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Il Sensus Fidei nella vita della Chiesa - Documento

Ultimo Aggiornamento: 03/03/2018 15:21
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03/03/2018 15:18
 
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III. Il sensus fidei fidelium
nella vita della Chiesa

66. Dal momento che la fede del singolo credente partecipa della fede della Chiesa in quanto soggetto credente, il sensus fidei (fidelis) dei singoli credenti non può essere separato dal sensus fidei (fidelium) della Chiesa, o sensus Ecclesiæ,[80] che ha ricevuto in dote lo Spirito Santo e la sua assistenza;[81] il consensus fidelium costituisce un criterio sicuro per riconoscere se un insegnamento o prassi particolari sono in accordo con la Tradizione apostolica.[82] Il presente capitolo affronta diversi aspetti del sensus fidei fidelium. Considera, in primo luogo, il suo ruolo nello sviluppo della dottrina e della prassi cristiane; affronta poi due relazioni di grande importanza per la vita e la santità della Chiesa: quella fra il sensus fidei e il magistero e quella fra il sensus fidei e la teologia; considera, infine, alcuni aspetti ecumenici del sensus fidei.

1. Il sensus fidei e lo sviluppo della dottrina
e della prassi cristiane

67. La Chiesa intera, laicato e gerarchia insieme, è investita della responsabilità della rivelazione contenuta nelle sacre Scritture e nella viva Tradizione apostolica, e di questa si fa mediatrice nella storia. Il concilio Vaticano II ha dichiarato che le sacre Scritture e la Tradizione «costituiscono un unico deposito sacro della parola di Dio» che è «affidato alla Chiesa», ossia a «tutto il popolo santo, unito ai suoi pastori».[83] Il Concilio ha chiaramente insegnato che i fedeli non sono soltanto i destinatari passivi di ciò che la gerarchia insegna e che i teologi esplicitano; essi sono al contrario soggetti viventi e attivi in seno alla Chiesa. In questo contesto, il Concilio ha sottolineato il ruolo vitale ricoperto da tutti i credenti nell’espressione e nello sviluppo della fede; la «Tradizione di origine apostolica progredisce nella Chiesa con l’assistenza dello Spirito Santo».[84]

a) Aspetti retrospettivi e prospettici
del 
sensus fidei

68. Al fine di comprenderne la funzione e la manifestazione nella vita della Chiesa, occorre esaminare il sensus fidei nel contesto della storia, una storia nella quale lo Spirito Santo fa di ogni giorno un tempo in cui udire ancora la voce del Signore (cf. Eb 3,7-15). La buona novella della vita, morte e risurrezione di Gesù Cristo è trasmessa alla Chiesa intera dalla viva Tradizione apostolica, di cui le Scritture sono l’autorevole testimone scritto. Ne consegue che per la grazia dello Spirito Santo, il quale ricorda alla Chiesa tutto ciò che Gesù ha detto e compiuto (cf. Gv 14,26), i credenti fondano la propria vita di fede e l’esercizio del sensus fidei sulle Scritture e sull’ininterrotta Tradizione apostolica.

69. Tuttavia la fede e il sensus fidei non sono soltanto ancorati nel passato; essi sono ugualmente orientati verso il futuro. La comunione dei credenti è una realtà storica: «Edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra d’angolo lo stesso Cristo Gesù. In lui tutta la costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore» (Ef 2,20-21), nella potenza dello Spirito Santo, che guida la Chiesa «a tutta la verità» e che svela fin d’ora ai credenti «le cose future»; così che, specialmente nell’eucaristia, la Chiesa anticipa il ritorno del Signore e l’avvento del suo Regno.

70. Nell’attesa del ritorno del suo Signore, la Chiesa e i suoi membri si trovano continuamente confrontati a nuove circostanze, al progresso della conoscenza e della cultura e alle sfide della storia umana. Devono, dunque, leggere i segni dei tempi, «saperli giudicare alla luce della parola di Dio» e discernere come sia possibile far sì che la stessa verità rivelata «sia capita sempre più a fondo, sia meglio compresa e possa venir presentata in forma più adatta».[85] In questo processo, il sensus fidei fidelium ricopre un ruolo essenziale. Un ruolo non soltanto reattivo, ma anche proattivo e interattivo, nel tempo in cui la Chiesa e i suoi membri compiono il loro pellegrinaggio lungo la storia. Il sensus fidei non è soltanto retrospettivo ma anche prospettico, e benché siano meno familiari gli aspetti prospettico e proattivo del sensus fidei rivestono una grande importanza. Il sensus fidei offre intuizioni che consentono di aprire il cammino buono attraverso le incertezze e le ambiguità della storia e una capacità di ascoltare con discernimento quanto hanno da dire la cultura umana e il progresso delle scienze. Esso anima la vita di fede e guida l’autentico agire cristiano.

