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La Mariologia di Benedetto XVI per un vero Culto mariano

Ultimo Aggiornamento: 05/03/2013 15:09
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02/12/2008 14:47
 
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La mariologia di Benedetto XVI
dal sito stpaulus.it sezione: La Madre di Dio

 


Dopo Giovanni Paolo II, il "grande Papa" del ‘Totus tuus’, la Provvidenza ci ha donato un altro "grande Papa", Benedetto XVI.

Vogliamo conoscere il suo pensiero teologico, la sua spiritualità – anche nella dimensione mariana, che già possiamo intuire non meno profonda ed autentica di quella del suo venerato Predecessore –, la sua vita di Pastore e, vorremmo dire già fin d’ora, di "Dottore della Chiesa".

Nell’art. delle pp. 11-13 proponiamo un primo ‘saggio’ della mariologia di Papa Ratzinger, attingendolo da uno dei suoi due libri sulla Madonna: Maria, Chiesa nascente [Ed. ‘San Paolo’, 1998], mentre ci riproponiamo di tornarci sopra con una serie di riflessioni, per apprendere la sua "catechesi mariana" in modo quanto più possibilmente completo. Intanto ci poniamo, con le sue parole, di fronte al "mistero Maria": "Il mistero di Maria significa che la Parola di Dio, cadendo in terra, ne assume l’humus: nella "terra" della Vergine Madre la Parola divenne uomo ["Verbum caro factum"] e ora di nuovo, impastata con la terra dell’intera umanità, può far ritorno a Dio".

Un pensiero di ‘teologia mariana’ che basta da solo a darci l’idea della sapienzialità profonda del nuovo Papa.



Il Testamento di Giovanni Paolo II

di ALBERTO RUM

Una eredità spirituale


Rileggendo il Testamento del defunto Pontefice, è facile scoprire il significato profondo dell’affidamento a Maria che egli esprimeva nel motto Totus tuus.

Ci chiediamo quale valore teologico e pastorale Giovanni Paolo II ha inteso attribuire nel Testamento alla sua devozione verso la Madre del Signore.

Quel Testamento, infatti, è stato da lui composto in anni successivi, nel corso di Esercizi Spirituali; composto quindi, per così dire, alla luce dell’eternità: "Nella vita e nella morte Totus tuus mediante l’Immacolata" [Anno 1980]; negli adesso del tempo e nell’ora della morte.

Diciamo subito che Giovanni Paolo II ha lasciato alla Chiesa la preziosa eredità di una vivissima devozione a Maria, Madre di Cristo e Madre della Chiesa. Il suo motto non era forse Totus tuus, rivolto alla Vergine? Sapevamo tutti che, con tutta la sua passione mariana nell’anima, egli non terminava mai un discorso senza dedicare un pensiero a Maria.

L’insegnamento del Montfort

Il Santo Padre Giovanni Paolo II, vivendo la spiritualità di San Luigi Maria di Montfort nella sua totalità, ci ha insegnato le profondità e la "donazione senza limiti" della consacrazione totale a Gesù per Maria: "Totus tuus ego sum, et omnia mea tua sunt".

Egli ha realizzato pienamente ciò che Montfort fa dire alla Santa Vergine, nostra buona Madre: "Felici quelli che praticano le mie virtù e camminano sulle tracce della mia vita! Sono felici in questo mondo, durante la loro vita, per l’abbondanza delle grazie e delle dolcezze che io comunico loro dalla mia pienezza [...]; felici nella loro morte, che è dolce e tranquilla e alla quale abitualmente assisto di persona per introdurli io stessa nelle gioie del Cielo" (VD 200).

        
Giovanni Paolo II, Papa del "Totus tuus" e del Rosario.

"Io sono tutto tuo e tutte le cose mie sono tue, o Vergine gloriosa e benedetta sopra tutto" (VD 216). All’inizio del suo Testamento Papa Wojtyła pone intanto il motto Totus tuus come chiave di lettura di quanto egli scriverà volta a volta, lungo il corso degli anni. Egli intende così affidare a Maria tutta la sua vita terrena, compreso il momento dell’ultima chiamata. "Non so - scrive - quando esso verrà, ma come tutto, anche questo momento depongo nelle mani della Madre del mio Maestro.

Totus tuus. Nelle stesse mani materne lascio tutto e Tutti coloro con i quali mi ha collegato la mia vita e la mia vocazione […]. Ognuno deve tener presente la prospettiva della morte […]. Allora anch’io prendo in considerazione questo continuamente, affidando quel momento decisivo alla Madre di Cristo e della Chiesa, alla Madre della mia speranza".

Riconosciamo in questo passo del Testamento quanto lo stesso Giovanni Paolo II scriveva nell’enciclica Redemptoris Mater: "L’affidamento è la risposta all’amore di una persona e, in particolare all’amore della madre. Affidandosi filialmente a Maria, il cristiano, come l’apostolo Giovanni, accoglie "fra le sue cose proprie" la Madre di Cristo e la introduce in tutto lo spazio della propria vita interiore, cioè nel suo "io" umano e cristiano".

In altri brani del suo Testamento, Papa Wojtyła manifesta la nota cristologica e trinitaria del suo affidamento a Maria. Così, dopo l’attentato alla sua vita [13 maggio 1981], egli conferma quanto aveva scritto negli Esercizi Spirituali dell’anno 1980: "Tanto più profondamente sento che mi trovo totalmente nelle mani di Dio – e resto continuamente a disposizione del mio Signore, affidandomi a Lui nella Sua Immacolata Madre (Totus tuus)".

"Desidero ancora una volta totalmente affidarmi alla grazia del Signore. Egli stesso deciderà quando e come devo finire la mia vita terrena e il ministero pastorale. Nella vita e nella morte Totus tuus mediante l’Immacolata".

Come non sentire in queste parole l’eco di quanto il Pontefice ha ripetuto nei suoi tanti scritti e discorsi? "Grazie a San Luigi Grignion da Montfort compresi che la vera devozione alla Madre di Dio è proprio cristocentrica, anzi è profondissimamente radicata nel Mistero trinitario di Dio, e nei misteri dell’Incarnazione e della Redenzione" [Giovanni Paolo II, Varcare la soglia della speranza, Ed. Mondadori 1994, p. 231].

Alberto Rum




[Modificato da Caterina63 25/09/2009 15:30]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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La mariologia di Benedetto XVI – 1

di BRUNO SIMONETTO

Maria, Chiesa nascente



"Il mistero di Maria: nella "terra" della Vergine Madre la Parola divenne uomo e ora di nuovo, impastata con la terra dell’intera umanità, può far ritorno a Dio".


"L'Osservatore Romano" ha pubblicato, in due fitte pagine [pp. 9-10] del num. del 24 Aprile scorso, un lungo elenco bibliografico degli scritti di Joseph Ratzinger, Benedetto XVI: un centinaio di titoli, moltissimi dei quali tradotti in varie lingue e quasi tutti stampati in più edizioni. Vi sono temi di teologia, di escatologia e di soteriologia, di sacramentaria e di catechesi, di pastorale, di analisi di storia della Chiesa [particolarmente in riferimento al Concilio Vaticano II], di etica politica, ecc.

Due i libri di mariologia: "Die Tochter Zion" [in italiano: La figlia di Sion – La devozione a Maria nella Chiesa, Milano 1979]; e "Maria – Kirche im Ursprung" [in italiano: Maria – Chiesa nascente, Cinisello Balsamo 1998].

Quest’ultimo volumetto [di 86 pagine, che da sole valgono un trattato completo di mariologia] ci consente di cogliere la centralità del pensiero sulla Madonna del Card. Ratzinger, certi che il nuovo Papa ne svilupperà i profondi contenuti nel suo Magistero pontificio.

"La Sapienza si è costruita una Casa" [Pr 9, 1] - Icona della Madre di Dio Kievskaja, "Rifugio di chi si è perduto" [sec. XIX].
"La Sapienza si è costruita una Casa" [Pr 9, 1]
Icona della Madre di Dio Kievskaja, "Rifugio di chi si è perduto" [sec. XIX].

Ouverture

Quasi come ouverture dell’insegnamento mariano del Card. Joseph Ratzinger, valga il capitoletto introduttivo del libro citato, in cui l’illustre teologo commenta il passo di Isaia: "La parola uscita dalla mia bocca non ritornerà a me senza effetto" [Is 55, 10-11], legandolo al passo del Vangelo di Matteo [cfr. 6, 7-15] sul "Padre nostro" che Gesù ci ha insegnato.

"Quando il profeta Isaia faceva questa affermazione – scrive Joseph Ratzinger –, essa non era affatto la constatazione di una cosa tanto ovvia, ma piuttosto una contraddizione rispetto a ciò che ci si poteva aspettare. Infatti, questo brano appartiene sicuramente alla narrazione della passione di Israele, ove si legge che i richiami di Dio al suo popolo subiscono continui scacchi e che la sua Parola resta invariabilmente senza frutto, mentre Dio appare assiso sul palco della storia, ma non come vincitore […]. In effetti, la semina di Dio nel mondo non sembrava dare risultati. Per questo, l’oracolo [del Profeta], sebbene avvolto nell’oscurità, è un incoraggiamento per tutti coloro che non ostante tutto continuano a credere nella potenza di Dio, convinti che il mondo non è soltanto terreno arido in cui il seme non può trovare spazio, e certi che la terra non sarà solo e sempre una crosta superficiale dove i passeri beccano il seme che vi è caduto, portandoselo via [cfr. Mc 4, 1-9].

Per noi Cristiani, un’affermazione del genere suona come promessa di Gesù Cristo, grazie al quale la Parola di Dio è ora veramente penetrata nella terra ed il seme è divenuto pane per tutti noi: seme che porta frutto per i secoli; risposta feconda, in cui il disegno di Dio si è radicato in questo mondo in modo vivente".



Su questa constatazione di fede, Joseph Ratzinger fa una applicazione profondamente biblica alla figura di Maria: "È difficile rinvenire altrove il mistero di Cristo collegato a quello di Maria in forma tanto chiara e stretta come nella prospettiva di questa promessa: perché quando si afferma che la Parola – meglio: il seme – porta frutto, si vuol dire che esso non cade sulla terra per rimbalzare via, ma che penetra invece profondamente nel suolo per assorbirne la linfa e trasformarla in se stesso. Assimilata così la terra in sé, produce realmente qualcosa di nuovo, mutando la stessa terra in frutto. Il chicco non resta solo: ad esso appartiene il mistero materno della terra, allo stesso modo che a Cristo appartiene Maria, suolo santo della Chiesa, come bellamente la chiamano i Padri.

Il mistero di Maria significa appunto questo: che la Parola di Dio non rimane sola, ma assume in sé l’altro, l’humus della terra: nella "terra" della madre la Parola divenne uomo ["Verbum caro factum"] e ora di nuovo, impastata con la terra dell’intera umanità, può far ritorno a Dio".

Stabilendo un raccordo di riflessione – per la verità, per noi ‘profani’ apparentemente lontano anni luce! – tra il passo citato di Isaia e il brano del Vangelo di Matteo che ci riporta l’insegnamento di Gesù sulla preghiera [cfr. 6, 7-15], Ratzinger stesso annota: "Il Vangelo [di Matteo] sembra parlare di tutt’altro. Vi si dice del nostro modo di pregare, della forma corretta, dei giusti contenuti, dell’autentico atteggiamento interiore: dunque, non di quanto è Dio ad operare, ma di quanto spetta all’uomo fare nei confronti di lui. In realtà, le due letture sono interdipendenti; poiché si può dire che in questo Vangelo viene spiegato come è possibile agli uomini diventare un campo fertile per la Parola di Dio: essi lo possono divenire, preparando – per così dire – quegli elementi organici nei quali una vita può crescere e maturare. Raggiungono lo scopo vivendo essi stessi di tali elementi; trasformandosi cioè in essi, impregnati della Parola, in Parola. Inabissando la vita nella preghiera, e quindi in Dio".



Chiave di lettura del mistero-Maria

Applicata alla Santa Vergine, tale riflessione diventa davvero una "chiave di lettura" del mistero-Maria.

"Questo [passo del] Vangelo – continua il Card. Joseph Ratzinger – s’accorda con l’introduzione al mistero mariano fatto da Luca, quando a più riprese dice di Maria che "custodiva" la Parola nel suo cuore [cfr. Lc 1, 29; 2, 19; 2, 51].

Maria ha, per così dire, radunato in sé gli elementi vitali d’Israele: in sé ha portato, pregando, la sofferenza e la grandezza di tale storia per convertirla in fertile terreno per il Dio vivente. Pregare – come ci dice il Vangelo [di Matteo] – significa indubbiamente molto di più che ripetere meccanicamente parole.

Essere terreno fertile per la Parola vuol dire essere una terra che si lascia penetrare dal seme e che al seme si assimila, rinunciando a se stessa per farlo germogliare. Ora, con la sua maternità, Maria ha trasfuso nel seme [della Parola] la sostanza di sé, corpo e anima, perché una nuova vita potesse germinare. La profezia di Simeone sulla spada che le avrebbe trafitto l’anima [cfr. Lc 2, 35] significa in realtà molto di più di un qualsiasi tormento, qualcosa di tanto più grande e profondo: Maria si mette a completa disposizione come suolo, come "terra fertile" che si lascia usare e consumare per venire trasformata in Colui che ha bisogno di noi per diventare frutto della terra".

Insistendo poi sul concetto della preghiera autentica [i Padri della Chiesa – annota Ratzinger – sostengono che "pregare non è altro che cambiarsi in desiderio struggente del Signore"], il grande teologo, oggi Papa Benedetto XVI, giunge alla formulazione di quella che ci sembra davvero essere la centralità della sua visione mariana.



"In Maria – scrive ancora – la vita diviene preghiera e la preghiera vita.

L’evangelista Giovanni ha meravigliosamente alluso a tale processo di trasformazione non chiamando mai Maria per nome nel suo Vangelo. Si riferisce a lei soltanto come alla Madre di Gesù [cfr. I. De la Potterie, "La mère de Jésus…", in Marianum 40 (1978), 41-90; specialmente la pag. 42]. Ella ha in un certo senso messo da parte quanto in lei era personale per essere unicamente a disposizione del Figlio; ed è in questo soltanto che Maria ha realizzato la sua personalità.

Penso che simile connessione tra il mistero di Cristo e quello di Maria, che i testi della Scrittura qui riferiti ci fanno meditare, sia di grande importanza nella nostra epoca di attivismo di cui la mentalità occidentale ha toccato le punte massime. Perché nel nostro modo di pensare vale ancora solo il principio dell’homo faber: fare, produrre, pianificare il mondo e semmai fabbricarlo di nuovo da sé, senza dover niente a nessuno, facendo affidamento solo sulle proprie forze. Non a caso, credo, con questa nostra mentalità maschilista ed efficientista abbiamo sempre di più separato Cristo dalla madre, senza renderci conto che Maria – in quanto sua madre –, potrebbe significare qualcosa [di assolutamente nuovo] per la teologia e per la fede".

E qui il teologo Ratzinger ci dà una grande lezione di ecclesiologia e mariologia insieme: "Tutto il nostro rapportarci alla Chiesa parte perciò da un modo errato di pensare. La consideriamo quasi come un ‘affare tecnico’ che intendiamo programmare con perspicacia e realizzare con un dispendio enorme di energie. E ci meravigliamo se poi succede quanto annota San Luigi M. Grignion de Montfort, in calce ad un detto del profeta Aggeo: "Voi vi date molto da fare, ma non ne vien fuori niente!" [cfr. Ag 1, 6].

Se il fare prende il sopravvento, divenendo autonomo, quelle cose che sono invece da farsi, perché vitali e da portare a maturazione, non potranno mai esistere. È perciò necessario uscire dalla prospettiva unilaterale propria dell’attivismo della nostra società occidentale per non degradare la Chiesa a un prodotto pianificato del nostro agire.

Proprio per questo la Chiesa, che è un seme vivente da Dio gettato nella terra, ha bisogno del mistero mariano; anzi, è essa stessa mistero di Maria.

Può esserci nella Chiesa fecondità solo se essa si sottomette a questo segno; solo se diventa, cioè, terra santa per la Parola. Dobbiamo accettare il simbolo del terreno fertile; dobbiamo diventare uomini e donne che sanno aspettare, raccolti nell’interiorità della propria anima, persone che nella profondità della preghiera, dell’anelito e della fede, danno spazio alla crescita del seme gettato nella terra".

Jacopo Zucchi, L'Esaltazione della Chiesa con Maria - Basilica di San Pietro, Sagrestia dei Canonici, Città del Vaticano.
Jacopo Zucchi, L’Esaltazione della Chiesa con Maria
Basilica di San Pietro, Sagrestia dei Canonici, Città del Vaticano.

Una Chiesa "all’antica", cioè: mariana

"Il Card. Joseph Frings – ricorda infine Joseph Ratzinger, rifacendosi alla sua esperienza di giovane teologo presente al Concilio Vaticano II – ha affidato la Chiesa di Dio che è in Germania alla cura materna di Maria: a lei l’ha consacrata. Nel mezzo di un attivismo ovunque dilagante, egli l’ha voluta immettere nel solco dell’umile fruttificare per mezzo della Parola.

Durante il Concilio [Vaticano II], quando vennero a trovarsi di fronte il movimento liturgico, cristologico ed ecumenico da una parte, e quello mariano dall’altra, e le due parti rischiavano di porsi in alternativa l’una all’altra, il Card. Frings scongiurò i Padri con un forte appello a trovare un punto d’incontro.

Si oppose con vigore ad un’alternativa miope e frettolosa, come se la Chiesa si dovesse a quel punto decidere se diventare "moderna" [cioè: biblica, liturgica ed ecumenica], o restare invece "all’antica" [cioè: mariana]. Era infatti sua personale aspirazione unire le due tendenze, arricchendo la liturgia della profonda dolcezza della devozione a Maria, e aprendo quanto è mariano al grande respiro della tradizione liturgica.

Fu questo uno degli appelli più sentiti che egli rivolse ai Padri conciliari con la sua forte passione per la fede. Questo suo anelito è ora davanti a noi come un segnale, perché riconosciamo e accogliamo di nuovo il "mistero della terra [feconda]". E così la Parola porti frutto in noi".

[ndr: Il Card. Joseph Ratzinger riferisce al Card. Frings, Arcivescovo di Colonia, la paternità dell’appello rivolto ai Padri conciliari del Vaticano II. Ma siccome egli era allora il giovane sacerdote suo consulente teologo, non è lecito ritenere che sia stato proprio lui, Joseph Ratzinger, l’ispiratore di questo appello? Noi lo crediamo].

Bruno Simonetto

[SM=g1740750]

La mariologia di Benedetto XVI – 2


L’integrazione della mariologia nella teologia


Una concezione mariologica autentica rimarca il "nexus mysteriorum", l’intimo intrecciarsi dei misteri della Santa Vergine nel loro stretto legame con Cristo e la Chiesa.


Raccogliamo alcune "considerazioni" sulla collocazione della mariologia nel contesto del documento conciliare "Lumen gentium", traendole dal volumetto sulla Madonna, scritto dal Card. Joseph Ratzinger nel 1997: "Maria – Kirche im Ursprung" [in italiano: Maria – Chiesa nascente, Cinisello Balsamo 1998].

In questa riflessione il Card. Ratzinger avverte che "non si può prescindere dalla situazione storica della Chiesa, quando si solleva la problematica sul significato della mariologia e della devozione alla Madonna in genere, così come è stata recepita dal Concilio Vaticano II."; perciò invita ad esaminare la questione delle affermazioni mariologiche del Concilio sullo sfondo dei movimenti che fino ad allora avevano segnato la vita spirituale della Chiesa: quello liturgico [con il rinnovamento benedettino che si ebbe in Europa, e soprattutto in Germania, tra le due Guerre Mondiali] e quello mariano [tra Lourdes e Fatima, con l’apice segnata dal dogma dell’Assunta del 1950].

"Al movimento liturgico – osserva Ratzinger – si unirono saldamente il movimento ecumenico e quello biblico, sì da formare un’unica grande corrente. Il rinnovamento della Chiesa, a partire dalle fonti scritturistiche e dalle antiche forme di preghiera ecclesiale [rinnovamento che costituiva lo scopo fondamentale di questi movimenti], ebbe una prima ratifica ufficiale ancora sotto il Pontificato di Pio XII, con le Encicliche sulla Chiesa e sulla Liturgia".


Doveva essere compito del Concilio Vaticano II "integrare" questi movimenti, riconducendoli a una feconda unità: "In questa faticosa ricerca – annota il Card. Ratzinger, testimone diretto delle varie "componenti teologiche" presenti al Concilio – si ebbe la famosa votazione del 29 Ottobre 1963, vero spartiacque spirituale: si era arrivati alla questione se la mariologia fosse da presentare in un testo a sé, oppure da integrare nella Costituzione dogmatica sulla Chiesa [‘Lumen gentium’]". Prevalse la seconda opzione; ma di fatto si ebbe una spaccatura dei Padri conciliari: il gruppo espressione del movimento biblico-liturgico [con relativo ‘accorpamento’ del movimento mariano] prevalse di misura su quello che sosteneva una mariologia autonoma dalla trattazione teologico-ecclesiale: 1114 contro 1074.

Tuttavia – lo rileva ancora il Card. Ratzinger – "la nuova mariologia ecclesiocentrica era estranea, e tale è rimasta, proprio per quei Pari conciliari che davanti a tutti s’erano fatti portavoce della devozione mariana. Il vuoto che in tal modo si formò non poteva essere colmato neppure con l’introduzione del titolo "Madre della Chiesa" che Paolo VI propose consapevolmente alla fine del Concilio, in risposta alla crisi che si delineava. Di fatto, l’affermarsi della mariologia ecclesiocentrica portò momentaneamente al collasso la mariologia in quanto tale".

Postulati mariani

Stralciando [e riassumendo] alcune importanti considerazioni che il Card. Joseph Ratzinger propone, a partire da questa situazione evidenziata durante i lavori conciliari e, in qualche modo, successivamente raccolta da Papa Paolo VI nell’Esortazione apostolica Marialis cultus [del 2 Febbraio 1974], troviamo enucleati alcuni postulati che ne derivano, espressi come segue da colui che sarebbe diventato Papa Benedetto XVI.

Madonna della Misericordia - Bassorilievo in legno intagliato policromo - Opera di Ignoto di fine sec. XVI.
Madonna della Misericordia – Bassorilievo in legno intagliato policromo – Opera di Ignoto di fine sec. XVI.

1] La funzione positiva della mariologia nella teologia

"[…] In riferimento al concetto di Chiesa, una mariologia rettamente intesa esercita una doppia funzione, di chiarimento e di approfondimento.

a] La Chiesa è più di un "popolo", più di una struttura e di un’attività: in essa vive il mistero della maternità e dell’amore sponsale che rende possibile tale maternità. Solo se ciò esiste è possibile una devozione alla Chiesa, l’amore per la Chiesa. Dove questa viene considerata solo di genere maschile, da un punto di vista strutturale o teoretico-istituzionale, lì è venuto a mancare ciò che è il suo proprio, quel centro attorno al quale si ruota sia nella Bibbia che nei Padri, allorché si parla della Chiesa [cfr. al riguardo la fondamentale esposizione di H. U. von Balthasar, nell’opera "Sponsa Verbi", Morcelliana, Brescia 1985, pp. 139-187].

b] […] Lo stesso mistero eucaristico-cristologico della Chiesa, che si annuncia nell’espressione "Corpo di Cristo", resta nelle sue giuste proporzioni soltanto se racchiude in sé il mistero mariano: quello di essere l’ancella in ascolto che, divenuta libera nella Grazia, pronuncia il suo "fiat" e così diventa ‘sposa e quindi corpo’.

[…] Solo grazie all’elemento mariano viene pienamente ristabilita la sfera affettiva della fede, e così conseguita la conformità umana alla realtà del Logos incarnato".


2] Il posto della mariologia nel complesso della teologia

"È inoppugnabile, invero, la scoperta storico-dogmatica che le affermazioni su Maria sono divenute necessarie innanzitutto a partire dalla cristologia, all’interno della cui struttura si sono sviluppate. Ma va aggiunto subito che tutto questo non costituì, né poteva costituire, una vera e propria mariologia; rimaneva invece un’esplicazione della cristologia.

Al tempo dei Padri [della Chiesa], invece, l’intera mariologia era delineata nell’ecclesiologia, senza comunque che venisse nominata la Madre del Signore: la Virgo Ecclesia, la Mater Ecclesia, la Ecclesia immaculata, l’Ecclesia assumpta. Tutto quanto più tardi diverrà mariologia, è stato pensato come ecclesiologia […].

La convergenza di questa ecclesiologia […] con le affermazioni su Maria precedentemente elaborate nella cristologia [convergenza che iniziò con San Bernardo di Chiaravalle], fece fiorire una mariologia come complesso a sé stante nella teologia. Per cui non la si può più subordinare né solo alla cristologia né solo all’ecclesiologia.

Il discorso sulla Vergine Maria rimarca piuttosto il "nexus mysteriorum", l’intimo intrecciarsi dei misteri nel loro reciproco essere-di-fronte come nella loro unità. Se lo stretto legame tra Cristo e la Chiesa è riscontrabile nelle coppie di concetti sposo-sposa, capo-corpo, si va ancora oltre in Maria, perché ella sta certamente in rapporto a Cristo anzitutto non come sposa, ma come madre. Si può intravedere qui la funzione del titolo "Madre della Chiesa"; esso esprime il superamento dell’ambito ecclesiologico nella dottrina mariana e contemporaneamente il loro mutuo rapporto […].

Ma se "Cristus et Ecclesia" costituiscono il fulcro ermeneutico della Scrittura concepita come storia della Salvezza – conclude il Card. Ratzinger –, allora e solo allora diviene definito il luogo in cui la maternità di Maria diventa teologicamente significativa come ultima concretizzazione personale della Chiesa: Maria, nel momento del suo "sì", è l’Israele in persona. È la Chiesa in persona e quale persona. Ella è certamente questa personalizzazione della Chiesa perché, a motivo del suo "fiat", è diventata la madre in carne e ossa del Signore […]. Possiamo quindi affermare che le asserzioni sulla maternità di Maria e quelle su quanto essa rappresenta nella Chiesa interagiscono tra loro come factum e mysterium facti. Le due cose sono inseparabili: il fatto senza significato sarebbe cieco; il senso senza il fatto sarebbe vuoto.

Ne deriva che la mariologia non può essere costruita sul semplice fatto [della maternità fisica di Maria], ma sul fatto interpretato con l’ermeneutica della fede. Perciò la mariologia non può mai essere puramente mariologica, perché essa si colloca nell’insieme unitario della struttura fondamentale di Cristo e Chiesa, come la più concreta espressione della loro connessione [cfr. I. de la Potterie, La mère de Jésus et la conception virginale du Fils de Dieu. Études de théologie johannique, in Marianum 40, 1978, 41-90, specialmente 45 e 89]".

La Salus Popoli Romani


3] Mariologia, antropologia e fede nella creazione

"Procedendo ancora più in profondità, risulterà che la mariologia esprime di per sé il nucleo di ciò che è la "storia della Salvezza", superando d’altro canto una pura e semplice concezione storico-salvifica.

Se essa viene riconosciuta come parte essenziale nell’ermeneutica della storia della Salvezza, ciò significa che ad un equivocabile "solus Christus" si contrapporrà la grandezza autentica della cristologia, la quale deve parlare di un solo Cristo, ma che è "capo e corpo", che abbraccia cioè la creazione redenta nella sua relativa autonomia. Allora però lo sguardo si allunga ad di là della storia della Salvezza, perché di fronte ad un’attività efficace unica di Dio si è indotti a tenere in conto la realtà della creatura, che è da Dio chiamata ad una risposta libera e ne è resa capace.

In mariologia diventa chiaro che la dottrina sulla Grazia non termina col ritiro della creazione ma, al contrario, è il "sì" definitivo alla creazione stessa: la mariologia diventa così garanzia dell’autonomia della creazione; garanzia della fede nella creazione e sigillo ad una dottrina sulla creazione rettamente intesa. Emergono, a questo punto, esigenze e compiti che sono stati finora appena sfiorati [nella nostra analisi].

a] Maria si presenta nel suo fedele essere-di-fronte all’appello di Dio come rappresentante della creazione da lui interpellata e della libertà della creatura che nell’amore non svanisce ma si realizza. È lei la rappresentante dell’uomo salvato e libero; ma proprio in quanto donna, cioè nella sua determinazione corporea: il ‘biologico’ e l’umano sono inseparabili, così come lo sono l’umano e il ‘teologico’ […].

E poiché la determinata caratterizzazione biologica dell’umano ha la sua realtà più evidente nella questione della maternità […], la conservazione della creazione è legata particolarmente proprio alla donna; e colei nella quale il ‘biologico’ è teologico’ – grazie alla divina maternità – è in modo particolare il punto di riferimento da cui ogni strada si diparte.

b] Alla stregua della maternità, la verginità di Maria è conferma dell’umanità del ‘biologico’, della totalità dell’uomo davanti a Dio e dell’inclusione del suo essere-uomo come maschio e femmina nell’escatologica esigenza e speranza della fede. Ora, non è un caso che la verginità […] venga primariamente formulata a partire dalla donna, considerata l’autentica ‘guardasigilli’ della creazione, e che trovi in lei la sua forma decisiva e completa, dall’uomo, in certo qual senso, solamente imitabile. [Sull’unità tra biologico, umano e teologico, cfr. I. de la Potterie, loc. cit., 897 ss; cfr. anche L. Bouyer, La Chiesa di Dio, Cittadella, Assisi 1971, capp. 11 ["La sposa e la fidanzata di Cristo"] e 12 ["Ecclesia Mater"] ]".

Le considerazioni fin qui svolte [nei tre "postulati mariani" dello studio del Card. Joseph Ratzinger, riassunti in modo sommario] permettono di chiarire la struttura della devozione alla Madonna, come la intende il grande teologo tedesco.

Ci torneremo sopra nei prossimi numeri delle rivista, mentre ci auguriamo che ulteriori sviluppi del prezioso magistero mariano, parlato e scritto, di Papa Benedetto XVI arricchiscano le nostre conoscenze mariologiche e accrescano la nostra devozione alla Madre di Dio.

Bruno Simonetto

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La mariologia di Benedetto XVI – 3


La struttura della devozione alla Madonna


Profondità teologica e fecondità spirituale nel pensiero del futuro Papa sulla natura e funzione della devozione mariana, dalla dimensione "incarnatoria" al "trascendimento escatologico" dell’Assunzione al Cielo di Maria.


Completiamo la riflessione sulle "considerazioni" in ordine alla collocazione della mariologia nel contesto del documento conciliare "Lumen gentium", contenute nel volumetto sulla Madonna, scritto dal Card. Joseph Ratzinger nel 1997: "Maria – Kirche im Ursprung" [in italiano: Maria – Chiesa nascente, Cinisello Balsamo 1998].

Ricordavamo nel num. scorso della rivista come in tali "considerazioni" il Card. Joseph Ratzinger avvertisse che "non si può prescindere dalla situazione storica della Chiesa, quando si solleva la problematica sul significato della mariologia e della devozione alla Madonna in genere, così come è stata recepita dal Concilio Vaticano II"; perciò invitava ad esaminare la questione delle affermazioni mariologiche del Concilio sullo sfondo dei Movimenti che fino ad allora avevano segnato la vita spirituale della Chiesa: quello liturgico [con il rinnovamento benedettino che si ebbe in Europa, e soprattutto in Germania, tra le due Guerre Mondiali] e quello mariano [tra Lourdes e Fatima, con l’apice segnata dal dogma dell’Assunta del 1950].

Bene. Il futuro Papa ritiene che le considerazioni in premessa "permettono di chiarire la struttura della devozione mariana", rilevando peraltro – con un’osservazione che può sembrare desueta – che "il posto tradizionale [di tale devozione] nella liturgia della Chiesa è l’Avvento e quindi, in genere, l’ambito delle feste relative al ciclo natalizio: la Candelora e l’Annunciazione".



Già questa osservazione rivela il senso storico-patristico con il quale Ratzinger si accosta al problema, in quanto le due feste da lui citate [la festa della Presentazione del Signore, il 2 Febbraio, e la solennità dell’Annunciazione del Signore, 25 Marzo] sono propriamente considerate nel nuovo Messale feste di Gesù Cristo; ma – in linea con la tradizione più antica – non perdono per questo il loro carattere mariano.

"Nella riflessione svolta – spiega il Card. Joseph Ratzinger –, abbiamo considerato caratteristico dell’elemento mariano il fatto che esso sia personalizzante [appartenga, cioè, alla Chiesa non come struttura, ma come persona e in persona], e sia incarnante [unità di bíos, persona e rapporto con Dio, autonomia della creatura nel suo essere-di-fronte-al-Creatore, del "corpo" di Cristo in relazione al Capo]; e che, partendo da entrambi gli aspetti comprenda la sfera del cuore, la sfera affettiva, e così renda stabile la fede nelle radici più profonde dell’essere-umano".

E qui entra in giuoco il tema dell’Avvento, come "punto di partenza" per definire una devozione autenticamente liturgico-mariana; perché con l’Avvento si va alle origini del mistero cristiano e, dunque, della figura e della funzione di Maria, Madre del Signore.

Le due caratteristiche dell’elemento mariano sopra ricordate ["personalizzante" e "incarnante"] rimandano all’Avvento come luogo liturgico dell’elemento mariano, e dall’Avvento stesso vengono a loro volta ulteriormente chiarite nel loro significato.

"La devozione mariana – continua Ratzinger – è "avventuale"; essa colma della gioia di un’attesa a breve scadenza, ed è collegata al motivo dell’Incarnazione donata e donantesi nella prossimità del Signore". E, a questo punto, il teologo-mariologo Joseph Ratzinger cita Ulrich Wickert, osservando come questi "molto bene rileva che Luca descrive Maria come colei che è due volte "avventuale": all’inizio del Vangelo, allorché aspetta la nascita del Figlio, e all’inizio degli Atti, allorché aspetta la nascita della Chiesa" [cfr. U. Wickert, Maria und die Kirche, in Theologie und Glaube 68, 1978, 384-407, cit.].



Incarnazione ed escatologia

"Nel processo di crescita [della devozione mariana] – continua Ratzinger – si è andato aggiungendo con sempre maggiore insistenza un altro momento. Certamente la devozione mariana è prima di tutto "incarnatoria", rivolta cioè al Signore che è venuto nel mondo: con essa impariamo a restare con Maria presso di Lui.

Ma la festa dell’Assunta in Cielo, che con il dogma del 1950 ha acquistato nuovo peso, valorizza anche il trascendimento escatologico dell’Incarnazione.

