A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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Perchè "Difendere la Vera Fede" ?

Ultimo Aggiornamento: 10/01/2017 14:25
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E' Lui che ha donato alcuni come Apostoli, altri come profeti, ... altri come dottori, ... per la costruzione del Corpo di Cristo, fino a che arriviamo tutti all'unità della fede . (Ef.4,11-13)



Perchè: Difendere la Vera fede?

Perchè....studiamo la storia, quella vera, e documentandoci anche grazie all'impegno di molti, potremo dire a 360°, senza vergogna:

"Siamo fieri di essere Cattolici Romani !"

"Siamo letteralmente invasi dai travisamenti e dalle menzogne: i cattolici in larga parte non se ne avvedono, quando addirittura non rifiutano di avvedersene. Se io vengo percosso sulla guancia destra, la perfezione evangelica mi propone di offrire la sinistra. Ma se si attenta alla verità, la stessa perfezione evangelica mi fa obbligo di adoperarmi a ristabilirla: perché, dove si estingue il rispetto della verità, comincia a precludersi per l'uomo ogni via di salvezza"
(Card. G. Biffi).

Perchè:

"LA PRIMA MISERICORDIA DI CUI ABBIAMO BISOGNO E' LA LUCE IMPIETOSA DELLA VERITA'"
(card. G. Biffi in Pecore e Pastori)

Perchè........

GIOVANNI PAOLO II scrisse una:
Lettera Apostolica data Motu Proprio
AD TUENDAM FIDEM,

con la quale vengono inserite alcune norme nel
Codice di Diritto Canonico

dove leggiamo:

PER DIFENDERE LA FEDE della Chiesa Cattolica contro gli errori che insorgono da parte di alcuni fedeli, soprattutto di quelli che si dedicano di proposito alle discipline della sacra teologia, è sembrato assolutamente necessario a Noi, il cui compito precipuo è confermare i fratelli nella fede (cf Lc 22, 32), che nei testi vigenti del Codice di Diritto Canonico e del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali vengano aggiunte norme con le quali espressamente sia imposto il dovere di osservare le verità proposte in modo definitivo dal Magistero della Chiesa, facendo anche menzione delle sanzioni canoniche riguardanti la stessa materia.

Can. 750 - § 1. Per fede divina e cattolica sono da credere tutte quelle cose che sono contenute nella parola di Dio scritta o tramandata, vale a dire nell'unico deposito della fede affidato alla Chiesa, e che insieme sono proposte come divinamente rivelate, sia dal magistero solenne della Chiesa, sia dal suo magistero ordinario e universale, ossia quello che è manifestato dalla comune adesione dei fedeli sotto la guida del sacro magistero; di conseguenza tutti sono tenuti a evitare qualsiasi dottrina ad esse contraria.

§ 2. Si devono pure fermamente accogliere e ritenere anche tutte e singole le cose che vengono proposte definitivamente dal magistero della Chiesa circa la fede e i costumi, quelle cioè che sono richieste per custodire santamente ed esporre fedelmente lo stesso deposito della fede; si oppone dunque alla dottrina della Chiesa cattolica chi rifiuta le medesime proposizioni da tenersi definitivamente.


perchè.....

SIAMO CONTRO IL MODERNISMO E IL PROGRESSISMO che è la vera regressione e piaga della Chiesa e abbiamo eletto ed invocato san Pio X a custodia di questo forum:
difenderelafede.freeforumzone.leonardo.it/cartella.aspx?id...

“La lotta al modernismo del grande san Pio X, si concretizzò essenzialmente nei seguenti punti:

- un ritorno alla dottrina tomista;
- un maggiore controllo sui seminari con relativa sospensione di quei formatori che risultassero ‘infetti dal modernismo’;
- vagliare le pubblicazioni a stampa, proibendo le letture contro la morale;
- istituzione dei ‘censori ecclesiastici’;
- proibizione dei congressi per sacerdoti non autorizzati dai Vescovi;
- istituzione di ‘consigli di vigilanza’ per il clero;
- obbligo da parte dei Vescovi di riferire ogni quattro anni alla Santa Sede sul rispetto dei punti sopra elencati”.

“Con il decreto del 1° settembre 1907, il Papa impose il ‘giuramento antimodernista’: fu un colpo mortale a questa corrente di pensiero che, caduta nel dimenticatoio per oltre cinquant’anni, riemerse come un fiume carsico soltanto a cavallo del Concilio Vaticano II”, ha continuato.




ed infine perchè....

Vogliamo pure che i nostri si guardino da quegli appellativi, di cui si è cominciato a fare uso recentemente per distinguere cattolici da cattolici; e procurino di evitarli non solo come « profane novità di parole », che non corrispondono né alla verità, né alla giustizia, ma anche perché ne nascono fra i cattolici grave agitazione e grande confusione.
Il cattolicesimo, in ciò che gli è essenziale, non può ammettere né il più né il meno: «Questa è la fede cattolica; chi non la crede fedelmente e fermamente non potrà essere salvo»(28); o si professa intero, o non si professa assolutamente. Non vi è dunque necessità di aggiungere epiteti alla professione del cattolicesimo; a ciascuno basti dire così: «Cristiano è il mio nome, e cattolico il mio cognome»; soltanto, si studi di essere veramente tale, quale si denomina.


"AD BEATISSIMI APOSTOLORUM" di Papa Benedetto XV
www.vatican.va/holy_father/benedict_xv/encyclicals/documents/hf_ben-xv_enc_01111914_ad-beatissimi-apostolorum...



Invitiamo tutti a prendere visione del Regolamento!




Benedetto XV: "Non nova, sed noviter".

«Del resto, dai nostri che si sono dedicati al comune vantaggio della causa cattolica, ben altro richiede oggidì la Chiesa che il persistere troppo a lungo in questioni da cui non si trae nessun utile: richiede invece che si sforzino a tutto potere di conservare integra la Fede ed incolume da ogni alito d'errore, seguendo specialmente le orme di colui che Cristo costituì custode ed interprete della verità. [SM=g1740722]
Vi sono oggi pure, e non sono scarsi, coloro i quali, come dice l'Apostolo: "Stimolati nell'orecchio, e non. sostenuti da una sana dottrina, ammucchiano le parole dei maestri secondo i propri desideri e dalle verità si sviano e si lasciano convertire dalle parole" (II Tim. IV, 3, 4).

Infatti tronfi ed imbaldanziti per il grande concetto che hanno dell'umano pensiero, il quale in verità ha raggiunto, la Dio mercè, incredibili progressi nello studio della natura, alcuni, confidando nel proprio giudizio in ispregio dell'autorità della Chiesa, giunsero a tal punto di temerità che non esitarono a voler misurare colla loro intelligenza perfino le profondità dei divini misteri e tutte le verità rivelate, e a volerle adattare al gusto dei nostri tempi. Sorsero di conseguenza i mostruosi errori del Modernismo, che il Nostro Predecessore giustamente dichiarò "sintesi di tutte le eresie" condannandolo solennemente.

