviamo, e a cui andiamo. Nessuna altra luce sia librata su questa adunanza, che non sia Cristo, luce del mondo; nessuna altra verità interessi gli animi nostri, che non siano le parole del Signore, unico nostro maestro; nessuna altra aspirazione ci guidi, che non sia il desiderio d’esser a lui assolutamente fedeli; nessuna altra fiducia ci sostenga, se non quella che fiancheggia, mediante la parola di lui, la nostra desolata debolezza: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo" (Mt 28,20).


Oh! fossimo noi in quest’ora capaci di elevare a nostro Signore Gesù Cristo una voce degna di lui! Prendiamo le parole della sacra liturgia: "Te, Christe, solum novimus; - te mente pura et simplici - flendo et canendo quaesumus - intende nostris sensibus!" ("O Cristo, noi conosciamo soltanto te; - tra lacrime e inni impariamo a supplicarti - con animo semplice e puro; - penetra i nostri sentimenti!": Breviario romano, Inno delle lodi del venerdì). E così esclamando pare a Noi si presenti lui stesso al Nostro sguardo rapito e smarrito, nella maestà propria del Pantocrator delle vostre basiliche, o fratelli delle chiese orientali, e delle occidentali altresì.

Noi Ci vediamo raffigurati nell’umilissimo adoratore, il Nostro predecessore Onorio III, che, rappresentato nello splendente mosaico dell’abside della basilica di San Paolo fuori le mura, piccolo e quasi annichilito per terra, bacia il piede al Cristo, dalle gigantesche dimensioni, che in atteggiamento di regale maestro domina e benedice l’assemblea raccolta nella basilica stessa, cioè la chiesa. La scena, a Noi pare, qui si riproduce ma non più in un’immagine disegnata e dipinta; sì bene in una realtà storica e umana, che riconosce in Cristo la sorgente dell’umanità redenta, della sua chiesa, e nella chiesa quasi l’emanazione e la continuazione altrettanto terrena quanto misteriosa; così che sembra disegnarsi al Nostro spirito la visione apocalittica di san Giovanni: "Mi mostrò poi un fiume d’acqua viva, limpida come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell’Agnello" (Ap 22,1).

È opportuno, a Nostro avviso, che questo concilio muova da questa visione, anzi da questa mistica celebrazione, che confessa lui, nostro Signore Gesù Cristo, essere il Verbo incarnato, il Figlio di Dio e il Figlio dell’uomo, redentore del mondo, cioè la speranza dell’umanità e il suo solo sommo maestro, lui il Pastore, lui il pane della vita, lui nostro pontefice e nostra vittima, lui l’unico mediatore fra Dio e gli uomini, lui il Salvatore della terra, lui il Re venturo del secolo eterno; e che dichiara essere noi suoi chiamati, suoi discepoli, suoi apostoli, suoi testimoni, suoi ministri, suoi rappresentanti, e con tutti gli altri fedeli sue vive membra, compaginati in quell’immenso unico corpo mistico, ch’egli, mediante la fede e i sacramenti, sta formandosi nel succedersi delle generazioni umane, la sua chiesa, spirituale e visibile, fraterna e gerarchica, oggi temporale e domani eterna.

Se noi, venerabili fratelli, poniamo davanti al nostro spirito questa sovrana concezione: essere Cristo nostro fondatore, nostro capo, invisibile, ma reale, e noi tutto ricevere da lui così da formare con lui quel "Christus totus" di cui parla sant’Agostino e la teologia della chiesa è tutta pervasa, possiamo meglio comprendere gli scopi principali di questo concilio, che per ragione di brevità e di migliore intelligenza Noi indicheremo in quattro punti: la conoscenza o, se così piace dire, la coscienza della chiesa, la sua riforma, la ricomposizione di tutti i cristiani nell’unità, il colloquio della chiesa col mondo contemporaneo.

 

Una definizione più esatta e completa della chiesa

È fuori dubbio essere desiderio, bisogno, dovere della chiesa di dare finalmente di sé una più meditata definizione. Noi tutti ricordiamo le stupende immagini, con cui la sacra Scrittura ci fa pensare alla natura della chiesa, chiamata, a volta a volta, l’edificio costruito da Cristo, la casa di Dio, il tempio e il tabernacolo di Dio, il suo popolo, il suo gregge, la sua vigna, il suo campo, la sua città, la colonna della verità, e poi finalmente la sposa di Cristo, il suo corpo mistico. La ricchezza stessa di queste immagini luminose ha condotto la meditazione della chiesa a riconoscere se stessa come una società storica e visibile e gerarchicamente ordinata, ma misteriosamente animata.

