A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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Cosa vuol dire VICARIO di Cristo usato per il Papa?

Ultimo Aggiornamento: 09/05/2012 15:39
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26/11/2008 14:31
 
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.........in quale versetto della Bibbia c'è scritto che il Papa è il Vicario di Cristo? [SM=g27988]

effettivamente LETTERALMENTE non è scritto da nessuna parte "Vicario di Cristo"....ma se è per questo anche il termine "Santissima Trinità" o il termine "Bibbia" non sono scritti letteralmente nella Scrittura....ergo, cosa ne dovremo dedurre?

Tu es Petrus, et super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam,et portae inferi non praevalebunt adversum eam.Et tibi dabo claves regni coelorum.Et quodcumque ligaveris super terram, erit legatum et in coelis;Et quodcumque solveris super terram, erit solutum et in coelis.(Mt 16, 18-19)

TU SEI PIETRO E SU QUESTA PIETRA EDIFICHERO' LA MIA CHIESA....La fonte della rivelazione non è soltanto la Scrittura.
Anche la Tradizione è rivelazione. Lo insegna san Paolo: ATTIENITI ALLA TRADIZIONE CHE HAI APPRESO DA ME SIA A VOCE QUANTO SCRITTA.....
.....



Che cosa vuol dire VICARIO?

Colui che fa le veci di un altra Persona.....

Cristo non governa la sua Chiesa allora?
SI, solo che ha deciso di operare attraverso ALTRI attraverso PIETRO...dove sta scritto? in Luca 22,33
Io ho pregato per te e tu una volta ravveduto conferma gli altri nella fede..... la cosa avviene alla presenza di tutti, ma Cristo cambiando il nome a Pietro da questo ORDINE SOLO A LUI......

Gesù dunque PREGA PER PIETRO e a Pietro affida l'autorità di CONFERMARE GLI ALTRI nella fede comune in LUI, nel Cristo...

Essere Vicario è infatti UN UFFICIO e non una presidenza politica o regale, ogni regalità è rivolta al Capo della Chiesa che è il Cristo.....e guarda il caso alla lavanda dei piedi il colloquio più significativo è solo con Pietro a nome di tutti... [SM=g27988]

....idem in Gv.6....al termine della questione eucaristica è Pietro che parla e fa una professione di fede a nome di tutti: SIGNORE, DA CHI ANDREMO? parla al plurale.....

Essere Vicario è l'applicazione di un Ufficio.....non altro, di conseguenza ci sono molti esempi del Cristo in questa direzione del dare, cioè, UN UFFICIO-INCARICO a Pietro da mandare avanti insieme, POI, al collegio degli Apostoli....qualche esempio?
alla Pentecoste, prende la parola Pietro....
Confermazione con l'imposizione delle mani, Pietro a casa di Cornelio riceve la rivelazione di come fare.....
Primo Concilio di Gerusalemme....parlano tutti, alla fine chi conclude e chi da direttive è Pietro, seguito poi da Giovanni....
Galati capitolo 2, Paolo va da CEFA.....e da lui e Giovanni riceve la CONFERMA......poi Paolo farà pure un rimprovero a Pietro ma per la sua DEBOLEZZA... e tuttavia anche Paolo si adeguerà alla scelta di Pietro [SM=g27988]

Infine....dopo la morte degli Apostoli cosa succede? ce lo dice Ireneo....sant'Ireneo Padre della Chiesa....che scrive così della Chiesa di Roma:
Con questa Chiesa, per la sua esimia superiorità, deve accordarsi la Chiesa universale, cioè i fedeli che sono ovunque” (III, 3, 2-3).

ad essere più esplicito è san Girolamo....
Ho deciso di consultare la cattedra di Pietro, dove si trova quella fede che la bocca di un Apostolo ha esaltato; vengo ora a chiedere un nutrimento per la mia anima lì, dove un tempo ricevetti il vestito di Cristo. Io non seguo altro primato se non quello di Cristo; per questo mi metto in comunione con la tua beatitudine, cioè con la cattedra di Pietro. So che su questa pietra è edificata la Chiesa” (Le lettere I, 15,1-2).

ALCUNI PASSI BIBLICI SUL PAPA



Isaia 22, 20-22: “In quel giorno il Signore manderà il suo servo Eliakim, figlio di Chelkia; gli farà indossare la tua veste, gli metterà ai fianchi la tua cintura, darà a lui il tuo potere. Egli sarà come un padre per il popolo di Gerusalemme e di Giuda. Gli darà piena autorità sul palazzo di Davide. Gli consegnerà le chiavi: se aprirà nessuno potrà chiudere, se chiuderà nessuno potrà aprire”

Giovanni 21, 15: Quand'ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti amo». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». 16 Gli disse di nuovo: «Simone di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti amo». Gli disse: «Pasci le mie pecorelle». 17 Gli disse per la terza volta: «Simone di Giovanni, mi ami?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli dicesse: Mi ami?, e gli disse: «Signore, tu sai tutto; tu sai che ti amo». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecorelle. 18 In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi». 19 Questo gli disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E detto questo aggiunse: «Seguimi».