È proprio di Maria l’esperienza dell’esser rifiutati [cfr. Mc 3, 31-35; Gv 2, 4], un’esperienza che quando ella è "data via" ai piedi della Croce [cfr. Gv 19, 26] si fa compartecipazione a quel rifiuto che Gesù stesso dovette sperimentare nell’Orto degli Ulivi [cfr. Mc 14, 34] e sulla Croce [cfr. Mc 15, 34]. Soltanto in tale rifiuto può accadere il nuovo; soltanto con l’ "andar via" il ritorno può diventare evento [cfr. Gv 16, 7].

Così la devozione a Maria è necessariamente anche devozione alla Passione [di Cristo]. Nella profezia del vegliardo Simeone circa la spada che le trafiggerà il cuore [cfr. Lc 2, 35], Luca, fin dall’inizio, ha annodato insieme Incarnazione e Passione, i Misteri gaudiosi e quelli dolorosi. La Vergine Maria nel culto della Chiesa si manifesta in certo qual modo come la Veronica vivente, l’icona che ritrae Cristo nel cuore umano e ne riflette l’immagine, rendendola percettibile nella contemplazione del cuore.


Nella prospettiva della mater assumpta, [della Vergine-Madre assunta in Cielo], l’Avvento si estende fino all’escatologia; l’Incarnazione diventa la via che nella Croce non revoca il farsi-carne, ma lo valorizza fino in fondo.

In questo senso, l’estensione medioevale del culto a Maria oltre l’Avvento, nella totalità dei misteri della Salvezza, corrisponde senz’altro alla logica della fede biblica.

In conclusione, può essere individuato un triplice compito per un’educazione al culto mariano:

1] Si deve preservare quanto è propriamente mariano, perché esso si realizza nel suo rigoroso e costante rinvio al cristologico; e così, sia quello che questo possono essere ricondotti alla loro giusta forma.

2] La devozione mariana non deve ritirarsi su frazioni dell’elemento cristologico o addirittura ridurre questo ad aspetti parziali di sé; si deve invece aprire a tutta l’ampiezza del mysterium e diventare essa stessa via a tale estensione.

3] La devozione mariana si manterrà sempre nella tensione tra razionalità teologica e affettività credente. Ciò è nella sua essenza; e si tratta quindi di non lasciare atrofizzare nessuno dei due aspetti: non dimenticare nell’affettività il metro obiettivo della ratio, ma anche non soffocare nell’obiettività di una fede in ricerca il cuore che vede spesso più in là del semplice intelletto. Non per niente i Padri hanno preso Mt 5, 8 come base del loro insegnamento teologico sulla conoscenza: "Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio": l’organo per vedere Dio è il cuore purificato.

Potrebbe spettare alla devozione mariana operare il risveglio del cuore e la sua purificazione nella fede.

Se la disgrazia dell’uomo di oggi è sempre di più quella di cadere o nel puro bíos o nella pura razionalità, la devozione a Maria può agire in senso contrario a una simile "decomposizione" dell’umano e aiutare, partendo dal cuore, a ritrovare nel mezzo l’unità [dell’essere]".


Profondità teologica e fecondità spirituale

Rileggendo a ritroso quanto abbiamo riportato nel num. scorso sui tre "postulati mariani" che il Card. Joseph Ratzinger proponeva, a partire dalla situazione evidenziata durante i lavori del Concilio Vaticano II e, in qualche modo, successivamente raccolta da Papa Paolo VI nell’Esortazione apostolica Marialis cultus [del 2 Febbraio 1974], ci rendiamo meglio conto della profondità teologica – e della fecondità spirituale – della mariologia del futuro Papa Benedetto XVI.

In sintesi:

1] La funzione positiva della mariologia nella teologia in riferimento alla Chiesa: una mariologia rettamente intesa esercita una doppia funzione, di chiarimento e di approfondimento: a] nella Chiesa vive il mistero della maternità e dell’amore sponsale che rende possibile tale maternità. b] […] Lo stesso mistero eucaristico-cristologico della Chiesa, che si annuncia nell’espressione "Corpo di Cristo", resta nelle sue giuste proporzioni soltanto se racchiude in sé il mistero mariano: quello di essere l’ancella in ascolto che, divenuta libera nella Grazia, pronuncia il suo "fiat" e così diventa ‘sposa e quindi corpo’.

2] Il posto della mariologia nel complesso della teologia si evidenzia nel senso che il discorso sulla Vergine Maria rimarca il "nexus mysteriorum" […]. Se lo stretto legame tra Cristo e la Chiesa è riscontrabile nelle coppie di concetti sposo-sposa, capo-corpo, si va ancora oltre in Maria, perché ella sta certamente in rapporto a Cristo anzitutto non come sposa, ma come madre […]. Ma se "Cristus et Ecclesia" costituiscono il fulcro ermeneutico della Scrittura concepita come storia della Salvezza, allora e solo allora diviene definito il luogo in cui la maternità di Maria diventa teologicamente significativa come ultima concretizzazione personale della Chiesa: Maria, nel momento del suo "sì", è l’Israele in persona. È la Chiesa in persona e quale persona […]. Ne deriva che la mariologia non può essere costruita sul semplice fatto [della maternità fisica di Maria], ma sul fatto interpretato con l’ermeneutica della fede. Perciò la mariologia non può mai essere puramente mariologica, perché essa si colloca nell’insieme unitario della struttura fondamentale di Cristo e della Chiesa, come la più concreta espressione della loro connessione.



3] Mariologia, antropologia e fede nella creazione: a] Maria è la rappresentante dell’uomo salvato e libero; ma proprio in quanto donna, cioè nella sua determinazione corporea: il ‘biologico’ e l’umano sono inseparabili, così come lo sono l’umano e il ‘teologico’ […]. b] Alla stregua della maternità, la verginità di Maria è conferma dell’umanità del ‘biologico’, della totalità dell’uomo davanti a Dio: non è un caso che la verginità […] venga primariamente formulata a partire dalla donna, considerata l’autentica ‘guardasigilli’ della creazione, e che trovi in lei la sua forma decisiva e completa.

Tali sono la profondità teologica e la fecondità spirituale, nel pensiero del futuro Papa Benedetto XVI, circa la natura e la funzione della devozione alla Madonna, dalla dimensione "avventuale-incarnatoria" al "trascendimento escatologico" dell’Assunzione al Cielo della Vergine-Madre.


Bruno Simonetto

[SM=g1740738]
[Modificato da Caterina63 25/09/2009 15:52]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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La casa di Maria cara a Benedetto XVI



Al Santuario di Altötting, distante pochi km. dal paese natale di Papa Ratzinger, giunge un milione di pellegrini l’anno per venerare la miracolosa effigie della ‘Madonna Nera’, cara a tutti i Cattolici della Mitteleuropa.

Battistero
(la Chiesa e il Battistero dove venne battezzato il piccolo J.Ratzinger)


Quando lo scorso 19 Aprile il Cardinale Joseph Ratzinger è stato eletto Papa, molti fedeli e curiosi di tutto il mondo – compreso chi scrive – si sono affrettati nei giorni immediatamente successivi alla sua elezione a studiare la carta geografica della Germania per poter individuare Marktl am Inn, il Villaggio di 2500 anime dove Benedetto XVI è nato il 16 Aprile del 1927. E l’hanno trovato nel Sud-Est della Baviera, lungo la strada che da Monaco porta a Passau, costeggiando l’ultimo tratto del fiume Inn prima della confluenza nel Danubio.

Marktl am Inn dista appena una decina di chilometri da Altötting, uno dei Santuari più famosi della Baviera; e forse non è un caso che il luogo di nascita del nuovo Papa sia così vicino alla fonte della devozione mariana del popolo tedesco, in particolar modo bavarese. La Baviera infatti costituisce una specie di "enclave" cattolica nel territorio germanico di pura schiatta protestante.

Cartina

A Marktl, oltre alla casa natale di Papa Ratzinger, non c’è molto da vedere: è un tipico, graziosissimo paesino della campagna bavarese, immerso nel verde e attrezzato con qualche locanda, oggi giustamente orgoglioso di aver dato i natali a un Pontefice di Santa Romana Chiesa; ma ad Altötting, pochi chilometri più in là, si venera una miracolosa effigie della Madonna Nera che è molto cara ai Cattolici della Mitteleuropa.

Qui, ogni anno, giunge quasi un milione di pellegrini. I Pellegrinaggi, che sono numerosissimi tra la primavera e l’autunno, vedono mettersi in cammino tantissimi giovani, molti laureati, diversi professionisti e devoti di Maria appartenenti a ogni età e ceto sociale.

Il primo, grande Pellegrinaggio della scorsa primavera è arrivato ad Altötting Sabato 23 Aprile, alla vigilia del giorno in cui cominciava solennemente il Pontificato di Benedetto XVI. Erano circa seimila persone, giunte a piedi da ogni parte. Per Maria e per il Papa, il "loro" Papa.



Santuario di Altötting - cuore cattolico della Baviera

"Herz Bayerns", il cuore della Baviera

La Diocesi di Passau, confermata quale Diocesi da San Bonifacio nel 739, è situata nel Sud-Est della Baviera e confina con l’Austria e con la Repubblica Ceca. In passato irradiava la vita cristiana fino all’Ungheria ed era una delle Diocesi più grandi nell’area di lingua tedesca. Oggi invece Passau è fra le piccole Diocesi della Germania. La popolazione in maggioranza è cattolica: mezzo milione di fedeli, distribuiti in circa trecento Parrocchie.

Nel territorio della Diocesi di Passau si trova il Santuario più importante della Baviera, Altötting. È chiamato "Herz Bayerns", vale a dire il "cuore della Baviera", e non c’è dubbio che ne costituisca il centro propulsivo, vero motore della religiosità dei Tedeschi di fede cattolica.

Questo Santuario a pianta ottagonale era originariamente una Cappella, edificata intorno all’anno 700, che la leggenda vuole ospitasse il fonte battesimale usato dal Vescovo Rupertus von Salzburg per battezzare il primo Duca bavarese di fede cattolica. Intorno al 1330 arrivò in città una statua raffigurante la "Madonna col Bambino" che venne subito posta in questa Cappella; nel 1489 ci furono poi due Apparizioni della Madonna.



Il primo Pellegrinaggio ad Altötting iniziò proprio in quell’anno, in seguito ai racconti di due guarigioni miracolose spettacolari. Da allora il flusso dei pellegrini non si è più arrestato. Insieme a Lourdes, Fatima, Czestochowa e Loreto, Altötting è uno dei cinque cosiddetti ‘Santuari d’Europa’.

Nel 1670 l’Altare dove è tuttora custodita la statua della ‘Madonna Nera’ venne arricchito di preziose decorazioni d’argento mentre più di duemila ex-voto sono visibili sia dentro il Santuario che nel porticato esterno.

Il "polo" di attrazione del Santuario è appunto ‘la Madonna Nera’, una statua scolpita attorno al 1300 da un artista, originario forse dell’Alto Reno. La statua, realizzata in legno di tiglio, è chiamata così perché si è annerita col tempo, soprattutto per il fumo delle candele.

Ancora oggi tantissimi pellegrini di tutta l’Europa affluiscono alla ‘Madonna Nera’ che è esposta nell’antica Cappella battesimale. Dopo la beatificazione [1930] e la canonizzazione [1934] del frate cappuccino Konrad von Parzham, portinaio del Convento di Altötting, accanto alla Cappella della Madonna, vi è pure un’altra meta di Pellegrinaggi: la tomba del Santo, posta nella Chiesa dei Cappuccini.



Un Papa di straordinaria "impronta mariana"

Il Santuario di Altötting è uno dei luoghi più amati dal nostro Pontefice. La frequentazione di questo luogo mariano deve aver contribuito sicuramente a segnare la formazione religiosa di Papa Benedetto XVI, a farne un Papa "d’impronta mariana" come il suo venerato predecessore Giovanni Paolo II.

Del resto, ciò è parso ben presto evidente a tutti, a saper leggere tra le righe del suo primissimo esordio, sulla Loggia di San Pietro, quando il novello Papa, appena eletto, salutava i fedeli di tutto il mondo suggellando il suo primo, semplice e toccante discorso di Pontefice con le parole: "Nella gioia del Signore risorto, fiduciosi del suo aiuto permanente, andiamo avanti. Il Signore ci aiuterà, e Maria, Sua Santissima Madre, sta dalla nostra parte".

Il nuovo Pontefice di Santa Romana Chiesa, il Cardinale tedesco Joseph Ratzinger, 78 anni compiuti da poco, illustre Decano del Collegio cardinalizio, accettava l’elezione a 265º Pontefice della Chiesa Cattolica, adottando il nome di Benedetto XVI. Uomo dal tratto amabile e squisito, teologo finissimo, nell’affacciarsi dal balcone della Loggia centrale della Basilica di San Pietro, pronunciava il suo primo saluto affidando a Maria il Pontificato e se stesso, da umile figlio della terra di Baviera.

In perfetta sintonia e senza soluzione di continuità con il suo predecessore, il Servo di Dio Giovanni Paolo II, che al pari di lui aveva visitato ed amato il Santuario di Altötting, con la ‘Madonna Nera’ in esso venerata.



Alle radici della fede

Al Santuario di Altötting, nella "sua" Baviera, Joseph Ratzinger s’è recato più volte. Ecco che cosa aveva lasciato scritto l’allora Cardinale Prefetto della ‘Congregazione per la Dottrina della Fede’ nel registro del Santuario, in uno dei suoi pellegrinaggi. Il pensiero ivi annotato porta la data del 28 Agosto 2002: "Nel Santuario della Madre di Dio, ad Altötting, sperimentiamo la bontà della mamma e la forza invincibile della Madre Chiesa. Preghiamo Maria affinché sia conservata viva la fede nel nostro Paese. Un grazie cordiale a tutti quelli che si impegnano in questo Santuario perché continui a rimanere un luogo di grazia e di fede".

È un luogo caro a Ratzinger, il Santuario bavarese. Nella sua bella autobiografia La mia vita [Ed. San Paolo, 1997], egli dedica addirittura una intera pagina al Santuario, quando ricorda il tempo lontano della sua fanciullezza. "Proprio negli anni della mia infanzia – scrive – Altötting ritrovava un nuovo splendore, quando venne beatificato e poi canonizzato Corrado da Parzham, il santo frate portinaio. In quest’uomo, umile e benevolo, noi vedevamo incarnato il meglio della nostra gente, condotta dalla fede alla realizzazione delle sue più belle possibilità" [cfr. ibid., p. 7].

Il paese in cui sorge il Santuario di Altötting conta circa 13.000 abitanti ed è situato a 90 km a Est di Monaco. È nel cuore della Baviera, una terra laboriosa e ricca, in cui il cui reddito medio annuo pro capite [di circa 30.000 Euro] supera di ben 4.000 Euro la media dell’intera Germania, e il cui polo tecnologico, primo in Europa, si piazza al quinto posto nel mondo.

La "dedica" alla 'Madonna Nera' [datata 28 Agosto 2002] di un pellegrino eccezionale: il Card. Joseph Ratzinger, nell'Albo dei Visitatori di Altötting.


Una terra ancora radicata nel Cristianesimo, ma dove la secolarizzazione avanza e la pratica religiosa diminuisce a vista d’occhio. Gli ultimi dati ufficiali relativi all’intera Germania risalgono al 1° gennaio 2004. In tale data su 82,5 milioni di Tedeschi, i Cattolici risultavano essere poco più di 26 milioni sparsi in 12.998 tra Parrocchie e Centri religiosi, seguiti da 16.523 Sacerdoti, da 2.535 Diaconi permanenti, da 5.146 Religiosi e da 27.736 Religiose.

La Baviera, però, rappresenta all’interno della Germania una sorta di "enclave", come si diceva prima, e mantiene vive molte forme di religiosità popolare, forse un po’ pittoresche, ma certo non "bigotte", che trovano il loro centro di irradiazione proprio nel Santuario mariano di Altötting.

Qui da Maggio a Ottobre si svolgono Messe solenni e, ogni Sabato sera, delle grandi processioni. Non mancano i fedeli che meditano la Passione di Gesù dopo essersi caricati una Croce sulle spalle. La Gnadenkapelle, che si trova in mezzo alla Kapellplatz e in cui è situata la venerata statua lignea della ‘Madonna Nera’, è come fasciata da ex voto.

La pastorale giovanile nella Diocesi di Passau ha una lunga tradizione. La manifestazione annuale più grande è proprio il Pellegrinaggio dei giovani. Mediamente sono circa seimila i ragazzi e le ragazze che, in due giorni, percorrono i 90 km. che dividono Passau da Altötting.

La forte presenza di edifici religiosi e la secolare devozione mariana hanno trasformato Altötting nel luogo di pellegrinaggio più famoso della Germania cattolica. È una terra che oggi, più che mai, riscopre la sua identità, la radice della sua fede, dietro l’impulso della "Giornata Mondiale della Gioventù" che si ècelebrata a Colonia dal 16 al Agosto, e mediante l’incoraggiamento di un Pontefice tedesco [dopo quattrocento anni!] che ha posto tutto se stesso ed il suo Pontificato nelle mani di Dio attraverso la materna mediazione di Maria.

Maria Di Lorenzo
[Modificato da Caterina63 25/09/2009 15:54]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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La mariologia di Benedetto XVI – 4



Una devozione mariana biblica



Il ‘Vangelo dell’infanzia’ di Luca, insieme con il Magnificat di Maria, costituisce il fondamento essenziale della devozione cristiana verso la Madre del Signore.


Altre preziose riflessioni sulla mariologia del Card. Joseph Ratzinger, riprese dal suo volumetto sulla Madonna del 1997: "Maria – Kirche im Ursprung" [in italiano: Maria – Chiesa nascente, Cinisello Balsamo 1998], ci vengono offerte nel cap. IV ["Tu sei la piena di grazia"], dove sono analizzati gli elementi essenziali per una devozione mariana fondata sulla Parola di Dio.

Il futuro Papa Benedetto XVI si sofferma anzitutto a commentare l’espressione del Magnificat: "…d’ora in poi, tutte le generazioni mi diranno beata" [Lc 1, 48].

"Questa parola della Madre di Gesù, che Luca ci ha tramandato – scrive – è insieme profezia e compito per la Chiesa di tutti i tempi. Questa frase del Magnificat, ripresa dall’ispirata preghiera di lode di Maria al Dio vivente, è uno dei fondamenti essenziali della devozione cristiana a Maria. La Chiesa non ha inventato nulla di nuovo, quando ha cominciato a magnificare la Santa Vergine; non è precipitata dalle altezze dell’adorazione all’unico vero Dio giù nella lode di un essere umano. Essa fa ciò che deve fare e di cui è stata incaricata fin dall’inizio. Quando Luca scrisse questo testo, si era già nella seconda generazione cristiana; e alla "generazione" dei Giudei si era aggiunta quella dei pagani, che erano divenuti Chiesa in Gesù Cristo. L’espressione "tutte le generazioni" cominciava a riempirsi di realtà storica. L’evangelista non avrebbe certo tramandato la profezia di Maria se essa gli fosse sembrata indifferente o superata. Nel suo Vangelo Luca voleva fissare "con cura [ciò che] i testimoni oculari e i servitori della Parola fin dall’inizio" [cfr. Lc 1, 2-3] avevano tramandato, per dare così sicure indicazioni alla fede della Cristianità che stava facendo il suo ingresso nella storia del mondo".



Come si vede, la preoccupazione ‘esegetica’ del Card. Ratzinger è fondamentale per stabilire l’autenticità della devozione verso la Madre del Signore, basata sulla Parola di Dio. Per questo, egli insiste nel rilevare come la formazione del culto alla Vergine abbia una solida giustificazione storico-esegetica: "La profezia di Maria – continua – apparteneva a questi elementi, che Luca aveva "con cura" rintracciato e riteneva sufficientemente importanti da tramandare come parte del Vangelo. Ciò presuppone che questa parola non era rimasta senza una corrispondenza nella vita della Comunità. I primi due capitoli del Vangelo di Luca lasciano intendere un ambiente di tradizione, nel quale la memoria della Vergine Maria era custodita e la Madre del Signore era amata e lodata".

Ma che cosa presuppongono – nell’analisi di Ratzinger – tali elementi? "Essi presuppongono intanto che il grido della donna sconosciuta del popolo ["Beata la donna che ti ha generato e allattato!", Lc 11, 27] non si era spento, ma aveva invece trovato una più pura e valida configurazione nella profonda comprensione che ne aveva dato in risposta Gesù ["Beati piuttosto quelli che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica", Lc 1, 28].

Presuppongono pure che il saluto di Elisabetta ["Tu sei benedetta fra tutte le donne", Lc 1, 42] che l’evangelista Luca caratterizza come una parola pronunciata nello Spirito Santo [cfr. Lc 1, 41], non era rimasto un episodio isolato. La perdurante esaltazione di Maria, almeno in un filone della primitiva tradizione, è il presupposto dei racconti dell’infanzia lucani".

Ed ecco, perciò, l’affermazione impegnativa che ne deduce il Card. Ratzinger: "L’inserzione di questa parola nel Vangelo eleva la venerazione della Madre del Signore da semplice fatto a compito per la Chiesa di tutti i luoghi e di tutti i tempi".



Inesauribile ricchezza del Vangelo dell’infanzia

"La Chiesa – continua il Card. Joseph Ratzinger – trascura qualcosa di quella che è la sua missione, se non loda Maria. Essa si allontana dalla parola biblica, se in lei viene meno la venerazione della Madre di Gesù. Allora essa in realtà non onora più neppure Dio nel modo che gli si addice.

Noi conosciamo infatti Dio anzitutto attraverso la sua creazione [cfr. Rm 1, 20]. Conosciamo però Dio anche attraverso un’altra e più trasparente via, e cioè attraverso la storia che egli ha posto in atto con gli uomini […]. Il versetto del Magnificat ["…d’ora in poi, tutte le generazioni mi diranno beata", Lc 1, 48] ci mostra che Maria è uno di quegli esseri umani che appartengono in modo del tutto speciale al nome di Dio, a tal punto che noi non possiamo lodare Dio come si conviene, se lo lasciamo da parte. Perché, così facendo, trascureremmo qualcosa di lui che non può essere trascurato. Che cosa propriamente? La sua maternità, potremmo dire in una prima approssimazione, che si manifesta nella Madre del Figlio in modo più puro e diretto che in qualsiasi altro luogo. Ma, naturalmente, questa è un’indicazione ancora troppo generica.

Affinché possiamo lodare Maria come si conviene – e così onorare Dio nel modo giusto –, dobbiamo metterci in ascolto di tutto ciò che Scrittura e Tradizione ci dicono sulla Madre del Signore; e meditarlo nel nostro cuore. La ricchezza della dottrina mariana è, nel frattempo, grazie alla lode di "tutte le generazioni", divenuta quasi illimitata".

Ciò il Card. Ratzinger deduce dalla riflessione su alcune parole significative che San Luca, nell’inesauribile ricchezza della sua narrazione dell’infanzia di Gesù, consegna nelle nostre mani. Vediamolo in successive analisi e per sintesi.



Maria, la figlia di Sion

"Per Luca, nel saluto dell’Angelo a Maria ["Gioisci, o piena di grazia. Il Signore è con te", Lc 1, 28] si trova come in embrione la mariologia che Dio, attraverso il suo messaggero, l’Arcangelo Gabriele, voleva trasmettere a noi.

"Gioisci": letto sullo sfondo veterotestamentario, è l’annuncio della gioia messianica [cfr. Sof 3, 14; Gl 2, 21; Zc 9, 9; Lam 4, 21]. Sicché con questo saluto ha inizio in senso proprio il Vangelo, la cui prima parola è "gioia": la nuova gioia che ha origine da Dio, che irrompe nell’antica e infinita tristezza del mondo. Maria non viene perciò salutata semplicemente in qualche modo; il fatto che l’Angelo di Dio saluta lei e in lei l’Israele in attesa e l’umanità è un invito alla gioia del più profondo dell’essere.

E perché Maria dovrebbe gioire in modo così pieno? Perché "il Signore è con te". Per comprendere il senso di questo annuncio, dobbiamo ritornare ancora una volta ai testi veterotestamentari che fanno da sfondo, specialmente a Sofonia. Essi contengono sempre una doppia promessa per Israele, la figlia di Sion: Dio verrà come Salvatore e abiterà in lei. Il dialogo dell’Angelo con Maria riprende questa promessa e la porta a compimento in una duplice concretizzazione. Ciò che è detto nella profezia della figlia di Sion, vale ora per Maria: ella viene equiparata alla figlia di Sion, è la figlia di Sion in persona. Parallelamente Gesù, che Maria partorirà, viene equiparato al Dio vivente. La venuta di Gesù è la venuta dell’inabitazione di Dio stesso […].

Il saluto dell’Angelo – lo strumento di comunicazione della mariologia non ideato dall’uomo – ci ha condotti ai suoi fondamenti teologici. Maria è identificata con la figlia di Sion, con il popolo di Dio nella sua dimensione sponsale. Tutto ciò che sull’"ecclesia" viene detto nella Bibbia, vale anche per lei, e viceversa: ciò che la Chiesa è e deve essere, lo viene a conoscere concretamente guardando a Maria. Essa è lo specchio, la misura perfetta del suo essere, perché essa è totalmente su misura di Cristo e di Dio, da lui "totalmente abitata".

E per cos’altro dovrebbe esserci la Chiesa se non per questo: per divenire l’abitazione di Dio nel mondo? […].

L’identificazione tipologica fra Maria e Sion conduce a una grande profondità. Questa forma di legame fra l’Antico e il Nuovo Testamento è molto di più di un’interessante composizione storica, con la quale l’evangelista Luca collega promessa e adempimento e comprende l’antica Alleanza alla luce dell’evento di Cristo. Maria è Sion in persona; e ciò significa: ella vive tutto quello che con "Sion" si intende. Ella vive in modo da essere permeabile, "abitabile" da Dio: vive in modo da essere "luogo" per Dio; vive nella dimensione comune della storia sacra, che riguarda non un’esistenza singola ma tutto il vero Israele […]".


Maria madre dei credenti

"Ritorniamo ancora al saluto dell’Angelo. Maria viene chiamata "la piena di grazia". Ora, nel testo greco, la parola grazia [= charis] ha la stessa radice della parola gioia [= chara]. Si manifesta così in altro modo, ancora una volta, la stessa correlazione che abbiamo incontrato nel confronto con l’Antico Testamento. La gioia viene dalla grazia, perché la grazia è gioia. E la grazia è un concetto relazionale: non esprime qualcosa della proprietà di un soggetto, ma qualcosa che indica relazione tra un io ed un tu: tra Dio e l’uomo. Perciò, il "tu sei piena di grazia" può essere meglio tradotto con l’espressione: "Tu sei piena di Spirito Santo. Tu sei in relazione vitale con Dio".

Luca ha illustrato questa situazione esistenziale della Santa Vergine anche a partire da un altro ambito tematico: con il suo modo delicato, attraverso una serie di allusioni, propone nel racconto dell’Annunciazione un parallelo fra Abramo, il padre dei credenti, e Maria, la madre dei credenti".

Partendo dall’affermazione che "essere nella grazia" significa "essere credente", e dopo avere disquisito sulla fede [e sull’oscurità della fede], il Card. Joseph Ratzinger stabilisce il raffronto Abramo – Maria nei termini seguenti:

"[…] Il parallelo fra Maria e Abramo ha inizio nella gioia della promessa del figlio, ma procede fino all’ora oscura della salita al Monte Moria, cioè fino alla crocifissione di Cristo e poi certamente anche fino alla miracolosa liberazione di Isacco, fino alla risurrezione di Gesù Cristo.

Abramo "padre nella fede": con questo titolo è designato il ruolo unico del patriarca nella religione d’Israele e nella fede della Chiesa. Ma non è meraviglioso che – senza nulla togliere al ruolo di Abramo – ora, per il nuovo popolo dell’Alleanza stia all’inizio una "madre dei credenti"; che dalla sua pura e alta figura la nostra fede accolga continuamente il suo modello e l’indicazione del cammino di fede da percorrere?".

Queste sono altre profondità teologiche e fecondità spirituali dell’insegnamento del futuro Papa Benedetto XVI, fondate sui presupposti biblici della devozione mariana, a partire dal Magnificat e dalla narrazione lucana dell’Annuncio dell’Angelo Gabriele.

Ne incontreremo altre ancora, continuando il discorso alla prossima puntata.

Bruno Simonetto


Il piccolo Joseph Ratzinger:

La mariologia di Benedetto XVI – 5


"Et incarnatus est […] ex Maria Virgine"



Nell’articolo del ‘Credo’ sta il cuore della nostra fede: il mistero del Natale e tutto il mistero della Vergine-Madre.


Particolarmente significativa [nella celebrazione della Madonna del Natale] è la riflessione sull’articolo del ‘Credo’ "Et incarnatus est de Spiritu Sancto ex Maria Virgine…" che il Card. Joseph Ratzinger propone nel prezioso volumetto "Maria – Kirche im Ursprung" [in italiano: Maria – Chiesa nascente, Cinisello Balsamo 1998].

Riflessione che ci viene offerta nel cap. V [da pag. 69 a pag. 81] e che qui cerchiamo di riassumere nei suoi passaggi essenziali.

"Il centro di tutte le nostre confessioni di fede – scrive J. Ratzinger – è il "sì" a Gesù Cristo: "Egli si è incarnato per opera dello Spirito Santo nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo". A questa frase ci inginocchiamo, perché a questo punto il Cielo, il velo del nascondimento di Dio, viene strappato ed il mistero ci tocca con immediatezza. Il Dio lontano diventa il nostro Dio, l’Emmanuele - "Dio con noi".


Grammatica e contenuto di questo articolo di fede

"Se esaminiamo l’espressione ["…si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo"] nella sua struttura grammaticale – analizza molto finemente il teologo-mariologo Ratzinger – si vede che essa include quattro soggetti. Espressamente vengono nominati lo Spirito Santo e la Vergine Maria. Ma poi vi è anche il soggetto sottinteso: "Egli": pronome personale chiamato prima con diversi nomi [Cristo, l’Unigenito Figlio di Dio, Dio vero da Dio vero […], della stessa sostanza del Padre]. Così, in questo "Egli" – da lui inseparabile – è incluso un altro Io: il Padre, con il quale è la stessa sostanza, così che può dirsi "Dio da Dio"…

Tutto ciò significa che il primo e vero soggetto di questa frase – come era inevitabilmente da attendersi, dopo quanto detto in precedenza – è Dio; ma Dio nella Trinità dei soggetti: Padre, Figlio e Spirito Santo. La "drammaticità" dell’espressione sta però nel fatto che non formula un’affermazione sull’essere eterno di Dio, ma un’affermazione "di azione", che ad un più attento esame si rivela persino come un’affermazione "di passione", come un passivo.

Ebbene, a questa affermazione "di azione" [alla quale hanno preso parte le tre Persone divine, ciascuna a suo modo] appartiene l’espressione "ex Maria Virgine"; anzi, da qui dipende la "drammaticità" del tutto. Infatti, senza Maria l’ingresso di Dio nella storia non giungerebbe al suo fine, quindi non sarebbe raggiunto proprio quello che ha importanza nella confessione di fede che Dio è un "Dio con noi", e non solo un Dio in se stesso e per se stesso.

Così la donna che designò se stessa come umile, cioè come "donna anonima" [cfr. Lc 1, 48] – puntualizza Ratzinger – è collocata nel punto centrale della confessione nel Dio vivente, nel Dio che opera. La Parola diventa carne, l’eterno fondamentale significato del mondo entra in esso: Dio non lo guarda solo dall’esterno, ma diventa Egli stesso un soggetto che agisce nel mondo.

[…] Il "mondo" nel quale il Figlio di Dio viene, la "carne" che egli assume, non è un luogo qualsiasi o una cosa qualsiasi: questo mondo, questa carne è una persona umana.

La Lettera agli Ebrei, a partire dai Salmi, ha interpretato il processo dell’Incarnazione come un vero dialogo intradivino: "Un corpo mi hai preparato", dice il Figlio al Padre. Ma questa preparazione del corpo avviene nella misura in cui anche Maria dice: "Sacrificio ed offerta non hai voluto, un corpo tu mi hai preparato […]. Eccomi, io vengo a fare la tua volontà" [cfr. Eb 10, 5; Sal 39/40, 6-8]. Perché il corpo viene preparato al Figlio nel momento in cui Maria si consegna totalmente alla volontà del Padre, e così si rende disponibile il suo corpo come "tenda" dello Spirito Santo".



Lo sfondo biblico dell’espressione

Sempre con la preoccupazione di "scoprire" ciò che veramente la Scrittura lascia intendere della Vergine Maria, il Card. Joseph Ratzinger si addentra ancora più in profondità nell’analisi esegetica dell’espressione "…si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo".

"Per comprendere in tutta la sua profondità la frase centrale della professione di fede [nel mistero dell’Incarnazione] – scrive il futuro Papa Benedetto XVI – dobbiamo risalire, oltre il Credo, alla sua fonte: la Sacra Scrittura.

[Tale] professione di fede, ad un più attento esame, si rivela su questo punto come una sintesi delle tre grandi testimonianze bibliche dell’Incarnazione del Figlio: Mt 1, 18-25; Lc 1, 26-38; Gv 1, 13ss. Cerchiamo – pur senza la pretesa di entrare in un’interpretazione analitica di questi testi – di cogliere qualcosa del loro particolare contributo alla comprensione dell’Incarnazione di Dio.

A] Mt 1, 18-25

[…] Proprio perché Matteo, che scrive per l’ambiente giudaico e giudeo-cristiano, ha la preoccupazione di mettere in luce la continuità fra l’Antica e la Nuova Alleanza […], vuole mostrare la correlazione fra promessa ed adempimento, facendo emergere accanto alla figura di Giuseppe la figura della Vergine Maria.

Per Matteo, con la nascita di Gesù dalla Vergine Maria il velo [della profezia di Isaia al dubbioso Acaz: "Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio…", Is 7, 14] viene sollevato. Questo segno ora è dato; e poiché Dio - l’Emmanuele è ora con noi, sono di essenziale importanza anche i portatori umani della promessa: Giuseppe e Maria. Giuseppe rappresenta la fedeltà di Dio nei confronti di Israele, Maria invece la speranza dell’umanità, poiché per mezzo di lei ["ex Maria Virgine"] il Figlio di Dio è divenuto davvero uno di noi.

Filippo Lippi, Adorazione del Bambino con Santi e Angeli [part.] - Galleria Uffizi, Firenze.
Filippo Lippi, Adorazione del Bambino con Santi e Angeli [part.] – Galleria Uffizi, Firenze.

B] Lc 1, 26-38

Il testo in esame è la pericope lucana dell’annuncio della nascita di Gesù da parte dell’Arcangelo Gabriele [Lc 1, 26-38].

