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Il Pater Noster difeso e spiegato da San Tommaso d'Aquino che NOI NON cambieremo

Ultimo Aggiornamento: 01/02/2018 18:07
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01/02/2018 08:17
 
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prima domanda: sia santificato il tuo nome

È questa la prima domanda della preghiera insegnataci dal Signore, con la quale chiediamo che il nome di Dio si manifesti e risplenda in noi. 
Ora, il nome di Dio è meraviglioso (ammirabile): perché opera meraviglie in tutte le creature. Dice infatti Gesù nel Vangelo parlando dei futuri credenti: “Nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati, e questi guariranno” (Mc 16,17). 
Il nome di Dio è amabile: perché “non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo, nel quale è stabilito che possiamo essere salvati” (At 4,12). 
E la salvezza tutti dobbiamo amarla. 
Abbiamo in proposito l’esempio del Santo vescovo Ignazio, il quale amò tanto il nome di Cristo che, quando Traiano gli chiese di rinnegarlo, rispose: “Non riuscirai a togliermelo dalla bocca”. 
E quando minacciò di tagliargli la testa per levarglielo dalla bocca, egli rispose: “Anche se tu me lo togliessi dalla bocca, non potrai togliermelo dal cuore”. 
Allora Traiano gli volle tagliare la testa e comandò che gli fosse estratto il cuore: e fu trovato che recava il nome di Cristo a caratteri d’oro. Il martire l’aveva messo sul proprio cuore come un sigillo (Ct 8,6).
Il nome di Dio è venerabile
Dice San Paolo: “Dio lo ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni alto nome; per¬ché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra” (Fil 2,9-10). 
Gli esseri dei cieli sono gli Angeli e i beati, e si inginocchiano per amore. 
Gli esseri della terra sono coloro che vivono in questo mondo e lo fanno per il desi¬derio di conquistare la gloria e per fuggire la pena. 
Gli esseri che stanno sotto terra sono i dannati, che lo fanno per paura (Fil 2, 9 10).
Il nome di Dio è ineffabile: perché ogni lingua è incapace di esprimerlo. Per questo la Scrittura a volte ricorre a metafore prese dalle creature. Così nel Vangelo per la sua fermezza viene detto Pietra, come nella frase: “su questa Pietra edificherò la mia Chiesa” (Mt 16,18). Oppure per la sua virtù purificatrice viene detto fuoco, perché, come il fuoco purifica i metalli, così Dio purifica i cuori dei peccatori: “Il Signore tuo Dio è fuoco divoratore” (Dt 4, 24). E per la sua virtù di illuminare viene detto luce, perché, come la luce illumina le tenebre materiali, così Dio illumina quelle della mente. Per questo il salmista diceva: “Tu, Signore, sei luce alla mia lampada; il mio Dio rischiara le mie tenebre” (Sal 18,29).
Per tutte queste ragioni chiediamo che questo santo nome sia a tutti manifestato e da tutti sia riconosciuto e tenuto per santo. 
Santo ha tre significati. 
Innanzitutto può indicare ciò che è sancito, e perciò fermo, stabile. Si comprende allora perché i beati del cielo siano chiamati santi, per la loro stabilità nella eterna felicità. Sulla terra, invece, non possiamo essere santi in quanto siamo continuamente instabili, come rilevava S. Agostino di se stesso: “Signore, sono scivolato lontano da te e ho troppo errato, sono stato incostante lontano dalla tua stabilità”. 
Santo può significare anche “non terreno”. I Santi che stanno in cielo non hanno più alcun affetto per le cose del mondo. Ad essi si può infatti applicare quello che San Paolo diceva di sé: “Tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura” (Fil 3,8).
Va notato che qui per terra sono da intendere i peccatori. E per tre motivi. 
Primo, per la somiglianza che c’è tra questi e quelli. 
I peccatori assomigliano alla terra in ragione del frutto. Infatti la terra se non viene coltivata produce soltanto rovi e spine, come si legge nella Scrittura: “Spine e rovi produrrà per te” (Gen 3,18). Analogamente l’anima del peccatore, se non è coltivata dalla grazia, produce solo i rovi e le punture del peccato. 
Secondo, a motivo dell’opacità: “La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso” (Gen 1,2). 
Terzo, per l’aridità. La terra infatti è un elemento secco ed è portato a sfaldarsi se non è tenuto compatto dall’umidità dell’acqua. Ed è per questo che la natura pose la terra vicino alle acque, secondo quanto dice il salmista: “Ha stabilito la terra sulle acque” (Sal 136,6), perché l’umore dell’acqua elimina l’aridità o secchezza della terra. Analogamente il peccatore ha l’anima secca e arida, come dice il salmista: “Sono davanti a te come terra riarsa” (Sal 143,6). 
Infine il termine santo significa ciò che è tinto dal sangue
Perciò i santi del cielo vengono chiamati santi perché tinti dal sangue, secondo quanto sta scritto: “Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti renden¬dole candide col sangue dell’Agnello” (Ap 7,14). E del Signore possono dire: “Ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue” (Ap 1,5).

