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Udienza generale del Mercoledì Anno 2022

Ultimo Aggiornamento: 14/12/2022 18:34
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20/04/2022 14:12
 
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UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro
Mercoledì, 20 aprile 2022

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Catechesi sulla Vecchiaia - 6. “Onora il padre e la madre”: l’amore per la vita vissuta.

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Oggi, con l’aiuto della Parola di Dio che abbiamo ascoltato, apriamo un passaggio attraverso la fragilità dell’età anziana, segnata in modo speciale dalle esperienze dello smarrimento e dell’avvilimento, della perdita e dell’abbandono, della disillusione e del dubbio. Naturalmente, le esperienze della nostra fragilità, di fronte alle situazioni drammatiche – talora tragiche – della vita, possono accadere in ogni tempo dell’esistenza. Tuttavia, nell’età anziana esse possono suscitare meno impressione e indurre negli altri una sorta di assuefazione, persino di fastidio. Quante volte abbiamo sentito o abbiamo pensato: “I vecchi danno fastidio”; L’abbiamo detto, l’abbiamo pensato… Le ferite più gravi dell’infanzia e della giovinezza provocano, giustamente, un senso di ingiustizia e di ribellione, una forza di reazione e di lotta. Invece le ferite, anche gravi, dell’età anziana sono accompagnate, inevitabilmente, dalla sensazione che, comunque, la vita non contraddice sé stessa, perché è già stata vissuta. E così i vecchi sono un po’ allontanati anche dalla nostra esperienza: vogliamo allontanarli.

Nella comune esperienza umana, l’amore – come si dice – è discendente: non ritorna sulla vita che sta dietro le spalle con la stessa forza con la quale si riversa sulla vita che ci sta ancora davanti. La gratuità dell’amore appare anche in questo: i genitori lo sanno da sempre, i vecchi lo imparano presto. Nonostante ciò, la rivelazione apre una strada per una diversa restituzione dell’amore: è la via dell’onorare chi ci ha preceduto. La via dell’onorare le persone che ci hanno preceduto comincia da qui: onorare gli anziani.

Questo amore speciale che si apre la strada nella forma dell’onore – cioè, tenerezza e rispetto allo stesso tempo – destinato all’età anziana è sigillato dal comandamento di Dio. «Onora il padre e la madre» è un impegno solenne, il primo della “seconda tavola” dei dieci comandamenti. Non si tratta soltanto del proprio padre e della propria madre. Si tratta della generazione e delle generazioni che precedono, il cui congedo può anche essere lento e prolungato, creando un tempo e uno spazio di convivenza di lunga durata con le altre età della vita. In altre parole, si tratta della vecchiaia della vita.

Onore è una buona parola per inquadrare questo ambito di restituzione dell’amore che riguarda l’età anziana. Cioè, noi abbiamo ricevuto l’amore dei genitori, dei nonni e adesso noi restituiamo questo amore a loro, agli anziani, ai nonni. Noi oggi abbiamo riscoperto il termine “dignità”, per indicare il valore del rispetto e della cura della vita di chiunque. Dignità, qui, equivale sostanzialmente all’onore: onorare padre e madre, onorare gli anziani è riconoscere la dignità che hanno.

Pensiamo bene a questa bella declinazione dell’amore che è l’onore. La cura stessa del malato, il sostegno di chi non è autosufficiente, la garanzia del sostentamento, possono mancare di onore. L’onore viene a mancare quando l’eccesso di confidenza, invece di declinarsi come delicatezza e affetto, tenerezza e rispetto, si trasforma in ruvidezza e prevaricazione. Quando la debolezza è rimproverata, e addirittura punita, come fosse una colpa. Quando lo smarrimento e la confusione diventano un varco per l’irrisione e l’aggressività. Può accadere persino fra le pareti domestiche, nelle case di cura, come anche negli uffici o negli spazi aperti della città. Incoraggiare nei giovani, anche indirettamente, un atteggiamento di sufficienza – e persino di disprezzo – nei confronti dell’età anziana, delle sue debolezze e della sua precarietà, produce cose orribili. Apre la strada a eccessi inimmaginabili. I ragazzi che danno fuoco alla coperta di un “barbone” – lo abbiamo visto –, perché lo vedono come uno scarto umano, sono la punta di un iceberg, cioè del disprezzo per una vita che, lontana dalle attrazioni e dalle pulsioni della giovinezza, appare già come una vita di scarto. Tante volte pensiamo che i vecchi sono lo scarto o li mettiamo noi allo scarto; si disprezzano i vecchi e si scartano dalla vita, mettendoli da parte.

