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Il "mappamondo" di Papa Francesco e la sua politica

Ultimo Aggiornamento: 24/02/2018 19:35
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24/02/2018 19:35
 
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Il mappamondo di Bergoglio

Per una politica cristiana ·

Anticipiamo parte di un contributo pubblicato nel libro Il nuovo mondo di Francesco (Venezia, Marsilio, 2018, pagine 232, euro 17) curato dal gesuita Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica. L’autore, gesuita argentino che insegna a Buenos Aires, Roma e Francoforte, è collaboratore di redazione della rivista dei gesuiti italiani, che dal prossimo numero conta su quattordici corrispondenti, gesuiti di quattro continenti.

Papa Francesco all’Assemblea generale dell’Onu il 25 settembre  2015

Per disegnare il mappamondo politico del Papa e cogliere i fondamenti della sua politica internazionale è necessario evitare semplificazioni e cercare le giuste chiavi di lettura. È molto utile partire dalle sue radici biografiche e culturali, ma è anche necessario andare al di là di esse. In ogni caso, bisogna sempre considerare che l’agenda del Papa è aperta, e questa apertura è una particolare forma della sua politica. 
Possiamo individuare quattro aspetti della politica del Pontefice: il carattere kerigmatico; l’orientamento al tutto e all’unità; l’origine nel discernimento; il legame diretto tra la politica e la carità. 

La “politica” di Francesco è kerigmatica. Il termine kerygma identifica l’annuncio del messaggio di Cristo, il Vangelo. Per Francesco, dunque, l’annuncio del Vangelo si fa politica; l’impegno politico discende dal Vangelo e non da una ideologia. 

Sappiamo che per i greci, che hanno inventato questo termine, la “politica” è l’arte che permette la costruzione della polis — vale a dire la costruzione della città vista come un tutto — per cui offre un ordine alle sue relazioni “interne” (con una politica interna) e al tempo stesso sicurezza nelle sue relazioni “esterne” (con una politica estera). 

La visione che si ha attualmente della politica è diversa da questo concetto antico. Al giorno d’oggi, la politica viene spesso intesa come “arte del possibile”, diventando un’arte delle “parti”, un’arte della parzialità, sia che si tratti di una persona, sia di un partito, sia di uno Stato. La politica rischia di diventare così l’arte della quale si servono gli uomini di parte per cercare di imporre i propri interessi. 

La visione del Papa si differenzia profondamente da questa concezione interessata e strumentale della politica. In un articolo del 1987 Jorge Bergoglio affermava che un determinato fatto ha un «valore politico», è autenticamente politico, quando porta un messaggio, un significato attuale per il popolo di Dio. Il messaggio politico di Papa Francesco ha valore kerigmatico, cioè è un annuncio del Vangelo, e non di un’ideologia; pertanto è valido per tutto il popolo di Dio, e non solo per una parte o per un partito che rappresentino interessi particolari. 

A partire da quanto è stato detto, emerge la seconda caratteristica che abbiamo menzionato: quando parliamo della politica secondo la visione di Papa Francesco, dobbiamo intendere la polis come la “totalità del mondo”. Per il Papa, ogni politica è sempre “politica interna”. Egli considera il mondo come un’unica città, a cui corrisponde una politica unitaria. Questa visione ha come fondamento la sua riflessione sulla relazione tra il tutto e la parte, mantenendo la tensione propria degli esseri viventi. 

Il Papa afferma che ogni conflitto deve essere risolto a un livello superiore, nel quale venga rispettata l’unità, cioè il tutto. In questo senso, «l’unità prevale sul conflitto». Una soluzione del conflitto che rispetti la realtà cerca il modo di mantenere l’unità senza negare la diversità. Infatti, dice sempre Francesco, «la realtà è più importante dell’idea». 

Affinché si realizzi questa dinamica, occorre rispettare il tempo che essa richiede. Il bene deve essere desiderato, non può essere imposto. C’è bisogno, dunque, di tempo: tempo affinché la verità risplenda e si imponga da se stessa, senza che venga fatta violenza; tempo che permetta l’azione di Dio nella vita dell’uomo e della città. È per questo che «il tempo è superiore allo spazio». Il rispetto del dinamismo temporale significa un’apertura alla crescita, al dialogo, alla riflessione, alla conversione e all’azione dello Spirito. 

I quattro principi menzionati devono essere tenuti insieme. In caso contrario, si producono relazioni disturbate con il mondo. La cultura dell’usa e getta è il risultato del non rispettare il tempo, in quanto non si dà spazio ai processi. In questo senso vanno evitate sia la retorica degli “illuminati”, sia quella dei “puri”. Ogni forma di retorica politica che promuove forme di illuminismo e di eticismo di élite, magari legata alla figura di alcuni leader o di un gruppo specifico, è a rischio di inganno. 

In base a queste considerazioni, possiamo riconoscere nella politica di Papa Francesco una politica autenticamente cristiana. È una politica che sostiene l’armonizzazione delle parti nell’accettazione reciproca, senza distruggere le particolarità, ma senza neppure mettere al primo posto le differenze, imparando a dialogare e ad arricchirsi scambievolmente a partire da tali differenze, costruendo un’unità superiore. 

La politica richiede un processo che avviene nel tempo, per mezzo del dialogo e del discernimento. Ci vuole tempo per capirsi e per cercare le strade verso l’unità. Il cristiano impegnato in politica è consapevole che è necessario un dialogo con la storia che permetta di scoprire i segni dei tempi; e, contemporaneamente, un dialogo con Dio, perché è Lui che guida i cuori degli uomini e il corso della storia. Per questo occorre essere attenti e «discernere gli spiriti» — come direbbe sant’Ignazio di Loyola — che determinano le relazioni e le azioni. Questa è la terza caratteristica della politica di Papa Francesco. 

Se la politica mondiale è “politica interna”, non sarebbe sbagliato descrivere la politica estera — intesa come l’arte che cerca di difendere la città contro gli interessi esogeni — con le parole di san Paolo: «La nostra battaglia infatti non è contro la carne e il sangue, ma contro (...) i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti» ( Efesini 6, 12). 

Il bene comune e la pace sociale sono minacciati dall’amore per se stessi, dall’egoismo che arriva a negare il bene di tutti o, meglio, che si serve dell’altro o degli altri per soddisfare l’amore per se stesso. La politica è lotta, ma non è lotta della carne contro la carne, e tanto meno una lotta tra uomini contro altri; piuttosto, è una lotta spirituale, con l’arma del discernimento.

di José Luis Narvaja





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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