Luca 22, 31: Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; 32 ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli».

Ap 3,7 “Così dice il Signore, che è santo e verace, che ha in mano la chiave del regno di Davide; quando egli apre, nessuno può chiudere, e quando egli chiude, nessuno può aprire.”

Alleluia
Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa
Alleluia

Dal vangelo Secondo Matteo

Matteo 16, 13-20 “Quando Gesù giunse dalle parti di Cesarea di Filippo, domandò ai suoi discepoli: Chi dice la gente che sia il Figlio dell’Uomo?’ Risposero: ‘Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti’. Disse loro: ‘Voi chi dite che o sia?’ Rispose Simon Pietro: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente’. E Gesù: ‘Beato te, Simone Figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli e tutto ciò che legherai sulla terra, sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra, sarà sciolto nei cieli”. Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.

Parola del Signore


Il Papa dunque NON sostituisce Cristo di conseguenza e in questo senso non ha senso un riferimento letterale nei Vangeli, per altro non siamo per la Sola Scriptura, al contrario se intendiamo il Papa quale VICARIO, i riferimenti ci sono e sono molti........Papa poi vuol dire semplicemente PADRE......ma se è per questo è inteso come PASTORE.....il Pastore dell'Ovile, del GREGGE.....e Gesù dirà SOLO A PIETRO: PASCI I MIEI AGNELLI.......

Fraternmente CaterinaLD

__________________

Vogliamo essere veramente segno di contraddizione?

“Altro non vi dico (…) Non vorrei più parole, ma trovarmi nel campo della battaglia, sostenendo le pene, e combattendo con voi insieme per la verità infino alla morte, per gloria e lode del nome di Dio, e reformazione della Santa Chiesa…”
(Santa Caterina da Siena, Lettera 305 al Papa Urbano VI ove lottò fino alla morte per difendere l’autorità del Pontefice)





[Modificato da Caterina63 11/07/2010 11:40]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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IL PRIMO FIGLIO DI MARIA, DOPO GESU' E' IL PAPA....

Se noi vogliamo amare molto il Papa, quindi, dobbiamo chiedere questa grazia alla Madonna, perché chi può amare il Papa come lo ama Lei?

Il Papa è la nostra roccia, una roccia evangelica, una roccia divina, perché creata dalla Parola viva di Gesù, Verbo incarnato: «Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa» (Mt l6,l8).

Giustamente san Francesco di Sales diceva che «Gesù Cristo, la Chiesa e il Papa sono tutt’uno». È impossibile dividerli. Essi sono la «testata d'angolo» (Lc 20,17) del1'umanità, del mondo, dell'universo da salvare.


Per questo c'è tanta superficialità nelle parole di chi dice che accetta Gesù Cristo e la Chiesa, ma non il Papa.
Quando Napoleone tenne prigioniero il papa Pio VII, per decidere alcune questioni sulla Chiesa, radunò egli stesso a Parigi molti vescovi di Francia e di Italia, e voleva che deliberassero sui punti in questione.
Ma i Vescovi rimasero in assoluto silenzio. Napoleone insistette e fece forti pressioni. Nulla. Allora cominciò a impazientirsi e a minacciare. A questo punto il più anziano dei Vescovi si alzò e disse con molta calma: «Sire, aspettiamo il Papa. La Chiesa senza il Papa non è la Chiesa!››.

Soltanto il Papa, il Successore di san Pietro, insegna il Catechismo, «è il perpetuo e visibile -principio e fondamento dell'unità sia dei vescovi sia della moltitudine dei fedeli›› (n.
882).

Non può sbagliare

Il Papa è l'unico maestro sulla terra che non possa mai sbagliare nell'insegnamento della fede e della morale.
«La fede romana - scriveva san Girolamo - è inaccessibile all' errore». Ed è per questo che san Cipriano poteva affermare: «La Chiesa di Roma è radice e madre di tutte le Chiese››. Soltanto chi si trova unito al Papa è sicuro di essere nella verità infallibile di ciò che deve credere e operare per salvarsi.
È Gesù stesso che volle l’infallibilità di san Pietro: «Ho pregato perché non venga .meno la tua fede›› (Lc 22,32). È Gesù stesso che lo volle nostra guida infallibile: «Tu conferma i tuoi fratelli» (Lc 22,32).
Per questo il Papa è l'unico maestro universale e indefettibile; anzi, è l'unico che può «confermare la fede» dei cristiani, garantendola infallibilmente da ogni errore dottrinale e morale. In questo senso, sulla terra il Papa, ogni Papa, è il sommo teologo, il sommo biblista, il sommo moralista.
Soltanto la sua parola di maestro universale è parola divinamente garantita da Cristo «Via, Verità e Vita» (Gv l4,6).
Per questo san Tommaso d'Aquino, chiamato «maestro del mondo››, era pronto a rinunciare a qualsiasi pensiero dei grandi Santi Padri, di fronte al pensiero del Papa.