Tale condanna, o Venerabili Fratelli, noi qui rinnoviamo in tutta la sua estensione; e poiché un così pestifero contagio non e stato ancora del tutto sradicato, ma, sebbene latente, serpeggia tuttora qua e là, Noi esortiamo che guardisi ognuno con cura dal pericolo di contagio; che ben potrebbe ripetersi di tale peste ciò che di altra cosa disse Giobbe: "È fuoco che divora. fino alla perdizione e che sradica tutti i germi" (Job. XXXI, 12). Né soltanto desideriamo che i cattolici rifuggano dagli errori dei Modernisti, ma anche dalle tendenze dei medesimi, e dal cosiddetto spirito modernistico; dal quale chi rimane infetto, subito respinge con nausea tutto ciò che sappia di antico, e si fa avido e cercatore di novità in ogni singola cosa, nel modo di parlare delle cose divine, nella celebrazione del sacro culto, nelle istituzioni cattoliche e perfino nell'esercizio privato della pietà. Vogliamo dunque che rimanga intatta la nota antica legge: "Nulla si rinnova, se non ciò che è stato, tramandato"; la quale legge, mentre da una parte deve inviolabilmente osservarsi nelle cose di Fede, deve dall'altra servire di norma anche in tutto ciò che va soggetto a mutamento; benché anche in questo valga generalmente la regola: "Non nova, sed noviter"»

(Enc., Ad beatissimi Apostolorum).


Pubblicato da unafides



[Modificato da Caterina63 14/10/2012 21:26]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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Porta Fidei Difendere la vera fede
http://i.picasion.com/pic45/7bd2f2982e1ef3efb872ac4d241c9005.gif


Il Forum Difendere la Vera Fede, interpreta come dono speciale della Divina Provvidenza, l'indizione del santo Padre Benedetto XVI dell'Anno della Fede. [SM=g1740721]

...e vogliamo farlo "nostro"  [SM=g1740733] non soltanto per il provvidenziale titolo del forum che ci richiama a "Difendere questa vera Fede", ma soprattutto a fronte dei tanti amici che ci leggono e che spesso si sono interrogati sulla radice di questa Fede che vogliamo vivere, testimoniare e proclamare seguendo il comando di Gesù Nostro Signore: "Andate e predicate a tutte le genti...."

Se è vero che la Fede NON si impone, è altrettanto vero che Gesù cerca DISCEPOLI nel mondo, li chiama, affinchè si facciano PROCLAMATORI DELLA PAROLA, ma non solo della Parola, come ha spiegato il Santo Padre, ma anche e soprattutto per mezzo dello SPIRITO SANTO che ci autorizza, per mezzo dei Sacramenti e del Mandato ordinato dal Vicario di Cristo, a questo compito....

Ma questo "compito" non è una passeggiata.... esso inizia, infatti, con una vita COERENTE al Messaggio di Cristo.... NESSUNO SI INGANNI! non si possono "scacciare i demoni negli altri" e poi vivere una vita incoerente ai sacrifici che ci sono chiesti, alle rinunzie, al Calvario..... non esiste alcuna Risurrezione senza prima la Crocifissione.... chi scinde le due realtà e vive una vita comoda, scalzata dai principi, NON NEGOZIABILI, fissati dalla LEGGE DI DIO, DA TUTTI E DIECI I COMANDAMENTI e che sono la Legge "naturale", non può essere un autentico  proclamatore del Vangelo...

La GIOIA di cui parliamo non è una Messa in maschera o ballata, o accompagnata con bonghi, chitarre o battimani.... gli INCONTRI ecclesiali che senza dubbio si manifestano, invece, fra canti gioiosi, ci sollecitano maggiormente ad approfittare di questo Anno della Fede per testimoniare la realtà salvifica di una Liturgia, di una santa Messa DECENTE, SACRA, ANTICA E SEMPRE NUOVA, IERI COME OGGI, ACCOMPAGNATA DALLA COMPOSTEZZA, DAL SILENZIO ORANTE, DALL'ADORAZIONE, DALLE GINOCCHIA CHE SI PIEGANO DAVANTI A GESU'-OSTIA-SANTA.....
Riportando il Crocefisso sugli Altari come richiede Benedetto XVI affinchè si concretizzi veramente in noi Colui che è l'oggetto della nostra FEDE: Gesù Cristo + , nostro Signore e nostro Dio.

Se nella Messa continuiamo a fare CHIASSO.... non capiremo mai la dimensione TRASCENDENTE nella quale partecipano TUTTI I SANTI E LE ANIME DEL PURGATORIO che attraverso i Suffragi vengono liberate....

La Messa vera


La GIOIA è piuttosto quella DI PROCLAMARE CRISTO-DIO NELLA SOFFERENZA, NEI SACRIFICI, NELLE RINUNCIE A QUESTO MONDO FALSO CHE IMPONE LEGGI DEVASTANTI CONTRO L'UOMO...san Giovanni Bosco ci rammenta il sogno delle due Colonne per mezzo delle quali la Chiesa NON si perderà e i fedeli troveranno pace e ristoro: L'EUCARISTIA E LA DEVOZIONE A MARIA SANTISSIMA....

Per tale evento di Grazia, abbiamo aperto una nuova sezione che seguirà, a Dio piacendo, questo Anno benedetto fin da oggi..... [SM=g1740733] cliccando qui: ANNO DELLA FEDE 

troverete materiale ESCLUSIVAMENTE DAL MAGISTERO ECCLESIALE (ossia dei Vescovi della Chiesa, dei Santi e Dottori) E DAL MAGISTERO PONTIFICIO (ossia i Documenti di TUTTI i Papi che si sono succeduti) che inseriremo un poco alla volta per il nostro ammaestramento nella VERITA' e per l'edificazione di tutti....

Vi raccomandiamo un Anno DI PREGHIERA ANCORA PIU' SPECIALE.... perchè senza la Preghiera ogni iniziativa o resta sterile o produce frutti acerbi.... La Confessione, la santa Messa con l'Eucaristia presa in stato di grazia, e il santo Rosario quotidiano, ci diventino VERO PANE CHE SAZIA e quel pane che Gesù sa meravigliosamente moltiplicare.....

Vi raccomandiamo infine, di Pregare in modo speciale per il Santo Padre....

OREMUS PRO PONTIFICE NOSTRO: BENEDICTO

Oremus pro Pontifice nostro Benedicto
Dominus conservet eum et vivificet eum et
beatum faciat eum in terra et non tradat eum in animam inimicorum eius


Preghiamo per il Papa Benedetto.
Il Signore Lo conservi, Gli doni vita e salute,
Lo renda felice sulla terra
e Lo preservi da ogni male.
Amen.


[SM=g1740717] Gesù benedice


[SM=g1740750] [SM=g1740752]





[Modificato da Caterina63 17/10/2011 20:03]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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25/08/2012 16:33
 
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Verità da credere e verità da accettare


La lettera del Papa Ad tuendam fidem intende difendere non solo tutto ciò che è riconosciuto come rivelato (veritates credendae), ma anche quanto la Chiesa propone in modo definitivo (veritates tenendae)


di Gianni Baget Bozzo da 30giorni 1998


Una espressione come ad tuendam fidem in un documento vaticano colpisce da sola: da quanti decenni non si diceva più che la fede va difesa, che essa è principio di identità prima che di dialogo, di differenza prima che di combinazione. Essere cattolico è diventata una particolarità etnica o un titolo in disuso, insomma la memoria del passato.

L’Ad tuendam fidem è una lettera di Giovanni Paolo II che, di per sé, sembra avere un obiettivo modesto: l’aggiunta di un canone al vigente Codice di diritto canonico. Nessuno può sottovalutare il ruolo del diritto canonico nella Chiesa cattolica, infine non è mai accaduto che una questione di carattere dottrinale fosse posta e risolta in un articolo del Codice. Ma qui il caso è diverso. Questo articolo è una parte della Professione di fede, elaborata dalla Congregazione per la dottrina della fede, del 1989 e chiesta a coloro che assumono nella Chiesa incarichi di governo e di ricerca.