Luca lascia trasparire nelle parole dell’Angelo il mistero trinitario e dà così all’evento quel centro teologico a cui fa riferimento tutta la storia della Salvezza, anche nella professione di fede […]. Per la discesa dello Spirito Santo sulla Vergine Maria, Luca usa qui la parola "adombrare" [cfr. v. 35]. Egli allude in tal modo al racconto veterotestamentario della nube santa che, fermandosi sulla tenda del convegno, indicava la presenza di Dio. Così Maria è caratterizzata come la nuova tenda santa, la vivente Arca dell’Alleanza. Il suo "sì" diventa luogo dell’incontro, nel quale Dio riceve una dimora nel mondo […].

Ma va sottolineato, di questo racconto lucano dell’Annunciazione, un altro punto: Dio richiede il "sì" dell’uomo, interlocutore libero del suo Creatore. Ciò vuol dire – addirittura – che, senza la libera adesione di Maria, Dio non può diventare uomo; anche se il "sì" della Vergine Maria è pura grazia, poiché nell’Immacolata c’è, fin dal primo istante del suo concepimento e proprio in vista della sua divina maternità, la pienezza della grazia".

C] Gv 1, 13ss

Il Card. Joseph Ratzinger, a questo punto, analizza con particolare cura esegetica il Prologo del Vangelo di Giovanni [1, 13ss], sul quale poggia la nostra professione di fede: "La Parola è divenuta carne ed ha messo la sua tenda in mezzo a noi" [Gv 1, 14].

Iconografia della Madre di Dio nell'ordine delle feste liturgiche, con al centro l'icona del 'Roveto ardente' e, sui margini, raffigurazioni delle Dodici Grandi Feste - Ufficio Archeologico presso l'Accademia Ecclesiastica Moscovita.
Iconografia della Madre di Dio nell'ordine delle feste liturgiche, con al centro l'icona del 'Roveto ardente' e,
sui margini, raffigurazioni delle Dodici Grandi Feste – Ufficio Archeologico presso l'Accademia Ecclesiastica Moscovita.

Rileva quindi, per cenni, tre concetti:

1] "Il Logos diventa carne: e noi siamo così abituati a questa espressione che non ci colpisce più l’inaudita sintesi divina di ciò che in apparenza era totalmente separato. Qui si trova la vera novità cristiana […], qualcosa di assolutamente nuovo e impensabile, nel quale possiamo entrare nella fede e solo nella fede, aprendoci a orizzonti completamente nuovi del pensare e del vivere. Il riferimento al Logos che diventa carne [sarx], per Giovanni prelude al cap. VI del suo Vangelo: "Il pane che io darò [cioè il Logos, che è il vero nutrimento dell’uomo] è la mia carne per la vita del mondo" (Gv 6, 51). E con il riferimento alla carne è già espresso allo stesso tempo il dono di Lui fino al sacrificio, il mistero della Croce e il mistero del Sacramento pasquale che ne deriva.

2] La seconda indicazione viene dal fatto che Giovanni parla della dimora di Dio [in mezzo a noi] come conseguenza e scopo dell’Incarnazione, adoperando il termine "tenda", rinviando così alla "tenda" del convegno veterotestamentario, alla shekinà, alla teologia del Tempio che trova il suo adempimento nel Logos che si è fatto carne: Gesù è la vera shekinà.

3] Infine, dobbiamo gettare uno sguardo sul versetto 13: "A tutti coloro che credono nel suo nome, che non per nascita naturale, né per volontà di un uomo, ma da Dio sono nati…".

La generazione verginale di Gesù è orientata ad assumere noi credenti, come a darci una nuova generazione. Così, come nel versetto 14 ["La Parola è divenuta carne ed ha messo la sua tenda in mezzo a noi"] il riferimento all’Incarnazione del Logos prelude al capitolo eucaristico del Vangelo, qui è evidente l’anticipazione del colloquio di Gesù con Nicodemo, dove il Signore ricorda al fariseo la necessità di una generazione "da acqua e Spirito" [cfr. Gv 3, 5].

Nel contesto di questi tre passi evangelici, la Vergine-Madre si trova così al centro dell’evento redentivo. Essa garantisce con tutto il suo essere per la novità che Dio ha operato. E solo in quanto la sua storia è vera e sta all’inizio [della Salvezza], vale ciò che Paolo scrive: "Se dunque qualcuno è in Cristo, allora egli è una nuova creatura" [Cor 5, 17].



Le orme di Dio

"Dunque – riprende Joseph Ratzinger, concludendo la sua analisi del passo del ‘Credo’ –, il "sì" di Maria apre a Dio lo spazio dove piantare la tenda in mezzo agli uomini. La Vergine-Madre diviene per lui tenda; e così ella è l’inizio della santa Chiesa, che a sua volta è anticipo della nuova Gerusalemme, nella quale non vi è più alcun tempio, perché Dio stesso dimora in essa.

La fede in Cristo che professiamo nel ‘Credo’ è quindi una spiritualizzazione ed una purificazione di tutto quanto la storia delle religioni aveva detto e sperato sulla presenza di Dio nel mondo. Ma è allo stesso tempo anche una corporeizzazione ed una concretizzazione che va al di là di ogni attesa sull’essere di Dio con gli uomini. "Dio è nella carne": proprio questo legame indissolubile di Dio con la sua creatura costituisce il centro della fede cristiana […].

Lasciandoci toccare dalla concretezza dell’agire divino, ne scopriamo così le orme nella storia del mondo, per proclamare con sempre rinnovata gratitudine e consapevolezza: "[Gesù, il Figlio di Dio] si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo".

È questo il mistero del Natale; ed è tutto il mistero della Vergine-Madre".

Bruno Simonetto


La mariologia di Benedetto XVI – 6



Il segno della Donna



Aspetti metodologici dell’Enciclica "Redemptoris Mater" e punti focali alla cui luce è illustrata la figura di Maria, nell’analisi del Card. Joseph Ratzinger.


Nel cap. III del volumetto sulla Madonna, scritto dal Card. Joseph Ratzinger nel 1997: "Maria – Kirche im Ursprung" [in italiano: Maria – Chiesa nascente, Cinisello Balsamo 1998, ora rieditato] troviamo un’interessantissima Introduzione all’Enciclica di Giovanni Paolo II "Redemptoris Mater" [del 25 Marzo 1987].

Come ricordiamo, è l’Enciclica con la quale il Servo di Dio Papa Wojtyła indiceva l’Anno Mariano [con inizio nella Solennità di Pentecoste del 1987], in preparazione al Giubileo del Duemila, "non solo per rammentare che Maria ha preceduto l’ingresso di Cristo Signore nella storia dell’umanità, ma per sottolineare altresì, alla luce di Maria, che sin dal compimento del mistero dell’Incarnazione la storia dell’umanità è entrata nella "pienezza del tempo" e che la Chiesa è il segno di questa pienezza" [cfr. RM, 49].

L’Anno Mariano sarebbe terminato l’anno successivo, "nella Solennità dell’Assunzione della Santissima Vergine al Cielo, per mettere in risalto ‘il segno grandioso nel Cielo’ di cui parla l’Apocalisse. In questo modo – spiegava Papa Giovanni Paolo II – vogliamo anche adempiere l’esortazione del Concilio [Vaticano II], che guarda a Maria come a ‘segno di sicura speranza e di consolazione per il pellegrinante Popolo di Dio’ " [cfr. ibid. 50].

L’Introduzione-commento del Card. Joseph Ratzinger arricchisce notevolmente la lettura di questa Enciclica, prima parlando degli aspetti metodologici che la caratterizzano, poi indicandone i quattro punti focali alla cui luce è illustrata la figura di Maria.

Riservando ad un secondo articolo quest’ultimo aspetto, vogliamo qui riprendere in sintesi quale sia – secondo il Card. Ratzinger – la corretta metodologia per la comprensione della "Redemptoris Mater".



Il rischio di una lettura femminista dell’Enciclica

Il futuro Papa Benedetto XVI introduce il discorso paventando qualche rischio: "Un’enciclica mariana, un Anno Mariano – scrive senza mezzi termini – suscitano in genere poco entusiasmo nel Cattolicesimo tedesco. Si teme possano appesantire il clima ecumenico; si paventa il pericolo di una pietà troppo emozionale, incapace di reggere di fronte a criteri teologici rigorosi.

La comparsa di tendenze femministe ha naturalmente introdotto un elemento nuovo e inatteso, che minaccia di scompigliare un poco i fronti. Da un lato, l’immagine che la Chiesa traccia di Maria viene ivi presentata come la canonizzazione della dipendenza della donna e come la consacrazione della sua oppressione: la glorificazione della Vergine e Madre servizievole, obbediente e umile avrebbe fissato per secoli il ruolo della donna; una glorificazione tesa a tenerla soggetta. Dall’altro lato, la figura di Maria offre lo spunto per un’interpretazione nuova e rivoluzionaria della Bibbia: i "teologi della liberazione" si richiamano al "Magnificat" che annuncia la caduta dei potenti e l’elevazione degli umili; così il "Magnificat" diventa il faro di una teologia che considera suo compito incitare all’abbattimento degli ordinamenti esistenti".

Sembra che sia specialmente questo secondo rischio a preoccupare il teologo Ratzinger: "La lettura femminista della Bibbia – analizza – vede in Maria la donna emancipata che, libera e consapevole del proprio compito, si oppone a una cultura dominata dai maschi. La sua figura, assieme ad altri indizi speciosi, diventa una chiave ermeneutica che alluderebbe a un Cristianesimo originariamente del tutto diverso, il cui slancio liberatore sarebbe poi stato di nuovo presto attutito e neutralizzato dalla struttura del potere maschile.

Il carattere tendenzioso e forzato di simili interpretazioni è facile da riconoscere; comunque esse potrebbero avere il vantaggio di renderci di nuovo più attenti a quel che la Bibbia ha effettivamente da dire su Maria. Questo potrebbe perciò essere anche il momento di prestare più attenzione del solito a un’enciclica mariana, che da parte sua si preoccupa unicamente di far parlare la Bibbia".

Proprio per questo – "al fine di rendere più accessibile e comprensibile il documento papale e per facilitarne la lettura", come egli precisa – il Card. Ratzinger comincia con alcune considerazioni che ne mettono in luce il modo di procedere, riservando una seconda parte del suo intervento alla focalizzazione dei contenuti principali dell’Enciclica.

Pascalis Via Matris: Maria presenta l’umanità a Cristo Crocifisso - Miniatura medioevale del Cantico dei Cantici, Biblioteca di Bamberga.
Pascalis Via Matris: Maria presenta l’umanità a Cristo Crocifisso -
Miniatura medioevale del Cantico dei Cantici, Biblioteca di Bamberga.

Aspetti metodologici della "Redemptoris Mater"

1. Leggere la Bibbia come un tutto


"L’Enciclica si presenta in molte parti come una meditazione biblica. Presuppone [perciò] l’interpretazione storico-critica della Bibbia e fa da parte sua il passo successivo, quello d’una interpretazione propriamente teologica".

La regola fondamentale in materia – ricorda il Card. Ratzinger – si trova nel cap. III della Costituzione conciliare "Dei Verbum": "… per ricavare con esattezza il senso dei sacri testi, si deve badare con diligenza al contenuto e all’unità di tutta la Scrittura, tenuto debito conto della viva tradizione di tutta la Chiesa e dell’analogia della fede" [DV, 12].

Ne deriva, che "spiegare teologicamente la Scrittura significa non ascoltare solo gli Autori storici collaterali e antitetici, ma cercare l’unica voce del tutto, l’identità interiore [del testo] che sorregge e unisce tale tutto". E questo vuol dire che l’interpretazione teologica della Parola di Dio supera il metodo storicistico; e che, in fondo, "la Scrittura è interpretata mediante la Scrittura, perché la Scrittura spiega se stessa".

Un secondo principio della "lettura unitaria" della Scrittura comporta il fatto di leggerla come una realtà presente, una ricerca di ciò che è vero. Credere questo fatto costituisce l’essenza dell’esegesi teologica.

"Il Papa [nell’Enciclica "Redemptoris Mater"] – sottolinea il Card. Ratzinger – parla con la Bibbia in questo atteggiamento: egli prende le sue parole così come esse risultano dal suo significato totale, come verità, come informazione su ciò che Dio e l’uomo sono realmente".

Ugolino da Belluno, Vergine dell’Accoglienza – Chiesa parr. Di Andora (Savona).
Ugolino da Belluno, Vergine dell’Accoglienza – Chiesa parr. Di Andora (Savona).

2. La linea femminile nella Bibbia

È importante leggere tutta la Bibbia. "Allora – spiega Joseph Ratzinger – si vede come nell’Antico Testamento, accanto e con la linea che va da Adamo ai Patriarchi e al Servo di Jhawè, corre la linea che va da Eva alle donne dei Patriarchi, a figure come Debora, Ester e Rut e infine alla Sophia: un cammino che non si può teologicamente minimizzare, per quanto esso sia non concluso e quindi aperto nella sua affermazione, per quanto esso sia incompiuto come tutto l’Antico Testamento, che rimane nell’attesa del Nuovo e della sua risposta. Ma come la linea adamitica riceve il suo senso da Cristo, così alla luce della figura di Maria e nella posizione dell’"ecclesia" diventa chiaro il significato della linea femminile, nella sua unione inseparabile con il mistero cristologico".

E qui arriva l’affondo del teologo Ratzinger: "La scomparsa di Maria e dell’ "ecclesia" in una corrente importante della teologia contemporanea è indice della sua incapacità di leggere la Bibbia nella sua totalità […]. Viceversa, per poter percepire il tutto, si presuppone l’accettazione del luogo fondamentale ecclesiale e quindi anche la rinuncia a una selezione storicistica all’interno del Nuovo Testamento".

Applicando questi princìpi alla "Redemptoris Mater", Ratzinger osserva: "A mio giudizio, l’importanza e l’attualità dell’Enciclica consistono non da ultimo sul fatto che essa ci guida a riscoprire la linea femminile nella Bibbia, con il suo specifico contenuto salvifico, e a imparare che né la cristologia elimina il femminile o lo riduce a una realtà insignificante, né, viceversa, il riconoscimento del femminile pregiudica la cristologia. Solo nella loro giusta relazione e unione si manifesta la verità su Dio e su noi stessi".



3. Una mariologia storico-dinamica

Il terzo elemento di analisi della struttura che caratterizza l’Enciclica mariana di Giovani Paolo II, il Card. Joseph Ratzinger lo espone in un rilievo terminologico.

"Il pensiero mariologico del secolo XIX e del secolo XX – spiega – mirava soprattutto a illustrare i privilegi della Madre di Dio, che furono riassunti nei suoi grandi titoli. Messa al sicuro l’Assunta con il dogma dell’assunzione corporea di Maria in Cielo, balzò in primo piano la controversia sul titolo di "Mediatrice" [Mediatrix] e di "Corredentrice" [Corredemptrix]. Nell’Enciclica, per quel che mi consta, il titolo di "Corredentrice" non compare; quello di "Mediatrice" lo incontriamo solo molto raramente, piuttosto ai margini e in citazioni. Tutto l’accento viene invece a cadere sul termine "mediazione", sull’azione, sulla missione storica; l’essere diventa visibile solo mediante la missione, mediante l’azione storica.

Questo spostamento terminologico – continua Ratzinger – ci permette di cogliere la nuova impostazione della mariologia scelta dal Papa: non si tratta di illustrare davanti alla nostra contemplazione stupita misteri statici, ma di capire la dinamica storica della Salvezza, che ci coinvolge e ci addita il nostro posto nella storia, elargendoci doni e ponendoci esigenze. Maria non risiede solo nel passato né solo nell’alto dei Cieli, nell’intimità di Dio; ella è e rimane presente e attiva nell’attuale momento storico; ella è qui e oggi persona agente […]. Dal fatto che ella ci precede e ci indica il cammino che ci sta davanti, risulta poi naturalmente chiaro chi ella è e chi siamo noi, tuttavia solo se prendiamo atto del senso dinamico della sua figura".

Continueremo il discorso nei prossimi numeri della rivista, soffermandoci ad osservare anzitutto come in questo modo la mariologia diventa teologia della storia e imperativo ad agire, convinti sempre più che la presentazione-commento che il Card. Joseph Ratzinger fa della "Redemptoris Mater" è lezione alta di catechesi mariana.

Bruno Simonetto
[Modificato da Caterina63 25/09/2009 15:57]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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02/12/2008 15:24
 
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La mariologia di Benedetto XVI – 7

Il "segno della Donna" nella storia dell’uomo



Rileggiamo i punti focali alla cui luce, nell’enciclica "Redemptoris Mater", è illustrata la figura di Maria, secondo l’analisi del Card. Joseph Ratzinger.


Nel numero della rivista dello scorso mese di Gennaio abbiamo aperto il discorso sul commento del Card. Joseph Ratzinger all’enciclica "Redemptoris Mater" di Giovanni Paolo II, parlando degli aspetti metodologici che la caratterizzano e riservandoci di indicare successivamente i punti focali alla cui luce nell’enciclica è illustrata la figura di Maria. Tutto questo è contenuto ancora nel cap. III del volumetto sulla Madonna, scritto dal futuro Papa Benedetto XVI nel 1997: "Maria – Kirche im Ursprung" [in italiano: Maria – Chiesa nascente, Cinisello Balsamo 1998, rieditato di recente]. I principali "punti focali" dell’enciclica – nell’analisi del Card. Ratzinger – sono:

1 – Maria, la credente

2 – Il segno della Donna

3 – La mediazione di Maria.

Vediamoli singolarmente.



Maria, la credente

"L’atteggiamento centrale, alla cui luce la figura di Maria è illustrata nell’enciclica – attacca deciso il Card. Joseph Ratzinger – si chiama fede. Se Gesù è il Verbo incarnato e parla attingendo alla profondità della sua unità col Padre, l’essenza e il cammino di Maria sono caratterizzati in maniera decisiva dal fatto che ella è credente. "Beata colei che ha creduto": questa acclamazione rivolta da Elisabetta a Maria [Lc 1, 45] diventa la parola chiave della mariologia. Maria è così inserita nella lode dei grandi credenti della storia, con cui il cap. 11 della Lettera agli Ebrei ha assegnato il suo luogo teologico alla memoria dei testimoni. Tale luogo biblico fondamentale non viene più abbandonato nel corso di tutta l’enciclica e va tenuto sempre presente per capirla bene.

L’enciclica diventa così anche una catechesi sulla fede, sul rapporto fondamentale dell’uomo con Dio. Il Papa vede l’atteggiamento di Maria in unione con la figura di Abramo: come la fede di Abramo divenne l’inizio dell’Antica Alleanza, così la fede di Maria inaugura nella scena dell’Annunciazione la Nuova Alleanza. La fede è nel suo caso, come nel caso di Abramo, un confidare in Dio e un obbedire a Dio, anche lungo un cammino oscuro. Essa è un lasciarsi cadere, un arrendersi e un affidarsi alla verità, a Dio. Così diventa, nella penombra delle vie imperscrutabili di Dio, una conformazione a lui [cfr. RM, 14].

Di questo primo "punto focale" dell’enciclica Ratziger sottolinea due aspetti:

a] "Il carattere di croce della fede, che Abramo dovette sperimentare in maniera tanto radicale, si manifesta per Maria nell’incontro con il vegliardo Simeone, e quindi nella perdita e nel ritrovamento di Gesù dodicenne. Il Papa sottolinea con forza le parole dell’evangelista: "Ma essi non compresero le sue parole" [Lc 2, 48-50; cfr. n. 17]. Pur nella vicinanza più intima a Gesù il mistero rimane mistero; e tocca anche Maria, non diversamente che nella fede.

b] La meditazione sulla fede di Maria trova il suo punto culminante e la sua sintesi nell’interpretazione della presenza di Maria sotto la Croce. In qualità di credente ella conserva fedelmente e medita nel suo cuore le parole udite [cfr. Lc 1, 29; 2, 19.51]. Ma sotto la Croce la promessa: "Il Signore gli darà il trono di Davide suo padre […] e il suo regno non avrà fine" [cfr. Lc 1, 32-35] sembra definitivamente smentita. La fede entra nella sua kénosi più profonda, sta nell’oscurità totale. Ma appunto così essa è partecipazione piena allo spogliamento [cfr. Fil 2, 5-8] di Gesù. La fede – Abramo ce lo insegna – è comunione con la Croce. E pertanto essa diventa piena solo sulla Croce".



Il segno della Donna

"La catechesi sulla fede – continua il Card. Joseph Ratzinger nella sua fine analisi della "Redemptoris Mater" – include l’idea della via e quindi anche quella della storia. Non stupisce perciò che un secondo filone di pensiero dell’enciclica presenti Maria come guida della storia, come segno dei tempi, ancora una volta in stretto collegamento con la parola biblica.

Nel capitolo dodicesimo dell’Apocalisse si parla del "segno della donna", che viene dato in una determinata ora della storia, per determinare da allora in poi le vicende parallele del cielo e della terra. Tale testo contiene un chiaro riferimento alla descrizione biblica dell’inizio della storia, a quel testo misterioso che la tradizione chiama Protovangelo: "Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno"[Gn 3, 15].

In questa sentenza pronunziata sul serpente dopo la caduta nel peccato i Padri videro una prima promessa del Redentore, un’allusione alla discendenza che schiaccia la testa del serpente. Importante per i Padri fu anche il fatto che già in questo primo inizio il tema cristologico e quello mariologico sono inseparabilmente intrecciati. La prima promessa di Cristo, ancora semioscura e decifrabile solo alla luce dei tempi successivi, è una promessa fatta alla donna e per mezzo della donna […].

Maria, che ha generato il Cristo, è diventata il segno della speranza; ella è la guida della speranza. La decisione di Dio in favore dell’uomo, che nell’Incarnazione diventa visibile, "è più potente di ogni esperienza del male e del peccato, di tutta quella ‘inimicizia’ di cui è segnata la storia dell’uomo…" [cfr. RM, 11].



La mediazione di Maria

La terza parte dell’enciclica ["Mediazione materna"] segna come il vertice della riflessione del documento pontificio ed anche – come scrive Ratzinger – "senza dubbio, il punto su cui si concentrerà la discussione teologica ed ecumenica". La ragione è che, se è vero che "anche il Concilio Vaticano II ha già menzionato il titolo di "Mediatrice" e sostanzialmente ha parlato della mediazione di Maria [cfr. LG 60 e 62], mai però finora il tema è stato trattato con tale ampiezza in documenti magisteriali […]. Sicché, nella sostanza, l’enciclica non si spinge oltre il Concilio, di cui adotta la terminologia; tuttavia approfondisce i suoi spunti e conferisce quindi loro nuovo peso per la teologia e la pietà".

Ecco di quali spunti si tratta:

a] Anzitutto, il Papa descrive teologicamente l’idea della mediazione, salvaguardandola da fraintendimenti: egli sottolinea con molta energia l’unica mediazione di Gesù Cristo, ma afferma pure che tale unicità non è esclusiva, bensì inclusiva, nel senso che rende possibili forme di partecipazione […]."Partendo da qui – osserva Ratzinger – il Papa sviluppa la sua terminologia.

b] La mediazione di Maria poggia sulla partecipazione all’ufficio mediatore di Cristo, al cui confronto è un servizio subordinato [cfr. RM, 38]. La mediazione di Maria assume perciò la forma dell’intercessione [cfr. RM, 21]. Ma Giovanni Paolo II non si ferma qui.

"La mediazione di Maria – prosegue l’analisi di Joseph Ratzinger – anche se si colloca sulla linea della cooperazione creaturale all’opera del Redentore, riveste tuttavia il carattere della "straordinarietà"; essa svetta in maniera unica al di sopra del modo di mediazione in linea di principio possibile a ogni uomo nella Comunione dei Santi […].

Ma l’elaborazione concettuale vera e propria della specifica mediazione mariana viene effettuata principalmente nella terza parte dell’enciclica, ancora una volta collegando in maniera sublime vari passi scritturistici, in apparenza assai distanti fra di loro, ma che proprio con il loro accostamento – unità della Bibbia! – sprigionano una luce sorprendente. La tesi fondamentale del Papa suona: la specificità della mediazione di Maria sta nel fatto che essa è una mediazione materna, ordinata alla continua nascita di Cristo nel mondo. Essa mantiene presente nell’evento della Salvezza la dimensione femminile, che ha in lei il suo centro permanente. Naturalmente, ove la Chiesa viene concepita solo in maniera istituzionale […] non rimane più spazio per una cosa del genere. La "consapevolezza materna della Chiesa primitiva" [cfr. RM, 43] a cui il Papa allude – conclude il Card. Ratzinger – è per noi d’attualità proprio oggi".



c] "Ora possiamo domandarci: perché dobbiamo vedere questa dimensione femminile e materna della Chiesa fissata per sempre in Maria? L’enciclica risponde partendo da un passo scritturistico che a prima vista sembra decisamente ostile a ogni venerazione di Maria, quando Gesù risponde alla donna sconosciuta che gli grida entusiasta: "Beato il grembo che ti ha portato!" [Lc 11, 27]: "Beati piuttosto coloro che ascoltano la Parola di Dio e la osservano!" [Lc 11, 28]. A tali parole il Papa collega una sentenza del Signore che va nella medesima direzione: "Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica" [Lc 8, 20s].

In realtà – commenta Ratzinger – questi testi ci fanno conoscere due cose molto importanti: la prima, che al di là della maternità fisica irripetibile di Cristo, esiste un’altra dimensione della maternità, che può e deve continuare; la seconda, che tale maternità – che fa nascere continuamente Cristo – è basata sull’ascolto, sulla conservazione e sulla realizzazione della Parola di Gesù. Ora, proprio Luca, dal cui Vangelo sono desunti i due passi citati, descrive Maria come l’ascoltatrice esemplare della Parola, come colei che la porta con sé, la conserva nel cuore e la fa maturare. Ciò significa che Luca vuole collocare nel suo vero fondamento la venerazione di Maria".

L’enciclica Redemptoris Mater prosegue poi nel sottolineare l’affidamento filiale di Giovanni a Maria sotto la Croce da parte del Cristo morente; e l’evento della Pentecoste, dove la corrispondenza tra l’Incarnazione di Gesù a Nazareth per opera dello Spirito Santo e la nascita della Chiesa con l’effusione dello stesso Spirito è evidente: "La persona che unisce questi due momenti è Maria" [cfr. RM, 24]. "Papa Giovanni Paolo II – conclude logicamente il Card. Joseph Ratzinger – vorrebbe che la scena pentecostale diventasse l’icona del nostro tempo, l’icona dell’Anno Mariano, il segno di speranza della nostra ora" [cfr. RM, 33].

Alla luce di questi elementi il Papa riassume quindi il senso dell’Anno Mariano che l’enciclica annuncia: "Mentre l’Anno Mariano [1954] di Pio XII era stato posto in relazione ai due dogmi mariani dell’Immacolata Concezione e dell’Assunzione corporea di Maria in Cielo – commenta infine Ratzinger –, questa volta si tratta di mettere in rilievo la presenza particolare della Madre di Dio nel mistero di Cristo e della sua Chiesa [cfr. RM, 48].

Il senso ultimo del messaggio dell’enciclica è, dunque, che "la Chiesa deve di nuovo apprendere da Maria il suo essere Chiesa. Solo in una considerazione e in un’adesione al "segno della Donna", alla dimensione femminile, rettamente intesa, della Chiesa si verifica la nuova apertura alla forza creatrice dello Spirito e quindi la formazione di Cristo, la cui presenza soltanto può dare alla storia un centro e una speranza".

Bruno Simonetto

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La mariologia di Benedetto XVI – 8

Maria, "Madre della Chiesa"



"Il Concilio Vaticano II ha inteso dirci che Maria è così intrecciata nel grande mistero della Chiesa da esserne inseparabile, come sono inseparabili lei e Cristo".


In segno di particolare attenzione all’insegnamento di Papa Benedetto XVI, desumiamo interamente questa 8ª ‘puntata’ sulla sua mariologia dall’Omelia che il Santo Padre ha pronunciato nella Basilica di San Pietro, l’8 Dicembre, festa dell’Immacolata, durante la Messa di celebrazione del 40° Anniversario della conclusione del Concilio Vaticano II.

È un’Omelia vale davvero un trattato mariologico sul titolo di Maria "Madre della Chiesa" che il Pontefice allora regnante, Paolo VI, attribuì alla Madonna, tra il gaudio di tutto l’orbe cattolico.

"Quarant'anni fa, l'8 Dicembre 1965, qui nella Basilica di San Pietro, papa Paolo VI concluse solennemente il Concilio Vaticano II. Era stato inaugurato, secondo la volontà di Giovanni XXIII, l'11 Ottobre 1962, allora festa della "Maternità di Maria", ed ebbe la sua conclusione nel giorno dell'Immacolata.



Benedetto XVI in visita all'Immacolata in piazza di Spagna -Roma 8.12.2007

Una cornice mariana circonda il Concilio. In realtà, è molto di più di una cornice: è un orientamento dell'intero suo cammino. Ci rimanda, come rimandava allora i Padri del Concilio, all'immagine della Vergine in ascolto, che vive nella Parola di Dio, che serba nel suo cuore le parole che le vengono da Dio e, congiungendole come in un mosaico, impara a comprenderle [cfr. Lc 2,19.51]; ci rimanda alla grande Credente che, piena di fiducia, si mette nelle mani di Dio, abbandonandosi alla Sua volontà; ci rimanda all'umile Madre che, quando la missione del Figlio lo esige, si fa da parte e, al contempo, alla donna coraggiosa che, mentre i discepoli si danno alla fuga, sta sotto la Croce.

Paolo VI, nel suo discorso in occasione della promulgazione della Costituzione conciliare sulla Chiesa, aveva qualificato Maria come "tutrix huius Concilii - protettrice di questo Concilio" [cfr. "Oecumenicum Concilium Vaticanum II - Constitutiones, Decreta, Declarationes", Città del Vaticano 1966, pag. 983] e, con un’allusione inconfondibile al racconto di Pentecoste tramandato da Luca [cfr. At 1, 12-14], aveva detto che i Padri si erano riuniti nell'Aula del Concilio "cum Maria, Matre Iesu" e, pure nel suo nome, ne sarebbero ora usciti [cfr. ibid., pag. 985].

Resta indelebile nella mia memoria il momento in cui, sentendo le sue parole: "Mariam Sanctissimam declaramus Matrem Ecclesiae - dichiariamo Maria Santissima Madre della Chiesa", spontaneamente i Padri si alzarono di scatto dalle loro sedie e applaudirono in piedi, rendendo omaggio alla Madre di Dio, a nostra Madre, alla Madre della Chiesa.



La dottrina mariana del Concilio Vaticano II

Di fatto, con questo titolo il Papa riassumeva la dottrina mariana del Concilio e dava la chiave per la sua comprensione. Maria non sta soltanto in un rapporto singolare con Cristo, il Figlio di Dio che, come uomo, ha voluto diventare figlio suo. Essendo totalmente unita a Cristo, ella appartiene anche totalmente a noi. Sì, possiamo dire che Maria ci è vicina come nessun altro essere umano, perché Cristo è uomo per gli uomini e tutto il suo essere è un "esserci per noi". Cristo, dicono i Padri, come Capo è inseparabile dal suo Corpo che è la Chiesa, formando insieme con essa, per così dire, un unico soggetto vivente. La Madre del Capo è anche la Madre di tutta la Chiesa; lei è, per così dire, totalmente espropriata di se stessa; si è data interamente a Cristo e con Lui viene data in dono a tutti noi. Infatti, più la persona umana si dona, più trova se stessa.

Il Concilio intendeva dirci questo: Maria è così intrecciata nel grande mistero della Chiesa che lei e la Chiesa sono inseparabili come sono inseparabili lei e Cristo. Maria rispecchia la Chiesa, la anticipa nella sua persona e, in tutte le turbolenze che affliggono la Chiesa sofferente e faticante, ne rimane sempre la Stella della salvezza. È lei il suo vero centro di cui ci fidiamo, anche se tanto spesso la sua periferia ci pesa sull'anima.

Papa Paolo VI, nel contesto della promulgazione della Costituzione sulla Chiesa, ha messo in luce tutto questo mediante un nuovo titolo radicato profondamente nella tradizione, proprio nell'intento di illuminare la struttura interiore dell'insegnamento sulla Chiesa sviluppato nel Concilio. Il Vaticano II doveva esprimersi sulle componenti istituzionali della Chiesa: sui Vescovi e sul Pontefice, sui Sacerdoti, i Laici e i Religiosi nella loro comunione e nelle loro relazioni; doveva descrivere la Chiesa in cammino, "che comprende nel suo seno peccatori, santa insieme e sempre bisognosa di purificazione…" [Lumen gentium, 8].

Ma questo aspetto ‘petrino’ della Chiesa è incluso in quello ‘mariano’. In Maria, l'Immacolata, incontriamo l'essenza della Chiesa in modo non deformato. Da lei dobbiamo imparare a diventare noi stessi "anime ecclesiali": così si esprimevano i Padri, per poter anche noi, secondo la parola di San Paolo, presentarci "immacolati" al cospetto del Signore, così come Egli ci ha voluto fin dal principio [cfr. Col 1,21; Ef 1,4].



Ma ora dobbiamo chiederci: Che cosa significa "Maria, l'Immacolata"? Questo titolo ha qualcosa da dirci? La liturgia di oggi ci chiarisce il contenuto di questa parola in due grandi immagini. C'è innanzitutto il racconto meraviglioso dell'Annuncio a Maria, la Vergine di Nazaret, della venuta del Messia. Il saluto dell'Angelo è intessuto di fili dell'Antico Testamento, specialmente del profeta Sofonia. Esso fa vedere che Maria, l'umile donna di provincia che proviene da una stirpe sacerdotale e porta in sé il grande patrimonio sacerdotale d'Israele, è "il santo resto" d'Israele a cui i Profeti, in tutti i periodi di travagli e di tenebre, hanno fatto riferimento. In lei è presente la vera Sion, quella pura, la vivente dimora di Dio. In lei dimora il Signore che in lei trova il luogo del Suo riposo. Lei è la vivente casa di Dio, il quale non abita in edifici di pietra, ma nel cuore dell'uomo vivo. Lei è il germoglio che, nella buia notte invernale della storia, spunta dal tronco abbattuto di Davide. In lei si compie la parola del Salmo: "La terra ha dato il suo frutto" [Sal 67, 7].

[…] Nell'umiltà della casa di Nazaret vive l'Israele santo, il resto puro. Dio ha salvato il Suo popolo. Dal tronco abbattuto rifulge nuovamente la sua storia, diventando una nuova forza viva che orienta e pervade il mondo. Maria è l'Israele santo; ella dice "sì" al Signore, si mette pienamente a Sua disposizione e diventa così il Tempio vivente di Dio.

La seconda immagine è molto più difficile ed oscura. Questa metafora, tratta dal libro della Genesi, parla a noi da una grande distanza storica, e solo a fatica può essere chiarita; soltanto nel corso della storia è stato possibile sviluppare una comprensione più profonda di ciò che lì viene riferito. Viene predetto che durante tutta la storia continuerà la lotta tra l'uomo e il serpente, cioè tra l'uomo e le potenze del male e della morte. Viene però anche preannunciato che "la stirpe" della donna un giorno vincerà e schiaccerà la testa al serpente, alla morte; è preannunciato che la stirpe della donna - e in essa la donna e la madre stessa – vincerà; e che così, mediante l'uomo, Dio vincerà.

