Pubblichiamo stralci di una delle relazioni tenuta al VII Convegno internazionale "Le scienze dell'Antichità nelle Università Europee: passato, presente, futuro", organizzato dal 10 al 14 maggio a Iasi, in Romania, dalla Facoltà di Storia dell'Università "Alexandru Ioan Cuza" e dal Dipartimento di Studi Classici e Cristiani dell'Università "Aldo Moro" di Bari, in occasione delle celebrazioni dei 150 anni dell'Università di Iasi.
di Emanuele Castelli
Uno degli elementi di novità più significativi dell'editoria patristica del XX secolo consiste nell'offrire non solo l'edizione dei testi, ma anche la loro traduzione e il loro commento.
A prima vista tutto ciò potrebbe sembrare una scelta che ha come unico vantaggio quello di rendere accessibile la letteratura cristiana antica a un più vasto pubblico, non necessariamente di filologi e studiosi. In realtà, le cose stanno diversamente. Nel "Corpus Scriptorum Ecclesiasticorum Latinorum" (Csel), le cui pubblicazioni iniziarono nel 1866 con l'edizione di Sulpicio Severo curato da Carl Halm, veniva ancora pubblicato il solo testo latino, con un'introduzione dell'editore anch'essa in latino. Nel 1897, questa volta sotto il patrocinio dell'Accademia prussiana, si inaugurava in ambiente tedesco anche la collezione degli autori cristiani di lingua greca dei primi secoli, "Die Griechischen Christlichen Schriftsteller der ersten (drei) Jahrhunderte" (Gcs), sotto la direzione di Adolf Harnack, con l'edizione degli scritti di Ippolito. Qui per la prima volta l'introduzione era in una lingua moderna (tedesco, ovviamente), poi però compariva solo il testo critico delle opere, corredato dai vari apparati e indici, ma ancora senza traduzione.
Alle traduzioni dei testi patristici fu dedicata solo più tardi in Germania una collana specifica, la "Bibliothek der Kirchenväter", dove apparvero 83 volumi dal 1911 al 1938. Qui si palesò in tutta la sua evidenza l'importanza della traduzione non solo per i comuni lettori, ma già per lo stesso editore critico.
Ad esempio Paul Koetschau, che nel 1899 aveva edito il Contra Celsum di Origene per i Gcs, dovendo offrire nel 1926-1927 la traduzione per la "Bibliothek", si vide costretto a introdurre centinaia di correzioni al testo greco da lui precedentemente edito. Similmente accade al comunque bravissimo Otto Stählin, che aveva già dato l'edizione del Pedagogo di Clemente Alessandrino per i Gcs nel 1905 e che, dopo la traduzione del 1934 "Bibliothek", ripubblicò una seconda edizione del testo greco dell'opera nel 1936 con centinaia di aggiunte e correzioni, di Nachträge und Berichtigungen.
È certamente lodevole quando uno studioso riconosce da sé di aver sbagliato, ma il numero e l'entità delle correzioni apportate per queste e altre traduzioni manifestavano in modo chiaro quale importanza tale lavoro rivestiva anche per lo stesso editore del testo. Si continuò tuttavia a procedere come sino ad allora si era fatto, senza rinnovare le modalità di pubblicazione degli scritti patristici.
La svolta, d'altra parte sulle prime non voluta, avvenne con la prima grande collezione di testi patristici del xx secolo: la collana delle "Sources Chrétiennes", fondata nel 1942 dai gesuiti Jean Daniélou e Henri de Lubac, che tanti meriti ha avuto per il rinnovamento della teologia cattolica del post-concilio con il ritorno ai Padri della Chiesa: una delle ragioni per le quali la collezione è stata recentemente premiata da Benedetto XVI con il Premio Paolo vi (novembre 2009).
La collana doveva inizialmente offrire solo la traduzione francese delle opere dei Padri greci, ma poi l'evoluzione che essa prese in particolare sotto la direzione del nuovo direttore, il padre gesuita Claude Mondésert, portò all'edizione del testo originale insieme con la sua traduzione e all'occorrenza brevi note di commento. Qui per la prima volta l'editore era messo di fronte anche alla necessità di dare la traduzione del testo (anche se non sempre, almeno agli inizi, l'editore fu anche traduttore). Con ciò egli era chiamato ad applicare tutta la vis critica possibile, evitando di dare una applicazione rigida e meccanica delle regole che presiedevano all'allestimento dell'edizione e affinando di conseguenza i suoi criteri di giudizio.
Questa novità, voluta o no che fosse sulle prime, ha fatto scuola nella seconda metà del XX secolo un po' dovunque. In Italia l'uso di dare edizioni di testi patristici con traduzioni è stato seguito, tra le altre, da due importanti collane. La prima è quella degli "Scrittori greci e latini" della Fondazione Lorenzo Valla, che è attiva dal 1974 e vanta ormai un centinaio di volumi di autori classici e cristiani. La seconda collezione, "Biblioteca Patristica", è stata invece fondata nel 1984 da Mario Naldini (1922-2000), è oggi diretta da Manlio Simonetti e Carlo Nardi e vanta già una cinquantina di volumi di alto valore. Le due collane rappresentano un ulteriore progresso nelle modalità di edizione di uno scritto patristico a motivo dello spazio dedicato al commento ai testi editi, almeno nei punti di maggiore importanza o comunque per i passi bisognosi di approfondimento.
È questo davvero il modello ideale di ripresentare al pubblico di oggi le opere antiche. Tanto lo specialista quanto il semplice lettore colto trovano tutto il necessario per lo studio e l'adeguato apprezzamento della letteratura patristica a cui intendono dedicarsi.
Per la "Biblioteca Patristica", per esempio, sono state edite anche Lettere private nei papiri dei secoli II-IV, a cura di Naldini, un autentico capolavoro di critica testuale e di ermeneutica su questo genere di testi; oppure una preziosa raccolta epigrafica, le Iscrizioni cristiane a Roma. Testimonianze di vita cristiana (secoli III-VII) a cura di Carlo Carletti.
Tutto ciò mostra in modo chiaro la natura peculiare di questa collezione, aperta a fonti anche non strettamente letterarie, ma che contribuiscono in vario modo a ricostruire e a meglio intendere la vita e l'ambiente culturale nel quale i testi cristiani furono prodotti e messi in circolazione.