Questo disprezzo, che disonora l’anziano, in realtà disonora tutti noi. Se io disonoro l’anziano disonoro me stesso. Il brano del Libro del Siracide, ascoltato all’inizio, è giustamente duro nei confronti di questo disonore, che grida vendetta al cospetto di Dio. Esiste un passo, nella storia di Noè, molto espressivo a questo riguardo. Il vecchio Noè, eroe del diluvio e ancora gran lavoratore, giace scomposto dopo aver bevuto qualche bicchiere di troppo. È già anziano, ma ha bevuto troppo. I figli, per non farlo svegliare nell’imbarazzo, lo coprono delicatamente, con lo sguardo abbassato, con grande rispetto. Questo testo è molto bello e dice tutto dell’onore dovuto all’anziano; coprire le debolezze dell’anziano, per non farlo vergognare, è un testo che ci aiuta tanto.

Nonostante tutte le provvidenze materiali che le società più ricche e organizzate mettono a disposizione della vecchiaia – delle quali possiamo certamente essere orgogliosi –, la lotta per la restituzione di quella speciale forma dell’amore che è l’onore, mi pare ancora fragile e acerba. Dobbiamo fare di tutto, sostenerla e incoraggiarla, offrendo migliore sostegno sociale e culturale a coloro che sono sensibili a questa decisiva forma di “civiltà dell’amore”. E su questo, io mi permetto di consigliare ai genitori: per favore, avvicinare i figli, i bambini, i figli giovani agli anziani, avvicinarli sempre. E quando l’anziano è ammalato, un po’ fuori testa, avvicinarli sempre: che sappiano che questa è la nostra carne, che questo è quello che ha fatto sì che noi stessimo adesso qui. Per favore, non allontanare gli anziani. E se non c’è altra possibilità che inviarli in una casa di riposo, per favore, andarli a trovare e portare i bambini a trovarli: sono l’onore della nostra civiltà, i vecchi che hanno aperto le porte. E tante volte, i figli si dimenticano di questo. Vi dico una cosa personale: a me piaceva, a Buenos Aires, visitare le case di riposo. Andavo spesso e visitavo ognuno. Ricordo una volta che domandai a una signora: “Quanti figli ha, lei?” – “Ne ho quattro, tutti sposati, con nipotini”. E incominciò a parlarmi della famiglia. “E loro vengono?” – “Sì, vengono sempre!”. Quando sono uscito dalla camera l’infermiera, che aveva sentito, mi disse: “Padre, ha detto una bugia per coprire i figli. Da sei mesi non viene nessuno!”. Questo è scartare i vecchi, è pensare che i vecchi sono materiale di scarto. Per favore: è un peccato grave. Questo è il primo grande comandamento, e l’unico che dice il premio: “Onora il padre e la madre e avrai vita lunga sulla terra”. Questo comandamento di onorare i vecchi ci dà una benedizione, che si manifesta in questo modo: “Avrai lunga vita”. Per favore, custodire i vecchi. E se perdono la testa, custodirli comunque perché sono la presenza della storia, la presenza della mia famiglia, e grazie a loro io sono qui, possiamo dire tutti noi: grazie a te, nonno e nonna, io sono vivo. Per favore, non lasciarli da soli. E questo, di custodire i vecchi, non è una questione di cosmetici e di chirurgia plastica: no. Piuttosto, è una questione di onore, che deve trasformare l’educazione dei giovani riguardo alla vita e alle sue fasi. L’amore per l’umano che ci è comune, inclusivo dell’onore per la vita vissuta, non è una faccenda per vecchi. Piuttosto è un’ambizione che renderà splendente la giovinezza che ne eredita le qualità migliori. La sapienza dello Spirito di Dio ci conceda di aprire l’orizzonte di questa vera e propria rivoluzione culturale con l’energia necessaria.