71. Può essere necessario molto tempo prima che questo processo di discernimento giunga a una conclusione. Di fronte a nuove circostanze i fedeli in generale, i pastori e i teologi hanno ciascuno il proprio ruolo da giocare; occorre che diano prova di pazienza e di rispetto nei rapporti reciproci se vogliono giungere a un chiarimento del sensus fidei e realizzare un vero consensus fidelium, una conspiratio pastorum et fidelium.

b) Il contributo dei laici al sensus fidelium

72. Fin dall’inizio del cristianesimo tutti i fedeli hanno ricoperto un ruolo attivo nello sviluppo della fede cristiana. La comunità tutta intera ha reso testimonianza alla fede apostolica, e la storia mostra che, quando si rendeva necessario prendere decisioni a riguardo della fede, la testimonianza dei laici veniva tenuta in considerazione dai pastori. Come si è visto nell’analisi storica sopra delineata,[86] è un dato di fatto che i laici ebbero un ruolo di primo piano nell’elaborazione di diverse definizioni dottrinali. È talvolta accaduto che, mentre teologi e vescovi si dividevano su una determinata questione, il popolo di Dio e in particolare il laicato abbia sentito in maniera intuitiva in quale direzione sarebbe andato lo sviluppo della dottrina. Altre volte si è avuta una chiara conspiratio pastorum et fidelium. Altre ancora, quando la Chiesa è giunta a una definizione, l’Ecclesia docens aveva «consultato» i fedeli in maniera esplicita e ha indicato il consensus fidelium fra gli elementi legittimanti la definizione.

73. Ciò che è meno noto, e a cui si presta minore attenzione, è il ruolo giocato dai laici nello sviluppo dell’insegnamento morale della Chiesa. È dunque importante riflettere anche sulla funzione esercitata dal laicato nel discernere la concezione cristiana di un adeguato comportamento umano, in accordo con il Vangelo. L’insegnamento della Chiesa si è sviluppato talora, in ambiti particolari, a seguito della scoperta da parte dei laici che nuove situazioni avanzavano nuove esigenze. La riflessione dei teologi e poi il giudizio del magistero episcopale si sono fondati in questi casi sull’esperienza cristiana già illuminata dalle intuizioni dei fedeli laici. Alcuni esempi possono illustrare questo ruolo del sensus fidelium nello sviluppo della dottrina morale.

i) Fra il canone 20 del concilio d’Elvira (circa 306), che vietava al clero e ai laici di percepire interessi, e la risposta Non esse inquietandos di papa Pio VIII al vescovo di Rennes (nel 1830)[87] vi è un chiaro sviluppo nell’insegnamento dovuto sia al comparire di una nuova sensibilità fra i laici coinvolti negli affari sia a una nuova riflessione da parte dei teologi sulla natura del denaro.

ii) L’apertura della Chiesa ai problemi sociali, che si manifesta specialmente nella lettera enciclica Rerum novarum di papa Leone XIII (1896), è stata frutto di una lenta preparazione nella quale i «pionieri sociali» laici, uomini d’azione e di pensiero, hanno avuto un ruolo di primo piano.

iii) Il sorprendente, benché omogeneo, sviluppo fra la condanna delle tesi «liberali» contenuta nella X parte del Sillabo degli errori di papa Pio IX (1864) e la dichiarazione sulla libertà religiosa Dignitatis humanæ del concilio Vaticano II (1965) non sarebbe stato possibile senza l’impegno di tanti cristiani nella lotta per i diritti umani.

La difficoltà a cogliere il sensus fidelium autentico in casi come quelli citati sottolinea la necessità di identificare le disposizioni necessarie a partecipare in modo autentico al sensus fidei; tali disposizioni possono a loro volta servire da criterio per discernere l’autenticosensus fidei.[88]

2. Il sensus fidei e il magistero

a) Il magistero è in ascolto del sensus fidelium

74. In materia di fede i battezzati non possono essere passivi. Hanno ricevuto lo Spirito e, come membra del corpo del Signore, sono dotati dei doni e dei carismi «utili al rinnovamento e alla maggiore espansione della Chiesa»,[89] così che il magistero deve prestare attenzione al sensus fidelium, che è la viva voce del popolo di Dio. I battezzati non solo hanno il diritto di essere ascoltati, ma le loro reazioni a ciò che viene proposto come appartenente alla fede degli apostoli devono essere considerate con la più grande attenzione, poiché è per mezzo della Chiesa intera che la fede apostolica è sostenuta nella potenza dello Spirito. Il magistero non ne ha la responsabilità esclusiva. È al senso della fede della Chiesa nel suo insieme che occorre riferirsi. Il sensus fidelium può rivelarsi un fattore importante nello sviluppo della dottrina; da ciò consegue che il magistero ha bisogno di mezzi attraverso i quali consultare i fedeli.

