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Udienza generale del Mercoledì Anno 2022

Ultimo Aggiornamento: 14/12/2022 18:34
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19/10/2022 11:54
 
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UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro
Mercoledì, 19 ottobre 2022

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Catechesi sul discernimento. 6. Gli elementi del discernimento. Il libro della propria vita

Cari fratelli e sorelle, benvenuti e buongiorno!

Nelle catechesi di queste settimane stiamo insistendo sui presupposti per fare un buon discernimento. Nella vita dobbiamo prendere delle decisioni, sempre, e per prendere le decisioni dobbiamo fare un cammino, una strada di discernimento. Ogni attività importante ha le sue “istruzioni” da seguire, che vanno conosciute perché possano produrre gli effetti necessari. Oggi ci soffermiamo su un altro ingrediente indispensabile per il discernimento: la propria storia di vita. Conoscere la propria storia di vita è un ingrediente – diciamo così – indispensabile per il discernimento.

La nostra vita è il “libro” più prezioso che ci è stato consegnato, un libro che tanti purtroppo non leggono, oppure lo fanno troppo tardi, prima di morire. Eppure, proprio in quel libro si trova quello che si cerca inutilmente per altre vie. Sant’Agostino, un grande cercatore della verità, lo aveva compreso proprio rileggendo la sua vita, notando in essa i passi silenziosi e discreti, ma incisivi, della presenza del Signore. Al termine di questo percorso noterà con stupore: «Tu eri dentro di me, e io fuori. E là ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature. Tu eri con me, ma io non ero con te» (Confessioni X, 27.38). Da qui il suo invito a coltivare la vita interiore per trovare ciò che si cerca: «Rientra in te stesso. Nell’uomo interiore abita la verità» (La vera religione, XXXIX, 72). Questo è un invito che io farei a tutti voi, anche lo faccio a me stesso: “Rientra in te stesso. Leggi la tua vita. Leggiti dentro, come è stato il tuo percorso. Con serenità. Rientra in te stesso”.

Molte volte abbiamo fatto anche noi l’esperienza di Agostino, di ritrovarci imprigionati da pensieri che ci allontanano da noi stessi, messaggi stereotipati che ci fanno del male: per esempio, “io non valgo niente” – e tu vai giù; “a me tutto va male” – e tu vai giù; “non realizzerò mai nulla di buono” – e tu vai giù, e così è la vita. Queste frasi pessimiste che ti buttano giù! Leggere la propria storia significa anche riconoscere la presenza di questi elementi “tossici”, ma per poi allargare la trama del nostro racconto, imparando a notare altre cose, rendendolo più ricco, più rispettoso della complessità, riuscendo anche a cogliere i modi discreti con cui Dio agisce nella nostra vita. Io conobbi una volta una persona di cui la gente che la conosceva diceva che meritava il Premio Nobel alla negatività: tutto era brutto, tutto, e sempre cercava di buttarsi giù. Era una persona amareggiata eppure aveva tante qualità. E poi questa persona ha trovato un’altra persona che l’ha aiutata bene e ogni volta che si lamentava di qualcosa, l’altra diceva: “Ma adesso, per compensare, di’ qualcosa buona di te”. E lui: “Ma, sì, … io ho anche questa qualità”, e poco a poco lo ha aiutato ad andare avanti, a leggere bene la propria vita, sia le cose brutte sia le cose buone. Dobbiamo leggere la nostra vita, e così vediamo le cose che non sono buone e anche le cose buone che Dio semina in noi.

Abbiamo visto che il discernimento ha un approccio narrativo: non si sofferma sull’azione puntuale, la inserisce in un contesto: da dove viene questo pensiero? Questo che sento adesso, da dove viene? Dove mi porta, questo che sto pensando adesso? Quando ho avuto modo di incontrarlo in precedenza? È una cosa nuova che mi viene adesso, o altre volte l’ho trovata? Perché è più insistente di altri? Cosa mi vuole dire la vita con questo?

Il racconto delle vicende della nostra vita consente anche di cogliere sfumature e dettagli importanti, che possono rivelarsi aiuti preziosi fino a quel momento rimasti nascosti. Per esempio, una lettura, un servizio, un incontro, a prima vista ritenuti cose di poca importanza, nel tempo successivo trasmettono una pace interiore, trasmettono la gioia di vivere e suggeriscono ulteriori iniziative di bene. Fermarsi e riconoscere questo è indispensabile. Fermarsi è riconoscere: è importante per il discernimento, è un lavoro di raccolta di quelle perle preziose e nascoste che il Signore ha disseminato nel nostro terreno.