Il fiasco dell'Inferno

Contro il Papato faranno fiasco non solo tutti gli uomini che volessero lottarlo, ma anche tutto l'Inferno. È sempre Gesù che lo garantisce: «Le porte dell'Inferno non prevarranno mai›› (Mt l6,l8).
E non solo i nemici non prevarranno, ma si sfracelleranno su questa «testata d'angolo, roccia contro cui si sbatte e pietra di rovina. Difatti, contro di essa andranno ad urtare coloro che non hanno voluto credere al Vangelo...» (1 Pt 2,7-8).
« Contro di essa andò a sbattere Lutero, l'impenitente eresiarca, che offendeva e malediceva il Papa come un forsennato: «O Papa, io sarò la tua morte!... Sì, io, papa Lutero I, per comandamento di Nostro Signore Gesù Cristo e dell'Altissimo Padre, ti mando all'Inferno!...».
Povero e infelice Lutero!
Contro il Papa si scagliò anche il terribile Napoleone. Il Papa, inerme, gli disse: «Il Dio d'altri tempi vive ancora. Egli ha sempre stritolato i persecutori della Chiesa...››.
 Sull'isolotto di sant'Elena, Napoleone ricordava queste parole, e diceva a un amico: «Ah, perché non posso gridare da qui, a quelli che hanno qualche potere sulla terra: Rispettare il rappresentante di Gesù Cristo! Non toccate il Papa: altrimenti sarete annientati dalla mano vendicatrice di Dio. Anzi, proteggete la Cattedra di Pietro! ››.

«I falsi maestri»

Scrivendo a Timoteo, san Paolo insegna questa importante verità: quando non si sopporta più la sana dottrina, ci si procura «una folla di maestri›› che consentano di «assecondare le proprie passioni», e che parlino di fantasie anziché di verità (cf 2 Tm 4,3-4).
Ci siamo. Basta leggere certi libri di teologi ritenuti «grandi e celebri›› per dare ragione a san Paolo a occhi chiusi. E questi teologi sono davvero «una folla» e hanno messo su un mercato enorme di libri e riviste che sono pressoché tutti simili a cibi guasti, avariati o sospetti. Poveri gli incauti che ci cascano a comprarli!
Questi teologi sono «i falsi maestri» di cui parlano con parole terribili, anzi, spaventose, san Pietro e san Paolo (cf 2 Pt 2,2-ll; l Tm 1,3-7; 4,1-ll; 6,3-5; 2 Tm 3,1-7; 4,1-5). Questi «falsi maestri» vengono chiamati dal papa Paolo VI «teologi da camera» e «autoteologi››, e di essi - dice ancora il Papa - è necessario «diffidare», perché fanno fare «naufragio nella fede» (l Tm l,l9).

Pregare per il Papa

La piccola Giacinta di Fatima, prima della morte ebbe dalla Madonna una visione in cui vide il Papa in mezzo a gravissime sofferenze.
La piccola veggente raccomandò con tutte le forze, da parte della Madonna, di pregare per il Papa, di soffrire con lui e per lui, che deve pascere il gregge universale (Gv 21,15-17).
Si sa che sempre ci sono state anime generose che hanno offerto e immolato la loro vita per il Papa. San Vincenzo Strambi, ad esempio, confessore del papa Leone XII, si offrì come vittima per far vivere più a lungo il Papa. E così avvenne: il Papa visse per altri cinque anni, mentre san Vincenzo morì cinque giorni dopo la sua offerta.
Guido Negri, intrepido soldato, morì al fronte dopo aver offerto la sua vita per il Papa.
Noi tutti possiamo dimostrare al Papa il nostro filiale attaccamento, come lo dimostrava san Massimiliano M. Kolbe, che considerava ogni volta una grazia entusiasmante poter vedere il Papa, accostarsi vicino, baciargli la mano; come lo dimostrava san Pio da Pietrelcina, che voleva avere sempre l'immagine del Papa accanto a quella della Madonna, e poco prima 'di morire scrisse una lettera al Papa per rinnovargli la sua dedizione e fedeltà totale.

Tratto da “Maggio mese di Maria” di padre Stefano Maria Manelli FI, pagg. 116-120.

[Modificato da Caterina63 11/07/2010 11:41]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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06/03/2011 18:35
 
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                              omelia 2010
(Benedetto XVI Omelia di Pentecoste del maggio 2010)


 Perchè chiamo il Papa con il termine di "SANTO PADRE"?
e perchè oggi si chiamano con tal termine anche i Patriarchi Ortodossi non in Comunione con Pietro?


L'uso di questo o quell'appellativo non implica necessariamente un riconoscimento o un giudizio sulla dignità della persona alla quale ci si rivolge, ma risponde più che altro ad esigenze di etichetta o di consuetudine. In effetti nella storia l'uso degli appellativi è andato incontro a svariati cambiamenti. I Vescovi, per esempio, godono ufficialmente del titolo di "eccellenza" solo dai tempi di Pio XI. Prima lo si usava ufficiosamente, per analogia al titolo dato ai nobili o ai politici laici.

