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Maria è Figura della Chiesa, entrambe sono indivisibili

Ultimo Aggiornamento: 31/01/2018 20:27
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01/12/2008 16:54
 
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II
"BEATA COLEI CHE HA CREDUTO" (Lc 1,45)


Maria è l’esempio vivente del modo di agire di Dio nella storia della salvezza. Scrive Tertulliano: "Non c’è nulla che sconcerti la mente umana quanto la semplicità delle opere divine che si vedono in azione, paragonata alla magnificenza degli effetti che in esse si ottengono... Meschina incredulità umana, che nega a Dio le sue proprietà, che sono semplicità e potenza" (De bapt. 2,1). Egli alludeva alla grandiosità degli effetti del battesimo e alla semplicità dei mezzi e dei segni esterni: un po’ d’acqua e alcune parole.

Così è stato di Maria e della venuta al mondo del Salvatore. Maria è l’esempio di questa sproporzione divina tra ciò che si vede all’esterno e ciò che avviene all’interno. Maria per i suoi parenti e compaesani era una ragazza modesta, niente di eccezionale: era "la Maria".

Dobbiamo ricordare a ogni istante questa verità per non volatilizzare la figura di Maria proiettandola - come hanno fatto spesso l’iconografia e la pietà popolare - in una dimensione eterea e disincarnata, proprio lei che è la madre del Verbo incarnato! Parlando di Maria, dobbiamo sempre tenere presenti le due caratteristiche dello stile di Dio: la semplicità e la magnificenza. In Maria la magnificenza della grazia e della vocazione convive con la più assoluta semplicità e concretezza.

1 - "Eccomi, sono la serva del Signore" (Lc 1,38)

Quando Maria giunse da Elisabetta, questa l’accolse con grande gioia, e, piena di Spirito Santo, esclamò: "Beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore" (Lc 1,45). L’evangelista Luca si serve dell’episodio della Visitazione per portare alla luce ciò che si era compiuto nel segreto di Nazaret.

La cosa grande che è avvenuta a Nazaret, dopo il saluto dell’angelo, è che Maria ha creduto ed è diventata così Madre del Signore. Questo "aver creduto" si riferisce alla risposta di Maria all’angelo: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1,38). Con queste semplici parole si è manifestato il più grande e decisivo atto di fede nella storia del mondo. "In un istante che resta valido per tutta l’eternità, la parola di Maria fu la parola dell’umanità e il suo ‘sì’, l’amen di tutta la creazione al ‘sì’ di Dio" (K. Rahner).

In lei è come se Dio interpellasse di nuovo la libertà creata, offrendole una possibilità di riscatto. È questo il senso profondo del parallelismo Eva-Maria caro ai Padri e a tutta la tradizione. "Eva, quand’era ancora vergine, accolse la parola del serpente e partorì disobbedienza e morte. Maria, invece, la Vergine, accogliendo con fede e gioia il lieto annuncio recato dall’angelo Gabriele, rispose: "Si faccia di me secondo la tua parola"" (S. Giustino, Dialogo con Trifone, 100, PG 6,709).

Dalle parole di Elisabetta: "Beata colei che ha creduto", si comprende che la maternità divina di Maria non è intesa soltanto come maternità fisica, ma molto più come maternità spirituale fondata sulla fede.

Sant’Agostino scrive: "La vergine Maria partorì credendo quel che aveva concepito credendo... Dopo che l’angelo ebbe parlato, ella, piena di fede, concependo Cristo prima nel cuore che nel grembo, rispose: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me secondo la tua parola"" (Disc. 215, 4, PL 38, 1074). Alla pienezza di grazia da parte di Dio corrisponde la pienezza di fede da parte di Maria.

La fede di Maria è un atto di amore e di docilità, un atto libero e misterioso come ogni incontro tra la grazia e la libertà. È questa la vera grandezza personale di Maria, la sua beatitudine confermata da Cristo stesso. Una donna nel vangelo dice a Gesù: "Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte" (Lc 11,27). Questa donna proclama beata Maria perché ha portato (bastàsasa) Gesù. Elisabetta invece la proclama beata perché ha creduto (pistèusasa). La donna proclama beato il portare Gesù nel grembo, Gesù proclama beato il portarlo nel cuore: "Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano" (Lc 11,28). Con questa risposta Gesù aiuta quella donna e tutti noi a capire dove risiede la vera grandezza di sua madre. È proprio di lei che nel vangelo sta scritto due volte: "Maria serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore" (Lc 2,19.51).