75. Il legame tra il sensus fidelium e il magistero si trova in maniera particolare nella liturgia. I fedeli sono battezzati, per un sacerdozio regale, che essi esercitano principalmente nell’eucaristia,[90] e i vescovi sono i «sommi sacerdoti» che presiedono l’eucaristia,[91]dove esercitano pure di norma la funzione dell’insegnamento. L’eucaristia è la fonte e il culmine della vita della Chiesa.[92] È qui che in modo specialissimo i fedeli e i loro pastori interagiscono, come un unico corpo, in vista di un unico scopo: rendere lode e gloria a Dio. L’eucaristia plasma e forma il sensus fidelium, ed essa contribuisce fortemente alla formulazione e all’affinamento delle espressioni verbali della fede, poiché è qui che l’insegnamento dei vescovi e dei concili è in ultima analisi «ricevuto» dai fedeli. Fin dai primi secoli del cristianesimo, l’eucaristia ha sostenuto la formulazione della dottrina della Chiesa, poiché è qui che si incontra e si celebra al suo vertice il mistero della fede, e i vescovi che presiedevano l’eucaristia nelle loro Chiese locali in mezzo al loro popolo fedele erano gli stessi che si riunivano nei concili per stabilire come esprimere al meglio la fede in parole e formule: lex orandi, lex credendi.[93]

b) Il magistero nutre, discerne
e giudica il 
sensus fidelium

76. Il magistero di «coloro i quali con la successione episcopale hanno ricevuto un carisma certo di verità»[94] è un ministero di verità esercitato nella e per la Chiesa, i cui membri hanno tutti ricevuto l’unzione dello Spirito di verità (cf. Gv 14,17; 15,26; 16,13; 1Gv 2,20.27) e sono dotati del sensus fidei, un istinto per la verità del Vangelo. Essendo responsabilità del magistero assicurare la fedeltà della Chiesa intera alla parola di Dio e di custodire il popolo di Dio fedele al Vangelo, a esso incombe di nutrire e di educare il sensus fidelium. Ovviamente, coloro che esercitano il magistero, ovvero il papa e i vescovi, sono prima di tutto membri battezzati del popolo di Dio, e per ciò stesso partecipano al sensus fidelium.

77. Il magistero giudica inoltre con autorità se le opinioni presenti nel popolo di Dio, che possono apparire come sensus fidelium, corrispondono realmente alla verità della Tradizione ricevuta dagli apostoli. Come afferma Newman: «Il dono di discernere, discriminare, definire, promulgare e dare forza di legge a qualunque parte della Tradizione risiede esclusivamente nell’Ecclesia docens».[95] Così, il giudizio che riguarda l’autenticità del sensus fidelium appartiene in ultima analisi non ai fedeli stessi né alla teologia, ma al magistero. Nondimeno, come già sottolineato, la fede di cui il magistero è al servizio è la fede della Chiesa vivente in tutti i fedeli. È dunque sempre nella vita di comunione della Chiesa che il magistero esercita il suo fondamentale ministero di vigilanza.

c) La recezione

78. Si può descrivere la «recezione» come un processo attraverso il quale, sotto la guida dello Spirito, il popolo di Dio riconosce delle intuizioni o delle idee e le integra nella configurazione e nelle strutture della vita e del culto, accettando una nuova testimonianza resa alla verità e alle forme di espressione che le corrispondono, poiché comprende che sono in accordo con la Tradizione apostolica. Il processo di recezione è fondamentale per la vita e la salute della Chiesa in quanto popolo pellegrino nella storia verso la pienezza del regno di Dio.