Se insieme con la Chiesa credente ed orante ci mettiamo in ascolto davanti a questo testo, allora possiamo cominciare a capire che cosa sia il peccato originale, il peccato ereditario, e anche che cosa sia la tutela da questo peccato ereditario, che cosa sia la Redenzione.

Qual è il quadro che in questa pagina ci viene posto davanti? L'uomo non si fida di Dio. Egli cova il sospetto che Dio, in fin dei conti, gli tolga qualcosa della sua vita, che Dio sia un concorrente che limita la nostra libertà e che noi saremo pienamente esseri umani soltanto quando l'avremo accantonato; insomma, che solo in questo modo possiamo realizzare in pienezza la nostra libertà […]. La libertà di un essere umano è la libertà di un essere limitato ed è quindi limitata essa stessa. Possiamo possederla soltanto come libertà condivisa, nella comunione delle libertà: solo se viviamo nel modo giusto l'uno con l'altro e l'uno per l'altro, la libertà può svilupparsi.

Noi viviamo però nel modo giusto, se viviamo secondo la verità del nostro essere e cioè secondo la volontà di Dio. Perché la volontà di Dio non è per l'uomo una legge imposta dall'esterno che lo costringe, ma la misura intrinseca della sua natura, una misura che è iscritta in lui e lo rende immagine di Dio e così creatura libera. Se noi viviamo contro l'amore e contro la verità - contro Dio -, allora ci distruggiamo a vicenda e distruggiamo il mondo. Allora non troviamo la vita, ma facciamo il gioco della morte. Tutto questo è raccontato con immagini immortali nella storia della caduta originale e della cacciata dell'uomo dal Paradiso terrestre".



L’insegnamento conciliare ricordato da Benedetto XVI

Il nostro Collaboratore, p. Stefano De Fiores, intervistato dall’ "Avvenire" sul significato attuale dell’insegnamento conciliare che Papa Benedetto ha inteso ricordare ai credenti nella sua stupenda Omelia, ha spiegato come la maternità di Maria abbia influenzato tutta l’ecclesiologia del Vaticano II.

"La ‘Lumen gentium’ – ha osservato p. De Fiores – parla di Maria come "Madre dei fedeli". Una maternità che è "diretta", poiché proprio la Vergine ha reso possibile la nascita di una Comunità di fedeli e della Chiesa, ma una maternità che è anche "esemplare". La Chiesa, infatti, è chiamata a viverla come propria e a generare Cristo in ogni momento della sua storia. Questa missione dà un futuro a Maria e, con essa, alla Chiesa".

Ad un’ulteriore domanda, se la figura di Maria abbia influenzato anche il testo della ‘Gaudium et Spes’ ["Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo"], p. De Fiores ha risposto: "I due temi [della maternità di Maria e del suo rapporto con il mondo] non sono direttamente ed esplicitamente legati all’interno della riflessione del Concilio, ma vi trovano una connessione logica: la Chiesa è chiamata a generare Cristo nel mondo in cui si trova a vivere. Un mondo da sempre percorso dalla lotta tra bene e male e dove Maria appare come modello della scelta del bene […]. E l’immagine della Madre di Dio e la riflessione sulla sua vita sono servite al Concilio per ridefinire alcune questioni ecclesiologiche interne fondamentali".

Riferendosi alla parte conclusiva dell’Omelia [da noi necessariamente appena accennata, per ragioni di spazio], un altro commentatore, Pierangelo Sequeri, ha osservato come Papa Benedetto XVI, nella sua passione per l’uomo, ha inteso indicare in Maria la "radice" del bene, per vincere il male del mondo: "Una passione per la causa di Dio e il destino del mondo […] che viene da lontano, inestirpabile, che sostiene passioni liete. "Più la persona si dona, più trova se stessa", ha detto il Papa. Impariamo il Figlio dell’Uomo, impariamo Dio, da questa donna. E c’è molto da imparare anche per noi, figli di donne [del nostro tempo]".

Bruno Simonetto

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Il Papa e la Madre di Dio

di ALBERTO RUM

Maria nella visione di Papa Benedetto XVI



Il Papa ci offre un’immagine di Maria presente e operante nella vita della Chiesa e di ogni cristiano.


All’indomani della sua elezione a Sommo Pontefice, Benedetto XVI invocava "la materna intercessione di Maria Santissima", a sostegno della sua promessa di fedeltà a Cristo. Poneva nelle mani di lei il presente e il futuro della sua persona e della Chiesa. Tale affidamento del Papa alla Madre del Signore offre a noi l’esempio che ci spinge all’amore filiale verso la Madre nostra Maria e alla imitazione delle sue virtù.

Ora, da questa breve pagina giunge a noi l’invito a contemplare la luminosa immagine di Maria che il Papa ha delineato, l’8 Dicembre scorso, nella solennità dell’Immacolata.

È un’icona mariana che il Santo Padre aveva già tracciata nel 1987, in una sua introduzione all’enciclica Redemptoris Mater di Giovanni Paolo II. Segno, questo, che tale icona di Maria era ed è profondamente scolpita nel suo animo devoto.

Il Papa invita a contemplare "l’immagine della Vergine in ascolto che vive nella Parola di Dio; che serba nel suo cuore le parole che le vengono da Dio e, congiungendole come in un mosaico, impara a comprenderle (cfr. Lc 2, 19.51). Il Pontefice rimanda quindi "alla grande Credente che, piena di fiducia, si mette nelle mani di Dio, abbandonandosi alla Sua volontà".

Altre icone mariane presentate dal Papa sono quella dell’umile Madre che, quando la missione del Figlio lo esige, si fa da parte, e quella della "donna coraggiosa" che, mentre i discepoli si danno alla fuga, sta sotto la Croce".

"La meditazione sulla fede di Maria - scriveva J. Ratzinger nel testo citato - trova il suo punto culminante e la sua sintesi nella interpretazione della presenza di Maria sotto la Croce. In qualità di credente ella conserva fedelmente e medita nel cuore le parole udite. Ma sotto la Croce la promessa fattale : "Il Signore gli darà il trono di Davide suo padre... e il suo regno non avrà fine" sembra definitivamente smentita. La fede entra nella sua kénosi più profonda, sta nell’oscurità totale".

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Il senso dinamico della figura di Maria

Ancora. Il Papa ci offre l’immagine di Maria, presente e operante nella vita della Chiesa e di ogni cristiano: "Maria non sta soltanto in un rapporto singolare con Cristo, il Figlio di Dio che, come uomo, ha voluto diventare figlio suo. Essendo totalmente unita a Cristo, ella appartiene anche totalmente a noi. Sì, possiamo dire che Maria ci è vicina come nessun altro essere umano, perché Cristo è uomo per gli uomini e tutto il suo essere è un "essere per noi". Cristo, dicono i Padri, come Capo è inseparabile dal suo Corpo che è la Chiesa, formando con essa, per così dire, un unico soggetto vivente.

La Madre del Capo è anche la Madre di tutta la Chiesa; lei è, per così dire, totalmente espropriata di se stessa; si è data interamente a Cristo e con Lui viene data in dono a tutti noi. Infatti, più la persona umana si dona, più trova se stessa. Più l’uomo è vicino a Dio, più vicino è agli uomini. Lo vediamo in Maria. Il fatto che ella sia totalmente presso Dio è la ragione per cui è anche così vicina agli uomini […].

Sulla presenza viva e operante di Maria nella vita della Chiesa, J. Ratzinger, sempre nel citato libretto, fa la seguente riflessione: "Maria non risiede solo nel passato né solo nell’alto dei Cieli, nell’intimità di Dio; ella è e rimane presente e attiva nell’attuale momento storico; ella è qui e oggi persona agente. La sua vita non sta solo alle nostre spalle, non sta semplicemente sopra di noi; ella ci precede.... Ella ci spiega la nostra ora storica.... Da tutta questa attività risulta poi naturalmente anche chiaro chi ella è, chi siamo noi, tuttavia solo se prendiamo atto del senso dinamico della sua figura".

Alberto Rum

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La mariologia di Benedetto XVI – 9

Il ruolo di Maria nella storia dell’umanità



In Maria si esprime l’essenza archetipa della donna, il simbolo dell’umanità e della Chiesa nella loro originaria purezza.


Una delle più note opere scritte dal Card. Joseph Ratzinger è indubbiamente il libro-intervista Gott und die Welt [Dio e il mondo, nella traduzione italiana delle Edizioni San Paolo, 2001].

Tra i grandi temi affrontati nel volume ci sono il Cristianesimo, Cristo e la Chiesa; e c’è, infine, il "rapporto tra Dio e il mondo", con l’invito ad accostarsi alla religione cristiana senza pregiudizi, con la sorpresa gioiosa di un incontro di vita: tema, quest’ultimo, che sta alla base della prima Enciclica di Papa Benedetto XVI, "Deus caritas".

Particolarmente significativa per noi è la tesi che la Chiesa non si rispecchia anzitutto nel Papa o nei Vescovi, nella Gerarchia ecclesiastica o nei Laici, ma nella Donna di nome Maria: ella - sostiene il futuro Papa Benedetto XVI - dà bellezza e grazia al volto della Chiesa con il quale Dio vuole attirare a sé tutti gli uomini.



Riprendiamo, da questo libro-intervista rilasciata da Joseph Ratzinger al giornalista tedesco Peter Seewald nell’estate dell’anno 2000, alcuni passaggi essenziali del cap. XIII, dedicato al tema: "La Madre di Dio" [cfr. ibid., pp. 266-292]. Un discorso così ricco e articolato che cercheremo di sviluppare in più "puntate" della presente rubrica su ‘La mariologia di Benedetto XVI’, secondo lo schema prospettato dall’Autore:

Maria nel Vangelo

I dogmi mariani

I miracoli

Il Rosario.




Maria nel Vangelo

Il dialogo-intervista fra Peter Seewald e il Card. Joseph Ratzinger apre il capitolo sulla Vergine Maria, inquadrando la figura della Madre di Dio come risulta dai Vangeli, a cominciare dall’Annuncio dell’Arcangelo Gabriele di cui scrive Luca.

– La vicenda da cui il computo temporale [dell’èra cristiana] prende il via ha avuto inizio con una donna: "E l’Angelo del Signore portò l’annuncio a Maria", racconta il Vangelo. Maria era una ragazza che viveva in una piccola cittadina della Galilea sconosciuta ai più, Nazareth, e nemmeno sapeva cosa le stava accadendo…

– La grandezza di questo evento - esordisce il Card. Ratzinger, con la profondità del teologo e al tempo stesso con la semplicità di un catechista parrocchiale - è stata riconosciuta solo nel corso della storia. Tutto ebbe inizio dall’incontro con l’Angelo in cui Maria fu quasi sovrastata da un messaggio straordinario: aveva trovato grazia agli occhi di Dio ed era stata scelta per essere la madre di suo Figlio. Per Maria deve essere stato un momento sconvolgente.

– Un essere umano scelto per essere la madre di Dio!

– È in effetti un grande paradosso. Dio si fa piccolo. Si fa uomo e accoglie tutte le condizioni connesse alla natura umana, come l’essere concepito e partorito. Ha una madre e la sua vita è così strettamente intrecciata al tessuto della nostra storia che una donna può dire che è suo figlio e che è un essere umano: in te c’è il Signore del mondo.



L’espressione "madre di Dio" ha suscitato a lungo violente controversie. C’era il gruppo dei Nestoriani che diceva che ovviamente [Maria] non aveva dato alla luce Dio, ma solo l’uomo Gesù. Può perciò essere detta madre di Cristo, ma non madre di Dio.

Si trattava sostanzialmente di stabilire quanto profondamente fossero unite in quest’uomo Gesù Cristo natura umana e natura divina; se era tale da poter affermare che sì, quello che era stato partorito era Dio e pertanto Maria era la madre di Dio. Non naturalmente nel senso di aver generato Dio, ma nel senso di essere la madre di quell’uomo intimamente unito a Dio, fino ad essere tutt’uno con lui. In questo modo anch’essa è stata fatta partecipe di una unione con Dio che non ha eguali.

– Maria viene venerata come Regina del Cielo, personificazione della Chiesa, o anche come Madre di Misericordia. La forza che si irradia dalla Madonna e che mobilita continuamente milioni di persone, non può essere misurata con parametri usuali.

– Nel corso della storia il ruolo di Maria è stato richiamato sempre più spesso a riconoscimento del ruolo più generale della donna. In Maria si esprime l’essenza archetipa della donna, il simbolo dell’umanità e della Chiesa nella loro originaria purezza. E mentre Eva, la prima donna, la "prima madre", come la si chiama oggi, la madre di ogni forma di vita vivente, partorisce nel segno della morte, Maria, dando alla luce il Salvatore, il quale risorge e porta la vita, diventa la piena realizzazione di ciò che si intende con il nome Eva, con la promessa della donna e della sua fecondità. Maria diventa la madre di Colui che è la vita e dà la vita, la madre della vita e di tutti i viventi.


[SM=g1740734] [SM=g1740750]


L’Ave, Maria


– Il saluto dell’Angelo a Maria è divenuto una preghiera fondamentale della Chiesa cattolica. Alcuni tra i più grandi geni dell’umanità, tra gli altri Mozart e Rossini, hanno messo in musica l’Ave, Maria: "Ave, Maria, piena di grazia!…". E l’Angelo le dice ancora: "Non temere!". E cosa risponde Maria?

– "Eccomi: sono la serva del Signore". Sì, Maria impara a non aver paura. Lo vediamo in tutte le Sacre Scritture, nei pastori come pure nei discepoli. Quando l’uomo percepisce la presenza di Dio, ha paura. Riconosce la propria piccolezza e viene colto da timore di fronte alla soverchiante maestosità e sacralità di Dio, di cui riconosce l’incommensurabilità. Una delle prime frasi del Vangelo è proprio questa: "Non temere!". Questo Dio non viene per farci paura, ma si fa piccolo nella sua grandezza, dismette tutto ciò che incute paura perché viene per operare la nostra salvezza […].

Per quanto riguarda l’Ave, Maria, la preghiera della Chiesa, consta di due parti. La prima è il saluto dell’Angelo, l’altra è ciò che dice Elisabetta quando Maria le rende visita: "Benedetto il frutto del tuo grembo"; e segue: "D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata", che preannuncia anche la devozione mariana. Queste parole sono profeticamente suggerite dallo Spirito Santo. In altri termini, i Cristiani glorificheranno Dio anche gioiendo di coloro in cui lui ha mostrato la sua grandezza e la sua bontà.



Seguono quindi altre domande/risposte di carattere biblico-esegetico, sempre molto interessanti al fine di conoscere ulteriori elementi della mariologia di Papa Benedetto XVI.

– Maria non compare spesso nei Vangeli. In alcuni importanti passaggi della vita di Gesù è addirittura assente, o, se presente, non compare necessariamente come figura positiva e madre amata.

– È vero, nella tradizione evangelica Maria ha un ruolo molto marginale. In Matteo quasi non compare, nei racconto dell’infanzia di Gesù è molto più presente Giuseppe. Direi che, finché [Maria] è vissuta, si è voluto mantenere la discrezione nei suoi confronti. E anche lei ha voluto mantenersi discreta.

Gesù costituisce una nuova famiglia, e laddove si tessono le lodi della donna che gli ha dato la luce e lo ha nutrito, lui corregge il quadro tradizionale delle relazioni familiari. Formula così ciò che conta per lui: "Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica". Questo è il nuovo concetto di legame familiare e di maternità. Lo descrive in questi termini: chi compie la mia volontà è mio fratello, madre o sorella. È essenziale, da questo punto di vista, la fuoriuscita da un quadro meramente umano-familiare per entrare invece nella sfera di quella famiglia allargata che è la Comunità fondata sulla volontà di Dio. Luca, che riporta queste ‘puntualizzazioni’, collega anche letteralmente queste parole alla narrazione dell’infanzia, e in particolare all’incontro con Elisabetta. Maria vi appare come una madre che non incarna solo la maternità corporea, ma che si pone nella Comunità di Dio come colei che ascolta e che crede. È lei, secondo il Vangelo di Luca, che incarna l’esempio di chi ascolta e custodisce la parola di Dio.

– Con altre donne Gesù si mostra più affettuoso e vicino. Sua madre, invece, viene talvolta come ‘ripresa’ da lui bruscamente. In occasione delle Nozze di Cana, ad esempio, quando gli chiede di intervenire perché il vino per gli ospiti sta per finire, le risponde in modo apparentemente duro: "Che ho da fare con te, o donna?". Ha davvero trattato sua madre duramente? Ha persino prese le distanze da lei, in qualche momento?

– Lei si riferisce a un passo riportato dal Vangelo di Giovanni. San Giovanni ha una mariologia molto particolare. In questo Vangelo relativamente tardo il ruolo di Maria viene elaborato con molta più chiarezza che in Matteo. Giovanni ricorre ad esempio alla parola "donna" ogniqualvolta Gesù si rivolge a Maria. In quest’espressione è riconoscibile anche una figura teologica. Perché, se dunque l’appellativo rivolto a Maria è quello di gynae, "la donna"; se, dal miracolo di Cana fino alla Crocifissione del figlio, il ruolo che lei riveste va al di là della sfera individuale, nella figura di Maria si affaccia l’immagine della nuova Eva.


I diversi episodi devono quindi essere letti in una prospettiva comune; e conseguentemente il miracolo di Cana va considerato in rapporto alla Crocifissione, e rappresenta la fuoriuscita da un quadro familiare cui, con la Crocifissione, subentrerà la costituzione di un nuovo contesto familiare in cui Maria rivestirà un ruolo centrale.

Ma già a Cana queste parole tanto apparentemente rudi da parere scostanti, rivelano in realtà una polisemia. Gesù intende infatti dire che non può forzare i tempi. Inizialmente non può piegarsi alle esigenze familiari. Poi accetta di operare il miracolo e anticipa conseguentemente i tempi della sua manifestazione pubblica per venire incontro all’intercessione materna [di Maria]. Se, quindi, sua madre è dapprima come non accettata, le viene poi restituito il suo posto, e insieme appare già come "la donna" per eccellenza, come la prefigurazione della Chiesa supplicante che, appunto come Maria, può implorare l’anticipazione dei tempi della storia della Salvezza.

Questo [delle Nozze di Cana] è, quindi, un testo molto profondo, su cui ci sarebbe ancora molto da pensare e da dire.

Bruno Simonetto

A questa prima "puntata", ripresa quasi integralmente dal libro-intervista "Dio e il mondo", seguiranno altre di non minore intensità mariologica del Card. Joseph Ratzinger, poi Papa Benedetto XVI.

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[Modificato da Caterina63 25/09/2009 16:00]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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02/12/2008 15:29
 
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La recita del Rosario secondo Papa Ratzinger

Il Rosario

Tutta la teologia mariana, o la mariologia, del Santo Padre confluisce nel Rosario, che ne è come l’espressione riepilogativa.



Nel num. di Agosto/Settembre della rivista ricordavamo l’insegnamento di Benedetto XVI sul "misterioso segreto del Rosario" e sottolineavamo il fatto che Papa Ratzinger, come tracciando un excursus storico-psicologico della pia pratica del Rosario, ne evidenziasse tutta la potenzialità, affermando: "Nel Rosario ci si concentra sulle figure di Cristo e di Maria, e i misteri meditati calmano l’anima, liberandola da preoccupazioni e sollevandola verso Dio".

E ricordavamo come – all’intervistatore Peter Seewald che chiedeva al futuro Papa Benedetto XVI se avesse una maniera particolare di recitare il Rosario – il Card. Ratzinger rispondesse con disarmante semplicità: "Lo faccio in modo molto semplice, proprio come i miei genitori mi hanno insegnato. Entrambi hanno amato molto il Rosario. E più sono invecchiati più l’hanno amato. Invecchiando, si è sempre meno in grado di fare grossi sforzi spirituali e tanto più forte si sente l’esigenza di individuare un rifugio interiore e di farsi cullare dalle preghiere della Chiesa. Anch’io prego nel modo in cui l’hanno fatto loro".



Grandezza e semplicità della devozione mariana del Papa teologo Benedetto XVI. In realtà, tutto quanto abbiamo fin qui scritto nelle precedenti 13 puntate di questa rubrica ["La mariologia di Benedetto XVI"] può essere considerato come un mosaico i cui tasselli compongono il grandioso quadro della visione che Papa Ratzinger ha del Rosario, in quanto questo è la riproposizione integrale del mistero di Cristo, di Maria e della Chiesa. Per evidenziarlo basti citare i titoli delle singole puntate:

1. Maria, Chiesa nascente
2. L’integrazione della mariologia nella teologia
3. La struttura della devozione alla Madonna
4. Una devozione mariana biblica
5. "Et incarnatus est […] ex Maria Virgine…"
6. Il segno della Donna
7. Il "segno della Donna" nella storia dell’uomo
8. Maria, "Madre della Chiesa"
9. Il ruolo di Maria nella storia dell’umanità
10. Maria, "espressione della vicinanza di Dio"
11. I dogmi mariani spiegati dal teologo Papa Ratzinger
12. Intercessione di Maria e miracoli da lei ottenuti
13. La recita del Rosario.


Come si può vedere, è tutta la teologia mariana, o la mariologia, di Papa Ratzinger a confluire nel Rosario, che ne è l’espressione riepilogativa.

La pratica del Rosario promossa dai Papi

Ma nel mese di Ottobre, dedicato alla "Madonna del Rosario" e molto caro alla pietà popolare non meno che il mese di Maggio, mariano per eccellenza, tante Parrocchie e famiglie, sulla scia di tradizioni religiose ormai consolidate, continuano a promuovere fervorose iniziative liturgiche, catechistiche e pastorali. Continuano a farne soprattutto un mese di intensa preghiera con Maria con la quotidiana recita del Santo Rosario.

Al Rosario i Cristiani sono da sempre invitati a far ricorso, specie nei momenti più difficili del nostro pellegrinaggio sulla terra, come ci ricordano - fra l’altro - non meno di 16 Encicliche di Papi: dalla "Superni Apostolatus" di Leone XIII del 1 Settembre 1883 [ma Papa Leone di Encicliche sul Rosario ne scrisse ben 11], alla "Ingravescentibus malis" di Pio XI del 29 Settembre 1937, alla "Ingruentium malorum" di Pio XII del 15 Settembre 1951, alla "Grata recordatio" di Giovanni XXIII del 26 Settembre 1959, alla "Christi Matri" di Paolo VI del 15 Settembre 1966 ed alla recente "Rosarium Virginis Mariae" di Giovanni Paolo II del 16 Ottobre 2002.



Fra le tante citazioni del Magistero della Chiesa [incluso quanto riportiamo più sotto dell’insegnamento di Papa Benedetto XVI nella sua catechesi ordinaria], vogliamo ricordare ciò che scriveva il Servo di Dio Giovanni Paolo II: "Il Rosario, pur caratterizzato dalla sua fisionomia mariana, è preghiera dal cuore cristologico. Nella sobrietà dei suoi elementi, concentra in sé la profondità dell’intero messaggio evangelico, di cui è quasi un compendio. In esso riecheggia la preghiera di Maria, il suo perenne Magnificat per l’opera dell’Incarnazione redentrice iniziata nel suo grembo verginale. Con esso il popolo cristiano si mette alla scuola di Maria, per lasciarsi introdurre alla contemplazione della bellezza del volto di Cristo e all’esperienza della profondità del suo amore" ["Rosarium Virginis Mariae, 1].

Quindi, facendo sue le commoventi parole della "Supplica alla Regina del Santo Rosario" composta dal Beato Bartolo Longo, Giovanni Paolo II così concludeva la sua Enciclica sul Rosario: "O Rosario benedetto di Maria, catena dolce che ci riannodi a Dio, vincolo di amore che ci unisci agli Angeli, torre di salvezza negli assalti dell’Inferno, porto sicuro nel comune naufragio, noi non ti lasceremo mai più. Tu ci sarai conforto nell’ora dell’agonia. A te l'ultimo bacio della vita che si spegne. E l’ultimo accento delle nostre labbra sarà il nome tuo soave, o Regina del Rosario, o Madre nostra cara, o Rifugio dei peccatori, o Sovrana consolatrice dei mesti. Sii ovunque benedetta, oggi e sempre, in terra e in cielo!" ["Rosarium Virginis Mariae", 43 ].

Esortazioni di Papa Benedetto alla pia pratica del Rosario

Infine, a puro titolo esemplificativo [perché innumerevoli altre sono le volte che Papa Ratzinger ha invitato a ricorrere alla preghiera del Rosario], citiamo alcune esortazioni di Benedetto XVI a questa pia pratica:

1] In un Messaggio ai giovani d’Olanda, in occasione della "Iª Giornata Nazionale dei Giovani Cattolici", Papa Benedetto XVI scrive il 21 Novembre 2005: "Cari giovani amici, […] vi invito a cercare ogni giorno il Signore, che non desidera altro se non che siate realmente felici. Intrattenete con Lui una relazione intensa e costante nella preghiera e, per quanto vi è possibile, trovate momenti propizi nella vostra giornata per restare esclusivamente in sua compagnia. Se non sapete come pregare, chiedete che sia Lui stesso ad insegnarvelo e domandate alla sua celeste Madre di pregare con voi e per voi. La recita del Rosario può aiutarvi ad imparare l’arte della preghiera con la semplicità e la profondità di Maria".



2] In Visita al "Santuario del Divino Amore" in Roma, Papa Benedetto XVI ha aperto quest’anno il Mese di Maggio con la recita dei Misteri gaudiosi del Santo Rosario, che ha poi sapientemente illustrato, dicendo fra l’altro: "… è per me motivo di conforto essere oggi con voi per recitare il Santo Rosario, in questo Santuario della "Madonna del Divino Amore", in cui si esprime il devoto affetto per la Vergine Maria, radicato nell’animo e nella storia del popolo di Roma. Una gioia particolare nasce dal pensiero di rinnovare così l’esperienza del mio amato Predecessore Giovanni Paolo II che, esattamente 27 anni or sono, 1° giorno del mese di Maggio 1979, compì la sua prima visita da Pontefice a questo Santuario […].

Abbiamo recitato il Santo Rosario percorrendo i 5 "Misteri gaudiosi", che fanno passare davanti agli occhi del nostro cuore gli inizi della nostra Salvezza, dal concepimento di Gesù per opera dello Spirito Santo nel grembo della Vergine Maria fino al ritrovamento di Lui, ormai dodicenne, nel Tempio di Gerusalemme, mentre ascoltava e interrogava i Dottori. Abbiamo ripetuto e fatto nostre le parole dell'Angelo: ‘Rallegrati Maria, piena di grazia, il Signore è con te’, e anche le espressioni con cui Santa Elisabetta accolse la Vergine, che si era prontamente recata da lei per aiutarla e servirla: ‘Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo’. Abbiamo contemplato la fede docile di Maria, che si fida senza riserve di Dio e si mette totalmente nelle sue mani. Ci siamo sentiti anche noi, con i pastori, vicini al Bambino Gesù che giace nella mangiatoia e abbiamo riconosciuto e adorato in Lui il Figlio Eterno di Dio diventato, per amore, nostro fratello e così anche nostro unico Salvatore. Siamo entrati anche noi, con Maria e Giuseppe, nel Tempio per offrire a Dio il Bambino e compiere il rito della Purificazione: e qui ci siamo sentiti anticipare, nelle parole del vecchio Simeone, insieme alla Salvezza la contraddizione e la Croce, e quella spada che, sotto la Croce del Figlio, trafiggerà l'anima della Madre e proprio così la renderà non soltanto Madre di Dio ma anche nostra comune madre….".

3] A conclusione dell’Udienza Generale di Mercoledì 17 Maggio 2006, rivolgendosi, come di consueto, ai giovani, ai malati e agli sposi novelli, il Pontefice esortava tutti a "intensificare la pia pratica del Santo Rosario, specialmente in questo mese di Maggio dedicato alla Madre di Dio": "Invito voi, cari giovani, a valorizzare questa tradizionale preghiera mariana, che aiuta a meglio comprendere i momenti centrali della Salvezza operata da Cristo. Esorto voi, cari malati, a rivolgervi con fiducia alla Madonna mediante questo pio esercizio, affidando a Lei tutte le vostre necessità. Auguro a voi, cari sposi novelli, di fare della recita del Rosario in famiglia un momento di crescita spirituale sotto lo sguardo della Vergine Maria".

4] Nell’"Incontro Mondiale delle Famiglie" che si è recentemente tenuto a Valencia, in Spagna, dall’1 al 9 Luglio, Papa Benedetto ha voluto si desse particolare risalto alle odierne sfide della gioventù, come l’inserimento nel mondo del lavoro, l’impegno di contrarre Matrimonio e formare una nuova famiglia, la vocazione, le alternative alla cultura dell’ozio e del tempo libero, la libertà religiosa nel mondo universitario, lavorativo e politico. [Vi hanno partecipato 1500 giovani tra i 16 ed i 25 anni]. Altri due temi particolarmente significativi sono stati: "I nonni e la trasmissione della fede" e "I nonni e la famiglia"; poi, quasi a raccogliere le riflessioni e le ansie vissute nell’Incontro, la celebrazione del "Rosario delle famiglie" [con la suggestiva ‘Passeggiata Marittima’ sulla spiaggia di Malvarrosa, che ha visto la partecipazione dei 400 bambini che hanno sceneggiato i Misteri del Rosario, meritando il plauso del Santo Padre].

Bruno Simonetto


Supplica Del Papa All' Immacolata
Le parole del Santo Padre in piazza di Spagna per il tradizionale omaggio alla statua dell’Immacolata, 8 dicembre 2006


O Maria, Vergine Immacolata,

anche quest’anno, ci ritroviamo con amore filiale ai piedi di questa tua immagine per rinnovarTi l’omaggio della comunità cristiana e della città di Roma. Qui sostiamo in preghiera, seguendo la tradizione inaugurata dai Papi precedenti, nel giorno solenne in cui la liturgia celebra la tua Immacolata Concezione, mistero che è fonte di gioia e di speranza per tutti i redenti. Ti salutiamo e Ti invochiamo con le parole dell’Angelo: "piena di grazia" (Lc 1,28), il nome più bello, con il quale Dio stesso Ti ha chiamata sin dall’eternità.

"Piena di grazia" Tu sei, Maria, colma dell’amore divino dal primo istante della tua esistenza, provvidenzialmente predestinata ad essere la Madre del Redentore, ed intimamente associata a Lui nel mistero della salvezza. Nella tua Immacolata Concezione rifulge la vocazione dei discepoli di Cristo, chiamati a diventare, con la sua grazia, santi e immacolati nell’amore (cfr Ef 1,4). In Te brilla la dignità di ogni essere umano, che è sempre prezioso agli occhi del Creatore. Chi a Te volge lo sguardo, o Madre Tutta Santa, non perde la serenità, per quanto dure possano essere le prove della vita. Anche se triste è l’esperienza del peccato, che deturpa la dignità di figli di Dio, chi a Te ricorre riscopre la bellezza della verità e dell’amore, e ritrova il cammino che conduce alla casa del Padre.

"Piena di grazia" Tu sei, Maria, che accogliendo con il tuo "sì" i progetti del Creatore, ci hai aperto la strada della salvezza. Alla tua scuola, insegnaci a pronunciare anche noi il nostro "sì" alla volontà del Signore. Un "sì" che si unisce al tuo "sì" senza riserve e senza ombre, di cui il Padre celeste ha voluto aver bisogno per generare l’Uomo nuovo, il Cristo, unico Salvatore del mondo e della storia. Dacci il coraggio di dire "no" agli inganni del potere, del denaro, del piacere; ai guadagni disonesti, alla corruzione e all’ipocrisia, all’egoismo e alla violenza. "No" al Maligno, principe ingannatore di questo mondo. "Sì" a Cristo, che distrugge la potenza del male con l’onnipotenza dell’amore. Noi sappiamo che solo cuori convertiti all’Amore, che è Dio, possono costruire un futuro migliore per tutti.

"Piena di grazia" Tu sei, Maria! Il tuo nome è per tutte le generazioni pegno di sicura speranza. Sì! Perché, come scrive il sommo poeta Dante, per noi mortali Tu "sei di speranza fontana vivace" (Par., XXXIII, 12). A questa fonte, alla sorgente del tuo Cuore immacolato, ancora una volta veniamo pellegrini fiduciosi ad attingere fede e consolazione, gioia e amore, sicurezza e pace.

Vergine "piena di grazia", mostraTi Madre tenera e premurosa per gli abitanti di questa tua città, perché l’autentico spirito evangelico ne animi ed orienti i comportamenti; mostraTi Madre e vigile custode per l’Italia e per l’Europa, affinché dalle antiche radici cristiane sappiano i popoli trarre nuova linfa per costruire il loro presente e il loro futuro; mostraTi Madre provvida e misericordiosa per il mondo intero, perché, nel rispetto dell’umana dignità e nel ripudio di ogni forma di violenza e di sfruttamento, vengano poste basi salde per la civiltà dell’amore. MostraTi Madre specialmente per quanti ne hanno maggiormente bisogno: per gli indifesi, per gli emarginati e gli esclusi, per le vittime di una società che troppo spesso sacrifica l’uomo ad altri scopi e interessi.

MostraTi Madre di tutti, o Maria, e donaci Cristo, la speranza del mondo! "Monstra Te esse Matrem", o Vergine Immacolata, piena di grazia! Amen!

[SM=g1740717]

__________________
"Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in Italia e nel mondo intero" (Santa Caterina da Siena)





[SM=g1740750]
[Modificato da Caterina63 25/09/2009 16:03]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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02/12/2008 15:44
 
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La mariologia di Benedetto XVI – 10

Maria, "espressione della vicinanza di Dio"



L’esaltante funzione della mariologia nella religione cattolica e il rapporto dei Protestanti con la Madre di Cristo.


Dal libro-intervista rilasciata da Joseph Ratzinger al giornalista tedesco Peter Seewald nell’estate dell’anno 2000, Gott und die Welt [Dio e il mondo, nella traduzione italiana delle Edizioni San Paolo, 2001], riprendiamo alcuni altri passaggi essenziali del cap. XIII, dedicato al tema: "La Madre di Dio" [cfr. ibid., pp. 266-292].

Un discorso ricco e articolato che abbiamo già iniziato a vedere nella scorsa "puntata" della presente rubrica su ‘La mariologia di Benedetto XVI’, secondo lo schema prospettato dall’Autore [Maria nel Vangelo e i Dogmi mariani] ed ora sviluppato in quest’altra riflessione.


Chi è Maria per il futuro Papa Benedetto XVI?