La Professione distingue le verità che la Chiesa, con Magistero ordinario e solenne, propone come rivelate dalle verità circa la dottrina che riguarda la fede e i costumi proposti dalla Chiesa in modo definitivo. Nella Professione a questa posizione non corrispondeva alcuna nota teologica. E di essa non vi era cenno nel vigente Codice canonico. Questa volta il problema è definito con chiarezza: «Queste verità, che nella esplorazione della dottrina cattolica esprimono una particolare ispirazione dello Spirito di Dio per la comprensione più profonda della Chiesa di una qualche verità che riguarda la fede o i costumi, sono connesse sia per ragioni storiche sia come logica conseguenza». Così il canone 750 si arricchisce di un secondo comma che aggiunge una nota teologica precisa: «Si oppone dunque alla dottrina della Chiesa cattolica chi rifiuta le medesime proposizioni da tenersi definitivamente».

E il canone dottrinale trae con sé un cambiamento in un canone penale: il canone 1371 del Codice, che ora recita: «Sia punito con giusta pena chi […] insegna una dottrina condannata dal Romano Pontefice o dal Concilio ecumenico oppure respinge pertinacemente la dottrina di cui nel can. 750 § 2 o nel can. 752, ed ammonito dalla Sede apostolica o dall’Ordinario non ritratta».

[SM=g1740733] Il commento del cardinale Ratzinger alla lettera apostolica nella nota illustrativa fa una affermazione molto precisa su queste verità non definite come rivelate ma necessarie per custodire la fede: «Chi le negasse assumerebbe una posizione di rifiuto di verità della dottrina cattolica e pertanto non sarebbe più in piena comunione con la Chiesa cattolica».

Ratzinger esprime la differenza tra le verità rivelate e quelle ad esse connesse come tra
veritates credendae e veritates tenendae (da credersi e da accettarsi). Ratzinger scende anche a esemplificazioni di veritates tenendae. E la prima è la esclusione delle donne dai ministeri sacerdotali. Ratzinger afferma che la coscienza della Chiesa potrebbe «progredire fino a definire tale dottrina da credersi come divinamente rivelata».

Già commentando la lettera apostolica di Giovanni Paolo II
Ordinatio sacerdotalis (1995), sul sacerdozio femminile, Ratzinger aveva evocato, però senza definirle, queste veritates tenendae senza essere formalmente rivelate. Ora la categoria si è affinata e fatta più precisa. E tra le altre veritates tenendae il commento di Ratzinger sottolinea l’illiceità dell’eutanasia, l’illiceità della prostituzione e l’illiceità della fornicazione. Ma tra le verità connesse alla rivelazione per ragioni storiche il commento di Ratzinger include la lettera Apostolicae curae di Leone XIII sulla invalidità delle ordinazioni anglicane «absolutely false and utterly voids».


Ci sono delle conseguenze implicite evidenti del testo: ed è singolare che non siano state colte. Si vede che quella dei vaticanologi è una professione in disarmo. Ma vediamone alcune. Dopo decenni di attività l’Arcic, la commissione cattolico-anglicana, aveva ottenuto larghi consensi ma non era mai giunta a conclusioni accettate dalle Chiese. La lettera apostolica segna la fine delle relazioni speciali con la Chiesa d’Inghilterra. Del resto la Chiesa d’Inghilterra aveva già tratto le sue conseguenze dell’ordinazione di donne al ministero sacerdotale. Le cinque province anglicane della Chiesa d’Inghilterra affermano che la successione apostolica dei vescovi non è costitutiva dell’identità di Chiesa e sono oggi in piena comunione con le Chiese luterane. La condanna del sacerdozio femminile e il ribadimento della invalidità delle ordinazioni anglicane fanno sì che ormai, per Roma, la Chiesa anglicana sia semplicemente una Chiesa protestante.

Ma ancora di maggior rilievo è la condizione in cui sono posti i gruppi intercattolici che chiedono l’ordinazione femminile, come il gruppo “Noi siamo Chiesa”. Il dissenso cattolico degli anni Sessanta e Settanta aveva una forte dimensione politica e sociale, una carica rivoluzionaria, che oggi il nuovo dissenso cattolico ha perduto. Tuttavia, proprio per il suo oggetto limitato, relativo quasi esclusivamente alla istituzione ecclesiale, il nuovo dissenso cattolico potrebbe mantenere le sue dimensioni organizzative e caratterizzare uno scisma non proclamato.

Va dato anche rilievo ad un altro atto, dovuto al cardinale Ratzinger, cioè la risposta della Chiesa cattolica alla dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione da parte della Federazione luterana mondiale e del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani.
Sulla stampa e sulle varie pubblicazioni specializzate in ecumenismo, la dichiarazione congiunta è stata presentata come un accordo globale tra cattolici e luterani sulla giustificazione, il tema fondamentale che ha determinato la divisione della riforma luterana dalla Chiesa cattolica. Ma la risposta della Congregazione per la dottrina della fede mostra come le differenze cattolico-luterane rimangano intatte. Afferma che il «simul iustus et peccator», nel suo senso luterano, non può essere accettato dalla Chiesa cattolica. Ed il testo del cardinale Ratzinger segue toccando altri punti che tutti dipendono dal sistema luterano per cui l’uomo non riceve la vita divina nel battesimo, ma solo non gli è imputato il peccato che pur rimane in lui.

Così la negazione del valore delle opere del cristiano in grazia (san Tommaso le diceva «più opere dello Spirito Santo che nostre») viene respinta dal cardinale che ribadisce il valore del sacramento della penitenza. [SM=g1740733]

E la “risposta” sostiene che i punti su cui la Chiesa cattolica si differenzia dalle posizioni luterane ricadono ancora sotto le condanne del Concilio di Trento.
Dal Vaticano escono spesso documenti scritti in burocratese ecclesiale in cui è difficile intendere sia quello che dicono sia quello che non dicono, quello a cui alludono. Questo è invece lo stile bello e diretto che, sino agli anni Sessanta, era stato il modo e la forza della Santa Sede.
Ma si può pensare, dopo quaranta anni di ecumenismo, che la miglior via per l’unità dei cristiani sia il franco riconoscimento delle differenze piuttosto che formule di concordia destinate ad abortire perché sentite, dall’una e dall’altra parte, come prive della “propria” verità.

[SM=g1740722]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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25/08/2012 16:34
 
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Nota dottrinale illustrativa della formula conclusiva della Professio fidei


1. Fin dai suoi inizi la Chiesa ha professato la fede nel Signore crocifisso e risorto, raccogliendo in alcune formule i contenuti fondamentali del suo credere. L’evento centrale della morte e risurrezione del Signore Gesù, espresso prima con formule semplici e in seguito con formule più compiute1, ha permesso di dare vita a quella ininterrotta proclamazione di fede, in cui la Chiesa ha trasmesso sia quanto aveva ricevuto dalle labbra e dalle opere di Cristo, sia quanto aveva imparato «per suggerimento dello Spirito Santo»2. Lo stesso Nuovo Testamento è testimone privilegiato della prima professione proclamata dai discepoli, immediatamente dopo gli avvenimenti di Pasqua: «Vi ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici»3.

2. Nel corso dei secoli, da questo nucleo immutabile che attesta Gesù Figlio di Dio e Signore, si sono sviluppati simboli a testimonianza dell’unità della fede e della comunione delle Chiese. In essi si raccolgono le verità fondamentali che ogni credente è tenuto a conoscere e professare. È per questo che prima di ricevere il battesimo, il catecumeno deve emettere la sua professione di fede. Anche i padri radunati nei concili, venendo incontro alle diverse esigenze storiche che richiedevano di presentare più compiutamente le verità di fede o di difenderne l’ortodossia, hanno formulato nuovi simboli che occupano fino ai nostri giorni «un posto specialissimo nella vita della Chiesa»4. La diversità di questi simboli esprime la ricchezza dell’unica fede e nessuno di essi viene superato o vanificato dalla formulazione di una ulteriore professione di fede in corrispondenza a nuove situazioni storiche.

