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Non dite "Santo subito" se non gli credete!

Ultimo Aggiornamento: 06/08/2011 12:27
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02/02/2009 08:41
 
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La fede cristiana, fiducia in Gesù Cristo, sono il pilastro della sua vita: quattordici encicliche per affermarlo, incompiuta resta la 15 enciclica che stava scrivendo sulla CARITA', un enciclica scritta con la sua testimonianza e che il suo Successore ed amico, J.Ratzinger Benedetto XVI ha preso a cuore scrivendo come prima enciclica del suo Pontificato: DEUS CARITAS EST...[SM=g1740717] [SM=g1740720] [SM=g1740717]




CITTÀ DEL VATICANO – Libertà religiosa e diritti dell’uomo. Lavoro e comunismo. Aborto e valore della fede. Nei suo intenso pontificato papa Wojtyla ha firmato quattordici encicliche, tutte “fortemente volute”, tutte mirate a una costante mediazione tra il futuro di un mondo in continua evoluzione e la certezza della religione come salvezza, come pilastro dell’esistenza umana.


Nell’ultima, “Ecclesia de eucaristia”, (che risale al 17 aprile 2003) Giovanni Paolo II dedica il suo pensiero al “sacrificio eucaristico”. Settantasei pagine di teologia e dottrina per rilanciare il mistero eucaristico e la pratica dell’adorazione, imponendo rigidi vincoli alle modalità della celebrazione. Al bando le comunioni per chi “ostinatamente persevera in peccato grave e manifesto” (un esplicito riferimento ai divorziati risposati), ma anche divieto per i cattolici di partecipare all’eucarestia con i protestanti, finché non si sarà stabilita la “piena comunione” di fede tra le chiese cristiane.


La prima enciclica è del 4 marzo 1979: “Redemptor hominis”. Wojtyla prende posizione a favore di alcuni aspetti qualificanti delle conclusioni conciliari: collegialità, ecumenismo, rapporto con le religioni non cristiane, e inserisce il tema della libertà religiosa nel contesto della libertà pura e semplice e in quello dei diritti dell’uomo. Questo documento è il primo di un trittico che il papa dedica alle tre persone della Trinità. Lo completano il trittico la “Dives in misericordia” dell’80 su Dio padre misericordioso e la “Dominum et vivificantem” dell’86, sullo Spirito Santo.


Il secondo nucleo tematico riguarda la dottrina sociale della Chiesa e comprende la “Laborem exercens”, dell’81; la “Sollicitudo rei socialis” dell’88 e la “Centesimus annus”, del ‘91. Al centro della “Laborem exercens” il significato del lavoro umano, mai “riducibile a merce’ perché fondato sulla dignità della persona umana, la priorità dei lavoratori sul capitale e il rifiuto sia del capitalismo che del collettivismo.

La “Sollicitudo rei socialis” incita a una lettura teologica dei problemi moderni per far emergere il carattere morale dello sviluppo e sottolineare l’obbligo della sua promozione.


La “Centesimus annus” è invece l’enciclica del post-comunismo. Wojtyla risponde alla “grande sfida” posta dal cambiamento degli assetti mondiali e rivaluta il ruolo della solidarietà nella società. Un mondo in cui siano superati i fenomeni di ingiustizia e in cui anche l’attività produttiva sia ricondotta a forme di maggior rispetto della dignità umana.


La “Slavorum apostoli” dell’85 è dedicata ai fratelli santi Cirillo e Metodio che portarono il Vangelo tra gli slavi, dettero un “contributo eminente” alla formazione delle “comuni radici cristiane dell’Europa”.

La “Redemptoris mater” dell’87 è una riflessione sul cammino di fede della Madonna.


Con la “Redemptoris missio” del ‘90, a 25 anni dalla conclusione del Concilio, Giovanni Paolo II fa una forte riaffermazione della “permanente validità del mandato missionario della Chiesa”.

La “Veritatis splendor” del ‘93 sostiene che i cristiani hanno il dovere di seguire l’insegnamento morale della Chiesa: al di là delle buone intenzioni, degli obiettivi buoni dei loro atti e delle conseguenze anche positive, esistono comportamenti oggettivamente cattivi, come per esempio quelli contraccettivi, con i quali l’uomo si perde. L’obbedienza ai comandamenti in campo morale è indispensabile base di ogni convivenza sociale rispettosa dei diritti umani. Questo è l’insegnamento della Chiesa e questo devono insegnare i teologi sui quali i vescovi hanno il dovere di vigilare.


La “Evangelium vitae” del ‘95 è un appello mondiale “per una nuova cultura della vita umana” che partendo da gravi problemi morali come aborto, eutanasia, pena di morte e manipolazioni genetiche, giunge a chiedere una strategia internazionale dell’impegno politico, sociale e culturale a difesa del “diritto alla vita”, impegno non solo dei cattolici, ma di ogni “persona di buona volontà”.

L’enciclica postula la “obiezione di coscienza” contro leggi immorali; prende definitivamente le distanze dalla pena di morte; rinnova la radicale condanna dell’aborto, ma stila una lunga lista di corresponsabili nella scelta della donna, dai partner ai medici, ai legislatori. L’aborto, “delitto abominevole”, e la contraccezione “affondano le radici nella
stessa mentalità edonistica e deresponsabilizzante”, ma “dal punto di vista morale sono mali specificamente diversi”.


Nella “Ut unum sint” del ‘95, Giovanni Paolo II pone la ricerca dell’unità tra cristiani come principale impegno dei cattolici in vista del Duemila. A tutte le Chiese ricorda l’amore e il rispetto di quella di Roma e da loro “implora” perdono per il male compiuto dai cattolici. Wojtyla è conscio del fatto che il papa “costituito da Dio” quale “segno visibile e garante dell’unità” costituisce “una difficoltà” per la maggior parte degli altri cristiani, la cui memoria è segnata da ricordi dolorosi. Ma ricorda che se i vescovi sono legittimi perché successori degli apostoli, il vescovo di Roma è successore di san Pietro, che Gesù volle loro capo.


La “Fides et ratio”, pubblicata nell’ottobre ‘98 per i venti anni di pontificato, postula una filosofia forte, che non rinunci a cercare risposte a domande autentiche, è una esaltazione della ragione umana e delle sue capacità speculative, capaci di andare verso l’Assoluto e di essere luogo di dialogo tra credenti e atei.


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[Modificato da Caterina63 02/02/2009 08:43]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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