Nelle relazioni politiche tra due enti l'uso degli appellativi è regolato da norme di etichetta internazionale. Un capo di Stato protestante o laico si rivolge al Papa chiamandolo "santità", anche se non riconosce al Papa nessuna prerogativa speciale in ambito religioso. È semplicemente un riconoscimento oggettivo della sua carica all'interno della Chiesa cattolica. E così il Papa, rivolgendosi al capo di uno Stato, lo chiamerà con l'appellativo comunemente usato dai cittadini di quello Stato.

Per le personalità religiose non appartenenti alla Chiesa cattolica si applica esattamente la stessa norma, cioè ci si rivolge a loro col titolo usato all'interno della loro comunità. Questo, tuttavia, non comporta affatto un riconoscimento di dignità o di valore: è una semplice espressione di etichetta. Sempre per ragioni di etichetta, molti capi di Stato, pur non essendo cattolici, ricevono dal Papa delle onorificenze. Bisogna evitare di dare a queste cose un'importanza maggiore di quella che hanno.

 E' importante constatare, comunque sia, che certa terminologia ha radici molto antiche ed entrata a far parte della Tradizione, per esempio il termine "santo- Santità" è già presente nei primi tempi del Cristianesimo, tal termine indicava genericamente qualsiasi cristiano, in quanto "Battezzato, ossia, santificato" da Dio e di per sè già così "consacrato" da Dio per mezzo del battesimo.
I santi quindi erano tutti i seguaci di Cristo (apostoli e discepoli) infatti lo stesso Paolo di Tarso, ad esempio, indirizza la sua Lettera agli Efesini scrivendo: «ai santi che sono in Efeso».
In seguito, anche a causa delle persecuzioni e dei tanti martiri, con questo termine si cominciò ad indicare principalmente i cristiani uccisi per la loro fede in Cristo, cioè i "martiri", per distinguerli da coloro che per non subire il martirio rinnegavano la fede in Cristo, o comunque non avevano subito il martirio.
Nella Teologia Cattolica, ognuno ha una santità particolare da scoprire e porre in atto. 
In tal senso si svilupperà così anche ciò che conosciamo come "processo di CANONIZZAZIONE", il riconoscimento, cioè, delle virtù eroiche e di santità di un Cristiano Cattolico.

Per il Pontefice, tale titolo, sottolinea il ruolo principale del "Difensore della Fede" la cui santità di Padre, gli deriva da quell'essere VICARIO DI CRISTO, infallibile nella Dottrina, ed incoraggiante per il popolo che lo segue.

 È indubbio che gli ortodossi siano, tra le confessioni cristiane, quella che ha mantenuto maggiori elementi di contatto con la Chiesa cattolica, tra cui quello importantissimo della successione apostolica e dei sacramenti. Ma da qui a dire che tra le due Chiese sussiste una comunione di fatto la differenza è abissale.

Il titolo corretto per rivolgersi ad un patriarca è " Sua Beatitudine".

Sua Santità è titolo spettante solamente al Romano Pontefice.

Per altro il titolo di Patriarca di Mosca è stato concesso nel 1589 dal patriarca di Costantinopoli che non aveva nessun diritto di farlo, dato che concedere il titolo patriarcale spetta solo al Romano Pontefice.

Poi che per cortesia si usino titoli a cui la gente non ha diritto è prassi consolidata, basta guardare il saltimbanco anglicano che viene salutato come " arcivescovo di Canterbury" ben sapendo che la sede di Canterbury è vacante dalla morte dell'ultimo arcivescovo ( card. Pole 1558), mentre l'attuale saltimbanco barbuto non è nemmeno diacono, anzi non ha ricevuto neppure la cresima!!!!


- Domanda: non credete che però, anche l'uso delle parole, visti i tempi, siano importanti per non confondere?

Qui si tratta di stare a delle convenzioni internazionali, la rottura delle quali sarebbe interpretata come un gesto di cattiva educazione diplomatica. Il Papa, oltre ad essere il vicario di Cristo, è anche capo di uno Stato e della più importante istituzione religiosa al mondo. Non può quindi fare a meno della diplomazia, a patto naturalmente che essa non abbia la meglio - come in passato si è avuto l'impressione (vedi Assisi) - sulla sua missione religiosa.

Per evitare un indifferentismo che anche a me fa molta paura bisognerebbe rimuovere alcuni responsabili dei rapporti ecumenici (p. es. Kasper) ben noti per le loro idee ambigue e fuorvianti e, sopattutto, evitare incontri tanto eclatanti quanto dannosi sul modello di quelli di Assisi. Ai secondi - a quanto pare - si è già rimediato (il danno fatto, però, resta). Ai primi spero che si rimedierà nel prossimo futuro.