2 - "Crediamo anche noi!" (s. Agostino)

Consideriamo ora le nostre implicazioni personali che scaturiscono dalla fede di Maria. Sant’Agostino, dopo aver affermato che Maria "piena di fede, partorì credendo quel che aveva concepito credendo", trae un’applicazione pratica e dice: "Maria credette e si avverò in lei quel che credette. Crediamo anche noi, perché quel che si avverò in lei possa giovare anche a noi" (Disc. 215, 4, PL 38,1074).

La fede di Maria ci spinge a rinnovare il nostro personale atto di fede e di abbandono in Dio. Questo è l’esercizio da fare al termine di questo secondo passo dietro a Maria.

Noi siamo l’edificio di Dio, il tempio di Dio. L’impresa della nostra santificazione è come la "costruzione di un edificio spirituale" (1Pt 2,5). Dio non può costruire in noi il suo tempio se prima non gli cediamo liberamente la proprietà del terreno. Questo avviene quando diamo a Dio la nostra libertà, quando gli cediamo la nostra proprietà con un atto di fede e di consenso, con un sì pieno e totale.

Dobbiamo però ricordare che Maria ha detto il suo "avvenga di me" (greco ghènoito) all’ottativo; esso non esprime una accettazione rassegnata, ma un desiderio vivo, una gioia. Sapendo che Dio è amore infinito e che nutre per noi "progetti di pace e non di afflizione" (Ger 29,11), noi dobbiamo dire con desiderio e gioia, come Maria: "Avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1,38).

Con ciò si realizza il senso della vita umana e la sua più grande dignità. Dire ‘sì’ a Dio non umilia la dignità dell’uomo, ma la esalta. L’uomo non può vivere e realizzarsi senza dire ‘sì’ a qualcuno o a qualcosa. Ma è ben diverso il ‘sì’ detto dagli esistenzialisti atei, come fredda e cieca necessità, al destino e alla morte, e il ‘sì’ detto con abbandono e amore al Padre espresso in questa preghiera di Charles de Foucauld: "Padre mio mi abbandono a te. Fa’ di me ciò che ti piace. Qualunque cosa tu faccia di me, ti ringrazio. Sono pronto a tutto, accetto tutto, perché la tua volontà si compia in me e in tutte le creature. Non desidero altro, mio Dio. Rimetto la mia anima nelle tue mani. Te la dono, mio Dio, con tutto l’amore del mio cuore, perché ti amo. Ed è per me un’esigenza d’amore il donarmi e il rimettermi nelle tue mani senza misura, con una confidenza infinita, perché tu sei il Padre mio".


III
"CONCEPIRAI E DARAI ALLA LUCE UN FIGLIO" (Lc 1,31)

1 - Madre di Dio


Nel parlare di Maria, la Scrittura mette costantemente in risalto due elementi o momenti fondamentali: concepire e partorire. L’angelo dice a Maria: "Ecco, concepirai un figlio e lo darai alla luce" (Lc 1,31). Questi due elementi sono presenti anche nel vangelo secondo Matteo: "Quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio..." (Mt 1,20-21).

La profezia di Isaia, che preannunciava tutto questo, si esprimeva allo stesso modo: "Una vergine concepirà e partorirà un figlio" (Is 7,14). È nel Natale, nel momento in cui dà alla luce il suo figlio primogenito, che Maria diventa veramente e pienamente Madre di Dio. Il titolo "Genitrice di Dio" (Dei Genitrix) mette più in risalto il momento della concezione; il titolo "Theotòkos", in uso nella Chiesa greca, mette più in rilievo il momento del partorire (tìkto significa "partorisco"). Il primo momento, il generare, è comune sia al padre che alla madre, mentre il secondo, il partorire, è esclusivo della madre.