3. La promessa di Cristo Signore di donare lo Spirito Santo, il quale «guiderà alla verità tutta intera»5, sostiene perennemente il cammino della Chiesa. È per questo che nel corso della sua storia alcune verità sono state definite come ormai acquisite per l’assistenza dello Spirito Santo e sono pertanto tappe visibili del compimento della promessa originaria. Altre verità, comunque, devono essere ancora più profondamente comprese, prima di poter giungere al pieno possesso di quanto Dio, nel suo mistero di amore, ha voluto rivelare agli uomini per la loro salvezza6.
Nella sua cura pastorale, anche di recente la Chiesa ha creduto opportuno esprimere in maniera più esplicita la fede di sempre. Ad alcuni fedeli, inoltre, chiamati ad assumere particolari uffici nella comunità a nome della Chiesa, è stato fatto obbligo di emettere pubblicamente la professione di fede secondo la formula approvata dalla Sede apostolica7.

4. Questa nuova formula della Professio fidei, che ripropone il Simbolo niceno-costantinopolitano, si conclude con l’aggiunta di tre proposizioni o commi, che hanno lo scopo di meglio distinguere l’ordine delle verità a cui il credente aderisce. Merita di essere esplicitata la coerente spiegazione di questi commi, perché il loro significato originario dato dal Magistero della Chiesa sia ben capito, recepito e conservato in modo integro.
Nell’accezione odierna si sono venuti a condensare intorno al termine “Chiesa” diversi contenuti che, pur veri e coerenti, hanno bisogno tuttavia di essere precisati nel momento in cui si fa riferimento a funzioni specifiche e proprie dei soggetti che in essa operano. A tal proposito, è chiaro che sulle questioni di fede o di morale il soggetto unico abilitato a svolgere l’ufficio di insegnare con autorità vincolante per i fedeli è il Sommo Pontefice e il Collegio dei vescovi in comunione con lui8. I vescovi infatti sono «dottori autentici» della fede, «cioè rivestiti dell’autorità di Cristo»9, poiché per divina istituzione sono succeduti agli apostoli «nel magistero e nel governo pastorale»: essi esercitano insieme con il Romano Pontefice la suprema e piena potestà su tutta la Chiesa, sebbene questa potestà non possa essere esercitata se non consenziente il Romano Pontefice10.

5. Con la formula del primo comma: «Credo pure con ferma fede tutto ciò che è contenuto nella Parola di Dio scritta o trasmessa e che la Chiesa, sia con giudizio solenne sia con Magistero ordinario e universale, propone a credere come divinamente rivelato», si vuole affermare che l’oggetto insegnato è costituito da tutte quelle dottrine di fede divina e cattolica che la Chiesa propone come divinamente e formalmente rivelate e, come tali, irreformabili11.
Tali dottrine sono contenute nella Parola di Dio scritta o trasmessa e vengono definite con un giudizio solenne come verità divinamente rivelate o dal Romano Pontefice quando parla “ex cathedra” o dal Collegio dei vescovi radunato in concilio, oppure vengono infallibilmente proposte a credere dal Magistero ordinario e universale.
Queste dottrine comportano da parte di tutti i fedeli l’assenso di fede teologale. Per tale ragione chi ostinatamente le mettesse in dubbio o le dovesse negare, cadrebbe nella censura di eresia, come indicato dai rispettivi canoni dei Codici canonici12.

6. La seconda proposizione della Professio fidei afferma: «Fermamente accolgo e ritengo anche tutte e singole le verità circa la dottrina che riguarda la fede o i costumi proposte dalla Chiesa in modo definitivo». L’oggetto che viene insegnato con questa formula comprende tutte quelle dottrine attinenti al campo dogmatico o morale13, che sono necessarie per custodire ed esporre fedelmente il deposito della fede, sebbene non siano state proposte dal Magistero della Chiesa come formalmente rivelate.
Tali dottrine possono essere definite in forma solenne dal Romano Pontefice quando parla “ex cathedra” o dal Collegio dei vescovi radunato in concilio, oppure possono essere infallibilmente insegnate dal Magistero ordinario e universale della Chiesa come «sententia definitive tenenda»14. Ogni credente, pertanto, è tenuto a prestare a queste verità il suo assenso fermo e definitivo, fondato sulla fede nell’assistenza dello Spirito Santo al Magistero della Chiesa, e sulla dottrina cattolica dell’infallibilità del Magistero in queste materie15. Chi le negasse, assumerebbe una posizione di rifiuto di verità della dottrina cattolica16 e pertanto non sarebbe più in piena comunione con la Chiesa cattolica.

7. Le verità relative a questo secondo comma possono essere di natura diversa e rivestono quindi un carattere differente per il loro rapportarsi alla rivelazione. Esistono, infatti, verità che sono necessariamente connesse con la rivelazione in forza di un rapporto storico; mentre altre verità evidenziano una connessione logica, la quale esprime una tappa nella maturazione della conoscenza, che la Chiesa è chiamata a compiere, della stessa rivelazione. Il fatto che queste dottrine non siano proposte come formalmente rivelate, in quanto aggiungono al dato di fede elementi non rivelati o non ancora riconosciuti espressamente come tali, nulla toglie al loro carattere definitivo, che è richiesto almeno dal legame intrinseco con la verità rivelata. Inoltre non si può escludere che ad un certo punto dello sviluppo dogmatico, l’intelligenza tanto delle realtà quanto delle parole del deposito della fede possa progredire nella vita della Chiesa e il Magistero giunga a proclamare alcune di queste dottrine anche come dogmi di fede divina e cattolica.

8. Per quanto riguarda la natura dell’assenso dovuto alle verità proposte dalla Chiesa come divinamente rivelate (1° comma) o da ritenersi in modo definitivo (2° comma), è importante sottolineare che non vi è differenza circa il carattere pieno e irrevocabile dell’assenso, dovuto ai rispettivi insegnamenti. La differenza si riferisce alla virtù soprannaturale della fede: nel caso delle verità del 1° comma l’assenso è fondato direttamente sulla fede nell’autorità della Parola di Dio (dottrine de fide credenda); nel caso delle verità del 2° comma, esso è fondato sulla fede nell’assistenza dello Spirito Santo al Magistero e sulla dottrina cattolica dell’infallibilità del Magistero (dottrine de fide tenenda).

9. Il Magistero della Chiesa, comunque, insegna una dottrina da credere come divinamente rivelata (1° comma) o da ritenere in maniera definitiva (2° comma), con un atto definitorio oppure non definitorio. Nel caso di un atto definitorio, viene definita solennemente una verità con un pronunciamento “ex cathedra” da parte del Romano Pontefice o con l’intervento di un concilio ecumenico. Nel caso di un atto non definitorio, viene insegnata infallibilmente una dottrina dal Magistero ordinario e universale dei vescovi sparsi per il mondo in comunione con il Successore di Pietro. Tale dottrina può essere confermata o riaffermata dal Romano Pontefice, anche senza ricorrere ad una definizione solenne, dichiarando esplicitamente che essa appartiene all’insegnamento del Magistero ordinario e universale come verità divinamente rivelata (1° comma) o come verità della dottrina cattolica (2° comma). Di conseguenza, quando su una dottrina non esiste un giudizio nella forma solenne di una definizione, ma questa dottrina, appartenente al patrimonio del depositum fidei, è insegnata dal Magistero ordinario e universale – che include necessariamente quello del Papa –, essa allora è da intendersi come proposta infallibilmente17. La dichiarazione di conferma o riaffermazione da parte del Romano Pontefice in questo caso non è un nuovo atto di dogmatizzazione, ma l’attestazione formale di una verità già posseduta e infallibilmente trasmessa dalla Chiesa.