Il bene è nascosto, sempre, perché il bene ha pudore e si nasconde: il bene è nascosto; è silenzioso, richiede uno scavo lento e continuo. Perché lo stile di Dio è discreto: a Dio piace andare nascosto, con discrezione, non si impone; è come l’aria che respiriamo, non la vediamo ma ci fa vivere, e ce ne accorgiamo solo quando ci viene a mancare.

Abituarsi a rileggere la propria vita educa lo sguardo, lo affina, consente di notare i piccoli miracoli che il buon Dio compie per noi ogni giorno. Quando ci facciamo caso, notiamo altre direzioni possibili che rafforzano il gusto interiore, la pace e la creatività. Soprattutto ci rende più liberi dagli stereotipi tossici. Saggiamente è stato detto che l’uomo che non conosce il proprio passato è condannato a ripeterlo. È curioso: se noi non conosciamo la strada fatta, il passato, lo ripetiamo sempre, siamo circolari. La persona che cammina circolarmente non va avanti mai, non c’è cammino, è come il cane che si morde la coda, va sempre così, e ripete le cose.

Possiamo chiederci: io ho mai raccontato a qualcuno la mia vita? Questa è un’esperienza bella dei fidanzati, che quando fanno sul serio raccontano la propria vita … Si tratta di una delle forme di comunicazione più belle e intime, raccontare la propria vita. Essa permette di scoprire cose fino a quel momento sconosciute, piccole e semplici, ma, come dice il Vangelo, è proprio dalle piccole cose che nascono le cose grandi (cfr Lc 16,10).

Anche le vite dei santi costituiscono un aiuto prezioso per riconoscere lo stile di Dio nella propria vita: consentono di prendere familiarità con il suo modo di agire. Alcuni comportamenti dei santi ci interpellano, ci mostrano nuovi significati e nuove opportunità. È quanto accadde, per esempio, a Sant’Ignazio di Loyola. Quando descrive la scoperta fondamentale della sua vita, aggiunge una precisazione importante, e dice così: «Dall’esperienza aveva dedotto che alcuni pensieri lo lasciavano triste, altri allegro; e a poco a poco imparò a conoscere la diversità dei pensieri, la diversità degli spiriti che si agitavano in lui» (Autob., n. 8). Conoscere cosa succede dentro di noi, conoscere, stare attenti.

Il discernimento è la lettura narrativa dei momenti belli e dei momenti bui, delle consolazioni e delle desolazioni che sperimentiamo nel corso della nostra vita. Nel discernimento è il cuore a parlarci di Dio, e noi dobbiamo imparare a comprendere il suo linguaggio. Chiediamoci, alla fine della giornata, per esempio: cosa è successo oggi nel mio cuore? Alcuni pensano che fare questo esame di coscienza è fare la contabilità dei peccati che hai fatto - ne facciamo tanti -, ma è anche chiedersi “Cosa è successo dentro di me, ho avuto gioia? Cosa mi ha portato la gioia? Sono rimasto triste? Cosa mi ha portato la tristezza? E così imparare a discernere cosa succede dentro di noi.

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Saluti

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i seminaristi di Reggio Calabria, gli agenti di Pubblica sicurezza di Napoli e l’Azienda Teleperformance Italia di Taranto. Sono lieto di accogliere i fedeli della parrocchia San Timoteo di Termoli, e i cresimati della diocesi di Faenza-Modigliana, accompagnati dal loro Vescovo. Questi sanno fare rumore; sono bravi! Tutti incoraggio a ricavare dal Vangelo i criteri ispiratori per la vita personale e comunitaria.

E torniamo con il pensiero alla martoriata Ucraina e preghiamo per l’Ucraina: preghiamo per le cose brutte che stanno succedendo lì, le torture, le morti, la distruzione.

Il mio pensiero va infine, come di consueto, ai giovani, ai malati, agli anziani e agli sposi novelli. In questo mese di ottobre dedicato alla Vergine del Rosario, desidero invitarvi a guardare con filiale fiducia alla Madre di Dio, attingendo dal suo esempio e dalla sua intercessione la forza per andare avanti.