E' infatti sconveniente, proprio per questa ambiguità e confusione odierna, che ci si riferisca o ci si rivolga al Sommo Pontefice esclusivamente con il termine di "Papa", ben sapendo per altro che il termine stesso è indicativo ortodosso del prete detto appunto "pope" - padre - papa -
in tal senso è conveniente rivolgersi al Pontefice con il termine di "Santo Padre" o "Beatissimo Padre".





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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02/07/2011 10:15
 
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L'Arcivescovo Pelvi, dell'Ordinariato Militare in Italia , presiede la S. Messa per il 60°anniversario di ordinazione sacerdotale di Papa Benedetto XVI

Carissimi,

celebriamo la solennità dei Santi Apostoli: di Pietro, che rinnova nei secoli la grande confessione di Cesarea di Filippo: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt. 16,16); di Paolo, che dalla prigionia romana lascia a Timoteo il testamento più alto della sua missione: «Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede» (2 Tim. 4,7).   
          
Nel Vangelo è centrale la promessa di Gesù: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa» (Mt 16, 18). Che cosa dice propriamente il Signore a Pietro con queste parole? Quale promessa gli fa con esse e quale incarico gli affida? E che cosa dice a noi, Chiesa di oggi?
Pietro rende la propria confessione a Gesù riconoscendolo come Messia e Figlio di Dio. In base a ciò gli viene conferito il suo particolare compito mediante tre immagini: quella della roccia che diventa pietra di fondamento o pietra angolare, quella delle chiavi e quella del legare e sciogliere. E’ significativo sottolineare il momento della promessa, che segna una svolta decisiva nel cammino di Gesù: «Da allora cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno» (Mt 16, 21). Questo cammino del Signore verso la croce e la risurrezione si prolunga nel tempo della Chiesa, chiamata ad attraversare prove e catene perché il mondo conosca l’unico vero Dio e raggiunga la salvezza.

La Chiesa - ed in essa Cristo - soffre e risorge anche oggi. In essa Cristo viene quotidianamente schernito e colpito; sempre di nuovo si cerca di spingerlo fuori del mondo. Sempre di nuovo la piccola barca della Chiesa è sballottata dal vento delle ideologie, che con le loro acque penetrano in essa e sembrano condannarla all’affondamento. E tuttavia, proprio nella Chiesa sofferente Cristo è vittorioso. Nonostante tutto, la fede in Lui riprende forza sempre di nuovo. Anche oggi il Signore, nella mediazione apostolica, comanda alle acque e si dimostra Signore degli elementi. Egli vive nella sua barca, nella navicella della Chiesa. Così anche nel ministero di Pietro si rivela, da una parte, la debolezza di ciò che è proprio dell'uomo, ma insieme anche la forza di Dio: proprio nella debolezza degli uomini il Signore manifesta la sua forza; dimostra che è Lui stesso a costruire, mediante uomini deboli, la sua Chiesa.

Cos’è la Chiesa se non la voce che placa i venti delle burrasche, della disperazione, della violenza, del male, del peccato? Cos’è la Chiesa se non la difesa dal maligno tentatore per poter attraversare con Gesù il mare della storia, senza confusione né oscurità, e andare da riva a riva, con Dio vicino? Amo davvero la Chiesa, barca di Pietro? Anche dopo anni di vita sacerdotale si rischia di avere un’idea non sbagliata, ma un pò vaga di Chiesa, perché la persecuzione che subisce la Chiesa non viene considerata come persecuzione di Cristo.

La Chiesa, infatti, manifesta il rivelarsi e il perdurare dell’Incarnazione di Dio in mezzo a noi. E’ il rinnovarsi dell’atto meraviglioso con cui lo Spirito formò originariamente il Corpo di Cristo dal seno della Vergine. Come, allora, Gesù entrò per la prima volta nel mondo, così ogni giorno la Chiesa genera la sua presenza sino alla fine dei secoli.
Eppure noi credenti, membri della Chiesa, cosa riusciamo a fare in questo mondo? Forse a portare la pace tra i popoli? Quel poco di pace che l’umanità ha potuto godere non è forse frutto o di una prepotenza o del riconosciuto equilibrio delle aggressività? Riusciamo a portare la giustizia? Non siamo noi stessi coinvolti nell’ingiustizia del tempo, trascinati spesso in un cammino sbilanciato sulle strutture di peccato?       

Dovremmo crescere come Chiesa che pone sempre l’uomo davanti all’Assoluto, annunciando il desiderio di un’esistenza libera dalle mille dipendenze della vita terrena, destinata alla vita immortale. Quanto di infinito respira nelle nostre scelte e quale consapevolezza abbiamo di essere finiti in tutto, certi che solo l’infinito può appagarci?
La Chiesa rende contemporaneo l’apparente fallimento di Gesù, il cui passaggio sotto il profilo sociale o politico non ha lasciato tracce immediate ed è sembrata umanamente irrilevante. Il rivolgimento che Gesù annuncia e realizza è cosmico, non sociale; mira ad abbattere il dominio di Satana, non quello del Sinedrio o di Ponzio Pilato. Il mutamento che egli propone è nei cuori, nella conversione.