Saluti

[Saluto cordialmente tutti i Polacchi. Domenica celebreremo la festa della Divina Misericordia. Cristo ci insegna che l'uomo non solo sperimenta la misericordia di Dio, ma è anche chiamato a mostrarla al suo prossimo. Vi sono particolarmente grato per la vostra misericordia verso tanti rifugiati dall'Ucraina, che hanno trovato in Polonia porte aperte e cuori generosi. Che Dio vi ricompensi per la vostra bontà. Preghiamo anche con fiducia il Cristo Misericordioso per gli anziani, i malati e gli afflitti. Che il Cristo risorto ravvivi in noi la speranza e lo spirito di fede. Vi benedico di cuore.]

* * *

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i sacerdoti della diocesi di Milano che ricordano il 40° di Ordinazione, i diaconi del Collegio Internazionale del Gesù, le Suore Serve del Signore e della Vergine di Matarà, le Novizie e Juniores di varie Congregazioni religiose: queste giovani si muovono... Assicuro la mia preghiera a ciascuno perché il Signore accompagni e sostenga il vostro cammino di fedeltà e di consacrazione a Lui.

Con speciale affetto saluto i preadolescenti della Diocesi di Milano: cari ragazzi, guardate a Gesù Risorto per ritrovare in Lui, il modello e la forza per vivere pienamente le ricchezze della vostra età.

Il mio pensiero va infine, come di consueto, agli anziani, agli ammalati, ai giovani e agli sposi novelli. Il messaggio che scaturisce dal mistero della Risurrezione sia per tutti un impegno a riconoscere che nell’evento di Cristo è annunciata la più profonda verità sull’uomo ed è tracciato il suo destino.

A tutti voi la mia benedizione!




UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro
Mercoledì, 27 aprile 2022

[Multimedia]

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Catechesi sulla Vecchiaia: 7. Noemi, l’alleanza fra le generazioni che apre il futuro

Cari fratelli e sorelle, buongiorno e benvenuti!

Oggi continuiamo a riflettere sugli anziani, sui nonni, sulla vecchiaia, sembra brutta la parola ma no, i vecchi sono grandi, sono belli! E oggi ci lasceremo ispirare dallo splendido libro di Rut, un gioiello della Bibbia. La parabola di Rut illumina la bellezza dei legami famigliari: generati dal rapporto di coppia, ma che vanno al di là del legame di coppia. Legami d’amore capaci di essere altrettanto forti, nei quali si irradia la perfezione di quel poliedro degli affetti fondamentali che formano la grammatica famigliare dell’amore. Questa grammatica porta linfa vitale e sapienza generativa nell’insieme dei rapporti che edificano la comunità. Rispetto al Cantico dei Cantici, il libro di Rut è come l’altra tavola del dittico dell’amore nuziale. Altrettanto importante, altrettanto essenziale, esso celebra infatti la potenza e la poesia che devono abitare i legami di generazione, di parentela, di dedizione, di fedeltà che avvolgono l’intera costellazione famigliare. E che diventano persino capaci, nelle congiunture drammatiche della vita di coppia, di portare una forza d’amore inimmaginabile, in grado di rilanciarne la speranza e il futuro.