Venga il tuo Regno

Lo Spirito Santo ci insegna ad amare, desiderare e chiedere rettamente. E in questo modo produce in noi il dono del Timore, dal quale siamo spinti a chiedere che il nome di Dio sia santificato. 
Egli produce anche un secondo dono, ed è quello della Pietà, la quale propriamente è un dolce e devoto affetto verso il padre e verso qualsiasi persona che soffre. 
Dio è nostro Padre, e verso di lui non dobbiamo avere soltanto rispetto e timore, ma anche un dolce e pio affetto. 
questo affetto ci spinge a chiedere che venga il regno di Dio vivendo “con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio” (Tt 2,12-13).
Qualcuno potrebbe obiettare: “Il Regno di Dio c’è sempre stato: perché allora chiedere ancora che esso venga?”. 
Ebbene, la nostra richiesta si può intendere in tre modi. 
1°- Un re può aver diritto a un regno e a governarlo. Ma può capitare che il suo potere non sia ancora effettivo, perché le persone del regno non gli sono ancora soggette. Il suo regno sarà reale solo quando le persone di quel regno gli saranno sottomesse. 
Ora Dio per sua natura è già Signore di tutti gli esseri. E lo è anche Cristo in quanto Dio. Ma in quanto uomo, sebbene Dio gli abbia dato “potere, gloria e regno” (Dn 7,14), il suo regno non è ancora effettivo. È necessario pertanto che tutti gli esseri gli siano soggetti e questo avverrà alla fine dei tempi: “Bisogna infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi” (1 Cor 15,25). 
Ecco perché possiamo dire: “Venga il tuo regno”.
E lo diciamo per tre finalità: per la conversione dei giusti, la punizione dei peccatori, la distruzione della morte. 
In effetti gli uomini saranno assoggettati a Cristo in due modi: spontaneamente o contro la loro volontà. 
Siccome la volontà di Dio è talmente efficace da doversi compiere in ogni caso ed egli vuole che tutti gli esseri vengano sottomessi a Cristo, non resta agli uomini che questa alternativa: o fare la volontà di Dio sottoponendosi spontaneamente, come fanno i giusti, alle sue disposizioni, oppure subirla quando Dio imporrà loro la sua volontà, come fa coi peccatori e coi suoi nemici, punendoli. Ma questo avverrà alla fine dei mondo, quando egli “porrà i suoi nemici a sgabello dei suoi piedi” (Sal 110,1). 
Di conseguenza mentre è cosa dolce per i santi chiedere che venga il Regno di Dio, perché è chiedere di essere totalmente assoggettati a lui, per i peccatori invece è cosa spaventosa, perché per loro chiedere che venga il Regno di Dio equivale a chiedere di essere sottoposti alle pene che infliggerà loro la volontà di Dio. A costoro si rivolgeva minaccioso il profeta Amos quando diceva: “Guai a coloro che attendono il giorno del Signore! Che sarà per voi il giorno del Signore? Sarà tenebre e non luce” (Am 5,18). 
E con ciò stesso sarà distrutta anche la morte. Infatti essendo Cristo la vita stessa, non può esservi nel suo regno la morte che è negazione della vita. Per questo San Paolo dice: “L’ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte” (1 Cor 15, 26). La distruzione della morte avverrà nella risurrezione, quando il Signore Gesù “trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che ha di sottomettere a sé tutte le cose” (Fil 3,21). 
2°- Per Regno di Dio si può intendere la gloria del Paradiso
Non sembri strana questa interpretazione perché dire regno è dire regime. Ora il miglior regime è quello dove non si fa nulla contro la volontà di chi governa. 
Ebbene Dio vuole la salvezza degli uomini: “Egli vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità” (1 Tm 2,4). 
Ma questo si avvera in modo perfetto in paradiso, dove nulla contrasterà più la salvezza degli uomini: “Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità” (Mt 13,41). In questo mondo, invece, molti sono gli impedimenti che ostacolano la salvezza degli uomini. 