A un certo punto dell’intervista, Peter Seewald pone al Card. Ratzinger una domanda diretta, interessantissima per noi che del futuro Papa Benedetto XVI vogliamo davvero conoscere fino in fondo quale sia il suo rapporto con la Santa Vergine. E ne abbiamo ‘confidenze’ davvero suggestive, come si può notare dal tenore della risposta del Cardinale all’intervistatore.

– "Che cosa significa Maria per Lei, personalmente?".

– "L’espressione della vicinanza di Dio. Con Maria l’Incarnazione acquista in concretezza. È qualcosa di estremamente commovente il fatto che il Figlio di Dio abbia una madre umana e che noi tutti siamo affidati a questa madre. Le parole con cui Gesù dalla Croce ha dato a Giovanni Maria come madre trapassano quell’istante e pongono il loro suggello sull’interezza della storia. Con questo gesto, la preghiera a Maria dischiude ad ogni uomo un particolare aspetto di fiducia e prossimità e perfino di intimità con Dio.

Personalmente sono stato dapprincipio fortemente influenzato dal rigido cristocentrismo del movimento liturgico, ultimamente accentuato dal dialogo con i fratelli Protestanti. Ma hanno sempre significato molto per me le funzioni mariane del mese di Maggio, al di là delle feste mariane liturgiche, le celebrazioni in Ottobre del Rosario, i Pellegrinaggi nei Santuari mariani, quindi le varie manifestazioni della devozione mariana popolare. E, più invecchio, più mi diventa cara e importante la Madre di Dio".


Quindi, abbandonando per un attimo il colloquio sul piano teologico, l’intervistatore apre una parentesi per rievocare al Card. Ratzinger l’esperienza di un incontro che, confessa, gli ha trasmesso qualcosa della pregnanza dell’immagine di Maria.

Confida: "Mi ricordo molto bene di una visita al Santuario di Altötting in Baviera. Faceva freddo, e attraversavo il grande piazzale alla volta della famosa Cappella delle Grazie. Il piccolo spazio della Cappella era sovraffollato Dappertutto, nella penombra, rilucevano le candele. Nella Cappella c’erano quasi esclusivamente donne. Pregavano insieme, e intonavano naturalmente anche i loro dolci canti mariani, come la "Salve Regina, mater misericordiae…".

Dapprincipio si avverte un certo distacco e una certa estraneità, ma poi si è coinvolti nella tenerezza dei canti: "…a te ci rivolgiamo gementi e piangenti in questa valle di lacrime". E, stranamente, mi accorsi all’improvviso di poter comprendere quelle donne molto bene […].

Sì - continua Peter Seewald -, avevo la percezione di un linguaggio capace di non far leva soltanto sulle mie debolezze ma anche, se così si può dire, di tonificarmi. E forse la devozione mariana è anche un bastione difensivo capace di contrastare una tendenza ecclesiastica a disfarsi in buona parte della sacralità della fede e della sua mistica, o che questa scelta ha già addirittura operato.

È forse una specie di pia insurrezione della gente semplice contro una religione di Professori?".


Risponde il Cardinale Ratzinger:


– "Credo che questa analisi possa essere condivisa. La figura di Maria ha toccato in maniera particolare il cuore degli uomini. Da un lato il cuore delle donne, che con lei si sono identificate e che l’hanno sentita vicina; ma anche il cuore degli uomini che non hanno perso il senso della maternità e della verginità.

La mariologia ha conferito alla Cristianità accenti di grande tenerezza. Grazie a Maria il Cristianesimo può essere vissuto come religione della fiducia. E queste preghiere tanto antiche e semplici, cresciute all’ombra della religiosità popolare e che non hanno mai perso di freschezza e di efficacia, confermano i Cristiani nella loro fede, perché la Madre di Cristo li fa sentire più vicini a Dio, così da non avvertire più la religione come un peso, ma come fiducia e sostegno per meglio affrontare la vita. E pensiamo anche a tutte le altre preghiere – "madre infinitamente buona, stammi vicino…" – in cui pure riecheggia una grande fiducia.

In effetti, sull’altro versante troviamo una sorta di purismo cristiano, una razionalizzazione che può sortire un effetto quasi raggelante. Naturalmente il sentimento deve essere sempre vagliato e purificato: dobbiamo darne atto ai Professori che lo annoverano tra le loro funzioni. Non può degenerare in mero sentimentalismo, che perde il contatto con la realtà e non riesce più a riconoscere la grandezza di Dio. Ma, dall’Illuminismo in avanti [e a una sorta di nuovo Illuminismo siamo ora approdati] viviamo una tendenza tanto massiccia alla razionalizzazione e al puritanesimo, se mi posso esprimere in questi termini, da suscitare nel cuore degli uomini un moto di ribellione e un più convinto ancoraggio alla mariologia".



La funzione della mariologia nella nostra pratica religiosa

Una funzione così esaltante della mariologia nella fede e nella pratica religiosa dei Cattolici, offre all’intervistatore motivo di parlare con il futuro Papa Benedetto XVI della posizione dei Protestanti nei confronti della devozione alla Madonna.

– "I Non-Cattolici - osserva Peter Seewald, riportando il pensiero del Cardinale inglese John Henry Newman - sono abituati a considerare la venerazione mariana come una riduzione del ruolo di Gesù. E anche oggi gli scettici ritengono che una devozione mariana eccessiva rimuova il vero cuore del Cristianesimo, il messaggio di Gesù stesso".

– Gli risponde il Card. Ratzinger: "Non dobbiamo dimenticare una cosa: ciò che in terra di missione ha sempre colpito il cuore degli uomini, avvicinandoli a Cristo, è stata proprio sua madre. Questo vale particolarmente per l’America Latina. Qui il Cristianesimo è giunto in parte sotto i fatali auspici delle spade spagnole. In Messico inizialmente i tentativi missionari naufragavano inesorabilmente fino all’evento di Guadalupe, grazie al quale la Madre riesce improvvisamente a riconciliare quella gente con il Figlio".

Il dialogo continua su questo tema:

– "È stato il più significativo ritrovamento di un’immagine mariana. Si può dire che abbia impresso una grande svolta al processo di cristianizzazione del Continente, che senza quell’evento sarebbe stato inimmaginabile".

– "Sì, e improvvisamente la religione cristiana ha dismesso il volto crudele dei Conquistadores, per assumere quello buono della Madre. Nell’America del Sud, ancora oggi sono vivi due punti focali della religiosità popolare: da un lato, l’amore per la Madre di Dio; dall’altro, l’identificazione con il Cristo sofferente. Grazie a queste due figure in cui si esprime la fede, gli uomini hanno potuto comprendere che quello cristiano non è il Dio dei Conquistatori, ma il vero Dio, che è anche il loro Redentore.

Perciò la figura di Maria è così cara, in particolare ai Cattolici latino-americani. E non dovremmo rimproverare loro, partendo dalla nostra prospettiva razionale, di aver falsificato il Cristianesimo. Proprio quella leva ha permesso loro una corretta comprensione del Cristianesimo. Ha cioè aperto loro uno squarcio sul vero volto di Dio, che ci vuole salvare e non è al fianco dei distruttori della loro cultura. In questo modo hanno potuto diventare Cristiani a partire da un loro autonomo processo di comprensione, e senza dover vivere il messaggio cristiano come la religione dei colonialisti".



Il rapporto dei Protestanti con Maria, Madre di Cristo

A proposito dei Protestanti [e prima di affrontare con l’illustre Intervistato il tema dei dogmi mariani], Peter Seewald torna sull’argomento della loro riserva mentale sul "mito" di Maria:

– "I Protestanti sembrano aver rimosso da lungo tempo Maria dalla loro prospettiva di fede. Non vi ha più spazio, anche se Lutero personalmente non ha mai rinunciato al culto mariano. Per la Chiesa Cattolica il "mito" di Maria non è né un’invenzione né un elemento secondario. Fa parte degli elementi portanti della fede. I misteri inerenti alla Vergine sono garantiti come dogmi dal sigillo della verità incontestabile".

– "Torniamo sulla questione del "mito", chiarisce subito il futuro Papa Ratzinger.

Se per "mito" intendiamo una storia che va al di là del piano fattuale, allora il termine "mito" può essere appropriato. L’importante è comunque ribadire che ci si muove qui sul piano della storia reale, non su quello della pura invenzione.

Un’osservazione a proposito dei Protestanti: è corretto dire che in questa Confessione [religiosa] si è imposta una tendenza puritana. Si temeva dapprima che Maria potesse sottrarre qualcosa a Cristo. Gli sviluppi storici hanno segnato l’approdo del "solus Christus" a una radicalità tale per cui si credeva che tra le due figure ci fosse un rapporto di concorrenzialità, senza capire - come abbiamo visto proprio nell’esempio relativo all’America Latina - come nel volto della Madre fosse riconoscibile anche quello dello stesso Cristo, che ci si offre per quel tramite con le fattezze più autentiche.

Oggi tra i Protestanti ci sono timidi tentativi di riappropriarsi della figura di Maria. Si è notato come tale cancellazione degli elementi femminili dal messaggio cristiano rappresenti anche un’amputazione antropologica. Da un punto di vista antropologico e teologico è importante la centralità del ruolo della donna nel Cristianesimo. Grazie a Maria e alle pie donne, l’elemento femminile si insedia nel cuore della religione cristiana. Ma questo non implica nessuna concorrenza con Cristo. Pensare Cristo e Maria in un rapporto concorrenziale significa trascurare la differenza essenziale tra le due figure. Cristo dona a Giovanni, e conseguentemente a tutti noi, sua madre. Questa non è concorrenzialità, ma una forma più profonda di prossimità. La Madre e la Vergine sono una componente fondamentale dell’immagine cristiana dell’uomo".


Bruno Simonetto

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La mariologia di Benedetto XVI – 11

I dogmi mariani
spiegati da Papa Ratzinger



L’analisi della dottrina della Chiesa su tre dei quattro dogmi mariani e il giudizio sull’eventualità di un nuovo dogma su Maria "Corredentrice del genere umano".


Sempre dal libro-intervista rilasciata da Joseph Ratzinger al giornalista tedesco Peter Seewald nell’estate dell’anno 2000, Gott und die Welt [Dio e il mondo, nella traduzione italiana delle Edizioni San Paolo, 2001], riprendiamo alcuni altri passaggi essenziali del cap. XIII, dedicato al tema: "La Madre di Dio" [cfr. ibid., pp. 266-292]. Continuiamo così il discorso ricco e articolato che abbiamo già iniziato a vedere nelle due scorse "puntate" della presente rubrica su ‘La mariologia di Benedetto XVI’, secondo lo schema prospettato dall’Autore:

1] Maria nel Vangelo

2] I dogmi mariani

3] I miracoli

4] Il Rosario.



I dogmi mariani

Prendiamo in considerazione stavolta l’analisi della dottrina della Chiesa che il Card. Joseph Ratzinger, da grande teologo-mariologo qual è, ha esposto in merito a tre dei quattro dogmi mariani: la Verginità permanente di Maria, l’Immacolata Concezione e l’Assunzione corporea in Cielo.

1] La Verginità permanente di Maria

– Obietta Peter Seewald: "Molti hanno, rispetto a Maria, addirittura un blocco, una fobia, che spesso si ammanta di ironia. Prendiamo brevemente in considerazione alcuni dogmi, per comprendere meglio questa figura. Iniziamo dal dogma più controverso e provocatorio, quello della Verginità permanente che risale all’anno 553. È un fatto biologico o allude a qualcos’altro?".

– "Affrontando la questione dei "fratelli di Gesù" - ricorda intanto il futuro Papa Benedetto XVI - abbiamo già accennato al fatto che nel Vangelo non si trovano conferme all’ipotesi che Cristo avesse fratelli nel senso specifico del termine e che Maria avesse avuto altri figli dopo di lui. Al contrario, la particolarità e l’unicità di questo rapporto con il Figlio sono tanto evidenti da consentire una corretta interpretazione dell’espressione "fratelli" solo nel contesto della categoria dei "clan". Maria era consacrata a lui e non poteva quindi appartenere a nessun altro".

"Mater Dei".


– "Perché no?" - chiede Seewald.

– Risponde esaurientemente il Cardinale Ratzinger: "Principalmente perché questa nascita non era avvenuta grazie al rapporto con un uomo, ma tramite un intervento diretto di Dio. Quando oggi si dice che qui non si può certo trattare di qualcosa di biologico e si respinge il piano biologico, accantonandolo come indegno della grandezza divina, si casca nel manicheismo.

L’uomo ha una componente biologica. Se non venisse coinvolto nella storia della Salvezza anche nella sua componente corporea e biologica, la materia sarebbe in qualche modo disprezzata e rimossa, e l’Incarnazione, in ultima analisi, non potrebbe essere presa sul serio fino in fondo. Ecco perché rigetto questi luoghi comuni. È la totalità della persona umana a essere in gioco: questa è la risposta a tutti gli eventuali dubbi. Dio ha preso in mano la vita, anche la vita intesa in senso fisico, biologico e materiale, e vi ha apposto il suo suggello.

I Padri della Chiesa hanno trovato a mio parere una bella immagine. In Ezechiele, nel cap. 40, nel contesto della visione del nuovo Tempio si parla di una "porta che guarda a Oriente" che solo il Re può varcare. I Padri vi hanno visto un simbolo. Partono dal presupposto che il nuovo Tempio sia un tempio vivo: la Chiesa vivente. La porta che solo lui ha varcato e attraverso cui nessun altro può passare, chi o cos’altro potrebbe essere se non la madre di Gesù, Maria? Lei, nata da Dio, non può svilirsi nel ritorno alla normalità. Permane nell’esclusività dell’appartenenza al Re, quale vera porta della storia attraverso cui passa colui che tutti attendono".

– Ancora Peter Seewald: "Insisto. Per nascita verginale si intende la nascita da una vergine?".

– "Sì".

"Semper Virgo".

2] L’Immacolata Concezione

– "Che cosa si può dire del dogma dell’Immacolata Concezione di Maria, proclamato nel 1854?".

– E qui il Card. Joseph Ratzinger spiega esaurientemente la dottrina della Chiesa sul dogma dell’Immacolato Concepimento della Vergine Maria, legandola al tema del peccato originale: "Lo sfondo di questo dogma è costituito dalla dottrina del peccato originale, secondo cui ogni uomo ha alle spalle un contesto di peccato [che abbiamo chiamato "distorsione relazionale"] ed è quindi affetto fin dall’inizio da una distorsione nel suo rapporto con Dio. Gradualmente nel Cristianesimo si è affermata la convinzione per cui colei che, fin dall’inizio, è destinata ad essere la "porta di Dio", che è stata consacrata a lui in maniera tanto particolare, non fosse riconducibile a questo contesto.

Nel Medio Evo è sorta a questo proposito una forte controversia. Da un lato stavano i Domenicani che affermavano che Maria è una persona come le altre, e che quindi è intaccata dal peccato originale. Dall’altro lato stavano i Francescani che sostenevano la posizione opposta. Bene, nel corso di questa lunga disputa si è lentamente formata la convinzione che l’appartenenza di Maria a Cristo prevalesse sull’appartenenza ad Adamo e che inoltre la sua consacrazione a Cristo fin dalla notte dei tempi [perché Dio precede ognuno di noi, e i pensieri di Dio ci plasmano fin dall’inizio] fosse l’elemento caratterizzante della sua esistenza.

"Immaculata".

Maria non è concepibile all’interno del contesto creato dal peccato originale perché con lei ha inizio una nuova storia: la sua relazione con Dio non è distorta, fin dall’inizio gode dello sguardo benevolo di Dio che "ha guardato l’umiltà della sua serva" [Magnificat] e le ha consentito di sollevare a sua volta lo sguardo fino a lui.

Non solo; ma la sua appartenenza a Cristo, così specifica, comporta anche la grazia di cui è ricolma. Le parole dell’Angelo: "piena di grazia", che inizialmente ci paiono così semplici, possono essere interpretate fino ad abbracciare l’intero arco temporale della sua esistenza. E, in ultima analisi, non esprimono un privilegio riservato a Maria, ma una speranza che ci riguarda tutti".

3] L’Assunzione della Vergine al Cielo

– Venendo all’ultimo dogma mariano proclamato dalla Chiesa, quello dell’ Assunzione della Vergine Maria in Cielo, Peter Seewald chiede infine: "Volendo esser ancor più provocatori: che cosa significa il dogma dell’Assunzione corporea di Maria in Cielo? È stato stabilito molto tardi, nel 1950. Stranamente, fin dall’inizio non esistevano né un sepolcro né reliquie [corporee] di Maria".

– "Questo dogma - risponde cauto il Cardinale Ratzinger - ci risulta particolarmente difficile da comprendere e accettare, perché non riusciamo a immaginarci cosa si possa intendere in questo caso per "Cielo", e come un corpo possa essere "assunto in Cielo". Questo dogma rappresenta quindi una grande sfida alla nostra capacità di comprendere che cosa siano il Cielo, il corpo, l’uomo, e quale possa essere il futuro di questi".

"Assumpta".

– "E Lei personalmente, come risolve questa sfida?".

– "Mi soccorre in questo caso la teologia battesimale elaborata da San Paolo che dice: "Dio con Gesù Cristo ha risuscitato anche noi e ci ha fatti sedere nei cieli, in Cristo Gesù [Ef 2, 6]. Questo significa che, in quanto battezzati, il nostro futuro è già tracciato.

Secondo il dogma, dunque, si adempie pienamente in Maria ciò che il Battesimo opera in tutti noi: il dimorare ["sedere"] con Dio "nei cieli" [perché Dio è i Cieli!]. Il Battesimo [cioè, l’unione a Cristo] dispiega in Maria la sua massima efficacia. In noi l’unione a Cristo, la risurrezione, è una condizione ancora incompiuta e imperfetta. Non così per lei, cui non manca più nulla, poiché è già entrata nella piena comunione con Cristo. E di questa comunione è partecipe anche una nuova corporeità, per noi inimmaginabile. In breve, il portato essenziale i questo dogma è la pienezza dell’unione di Maria a Dio, a Cristo, la pienezza del suo essere ‘cristiana’".

È possibile il dogma di Maria Corredentrice?

L’intervistatore, quasi a completare il discorso sui dogmi mariani [tralasciando peraltro di parlare del primo dogma mariano della Chiesa che riguarda la Divina Maternità di Maria], chiede al Card. Ratzinger che pensa della possibilità che venga proclamato il dogma di Maria "Corredentrice del genere umano": "Intanto - dice - più di un milione di persone sollecitano l’esaltazione di Maria, da parte della Chiesa Cattolica, al riconoscimento del ruolo di "Corredentrice". Si acconsentirà a questa richiesta, o sarebbe un’eresia?".


– "Non credo - risponde il futuro Papa Ratzinger – che si darà seguito a questa richiesta, che nel frattempo si è guadagnata il consenso di parecchi milioni di persone, in tempi prevedibili. Secondo la "Congregazione per la Dottrina della Fede", quelle caratteristiche di Maria che la proposta vorrebbe mettere in primo piano possono essere meglio espresse da altri titoli di Maria, mentre la formula "Corredentrice" si allontana troppo dal linguaggio delle Scritture e dei Padri della Chiesa; e può perciò produrre degli equivoci.

Che cosa c’è di condivisibile in questa richiesta? Il fatto che Cristo non sia ad di fuori o accanto a noi, ma che stabilisca con noi una nuova, profonda comunione. Tutto ciò che è suo diventa nostro, e di ciò che è nostro Gesù si è fatto carico fino a farlo suo: questo grande scambio è il vero contenuto della Redenzione, che ci consente di oltrepassare i limiti della nostra individualità per approdare alla comunione con Dio.

Poiché Maria prefigura la Chiesa, e impersonifica - per così dire - la Chiesa, questa comunione è realizzata esemplarmente in lei. Ma non ci si può spingere oltre questa comunione, fino a dimenticare la priorità di Cristo: tutto procede da lui, come dicono in particolare le Lettere paoline agli Efesini e ai Colossesi. Anche Maria è tutto ciò che è, solo attraverso lui.

Il termine "Corredentrice" appannerebbe, dunque, quest’origine. Una retta intenzione si esprime con una terminologia sbagliata. Per i contenuti della fede è essenziale proprio la continuità con il linguaggio delle Scritture e dei Padri della Chiesa; perché il linguaggio non è manipolabile a proprio piacimento".

Bruno Simonetto

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La mariologia di Benedetto XVI – 12

Intercessione di Maria
e miracoli da lei ottenuti



Il pensiero del Card. Joseph Ratzinger sui miracoli ottenuti per intercessione della Santa Vergine Maria, con particolare riferimento agli eventi di Fatima e di Lourdes.


Continuiamo il discorso, sempre ricco e articolato, che abbiamo iniziato nelle precedenti "puntate" di questa rubrica su ‘La mariologia di Benedetto XVI’, secondo lo schema prospettato nel libro-intervista rilasciata da Joseph Ratzinger al giornalista tedesco Peter Seewald nell’estate dell’anno 2000, Gott und die Welt [Dio e il mondo, nella traduzione italiana delle Edizioni San Paolo, 2001], riprendendo altri passaggi essenziali del cap. XIII, dedicato al tema: "La Madre di Dio" [cfr. ibid., pp. 266-292].



I "tanti miracoli della Madonna"

Dopo aver analizzato i punti trattati nei precedenti paragrafi ["Maria nel Vangelo" e "I dogmi mariani"], vediamo stavolta il pensiero del futuro Papa Benedetto XVI su "I miracoli" attribuiti all’intercessione della Santa Vergine Maria. [Nel prossimo num. della rivista analizzeremo il paragrafo relativo a "Il Rosario"].

Peter Seewald prende le mosse da lontano, ponendo il seguente quesito a Joseph Ratzinger: "Signor Cardinale, nessuno viene tanto venerato nella Chiesa come Maria, cui viene dedicato un numero infinito di chiese e altari, canti e litanie, feste mariane e pellegrinaggi. Le migliaia di Santuari mariani costituiscono una vera e propria rete di Centri che avvolgono l’intero globo terrestre.

E nessuno, secondo una convinzione diffusa, compie tanti miracoli quanti ne ha compiuti Maria. I luoghi delle Apparizioni sono ricchi di testimonianze e documenti di eventi inspiegabili. Le chiedo: sono autentici tutti questi miracoli?".

Il Cardinal Ratzinger risponde in modo molto analitico, allargando il discorso a un contesto più ampio di mediazione di grazia e, al tempo stesso, di psicologia umana: "Non possiamo verificarlo nei dettagli. Spesso si tratta di straordinarie combinazioni di eventi che forse non possiamo caratterizzare come miracoli in senso stretto. Tutto ciò è comunque espressione della particolare fiducia che gli uomini ripongono in Maria. Grazie a Maria, riescono a intravedere il volto di Dio e quello di Cristo fino a maturare la comprensione di Dio.

L’ambito dei fatti che ha enumerato ci ripropone la questione della Madre come tramite, grazie a cui il mistero di Dio e il mistero del Figlio ci sono resi accessibili. Questo spiega la fiducia ben particolare che viene riposta in lei […].



In che misura gli interventi operati da Maria siano davvero catalogabili, in senso strettamente tecnico, come miracoli, è un’ulteriore domanda. Ciò che conta è la grande fiducia riposta in Maria e il riscontro che questa concretamente ha. Animata da questa fiducia, la fede si fa così viva da lambire la sfera fisica, quella della quotidianità, e da consentire alla mano di Dio di diventare reale, tramite la forza della bontà della madre di Cristo".

L’intervistatore insiste, quasi a voler riportare il discorso in un contesto ancora più concreto; e fa l’esempio storico classico degli eventi miracolosi di Fatima. Ricorda: "Prendiamo Fatima: Papa Giovanni Paolo II ha beatificato i piccoli Veggenti di Fatima Francisco e Jacinta il 13 Maggio 2000. Lui stesso attribuisce la sua sopravvivenza all’attentato di Piazza San Pietro [del 13 Maggio 1981] a un miracolo della Madonna di Fatima. E aggiunge persino che questo miracolo ha improntato il suo intero Pontificato in maniera decisiva.

Che cos’è accaduto? Intorno al mezzogiorno del 13 Maggio 1917, tre pastorelli - Lucia, di 10 anni, e i suoi cuginetti Francisco di 9 e Jacinta di 7 - hanno vissuto un’esperienza straordinaria nel Villaggio portoghese fino a quel momento sconosciuto […]. Il 13 Ottobre di quello stesso anno si radunarono a Fatima circa 70.000 persone, quasi a voler verificare come testimoni l’autenticità dei fatti dei quali i tre pastorinhos erano protagonisti. Secondo i resoconti dei presenti, quel giorno la visione ebbe inizio attorno a mezzogiorno; improvvisamente aveva smesso di piovere: le nubi si squarciarono, il sole iniziò a ruotare su se stesso a forte velocità, come un disco di fuoco; alberi e persone si ritrovarono di colpo avvolti da una luce fantastica; la folla proruppe allora in un grido di terrore, sembrando che il sole volesse precipitarle addosso…".

Risponde il Card. Ratzinger: "Non siamo in grado di verificare che cosa sia accaduto quel 13 Ottobre da un punto di vista meramente naturalistico. Ciò che conta è che la gente fu visibilmente commossa dall’unicità di quell’istante. Ha potuto percepire che stava accadendo qualcosa di straordinario. E in qualche modo il sole è divenuto il simbolo del mistero che si celava in quell’evento […].

E gli uomini che accorrono in pellegrinaggio a Fatima, a Lourdes o a Gaudalupe, sperimentano la grandezza della figura di Maria, ma anche la forza terapeutica e consolante che ne scaturisce".



"Il mistero di Fatima"

L’intervistatore apre quindi il discorso sul "Segreto di Fatima" [che chiama "il mistero di Fatima"], ritenendo peraltro che "il messaggio di Fatima non è molto complicato, al contrario: i tre piccoli Veggenti l’hanno formulato con queste parole: ‘Io sono la Signora del Rosario! […]. Sono venuta per correggere gli uomini, che devono smettere di offendere il Signore’ ".

"In effetti - concorda il Card. Ratzinger -, il messaggio [di Fatima] è in sé molto semplice. E Lucia ha sempre posto l’accento su questa semplicità e messo in guardia da tutto il contorno delle rivelazioni, perché in realtà tutto ruota attorno a fede, speranza e carità. Anch’io ho avuto l’occasione di parlare brevemente con lei. E lei ha sottolineato con grande energia la necessità di raccontarlo a tutti […].

Io credo - aggiunge il Cardinale - che tutte queste Apparizioni mariane, per quanto autentiche, non aggiungano nulla al Vangelo. Non riservano sorprese o notizie sensazionali per i curiosi, ci riconducono a quegli elementi semplici ed essenziali che siamo così inclini a dimenticare. Si tratta quindi di cogliere il nucleo centrale del messaggio cristiano, di muovere verso ciò che è davvero essenziale, approdando alla conversione, alla fede, alla speranza e alla carità".

Poi Ratzinger ricorda come "nel frattempo la ‘Congregazione per la Dottrina della Fede’ [della quale, ricordiamolo, lui era allora Prefetto], il 26 Giugno 2000, ha presentato il testo integrale del cosiddetto "terzo segreto di Fatima", con la riproduzione del testo autografo di Sr. Lucia, così da non lasciare più dubbi sulla sua autenticità e completezza. "Io stesso - dice a questo punto il Card. Joseph Ratinger - ho abbozzato un tentativo di interpretazione del "terzo mistero". E ne ricorda ancora i contenuti essenziali, che qui riassumiamo.



In sostanza, è documentato come dalle parole di Lucia risulti intanto improprio parlare di "segreti" di Fatima. La veggente parla solo di un "segreto", distinto in tre parti: la prima è la visione dell’Inferno, la seconda si riferisce alla devozione al Cuore Immacolato di Maria, la terza riguarda la persecuzione della Chiesa da parte di Governi atei e l’attentato al Papa.

Lucia stessa scrive la terza parte del segreto a Tuy, il 3 Gennaio 1944; e, nella descrizione dal carattere spiccatamente simbolico che ne fa, si distinguono chiaramente due scene: 1] nella prima, un Angelo con la spada fiammeggiante incendia il mondo e grida per tre volte: "Penitenza, Penitenza, Penitenza!"; 2] la seconda scena pone di fronte ad una città in rovina, ad una strada seminata di cadaveri e ad una montagna ripida sormontata da una grande Croce. Là in cima vengono uccisi un Vescovo vestito di bianco e altri Vescovi, Sacerdoti, Religiosi e Religiose, uomini e donne secolari.

L’interpretazione ufficiale [dei Cardinali Sodano e Ratzinger, nonché di Mons. Bertone], avvalorata da Lucia, coincide con il valutare questa seconda scena come una profezia realizzata. Quanto al contenuto, i tre sono concordi nel ravvisare la persecuzione contro la Chiesa nel XX secolo, soprattutto della Russia sovietica, a partire dal 1917.

Essi inoltre, basandosi sull’interpretazione dei "pastorinhos", confermata anche da Suor Lucia e su quella dello stesso Giovanni Paolo II, vi leggono l’attentato del 13 Maggio 1981, quando "il Vescovo vestito di bianco cade a terra come morto, sotto i colpi di arma da fuoco". Ora, è vero che il Papa non morì sotto i colpi dell’attentatore, ma questo si spiega mediante l’intervento di Maria che neutralizza le pallottole che erano mortali.

Quanto alle varie immagini presenti nel "Segreto", il Card. Ratzinger le prende in considerazione, avanzando un’interpretazione simbolica valida per ogni tempo.



L’acqua miracolosa e risanatrice di Lourdes

Esaurito il discorso sul "mistero di Fatima", l’intervistatore Peter Seewald fa un’incursione pure su Lourdes: "Lourdes è la più grande meta di Pellegrinaggi del mondo, più grande ancora della Mecca, pur trovandosi in una località quasi sperduta dei Pirenei francesi. Per 18 volte la Vergine sarebbe apparsa, tra il Febbraio e il Luglio del 1858, alla giovane fanciulla Bernadette; e folle sempre più numerose poterono assistere alla trasfigurazione della semplice ragazzetta figlia di un mugnaio […].

E nel luogo dove, per ordine della Madonna, scavò la terra con le mani nude, sgorgò una piccola sorgente dalla quale ancora oggi, tutti i giorni, zampillano centoventiduemila litri di acqua miracolosa…".

"La vicenda di Lourdes – confessa il Card. Ratzinger - mi commuove sempre particolarmente […]. Direi che qui non c’è molto spazio per speculazioni astruse. Alla semplice ragazza Bernadette che di proprio non poteva portare in dote altro che una grande purezza interiore, assediata com’era, nel secolo del razionalismo che sconfinava nell’anticlericalismo, ma guardata con sospetto anche da un’Autorità religiosa scettica, e che, a ragione, agì inizialmente con prudenza giustificata in quel clima di diffidenze, fu consentito di vedere il volto della Madre di Dio. E l’acqua viva risanante è insieme il segno della forza salvifica della creazione, da Maria nuovamente risvegliata.

È un grande segno il fatto che proprio in un contesto razionalistico il Cristianesimo tornasse ad essere la religione del cuore, e una realtà capace di sanare le ferite dell’anima, consentendo ad una creatura semplice di acquisire la capacità di vedere la Madonna. Ed è perciò normale ed estremamente positivo che alla sorgente sgorgata presso la Grotta di Massabielle si ritrovi continuamente il contatto con il mistero di Cristo: quest’acqua taumaturgica, infine, rinvia all’acqua salvifica del Battesimo, la vera nuova fonte che Cristo ci ha donato".

Bruno Simonetto


Benedetto XVI venera una copia della Madonna di Lourdes portata in san Pietro per l'11 Febbraio 2007


La mariologia di Benedetto XVI – 13

La recita del Rosario



"Nel Rosario ci si concentra sulle figure di Cristo e di Maria, e i misteri meditati calmano l’anima, liberandola da preoccupazioni e sollevandola verso Dio".


Ancora per questo num. della rivista, continuiamo il discorso, sempre ricco e articolato, che abbiamo iniziato nelle precedenti "puntate" della rubrica su ‘La mariologia di Benedetto XVI’, secondo lo schema prospettato nel libro-intervista rilasciata dal Card. Joseph Ratzinger al giornalista tedesco Peter Seewald nell’estate dell’anno 2000, Gott und die Welt [Dio e il mondo, nella traduzione italiana delle Edizioni San Paolo, 2001], riprendendo altri passaggi essenziali del cap. XIII, dedicato al tema: "La Madre di Dio" [cfr. ibid., pp. 266-292].

Benedetto XVI recita il Rosario con le migliaia di fedeli radunati in Piazza San Pietro, la sera del 2 Aprile 2006, 1° Anniversario della morte di Giovanni Paolo II.
Benedetto XVI recita il Rosario con le migliaia di fedeli radunati in Piazza San Pietro,
la sera del 2 Aprile 2006, 1° Anniversario della morte di Giovanni Paolo II.

Il misterioso segreto del Rosario

Dopo aver analizzato i punti trattati nei precedenti paragrafi ["Maria nel Vangelo", "I dogmi mariani" e su "I miracoli" attribuiti all’intercessione della Santa Vergine Maria], vediamo stavolta il pensiero del futuro Papa Benedetto XVI su "Il Rosario".

Circa questa pia pratica, l’intervistatore Peter Seewald osserva che "dei misteri del Rosario è intessuta una preghiera molto particolare della Chiesa Cattolica: una specie di litania, scandita dai grani che compongono la corona, dove si articola tutta una serie di riflessioni sulla vita di Gesù Cristo e della sua santa Madre; in sostanza, l’intero Nuovo Testamento".

"Grandi peccatori e mistici di tutti i tempi - prosegue l’intervistatore -, hanno apprezzato le sue molteplici potenzialità e la sua forza spirituale. Oggi, per alcuni il Rosario rappresenta qualcosa di provocatoriamente fuori moda, per altri è una promessa ultraterrena cui ascrivono la capacità di soccorrere nella vita quotidiana e di far crescere la coscienza cristiana […].

Lei, Eminenza, quale pensa sia il segreto misterioso del Rosario?".

Il Card. Joseph Ratzinger risponde puntualmente, tracciando una specie di excursus storico-psicologico della pratica del Rosario ed evidenziandone tutta la potenzialità: "L’origine storica del Rosario – dice – risale al Medio Evo. Era quello un tempo in cui i Salmi rappresentavano il punto di riferimento principale per chi pregava. Ma i Salmi biblici rappresentavano un ostacolo insuperabile per tutti coloro che all’epoca non sapevano leggere, che erano i più. Si è così cercato un Salterio adeguato alle loro esigenze e lo si è trovato nella preghiera mariana cui si aggiungevano i misteri della vita di Gesù Cristo, allineati, uno dopo l’altro, come grani di una collana.

Benedetto XVI ha recitato il Rosario con le migliaia di fedeli radunati in Piazza San Pietro, la sera del 2 Aprile 2006, 1° Anniversario della morte di Giovanni Paolo II.