Sappiamo che i luoghi comuni sui legami di parentela creati dal matrimonio, soprattutto quello della suocera, quel legame fra suocera e nuora, parlano contro questa prospettiva. Ma, appunto per questo, la parola di Dio diventa preziosa. L’ispirazione della fede sa aprire un orizzonte di testimonianza in controtendenza rispetto ai pregiudizi più comuni, un orizzonte prezioso per l’intera comunità umana. Vi invito a riscoprire il libro di Rut! Specialmente nella meditazione sull’amore e nella catechesi sulla famiglia.

Questo piccolo libro contiene anche un prezioso insegnamento sull’alleanza delle generazioni: dove la giovinezza si rivela capace di ridare entusiasmo all’età matura - questo è essenziale: quando la giovinezza ridà entusiasmo agli anziani - , dove la vecchiaia si scopre capace di riaprire il futuro per la giovinezza ferita. In un primo momento, l’anziana Noemi, pur commossa per l’affetto delle nuore, rimaste vedove dei suoi due figli, si mostra pessimista sul loro destino all’interno di un popolo che non è il loro. Perciò incoraggia affettuosamente le giovani donne a ritornare nelle loro famiglie per rifarsi una vita - erano giovani queste donne vedove -. Dice: “Non posso fare niente per voi”. Già questo appare un atto d’amore: la donna anziana, senza marito e senza più figli, insiste perché le nuore la abbandonino. Però, è anche una sorta di rassegnazione: non c’è futuro possibile per le vedove straniere, prive della protezione del marito. Rut sa questo e resiste a questa generosa offerta, non vuole andarsene a casa sua. Il legame che si è stabilito fra suocera e nuora è stato benedetto da Dio: Noemi non può chiedere di essere abbandonata. In un primo momento, Noemi appare più rassegnata che felice di questa offerta: forse pensa che questo strano legame aggraverà il rischio per entrambe. In certi casi, la tendenza dei vecchi al pessimismo ha bisogno di essere contrastata dalla pressione affettuosa dei giovani.

Di fatto, Noemi, commossa dalla dedizione di Rut, uscirà dal suo pessimismo e addirittura prenderà l’iniziativa, aprendo per Rut un nuovo futuro. Istruisce e incoraggia Rut, vedova di suo figlio, a conquistarsi un nuovo marito in Israele. Booz, il candidato, mostra la sua nobiltà, difendendo Rut dagli uomini suoi dipendenti. Purtroppo, è un rischio che si verifica anche oggi.

Il nuovo matrimonio di Rut si celebra e i mondi sono di nuovo pacificati. Le donne di Israele dicono a Noemi che Rut, la straniera, vale “più di sette figli” e che quel matrimonio sarà una “benedizione del Signore”. Noemi, che era piena di amarezza e diceva anche che il suo nome è amarezza, nella sua vecchiaia conoscerà la gioia di avere una parte nella generazione di una nuova nascita. Guardate quanti “miracoli” accompagnano la conversione di questa anziana donna! Lei si converte all’impegno di rendersi disponibile, con amore, per il futuro di una generazione ferita dalla perdita e a rischio di abbandono. I fronti della ricomposizione sono gli stessi che, in base alle probabilità disegnate dai pregiudizi di senso comune, dovrebbero generare fratture insuperabili. Invece, la fede e l’amore consentono di superarli: la suocera supera la gelosia per il figlio proprio, amando il nuovo legame di Rut; le donne di Israele superano la diffidenza per lo straniero (e se lo fanno le donne, tutti lo faranno); la vulnerabilità della ragazza sola, di fronte al potere del maschio, è riconciliata con un legame pieno d’amore e di rispetto.