Pertanto, quando nella preghiera diciamo “venga il tuo Regno”, chiediamo di essere fatti partecipi del Regno celeste e della gloria del Paradiso.
E questo Regno è sommamente desiderabile per tre motivi. 
Primo, per la somma giustizia che vi regna, perché lì si avvera quanto ha detto il profeta: “Il tuo popolo sarà tutto di giusti” (Is 60,21). 
Mentre quaggiù i buoni sono mescolati coi cattivi, lassù invece non vi sarà nessun peccatore o malvagio. 
È desiderabile poi per la perfettissima libertà che lì c’è. Mentre infatti qui in terra non c’è libertà, nonostante che per impulso naturale tutti la desiderino, in cielo vi sarà totale libertà contro ogni sorta di schiavitù: “la creazione stessa attende con impazienza... di essere liberata dalla schiavitù della corruzione” (Rm 8,19.21). 
Anzi in Paradiso tutti non soltanto saranno liberi, ma regneranno. Dice infatti l’Apocalisse: “Li hai costituiti per il nostro Dio un regno di sacerdoti e regneranno sopra la terra” (Ap 5,10). 
E ne è motivo il fatto che tutti avranno una volontà sempre all’unisono con quella di Dio, in quanto Dio vuole quello che vogliono i santi e questi quello che vuole Dio; sicché la volontà di Dio diventa loro volontà. 
Perciò tutti regneranno, perché sarà fatta la volontà di tutti e Dio sarà la corona di tutti: “In quel giorno sarà il Signore degli eserciti una corona di gloria, uno splendido diadema per il resto del suo popolo” (Is 28,5). 
Questo regno sarà infine desiderabile per la mirabile abbondanza di beni: “Orecchio non ha sentito, occhio non ha visto che un Dio, fuori dite, abbia fatto tanto per chi confida in lui” (Is 64,3). E ancora: “Egli sazia di beni i tuoi desideri” (Sal 103,5). 
Si noti che l’uomo troverà solo in Dio tutti i beni e in una misura tanto più eccellente e perfetta di quanto si possa desiderare in questo mondo. 
Vai tu in cerca del piacere? Lo troverai in Dio in sommo grado. 
Desideri le ricchezze? Avrai in abbondanza quei beni a cui le ricchezze sono ordinate. 
E così si dica di ogni altro bene. 
Sant’Agostino dice nelle sue Confessioni: “L’anima quando col peccato si allontana da te va cercando al di fuori di te quella purezza e quella limpidità che si può trovare se non tornando a te”.
3° C’è poi un terzo modo di intendere il Regno di Dio. Talvolta in questo mondo a regnare è il peccato. E questo succede quando l’uomo è disposto a seguire e ad assecondare pienamente l’inclinazione al peccato, mentre S. Paolo ammonisce: “Non regni il peccato nel vostro corpo mortale, sì da sottomettervi ai suoi desideri” (Rm 6,12). 
Dio invece deve regnare nel tuo cuore, come dice Isaia: “Sion, regnerà il tuo Dio” (Is 52,7). E questo avviene quando l’uomo è pronto ad obbedire a Dio e ad osservare i suoi comandamenti. 
Quando preghiamo che venga il Regno di Dio, noi chiediamo che non regni in noi il peccato, ma Dio. 
Questa richiesta ci fa giungere alla beatitudine menzionata da Matteo 5,4: “Beati i miti”
Infatti, dal momento che l’uomo desidera che Dio sia Signore di tutti, non si vendica da sé delle offese ricevute ma riserva tutto ciò a Dio
Se infatti ti vendicassi, non chiederesti che venga il Regno di Dio. 
Inoltre se tu aspetti il Regno di Dio, cioè la gloria del Paradiso, non devi preoccuparti della perdita delle cose del mondo
E infine se tu chiedi che in te regni Dio e regni Cristo, dal momento che Cristo è stato mitissimo, anche tu devi essere mite: “Imparate da me, che sono mite ed umile di cuore” (Mt 11,29). E “avete accettato con gioia di essere spogliati delle vostre sostanze, sapendo di possedere beni migliori e più duraturi” (Eb 10,34).




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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