Queste preghiere toccano la corda della meditazione; la reiterazione delle parole, il ritmo ripetitivo cullano l’anima e le trasmettono serenità, mentre il concentrarsi sulla parola e in particolare sulla figura di Maria e sulle immagini di Cristo, che si sgranano davanti ai nostri occhi, calmano l’anima e la liberano da preoccupazioni e le consentono di sollevare lo sguardo verso Dio.

In effetti, il Rosario ci restituisce quella sapienza originaria che sa bene come la reiterazione sia una componente importante della preghiera e della meditazione, sia un modo per cullarsi in un ritmo sempre uguale che ci trasmette la serenità […].

Coloro che allora recitavano il Rosario, avevano duramente lavorato tutto il giorno. Non erano in grado, pregando, di compiere grandi percorsi intellettuali. Al contrario, avevano bisogno di una preghiera che restituisse loro la serenità, che li distraesse anche, che li liberasse dalle preoccupazioni e offrisse loro consolazione e ristoro. Penso che questa arcaica esperienza della storia delle religioni della reiterazione, del ritmo, della parola collettiva, della coralità che mi trascina e mi culla e riempie di sé lo spazio, che non mi tormenta, ma mi trasmette la calma, mi consola e mi libera, è stata pienamente assunta dal Cristianesimo e ispira la preghiera e l’interiorizzazione della preghiera nel contesto mariano e nella riproposizione della figura di Cristo agli uomini, scavalcando l’intellettualismo a favore di una valorizzazione dell’effetto rasserenante che produce il cullarsi dell’anima nelle parole della preghiera".



La recita del Rosario di Papa Benedetto XVI

Da una riflessione di carattere più generale, il discorso dell’intervistatore si sposta su note più personali circa il modo di recitare il Rosario dell’intervistato. Chiede Peter Seewald al futuro Papa Benedetto XVI: "Lei ha una maniera particolare di recitare il Rosario?". E il Card. Ratzinger risponde con disarmante semplicità: "Lo faccio in modo molto semplice, proprio come i miei genitori mi hanno insegnato. Entrambi hanno amato molto il Rosario. E più sono invecchiati più l’hanno amato. Invecchiando, si è sempre meno in grado di fare grossi sforzi spirituali e tanto più forte si sente l’esigenza di individuare un rifugio interiore e di farsi cullare dalle preghiere della Chiesa. Anch’io prego nel modo in cui l’hanno fatto loro".

Insiste l’intervistatore: "Ma come si fa? Recita una sola parte del Rosario o tutte e tre di seguito?" – E Ratzinger, con umiltà e sincerità: "No, tre per me sono troppe; sono uno spirito irrequieto, non conserverei la concentrazione tanto a lungo. Ne scelgo una, e spesso mi limito alla proclamazione di due o tre dei cinque misteri, perché corrispondono alla pausa che io riesco a ritagliarmi dal lavoro e di cui ho bisogno per sgombrare la mente, per ritrovare serenità, in attesa di immergermi di nuovo nel lavoro, con più lena. In questa situazione un Rosario intero sarebbe troppo".



Allargando il tema dal Rosario alla visione mariologica del futuro Papa Benedetto XVI [della quale siamo venuti discorrendo sulle pagine di questa rivista fin dal Luglio 2005], l’intervista di Peter Seewald chiude il capitolo dedicato a "La Madre di Dio" ponendo all’intervistato un interessante quesito: "Come fare per riscoprire la centralità della spiritualità mariana nella Chiesa? Da dove incominciare?" – Il grande teologo Joseph Ratzinger risponde con senso pastorale più pratico che speculativo: "Direi che non bisogna limitarsi alla meditazione [delle verità di fede enunciate] soltanto. Perché, se si tenta di avvicinarsi ai misteri di Dio [e della sua santa Madre] attraverso i meandri del pensiero, e se ci si vuole impadronire di questi da un punto di vista meramente teorico, allora si fallisce inesorabilmente. Si deve sempre combinare la riflessione con l’azione. Pascal ha detto una volta a un amico non credente: ‘Inizia a fare ciò che fanno coloro che credono, anche se al momento ti pare insensato’.

Non esiste un inizio valido per tutti, credo. Per molti - e la storia lo dimostra - Maria è la porta che introduce a Cristo. Per altri il vero inizio è Cristo, la lettura e la meditazione dei Vangeli. Direi che la lettura dei Vangeli è sempre un percorso di avvicinamento valido. Naturalmente, non può essere una lettura meramente teorica, quale quella che ci propongono gli storici o gli esegeti, che sezionano il testo per individuarne le fonti; dev’essere una lettura che ha come stella polare Cristo e che si concepisce come introduzione alla preghiera.

Direi che questo percorso di avvicinamento alla fede potrebbe essere impostato come un alternarsi - non esente talvolta da passi falsi - di prassi religiosa e ricerca spirituale fondata su lettura e meditazione […]".


La visione mariana del futuro Papa

Ci pare che quest’ultimo pensiero del Card. Ratziger corrisponda, nella sostanza, a quanto lo stesso scrive nel volumetto di sole 86 pagine, ma che da sole valgono un trattato completo di mariologia: "Maria – Kirche im Ursprung" [in italiano: Maria – Chiesa nascente, Cinisello Balsamo 1998], dove ci è dato cogliere la centralità del pensiero sulla Madonna del futuro Papa Benedetto XVI.

Al riguardo, scrivevamo nel num. di Luglio 2005 che - come ouverture dell’insegnamento mariano del Card. Joseph Ratzinger - basterebbe il capitoletto introduttivo del libro citato, in cui l’illustre teologo commenta il passo di Isaia: "La parola uscita dalla mia bocca non ritornerà a me senza effetto" [Is 55, 10-11], legandolo al passo del Vangelo di Matteo [cfr. 6, 7-15] sul "Padre nostro" che Gesù ci ha insegnato.

"Quando il profeta Isaia faceva questa affermazione – scrive Joseph Ratzinger –, essa non era affatto la constatazione di una cosa tanto ovvia, ma piuttosto una contraddizione rispetto a ciò che ci si poteva aspettare. Infatti, questo brano appartiene sicuramente alla narrazione della passione di Israele, ove si legge che i richiami di Dio al suo popolo subiscono continui scacchi e che la sua Parola resta invariabilmente senza frutto, mentre Dio appare assiso sul palco della storia, ma non come vincitore […]. In effetti, la semina di Dio nel mondo non sembrava dare risultati. Per questo, l’oracolo [del Profeta], sebbene avvolto nell’oscurità, è un incoraggiamento per tutti coloro che non ostante tutto continuano a credere nella potenza di Dio, convinti che il mondo non è soltanto terreno arido in cui il seme non può trovare spazio, e certi che la terra non sarà solo e sempre una crosta superficiale dove i passeri beccano il seme che vi è caduto, portandoselo via [cfr. Mc 4, 1-9].


Per noi Cristiani, un’affermazione del genere suona come promessa di Gesù Cristo, grazie al quale la Parola di Dio è ora veramente penetrata nella terra ed il seme è divenuto pane per tutti noi: seme che porta frutto per i secoli; risposta feconda, in cui il disegno di Dio si è radicato in questo mondo in modo vivente".

Su questa constatazione di fede, Joseph Ratzinger fa una applicazione profondamente biblica alla figura di Maria: "È difficile rinvenire altrove il mistero di Cristo collegato a quello di Maria in forma tanto chiara e stretta come nella prospettiva di questa promessa: perché quando si afferma che la Parola – meglio: il seme – porta frutto, si vuol dire che esso non cade sulla terra per rimbalzare via, ma che penetra invece profondamente nel suolo per assorbirne la linfa e trasformarla in se stesso. Assimilata così la terra in sé, produce realmente qualcosa di nuovo, mutando la stessa terra in frutto. Il chicco non resta solo: ad esso appartiene il mistero materno della terra, allo stesso modo che a Cristo appartiene Maria, suolo santo della Chiesa, come bellamente la chiamano i Padri.

Il mistero di Maria significa appunto questo: che la Parola di Dio non rimane sola, ma assume in sé l’altro, l’humus della terra: nella "terra" della madre la Parola divenne uomo ["Verbum caro factum"] e ora di nuovo, impastata con la terra dell’intera umanità, può far ritorno a Dio" [cfr. o.c., pp. 5-6].

Bruno Simonetto

[SM=g27986]
[Modificato da Caterina63 25/09/2009 16:06]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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02/12/2008 18:04
 
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La mariologia di Benedetto XVI – 14

La recita del Rosario secondo Papa Ratzinger



Tutta la teologia mariana, o la mariologia, del Santo Padre confluisce nel Rosario, che ne è come l’espressione riepilogativa.


Nel num. di Agosto/Settembre della rivista ricordavamo l’insegnamento di Benedetto XVI sul "misterioso segreto del Rosario" e sottolineavamo il fatto che Papa Ratzinger, come tracciando un excursus storico-psicologico della pia pratica del Rosario, ne evidenziasse tutta la potenzialità, affermando: "Nel Rosario ci si concentra sulle figure di Cristo e di Maria, e i misteri meditati calmano l’anima, liberandola da preoccupazioni e sollevandola verso Dio".

E ricordavamo come – all’intervistatore Peter Seewald che chiedeva al futuro Papa Benedetto XVI se avesse una maniera particolare di recitare il Rosario – il Card. Ratzinger rispondesse con disarmante semplicità: "Lo faccio in modo molto semplice, proprio come i miei genitori mi hanno insegnato. Entrambi hanno amato molto il Rosario. E più sono invecchiati più l’hanno amato. Invecchiando, si è sempre meno in grado di fare grossi sforzi spirituali e tanto più forte si sente l’esigenza di individuare un rifugio interiore e di farsi cullare dalle preghiere della Chiesa. Anch’io prego nel modo in cui l’hanno fatto loro".


Papa Benedetto XVI, mariologo grande devoto del Santo Rosario. Bartolomé Esteban Murillo, Vergine del Rosario [part.] - Galleria del Prado, Madrid. Come in ogni famiglia di altri tempi, non mancava il Rosario nella casa di Bartrès, dove Bernadette Soubirous visse, quando fu affidata per l'allattamento a Maria Lagües.


Grandezza e semplicità della devozione mariana del Papa teologo Benedetto XVI. In realtà, tutto quanto abbiamo fin qui scritto nelle precedenti 13 puntate di questa rubrica ["La mariologia di Benedetto XVI"] può essere considerato come un mosaico i cui tasselli compongono il grandioso quadro della visione che Papa Ratzinger ha del Rosario, in quanto questo è la riproposizione integrale del mistero di Cristo, di Maria e della Chiesa.

Per evidenziarlo basti citare i titoli delle singole puntate:

1. Maria, Chiesa nascente
2. L’integrazione della mariologia nella teologia
3. La struttura della devozione alla Madonna
4. Una devozione mariana biblica
5. "Et incarnatus est […] ex Maria Virgine…"
6. Il segno della Donna
7. Il "segno della Donna" nella storia dell’uomo
8. Maria, "Madre della Chiesa"
9. Il ruolo di Maria nella storia dell’umanità
10. Maria, "espressione della vicinanza di Dio"
11. I dogmi mariani spiegati dal teologo Papa Ratzinger
12. Intercessione di Maria e miracoli da lei ottenuti
13. La recita del Rosario.


Come si può vedere, è tutta la teologia mariana, o la mariologia, di Papa Ratzinger a confluire nel Rosario, che ne è l’espressione riepilogativa.

La pratica del Rosario promossa dai Papi

Ma nel mese di Ottobre, dedicato alla "Madonna del Rosario" e molto caro alla pietà popolare non meno che il mese di Maggio, mariano per eccellenza, tante Parrocchie e famiglie, sulla scia di tradizioni religiose ormai consolidate, continuano a promuovere fervorose iniziative liturgiche, catechistiche e pastorali. Continuano a farne soprattutto un mese di intensa preghiera con Maria con la quotidiana recita del Santo Rosario.

Al Rosario i Cristiani sono da sempre invitati a far ricorso, specie nei momenti più difficili del nostro pellegrinaggio sulla terra, come ci ricordano - fra l’altro - non meno di 16 Encicliche di Papi: dalla "Superni Apostolatus" di Leone XIII del 1 Settembre 1883 [ma Papa Leone di Encicliche sul Rosario ne scrisse ben 11], alla "Ingravescentibus malis" di Pio XI del 29 Settembre 1937, alla "Ingruentium malorum" di Pio XII del 15 Settembre 1951, alla "Grata recordatio" di Giovanni XXIII del 26 Settembre 1959, alla "Christi Matri" di Paolo VI del 15 Settembre 1966 ed alla recente "Rosarium Virginis Mariae" di Giovanni Paolo II del 16 Ottobre 2002.



Pietro Favaro, Il Rosario degli umili - "Santuario di San Giuseppe" in San Giuseppe Vesuviano, Napoli.



Fra le tante citazioni del Magistero della Chiesa [incluso quanto riportiamo più sotto dell’insegnamento di Papa Benedetto XVI nella sua catechesi ordinaria], vogliamo ricordare ciò che scriveva il Servo di Dio Giovanni Paolo II: "Il Rosario, pur caratterizzato dalla sua fisionomia mariana, è preghiera dal cuore cristologico. Nella sobrietà dei suoi elementi, concentra in sé la profondità dell’intero messaggio evangelico, di cui è quasi un compendio. In esso riecheggia la preghiera di Maria, il suo perenne Magnificat per l’opera dell’Incarnazione redentrice iniziata nel suo grembo verginale. Con esso il popolo cristiano si mette alla scuola di Maria, per lasciarsi introdurre alla contemplazione della bellezza del volto di Cristo e all’esperienza della profondità del suo amore" ["Rosarium Virginis Mariae, 1].

Quindi, facendo sue le commoventi parole della "Supplica alla Regina del Santo Rosario" composta dal Beato Bartolo Longo, Giovanni Paolo II così concludeva la sua Enciclica sul Rosario: "O Rosario benedetto di Maria, catena dolce che ci riannodi a Dio, vincolo di amore che ci unisci agli Angeli, torre di salvezza negli assalti dell’Inferno, porto sicuro nel comune naufragio, noi non ti lasceremo mai più. Tu ci sarai conforto nell’ora dell’agonia. A te l'ultimo bacio della vita che si spegne. E l’ultimo accento delle nostre labbra sarà il nome tuo soave, o Regina del Rosario, o Madre nostra cara, o Rifugio dei peccatori, o Sovrana consolatrice dei mesti. Sii ovunque benedetta, oggi e sempre, in terra e in cielo!" ["Rosarium Virginis Mariae", 43 ].

Esortazioni di Papa Benedetto alla pia pratica del Rosario

Infine, a puro titolo esemplificativo [perché innumerevoli altre sono le volte che Papa Ratzinger ha invitato a ricorrere alla preghiera del Rosario], citiamo alcune esortazioni di Benedetto XVI a questa pia pratica:

1] In un Messaggio ai giovani d’Olanda, in occasione della "Iª Giornata Nazionale dei Giovani Cattolici", Papa Benedetto XVI scrive il 21 Novembre 2005: "Cari giovani amici, […] vi invito a cercare ogni giorno il Signore, che non desidera altro se non che siate realmente felici. Intrattenete con Lui una relazione intensa e costante nella preghiera e, per quanto vi è possibile, trovate momenti propizi nella vostra giornata per restare esclusivamente in sua compagnia. Se non sapete come pregare, chiedete che sia Lui stesso ad insegnarvelo e domandate alla sua celeste Madre di pregare con voi e per voi. La recita del Rosario può aiutarvi ad imparare l’arte della preghiera con la semplicità e la profondità di Maria".


Il Servo di Dio, Giovanni Paolo II, Papa del "Totus tuus" e del Rosario.

2] In Visita al "Santuario del Divino Amore" in Roma, Papa Benedetto XVI ha aperto quest’anno il Mese di Maggio con la recita dei Misteri gaudiosi del Santo Rosario, che ha poi sapientemente illustrato, dicendo fra l’altro: "… è per me motivo di conforto essere oggi con voi per recitare il Santo Rosario, in questo Santuario della "Madonna del Divino Amore", in cui si esprime il devoto affetto per la Vergine Maria, radicato nell’animo e nella storia del popolo di Roma. Una gioia particolare nasce dal pensiero di rinnovare così l’esperienza del mio amato Predecessore Giovanni Paolo II che, esattamente 27 anni or sono, 1° giorno del mese di Maggio 1979, compì la sua prima visita da Pontefice a questo Santuario […].

Abbiamo recitato il Santo Rosario percorrendo i 5 "Misteri gaudiosi", che fanno passare davanti agli occhi del nostro cuore gli inizi della nostra Salvezza, dal concepimento di Gesù per opera dello Spirito Santo nel grembo della Vergine Maria fino al ritrovamento di Lui, ormai dodicenne, nel Tempio di Gerusalemme, mentre ascoltava e interrogava i Dottori. Abbiamo ripetuto e fatto nostre le parole dell'Angelo: ‘Rallegrati Maria, piena di grazia, il Signore è con te’, e anche le espressioni con cui Santa Elisabetta accolse la Vergine, che si era prontamente recata da lei per aiutarla e servirla: ‘Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo’. Abbiamo contemplato la fede docile di Maria, che si fida senza riserve di Dio e si mette totalmente nelle sue mani. Ci siamo sentiti anche noi, con i pastori, vicini al Bambino Gesù che giace nella mangiatoia e abbiamo riconosciuto e adorato in Lui il Figlio Eterno di Dio diventato, per amore, nostro fratello e così anche nostro unico Salvatore. Siamo entrati anche noi, con Maria e Giuseppe, nel Tempio per offrire a Dio il Bambino e compiere il rito della Purificazione: e qui ci siamo sentiti anticipare, nelle parole del vecchio Simeone, insieme alla Salvezza la contraddizione e la Croce, e quella spada che, sotto la Croce del Figlio, trafiggerà l'anima della Madre e proprio così la renderà non soltanto Madre di Dio ma anche nostra comune madre….".

3] A conclusione dell’Udienza Generale di Mercoledì 17 Maggio 2006, rivolgendosi, come di consueto, ai giovani, ai malati e agli sposi novelli, il Pontefice esortava tutti a "intensificare la pia pratica del Santo Rosario, specialmente in questo mese di Maggio dedicato alla Madre di Dio": "Invito voi, cari giovani, a valorizzare questa tradizionale preghiera mariana, che aiuta a meglio comprendere i momenti centrali della Salvezza operata da Cristo. Esorto voi, cari malati, a rivolgervi con fiducia alla Madonna mediante questo pio esercizio, affidando a Lei tutte le vostre necessità. Auguro a voi, cari sposi novelli, di fare della recita del Rosario in famiglia un momento di crescita spirituale sotto lo sguardo della Vergine Maria".

4] Nell’"Incontro Mondiale delle Famiglie" che si è recentemente tenuto a Valencia, in Spagna, dall’1 al 9 Luglio, Papa Benedetto ha voluto si desse particolare risalto alle odierne sfide della gioventù, come l’inserimento nel mondo del lavoro, l’impegno di contrarre Matrimonio e formare una nuova famiglia, la vocazione, le alternative alla cultura dell’ozio e del tempo libero, la libertà religiosa nel mondo universitario, lavorativo e politico. [Vi hanno partecipato 1500 giovani tra i 16 ed i 25 anni]. Altri due temi particolarmente significativi sono stati: "I nonni e la trasmissione della fede" e "I nonni e la famiglia"; poi, quasi a raccogliere le riflessioni e le ansie vissute nell’Incontro, la celebrazione del "Rosario delle famiglie" [con la suggestiva ‘Passeggiata Marittima’ sulla spiaggia di Malvarrosa, che ha visto la partecipazione dei 400 bambini che hanno sceneggiato i Misteri del Rosario, meritando il plauso del Santo Padre].

Bruno Simonetto





La mariologia di Benedetto XVI – 15

Il "luogo biblico" della mariologia



La mariologia ha un proprio spazio nella teologia, biblicamente fondato, e non va considerata un sottoprodotto della cristologia.



"Il libretto che presento al pubblico – scriveva Joseph Ratzinger nella Prefazione alla prima edizione – è la riproduzione di tre Conferenze da me tenute a Puchberg, vicino a Linz, nella primavera 1975. Dopo la lunga eclissi del culto mariano nella Chiesa, volevamo constatare in modo del tutto spassionato che cos’era veramente rimasto della fede mariana e che cosa di essa dovrà ancora rimanere. Si trattava quindi di un’introduzione che non aveva bisogno di essere completa nei dettagli, ma che doveva mostrare bene la prospettiva dalla quale si possono cogliere adeguatamente sia il particolare che il tutto. […] Spero che esso possa a suo modo aiutare a ricomprendere e ad appropriarsi nuovamente quello che vi è di imperituro nella fede mariana".

Il prezioso libro [di sole 80 pagine, ma di densissimo contenuto mariologico] è stato di recente ristampato in nuova edizione. In sintesi, l’intento dell’Autore è quello di mostrare che, dopo la lunga crisi della devozione a Maria nella Chiesa, questa può avere fondamento e spazio nella Teologia e nella vita spirituale dei Cristiani.

Due linee direttive guidano l’opera del futuro Papa Ratzinger. In una prima riflessione egli porta il lettore a scoprire una "teologia della donna" nel Vecchio Testamento. È proprio attraverso le grandi figure di donne - Eva, Sara, Rachele, Anna, Ester e Giuditta - che prende concretezza la promessa del Messia. Ovviamente, il Vecchio Testamento trova il compimento nel Nuovo; ma questo non vuol dire la dissoluzione della Scrittura; e se Cristo è il nuovo Adamo, Maria è la nuova Eva.

La mariologia - conclude Joseph Ratzinger - ha perciò un proprio spazio nella teologia e non deve essere considerata una imitazione, quasi un sottoprodotto della cristologia. In una seconda riflessione l’Autore esamina i principali dogmi mariani. In essi è visibile l’unità del vecchio e del nuovo Popolo di Dio e, più profondamente ancora, il mistero della creazione e dell’Alleanza. Questo permette un altro passaggio: in Maria il Creatore si rivela paradigmaticamente come il Dio che, nella forza della sua grazia, può suscitare la libera responsabilità dell’amore della sua creatura.

Si riassume, in queste due linee di riflessione teologico-mariologica, il significato più proprio de "la devozione a Maria nella Chiesa": sottotitolo dell’opera che ci ripromettiamo di analizzare in diverse puntate, come abbiamo a suo tempo fatto per il libro "Maria – Kirche im Ursprung" [in italiano: Maria – Chiesa nascente].

Il volumetto si articola in due parti:

– Parte prima: Il luogo biblico della mariologia

– Parte seconda: La fede mariana della Chiesa.

Quest’ultima parte analizza i dogmi mariani:

I – Il dogma mariano originario: vergine e madre

II – L’esenzione dal peccato di Adamo

III – L’assunzione corporale nella gloria celeste.




Papa Benedetto XVI pronuncia un’importante Omelia sul rapporto Maria-Chiesa durante
la solenne concelebrazione in San Pietro, l’8 Dicembre dello scorso anno.

Approccio biblico al tema mariologico
L’approccio al tema mariologico non può che prendere avvio - come il grande teologo-esegeta Joseph Ratzinger è solito fare nelle sue analisi - dalla Sacra Scrittura: da qui la parte "introduttiva" del volumetto, dove si identifica come più proprio il luogo biblico della mariologia.

"Di fronte alla fede e alla pietà mariana della Chiesa - scrive il futuro Papa Ratzinger -, l’attento osservatore della vita ecclesiastica di oggi [siamo nel 1975, ndr] scoprirà una particolare discrepanza. Da un lato si crea l’impressione che la mariologia sia un duplicato ridotto della cristologia, nato da motivi irrazionali; di più ancora: essa appare come l’eco di antichissimi modelli di storia delle religioni, modelli che, con ritorni difficilmente soffocabili, si mettono in evidenza pure nel fatto cristiano; anche se, ad un esame più attento, non depongono a loro favore né ragioni storiche né motivazioni teologiche. Non ragioni storiche, perché è evidente che nella vita di Gesù Maria ha solamente una certa importanza, si presenta piuttosto nel segno dell’equivoco; non ragioni teologiche, perché, nella struttura del ‘Credo’ neotestamentario, la Vergine-Madre non ha alcun posto.

Al contrario, non si è certo imbarazzati a concretizzare la provenienza extra-cristiana del fatto mariano: da miti egiziani, dal culto alla ‘Grande Madre’, dalla Diana di Efeso, la quale, proprio nel Concilio di Efeso, è diventata, in modo del tutto spontaneo, la "Madre di Dio", Theotókos… D’altro lato, però, si reclamizza poi la generosità nei confronti delle diverse forme di pietà [mariana]: ai Romani bisogna lasciare la loro Madonna, senza lasciarsi prendere da tendenze puritane.

Dietro ciò - continua nella sua acuta analisi il Card. Joseph Ratzinger - si vuol vedere un atteggiamento che si fa visibilmente più forte dopo l’ondata della razionalizzazione: l’ardente desiderio di una risposta anche al sentimento nella sfera della religione; il desiderio ardente che anche nella religione possa trovare un posto l’immagine della donna come vergine e come madre. È certo però che per giustificare la pietà mariana non basterà la mera tolleranza di fronte alle molteplici usanze: se il loro fondamento è così futile, allora il sussistere di una pietà mariana non sarebbe altro che un’abitudine in contrasto con la verità […]".

Detto questo come premessa al discorso che segue, il Card. Ratzinger aggiunge: "È necessaria, dunque, una riflessione più profonda", articolata per punti.



Icona russa della Madre di Dio "Sorgente di Vita" – Ufficio Archeologico presso l’Accademia Ecclesiastica Moscovita [sec. XIX].

Una riflessione profonda sulla Sacra Scrittura

1] "Prima della ricerca di testi isolati [della Sacra Scrittura] dev’esserci uno sguardo d’insieme, deve essere affrontato il problema della struttura; solamente così si può ottenere un sensato inquadramento del particolare.

Ma esiste veramente - si chiede Ratzinger - un luogo per qualcosa come la mariologia nella Sacra Scrittura, nel disegno complessivo della sua fede e della sua preghiera? Si può affrontare metodicamente questo problema risalendo all’indietro: partendo dal Nuovo Testamento per tornare a rileggere l’Antico, o anche viceversa: partendo dal Vecchio Testamento per addentrarsi gradualmente nel Nuovo.

La cosa migliore sarebbe che le due strade si congiungessero e si compenetrassero l’una con l’altra, in modo che nasca un quadro più esatto possibile. Se si fa una lettura risalendo all’indietro, o più precisamente: dalla fine all’inizio, appare che l’immagine di Maria nel Nuovo Testamento è stata completamente intessuta con i fili dell’Antico Testamento, per cui si possono chiaramente distinguere due o addirittura tre binari di tradizione che vengono usati per esprimere il mistero di Maria.

Nel presentarla si assume anzitutto l’immagine delle grandi madri dell’Antico Testamento: Sara e soprattutto Anna, madre di Samuele; in secondo luogo, nella sua raffigurazione viene intessuta tutta la teologia della "figlia di Sion", con la quale soprattutto i Profeti hanno espresso il mistero dell’elezione e dell’Alleanza, il mistero dell’amore di Dio per Israele. Nel Vangelo di Giovanni si può riconoscere un terzo binario: per spiegare Maria è usata la figura di Eva, la "donna" in genere.

Queste considerazioni, che più avanti verranno approfondite, ci offrono la guida che ci introduce nell’Antico Testamento e ci mostrano dove si trovano in esso gli elementi che divennero in seguito promettenti.



"La Sapienza si è costruita una casa" – Tempera su legno [sec. XVIII], Museo Kolomenskoe, Russia.

2] Tutta la successiva pietà mariana e la teologia mariana si basano fondamentalmente sul fatto che nell’Antico Testamento esiste una teologia della donna profondamente ancorata, ed essenziale per la sua costruzione generale: contrariamente ad un pregiudizio ampiamente diffuso, la figura della donna occupa un posto insostituibile nella struttura generale della fede e della pietà veterotestamentarie.

Si tratta di un fatto che raramente viene tenuto presente a sufficienza, cosicché una unilateralità della lettura dell’Antico Testamento impedisce di aprire la porta per comprendere il fatto mariano nella Chiesa del Nuovo Testamento.

Generalmente si osserva solamente un aspetto: i Profeti combattono una lotta rigorosa per l’unicità di Dio contro la tentazione del politeismo, una lotta contro la religione della fecondità che raffigura Dio come uomo e donna. […] E si arriva alla conclusione che nella fede dell’Antico Testamento la donna non ha affatto una collocazione positiva; che non esiste e non può esistere una teologia della donna, giacché si tratta piuttosto del contrario; di eliminare cioè la donna dalla ‘teo-logia’, dal discorso di Dio. Questo significherebbe poi che la mariologia, di fatto, potrebbe essere considerata solamente come l’infiltrazione di un modello non biblico. Quest’affermazione si trasforma conseguentemente nell’altra, per la quale al Concilio di Efeso [431], che confermò e difese per Maria il titolo di "Madre di Dio", in effetti si è assicurato un posto nella Chiesa alla "Grande Madre", mentre essa era precedentemente respinta dalla pietà pagana.

Ma sono falsi proprio i presupposti veterotestamentari di questo modo di vedere, poiché, se la fede profetica rigetta anche il modello delle divinità in "sizigia" [cioè: accoppiate], quella stessa fede profetica, a suo modo e nel suo modello di fede e di vita, assegna alla donna una posizione indispensabile, la cui corrispondenza nella vita umana è il matrimonio […]".



Pietro Cavallini, Albero di Jesse – Cappella Minutolo del Duomo di Napoli.

3] Così, risalendo nell’Antico Testamento e ricostruendo gli elementi con i quali il Nuovo Testamento spiega teologicamente la figura di Maria, ci imbattiamo nei tre binari di una teologia biblica della donna:

A – la figura di Eva che "sta di fronte all’uomo", Adamo: essa non viene dalla terra, ma da lui stesso; e nell’intima correlazione esistente tra uomo e donna si compie la totalità dell’uomo;

B – il ruolo specifico delle grandi donne dell’AT nella realizzazione della storia della promessa;

C – la figura della Sapienza [Sophia] acquista nel tardo AT un significato centrale, di intermediaria della creazione e della storia della salvezza: la Sophia rimanda al Logos, la Parola che fonda la Sapienza, ma anche la risposta femminile che accoglie la Sapienza e la porta a frutto.

È il seguito del discorso che va sviluppato e approfondito.

Bruno Simonetto
[Modificato da Caterina63 25/09/2009 16:08]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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La mariologia di Benedetto XVI – 17

Il "dogma originario" della verginità
e della divina maternità di Maria



Il più antico e fondamentale dogma mariano della Chiesa dice che Maria è "sempre vergine" e madre; anzi, "Madre di Dio".


Sempre alla scuola del futuro Papa Benedetto XVI, continuiamo l’analisi del suo libro sulla Madonna: "Die Tochter Zion" [in italiano: La figlia di Sion – La devozione a Maria nella Chiesa, Jaca Book, Milano 1979-20064], risultato di tre Conferenze da lui tenute poco prima della sua nomina ad Arcivescovo di Monaco e Frisinga.

Ricordavamo già che, in sintesi, due linee direttive guidano l’opera del teologo Ratzinger: in una prima riflessione [da noi riassunta nella puntata 15ª di questa rubrica, nel Novembre scorso] egli porta il lettore a scoprire una "teologia della donna" nel Vecchio Testamento; in una seconda [nella quale ci siamo introdotti con la puntata 16ª di Dicembre] esamina i principali dogmi mariani, vedendo in essi l’unità del vecchio e del nuovo Popolo di Dio e, più profondamente ancora, il mistero della creazione e dell’Alleanza.

In queste due linee di riflessione teologico-mariologica si riassume, per Papa Ratzinger, il significato più proprio de "la devozione a Maria nella Chiesa": sottotitolo dell’opera che stiamo analizzando.


Santi di Tito, Immacolata assunta in Cielo e la devozione della Chiesa [con i Santi Pietro, Giacomo Maggiore,
Francesco d’Assisi e Filippo Benizi] - Pistoia, Chiesa dell’Annunziata.

Come ormai sappiamo, l’approccio al tema mariologico, per il grande teologo-esegeta Joseph Ratzinger, non può che prendere avvio dalla Sacra Scrittura: da qui la parte prima "introduttiva" del volumetto in esame, dove si identifica come proprio "il luogo biblico della mariologia".

Nella parte seconda dell’opera [= "La fede mariana della Chiesa"] si analizzano i dogmi mariani: quello della verginità e della maternità divina di Maria, la sua esenzione dal peccato di Adamo e l’assunzione corporale nella gloria celeste.

Dopo aver visto, nel num. dello scorso Dicembre, il quadro d’insieme dei singoli dogmi mariani, come in un’ouverture di sinfonia che li inquadra nel loro contesto teologico-mariologico, seguiamo stavolta l’esposizione che fa Papa Ratzinger dei primi due visti ‘specularmente’ insieme: il dogma originario della verginità e maternità di Maria.

"Semper virgo" e "Theotókos"

"Il più antico dogma mariano della Chiesa, il dogma mariano fondamentale, dice: Maria è sempre vergine ["semper virgo": Symbola, DS 10-30; 42/64; 72; 150], e madre; anzi, può essere chiamata "Madre di Dio" ["Theotókos": DS 251, Concilio di Efeso].

I due titoli sono uniti in modo strettissimo: quando la si chiama "Madre di Dio", noi usiamo anzitutto un’espressione dell’unità tra essere-Dio ed essere-uomo in Cristo, unità che è talmente profonda che, per gli avvenimenti umani, qual è la nascita, non si può immaginare un Cristo puramente umano, staccato dall’insieme del suo essere persona. Era stata questa l’argomentazione dei Nestoriani, i quali volevano si ammettesse solamente il titolo di "Madre di Cristo" [= Christotókos], al posto dell’appellativo "Theotókos". Ma in una simile dicotomia della figura di Cristo [nella quale il biologico-umano viene nettamente separato dall’essere divino], si celano concetti antropologici e teologici di grande importanza: dietro la formula "genitrice di Dio" vi è la convinzione che l’unità di questo Cristo sia tale che io non posso in qualche modo astrarre il Cristo puramente corporale, poiché nell’uomo è umano-corporale anche il corporale, come ci conferma la stessa biologia moderna.



"Madre di Dio del Roveto Ardente" – Icona russa di fine sec. XVI: fanno corona alla Vergine Madre i personaggi veterotestamentari che profetizzarono la venuta in terra del Figlio di Dio nato da lei, e i simboli degli Evangelisti che cantarono le grandezze di Maria.


[…] Ma se, per quanto concerne l’unità dell’uomo, essa è come la vede la fede dei Concili, allora la maternità di Maria ha profondamente a che fare col mistero dell’Incarnazione in quanto tale, e arriva al cuore del mistero stesso. In tal modo, la tesi cristologica dell’Incarnazione di Dio in Cristo diventa necessariamente mariologica, e in effetti essa lo fu fin dall’inizio. Viceversa, solamente se la cristologia è intesa in modo così radicale da toccare anche Maria e da diventare mariologia, è essa stessa radicale come dev’essere in base alla fede della Chiesa. Sicché il manifestarsi di un senso veramente mariologico è la regola per stabilire se sia veramente presente il contenuto cristologico [della fede].