Madre di Dio: un titolo che esprime uno dei misteri più alti del cristianesimo. La liturgia della Chiesa esclama: "Quello che i cieli non possono contenere, si è racchiuso nelle tue viscere, fatto uomo". Madre di Dio è il più antico e più importante titolo dogmatico di Maria, definito dalla Chiesa nel Concilio di Efeso nel 431, come verità di fede per tutti i cristiani. È il fondamento di tutta la grandezza di Maria. "Chiamandola Madre di Dio, si è compreso tutto il suo onore; nessuno può dire di lei o a lei cosa più grande... Anche il nostro cuore deve riflettere cosa significa essere Madre di Dio" (Lutero, Comm. al Magnificat).

2 - L’imitazione della Madre di Dio

Come possiamo imitare questo aspetto della Madonna di essere Madre di Dio? Maria è figura e modello della Chiesa anche in questo. Scrive Origene: "Che giova a me che Cristo sia nato una volta da Maria a Betlemme, se non nasce anche per fede nella mia anima?" (Comm. Vang. Lc 22,3).

La maternità divina di Maria si realizza su due piani: su un piano fisico e su un piano spirituale. Maria è Madre di Dio non solo perché l’ha portato fisicamente nel grembo, ma anche perché l’ha concepito nel cuore con la fede.

Noi non possiamo, naturalmente, imitare Maria generando fisicamente il Cristo, fatto unico e irripetibile, ma possiamo imitarla generandolo nel nostro cuore con la fede. Gesù stesso iniziò questa applicazione alla Chiesa del titolo di Madre di Cristo, quando dichiarò: "Mia madre e miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica" (Lc 8,21; cfr. Mc 3,31-32; Mt 12,49).

Scrive sant’Agostino: "Comprendo che noi siamo fratelli di Cristo e che sono sorelle di Cristo le sante e fedeli donne. Ma in che senso possiamo intendere di essere madri di Cristo? Che potremo dire dunque? Oseremo forse chiamarci madri di Cristo? Ma certo, osiamo chiamarci madri di Cristo! Ho chiamato infatti voi tutti suoi fratelli e non oserei chiamarvi sua Madre? Ma molto meno oso negare ciò che affermò Cristo. Orsù, dunque, carissimi, osservate come la Chiesa - cosa questa evidente - è la sposa di Cristo; ciò che si comprende più difficilmente, ma è vero, è che sia la madre di Cristo. La Vergine Maria ha preceduto la Chiesa come sua figura. Come mai, vi domando, Maria è Madre di Cristo, se non perché ha partorito le membra di Cristo? Membra di Cristo siete voi, ai quali io parlo: chi vi ha partoriti? Sento la voce del vostro cuore: "La Madre Chiesa", questa madre santa, onorata, simile a Maria, partorisce ed è vergine... Le membra di Cristo partoriscono dunque con lo Spirito, come Maria partorì Cristo col ventre: così sarete madri di Cristo. Non è una cosa lontana da voi; non è al di fuori di voi, non è incompatibile con voi; siete diventati figli, siate anche madri" (Disc. 72 A).

Nella tradizione, questa verità ha conosciuto due livelli di applicazione complementari tra loro. Questa maternità si vede realizzata nella Chiesa presa nel suo insieme, in quanto "sacramento universale di salvezza" e in ogni singola persona che crede.

Il Concilio Vaticano II si colloca nella prima prospettiva quando scrive: "La Chiesa... diventa essa pure madre, poiché con la predicazione e il battesimo genera a una vita nuova e immortale i figli, concepiti per opera dello Spirito Santo e nati da Dio" (LG 64).

Ma ancora più chiara è, nella tradizione, l’applicazione personale ad ogni anima: "Ogni anima che crede, concepisce e genera il Verbo di Dio... Se secondo la carne una sola è la Madre di Cristo, secondo la fede tutte le anime generano Cristo quando accolgono la parola di Dio" (S. Ambrogio, Esposizione del vangelo secondo Luca, II, 26). Un altro Padre fa eco dall’oriente: "Il Cristo nasce sempre misticamente nell’anima, prendendo carne da coloro che sono salvati e facendo dell’anima che lo genera una madre vergine" (S. Massimo il Confessore, Commento al Padre nostro, PG 90,889).