A tutti la mia benedizione.

 

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UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro
Mercoledì, 26 ottobre 2022

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Catechesi sul Discernimento. 7. La materia del discernimento. La desolazione

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Il discernimento, lo abbiamo visto nelle precedenti catechesi, non è principalmente un procedimento logico; esso verte sulle azioni, e le azioni hanno una connotazione affettiva anche, che va riconosciuta, perché Dio parla al cuore. Entriamo allora in merito alla prima modalità affettiva, oggetto del discernimento, cioè la desolazione. Di cosa si tratta?

La desolazione è stata così definita: «L’oscurità dell’anima, il turbamento interiore, lo stimolo verso le cose basse e terrene, l’inquietudine dovuta a diverse agitazioni e tentazioni: così l’anima s’inclina alla sfiducia, è senza speranza, e senza amore, e si ritrova pigra, tiepida, triste, come separata dal suo Creatore e Signore» (S. Ignazio di L., Esercizi spirituali, 317). Tutti noi ne abbiamo esperienza. Credo che in un modo o nell’altro, abbiamo fatto esperienza di questo, della desolazione. Il problema è come poterla leggere, perché anch’essa ha qualcosa di importante da dirci, e se abbiamo fretta di liberarcene, rischiamo di smarrirla.

Nessuno vorrebbe essere desolato, triste: questo è vero. Tutti vorremmo una vita sempre gioiosa, allegra e appagata. Eppure questo, oltre a non essere possibile – perché non è possibile –, non sarebbe neppure un bene per noi. Infatti, il cambiamento di una vita orientata al vizio può iniziare da una situazione di tristezza, di rimorso per ciò che si è fatto. È molto bella l’etimologia di questa parola, “rimorso”: il rimorso della coscienza, tutti conosciamo questo. Rimorso: letteralmente è la coscienza che morde, che non dà pace. Alessandro Manzoni, nei Promessi sposi, ci ha dato una splendida descrizione del rimorso come occasione per cambiare vita. Si tratta del celebre dialogo tra il cardinale Federico Borromeo e l’Innominato, il quale, dopo una notte terribile, si presenta distrutto dal cardinale, che si rivolge a lui con parole sorprendenti: «“Voi avete una buona nuova da darmi, e me la fate tanto sospirare?”. “Una buona nuova, io?” – disse l’altro. “Ho l’inferno nel cuore […]. Ditemi voi, se lo sapete, qual è questa buona nuova”. “Che Dio v’ha toccato il cuore, e vuol farvi suo”, rispose pacatamente il cardinale» (cap. XXIII). Dio tocca il cuore e ti viene qualcosa dentro, la tristezza, il rimorso per qualche cosa, ed è un invito a iniziare una strada. L’uomo di Dio sa notare in profondità ciò che si muove nel cuore.

È importante imparare a leggere la tristezza. Tutti conosciamo cosa sia la tristezza: tutti. Ma sappiamo leggerla? Sappiamo capire cosa significa per me, questa tristezza di oggi? Nel nostro tempo, essa – la tristezza – è considerata per lo più negativamente, come un male da fuggire a tutti i costi, e invece può essere un indispensabile campanello di allarme per la vita, invitandoci a esplorare paesaggi più ricchi e fertili che la fugacità e l’evasione non consentono. San Tommaso definisce la tristezza un dolore dell’anima: come i nervi per il corpo, essa ridesta l’attenzione di fronte a un possibile pericolo, o a un bene disatteso (cfr Summa Th. I-II, q. 36, a. 1). Per questo, essa è indispensabile per la nostra salute, ci protegge perché non facciamo del male a noi stessi e ad altri. Sarebbe molto più grave e pericoloso non avvertire questo sentimento e andare avanti. La tristezza alle volte lavora come semaforo: “Fermati, fermati! È rosso, qui. Fermati”.

