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Rosarium Virginis Mariae di Giovanni Paolo II

Ultimo Aggiornamento: 01/12/2008 17:56
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Il Rosario con Papa Wojtyła

dal sito: Madre di Dio


Leggiamo la Lettera apostolica "Rosarium Virginis Mariae" di Giovanni Paolo II, assecondando creativamente l’intento sottostante nella proclamazione dell’Anno del Rosario. – Il Papa introduce novità sostanziali nella interpretazione o accentuazione del senso del Rosario, orientandolo nella prospettiva di "preghiera dal cuore cristologico".

Ottimale esito che meriterebbe la Lettera apostolica Rosarium Virginis Mariæ, firmata da Giovanni Paolo II il 16 ottobre 2002 all’inizio del XXV anno di Pontificato, sarebbero individuale pensosa lettura del messaggio, nonché avvio o potenziamento delle suggestioni che ne scaturiscono, ovvero la visibilità che deriva come conseguenza dell’ascolto, in primo luogo quella di tornare o perseverare nel ‘dire il rosario’ (come il Papa cerca di persuadere: cfr. RVM, 43); ottimo commento a questa Lettera è quanto ciascuno si trova personalmente in grado o si sforza di far scaturire da mente e cuore. Ed è ovviamente utile anche la condivisione delle proprie risonanze, comunanza del personale commento (come si configurano pure queste righe). Meglio ancora: tradurre il messaggio pontificio, assecondando creativamente l’intento sottostante nella proclamazione dell’Anno del Rosario (cfr. Ibid., 3).


Giovanni Paolo II firma la Lettera apostolica "Rosarium Virginis Mariae" durante la solenne Udienza
in Piazza San Pietro del 16 ottobre scorso, inizio del XXV anno del suo Pontificato.


Virgulti nuovi

Dopo 433 anni di stabilità il Rosario viene modificato: fu il papa Pio V - frate domenicano e quindi paladino di quella preghiera privilegiata nel proprio Ordine (tuttavia non rammentato nel documento wojtyłiano, a differenza di altri ‘rosarianti’ (cfr. Ibid., 8; 43) - a fissare la struttura della corona mariana nella tripartizione delle quindici tappe o ‘misteri’, ritmati dalle centocinquanta Ave, Maria in riferimento ai 150 Salmi biblici. Apporti successivi non alterarono la fissità di tale struttura; la movimentarono appena con modifiche o novità eucologiche, alle volte significative alle volte banali.

Giovanni Paolo II introduce novità sostanziose nella interpretazione o accentuazione del senso del Rosario, orientandolo nella prospettiva di "preghiera dal cuore cristologico" (cfr. Ibid., 1). Anzitutto, novità nella struttura stessa di esso tramite l’inserimento di ulteriori cinque tappe tracciate come "misteri della luce" (cfr. Ibid., 21). Pertanto, il Rosario intero si allunga sino a venti ‘misteri’ e duecento Ave, Maria e aumentano congiuntamente le altre formule eucologiche, anche se immutata resta la quantità della corona tascabile, "strumento tradizionale…, simbolismo che può dare ulteriore spessore alla contemplazione" (cfr. Ibid. 36), che adesso sarà pure ‘recitata’ per la quarta parte.

La curiosità pubblicitaria accesa dai mass media circoscrive la novità del Rosario wojtyłiano all’aggiunta di questi cinque ‘misteri’, fomentando il rischio di distrazione dalla novità del messaggio rosariale. Tuttavia, anche questa novità strutturale offre uno spunto per rimarcare la duttilità della forma eucologica del Rosario: il Rosario, oltre la forma fissata, si presta a celebrazioni variabili in risposta a situazioni personali o collettive nelle quali via via sensibilità e necessità dell’orante si trovano. Verrebbe confermata, insomma, e persino incoraggiata, la celebrazione del Rosario incarnata in realtà contemplative e quotidiane con libero discernimento precisamente individuate. Fa fede di tale possibilità la molteplicità di sussidi a favore di un Rosario rinnovato, che tuttora stanno esibiti in bella vista sul mercato librario (anche la nostra rivista ne dette un esempio lo scorso ottobre), assecondando in qualche modo l’auspicio di Paolo VI, appunto verso "il rinnovamento di questo pio esercizio" (cfr. Marialis cultus 42).

Il Rosario non è liturgia, memoria viva e vitale del mistero di Cristo, e dunque bisognosa di rispetto anche della forma e di partecipazione nella sostanza della celebrazione: è preghiera privata che consente di venire gestita in servizio individuale o collettivo (sconsigliate le variabili proclivi ad ogni stravaganza). Insomma, il Rosario si può adattare alla concretezza della realtà che si sta vivendo o sta accadendo.

Il Papa stesso confida di essere ‘uomo del Rosario’, e tale anche sul soglio di Pietro, poiché - dice – "il Rosario è la mia preghiera prediletta" (cfr. Ibid., 2; 25). E riconosce – dunque, incoraggia – il fatto che "diventa naturale portare [tramite il rosario] a questo incontro con la santa umanità del Redentore i tanti problemi, assilli e progetti che segnano la nostra vita" (cfr. Ibid., 25). Dunque, il Rosario è preghiera nelle mani di ciascuno; soprattutto, offerta per il proprio cuore.