10. La terza proposizione della Professio fidei afferma: «Aderisco inoltre con religioso ossequio della volontà e dell’intelletto agli insegnamenti che il Romano Pontefice o il Collegio episcopale propongono quando esercitano il loro Magistero autentico, sebbene non intendano proclamarli con atto definitivo».
A questo comma appartengono tutti quegli insegnamenti – in materia di fede o morale – presentati come veri o almeno come sicuri, anche se non sono stati definiti con giudizio solenne né proposti come definitivi dal Magistero ordinario e universale. Tali insegnamenti sono comunque espressione autentica del Magistero ordinario del Romano Pontefice o del Collegio episcopale e richiedono, pertanto, l’ossequio religioso della volontà e dell’intelletto18. Sono proposti per raggiungere un’intelligenza più profonda della rivelazione, ovvero per richiamare la conformità di un insegnamento con le verità di fede, oppure infine per mettere in guardia contro concezioni incompatibili con queste stesse verità o contro opinioni pericolose che possono portare all’errore19.
La proposizione contraria a tali dottrine può essere qualificata rispettivamente come erronea oppure, nel caso degli insegnamenti di ordine prudenziale, come temeraria o pericolosa e quindi «tuto doceri non potest»20.

11. Esemplificazioni. Senza alcuna intenzione di esaustività o completezza, si possono ricordare, a scopo meramente indicativo, alcuni esempi di dottrine relative ai tre commi sopra esposti.
Alle verità del primo comma appartengono gli articoli di fede del Credo, i diversi dogmi cristologici21 e mariani22; la dottrina dell’istituzione dei sacramenti da parte di Cristo e la loro efficacia quanto alla grazia23; la dottrina della presenza reale e sostanziale di Cristo nell’eucaristia24 e la natura sacrificale della celebrazione eucaristica25; la fondazione della Chiesa per volontà di Cristo26; la dottrina sul primato e sull’infallibilità del Romano Pontefice27; la dottrina sull’esistenza del peccato originale28; la dottrina sull’immortalità dell’anima spirituale e sulla retribuzione immediata dopo la morte29; l’assenza di errore nei testi sacri ispirati30; la dottrina circa la grave immoralità dell’uccisione diretta e volontaria di un essere umano innocente31.
Per quanto riguarda le verità del secondo comma, con riferimento a quelle connesse con la rivelazione per necessità logica, si può considerare, ad esempio, lo sviluppo della conoscenza della dottrina legata alla definizione dell’infallibilità del Romano Pontefice, prima della definizione dogmatica del Concilio Vaticano I. Il primato del Successore di Pietro è stato sempre creduto come un dato rivelato, sebbene fino al Vaticano I fosse rimasta aperta la discussione se l’elaborazione concettuale sottesa ai termini di «giurisdizione» e «infallibilità» fosse da considerarsi parte intrinseca della rivelazione o soltanto conseguenza razionale. Comunque, anche se il suo carattere di verità divinamente rivelata fu definito nel Concilio Vaticano I, la dottrina sull’infallibilità e sul primato di giurisdizione del Romano Pontefice era riconosciuta come definitiva già nella fase precedente al Concilio. La storia mostra pertanto con chiarezza che quanto fu assunto nella coscienza della Chiesa era considerato fin dagli inizi una dottrina vera e, successivamente, ritenuta come definitiva, ma solo nel passo finale della definizione del Vaticano I fu accolta anche come verità divinamente rivelata.
Per quanto concerne il più recente insegnamento circa la dottrina sulla ordinazione sacerdotale da riservarsi soltanto agli uomini, si deve osservare un processo similare. Il Sommo Pontefice, pur non volendo procedere fino a una definizione dogmatica, ha inteso riaffermare, comunque, che tale dottrina è da ritenersi in modo definitivo32, in quanto, fondata sulla Parola di Dio scritta, costantemente conservata e applicata nella Tradizione della Chiesa, è stata proposta infallibilmente dal Magistero ordinario e universale33. Nulla toglie che, come l’esempio precedente può dimostrare, nel futuro la coscienza della Chiesa possa progredire fino a definire tale dottrina da credersi come divinamente rivelata.
Si può anche richiamare la dottrina circa l’illiceità della eutanasia, insegnata nell’enciclica Evangelium vitae. Confermando che l’eutanasia è «una grave violazione della legge di Dio», il Papa dichiara che «tale dottrina è fondata sulla legge naturale e sulla Parola di Dio scritta, è trasmessa dalla Tradizione della Chiesa ed insegnata dal Magistero ordinario e universale»34. Potrebbe sembrare che nella dottrina sull’eutanasia vi sia un elemento puramente razionale, dato che la Scrittura non sembra conoscerne il concetto. D’altra parte emerge in questo caso la mutua interrelazione tra l’ordine della fede e quello della ragione: la Scrittura infatti esclude con chiarezza ogni forma di autodisposizione dell’esistenza umana che è invece supposta nella prassi e nella teoria dell’eutanasia.
Altri esempi di dottrine morali insegnate come definitive dal Magistero ordinario e universale della Chiesa sono: l’insegnamento sulla illiceità della prostituzione35 e sulla illiceità della fornicazione36.
Con riferimento alle verità connesse con la rivelazione per necessità storica, che sono da tenersi in modo definitivo, ma che non potranno essere dichiarate come divinamente rivelate, si possono indicare come esempi la legittimità dell’elezione del Sommo Pontefice o della celebrazione di un concilio ecumenico, le canonizzazioni dei santi (fatti dogmatici); la dichiarazione di Leone XIII nella lettera apostolica Apostolicae curae sulla invalidità delle ordinazioni anglicane37
Come esempi di dottrine appartenenti al terzo comma si possono indicare in generale gli insegnamenti proposti dal Magistero autentico ordinario in modo non definitivo, che richiedono un grado di adesione differenziato, secondo la mente e la volontà manifestata, la quale si palesa specialmente sia dalla natura dei documenti, sia dal frequente riproporre la stessa dottrina, sia dal tenore della espressione verbale38.

12. Con i diversi simboli di fede, il credente riconosce e attesta di professare la fede di tutta la Chiesa. È per questo motivo che, soprattutto nei simboli più antichi, si esprime questa coscienza ecclesiale con la formula «Noi crediamo». Come insegna il Catechismo della Chiesa cattolica: «”Io credo” è la fede della Chiesa professata personalmente da ogni credente, soprattutto al momento del battesimo. “Noi crediamo” è la fede della Chiesa confessata dai vescovi riuniti in concilio o, più generalmente, dall’assemblea liturgica dei credenti. “Io credo”: è anche la Chiesa, nostra Madre, che risponde a Dio con la sua stessa fede e che ci insegna a dire: “Io credo”, “Noi crediamo”»39.
In ogni professione di fede, la Chiesa verifica le diverse tappe cui è giunta nel suo cammino verso l’incontro definitivo con il Signore. Nessun contenuto viene superato dal trascorrere del tempo; tutto, invece, diventa patrimonio insostituibile attraverso il quale la fede di sempre, di tutti e vissuta in ogni luogo, contempla l’azione perenne dello Spirito di Cristo risorto che accompagna e vivifica la sua Chiesa fino a condurla nella pienezza della verità.
Roma, dalla sede della Congregazione per la dottrina della fede, il 29 giugno 1998, solennità dei Santi Pietro e Paolo, apostoli.