Come per i discepoli di Gesù, anche per noi accettare lo scandalo della sterilità della Chiesa come parte dello sconcertante progetto divino è tra le prime e più difficili condizioni per la sequela di Cristo. Non c’è nessuna bellezza nella realtà ecclesiale che non sia un riverbero del fulgore del Risorto. Tutto è preso e derivato da Lui.
Sicché la Chiesa va contemplata rivestita dalla gloria del suo Signore. Per sé sola si vanificherebbe come Chiesa e si avrebbe un raggruppamento umano, che non ha alcuna ragione di distinguersi nel quadro poco incoraggiante dell’umanità. Ma sempre va vista in connessione con Colui che è la sorgente e la forma del suo esistere.

Con l’occhio della fede posso capire che la Chiesa non è solo ciò che umanamente vedo, ma anche quel Mistero mirabile che non vedo, ma che è la radice di ciò che vedo. E in questa dimensione palpita il Papa che Dio ha scelto per noi, servitore della vigna, pietra preziosa che con la rocciosità del magistero rende attuale la promessa di Cesarea. Dov’è Pietro c’è la Chiesa.             
E io dico a te: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa». (cfr. Mt 16,18). Ancora oggi e per i secoli futuri, il cuore della Chiesa batte e ama con il cuore del Successore di Pietro. La solidità di Pietro è nel volto, nelle membra, nel gesto, nella parola, nella dolcezza, nella franchezza, nella passione per Dio e per l’uomo.   
        
La cattedra di Papa Benedetto non è un regno, neppure un trono. È la cattedra del servizio, del sacrificio, del martirio. È la cattedra del magistero, della fede e della certezza, della carità e del governo pastorale. Non è una cattedra inventata dagli uomini. Gli uomini ne hanno inventate tante, ma quella del Papa è la stessa cattedra di Pietro, l’apostolo chiamato da Gesù. E noi,  alunni di questa cattedra, amiamo il Papa, scelto dallo Spirito Santo a reggere la Chiesa di Cristo. Egli è la bocca della verità, l’apostolo della pace, della giustizia, della fraternità, della libertà, il custode della dignità umana. Il Signore non abbandonerà mai la Sua Chiesa e il Papa che le ha donato, la cui grandezza è davanti agli occhi del mondo intero.  
          
Ancora una volta, perciò, desidero con voi manifestare la comunione spirituale nei confronti del Successore di Pietro, di grande incoraggiamento ed esempio nel quotidiano servizio a Cristo, alla comunità ecclesiale e all’intera famiglia umana. Ricordiamo al Signore Papa Benedetto nel 60° della sua ordinazione, il 29 giugno del 1951 nel Duomo di Frisinga. Provvidenzialmente, il futuro Pontefice è stato ordinato nella Solennità dei Santi Pietro e Paolo. E proprio il sacerdozio, la sua bellezza, il suo essere dono di Dio per l’uomo di ogni tempo, è tra i temi che ne caratterizzano il magistero: «il sacerdote non insegna proprie idee, una filosofia che lui stesso ha inventato, ha trovato o che gli piace; il sacerdote non parla da sé, non parla per sé, per crearsi forse ammiratori o un proprio partito; non dice cose proprie, proprie invenzioni, ma, nella confusione di tutte le filosofie, il sacerdote insegna in nome di Cristo presente, propone la verità che è Cristo stesso, la sua parola, il suo modo di vivere e di andare avanti» (Udienza generale, 14 aprile 2010).

Ci uniamo alla preghiera della Chiesa per il Santo Padre, audace collaboratore della verità. Un’affermazione richiamata nel suo motto episcopale e di cui egli stesso dà la spiegazione: «per un verso, mi sembrava che era questo il rapporto esistente tra il mio precedente compito di professore e la nuova missione. Anche se in modi diversi, quel che era e continuava a restare in gioco era seguire la verità, stare al suo servizio. E, d’altra parte, ho scelto questo motto perché nel mondo di oggi il tema della verità viene quasi totalmente sottaciuto; appare infatti come qualcosa di troppo grande per l’uomo, nonostante che tutto si sgretoli se manca la verità».
Chiediamo al Signore che l’esempio della sua umiltà e della fedeltà gioiosa sia stimolo efficace al nascere di nuove vocazioni e alla santità di tutti i sacerdoti.

O Santi Pietro e Paolo, che avete portato nel mondo il nome di Cristo, e a Lui avete dato l’estrema testimonianza dell’amore e del sangue, proteggete ancora e sempre questa Chiesa, per la quale avete vissuto e sofferto.       
Conservatela nella verità e nella pace; accrescete in tutti i suoi figli la fedeltà alla Parola di Dio, la santità della vita eucaristica e sacramentale, l’unità serena nella fede, la concordia nella carità vicendevole.
Custodite la Chiesa con la vostra intercessione, ora e sempre, sino all’incontro definitivo e beatificante con il  Signore.