Papa Giovanni Paolo II, primo ‘rosariante’ della Chiesa, guida la recita del Santo Rosario
il 3 giugno 1995, nella Chiesa dei Francescani di Bruxelles, in Belgio.

Contemplare con Maria

Dalle origini di immemori tempi sino alle replicate affermazioni dei Papi - da Leone XIII a Giovanni XXIII, nominati in questa Lettera apostolica (cfr. Ibid., 2) - il Rosario brillava come omaggio a Maria: era privilegiata preghiera mariana. Giovanni Paolo II ribadisce "il carattere evangelico del Rosario e il suo orientamento cristologico" (affermato dal citato documento di Paolo VI) e approda, già nell’esordio, alla consequenziale conclusione che il Rosario, "pur caratterizzato dalla sua fisionomia mariana, è preghiera dal cuore cristologico; nella sobrietà dei suoi elementi, concentra in sé la profondità dell’intero messaggio evangelico, di cui è quasi un compendio" (cfr. Ibid., 1). Forte novità è proprio questa angolatura evangelico-cristologica della preghiera mariana. Anche se, invero, si tratta della esplicitazione dell’implicito. Siffatta convinzione è motivata e comprensibile nella ‘cultura’ di Karol Wojtyła: il Cristo sta al centro della sua vita e dei suoi pensieri, è il dono che si prodiga ad annunciare e portare nella storia contemporanea. Questa centralità di Cristo vibra nei suoi documenti pontifici, a cominciare dalla prima enciclica Redemptor hominis (4 marzo 1979: citata al n. 25), per finire con la lettera Novo millennio ineunte (6 gennaio 2001), ripetutamente rammentata (ai nn. 3; 5; 18; 23; 28; 41), nella quale riverberano persuasione e speranza che eredità del Grande Giubileo resti l’incontro con Cristo. Anzi, la riflessione sul Rosario è quasi coronamento di quella giubilare, "per esortare alla contemplazione del volto di Cristo" (cfr. Ibid., 3). Pure il Rosario è incontro con Cristo.

La stessa integrazione con i cinque ‘misteri della luce’ palesa l’intento di Giovanni Paoli II di "potenziare lo spessore cristologico del Rosario" (sebbene tale integrazione venga "lasciata alla libera valorizzazione dei singoli e delle comunità" (cfr. Ibid., 19). Questi ‘misteri luminosi’ sono "opportunamente individuati nel Battesimo di Gesù al Giordano, nella sua autorivelazione alle nozze di Cana, nell’annuncio del regno di Dio con l’invito alla conversione, nella sua Trasfigurazione, nell’istituzione dell’Eucaristia, espressione sacramentale del mistero pasquale" . Il Papa stesso offre motivazione e commento sintetici; e ripete la centralità in cui il Cristo solo è protagonista: "tranne che a Cana, la presenza di Maria rimane sullo sfondo" (cfr. Ibid., 21).


Altra circostanza in cui il Papa, ai microfoni della Radio Vaticana, guida il Rosario.

Cinque misteri in più equivalgono a cinque soste in più di incontro con l’una o l’altra vicenda del Cristo, e di meditazione sulla scorta delle narrazioni evangeliche. Il Papa fornisce anche le citazioni, corredate di segnalazione dei passi paralleli. La rivisitazione delle singole pericopi e l’arricchimento con i riferimenti tematici paralleli costituiscono un ottimo criterio di immersione nel mistero cristologico meditato, nonché eccellente opportunità di arricchimento nella propria fede. Equivalgono ad una minuscola lectio divina.

Identico criterio vale nella menzione degli altri quindici misteri tradizionali, che il Papa rammenta e commenta (misteri della gioia, al n. 20; misteri del dolore, al n. 22; misteri della gloria, al n. 23). A loro volta, anche la contemplazione dei ‘misteri della luce’ o ‘misteri luminosi’ si avvantaggia e approfondisce con l’allargamento dei riferimenti biblici. Può essere la collocazione nella controluce, ossia sullo sfondo, dei ‘misteri della tenebra’ o ‘misteri tenebrosi’ - l’ora o le ore delle tenebre che incombono in alcune narrazioni evangeliche -, nei quali Gesù fu immerso o assediato: ad esempio, via via in parallelo con il singolo ‘mistero luminoso’, le tentazioni di Satana nel deserto; l’ostilità dei compaesani a Nazaret; rifiuti di accoglienza della persona e dell’evangelo da parte di farisei, scribi, sacerdoti, capi del popolo; incomprensioni da parte dei discepoli (e di Pietro segnatamente) circa l’annuncio della Croce necessaria alla risurrezione; tradimento di Giuda e solitudine nell’agonia.