E tutto questo perché la giovane Rut si è ostinata ad essere fedele a un legame esposto al pregiudizio etnico e religioso. E riprendo quello che ho detto all’inizio, oggi la suocera è un personaggio mitico, la suocera non dico che la pensiamo come il diavolo ma sempre la si pensa come una brutta figura. Ma la suocera è la mamma di tuo marito, è la mamma di tua moglie. Pensiamo oggi a questo sentimento un po’ diffuso che la suocera tanto più lontano meglio è. No! È madre, è anziana. Una delle cose più belle delle nonne è vedere i nipotini, quando i figli hanno dei figli, rivivono. Guardate bene il rapporto che voi avete con le vostre suocere: alle volte sono un po’ speciali, ma ti hanno dato la maternità del coniuge, ti hanno dato tutto. Almeno bisogna farle felici, affinché portino avanti la loro vecchiaia con felicità. E se hanno qualche difetto bisogna aiutarle a correggersi. Anche a voi suocere vi dico: state attente con la lingua, perché la lingua è uno dei peccati più brutto delle suocere, state attente.

E Rut in questo libro accetta la suocera e la fa rivivere e l’anziana Noemi assume l’iniziativa di riaprire il futuro per Rut, invece di limitarsi a goderne il sostegno. Se i giovani si aprono alla gratitudine per ciò che hanno ricevuto e i vecchi prendono l’iniziativa di rilanciare il loro futuro, niente potrà fermare la fioritura delle benedizioni di Dio fra i popoli! Mi raccomando, che i giovani parlino con i nonni, che i giovani parlino con i vecchi, che i vecchi parlino con i giovani. Questo ponte dobbiamo ristabilirlo forte, c’è lì una corrente di salvezza, di felicità. Che il Signore ci aiuti, facendo questo, a crescere in armonia nelle famiglie, quell’armonia costruttiva che va dai vecchi ai più giovani, quel ponte bello che noi dobbiamo custodire e guardare.

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Saluti

[Saluto con gioia i pellegrini croati, in particolare la delegazione del Ministero della Difesa della Repubblica di Croazia, insieme al Signor Ministro e agli altri ufficiali dello Stato Maggiore e dell’Accademia Militare, come pure gli ufficiali dell’Ordinariato Militare accompagnati dal loro Vescovo. Cari amici, l’incontro quotidiano e il cammino con il Signore risorto faccia ardere i vostri cuori affinché, con entusiasmo, possiate testimoniare la fede e proclamare le grandi opere di Dio, come veri operatori della pace nella società e nel mondo. Siano lodati Gesù e Maria!]

* * *

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto le Suore della Compagnia di Maria Nostra Signora, le Monache Clarisse di Anagni, l’Azienda Sanitaria di Napoli 3 Sud, la Società di Calcio Isola d’Elba: vinceranno il campionato! Un pensiero speciale ricolgo ai fedeli di Vignale Monferrato, accompagnati dal Vescovo e rinnovo la mia gratitudine per quanto hanno fatto in favore del giovane del Ghana, malato terminale. Grazie!

Il mio pensiero va infine, come di consueto, agli anziani, agli ammalati, ai giovani e agli sposi novelli. In questo periodo pasquale, che ci invita a meditare sul mistero della Risurrezione di Cristo, possa la gloria del Signore essere sorgente per ognuno di nuove energie nel cammino verso la salvezza. Aiuti voi, giovani, nel seguire fedelmente il Vangelo; sostenga voi, anziani e ammalati, ad andare avanti con fiducia e speranza; e guidi voi, sposi novelli, a fondare solide famiglie nel segno della verità evangelica.

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Vorrei dirvi una cosa. Vi chiedo scusa se vi saluterò stando seduto, perché questo ginocchio non guarisce ancora e non posso stare in piedi tanto tempo. Scusatemi per questo. Grazie.




UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro
Mercoledì, 4 maggio 2022

[Multimedia]

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Catechesi sulla Vecchiaia: 8. Eleazaro, la coerenza della fede, eredità dell’onore

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Nel cammino di queste catechesi sulla vecchiaia, oggi incontriamo un personaggio biblico - un anziano - di nome Eleazaro, vissuto ai tempi della persecuzione di Antioco Epifane. È una bella figura. La sua figura ci consegna una testimonianza dello speciale rapporto che esiste fra la fedeltà della vecchiaia e l’onore della fede. È uno fiero questo! Vorrei parlare proprio dell’onore della fede, non solo della coerenza, dell’annuncio, della resistenza della fede. L’onore della fede si trova periodicamente sotto la pressione, anche violenta, della cultura dei dominatori, che cerca di svilirla trattandola come un reperto archeologico, o vecchia superstizione, puntiglio anacronistico e così via.