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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09/05/2012 15:39
 
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Il Papa: Cari fratelli e sorelle, l’episodio della liberazione di Pietro raccontato da Luca ci dice che la Chiesa, ciascuno di noi, attraversa la notte della prova, ma è la vigilanza incessante della preghiera che ci sostiene. Anche io, fin dal primo momento della mia elezione a Successore di san Pietro, mi sono sempre sentito sorretto dalla preghiera di voi, dalla preghiera della Chiesa, soprattutto nei momenti più difficili. Ringrazio di cuore



L’UDIENZA GENERALE, 09.05.2012

L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 in Piazza San Pietro dove il Santo Padre Benedetto XVI ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo.Nel discorso in lingua italiana il Papa, continuando la Sua catechesi sulla preghiera negli Atti degli Apostoli, ha incentrato la sua meditazione sull’episodio della liberazione miracolosa di san Pietro dalla prigionia (cfr At 12, 1-17). Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti. L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica impartita insieme ai Vescovi presenti.




CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

La liberazione miracolosa di san Pietro dalla prigionia (cfr At 12, 1-17)

Cari fratelli e sorelle,



oggi vorrei soffermarmi sull’ultimo episodio della vita di san Pietro raccontato negli Atti degli Apostoli: la sua carcerazione per volere di Erode Agrippa e la sua liberazione per l’intervento prodigioso dell’Angelo del Signore, alla vigilia del suo processo a Gerusalemme (cfr At 12,1-17).
Il racconto è ancora una volta segnato dalla preghiera della Chiesa. San Luca, infatti, scrive: «Mentre Pietro dunque era tenuto in carcere, dalla Chiesa saliva incessantemente a Dio una preghiera per lui» (At 12,5). E, dopo aver miracolosamente lasciato il carcere, in occasione della sua visita alla casa di Maria, la madre di Giovanni detto Marco, si afferma che «molti erano riuniti e pregavano» (At 12,12). Fra queste due annotazioni importanti che illustrano l’atteggiamento della comunità cristiana di fronte al pericolo e alla persecuzione, viene narrata la detenzione e la liberazione di Pietro, che comprende tutta la notte. La forza della preghiera incessante della Chiesa sale a Dio e il Signore ascolta e compie una liberazione impensabile e insperata, inviando il suo Angelo.

Il racconto richiama i grandi elementi della liberazione d’Israele dalla schiavitù dell’Egitto, la Pasqua ebraica. Come avvenne in quell’evento fondamentale, anche qui l’azione principale è compiuta dall’Angelo del Signore che libera Pietro. E le stesse azioni dell’Apostolo - al quale viene chiesto di alzarsi in fretta, di mettersi la cintura e di legarsi i fianchi – ricalcano quelle del popolo eletto nella notte della liberazione per intervento di Dio, quando venne invitato a mangiare in fretta l’agnello con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano, pronto per uscire dal Paese (cfr Es 12,11).

Così Pietro può esclamare: «Ora so veramente che il Signore ha mandato il suo angelo e mi ha strappato dalla mano di Erode» (At 12,11). Ma l’Angelo richiama non solo quello della liberazione di Israele dall’Egitto, ma anche quello della Risurrezione di Cristo. Narrano, infatti, gli Atti degli Apostoli: «Ed ecco, gli si presentò un angelo del Signore e una luce sfolgorò nella cella. Egli toccò il fianco di Pietro e lo destò» (At 12,7). La luce che riempie la stanza della prigione, l’azione stessa di destare l’Apostolo, rimandano alla luce liberante della Pasqua del Signore che vince le tenebre della notte e del male. L’invito, infine: «Metti il mantello e seguimi» (At 12,8), fa risuonare nel cuore le parole della chiamata iniziale di Gesù (cfr Mc 1,17), ripetuta dopo la Risurrezione sul lago di Tiberiade, dove il Signore dice per ben due volte a Pietro: «Seguimi» (Gv 21,19.22). E’ un invito pressante alla sequela: solo uscendo da se stessi per mettersi in cammino con il Signore e fare la sua volontà, si vive la vera libertà.
Vorrei sottolineare anche un altro aspetto dell’atteggiamento di Pietro in carcere; notiamo, infatti, che, mentre la comunità cristiana prega con insistenza per lui, Pietro «stava dormendo» (At 12,6). In una situazione così critica e di serio pericolo, è un atteggiamento che può sembrare strano, ma che invece denota tranquillità e fiducia; egli si fida di Dio, sa di essere circondato dalla solidarietà e dalla preghiera dei suoi e si abbandona totalmente nelle mani del Signore.

Così deve essere la nostra preghiera: assidua, solidale con gli altri, pienamente fiduciosa verso Dio che ci conosce nell’intimo e si prende cura di noi al punto che – dice Gesù – «perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura…» (Mt 10, 30-31).