La celebre enciclica di papa Pio XII Mystici corporis ha in parte risposto alla brama che la chiesa aveva di esprimere finalmente se stessa in una completa dottrina, e in parte ha acuito il desiderio di dare a se stessa una più esauriente definizione. Il concilio ecumenico Vaticano I aveva già posto l’argomento e tante cause esteriori concorrevano a offrirlo allo studio religioso dentro e fuori la chiesa cattolica: come l’accresciuta socialità della civiltà temporale, lo sviluppo delle comunicazioni fra gli uomini, il bisogno di giudicare le varie denominazioni cristiane secondo la vera, univoca concezione contenuta nella divina rivelazione, ecc.

Non è da stupirsi se, dopo venti secoli di cristianesimo e di grande sviluppo storico e geografico della chiesa cattolica nonché delle confessioni religiose che si appellano al nome di Cristo e si ornano di quello di chiese, il concetto vero, profondo, completo della chiesa, quale Cristo fondò e gli apostoli cominciarono a costruire, ancora ha bisogno d’essere più precisamente enunciato. Mistero è la chiesa, cioè realtà imbevuta di divina presenza, e perciò sempre capace di nuove e più profonde esplorazioni.

Progressivo è il pensiero umano, che da verità empiricamente conosciuta trascorre a conoscenza scientifica più razionale; e che da una verità certa altra logicamente deduce; e che davanti a realtà complessa e permanente si sofferma a considerare ora un aspetto ora un altro, dando così uno svolgimento alla sua attività che la storia registra.

È venuta l’ora, a Noi sembra, in cui la verità circa la chiesa di Cristo deve essere esplorata, ordinata ed espressa, non forse con quelle solenni enunciazioni che si chiamano definizioni dogmatiche, ma con quelle dichiarazioni con le quali la chiesa con più esplicito e autorevole magistero dichiara ciò che essa pensa di sé.

È la coscienza della chiesa che si chiarisce nell’adesione fedelissima alle parole e al pensiero di Cristo, nel ricordo riverente dell’insegnamento autorevole della tradizione ecclesiastica e nella docilità all’interiore illuminazione dello Spirito Santo, il quale sembra appunto volere oggi dalla chiesa che essa faccia di tutto per essere riconosciuta qual è.

E Noi crediamo che in questo concilio ecumenico lo Spirito di verità accenda nel corpo docente della chiesa una luce più radiosa e ispiri una più completa dottrina sulla natura della chiesa, in modo che la Sposa di Cristo in lui si rispecchi e in lui, con vivacissimo amore, voglia scoprire la sua propria forma, quella bellezza, ch’egli vuole in lei risplendente.

Sarà perciò, a questo proposito, tema principale di questa sessione del presente concilio quello che riguarda la chiesa stessa e che intende esplorare l’intima essenza per darne, com’è possibile all’umano linguaggio, la sua definizione che meglio ci istruisca sulla reale e fondamentale costituzione della chiesa e ce ne mostri la sua molteplice e salvifica missione.

La dottrina teologica può avere perciò magnifici sviluppi, che meritano attenta considerazione anche da parte dei fratelli separati, e che, come Noi ardentemente desideriamo, offre ad essi sempre più facile il sentiero ad unitario consenso.

Fra i vari problemi, che questa meditazione, a cui il concilio si accinge, offrirà, sarà primo quello che riguarda voi tutti, venerabili fratelli, come vescovi della chiesa di Dio. Noi non esitiamo a dirvi che guardiamo con viva attesa e sincera fiducia a questa prossima trattazione, come quella che, salve restando le dichiarazioni dogmatiche del concilio ecumenico Vaticano I a riguardo del romano pontefice, dovrà ora approfondire la dottrina sull’episcopato, sulle sue funzioni e sui suoi rapporti con Pietro, e offrirà certamente a noi stessi i criteri dottrinali e pratici, per cui il Nostro apostolico ufficio, quantunque dotato da Cristo della pienezza e della sufficienza di potestà, che voi conoscete, possa essere meglio assistito e confortato, nei modi da stabilire, da una più valida e più responsabile collaborazione dei Nostri diletti e venerati fratelli nell’episcopato.

A tale chiarimento dottrinale dovrà poi seguire quello riguardante la varia composizione del corpo visibile e mistico, ch’è la chiesa, militante e pellegrina nel mondo, e cioè i sacerdoti, i religiosi, i fedeli, nonché i fratelli da noi separati, chiamati anch’essi ad aderirvi in maniera piena e completa.

A nessuno sfuggirà l’importanza di tale compito dottrinale del concilio, donde la chiesa può trarre luminosa, esaltante, santificante coscienza di sé. Voglia Dio che siano esaudite le nostre speranze!

 


[Modificato da Caterina63 26/01/2018 13:29]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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