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L'Evangelista san Luca e La Vergine Maria

Ultimo Aggiornamento: 25/08/2012 18:37
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25/09/2009 16:48
 
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L’Ave di Elisabetta

di monsignor GIUSEPPE CAVALLOTTO
Benedetta tu fra le donne



Le annunciazioni del "vangelo dell’infanzia" di Luca avvengono in un clima di preghiera. «Madre di Dio, prega con noi e per noi».


Conosciamo tutti la gioia e la difficoltà nel pregare. Siamo convinti che non solo il Risorto e lo Spirito Santo ma anche Maria, la Madre di Gesù, prega con noi come ha fatto nella comunità del Cenacolo dopo l’ascensione. Dando inizio alla nostra riflessione, come gli apostoli, anche noi rivolgiamo a Gesù la stessa richiesta: «Signore, insegnaci a pregare» (Lc 11,1). Con la medesima fiducia diciamo alla Madre di Gesù: «Santa Maria, Madre di Dio, prega con noi, prega per noi».

Il vangelo "dell’infanzia"

Il brano della visitazione di Maria a Elisabetta fa parte dei primi due capitoli di Luca, il "vangelo dell’infanzia". Lo sviluppo di questi due capitoli avviene in un clima di preghiera: gli eventi narrati o sono collocati in un contesto cultuale, oppure si caratterizzano come dialogo orante, sino a diventare, in alcuni casi, un solenne canto di lode al Signore e di contemplazione del mistero di salvezza.

Il primo episodio di questi capitoli è l’annunciazione della nascita di Giovanni Battista (Lc 1,5-25). Mentre Zaccaria esercita il suo ufficio liturgico nel tempio, l’angelo gli comunica che la sua preghiera è stata esaudita e che la moglie Elisabetta, nonostante l’età avanzata, avrà un figlio, che «sarà grande davanti al Signore» (Lc 1, 15). Segue, in un dialogo che ha il sapore di preghiera, l’annunciazione dell’angelo Gabriele a Maria (Lc 1,26-38): «Concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù» (Lc 1, 31).


Ain-Karim il villaggio vicino a Gerusalemme dove si incontrano Maria ed Elisabetta.

L’attenzione, poi, si sposta nella casa di Zaccaria, dove Maria fa visita alla cugina (Lc 1,39-56). La risposta di Elisabetta al saluto di Maria è un apprezzamento che, rivolto alla Madre del Salvatore, si traduce in una stupita lode a Dio: «Beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore» (Lc 1,45). Al saluto di Elisabetta fa eco Maria con il canto del Magnificat.

Si passa, quindi, alla nascita di Giovanni Battista e alla sua circoncisione (1,57-80): lo stupore e la meraviglia dei parenti e dei vicini dinnanzi a questo bambino e al suo nome Giovanni diventano, sulla bocca di Zaccaria, un alto cantico di lode al Signore, «perché ha visitato il suo popolo e si è ricordato della sua santa alleanza» (Lc 1,69 e 72).

Si giunge, così, all’evento centrale, la nascita del Salvatore: Maria «diede alla luce il suo figlio, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia» (Lc 2,7). A questa scena, sobria ed essenziale, fa da cornice un’estesa rete di preghiera: l’inno di lode intonato dalla schiera celeste, il silenzio meditativo della Madonna – «Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole in cuor suo» (Lc 2,19) –, quindi la preghiera dei pastori che «se ne tornarono glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto» (Lc 2,20).

Dopo la nascita di Gesù seguono la circoncisione e la sua presentazione al tempio (2,22-38): all’offerta e ringraziamento dei genitori si accompagnano sia il cantico di gratitudine di Simeone – «Lascia, o Dio, che il tuo servo vada in pace, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza» (Lc 2,29-30) – sia la preghiera di Anna che, «sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio» (Lc 2, 38). Il tutto si conclude con una celebrazione liturgica: Gesù, dodicenne, insieme ai suoi genitori da Nazareth sale a Gerusalemme per prendere parte alla festa di Pasqua e, dopo tre giorni, è ritrovato nel tempio, nella casa di suo Padre (2,41-52).

La preghiera, porta d’accesso al terzo vangelo

I racconti dell’infanzia, dunque, iniziano con una celebrazione nel tempio, continuano con incontri di preghiera nelle case e si concludono ancora nel tempio di Gerusalemme, simbolo per eccellenza della fede e della preghiera di Israele. Dal sintetico richiamo di questi episodi si possono trarre due insegnamenti.



1 Anzitutto la preghiera ha due spazi fondamentali: da una parte il tempio, luogo del culto e della preghiera ufficiale, dall’altra la casa, l’abitazione quotidiana, come quella di Maria a Nazareth, di Elisabetta a Ain-Karim, villaggio poco distante da Gerusalemme, e quella della nascita di Gesù a Betlemme, probabilmente una casa di pastori. La preghiera liturgica e la preghiera domestica si intersecano, si arricchiscono vicendevolmente e costituiscono l’esperienza portante del "vangelo dell’infanzia".