Per chi invece ha il desiderio di compiere il bene, la tristezza è un ostacolo con il quale il tentatore vuole scoraggiarci. In tal caso, si deve agire in maniera esattamente contraria a quanto suggerito, decisi a continuare quanto ci si era proposto di fare (cfr Esercizi spirituali, 318). Pensiamo al lavoro, allo studio, alla preghiera, a un impegno assunto: se li lasciassimo appena avvertiamo noia o tristezza, non concluderemmo mai nulla. È anche questa un’esperienza comune alla vita spirituale: la strada verso il bene, ricorda il Vangelo, è stretta e in salita, richiede un combattimento, un vincere sé stessi. Inizio a pregare, o mi dedico a un’opera buona e, stranamente, proprio allora mi vengono in mente cose da fare con urgenza – per non pregare e per non fare le cose buone. Tutti abbiamo questa esperienza. È importante, per chi vuole servire il Signore, non lasciarsi guidare dalla desolazione. E questo che … “Ma no, non ho voglia, questo è noioso …”: stai attento. Purtroppo, alcuni decidono di abbandonare la vita di preghiera, o la scelta intrapresa, il matrimonio o la vita religiosa, spinti dalla desolazione, senza prima fermarsi a leggere questo stato d’animo, e soprattutto senza l’aiuto di una guida. Una regola saggia dice di non fare cambiamenti quando si è desolati. Sarà il tempo successivo, più che l’umore del momento, a mostrare la bontà o meno delle nostre scelte.

È interessante notare, nel Vangelo, che Gesù respinge le tentazioni con un atteggiamento di ferma risolutezza (cfr Mt 3,14-15; 4,1-11; 16,21-23). Le situazioni di prova gli giungono da varie parti, ma sempre, trovando in Lui questa fermezza, decisa a compiere la volontà del Padre, vengono meno e cessano di ostacolare il cammino. Nella vita spirituale la prova è un momento importante, la Bibbia lo ricorda esplicitamente e dice così: «Se ti presenti per servire il Signore, preparati alla tentazione» (Sir 2,1). Se tu vuoi andare sulla strada buona, preparati: ci saranno ostacoli, ci saranno tentazioni, ci saranno momenti di tristezza. È come quando un professore esamina lo studente: se vede che conosce i punti essenziali della materia, non insiste: ha superato la prova. Ma deve superare la prova.

Se sappiamo attraversare solitudine e desolazione con apertura e consapevolezza, possiamo uscirne rafforzati sotto l’aspetto umano e spirituale. Nessuna prova è al di fuori della nostra portata; nessuna prova sarà superiore a quello che noi possiamo fare. Ma non fuggire dalle prove: vedere cosa significa questa prova, cosa significa che io sono triste: perché sono triste? Cosa significa che io in questo momento sono in desolazione? Cosa significa che io sono in desolazione e non posso andare avanti? San Paolo ricorda che nessuno è tentato oltre le sue possibilità, perché il Signore non ci abbandona mai e, con Lui vicino, possiamo vincere ogni tentazione (cfr 1 Cor 10,13). E se non la vinciamo oggi, ci alziamo un’altra volta, camminiamo e la vinceremo domani. Ma non permanere morti – diciamo così – non permanere vinti per un momento di tristezza, di desolazione: andate avanti. Che il Signore ti benedica in questo cammino – coraggioso! – della vita spirituale, che è sempre camminare.

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Saluti

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto l’Associazione Nazionale delle Università della Terza età, che incoraggio a proseguire nell’opera culturale per combattere la solitudine e l’emarginazione degli anziani. Essi sono i testimoni di quella “memoria” che può aiutare le nuove generazioni a costruire un futuro più umano e più cristiano: la memoria dei vecchi.

Saluto i rappresentanti di enti locali e scuole, che partecipano all’incontro promosso dall’Associazione Biennale delle Arti e delle Scienze del Mediterraneo, unitamente alla Fondazione Rachelina Ambrosini. Vi ringrazio per il vostro significativo impegno a costruire cammini di fratellanza e di solidarietà, in vista della crescita intellettuale e spirituale del territorio.

E non dimentichiamo di pregare e continuare con la preghiera per la martoriata Ucraina: che il Signore protegga quella gente e ci porti tutti sulla strada di una pace duratura.

Il mio pensiero va infine, come di consueto, ai giovani, ai malati, agli anziani e agli sposi novelli, presenti a questa Udienza di fine ottobre. A tutti desidero raccomandare in modo speciale la recita del Rosario; questa semplice e suggestiva preghiera mariana indichi a ciascuno la strada per seguire Cristo con fiducia e generosità. A tutti la mia benedizione.