Joseph card. Ratzinger
prefetto

Tarcisio Bertone s.d.b.
segretario
arcivescovo emerito di Vercelli





Note
1) Le formule semplici professano, normalmente, il compimento messianico in Gesù di Nazareth; cfr., ad es., Mc 8, 29; Mt 16, 16; Lc 9, 20; Gv 20, 31; At 9, 22. Le formule complesse, oltre alla risurrezione, confessano gli eventi principali della vita di Gesù e il loro significato salvifico; cfr., ad es., Mc 12, 35-36; At 2, 23-24; 1 Cor 15, 3-5; 1 Cor 16, 22; Fil 2, 7. 10-11; Col 1, 15-20; 1 Pt 3, 19-22; Ap 22, 20. Oltre alle formule di confessione di fede relative alla storia della salvezza e alla vicenda storica di Gesù di Nazareth culminata con la Pasqua, esistono nel Nuovo Testamento professioni di fede che riguardano l’essere stesso di Gesù; cfr. 1 Cor 12, 3: «Gesù è il Signore». In Rm 10, 9 le due forme di confessione si trovano riunite insieme.
2) Cfr. Conc. ecum. Vatic. II, cost. dogm. Dei Verbum, n. 7.
3) 1 Cor 15, 3-5.
4) Catechismo della Chiesa cattolica, n. 193.
5) Gv 16, 13.
6) Cfr. Conc. ecum. Vatic. II, cost. dogm. Dei Verbum, n. 11.
7) Cfr. Congregazione per la dottrina della fede, Professione di fede e Giuramento di fedeltà: AAS 81 (1989) 104-106; CIC, can. 833.
8) Cfr. Conc. ecum. Vatic. II, cost. dogm. Lumen gentium, n. 25.
9) Ibidem, n. 25.
10) Cfr. ibidem, n. 22.
11) Cfr. DS 3074.
12) Cfr. CIC cann. 750 e 751; 1364 § 1; CCEO cann. 598; 1436 § 1.
13) Cfr. Paolo VI, lett. enc. Humanae vitae, n. 4: AAS 60 (1968) 483; Giovanni Paolo II, lett. enc. Veritatis splendor, nn. 36-37: AAS 85 (1993) 1162-1163.
14) Cfr. Conc. ecum. Vatic. II, cost. dogm. Lumen gentium, n. 25.
15) Cfr. Conc. ecum. Vatic. II, cost. dogm. Dei Verbum, nn. 8 e 10; Congregazione per la dottrina della fede, dich. Mysterium Ecclesiae, n. 3: AAS 65 (1973) 400-401.
16) Cfr. Giovanni Paolo II, motu proprio Ad tuendam fidem, del 18 maggio 1998.
17) Si consideri che l’insegnamento infallibile del Magistero ordinario e universale non viene proposto soltanto con una dichiarazione esplicita di una dottrina da credersi o da tenersi definitivamente, ma anche è espresso mediante una dottrina implicitamente contenuta in una prassi di fede della Chiesa, derivata dalla rivelazione o comunque necessaria per la salvezza eterna, e testimoniata dalla Tradizione ininterrotta: tale insegnamento infallibile risulta oggettivamente proposto dall’intero corpo episcopale, inteso in senso diacronico, e non solo necessariamente sincronico. Inoltre l’intenzione del Magistero ordinario e universale di proporre una dottrina come definitiva non è generalmente legata a formulazioni tecniche di particolare solennità; è sufficiente che ciò sia chiaro dal tenore delle parole adoperate e dai loro contesti.
18) Cfr. Conc. ecum. Vatic. II, cost. dogm. Lumen gentium, n. 25; Congregazione per la dottrina della fede, istruz. Donum Veritatis, n. 23: AAS 82 (1990) 1559-1560.
19) Cfr. Congregazione per la dottrina della fede, istruz. Donum Veritatis, nn. 23 e 24: AAS 82 (1990) 1559-1561.
20) Cfr. CIC cann. 752; 1371; CCEO, cann. 599; 1436 § 2.
21) Cfr. DS 301-302.
22) Cfr. DS 2803; 3903.
23) Cfr. DS 1601; 1606.
24) Cfr. DS 1636.
25) Cfr. DS 1740; 1743.
26) Cfr. DS 3050.
27) Cfr. DS 3059-3075.
28) Cfr. DS 1510-1515.
29) Cfr. DS 1000-1002.
30) Cfr. DS 3293; Conc. ecum. Vatic. II, cost. dogm. Dei Verbum, n. 11.
31) Cfr. Giovanni Paolo II, lett. enc. Evangelium vitae, n. 57: AAS 87 (1995) 465.
32) Cfr. Giovanni Paolo II, lett. ap. Ordinatio sacerdotalis, n. 4: AAS 86 (1994) 548.
33) Cfr. Congregazione per la dottrina della fede, Risposta al dubbio circa la dottrina della lettera apostolica Ordinatio sacerdotalis: AAS 87 (1995) 1114.
34) Giovanni Paolo II, lett. enc. Evangelium vitae, n. 65: AAS 87 (1995) 477.
35) Cfr. Catechismo della Chiesa cattolica, n. 2355.
36) Cfr. Catechismo della Chiesa cattolica, n. 2353.
37) Cfr. DS 3315-3319.
38) Cfr. Conc. ecum. Vatic. II, cost. dogm. Lumen gentium, n. 25; Congregazione per la dottrina della fede, istruz. Donum Veritatis, nn. 17, 23 e 24: AAS 82 (1990) 1557-1558, 1559-1561.
39) Catechismo della Chiesa cattolica, n. 167.

Testo tratto da L’Osservatore Romano del 30 giugno-1° luglio 1998


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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21/09/2012 21:54
 
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...............il famoso sogno di san Giovanni Bosco, quello delle due colonne (la Madonna e l'Eucarestia)....

A questo punto Don Bosco interroga Don Rua:
— Che cosa pensi di questo sogno?
Don Rua risponde:
— Mi pare che la nave del Papa sia la Chiesa, le navi gli uomini, il mare il mondo. Quelli che difendono la grande nave sono i buoni, affezionati alla Chiesa; gli altri, i suoi nemici che la com battono con ogni sorta di armi.
Le due colonne di salvezza mi sembra che siano la devozione a Maria SS. e al SS. Sacramento del l’Eucaristia.

don Bosco e il sogno delle due Colonne

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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16/10/2012 20:56
 
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Quanto segue merita davvero di essere incorniciato.....

Manuale di autodifesa per "papisti" ignoranti e sessualmente repressi

 
di Marco Mancini 
  
 
 
La Chiesa è intransigente sui princìpi, perché crede, ma è tollerante nella pratica, perché ama. I nemici della Chiesa sono invece tolleranti sui princìpi, perché non credono, ma intransigenti nella pratica, perché non amano (R. Garrigou-Lagrange)
 

 
 
 
Siete papisti? Avete l’imperdonabile colpa di non discostarvi nel vostro pensiero da quanto afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica?Bene, allora sarete sicuramente fragili e insicuri, fissati sulle nozioni che vi hanno inculcato da bambini, ignoranti e incapaci di approfondimento intellettuale. Non a caso, siete tutti di destra e pronti a subire il richiamo di populismi e totalitarismi. Insomma, siete fascisti. Ma non basta: essendo clericali e bigotti, siete pure ipocriti, insoddisfatti e sessualmente repressi. A dirla tutta, non è neanche tanto sicuro che voi siate veramente cristiani.