Uno scrittore del Medioevo ha fatto una specie di sintesi di tutti questi motivi, scrivendo: "Maria e la Chiesa sono una madre e più madri; una vergine e più vergini. L’una e l’altra madre, l’una e l’altra vergine. L’una e l’altra concepisce senza concupiscenza dallo stesso Spirito; l’una e l’altra dà a Dio Padre una prole senza peccato. Quella, senza alcun peccato, partorì al corpo il Capo; questa, nella remissione di tutti i peccati, partorisce il corpo al Capo. Entrambe madri di Cristo, ma nessuna partorisce il tutto senza l’altra. Per questo, nelle Scritture divinamente ispirate, ciò che si dice in modo universale della Vergine Madre Chiesa, lo si intende in modo singolare della Vergine Madre Maria; e ciò che si dice in modo speciale di Maria, lo si intende in senso generale della vergine Madre Chiesa... Infine, ogni anima fedele, sposa del Verbo di Dio, madre, figlia e sorella di Cristo, viene ritenuta anch’essa a suo modo vergine e feconda. La stessa sapienza di Dio che è il Verbo del Padre applica dunque universalmente alla Chiesa ciò che dice specialmente di Maria e singolarmente anche di ogni anima credente" (B. Isacco della Stella, Disc. 51, PL 194, 1863).

3 - Come concepire e partorire di nuovo Cristo


Come si diventa, in concreto, madre di Gesù? Ascoltando la Parola di Dio e mettendola in pratica. Maria è diventata Madre di Gesù concependolo e partorendolo. Anche per noi non basta concepire Cristo con l’ascolto della Parola; dobbiamo anche partorirlo con le opere.

Concepisce Gesù senza partorirlo chi accoglie la Parola senza metterla in pratica, chi continua ad abortire formulando propositi di conversione e non si converte: chi insomma ha la fede, ma non ha le opere.

Siamo giunti al problema delle buone opere. Dopo la grazia di Dio e la risposta di fede dell’uomo, parliamo delle opere. Troviamo tutto riassunto in questo brano di Paolo: "Per questa grazia siete salvi mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone che Dio ha predisposto perché noi le praticassimo" (Ef 2,8-10).

Siamo noi l’opera di Dio; l’opera buona che Dio ha operato in Cristo. Dio però ci ha salvati in Cristo, non perché restassimo inerti e passivi, ma perché fossimo in grado di compiere, mediante la grazia e la fede, le opere buone che sono i frutti dello spirito Santo, le virtù cristiane. Se non mettiamo seriamente in pratica la Parola, se non passiamo dalla contemplazione all’imitazione di Cristo, la nostra vita cristiana è un aborto.

"Siamo madri di Cristo quando lo portiamo nel nostro cuore e nel nostro corpo per mezzo del divino amore e della pura e sincera coscienza; lo generiamo attraverso le opere sante, che devono risplendere agli altri in esempio... Oh, come è santo e come è caro, piacevole, umile, pacifico, dolce, amabile e desiderabile sopra ogni cosa, avere un tale fratello e un tale figlio, il Signore Nostro Gesù Cristo!" (s. Francesco d’Assisi, Lettera ai fedeli 1).

Per san Bonaventura, l’anima concepisce Gesù quando, scontenta della vita che conduce, stimolata da sante ispirazioni e accendendosi di santo amore, e, infine, staccandosi risolutamente dalle sue vecchie abitudini e difetti, è come fecondata spiritualmente dalla grazia dello Spirito Santo e concepisce il proposito di una vita nuova. Una volta concepito, il benedetto Figlio di Dio nasce nel cuore quando l’uomo mette in opera i santi propositi. Se i propositi non sono messi in atto, Gesù è concepito, ma non è partorito: è uno dei tanti aborti spirituali: si celebra l’annunciazione, ma non si celebra il Natale del Signore!

Terminiamo con le parole di sant’Agostino che ci esortano a imitare la Madre di Dio: "La Madre lo portò nel grembo, noi portiamolo nel cuore; la Vergine divenne gravida per l’incarnazione di Cristo, divenga gravido il nostro cuore per la fede in Cristo; ella partorì il Salvatore, la nostra anima partorisca la salvezza e la lode. Non siano sterili le nostre anime, ma siano feconde per Dio" (S. Agostino, Disc. 189, 3, PL 38, 1006).


continua...............
[Modificato da Caterina63 03/08/2011 16:13]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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