Il racconto biblico – ne abbiamo ascoltato un piccolo brano, ma è bello leggerlo tutto – narra l’episodio degli ebrei costretti da un decreto del re a mangiare carni sacrificate agli idoli. Quando viene il turno di Eleazaro, che era un anziano novantenne molto stimato da tutti e autorevole, gli ufficiali del re lo consigliano di fare una simulazione, cioè di fingere di mangiare le carni senza farlo realmente. Ipocrisia religiosa, c’è tanta ipocrisia religiosa, ipocrisia clericale. Questi gli dicono: “Ma fa’ un po’ l’ipocrita, nessuno se ne accorgerà”. Così Eleazaro si sarebbe salvato, e – dicevano quelli – in nome dell’amicizia avrebbe accettato il loro gesto di compassione e di affetto. Dopo tutto – insistevano – si trattava di un gesto minimo, far finta di mangiare ma non mangiare, un gesto insignificante.

È poca cosa, ma la pacata e ferma risposta di Eleazaro fa leva su un argomento che ci colpisce. Il punto centrale è questo: disonorare la fede nella vecchiaia, per guadagnare una manciata di giorni, non è paragonabile con l’eredità che essa deve lasciare ai giovani, per intere generazioni a venire. Ma bravo questo Eleazaro! Un vecchio che è vissuto nella coerenza della propria fede per un’intera vita, e ora si adatta a fingerne il ripudio, condanna la nuova generazione a pensare che l’intera fede sia stata una finzione, un rivestimento esteriore che può essere abbandonato, pensando di poterlo conservare nel proprio intimo. E non è così, dice Eleazaro. Un tale comportamento non onora la fede, neppure di fronte a Dio. E l’effetto di questa banalizzazione esteriore sarà devastante per l’interiorità dei giovani. La coerenza di quest’uomo che pensa ai giovani, pensa all’eredità futura, pensa al suo popolo!

Proprio la vecchiaia – e questo è bello per i vecchi - appare qui il luogo decisivo, il luogo insostituibile, di questa testimonianza. Un anziano che, a motivo della sua vulnerabilità, accettasse di considerare irrilevante la pratica della fede, farebbe credere ai giovani che la fede non abbia alcun reale rapporto con la vita. Essa apparirebbe loro, fin dal suo inizio, come un insieme di comportamenti che, all’occorrenza, possono essere simulati o dissimulati, perché nessuno di essi è così importante per la vita.

L’antica gnosi eterodossa, che è stata un’insidia molto potente e molto seducente per il cristianesimo dei primi secoli, teorizzava proprio su questo, è una cosa vecchia questa: che la fede è una spiritualità, non una pratica; una forza della mente, non una forma della vita. La fedeltà e l’onore della fede, secondo questa eresia, non hanno nulla a che fare con i comportamenti della vita, le istituzioni della comunità, i simboli del corpo. La seduzione di questa prospettiva è forte, perché essa interpreta, a suo modo, una verità indiscutibile: che la fede non si può mai ridurre a un insieme di regole alimentari o di pratiche sociali. La fede è un’altra cosa. Il guaio è che la radicalizzazione gnostica di questa verità vanifica il realismo della fede cristiana, perché la fede cristiana è realistica, la fede cristiana non è soltanto dire il Credo, ma è pensare il Credo, è sentire il Credo, è fare il Credo. Operare con le mani. Invece questa proposta gnostica è un “fare finta”, l’importante è che tu dentro abbia la spiritualità e poi puoi fare quello che vuoi. E questo non è cristiano. È la prima eresia degli gnostici, che è molto alla moda qui, in questo momento, in tanti centri di spiritualità e così via. E svuota la testimonianza di questa gente, che mostra i segni concreti di Dio nella vita della comunità e resiste alle perversioni della mente attraverso i gesti del corpo.