79. Tutti i doni dello Spirito, e in modo specialissimo quello del primato nella Chiesa, sono dati per favorire l’unità della Chiesa nella fede e nella comunione,[96] e la recezione dell’insegnamento del magistero da parte dei fedeli è essa stessa suscitata dallo Spirito, quando i fedeli, per mezzo del sensus fidei che possiedono, riconoscono la verità di ciò che è insegnato e vi aderiscono. Come spiegato sopra, l’insegnamento del Vaticano I secondo il quale le definizioni infallibili del papa sono «irreformabili per sé stesse, e non in virtù del consenso della Chiesa [ex sese non autem ex consensu Ecclesiæ]»,[97] non significa che il papa sia separato dalla Chiesa né che il suo insegnamento sia indipendente dalla fede della Chiesa.[98] Il fatto che in preparazione alle due definizioni infallibili dell’Immacolata concezione della beata vergine Maria e della sua Assunzione corporale al cielo abbia avuto luogo una vasta consultazione dei fedeli su espressa richiesta del papa allora regnante prova ampiamente questo punto.[99] Il significato è piuttosto che un tale insegnamento del papa, e per estensione ogni insegnamento del papa e dei vescovi, è autorevole di per sé in virtù del dono dello Spirito Santo, il charisma veritatis certum, che essi possiedono.

80. Accade tuttavia che in certe occasioni la recezione dell’insegnamento del magistero da parte dei fedeli incontri difficoltà e resistenze; in tali situazioni occorre allora un’azione adeguata da entrambe le parti. I fedeli devono riflettere sull’insegnamento che è stato dato, facendo del loro meglio per comprenderlo e accoglierlo. Resistere per principio all’insegnamento del magistero è incompatibile con un autentico sensus fidei. Il magistero deve ugualmente riflettere sull’insegnamento che è stato dato ed esaminare se non vi sia spazio per chiarirlo o riformularlo al fine di comunicarne il messaggio essenziale in maniera più efficace. Questi sforzi comuni in momenti di difficoltà esprimono essi stessi la comunione che è essenziale alla vita della Chiesa; essi esprimono altresì un’aspirazione a ricevere la grazia dello Spirito che conduce la Chiesa «a tutta la verità» (Gv 16,13).

3. Il sensus fidei e la teologia

81. Essendo a servizio dell’intelligenza della fede, in seno alla conspiratio di tutti i carismi e di tutte le funzioni nella Chiesa, la teologia s’impegna a fornire alla Chiesa stessa una precisione oggettiva in ciò che riguarda il contenuto della fede; essa dipende necessariamente dall’esistenza del sensus fidelium e dal suo corretto esercizio. Questo sensus fidelium non è per i teologi soltanto oggetto d’attenzione, ma costituisce un fondamento e un locus per la loro opera.[100] La teologia ha dunque una doppia relazione con il sensus fidelium. Da una parte, i teologi dipendono dal sensus fidei, poiché la fede che essi studiano e che spiegano vive nel popolo di Dio. In questo senso, la teologia si deve porre alla scuola del sensus fidelium, al fine di scoprirvi le risonanze profonde della parola di Dio. Dall’altra parte, i teologi aiutano i fedeli a esprimere il sensus fidelium autentico, ricordando loro le linee essenziali della fede e aiutandoli a evitare le deviazioni e le confusioni causate dall’influenza di elementi immaginari provenienti da altrove. Questa doppia relazione necessita di essere chiarita; lo si farà di seguito nelle sezioni (a) e (b).

a) I teologi dipendono dal sensus fidelium

82. Ponendosi essa stessa alla scuola del sensus fidelium, la teologia si impregna della realtà della Tradizione apostolica che, pur oltrepassandoli, sottintende i limiti rigorosi delle proposizioni nelle quali l’insegnamento della Chiesa è formulato, poiché questa Tradizione include «tutto ciò che essa è, tutto ciò che essa crede».[101] A questo riguardo s’impongono tre specifiche considerazioni.

i) La teologia deve impegnarsi a scoprire la parola che cresce come un seme nel terreno della vita del popolo di Dio e, dopo aver determinato che un particolare accento, desiderio o atteggiamento provengono effettivamente dallo Spirito, e corrispondono dunque al sensus fidelium, deve integrarla nella propria ricerca.

ii) Per mezzo del sensus fidelium, il popolo di Dio percepisce intuitivamente ciò che, nella moltitudine di idee e di dottrine che gli si offrono, corrisponde effettivamente al Vangelo, e dunque ciò che può essere ricevuto. La teologia deve applicarsi a esaminare con cura i diversi livelli di recezione che sono presenti nella vita del popolo di Dio.