[Nel Concilio di Efeso] la mariologia fu a difesa della cristologia; ciò non significa, evidentemente, istituire una concorrenza che sminuisce la cristologia, ma solo affermare che essa fonda il completo trionfo di una professione di fede in Cristo che, nella definizione dogmatica della divina maternità di Maria, ha raggiunto il suo pieno rigore.

La Chiesa credente, conformemente alla testimonianza di Matteo e di Luca, vide realizzata questa peculiarietà di una maternità che impegna tutto l’uomo per Colui che qui nasce, nell’unità di essere-madre e di essere-vergine di Maria; e, contemporaneamente, [si realizza] l’intreccio veterotestamentario di ‘benedetto’ e ‘non benedetto’, di ‘fecondo’ o ‘sterile’: elementi che si fanno conoscere in quest’unità come perenne contenuto di senso [di fede]".

I testi neotestamentari fondanti il "dogma mariano originario"

In tale prospettiva, ripresa dal pensiero mariologico di Joseph Ratzinger e riportata già nell’intervento del num. scorso della nostra rivista [cfr. ibid., pp. 9-10], esaminiamo ora il fatto che l’unitarietà dei dogmi della perpetua verginità e della divina maternità di Maria va ricercata partendo dai singoli elementi scritturistici neotestamentari che li fondano.



Lode alla Vergine Madre, cantata dagli Angeli – Min. c. 90v., Biblioteca Medicea Laurenziana, Firenze.


Esaminiamo in questa 17ª puntata "I testi del Nuovo Testamento" [cfr. La figlia di Sion, o.c., pp. 37-45], riservandoci di coglierne successivamente "Il senso teologico" [cfr. ibid., pp. 46-58].

Si chiede Joseph Ratzinger: "Come si è formata la strada che condusse alla professione di fede nella maternità verginale di Maria?"; e aggiunge di voler solo, in risposta all’interrogativo, cercare di ripercorrere gli stadi principali nella crescita della relativa tradizione.

Inizia con Paolo, per il quale "il problema della nascita di Gesù non ha alcuna importanza sotto il punto di vista teologico, in quanto la sua fede si sviluppa tutta partendo dalla confessione della Croce e della Risurrezione". L’unico passo "mariano" di Paolo è dove dice che Gesù è "nato da donna" [Gal 4, 4]; ma per lui si tratta semplicemente di sottolineare che Cristo ha partecipato a tutta la sorte dell’essere-uomo, che è entrato pienamente nella ‘condition humaine’.

Sono piuttosto Matteo e Luca a mettere in luce la particolare funzione dell’albero genealogico, con il quale viene presentata l’origine di Gesù e insieme viene anche cercata una spiegazione della sua natura.

L’albero genealogico di Matteo mostra che Gesù è figlio di Abramo; ma lo raffigura prima di tutto come il vero Davide nel quale è stato adempiuto quel segno della speranza che questo Re era sempre più diventato per il suo popolo.

Luca va oltre, facendo risalire fino ad Adamo, "figlio di Dio" [Lc 3, 38], la geneaologia di Gesù. Adamo, cioè l’uomo in genere. Un albero genealogico che risale fino ad Adamo vuole mostrare che in Gesù è stata adempiuta non solamente la speranza di Israele in un Re, ma anche la richiesta dell’uomo in genere, di quell’essere che vaga e brancola alla ricerca di se stesso. Gesù è l’uomo per tutti gli uomini; l’uomo nel quale si compie il destino divino dell’uomo, la sua origine divina. In lui l’essere lacerato dell’uomo è stato unito ed è stato congiunto al Dio da cui discende e che egli cerca nel suo abbandono. Gesù è "Adamo", forma dell’uomo in assoluto. Lo è perché "è di Dio".

Ad ambedue gli alberi genealogici – quello di Matteo e quello di Luca – ciò che importa è la relazione storica ed umana di Gesù. Ma tutt’e due sono pure convinti che Gesù può essere il frutto conclusivo della storia solamente perché in lui ha fatto il suo ingresso nell’albero che si dissecca di questa storia una forza nuova, perché egli non viene solo "dal basso". Egli è frutto di questo albero, certo; ma l’albero può portare frutto solamente perché esso è fondato dall’esterno. Gesù trae origine "dal basso", ma egli discende contemporaneamente "dall’alto": le due verità non si contraddicono. Egli è completamente uomo, frutto di questa terra, ed è tale proprio perché non trae origine solamente da questa terra.



Gentile da Fabriano, Adorazione dei Magi e venerazione della Madre di Dio – Galleria degli Uffizi, Firenze.

In Matteo ciò appare dal fatto che lo schematismo dell’albero genealogico, che collega un anello all’altro con il verbo "generò", viene rotto così nell’ultimo versetto: "Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo" [Mt 1, 16].

In Luca ciò appare quando Gesù è presentato non come figlio di Giuseppe, ma come colui che era "creduto" tale [cfr. Lc 3, 23], come colui che era giuridicamente classificato tale.

Implicazioni mariologiche del testo lucano dell’Angelus

L’accenno misterioso che abbiamo qui davanti – prosegue nella sua profonda analisi il teologo Joseph Ratzinger – è stato ulteriormente sviluppato nelle storie dell’infanzia di Gesù [cfr. Mt 1, 18-25; Lc 1-2]. Al riguardo, basterà qui accennare in breve ad alcuni punti di vista del testo lucano, che sono importanti per la comprensione generale della figura di Maria.

1] Anzitutto, è già importante la localizzazione che Luca presenta, in voluta contrapposizione con la precedente storia di Giovanni Battista. L’annuncio della nascita del Battista avviene nel Tempio, come dire: nell’ordinamento ufficiale e prescritto dalla Legge; quello a Maria avviene ad una donna, in un luogo insignificante della semipagana Galilea che né Giuseppe Flavio né il Talmud nominano.

2] Il saluto a Maria [cfr. Lc 1, 28-32] è stato formulato con stretto riferimento a Sofonia 3, 14-17: è Maria la figlia di Sion alla quale sono rivolte le espressioni di quel testo: a lei viene detto: "Gioisci!"; a lei viene detto che "Il Signore è con te"; è lei che viene presa dall’angoscia perché il Signore è con lei per salvarla.

3] Nel saluto dell’Angelo compare il motivo portante con cui Luca presenta la figura di Maria in genere: è lei, in persona, la vera Sion alla quale si sono dirette le speranze in tutte le rovine della storia. È lei invero Israele, nel quale si uniscono inseparabilmente Antica e Nuova Alleanza, Israele e Chiesa. È lei il "Popolo di Dio" che porta frutto per la potenza di grazia di Dio.

4] Dobbiamo infine fare attenzione anche all’espressione con la quale viene misuratamente descritto il mistero del nuovo concepimento e della nuova nascita: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo" [Lc 1, 35]: essa appartiene alla teologia culturale d’Israele, rimandando alla nube che stende la sua ombra sul Tempio ed indica così la presenza di Dio. Maria appare perciò come la "tenda santa" sulla quale comincia ad agire la presenza nascosta del Signore.

Prima di inoltrarci [alle prossime puntate] nell’analisi teologica complessiva di questi passi scritturistici neotestamentari, ci sarebbe ancora da rispondere alle due questioni relative: a] alla provenienza della tradizione che è stata ripresa da Matteo e da Luca, b] all’effetto continuato del messaggio all’interno dell’annuncio neotestamentario che deriva dai testi citati.

Ma anche di ciò parleremo in seguito, mancandone ora lo spazio.

Bruno Simonetto


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La mariologia di Benedetto XVI – 18

Il "dogma originario" della verginità
e della divina maternità di Maria - 2



Il senso teologico conclusivo dei brani biblici che fondano tale dogma e la risposta alle obiezioni ricorrenti circa la verginità di Maria.


Continuiamo a rivisitare l’esposizione che nel libro "Die Tochter Zion" [in italiano: La figlia di Sion – La devozione a Maria nella Chiesa, Jaca Book, Milano 1979-20064] il futuro Papa Benedetto XVI fa dei primi due dogmi mariani, visti ‘specularmente’ insieme: il dogma originario della verginità e maternità di Maria.

Prima di inoltrarci nell’analisi teologica conclusiva dei passi scritturistici neotestamentari che li fondano, vediamo intanto qual è la risposta che il Card. Joseph Ratzinger ha dato a due importanti questioni relative:

1. alla provenienza della tradizione che è stata ripresa nei Vangeli da Matteo e da Luca
2. all’effetto continuato del messaggio all’interno dell’annuncio neotestamentario che deriva dai testi citati.



Processione in onore dell’Immacolata "Madonna del Miracolo" a Piazza di Spagna in Roma, il 27 Novembre scorso,
vigilia della partenza di Papa Benedetto XVI per il Viaggio apostolico in Turchia.

Due questioni preliminari all’analisi teologica conclusiva

1 "L’esegesi moderna - precisa il futuro Papa Benedetto XVI - dimostra che i due evangelisti hanno dato al materiale la forma ultima partendo dalle loro stesse intenzioni ed idee teologiche; questo contributo "letterario" degli evangelisti alla forma della tradizione non va sicuramente sottovalutato. Tuttavia, l’esegesi dimostra anche che i due evangelisti usano materiale di tradizione precedentemente esistente, materiale che già era stato plasmato per opera delle Comunità che lo avevano tramandato.

Per Luca, H. Schürmann crede di poter indicare una Comunità della Giudea degli anni sessanta come precedente gruppo mediatore di tradizione [cfr. Das Lukasevangelium, I, Freiburg 1969, pag. 145]. Non si potrà contestare che lo stesso Luca volesse riferirsi a Maria [e perciò alla più ampia cerchia dei parenti naturali di Gesù, cfr. Lc 2, 19-51].

Perciò, l’assunzione di questi brani nel Vangelo è un fatto di natura particolare, riguardante la storia della tradizione: tale assunzione significa che una tradizione, che per l’innanzi era stata conservata privatamente, in un ambito più ristretto, ora viene inserita nella predicazione ufficiale della Chiesa, acquistando il grado di tradizione della Comunità ecclesiastica" [cfr. o.c., pp. 43-44].

Continuando il ragionamento sulla valenza teologica della formazione della tradizione, il Card. Ratzinger continua affermando che "ciò che distingue la tradizione della Pasqua dalla tradizione del Natale non è semplicemente l’antichità come tale; Luca riconduce la storia della nascita [di Gesù] al ricordo di Maria, e, per quanto concerne il nucleo di carattere teologico della tradizione, non c’è motivo di non fidarsi di lui, tanto più che il gruppo dei "fratelli del Signore" […] si presenta come mediatore di tradizione. Ora, per quanto riguarda questo nucleo, la differenza non consiste tanto nell’antichità, ma nella diversa posizione che le tradizioni ebbero all’inizio e nel fatto che solamente tardi, in un determinato stadio dello sviluppo interiore della professione di fede in Cristo, divenne ragionevole e necessario inserire anche queste tradizioni nel "Credo" comune ed ufficiale della Chiesa" [cfr. o.c., p. 44].



L’Arca dell’Alleanza e il bastone fiorito di Aronne: figura cristologica e mariologica dell’unione dell’umanità
e della divinità in Cristo nella concezione verginale di Maria – Min. biz. – Vat. gr. 1162, fol 133v, sec. XII.

2 La seconda osservazione riguarda l’effetto continuato del messaggio all’interno dell’annuncio neotestamentario.

"Nel Prologo del suo Vangelo Giovanni definisce i Cristiani come coloro "i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati" [Gv 1, 13]. Ora, qui il motivo paolino della filiazione divina del Cristiano è stato congiunto alla tradizione di Matteo e Luca in modo da costituire un’unità nuova: diventare Cristiani significa entrare nel mistero della nuova nascita di Gesù Cristo, partecipare, rinascendo, alla sua nascita. Naturalmente si presenta anche qui la controversia che concerne in generale l’inizio del quarto Vangelo: Giovanni non voleva forse elevare il "volgare-cattolico" sul piano dello spirituale e dell’esistenziale? Non lo si è forse collegato solamente in un secondo tempo con ciò che egli aveva veramente voluto oltrepassare?".

Conclude Joseph Ratzinger: "Nell’ambito di queste considerazioni non ci è possibile discutere ulteriormente tale questione. Una cosa però mi pare chiara in tutta l’ampiezza dei fatti: tutto l’impeto dell’indicazione spirituale del quarto Vangelo si fonda sul fatto che esso possiede un fondamento reale. L’"esistenziale" non esprimerebbe proprio nulla se esso fosse l’esplicazione del nulla. La nuova nascita cristiana è possibile per il fatto che essa è realmente avvenuta in Cristo ed è quindi divenuta possibilità per tutti noi" [cfr. o.c., p. 45].

Il senso teologico conclusivo dei brani biblici analizzati

Rispondendo a queste due questioni preliminari siamo entrati già nel mezzo del problema dell’interpretazione dei passi scritturistici che fondano il duplice dogma della verginità e maternità di Maria.



La Natività di Maria: "Dalla radice di Jesse e dalla stirpe di Davide nasce oggi per noi la fanciulla di Dio Maria e tutto il creato è rinnovato e divinizzato […]. Si rallegri il cielo e la terra, perché il cielo di Dio è nato: è la Sposa di Dio, frutto della promessa" [Matt. della "Natività di Maria"] - Min. biz. -Vat. gr. 1162, fol 29 - sec. XII.


Ora ci si chiede perché il "fatto" fu tramandato e, rispettivamente, venne assunto nella tradizione ufficiale della Comunità ecclesiastica. "Solamente se ci domandiamo qual è la ragione teologica per questo passaggio - afferma a questo punto il Card. Joseph Ratzinger - potremo anche spiegare completamente e capire quale importanza è stata attribuita al fatto della verginità di Maria nella sua maternità". E a tale interrogativo si danno due risposte:

1] Concepimento e nascita di Gesù significano un inizio nuovo nella storia che è più della storia, e più della novità che spetta ad ogni singolo uomo. Qui Dio stesso incomincia di nuovo, poiché ciò che qui inizia ha la qualità di una nuova creazione, ed è dovuto all’intervento particolare e tutto specifico di Dio. Qui c’è veramente "Adamo" il quale, ancora una volta ed in senso superiore, viene come un tempo "da Dio" [cfr. Lc 3, 38]. E tale nascita può accadere solamente alla "sterile".

Ciò che è promesso in Isaia 54, 1 ["Esulta, o sterile che non hai partorito […] perché più numerosi sono i figli dell’abbandonata che i figli della maritata"], per Luca si è concretamente avverato nel mistero di Maria-l’impotente Israele: respinto dagli uomini e infecondo, ha portato frutto. In Gesù Dio ha posto in mezzo all’umanità sterile e disperata un inizio nuovo, il quale non è risultato della sua storia, ma è dono che viene dall’Alto. Con lui ha inizio una nuova incarnazione, in quanto esiste anche nella sua esistenza terrena solamente per lo Spirito.

Così Maria, la sterile-benedetta, diviene il segno della grazia, il segno di ciò che è veramente fecondo e che salva: la disponibile apertura che si consenta alla volontà di Dio [cfr. o.c., pp. 46-47].



La Vergine al Tempio: "Oggi è il preludio della benevolenza di Dio e l'annuncio della salvezza degli uomini […]. Acclamiamo a gran voce la Vergine: 'Rallegrati, tu che sei il compimento dell'economia del Salvatore' " [Vespri dell' "Ingresso della Madre di Dio nel Tempio"] - Min. biz. - Vat. gr. 1162, fol 62v, - sec. XII.


2] Tuttavia, vi è anche un "messaggio cristologico", che è addirittura primario rispetto a quello sopra ricordato. H. Schürmann lo esprime così: "Poiché il bambino è opera di Dio nella sua origine, egli sarà ‘santo’ in tutto e per tutto. Lo Spirito Santo non lo riempirà come Giovanni "fin dal seno di sua madre" [Lc 1, 15], ma il Pneuma di Dio gli dà vita ed esistenza in forma creativa, per cui il suo essere interiore è determinato e reso ‘santo’"[cfr. o.c., p. 53s.].

Proprio la contrapposizione a Giovanni, il quale, in stretta affinità con Geremia, è stato chiamato ancora prima del concepimento ["… prima di formarti nel grembo materno […] ti avevo consacrato", Ger 1, 4], il messaggio di Luca è che in Gesù c’è il "Figlio", poiché il suo essere come tale è frutto del Pneuma.

Hans von Balthasar ha giustificato più a fondo questo rapporto, partendo dalla logica dell’essere-uomo e dalla logica dell’incarnazione, come risuona già nel titolo di "Madre di Dio" riconosciuto alla Vergine Maria. Il ragionamento è il seguente: se il Figlio si è veramente incarnato, quest’evento giunge allora realmente fino nella "carne" e viceversa; e la "carne" [giacché l’uomo è un’unità ed un tutto], giunge fino nel centro della persona del Logos. Ora, la nascita di Gesù dalla Vergine-Madre rimanda al suo essere-Figlio, rimanda al Padre e, quindi, a ciò che per Gesù fu infinitamente più essenziale della messianità. D’altra parte, la nascita verginale è l’origine necessaria di Colui che è il Figlio e che, solamente in questo modo, può conferire alla speranza messianica un senso duraturo, che rimanda oltre Israele.

Ne consegue che nella "nuova nascita" di Gesù ["Nova nativitas" la chiama la Liturgia romana] Maria è veramente, in quanto madre, "genitrice di Dio", e non solamente organo di un casuale evento corporale.



L'Annunciazione a Maria "piena di grazia": la Vergine ha dato il suo consenso e "ha concepito di Spirito Santo"; e gli Angeli apprendono "il mistero nascosto dai secoli in Dio" - Min. biz. - Vat. gr. 1162, fol 127v - sec. XII.


Sulle obiezioni ricorrenti alla verginità di Maria

Il Card. Joseph Ratzinger conclude il capitolo sul "dogma mariano originario" con una lunga e molto dotta disquisizione sulle obiezioni che in modo ricorrente si fanno alla "perpetua verginità di Maria" ["ante, in e post partum", come si esprime la cristologia scolastica del "De Verbo Incarnato"].

"La decisione con la quale viene messa in dubbio la nascita verginale di Gesù - osserva fra l’altro l’illustre teologo - consiste principalmente nella differenza di pensiero tra la nostra visione del mondo ed il messaggio biblico, e nell’idea che questo non possa trovare posto in un mondo visto con l’occhio delle scienze naturali". E aggiunge: "La vera ragione che si trova nei motivi contrari alla fede nella verginità di Maria non sta nell’ambito di una conoscenza storica [esegetica], ma in handicaps legati alla visione del mondo, le cui conseguenze toccano l’immagine di Dio […]. La vera disputa quindi avviene tra due diverse concezioni del rapporto di Dio con il mondo, volendo i negatori della verginità di Maria relegare Dio nel campo dello spirituale, sul presupposto che egli non possa raggiungere la storia terrena. In tal modo si ritorna alla filosofia pagana di Dio e del mondo [cfr. o.c., pp. 54-57].

Ma noi ribadiamo che "la testimonianza della nascita di Gesù dalla Vergine Maria non è un angolo idilliaco di devozione nella struttura della fede neotestamentaria; non è una piccola Cappella di due Evangelisti, che si potrebbe alla fine anche trascurare. Si tratta del problema di Dio; […] poiché la fede in Dio che è rimasto realmente il Creatore della nuova creazione – "Creator Spiritus" – è parte centrale del messaggio del Nuovo Testamento.

Così il "messaggio" della nascita [di Gesù] dalla Vergine Maria vuole testimoniare proprio questi due fatti: Dio agisce realmente, realiter, non solo interpretative; e la terra porta il suo frutto perché egli agisce. In fondo, il "natus ex Maria Virgine" è una proposizione rigorosamente teologica: essa testimonia che Dio non ha liquidato la creazione. E su ciò si fondano la speranza, la libertà, la tranquillità e la responsabilità del Cristiano" [cfr. o.c., pp. 57-58].

[Restano da analizzare, in successive puntate, i dogmi dell’esenzione di Maria Vergine dal peccato di Adamo e della sua assunzione corporale nella gloria celeste].

Bruno Simonetto
[Modificato da Caterina63 25/09/2009 16:08]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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Omelia del Papa nel Rosario con i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i seminaristi e i diaconi del Brasile


ROMA, domenica, 13 maggio 2007 (ZENIT.org).- Pubblichiamo l'omelia pronunciata da Benedetto XVI nell'incontrarsi, sabato sera, presso il Santuario "Nossa Senhora da Conceição Aparecida" con i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i seminaristi e i diaconi del Brasile qui riuniti con i delegati della V Conferenza dell’Episcopato dell’America Latina e dei Caraibi.

* * *



Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato,
Amati religiosi e voi tutti che, stimolati dalla voce di Gesù Cristo, lo avete seguito per amore,
Carissimi seminaristi, che vi state preparando per il ministero sacerdotale,
Cari rappresentanti dei Movimenti ecclesiali e tutti voi laici che portate la forza del Vangelo nel mondo del lavoro e della cultura, in seno alle famiglie,
così come nelle vostre parrocchie!

1. Come gli Apostoli, insieme a Maria, «salirono alla stanza superiore» e lì, «uniti dallo stesso sentimento, si dedicavano assiduamente alla preghiera» (cfr At 1,13-14), così anche noi quest’oggi ci siamo radunati qui nel Santuario di Nostra Signora della Concezione Aparecida, che in questa ora è per noi «la stanza superiore» dove Maria, Madre del Signore, si trova in mezzo a noi. Oggi è Lei che guida la nostra meditazione; è Lei che ci insegna a pregare. È Lei che ci addita il modo di aprire le nostre menti ed i nostri cuori alla potenza dello Spirito Santo, che viene per essere trasmesso al mondo intero.

Abbiamo appena recitato il Rosario. Attraverso i suoi cicli meditativi, il divino Consolatore vuole introdurci nella conoscenza del Cristo che sgorga dalla fonte limpida del testo evangelico. Dal canto suo, la Chiesa del terzo millennio si propone di offrire ai cristiani la capacità di «conoscere – secondo le parole di San Paolo – il mistero di Dio, cioè Cristo, nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza» (Col 2,2-3). Maria Santissima, la Vergine pura e senza macchia, è per noi scuola di fede destinata a guidarci e a darci forza sul sentiero che porta incontro al Creatore del Cielo e della Terra. Il Papa è venuto ad Aparecida con viva gioia per dirvi innanzitutto: «Rimanete alla scuola di Maria». Ispiratevi ai suoi insegnamenti, cercate di accogliere e di conservare nel cuore le luci che Lei, per mandato divino, vi invia dall’alto.

Com’è bello stare qui riuniti nel nome di Cristo, nella fede, nella fraternità, nella gioia, nella pace e «nella preghiera con Maria, la Madre di Gesù» (At 1,14). Come è bello, carissimi Presbiteri, Diaconi, Consacrati e Consacrate, Seminaristi e Famiglie cristiane, essere qui nel Santuario Nazionale di Nostra Signora della Concezione Aparecida, che è Dimora di Dio, Casa di Maria e Casa dei Fratelli, e che in questi giorni si trasforma anche in Sede della V Conferenza Episcopale Latinoamericana e dei Caraibi. Come è bello essere qui in questa Basilica Mariana verso la quale, in questo tempo, convergono gli sguardi e le speranze del mondo cristiano, in modo speciale dell’America Latina e dei Caraibi!

2. Sono felice di essere qui con voi, in mezzo a voi! Il Papa vi ama! Il Papa vi saluta affettuosamente! Prega per voi! E implora dal Signore le più preziose benedizioni sui Movimenti, sulle Associazioni e sulle nuove realtà ecclesiali, espressione viva della perenne giovinezza della Chiesa! Siate veramente benedetti! Da qui rivolgo il mio saluto veramente affettuoso a voi, Famiglie, qui radunate in rappresentanza di tutte le carissime Famiglie cristiane presenti nel mondo intero. Mi rallegro in modo specialissimo con voi e vi do il mio abbraccio di pace.

Ringrazio per l’accoglienza e per l’ospitalità del Popolo brasiliano. Da quanto sono arrivato sono stato ricevuto con molto affetto! Le varie manifestazioni di apprezzamento ed i saluti dimostrano quanto voi vogliate bene, stimiate e rispettiate il Successore dell’apostolo Pietro. Il mio Predecessore, il Servo di Dio Giovanni Paolo II ha menzionato diverse volte la vostra simpatia e lo spirito di accoglienza fraterna. Egli aveva pienamente ragione!

3. Saluto i cari sacerdoti qui presenti, mentre penso e prego per tutti i sacerdoti sparsi in tutto il mondo, in modo particolare in America Latina e nei Caraibi, tra questi anche i sacerdoti Fidei donum. Quante sfide, quante situazioni difficili affrontate, quanta generosità, quanta abnegazione, sacrifici e rinunce! La fedeltà nell’esercizio del ministero e nella vita di preghiera, la ricerca della santità, la donazione totale a Dio nel servizio ai fratelli e alle sorelle, spendendo le vostre vite ed energie, promuovendo la giustizia, la fraternità, la solidarietà e la condivisione – tutto ciò parla fortemente al mio cuore di Pastore. La testimonianza di un sacerdozio vissuto bene nobilita la Chiesa, suscita ammirazione nei fedeli, è fonte di benedizioni per la Comunità, è la migliore promozione vocazionale, il più autentico invito perché anche altri giovani rispondano positivamente agli appelli del Signore. È la vera collaborazione in vista della costruzione del Regno di Dio!

Vi ringrazio sinceramente e vi esorto a continuare a vivere in maniera degna la vocazione che avete ricevuto. Che il fervore missionario, la passione per un’evangelizzazione sempre più aggiornata, lo spirito apostolico autentico e lo zelo per le anime siano sempre presenti nelle vostre vite! Il mio affetto, le mie preghiere e i miei ringraziamenti vanno anche ai sacerdoti anziani ed infermi. La vostra conformazione al Cristo Sofferente e Risorto costituisce l’apostolato più fecondo! Molte grazie!

4. Carissimi Diaconi e Seminaristi, anche a voi che occupate un luogo speciale nel cuore del Papa, un saluto molto fraterno e cordiale. La giovialità, l’entusiasmo, l’idealismo, l’incoraggiamento per affrontare con audacia le nuove sfide rinnovano la disponibilità del Popolo di Dio, rendono i fedeli più dinamici e portano la Comunità a crescere, a progredire, ad essere più fiduciosa, gioiosa ed ottimista. Ringrazio per la testimonianza che offrite, collaborando con i vostri Vescovi nelle attività pastorali delle diocesi. Abbiate sempre di fronte agli occhi la figura di Gesù, il Buon Pastore, che «non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto di molti» (Mt 20,28). Siate come i primi diaconi della Chiesa: uomini di buona reputazione, colmi dello Spirito Santo, di saggezza e di fede (cfr At 6,3-5). E voi, Seminaristi, rendete grazie a Dio per la chiamata che Lui vi rivolge. Ricordatevi che il Seminario è la «culla della vostra vocazione e la palestra della prima esperienza di comunione» (Direttorio per il Ministero e la Vita dei Presbiteri, n. 32). Prego perché siate, con l’aiuto di Dio, sacerdoti santi, fedeli e felici di servire la Chiesa!

5. Rivolgo ora il mio sguardo e la mia attenzione a voi, amatissimi Consacrati e Consacrate, qui riuniti nel Santuario della Madre, Regina e Patrona del Popolo Brasiliano, ed anche sparsi in tutte le parti del mondo. Voi, religiosi e religiose, siete un’offerta, un regalo, un dono divino che la Chiesa ha ricevuto dal suo Signore. Rendo grazie a Dio per la vostra vita e per la testimonianza che date al mondo di un amore fedele a Dio ed ai fratelli. Questo amore senza riserve, totale, definitivo, incondizionato ed appassionato si manifesta nel silenzio, nella contemplazione, nella preghiera e nelle attività più diversificate che svolgete, nelle vostre famiglie religiose, a favore dell’umanità e principalmente dei più poveri ed abbandonati. Tutto questo suscita nel cuore dei giovani il desiderio di seguire più da vicino e radicalmente Cristo Signore ed offrire la vita per rendere testimonianza agli uomini e donne del nostro tempo del fatto che Dio è Amore e che vale la pena lasciarsi conquistare e affascinare per dedicarsi esclusivamente a Lui (cfr Esort. ap. Vita consecrata, 15).

La vita religiosa in Brasile è stata sempre significativa ed ha avuto un ruolo importante nell’opera dell’evangelizzazione, sin dagli inizi della colonizzazione. Soltanto ieri, ho avuto il grande piacere di presiedere la Concelebrazione Eucaristica nella quale è stato canonizzato Sant’Antonio di Sant’Anna Galvão, presbitero e religioso francescano, primo Santo nato in Brasile. Accanto a lui, un’altra ammirevole testimonianza di persona consacrata è Santa Paulina, fondatrice delle Piccole Suore dell’Immacolata Concezione. Avrei molti altri esempi da citare. Che essi, tutti insieme, vi servano di stimolo per vivere una consacrazione totale. Dio vi benedica!

6.Oggi, alla vigilia dell’apertura della V Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi, che avrò il piacere di presiedere, sento il desiderio di dire a tutti voi com’è importante il senso della nostra appartenenza alla Chiesa, che porta i cristiani a crescere ed a maturare come fratelli, figli dello stesso Dio e Padre. Carissimi uomini e donne dell’America Latina, so che avete una grande sete di Dio. So che seguite quel Gesù, che disse: «Nessuno viene al Padre, se non per mezzo di me» (Gv 14,6). Il Papa vuole perciò dire a tutti voi: La Chiesa è la nostra Casa! Questa è la nostra Casa! Nella Chiesa cattolica troviamo tutto ciò che è buono, tutto ciò che è motivo di sicurezza e di sollievo! Colui che accetta Cristo, «Cammino, Verità e Vita» nella sua totalità, si assicura la pace e la felicità, in questa vita e nell’altra! Per questo, il Papa è venuto qui per pregare e confessare con voi tutti: Vale la pena essere fedeli, vale la pena perseverare nella propria fede! La coerenza nella fede richiede, però, anche una solida formazione dottrinale e spirituale, contribuendo così alla costruzione di una società più giusta, più umana e cristiana. Il Catechismo della Chiesa Cattolica, anche nella sua versione più ridotta, pubblicata sotto il titolo di Compendio, sarà di aiuto per avere chiare nozioni circa la nostra fede. Chiediamo fin d’ora che la venuta dello Spirito Santo sia per tutti quanti come una nuova Pentecoste, affinché illumini con la luce che scende dall’Alto i nostri cuori e la nostra fede.

7. È con grande speranza che mi rivolgo a voi tutti che vi trovate all’interno di questa maestosa Basilica, o che hanno partecipato al Santo Rosario stando all’esterno, per invitarvi a diventare profondamente missionari e a portare la Buona Novella del Vangelo a tutti i punti cardinali dell’America Latina e del mondo. Chiediamo alla Madre di Dio, Nostra Signora della Concezione Aparecida, che protegga la vita di tutti i cristiani. Lei, che è la Stella dell’Evangelizzazione, guidi i nostri passi sul cammino verso il Regno celeste:

«Madre nostra, proteggi la famiglia brasiliana e latinoamericana!
Custodisci sotto il tuo mantello protettore i figli di questa amata Patria che ci accoglie,
Tu che sei l’Avvocata presso il tuo Figlio Gesù, da’ al Popolo Brasiliano pace costante e prosperità completa,
Infondi nei nostri fratelli di tutta la geografia latinoamericana un vero ardore missionario, propagatore di fede e di speranza,
Fa’ che il tuo grido risuonato a Fatima per la conversione dei peccatori diventi realtà e trasformi la vita della nostra società,
e Tu che, dal Santuario di Guadalupe, intercedi per il popolo del Continente della Speranza, benedici le sue terre ed i suoi focolari,
Amen».

[Traduzione dall’originale in Portoghese diffusa dalla Sala Stampa vaticana; © Copyright 2007 - Libreria Editrice Vaticana]



[SM=g1740717] [SM=g1740750]
Benedetto XVI mentre dice il Rosario con i sacerdoti in Brasile

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Spigolando dall’Enciclica "Deus Caritas est"

"…Come una madre consola un figlio"



La Chiesa esorta vivamente i fedeli a mettersi sotto la protezione di Maria affinché siano più intimamente uniti a Gesù Salvatore.


A conclusione dell’Enciclica Deus Caritas est, il Santo Padre Benedetto XVI invita a guardare i Santi: a coloro, cioè, che "hanno esercitato in modo esemplare la carità. I Santi sono i veri portatori di luce all’interno della storia, perché sono uomini e donne di fede, di speranza e di amore. […] Tra i Santi eccelle Maria, Madre del Signore e specchio di ogni santità".

Il Pontefice delinea quindi ed offre una duplice icona di Maria. Ella fu donna di amore nella sua biografia terrena. Donna di amore è oggi nel Cielo, dove con materna bontà si prende cura dei fratelli del Figlio suo, ancora peregrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni.

Ed ecco come il Pontefice esprime i suoi due sguardi contemplativi :

Primo sguardo contemplativo

"Nel Vangelo di Luca noi troviamo Maria impegnata in un servizio di carità alla cugina Elisabetta, presso la quale resta "circa tre mesi"... "L’anima mia rende grande il Signore" - ed esprime con ciò tutto il programma della sua vita: non mettere se stessa al centro, ma fare spazio a Dio incontrato sia nella preghiera che nel servizio al prossimo".

Sì. Maria è una donna che ama. "Come potrebbe essere diversamente"? - si chiede il Pontefice -. In quanto credente che nella fede pensa con i pensieri di Dio e vuole con la volontà di Dio, ella non può essere che una donna che ama. Noi lo intuiamo nei gesti silenziosi, di cui ci riferiscono i racconti evangelici dell’infanzia. Lo vediamo nella delicatezza con la quale a Cana percepisce la necessità in cui versano gli sposi e la presenta a Gesù.


"O clemens, o pia, o dulcis virgo Maria!" – Quadro orientale dell’Ausiliatrice [di Autore ignoto].

Lo vediamo nell’umiltà con cui accetta di essere trascurata nel periodo della vita pubblica di Gesù, sapendo che il Figlio deve fondare una nuova famiglia e che l’ora della Madre arriverà soltanto nel momento della Croce, che sarà la vera ora di Gesù".

Secondo sguardo contemplativo

Assunta alla gloria del Cielo, Maria non si allontana da noi. "Chi va verso Dio non si allontana dagli uomini, ma si rende ad essi realmente vicino". E’ così che "nella Chiesa santa Maria occupa dopo Cristo il posto più alto e il più vicino a noi" [LG 54].