2 San Luca, all’inizio della sua narrazione evangelica, ha voluto lanciare un esplicito monito: la preghiera è il "luogo" privilegiato della rivelazione, è l’esperienza fondamentale per accogliere la parola del Vangelo, per comprendere in modo profondo e personale i fatti, i gesti, le parole di Gesù, la sua vita, la sua persona, il suo mistero. Per conoscere il testo sacro sono determinanti la sua lettura, lo studio e l’approfondimento. Per capire, però, in profondità il messaggio rivelato, per cogliere la sua valenza personale ed esistenziale, è necessaria la preghiera, intesa come esperienza meditativa-orante.

Si potrebbe esprimere il richiamo di Luca con un’immagine concreta: se volete accogliere in profondità il messaggio evangelico, mettetevi in ginocchio. È nella preghiera che sgorga la nostra risposta, stupita e ammirata, a Dio e al suo progetto di salvezza. È la preghiera contemplativa della Parola rivelata che fonda la nostra testimonianza cristiana. Ce lo ricorda san Tommaso d’Aquino: «Contemplata aliis tradere» – trasmettiamo ciò che abbiamo contemplato (Summa Theologica, IIa IIae, q. 188, art. 6).

«Gioisci, o amata!»

La visitazione di Maria ad Elisabetta (Lc 1,39ss.) si pone in continuità e come completamento dell’annuncio fatto dall’angelo Gabriele a Maria.

Nell’annunciazione, appaiono sul proscenio due personaggi, l’angelo e Maria. Dietro le quinte, poi, c’è un terzo attore, lo Spirito Santo: discende su Maria, la quale diventa madre grazie al suo intervento. L’incontro si snoda in un dialogo. Il saluto dell’angelo è l’annuncio di una bella e sorprendente notizia: «Chàire, kecharitomène» (Lc 1,28).



La versione della Cei recita: «Ti saluto, o piena di grazia». Si dovrebbe tradurre: «Esulta/gioisci, o amata/prediletta da Dio». Maria è straordinariamente ricca di bellezza e piena di grazia, perché scelta e amata da Dio. Aggiunge l’angelo: «Il Signore è con te [...]. Non avere paura. Lo Spirito Santo scenderà su di te [...]. Concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù», il Salvatore (Lc 1, 28-35).

La risposta di Maria è articolata: dopo un iniziale turbamento, pone la domanda, «Come è possibile?» (Lc 1, 34), per sottolineare che la fede è assenso incondizionato ma sempre ragionevole e motivato. Infine, Maria pronuncia il suo sì totale: «Eccomi, sono la serva del Signore» (Lc 1, 38). All’annunciazione segue immediatamente la visitazione. Maria, avendo saputo dall’angelo che la cugina era incinta di sei mesi, si alzò, in fretta si mise in cammino verso la montagna, entrò nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Nella scarna e rapida narrazione sono in scena cinque attori. Anzitutto due persone visibili: Maria ed Elisabetta. Inoltre due personaggi nascosti: Gesù e Giovanni Battista nel grembo delle loro madri. Infine un attore invisibile: lo Spirito Santo che ispira la risposta di Elisabetta, la quale «fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce» (Lc 1,41). L’incontro fra le due cugine si traduce fondamentalmente in un monologo. Maria è al centro della scena, ma resta in silenzio: la Madre di Gesù è presente ma tace. Di lei riecheggia solo la voce del suo saluto, del quale non si conosce il contenuto: «La voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi» (Lc 1,44). In primo piano, dunque, non sono le parole di Maria, ma la sua voce.

La risposta di Elisabetta, sorpresa per la visita della cugina, è un’ammirata contemplazione di Maria: è proclamata benedetta da Dio, Madre di Gesù, vera credente. Al centro della sua risposta è l’affermazione: «Madre del mio Signore» (Lc 1,43). È una vera professione di fede. Elisabetta è la prima credente che interpreta l’evento annunciato dall’angelo Gabriele. Ella riconosce al tempo stesso l’identità di Maria, la Madre di Gesù, e l’identità del figlio: egli è il Signore.

L’appellativo «Signore» (Kyrios) riassume in una sola parola quanto l’angelo ha detto di Maria e, nello stesso tempo, è il titolo che appartiene alla fede della comunità postpasquale e si riferisce a Gesù risorto e glorioso, nel quale è la pienezza della sovranità. Secondo Bruno Maggioni l’espressione «Madre del mio Signore» è «il titolo mariano più splendido che si legge nel Nuovo Testamento. Luca lo pone sulle labbra di Elisabetta che, in tal modo, diviene la "prefigurazione" della comunità credente» (Il racconto di Luca, Cittadella, Assisi 2000, p. 42).

monsignor Giuseppe Cavallotto
*Vescovo di Cuneo-Fossano

www.stpauls.it/madre/0801md/0801md24.htm



[SM=g1740734] [SM=g1740750]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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