La tentazione gnostica che è una delle - diciamo la parola – eresie, una delle deviazioni religiose di questo tempo, la tentazione gnostica rimane sempre attuale. In molte linee di tendenza della nostra società e nella nostra cultura, la pratica della fede subisce una rappresentazione negativa, a volte sotto forma di ironia culturale, a volte con una occulta emarginazione. La pratica della fede per questi gnostici che già c’erano al tempo di Gesù, è considerata come un’esteriorità inutile e anzi nociva, come un residuo antiquato, come una superstizione mascherata. Insomma, una cosa per i vecchi. La pressione che questa critica indiscriminata esercita sulle giovani generazioni è forte. Certo, sappiamo che la pratica della fede può diventare un’esteriorità senz’anima - questo è l’altro pericolo, il contrario - ma in sé stessa non lo è affatto. Forse tocca proprio a noi, i vecchi una missione molto importante: restituire alla fede il suo onore, farla coerente che è la testimonianza di Eleazaro, la coerenza fino alla fine. La pratica della fede non è il simbolo della nostra debolezza, ma piuttosto il segno della sua forza. Non siamo più ragazzi. Non abbiamo scherzato quando ci siamo messi sulla strada del Signore!

La fede merita rispetto e onore fino alla fine: ci ha cambiato la vita, ci ha purificato la mente, ci ha insegnato l’adorazione di Dio e l’amore del prossimo. È una benedizione per tutti! Ma tutta la fede, non una parte. Non baratteremo la fede per una manciata di giorni tranquilli, ma faremo come Eleazaro, coerente fino alla fine fino al martirio. Dimostreremo, in tutta umiltà e fermezza, proprio nella nostra vecchiaia, che credere non è una cosa “da vecchi”, ma è cosa di vita. Credere allo Spirito Santo, che fa nuove tutte le cose, e Lui ci aiuterà volentieri.

Cari fratelli e sorelle anziani, per non dire vecchi - siamo nello stesso gruppo - per favore, guardiamo ai giovani. Loro ci guardano, non dimentichiamo questo. Mi viene in mente quel film del Dopoguerra tanto bello: “I bambini ci guardano”. Noi possiamo dire lo stesso con i giovani: i giovani ci guardano e la nostra coerenza può aprire loro una strada di vita bellissima. Invece, un’eventuale ipocrisia farà tanto male. Preghiamo gli uni per gli altri. Che Dio benedica tutti noi vecchi!

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Saluti

[Carissimi fedeli di lingua portoghese, vi saluto tutti, in particolare gli alunni e i professori del Collegio Horizonte, di Porto. Abbiamo iniziato da poco il mese di maggio, che tradizionalmente chiama il popolo cristiano a moltiplicare i gesti quotidiani di venerazione alla Vergine Maria. Il segreto della sua pace e del suo coraggio era questa certezza: «nulla è impossibile a Dio». Abbiamo bisogno d’imparare ciò con la Madre di Dio; mostriamoci riconoscenti, pregando il rosario ogni giorno. Dio vi benedica e la Madonna vi protegga.]

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto l’Associazione SIMBA di Taranto, e il Coro Voci e Mani bianche di Carpi.

Il mio pensiero va infine, come di consueto, agli anziani, agli ammalati, ai giovani e agli sposi novelli. All’inizio di questo mese mariano, invito tutti a venerare con fiducia filiale la Madre di Gesù: guardate a Lei come maestra di preghiera e di vita spirituale.

Poi vi saluterò. Purtroppo non potrò passare fra di voi per la malattia del ginocchio. E per questo mi scuso per dovervi salutare da seduto, ma è una cosa del momento. Speriamo che passi presto e io possa venire da voi, dopo, in altre udienze.

A tutti la mia benedizione.






[Modificato da Caterina63 04/05/2022 13:43]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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