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UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro
Mercoledì, 16 novembre 2022

[Multimedia]

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Catechesi sul Discernimento. 8. Perché siamo desolati?

Cari fratelli e sorelle, buongiorno, benvenuti!

Riprendiamo oggi le catechesi sul tema del discernimento. Abbiamo visto come sia importante leggere ciò che si muove dentro di noi, per non prendere decisioni affrettate, sull’onda dell’emozione del momento, salvo poi pentircene quando ormai è troppo tardi. Cioè leggere cosa succede e poi prendere le decisioni.

In questo senso, anche lo stato spirituale che chiamiamo desolazione, quando nel cuore è tutto buio, è triste, questo stato della desolazione può essere occasione di crescita. Infatti, se non c’è un po’ di insoddisfazione, un po' di tristezza salutare, una sana capacità di abitare nella solitudine e di stare con noi stessi senza fuggire, rischiamo di rimanere sempre alla superficie delle cose e non prendere mai contatto con il centro della nostra esistenza. La desolazione provoca uno “scuotimento dell’anima”: quando uno è triste è come se l’anima si scuotesse; mantiene desti, favorisce la vigilanza e l’umiltà e ci protegge dal vento del capriccio. Sono condizioni indispensabili per il progresso nella vita, e quindi anche nella vita spirituale. Una serenità perfetta ma “asettica”, senza sentimenti, quando diventa il criterio di scelte e comportamenti, ci rende disumani. Noi non possiamo non fare caso ai sentimenti: siamo umani e il sentimento è una parte della nostra umanità; senza capire i sentimenti saremmo disumani, senza vivere i sentimenti saremmo anche indifferenti alla sofferenza degli altri e incapaci di accogliere la nostra. Senza considerare che tale “perfetta serenità” non la si raggiunge per questa via dell’indifferenza. Questa distanza asettica: “Io non mi mischio nelle cose, io prendo le distanze”: questo non è vita, questo è come se vivessimo in un laboratorio, chiusi, per non avere dei microbi, delle malattie. Per molti santi e sante, l’inquietudine è stata una spinta decisiva per dare una svolta alla propria vita. Questa serenità artificiale, non va, mentre è buona la sana inquietudine, il cuore inquieto, il cuore che cerca di cercare strada. È il caso, ad esempio, di Agostino di Ippona o di Edith Stein o di Giuseppe Benedetto Cottolengo o di Charles de Foucauld. Le scelte importanti hanno un prezzo che la vita presenta, un prezzo che è alla portata di tutti: ossia, le scelte importanti non vengono dalla lotteria, no; hanno un prezzo e tu devi pagare quel prezzo. È un prezzo che tu devi fare con il tuo cuore, è un prezzo della decisione, un prezzo di portare avanti un po' di sforzo. Non è gratis, ma è un prezzo alla portata di tutti. Noi tutti dobbiamo pagare questa decisione per uscire dallo stato di indifferenza, che ci butta giù, sempre.

La desolazione è anche un invito alla gratuità, a non agire sempre e solo in vista di una gratificazione emotiva. Essere desolati ci offre la possibilità di crescere, di iniziare una relazione più matura, più bella, con il Signore e con le persone care, una relazione che non si riduca a un mero scambio di dare e avere. Pensiamo alla nostra infanzia, per esempio, pensiamo: da bambini, capita spesso di cercare i genitori per ottenere da loro qualcosa, un giocattolo, i soldi per comprare un gelato, un permesso… E così li cerchiamo non per sé stessi, ma per un interesse. Eppure, il dono più grande sono loro, i genitori, e questo lo capiamo man mano che cresciamo.

Anche molte nostre preghiere sono un po’ di questo tipo, sono richieste di favori rivolte al Signore, senza un vero interesse nei suoi confronti. Andiamo a chiedere, chiedere, chiedere al Signore. Il Vangelo nota che Gesù era spesso circondato da tanta gente che lo cercava per ottenere qualcosa, guarigioni, aiuti materiali, ma non semplicemente per stare con Lui. Era pressato dalle folle, eppure era solo. Alcuni santi, e anche alcuni artisti, hanno meditato su questa condizione di Gesù. Potrebbe sembrare strano, irreale, chiedere al Signore: “Come stai?”. E invece è una maniera molto bella di entrare in una relazione vera, sincera, con la sua umanità, con la sua sofferenza, anche con la sua singolare solitudine. Con Lui, con il Signore, che ha voluto condividere fino in fondo la sua vita con noi.