iii) Il sensus fidelium suscita il linguaggio simbolico o mistico, che spesso si trova nella liturgia e nella religiosità popolare, e allo stesso tempo ne riconosce l’autenticità. Sensibile alle manifestazioni della religiosità popolare,[102] il teologo deve effettivamente partecipare alla vita e alla liturgia della Chiesa locale, al fine di poter afferrare profondamente, con il cuore e non solo con lo spirito, il contesto reale, storico e culturale, nel quale la Chiesa e i suoi membri si sforzano di vivere la loro fede e di rendere testimonianza a Cristo nel mondo di oggi.

b) I teologi riflettono sul sensus fidelium

83. Poiché il sensus fidelium non s’identifica puramente e semplicemente con l’opinione della maggioranza dei battezzati in una data epoca, la teologia deve fornire principi e criteri che permettano di operare un discernimento, soprattutto da parte del magistero.[103]Attraverso strumenti di critica i teologi aiutano a rivelare e a chiarire il contenuto del sensus fidelium, «riconoscendo e dimostrando che le problematiche relative alla verità della fede possono essere complessee richiedono un’indagine puntuale».[104] In questa prospettiva, i teologi devono allo stesso modo esaminare in modo critico le espressioni della pietà popolare, le nuove correnti di pensiero e i nuovi movimenti nella Chiesa, preoccupandosi della fedeltà alla Tradizione apostolica.[105] Così facendo i teologi aiuteranno a discernere se, in un dato caso particolare, la Chiesa si trova di fronte a una deviazione, per una crisi della fede o una cattiva comprensione della stessa; a un’opinione che trova il suo spazio nel pluralismo della comunità cristiana ma che non riguarda necessariamente l’insieme; oppure a qualcosa che ha con la fede un accordo talmente perfetto che va riconosciuto come ispirato o suscitato dallo Spirito.

84. La teologia è utile al sensus fidelium anche in un altro modo. Essa aiuta i fedeli a conoscere con maggiore chiarezza e precisione il senso autentico della Scrittura, la vera portata delle definizioni conciliari, i contenuti propri della Tradizione, come pure quelli delle questioni che rimangono aperte – a causa, ad esempio, di ambiguità contenute nelle affermazioni correnti o di fattori culturali che hanno lasciato la loro impronta su quanto è stato trasmesso –, e quelli degli ambiti ove è necessaria una revisione delle posizioni precedenti. Il sensus fidelium si fonda su un’intelligenza robusta e sicura della fede, che la teologia si sforza di promuovere.

4. Aspetti ecumenici del sensus fidei

85. Le nozioni di sensus fidei, di sensus fidelium e di consensus fidelium sono state tutte trattate, o almeno evocate, in sede di numerosi dialoghi internazionali fra la Chiesa cattolica e altre Chiese e comunità ecclesiali. Nel corso di tali colloqui ci si è accordati a grandi linee sul fatto che il corpo tutto intero dei fedeli, laici e ministri ordinati, è investito della responsabilità di preservare la fede apostolica della Chiesa e la sua testimonianza, e che ognuno dei battezzati, in virtù di un’unzione divina (cf. 1Gv 2,20.27), ha la capacità di discernere la verità in materia di fede. Esiste inoltre un accordo generale sul fatto che alcuni membri della Chiesa esercitano una responsabilità speciale di insegnamento e di vigilanza, ma sempre in collaborazione con il resto dei fedeli.[106]

86. Nel contesto del dialogo ecumenico, nel quale la Chiesa cattolica è impegnata in maniera irreversibile,[107] si pongono due domande particolari relative al sensus fidelium.

i) Si deve ritenere che soltanto le dottrine che hanno ottenuto l’assenso comune di tutti i cristiani esprimono il sensus fidelium, e sono dunque vere e vincolanti? Una proposta simile va contro la fede e la prassi della Chiesa cattolica. Attraverso il dialogo, i teologi cattolici e quelli di altre tradizioni cercano di raggiungere un accordo sulle questioni che dividono; ma i partecipanti cattolici non possono sospendere il proprio consenso alle dottrine riconosciute che la Chiesa cattolica possiede in proprio.

ii) Occorre pensare che i cristiani separati partecipano e contribuiscono in certo modo al sensus fidelium? Qui bisogna senza dubbio rispondere in maniera affermativa.[108] La Chiesa cattolica riconosce che «parecchi elementi di santificazione e di verità»[109] si trovano al di fuori dei suoi limiti visibili, che «certi aspetti del mistero cristiano sono stati a volte messi più efficacemente in luce» in altre comunità,[110] e che il dialogo ecumenico la aiuta ad approfondire e illuminare la comprensione la sua stessa comprensione del Vangelo.




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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