Pietro vive la notte della prigionia e della liberazione dal carcere come un momento della sua sequela del Signore, che vince le tenebre della notte e libera dalla schiavitù delle catene e dal pericolo di morte. La sua è una liberazione prodigiosa, segnata da vari passaggi descritti accuratamente: guidato dall’Angelo, nonostante la sorveglianza delle guardie, attraversa il primo e il secondo posto di guardia, sino alla porta di ferro che immette in città: e la porta si apre da sola davanti a loro (cfr At 12,10). Pietro e l’Angelo del Signore compiono insieme un tratto di strada finché, rientrato in se stesso, l’Apostolo si rende conto che il Signore lo ha realmente liberato e, dopo aver riflettuto, si reca in casa di Maria, la madre di Marco, dove molti dei discepoli sono riuniti in preghiera; ancora una volta la risposta della comunità alla difficoltà e al pericolo è affidarsi a Dio, intensificare il rapporto con Lui.

Qui mi pare utile richiamare un’altra situazione non facile che ha vissuto la comunità cristiana delle origini. Ce ne parla san Giacomo nella sua Lettera. E’ una comunità in crisi, in difficoltà, non tanto per le persecuzioni, ma perché al suo interno sono presenti gelosie e contese (cfr Gc 3,14-16). E l’Apostolo si chiede il perché di questa situazione. Egli trova due motivi principali: il primo è il lasciarsi dominare dalle passioni, dalla dittatura delle proprie voglie, dall’egoismo (cfr Gc 4,1-2a); il secondo è la mancanza di preghiera – «non chiedete» (Gc 4,2b) – o la presenza di una preghiera che non si può definire come tale – «chiedete e non ottenete, perché chiedete male, per soddisfare le vostre passioni» (Gc 4,3).

Questa situazione cambierebbe, secondo san Giacomo, se la comunità parlasse tutta insieme con Dio, pregasse realmente in modo assiduo e unanime. Anche il discorso su Dio, infatti, rischia di perdere la sua forza interiore e la testimonianza inaridisce se non sono animati, sorretti e accompagnati dalla preghiera, dalla continuità di un dialogo vivente con il Signore. Un richiamo importante anche per noi e le nostre comunità, sia quelle piccole come la famiglia, sia quelle più vaste come la parrocchia, la diocesi, la Chiesa intera. E mi fa pensare che hanno pregato in questa comunità di san Giacomo, ma hanno pregato male, solo per le proprie passioni. Dobbiamo sempre di nuovo imparare a pregare bene, pregare realmente, orientarsi verso Dio e non verso il bene proprio.

La comunità, invece, che accompagna la prigionia di Pietro è una comunità che prega veramente, per tutta la notte, unita. Ed è una gioia incontenibile quella che invade il cuore di tutti quando l’Apostolo bussa inaspettatamente alla porta. Sono la gioia e lo stupore di fronte all’azione di Dio che ascolta. Così dalla Chiesa sale la preghiera per Pietro e nella Chiesa egli torna per raccontare «come il Signore lo aveva tratto fuori dal carcere» (At 12,17). In quella Chiesa dove egli è posto come roccia (cfr Mt 16,18), Pietro racconta la sua «Pasqua» di liberazione: egli sperimenta che nel seguire Gesù sta la vera libertà, si è avvolti dalla luce sfolgorante della Risurrezione e per questo può testimoniare sino al martirio che il Signore è il Risorto e «veramente ha mandato il suo angelo e lo ha strappato dalle mani di Erode» (At 12,11). Il martirio che subirà poi a Roma lo unirà definitivamente a Cristo, che gli aveva detto: quando sarai vecchio un altro ti porterà dove tu non vuoi, per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio (cfr Gv 21,18-19).

Cari fratelli e sorelle, l’episodio della liberazione di Pietro raccontato da Luca ci dice che la Chiesa, ciascuno di noi, attraversa la notte della prova, ma è la vigilanza incessante della preghiera che ci sostiene. Anche io, fin dal primo momento della mia elezione a Successore di san Pietro, mi sono sempre sentito sorretto dalla preghiera di voi, dalla preghiera della Chiesa, soprattutto nei momenti più difficili. Ringrazio di cuore.

Con la preghiera costante e fiduciosa il Signore ci libera dalle catene, ci guida per attraversare qualsiasi notte di prigionia che può attanagliare il nostro cuore, ci dona la serenità del cuore per affrontare le difficoltà della vita, anche il rifiuto, l’opposizione, la persecuzione.

L’episodio di Pietro mostra questa forza della preghiera. E l’Apostolo, anche se in catene, si sente tranquillo, nella certezza di non essere mai solo: la comunità sta pregando per lui, il Signore gli è vicino; anzi egli sa che «la forza di Cristo si manifesta pienamente nella debolezza» (2Cor 12,9). La preghiera costante e unanime è un prezioso strumento anche per superare le prove che possono sorgere nel cammino della vita, perché è l’essere profondamente uniti a Dio che ci permette di essere anche profondamente uniti agli altri.
Grazie.



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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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