Ci fa tanto bene imparare a stare con Lui, a stare con il Signore senza altro scopo, esattamente come ci succede con le persone a cui vogliamo bene: desideriamo conoscerle sempre più, perché è bello stare con loro.

Cari fratelli e sorelle, la vita spirituale non è una tecnica a nostra disposizione, non è un programma di “benessere” interiore che sta a noi programmare. No. La vita spirituale è la relazione con il Vivente, con Dio, il Vivente, irriducibile alle nostre categorie. E la desolazione allora è la risposta più chiara all’obiezione che l’esperienza di Dio sia una forma di suggestione, una semplice proiezione dei nostri desideri. La desolazione è non sentire niente, tutto buio: ma tu cerchi Dio nella desolazione. In tal caso, se pensiamo che è una proiezione dei nostri desideri, saremmo sempre noi a programmarla, saremmo sempre felici e contenti, come un disco che ripete la medesima musica. Invece, chi prega si rende conto che gli esiti sono imprevedibili: esperienze e passi della Bibbia che ci hanno spesso entusiasmato, oggi, stranamente, non suscitano alcun trasporto. E, altrettanto inaspettatamente, esperienze, incontri e letture a cui non si era mai fatto caso o che si preferirebbe evitare – come l’esperienza della croce – portano una pace immensa. Non avere paura alla desolazione, portarla avanti con perseveranza, non fuggire. E nella desolazione cercare di trovare il cuore di Cristo, trovare il Signore. E la risposta arriva, sempre.

Di fronte alle difficoltà, quindi, mai scoraggiarsi, per favore, ma affrontare la prova con decisione, con l’aiuto della grazia di Dio che non ci viene mai a mancare. E se sentiamo dentro di noi una voce insistente che vuole distoglierci dalla preghiera, impariamo a smascherarla come la voce del tentatore; e non lasciamoci impressionare: semplicemente, facciamo proprio il contrario di quello che ci dice! Grazie.

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Saluti

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APPELLO

Ho appreso con dolore e con preoccupazione la notizia di un nuovo e ancora più forte attacco missilistico sull’Ucraina che ha causato morti e danni a molte infrastrutture civili. Preghiamo affinché il Signore converta i cuori di chi ancora punta sulla guerra e faccia prevalere per la martoriata Ucraina il desiderio di pace, per evitare ogni escalation e aprire la strada al cessate-il-fuoco e al dialogo.

* * *

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto le Piccole Apostole della Redenzione riunite nel capitolo generale, le Religiose dell’Unione Superiore Maggiori d’Italia, la comunità del Seminario Leoniano di Anagni, - si fanno sentire questi seminaristi - con alcuni Vescovi del Lazio: tutti esorto ad andare avanti con coraggio, consolidando i propositi di fedeltà al Signore e alla Chiesa.

Accolgo con gioia i Vigili del Fuoco dell’Abruzzo: grazie tante per il vostro importante lavoro. Quando io prego per i vigili del fuoco, chiedo una grazia per loro: che non abbiano lavoro. Saluto poi i fedeli di Bisceglie e quelli di Moiano ed auspico che il vostro pellegrinaggio sia ricco di frutti spirituali a beneficio delle rispettive Comunità ecclesiali.

Elevo la mia preghiera per le vittime innocenti dell’attacco terroristico avvenuto nei giorni scorsi a Istanbul. La nostra incessante preghiera è anche per la martoriata Ucraina: il Signore dia agli ucraini consolazione, fortezza in questa prova e dia speranza di pace. Possiamo pregare per l’Ucraina, dicendo: “Affrettati Signore”.

Il mio pensiero va infine, come di consueto, ai giovani, ai malati, agli anziani e agli sposi novelli. Sull’esempio di santa Margherita di Scozia e di santa Gertrude, delle quali oggi celebriamo la memoria, cercate sempre in Gesù la luce e il sostegno per ogni vostra scelta nella vita quotidiana. A tutti la mia benedizione!


[Modificato da Caterina63 16/11/2022 12:35]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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