Quante volte vi sarà capitato di ascoltare certe scempiaggini? Finché a vomitarle sono gli Odifreddi di turno, uno fa una scrollatina di spalle e passa oltre. Come ha scritto Gómez Dávila, “ciò che si pensa contro la Chiesa è privo di interesse, se non lo si pensa da dentro la Chiesa”. Quando, però, ad affermare le enormità di cui sopra sono certi catto-progressisti, come capita ultimamente, bisogna fermarsi un attimo a riflettere. Leggendo le parole di questi “cattolici democratici”, prendendo atto dell’astio con cui vengono vergate, si può anzitutto avere un saggio di ciò che essi intendano con quella “carità evangelica” di cui si riempiono continuamente la bocca. Non che non conoscessimo, d’altra parte, il trattamento di cui sono vittime sacerdoti e fedeli “tradizionalisti”, cioè semplicemente di sana dottrina, nelle diocesi guidate dai loro caporioni. Ma non abbandoniamoci al vittimismo e procediamo oltre.
 
Noi “papisti”, dunque, saremmo chiusi, intolleranti, vincolati a un legalismo fanatico e ipocrita: infatti – è la classica accusa – non siamo stati realmente toccati dalla grazia di Cristo, né illuminati dallo Spirito (viene da pensare che a certa gente troppa “illuminazione” abbia forse fulminato il cervello…). La testolina di questi censori non viene neanche sfiorata dal pensiero che nella storia i “papisti” siano stati accusati, ad esempio da un certo puritanesimo di stampo calvinista, anche dell’esatto contrario, cioè di essere eccessivamente tolleranti, corrivi, condiscendenti. Insomma, decidetevi: siamo troppo rigidi o troppo indulgenti?
 
Il punto è che chi muove queste critiche è lontano anni luce dalla Weltanschauung cattolica, non riesce a cogliere il senso di quella sintesi grandiosa che supera il dualismo degli opposti e che costituisce, come scrisse Chesterton, "il luogo in cui tutte le verità si danno appuntamento". Ho sentito di recente una frase che mi ha molto colpito: chi non ha compreso veramente il dogma (Concilio di Calcedonia, anno 451) dell’unione ipostatica delle due nature di Cristo, vero Dio e vero uomo, ha compreso poco o nulla del Cattolicesimo. Ecco, ho l’impressione che molti di questi cattolici “adulti” abbiano un problema con i fondamentali della Fede, con la cristologia, e per questo fatichino poi a farsi un’idea del resto, vagando nella confusione. Torna attualissima, a riguardo, una delle opere più argute di quel grande cattolico che fu Robert H. Benson, vale a dire i “Paradossi del Cattolicesimo”. Lo so, saggi come questi non escono in omaggio con Famiglia Cristiana (meglio Gandhi, o il Dalai Lama), quindi si può capire che i nostri "cattolici adulti" non li abbiano letti. Scrive dunque Benson che “il Paradosso dell’Incarnazione da solo compendia tutti i fenomeni contenuti nel Vangelo; […] questo supremo Paradosso è la chiave di tutto il resto”.
 
Sul filo di questo paradosso ci muoviamo noi “papisti”. Noi non ci avventiamo contro il peccatore, non scagliamo la prima pietra, semplicemente perché siamo coscienti di non essere a nostra volta senza peccato. Non ci perdiamo in una precettistica di stampo farisaico, come accade in certe agghiaccianti pagine talmudiche o in certe prescrizioni coraniche, perché sappiamo che “il sabato è stato fatto per l’uomo” (Mc 2, 27) e non viceversa e che “la lettera uccide, ma lo Spirito vivifica” (2Cor 3,6). Ma sappiamo anche, al tempo stesso, che Cristo ha detto di essere venuto non a cancellare la legge, ma a darle pieno compimento (Mt 5, 17-19). La sua Grazia ci ha liberato dalla schiavitù della legge e del peccato, ma questo non significa che non esistano più né legge né peccato. 
 
Questo è il più grande dramma del mondo moderno, come aveva già compreso Papa Pio XII: aver perso il senso del peccato. E pare che sia il dramma anche di questi catto-progressisti, quando scambiano la “libertà dei figli di Dio” di cui parla San Paolo con l’anomia. Quando invitano a “ridiscutere” le norme della Chiesa, ad esempio quelle sulla morale sessuale (gira gira, sempre lì si va a parare…) perché “non più sostenibili”. Quando invitano, in perfetto stile maoista, a sparare sul quartier generale, invece di difenderlo. Quando alimentano lo scisma silenzioso che ormai sta attraversando la Chiesa, invece di combattere per essa.
 
Ci accusano spesso di non essere addentro alla "realtà ecclesiale", ma di invadere il dibattito pubblico e il web con la nostra intollerante presenza: verissimo, molti di noi sono “cani sciolti” e ne sono fieri. C’è da disperarsi al pensiero dello stato in cui è ridotto l’associazionismo cattolico, divenuto ormai una fucina di apostati, a volte silenziosi, troppo spesso rumorosissimi. Burocrati che continuano a parlarsi addosso nel chiuso delle sagrestie, invece di essere sale della terra e luce del mondo. Che si sentono in diritto di mettere in discussione punti essenziali del Magistero, perché tanto nulla è “definitivo”, a parte – ovviamente – il Concilio Vaticano II: lì, invece, subentra una qualche forma di feticismo.
 
Non siamo noi “papisti”, ma la Congregazione per la dottrina della Fede a dire che, per esempio, la dottrina cattolica sulla morale sessuale rientra in quel nucleo di verità al quale il fedele cattolico è tenuto a prestare “il suo assenso fermo e definitivo […]. Chi le negasse, assumerebbe una posizione di rifiuto di verità della dottrina cattolica e pertanto non sarebbe più in piena comunione con la Chiesa cattolica”. E noi, da “papisti”, il nostro assenso lo prestiamo consapevolmente, perché sappiamo che non si tratta di moralismo fine a se stesso, ma di qualcosa che ha a che fare con il vero senso dell’essere uomo. Anche se conosciamo perfettamente la nostra debolezza, anche se sappiamo che è difficile resistere alla tentazione e che spesso siamo noi stessi a cadere: ma “laddoveèabbondatoilpeccato, ha sovrabbondatolagrazia” (Rm 5, 20). In questo, come in tanti altri campi, nessuno di noi è un santo (o magari qualcuno sì...), ma non facciamo della nostra colpa un vanto. Quanto ai nostri amici progressisti, sono liberissimi di costruirsi una morale a proprio uso e consumo: comincino però a chiedersi se possano ancora dirsi pienamente cattolici.








C'è una breve storiella su Paperino, il mensile della serie Walt Disney, nella quale, il solito avido Paperon dè Paperoni è alle prese, questa volta, con la ricerca di un prezioso prisma proveniente dallo spazio, perché avrebbe poteri a riguardo delle decisioni da prendere. Una miniera, secondo lui, per poter trarre il solito profitto.

Si reca così, questa volta con Paperina, in un'isola sperduta nell'Oceano, praticamente sconosciuta e nella quale vive un popolo che da secoli e per tradizione fa ricorso al saggio del villaggio per ottenere risposte anche al più piccolo dei problemi: "mi si è rotto il remo, come faccio? Il capo del villaggio è troppo preoccupato con altri problemi, come faccio?"

Paperina resta stupita e gli risponde: "costruisci un altro remo, oppure ripara questo!"

Il povero villano è in estasi per la semplice risposta, ma lentamente Paperina comincia ad intuire che tutto il villaggio era diventato schiavo e dipendente del prisma a tal punto da non saper evadere neppure le più elementari risposte.