Queste contestualità Giovanni Paolo II Papa non le evoca, ma l’impostazione del suo Rosario le consente sapientemente.

L’introduzione del "nuovo ciclo" dei ‘misteri luminosi’ provoca un ridimensionamento nella distribuzione del tempo. Per il Papa "sembra consigliabile" la collocazione di essi il giovedì, ristrutturando l’articolazione tradizionale: ‘misteri della gioia’, lunedì e sabato, che "è tradizionalmente un giorno a forte carattere mariano"; ‘misteri del dolore’, martedì e venerdì; ‘misteri della gloria’, mercoledì e domenica (cfr. Ibid., 38). Autore di una non lieve rivoluzione metodologica, quantitativa e cronologica, Giovanni Paolo II è consapevole di probabili reazioni e sorprese e disturbi delle abitudini, tanto da non imporre questo suo disegno, il quale "non intende limitare una conveniente libertà nella meditazione personale e comunitaria, a seconda delle esigenze spirituali e pastorali e soprattutto delle coincidenze liturgiche che possono suggerire opportuni adattamenti" (cfr. Ibid., 38).


La Vergine del Rosario, Basilica-Santuario di Pompei.

Contemplazione del volto di Cristo


Importanza fondamentale e irrinunciabile "è che il Rosario sia sempre più concepito e sperimentato come itinerario contemplativo" (cfr. Ibid., 38). Tale valenza contemplativa del Rosario configura un’altra novità gagliarda e coraggiosa. Dunque, la vera identità del Rosario si configura come pellegrinaggio nella contemplazione del volto di Cristo.

La contemplazione del volto di Cristo costituisce un tema melodico nella sinfonia della spiritualità e degli insegnamenti di Giovanni Paolo II. Nella citata lettera Novo millennio ineunte uno dei cardini è la contemplazione del volto di Cristo (cfr. nn. 16-28), la quale rinforza il progetto del "ripartire da Cristo" (cfr. nn. 29-41) per proseguire quali autorevoli e convincenti "testimoni dell’amore" (cfr. nn. 42-57). Il Rosario, è dunque certo il Papa, "costituisce un mezzo validissimo per favorire tra i fedeli l’impegno di contemplazione del mistero cristiano" (cfr. Ibid., 5).

Il volto è sintesi della integralità dell’essere umano, metafora dell’identità, emblema del sembiante individuale. Contemplare il volto di Cristo equivale ad avvicinarsi, ad incontrare il mistero totale del Signore Gesù il Cristo. Il Rosario è un percorso scandito in segmenti che collocano l’orante e il contemplativo di fronte, uno dopo l’altro, a frammenti del mistero globale di Cristo; è come l’incedere in un chiostro monastico o conventuale dove non c’è un via vai avanti e indietro, bensì un continuo procedere circolare, tornando sui propri passi come rimuginando briciole di contemplazione, come rientrando nel cono di luce della santa Parola che riverbera il ‘mistero’.

Porzione di alta mistica è il capitolo primo della Lettera apostolica, intitolato "contemplare il volto di Cristo"; i sottotitoli cesellano tipologia e modalità di questa contemplazione: un volto splendido come il sole (cfr. Ibid., 9), Maria modello di contemplazione (cfr. Ibid., 10), i ricordi di Maria (cfr. Ibid., 11), il Rosario, preghiera contemplativa (cfr. Ibid., 12), ricordare Cristo con Maria (cfr. Ibid., 13), imparare Cristo da Maria (cfr. Ibid., 14), conformarsi a Cristo con Maria (cfr. Ibid., 15), supplicare Cristo con Maria (cfr. Ibid., 16), annunciare Cristo con Maria (cfr. Ibid., 17).

Queste pericopi esaltano la pedagogia mariana alla cristologia: il volto di Maria è icona del volto di Cristo. È vero che "alla contemplazione del volto di Cristo non ci si introduce che ascoltando, nello Spirito, la voce del Padre"; ma è vero altresì che le mediazioni sono molteplici: tra esse, il Rosario, che "è uno dei percorsi tradizionali della preghiera cristiana applicata alla contemplazione del volto di Cristo" (cfr. Ibid., 18).

Compare deciso e lucido l’intento di Giovanni Paolo II, echeggiato come un vibrante ritornello: il Rosario è contemplazione cristologica (cfr. Ibid., 12 e passim).

Indiscutibile compare una conclusione dalle insistenze con cui la Lettera pontificia rivoluziona mentalità dei rosarianti e prassi rosariale: il Rosario, da preghiera recitativa in un incessante susseguirsi di parole oranti, diventa percorso di ascolto del messaggio contenuto nella enunciazione del singolo ‘mistero’ e di assorbimento della luce irradiata dalla Parola biblica che ne fa memoria.

Insomma, il Rosario dovrebbe sgranare meno parole e più Parola; dovrebbe favorire più silenzio meditativo e meno brusio di voci recitanti; dovrebbe più che mirare Maria, con Maria ricordare, imparare, supplicare, annunciare, contemplare Cristo Signore.

Luigi De Candido


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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