Per farla breve, Paperone entra in possesso, legalmente, dell'oggetto e comincia a monopolizzarlo per i suoi affari, anzichè dedicarsi alla gente del villaggio come aveva pattuito.

Finisce così che il prisma si consuma e non da più frutti, mentre la gente del villaggio, costretta a cavarsela da sola, finalmente scopre di avere una testa e decide di farla funzionare, grazie ai suggerimenti di Paperina.

Paperone riparte dall'isola imparando la lezione: che c'è più soddisfazione nel gestirsi la propria vita usando la ragione, anzichè dipendere da un oggetto sconosciuto, immateriale, freddo, privo di ogni sensibilità.

 

Fin qui la storiella.

Venendo alla rete, così come ai nostri comportamenti nel mondo, vorremmo dare non dei consigli al posto delle vostre coscienze (ecco la morale della storiella), ma offrire degli spunti che potrete dare alle vostre coscienze e tentare di trarne maggiori benefici.

   

 



[Modificato da Caterina63 13/01/2014 18:09]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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19/12/2013 11:57
 
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 A chi opera nella rete, suggerisco questa preghiera tratta dal Salmo ;-)

Canterò senza fine la tua gloria, Signore.

Sii Tu la mia roccia,
una dimora sempre accessibile;
hai deciso di darmi salvezza:
davvero mia rupe e mia fortezza Tu sei!
Mio Dio, liberami dalle mani del malvagio.

Sei Tu, mio Signore, la mia speranza,
la mia fiducia, Signore, fin dalla mia giovinezza.
Su di Te mi appoggiai fin dal grembo materno,
dal seno di mia madre sei Tu il mio sostegno.

Verrò a cantare le imprese del Signore Dio:
farò memoria della Tua giustizia, di Te solo.
Fin dalla giovinezza, o Dio, mi hai istruito
e oggi ancora proclamo le tue meraviglie.

24 gennaio 2005: 10° anniversario della Lettera Apostolica Il rapido sviluppo di Papa Giovanni Paolo II

http://www.vatican.va/images/24gennaio15.png 



    



[Modificato da Caterina63 24/01/2015 11:58]
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  1914-2014 si avvia il Centenario della morte di san Pio X e....

Amici, anche noi desideriamo offrirvi il "nostro" Calendario dato che questo sito-forum - Difendere la vera fede - è da sempre dedicato a San Pio X che riteniamo nostro Santo Patrono....  salvando le immagini potrete stamparlo dato che la grandezza è quella standar per un normale calendario..... CLICCATE QUI PER LINK

Un calendario che ci accompagni in questo Anno di grazia attraverso il ricco Magistero di San Pio X
E con questo vi saluto tutti, ci rileggeremo con l'Anno Nuovo !











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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Post-verità, Fabris: mai rassegnarsi alle "balle mediatiche"


Dibattito sulla post-verità che corre sul web - AFP

Dibattito sulla post-verità che corre sul web - AFP





09/01/2017 




False notizie, fake news, bufale corrono sulla rete da sempre, ma il dibattito sulla cosiddetta "post-verità" si accende ad ondate su giornali, tv, siti e social quando emergono casi più eclatanti o prese di posizione di leader politici su come ordinare o lasciare nel caos l’universo internet. Roberta Gisotti ha intervistato Adriano Fabris, docente di Etica della comunicazione all’Università di Pisa




D. - Prof. Fabris, tanti i modi per definire bugie, scorrettezze, infamie o anche spam e spazzatura, che vengono sversate in rete. Dobbiamo davvero rassegnarci a vivere in una terra di nessuno, senza regole e valori, diritti e doveri uguali per tutti?


R. – Molte persone vorrebbero questo: che ci rassegnassimo e abbandonassimo la possibilità di distinguere il vero dal falso. Questo farebbe comodo a coloro che vorrebbero proporci una realtà a loro misura, che vorrebbero convincerci che ci sono cose che in realtà non esistono e che incidono nella nostra vita. Io credo che questa sia una delle frontiere che davvero noi dobbiamo continuare a presidiare e che distingue il vero dal falso. Noi abbiamo bisogno di recuperare un concetto di verità, che certamente va modificato, anche in relazione ai nuovi mondi che ci vengono offerti dalle nuove tecnologie. Il tema della verità, con maggior forza nell’epoca delle “balle mediatiche”, deve essere riproposto all’attenzione di tutti.


D. – Diverse le ipotesi per ordinare il web sempre naufragate, perché ritenute – a torto o a ragione – censorie. Tra le ultime quelle di Giovanni Pitruzzella, presidente dell’anti-trust, che ha chiesto una Rete indipendente di agenzie nazionali; e poi quella del leader politico Grillo, che ha suscitato tante polemiche, che ha invocato una giuria popolare. Insomma tanto rumore e poi nulla?


R. – Effettivamente è difficile regolamentare il web dall’alto, perché l’ambiente di Internet è transnazionale; mentre la regolamentazione, il più delle volte, avviene su scala nazionale. Ogni tanto viene fuori l’idea di delegare all’Onu una regolamentazione: ma se l’efficacia dell’Onu è quella che spesso si vede all’opera, certamente non è forse la soluzione migliore… Io credo che una regolamentazione sia indispensabile e sia richiesta e questo lo vediamo anche da tante, tante esperienze di abusi del web. Solo che se non può provenire dall’alto, se magari sa fin troppo di censura o di Grande Fratello una regolamentazione imposta, deve sicuramente esserci e venire dal basso, dalla sensibilità etica delle persone, da quella che è una necessaria educazione all’uso delle nuove tecnologie.


D. – Professore, non so da quanti anni si parla ormai di “media education” per abituare, appunto, le nuove generazione – ma ormai tutti quanti – all’uso di questi strumenti, che fanno parte della vita ordinaria delle persone. A che punto siamo?


R. – Purtroppo non siamo molto avanti, perché si scambia l’educazione all’uso dei media con la capacità di adattarsi, sempre meglio e sempre di più, ai nuovi strumenti comunicativi o alle loro possibilità. Non è questo! Non è l’educazione all’utilizzo, ma al significato, alle conseguenze; alle responsabilità che noi abbiamo nell’utilizzo di uno strumento comunicativo ciò a cui dobbiamo essere educati. E soprattutto devono essere educate le giovani generazioni, che sono quelle che più immediatamente e senza filtri vengono inserite in questi nuovi ambienti in questa dinamica.


D. – Forse, che ci sia anche una informazione più veritiera su tutte le ricerche che sono state già fatte sugli effetti negativi di un uso distorto o un abuso dei nuovi media…


R. – E’ chiaro che attrae molto di più e fa molta più audience una notizia scandalosa, una notizia che allarma, una notizia anche esagerata, se non addirittura falsa. E questo perché, soprattutto su lanciata sul web, viene anche diffusa – come si dice – in maniera virale. Però siamo noi che utilizziamo il web e quindi siamo noi che poi, alla fine, possiamo anzi dobbiamo decidere sulla validità o meno di qualcosa. Il punto, però, è che noi possiamo e dobbiamo decidere se ne abbiamo le competenze: certo il web, da un punto di vista di divulgazione, ha una potenzialità di incremento della democrazia notevole. Il problema è che la democrazia, però, non ci mette tutti sullo stesso piano: abbiamo competenze diverse e possiamo giudicare, decidere e far conoscere anche agli altri quelle che sono le nostre decisioni grazie al web, ma sulla base delle conoscenze e delle competenze che ciascuno di noi ha.






 

[Modificato da Caterina63 10/01/2017 14:25]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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