"La parola del Crocifisso al discepolo - a Giovanni, e attraverso di lui a tutti i discepoli di Gesù: "Ecco tua madre" - diventa nel corso delle generazioni sempre nuovamente vera. Maria è diventata, di fatto, Madre di tutti i credenti".

Sono espressioni, queste, che rimandano il pensiero ad una pagina bellissima di Giovanni Paolo II (Ecclesia de Eucharistia, 57): "Nel "memoriale" del Calvario è presente tutto ciò che Cristo ha compiuto nella sua passione e nella sua morte. Pertanto non manca ciò che Cristo ha compiuto verso la Madre a nostro favore. A lei infatti consegna il discepolo prediletto e, in lui, consegna ciascuno di noi: "Ecco tuo figlio!". Ugualmente dice anche a ciascuno di noi: "Ecco tua madre!". Vivere nell’Eucaristia il memoriale della morte di Cristo implica anche ricevere continuamente questo dono.

Significa prendere con noi - sull’esempio di Giovanni - colei che ogni volta ci viene donata come Madre. Significa assumere al tempo stesso l’impegno di conformarci a Cristo, mettendoci alla scuola della Madre e lasciandoci accompagnare da lei".

Da secoli, la Chiesa canta su dolcissime melodie gregoriane la sua illimitata fiducia filiale in Maria: "Salve Regina, madre di misericordia, vita, dolcezza e speranza nostra, salve!". Riconoscendo apertamente e continuamente sperimentando essa stessa l’efficacia del ruolo materno di Maria nell’ordine della grazia, la Chiesa esorta vivamente i fedeli a mettersi sotto la protezione della Vergine Madre perché, sostenuti dal suo materno aiuto, siano più facilmente e più intimamente congiunti con Gesù Mediatore e Salvatore.

Alberto Rum
[Modificato da Caterina63 25/09/2009 16:10]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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15/12/2008 07:36
 
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Postiamo il n.16 che era mancante....per ritornare dopo dal n. 19 in sequenza numerica...

http://www.stpauls.it/madre06/0610md/0610md08.htm 

La mariologia di Benedetto XVI – 16

 
di BRUNO SIMONETTO


La fede mariana della Chiesa

   

Nei dogmi mariani si realizza l’unità del vecchio e del nuovo Popolo di Dio e, più profondamente ancora, il mistero della creazione e dell’Alleanza.
 

Continuiamo l’analisi del libro del futuro Papa Benedetto XVI sulla Madonna: "Die Tochter Zion" [in italiano: La figlia di SionLa devozione a Maria nella Chiesa, Jaca Book, Milano 1979-20064], risultato di tre Conferenze da lui tenute poco prima della sua nomina ad Arcivescovo di Monaco e Frisinga.

Ricordavamo già che, in sintesi, l’intento dell’Autore è quello di mostrare che la devozione a Maria nella Chiesa può avere fondamento e spazio nella Teologia e nella vita spirituale dei Cristiani. Due linee direttive guidano l’opera del teologo Ratzinger: in una prima riflessione [da noi riassunta nella precedente puntata] egli porta il lettore a scoprire una "teologia della donna" nel Vecchio Testamento; in una seconda [nella quale ora ci introduciamo] esamina i principali dogmi mariani, vedendo in essi l’unità del vecchio e del nuovo Popolo di Dio e, più profondamente ancora, il mistero della creazione e dell’Alleanza.

In queste due linee di riflessione teologico-mariologica si riassume il significato più proprio de "la devozione a Maria nella Chiesa": sottotitolo dell’opera che stiamo analizzando.

Come abbiamo visto, l’approccio al tema mariologico, per il grande teologo-esegeta Joseph Ratzinger, non poteva che prendere avvio dalla Sacra Scrittura: da qui la parte prima "introduttiva" del volumetto, dove si identificava come proprio "il luogo biblico della mariologia". Nella parte seconda dell’opera [= "La fede mariana della Chiesa"] si analizzano i dogmi mariani: quello originario della verginità e della maternità divina di Maria, la sua esenzione dal peccato di Adamo e l’assunzione corporale nella gloria celeste.

Sui singoli dogmi seguiremo l’analisi che ne fa Papa Ratzinger; qui intanto ne diamo un quadro d’insieme, quasi un’ouverture di sinfonia che li inquadra nel loro contesto teologico-mariologico.

Sandro Botticelli, Natività mistica – National Gallery, Londra.
Sandro Botticelli, Natività mistica – National Gallery, Londra.

Il fondamento biblico dei dogmi mariani

"Tutto il Nuovo Testamento – riprende Joseph Ratzinger – si fonda nel Vecchio; esso non vuole essere nient’altro che una nuova lettura dell’Antico Testamento alla luce di ciò che è avvenuto in Gesù di Nazareth e per mezzo di lui.

E nella mariologia è stato raggiunto, sotto un certo aspetto, il punto nodale di questo nesso: essa non può essere reperibile se non nell’unità con la teologia profetica del Popolo di Dio considerato come "fidanzata" e se, secondo Luca e Giovanni [i due più grandi scrittori mariani del Nuovo Testamento], in Cristo è presente il fatto nuovo della sua Parola, della sua vita, Passione, Croce e Risurrezione, Maria, con il suo silenzio e la sua fede, impersonifica la continuità che si realizza nei poveri di Jaweh, ai quali sono dirette le Beatitudini: "Beati in poveri in spirito" [Mt 5, 1].

In fondo, le Beatitudini non sono che una variazione della parte centrale e spirituale del Magnificat. "Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili" [Lc 1, 52]: questa parte centrale del Magnificat è il nucleo della teologia biblica del Popolo di Dio. E in questa prospettiva va vista anche la particolare struttura dei dogmi mariani, i quali - se così è - non possono assolutamente essere derivati soltanto da singoli testi del Nuovo Testamento, poiché essi esprimono il grande disegno unitario dei due Testamenti. Del resto, essi possono divenire visibili solamente per chi percepisce quest’unità, all’interno cioè di una prospettiva che comprende ed attua l’interpretazione ‘tipologica’, l’accordo dell’unica storia di Dio nella differenza delle varie storie di eventi esteriori.

[…] Perciò, lo spazio della mariologia, di una sana mariologia, va perso quando si dissolve l’unità tra Antico e Nuovo Testamento. E quest’unità dei Testamenti è insieme il presupposto perché rimangano intatte la dottrina della creazione e la dottrina della grazia. Nell’era moderna, tuttavia, la perdita dell’esegesi ‘tipologica’ [cioè, della connessione tra l’unica storia e le molte storie] ha condotto di fatto alla divisione dei Testamenti e, a causa di un isolamento della dottrina della grazia, ha al tempo stesso minacciato visibilmente anche la dottrina della creazione. Per questo - sia detto per inciso - si vede qui quanto la mariologia sia indice che fa capire se sono posti giustamente o no i pesi sulla bilancia della realtà cristiana".

Non si tratta, quindi, di costruire qui una elaborazione completa, di carattere scientifico, della mariologia, ma soltanto di sottolineare un meditato sviluppo dei fondamentali contenuti della pietà mariana della Chiesa. Non, dunque, una mariologia costruita pezzo dopo pezzo, partendo da singoli elementi scritturistici neotestamentari, ma dai fondamenti biblici complessivi sui quali si fondano i dogmi mariani.

Papa Benedetto XVI a Les Combes (AO), saluta i fedeli durante l'Angelus.
Papa Benedetto XVI a Les Combes (AO), saluta i fedeli durante l'Angelus.

Visione teologica unitaria dei quattro dogmi mariani

1] "Il più antico dogma mariano della Chiesa, il dogma mariano fondamentale, dice: Maria è sempre vergine ["semper virgo": Symbola, DS 10-30; 42/64; 72; 150], e madre; anzi, può essere chiamata "Madre di Dio" ["Theotókos": DS 251, Concilio di Efeso].

I due titoli sono uniti in modo strettissimo: quando la si chiama "Madre di Dio", noi usiamo anzitutto un’espressione dell’unità tra essere-Dio ed essere-uomo in Cristo, unità che è talmente profonda che, per gli avvenimenti umani, qual è la nascita, non si può immaginare un Cristo puramente umano, staccato dall’insieme del suo essere persona. Era stata questa l’argomentazione dei Nestoriani, i quali volevano si ammettesse solamente il titolo di "Madre di Cristo" [= Christotókos], al posto dell’appellativo "Theotókos". Ma in una simile dicotomia della figura di Cristo [nella quale il biologico-umano viene nettamente separato dall’essere divino], si celano concetti antropologici e teologici di grande importanza: dietro la formula "genitrice di Dio" vi è la convinzione che l’unità di questo Cristo sia tale che io non posso in qualche modo astrarre il Cristo puramente corporale, poiché nell’uomo è umano-corporale anche il corporale, come ci conferma la stessa biologia moderna.

[…] Ma se, per quanto concerne l’unità dell’uomo, essa è come la vede la fede dei Concili, allora la maternità di Maria ha profondamente a che fare col mistero dell’Incarnazione in quanto tale, e arriva al cuore del mistero stesso. In tal modo, la tesi cristologica dell’Incarnazione di Dio in Cristo diventa necessariamente mariologica, e in effetti essa lo fu fin dall’inizio. Viceversa, solamente se la cristologia è intesa in modo così radicale da toccare anche Maria e da diventare mariologia, è essa stessa radicale come dev’essere in base alla fede della Chiesa. Sicché il manifestarsi di un senso veramente mariologico è la regola per stabilire se sia veramente presente il contenuto cristologico [della fede].

[Nel Concilio di Efeso] la mariologia fu a difesa della cristologia; ciò non significa, evidentemente, istituire una concorrenza che sminuisce la cristologia, ma solo affermare che essa fonda il completo trionfo di una professione di fede in Cristo che, nella definizione dogmatica della divina maternità di Maria, ha raggiunto il suo pieno rigore.

Maria "Regina mundi" - Statua lignea [sec. XIV] venerata nella Cappella mariana del Duomo di Treviri.
Maria "Regina mundi" – Statua lignea [sec. XIV] venerata nella Cappella mariana del Duomo di Treviri.

La Chiesa credente, conformemente alla testimonianza di Matteo e di Luca, vide realizzata questa peculiarietà di una maternità che impegna tutto l’uomo per Colui che qui nasce, nell’unità di essere-madre e di essere-vergine di Maria; e, contemporaneamente, [si realizza] l’intreccio veterotestamentario di ‘benedetto’ e ‘non benedetto’, di ‘fecondo’ o ‘sterile’: elementi che si fanno conoscere in quest’unità come perenne contenuto di senso [di fede]".

[Vedremo, nella prossima puntata, quali sono i testi biblici che fondano questo "dogma originario" della perpetua verginità e della divina maternità di Maria].

2] "Dalla medesima radice della teologia del Popolo di Dio e dal suo compimento nella nuova maternità di Maria cresce un po’ alla volta la certezza la Santa Vergine sia esente da peccato, come espressione della sua particolare elezione ["immaculata conceptio", DS 2800-2804]".

Sono solo queste poche parole che l’Arcivescovo Joseph Ratzinger spende per introdurre l’analisi di questo dogma. Ma [nel seguito del discorso] il tema si allargherà tanto da concludere che "la dottrina dell’Immacolata alla fine è espressione della certezza della fede che esiste realmente la "Chiesa santa", come persona e in persona. In questo senso essa è espressione della certezza di salvezza della Chiesa. Di tale certezza partecipa la conoscenza che l’Alleanza di Dio in Israele non è fallita, ma è diventata il pollone dal quale è sbocciato il fiore di Cristo Redentore […]".

Lodi della Madre di Dio con Inno "Acathistos" - Icona del XVI sec., Mosca [Museo Russo di San Pietroburgo].
Lodi della Madre di Dio con Inno "Acathistos" – Icona del XVI sec., Mosca [Museo Russo di San Pietroburgo].

3] "La fede nell’esenzione di Maria da ogni peccato genera, a sua volta, la convinzione della sua partecipazione al destino di Risurrezione del Figlio ed alla sua vittoria sulla morte" ["assumpta est Maria in Coelum", DS 3900-3904].

Anche questo ultimo dogma mariano viene così semplicemente qui presentato. Ma per spiegare diffusamente in seguito questo dogma ricorrerà, fra l’altro, alla teologia battesimale elaborata da San Paolo che afferma: "Dio con Gesù Cristo ha risuscitato anche noi e ci ha fatti sedere nei cieli, in Cristo Gesù" [Ef 2, 6]. "Questo significa - rispondeva il Card. Ratzinger al giornalista tedesco Peter Seewald che lo intervistava sui principali temi della nostra fede - che, in quanto battezzati, il nostro futuro è già tracciato.

Secondo il dogma dell’Assunzione di Maria al Cielo si adempie, dunque, pienamente in Maria ciò che il Battesimo opera in tutti noi: il dimorare ["sedere"] con Dio "nei cieli" [perché Dio è nei Cieli!]. Il Battesimo [cioè, l’unione a Cristo] dispiega in Maria la sua massima efficacia. In noi l’unione a Cristo, la risurrezione, è una condizione ancora incompiuta e imperfetta. Non così per lei, cui non manca più nulla, poiché è già entrata nella piena comunione con Cristo. E di questa comunione è partecipe anche una nuova corporeità, per noi inimmaginabile. In breve, il portato essenziale i questo dogma è la pienezza dell’unione di Maria a Dio, a Cristo, la pienezza del suo essere ‘cristiana’".

Questi sono, intanto, approfondimenti davvero grandiosi della teologia-mariologia di Papa Ratzinger sulla fede mariana della Chiesa.

Bruno Simonetto



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La mariologia di Benedetto XVI – 19

 
di BRUNO SIMONETTO


L’esenzione di Maria
dal peccato di Adamo – 1

   

Nel dogma dell’Immacolata Concezione Maria viene presentata come l’inizio e la concretezza personale della Chiesa, secondo un’ecclesiologia sviluppata tipologicamente.
 

Continuando a rivisitare l’esposizione che nel libro La figlia di Sion. La devozione a Maria nella Chiesa (Jaca Book, Milano 1979, 20064; originale tedesco Die Tochter Zion, Johannes Verlag, Einsiedeln 1977) il futuro Papa Benedetto XVI fa dei dogmi mariani, esaminiamo questa volta il dogma dell’esenzione di Maria Vergine dal peccato di Adamo.

Va peraltro posta una premessa, chiarendo che la trattazione dell’argomento del dogma dell’Immacolata da parte del cardinale Joseph Ratzinger è piuttosto una difesa del suo fondamento teologico-biblico che un’esposizione del dogma stesso, del quale del resto già abbiamo scritto nel numero di Madre di Dio dello scorso giugno 2006, citando la risposta dell’illustre teologo alla domanda del giornalista tedesco Peter Seewald che gli chiedeva «cosa si può dire del dogma dell’Immacolata Concezione di Maria?» (cfr. Dio e il mondo, San Paolo, 2001, pp. 276-277, originale tedesco Gott und die Welt).

Spiegando la dottrina della Chiesa sul dogma dell’Immacolato Concepimento della Vergine Maria, legato al tema del peccato originale, Joseph Ratzinger diceva: «Lo sfondo di questo dogma è costituito dalla dottrina del peccato originale, secondo cui ogni uomo ha alle spalle un contesto di peccato (che abbiamo chiamato "distorsione relazionale") ed è quindi affetto fin dall’inizio da una distorsione nel suo rapporto con Dio. Gradualmente nel cristianesimo si è affermata la convinzione per cui colei che, fin dall’inizio, è destinata ad essere la "porta di Dio", che è stata consacrata a lui in maniera tanto particolare, non fosse riconducibile a questo contesto.

L'Immacolata Concezione, olio su tela di Martino Altomonte, 1719, Lubiana, Galleria nazionale della Slovenia.
L’Immacolata Concezione, olio su tela di Martino Altomonte, 1719, Lubiana, Galleria nazionale della Slovenia.

«Nel Medio Evo è sorta a questo proposito una forte controversia. Da una parte stavano i Domenicani che affermavano che Maria è una persona come le altre, e che quindi è intaccata dal peccato originale. Dall’altra parte stavano i Francescani che sostenevano la posizione opposta. Nel corso di questa lunga disputa si è lentamente formata la convinzione che l’appartenenza di Maria a Cristo prevalesse sull’appartenenza ad Adamo e che inoltre la sua consacrazione a Cristo fin dalla notte dei tempi (perché Dio precede ognuno di noi, e i pensieri di Dio ci plasmano fin dall’inizio) fosse l’elemento caratterizzante della sua esistenza.

«Maria non è concepibile all’interno del contesto creato dal peccato originale perché con lei ha inizio una nuova storia: la sua relazione con Dio non è distorta, fin dall’inizio gode dello sguardo benevolo di Dio che "ha guardato l’umiltà della sua serva" (Magnificat) e le ha consentito di sollevare a sua volta lo sguardo fino a lui.

«Non solo; ma la sua appartenenza a Cristo, così specifica, comporta anche la grazia di cui è ricolma. Le parole dell’angelo: "piena di grazia", che inizialmente ci sembrano così semplici, possono essere interpretate fino ad abbracciare l’intero arco temporale della sua esistenza. E, in ultima analisi, non esprimono un privilegio riservato a Maria, ma una speranza che ci riguarda tutti» (Dio e il mondo, pp. 276-277).

Risposta a due obiezioni al dogma dell’Immacolata Concezione

Nel capitolo "L’esenzione dal peccato di Adamo" (La figlia di Sion, pp. 59ss.) il teologo-mariologo Ratzinger intende piuttosto rispondere alle due obiezioni che si muovono al dogma dell’Immacolata:

1 «La prima dice: la preservazione dal peccato originale (se c’è) è un fatto. Non si possono però desumere dei fatti mediante speculazioni; li si può conoscere solamente per comunicazione (rivelazione). Ma non esiste una simile comunicazione relativa a Maria, poiché in tutto il primo millennio non se ne sa nulla. Di conseguenza, la dottrina che ciò nonostante viene proposta può essere solamente un eccesso della speculazione».

Edicola sacra raffigurante l'Immacolata Concezione, in via dei Cappellari a Roma.
Edicola sacra raffigurante l’Immacolata Concezione, in via dei Cappellari a Roma.

2 «L’altra obiezione sostiene che con una siffatta affermazione verrebbe negata l’universalità della grazia. La disputa della teologia medioevale si muove attorno a questo problema; la teologia della Riforma le ha conferito una forma ancora più fondamentale, quando ha determinato l’essenza della grazia come giustificazione del peccatore. Può bastare, in questa sede, rimandare al rappresentante sicuramente più impressionante della fede dei riformatori, Karl Barth, il quale – in una teologia che vorrebbe attribuire a Maria una certa qual autonomia nella storia della salvezza – vede il tentativo di "illustrare e fondare solo in un secondo momento, a partire dall’uomo, dalla sua recettività" il prodigio della rivelazione» (cfr. K. Barth, Kirchliche Dogmatik, I/2, p. 158s., nota).

Perciò, per Barth «l’accettazione di Maria può significare solamente che per lei, "malgrado i peccati dei quali […] è colpevole, viene accettata come colei che concepisce il Dio eterno" (cfr. Kirchliche Dogmatik, I/2, p. 214). Barth si trova qui sulla linea di Lutero della rigida contrapposizione tra legge e vangelo: tra Dio e l’uomo non vi è alcuna corrispondenza (analogia), ma solamente opposizione (dialettica). Là dove l’agire di Dio viene presentato sulla base della corrispondenza, sembra che sia negata la grazia pura, la giustificazione senza meriti».

Ratzinger si chiede poi se tutto questo sia giusto; e per rispondere alle argomentazioni di Barth si rifà al domenicano B. Langenmeyer il quale, «facendo riferimento al Concilio Vaticano II, ha di nuovo sottolineato con decisione la tipologia (si potrebbe tradurre: la dottrina della corrispondenza) che congiunge Antico e Nuovo Testamento nell’unità interiore di promessa e di compimento» (cfr. B. Langenmeyer, "Konziliare Mariologie und biblische Typologie…" in Catholica 2 1 , 1967, 295-316).

L’argomentazione che Ratzinger riprende da Langenmeyer e sviluppa è la seguente: «La tipologia, in quanto forma di interpretazione, comprende analogia, somiglianza nella dissomiglianza, unità nella separazione. Ora, già le considerazioni che abbiamo svolto sino a questo punto si sono basate su questa visione, sull’affermazione della profonda unità esistente tra i due Testamenti. Esse si rendono chiare ora nel riferimento al fatto concreto. Così – continua Ratzinger – per il nostro problema Langenmeyer fa presente che alla severa predicazione dei profeti (nella quale vi è il momento della discontinuità) appartiene sostanzialmente anche il riferimento al resto santo di Israele, quel resto che sarà salvato: un pensiero questo che Paolo riprende esplicitamente in Rm 11, 6, vedendolo adempiuto nell’Israele cristiano. Resto santo; ciò vuol dire che la continuità non sta solamente nella volontà divina, mentre nella storia vi sarebbero solamente rottura ed opposizione, ma che vi è continuità anche dentro la storia: la Parola di Dio non resta parola vuota».

La festa dell'Immacolata a Roma: un vigile del fuoco pone una corona di fiori come omaggio alla statua della Madonna in piazza di Spagna (dicembre 2006).
La festa dell’Immacolata a Roma: un vigile del fuoco pone una corona di fiori come omaggio
alla statua della Madonna in piazza di Spagna (dicembre 2006).

Maria, "risposta" alla Parola di Dio

Nel seguito della pagina riportata da La figlia di Sion vengono citati, in sequenza, tre passi dall’articolo di Langenmeyer:

a) «Il parlare di un resto che ha resistito, di una "radice santa", sarebbe assurdo se l’antica alleanza avesse condotto solamente alla caduta e al peccato. Allora ci sarebbe solamente un inizio nuovo» (p. 304).

b) «L’agire di Dio non cade solo verticalmente sulla storia già trasformatasi per il suo stesso agire. La fede non cade dal cielo. Essa viene accolta, in incontro orizzontale-storico, come sgorgante dalla testimonianza di fede» (p. 313).

c) «In Maria, la discendenza fisica del popolo eletto è arrivata completamente a termine insieme alla fede nella promessa fatta a questo popolo. E con questo – non per opera umana, ma per la grazia dell’alleanza che governa la storia – si è realizzato alla fine anche quel senso di salvezza che doveva spettare, secondo il piano salvifico di Dio, all’antica alleanza: accogliere, cioè, fisicamente e spiritualmente quel regno escatologico di Dio che Dio voleva far giungere, per mezzo di Israele, a tutti i popoli della terra» (p. 314, cfr. La figlia di Sion, p. 61-62).

Tali argomentazioni vengono quindi "magistralmente" applicate al dogma dell’Immacolata Concezione di Maria.

«Resto santo, in quanto espressione strutturale – ripete Ratzinger – significa che la Parola di Dio porta realmente frutto, che Dio non è l’unico attore della storia, la quale sarebbe così solo un monologo di Dio, ma significa che egli trova una risposta che è veramente risposta. Maria, come resto santo, esprime il fatto che in lei antica e nuova alleanza sono realmente una sola cosa. Ella è interamente giudea, interamente figlia d’Israele, dell’antica alleanza; e, proprio per questo, figlia dell’alleanza in generale, interamente cristiana: madre della Parola. Perciò, per il fatto che ella è la nuova alleanza nell’antica alleanza; anzi, come antica alleanza, come Israele, non c’è alcuna comprensione della sua persona e della sua missione là dove si spezzano Antico e Nuovo Testamento».

Immacolata Concezione, olio su tavola di ignoto ligure, XVI secolo, conservato nella Pinacoteca civica di Savona.
Immacolata Concezione, olio su tavola di ignoto ligure, XVI secolo, conservato nella Pinacoteca civica di Savona.

Poiché Maria «è interamente risposta, corrispondenza, non vi è nessuna possibilità di comprenderla là dove la grazia può esser vista solamente come opposizione; vale a dire: là dove una risposta, una reale risposta della creatura, appare come negazione della grazia. Infatti, una parola che non arriva mai, una grazia che resta solamente nel progetto di Dio e non si fa risposta ad esso, non sarebbe grazia, ma vuoto gioco.

«Ciò che, a partire da Eva, viene descritto come la natura della donna: il fatto di essere "persona di fronte" che è tutta nel "derivare dall’altro" e che è, tuttavia, "la persona che questi ha di fronte", ottiene qui il suo significato più alto: pura derivazione da Dio e, al tempo stesso, il più concreto essere di fronte nell’essere proprio della creatura che è diventata risposta» (p. 63).

Si comprende bene da quest’analisi (che completeremo in una seconda puntata, nel numero di aprile) che a papa Benedetto XVI interessa particolarmente mettere in evidenza il fatto che «il dogma dell’Immacolata applica a Maria le affermazioni che appartengono anzitutto all’antitetica vecchio-nuovo Israele e se esse sono, in questo senso, un’ecclesiologia sviluppata tipologicamente, ciò significa di conseguenza che Maria viene presentata come l’inizio e la concretezza personale della Chiesa» (La figlia di Sion, p. 65).



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La mariologia di Benedetto XVI – 20

 
di BRUNO SIMONETTO


L’esenzione di Maria
dal peccato di Adamo – 2

   

Il discorso mariologico dell’Immacolata Concezione di Maria si lega alla visione ecclesiologica del nuovo Israele, ecclesia immaculata – Significato teologico dell’espressione «preservata dal peccato originale».
 

Continuiamo a visitare l’esposizione che nel libro La figlia di Sion – La devozione a Maria nella Chiesa, Jaca Book, Milano 1979 (20064) il futuro papa Benedetto XVI fa dei dogmi mariani, seguitando a esaminare in questa seconda parte – dopo quanto abbiamo scritto nel numero del marzo scorso – il dogma dell’esenzione di Maria Vergine dal peccato di Adamo.

L’esenzione dal peccato originale è conosciuta tipologicamente

Concludevamo nella precedente puntata il discorso su Maria, "risposta" alla Parola di Dio, affermando che si comprendeva bene dall’analisi fatta che a Benedetto XVI interessa particolarmente mettere in evidenza che «il dogma dell’Immacolata applica a Maria le affermazioni che appartengono anzitutto all’antitetica Vecchio-Nuovo Israele; e poiché esse sono, in questo senso, un’ecclesiologia sviluppata tipologicamente, ciò significa di conseguenza che Maria viene presentata come l’inizio e la concretezza personale della Chiesa» (pag. 65).

La cacciata di Adamo ed Eva, secolo XIV, codice De Predis, Biblioteca Reale di Torino.
La cacciata di Adamo ed Eva, secolo XIV, codice De Predis, Biblioteca Reale di Torino.

Ma prima di arrivare a questa conclusione, rileggiamo alcuni passaggi precedentemente esposti nei "chiarimenti" del teologo Ratzinger, dove si afferma che «rimane però aperta la questione del "fatto" del peccato originale; ed essa chiede nuovamente una risposta: benissimo, dal punto di vista concettuale può essere questa una risposta ragionevole – si obietta ora –, ma chi ci autorizza ad asserire come dato di fatto che Maria è proprio questo "resto santo"? Non viene forse desunto dal principio un fatto che non può derivare solamente da esso? Al riguardo ci sarebbe anzitutto da osservare che il concetto di fatto, riferito al peccato originale, non è comunque applicabile nella sua crudezza positivistica. Infatti, lo stesso peccato originale non è un fatto nel senso positivistico, constatabile come, ad esempio, lo è il fatto che Goethe è nato il 28 agosto 1749. Il peccato originale è un "fatto", una realtà d’altro tipo, di modo che di esso si può sapere e si sa soltanto partendo dalla tipologia: il testo basilare di Rm 5 (sulle conseguenze del peccato di Adamo e su Adamo figura di Cristo) è una interpretazione tipologica dell’Antico Testamento. Il peccato originale si riconobbe solamente nel tipo di Adamo e nel suo ricorrere nelle svolte della storia. La sua affermazione si basa perciò sull’identificazione tipologica di ogni singolo uomo con l’uomo in genere, con la media-uomo, con l’uomo a partire fin dalle sue origini. Il peccato originale, fin dall’inizio, non è stato trasmesso (e, da quel momento, tramandato) come fatto, ma attraverso un’interpretazione tipologica della Scrittura; è stato quindi conosciuto per via teologica (concettuale).

«Avere disconosciuto ciò fu probabilmente l’errore principale della dottrina neo-scolastica del peccato originale; nel momento in cui quest’errore era commesso, in misura maggiore o minore, esso, in connessione con la totale mancanza di comprensione di un’identificazione tipologica, condusse alla contestazione del peccato originale, ossia all’impossibilità di potervi pensare e di poterne parlare. Se questa è la situazione, è chiaro che anche una libertà dal peccato originale non può essere tramandata come un fatto, ma essa viene conosciuta tipologicamente: non c’è altro modo» (pp. 63-64).

Adamo ed Eva con il serpente; in primo piano Gesù Cristo redentore, dipinto di Nino e Silvio Gregori tratto da La divina commedia - Paradiso, Famiglia Cristiana 1992.
Adamo ed Eva con il serpente; in primo piano Gesù Cristo redentore, dipinto di Nino e Silvio Gregori
tratto da La divina commedia - Paradiso, Famiglia Cristiana 1992.

La dottrina dell’Immacolata anticipata come ecclesiologia

È davvero entusiasmante che Ratzinger leghi, per così dire, il discorso mariologico dell’Immacolata concezione di Maria alla visione ecclesiologica del nuovo Israele, Ecclesia immaculata.

Egli afferma categoricamente: «Se si cerca un’identificazione tipologica che fonda la libertà di Maria dal peccato originale, non c’è bisogno di cercare a lungo. La lettera agli Efesini descrive il nuovo Israele, la sposa, con le espressioni "santa", " immacolata", "tutta gloriosa", "senza macchia né ruga o alcunché di simile" (Ef 5, 27). Nella teologia patristica quest’immagine dell’Ecclesia immaculata è stata ulteriormente sviluppata in testi di innodica bellezza (cf K. Rahner, Maria und die Kirche, Innsbruck 1951; A. Müller, Ecclesia-Maria, Fribourg 19552).

«Ciò vuol dire che, fin dall’inizio, esiste nella Scrittura e soprattutto nei Padri una dottrina dell’Immacolata, come dottrina però dell’Ecclesia immaculata; la dottrina dell’Immacolata, al pari di tutta la mariologia successiva, è qui anticipata in primo luogo come ecclesiologia. L’immagine della Chiesa vergine-madre è stata riferita a Maria secondariamente, non viceversa. […] Ciò significa conseguentemente che Maria viene presentata come l’inizio e la concretezza personale della Chiesa» (pp. 64-65).

La cacciata di Adamo ed Eva, secolo XIV, codice De Predis, Biblioteca Reale di Torino.
La cacciata di Adamo ed Eva, secolo XIV, codice De Predis, Biblioteca Reale di Torino.

Dunque, il tipo di cui parla l’ecclesiologia del Nuovo Testamento e dei padri della Chiesa esiste in Maria come persona.

«Ma chi ci autorizza», si chiede poi Ratzinger, «a personalizzare il tipo in Maria e non diversamente?». Citando, fra l’altro, studi di R. Laurentin (Court traité de théologie mariale, Paris 1953) e di Hans Urs von Balthasar ("Wer ist die Kirche?" in Sponsa Verbi, Einsiedeln 1954), Ratzinger risponde che «l’identificazione tipologica tra Maria e Israele, la presenza del tipo nella persona, è stata chiaramente attuata in Luca (e, in maniera diversa, in Giovanni)». E aggiunge: «Nella struttura della teologia biblica essa non è meno presente dell’interpretazione sistematica del tipo Adamo-Cristo nella dottrina del peccato originale. Grazie alla parificazione lucana della vera figlia di Sion con la Vergine che ascolta e crede, quell’identificazione è quindi presentata in forma completa nel Nuovo Testamento» (La figlia di Sion, pp. 65-66).

Cosa significa «preservata dal peccato originale»?

Infine, come addentrandosi nel cuore del dogma dell’Immacolata, il teologo si chiede che cosa significhi propriamente l’espressione «preservata dal peccato originale».

E, di sicuro per ovviare a superficiali spiegazioni correnti del peccato di origine, specifica che con l’affermazione dell’esenzione di Maria dal peccato originale è stata troncata ogni visione di tipo naturalistico di questo: «Da qui in poi, si dovrà dire che il peccato originale non è un’affermazione riguardante una mancanza naturale nell’uomo o riferita all’uomo stesso, ma un’affermazione di relazione, la quale è ragionevolmente formulabile soltanto nel contesto di relazione Dio-uomo» (La figlia di Sion, pp. 66-67).

L'Immacolata Concezione, dipinto Zurbarán, Budapest, Museum of fine arts.
L’Immacolata Concezione, dipinto Zurbarán, Budapest, Museum of fine arts

Il che significa che il peccato originale consiste nella spaccatura tra quello che l’uomo è a partire da Dio e ciò che è in se stesso, nell’opposizione tra il volere del Creatore e l’essere empirico-esistenziale dell’uomo. Allora – è la logica conclusione di Ratzinger – proclamare l’esenzione di Maria dal peccato originale è affermazione equivalente al fatto che in lei non c’è opposizione tra l’essere di Dio e l’esistenza (o il non-essere creaturale) dell’uomo, ma piuttosto c’è un intrecciarsi del di Dio con il della Vergine-Madre: «Preservazione dal peccato originale non significa quindi una particolare capacità; essa, al contrario, significa che Maria non riserva come per sé nessun settore dell’essere, della vita, della volontà, ma si appropria veramente di se stessa nella totale espropriazione per Dio: la grazia, in quanto espropriazione, diviene risposta che assume la forma di un trasferimento. Pertanto, partendo da un altro punto di vista, qui si rendono comprensibili il mistero della fertilità sterile, il paradosso delle madri sterili, il mistero della verginità: espropriazione come appropriazione, come sede della nuova vita.

«Perciò», è la conclusione originale e assolutamente rigorosa del teologo Joseph Ratzinger, «la dottrina dell’Immacolata alla fine è espressione della certezza della fede che esiste realmente la Chiesa santa, come persona e in persona. In questo senso, essa è espressione della certezza di salvezza della Chiesa. Di tale certezza partecipa la conoscenza che l’alleanza di Dio in Israele non è fallita, ma è diventata il pollone dal quale è sbocciato il fiore, il Redentore.

«La dottrina dell’Immacolata testimonia quindi che la grazia di Dio è stata sufficientemente potente da suscitare una risposta; testimonia che grazia e libertà, grazia ed essere se stessi, rinuncia e compimento si contraddicono solamente in apparenza, mentre in verità una condiziona e procura l’altra» (p. 67).

L'Immacolata Concezione, dipinto di Rubens, Madrid, Museo del Prado.
L’Immacolata Concezione, dipinto di Rubens, Madrid, Museo del Prado
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Si chiarisce così ancora meglio la trattazione del dogma dell’Immacolata che fa qui il cardinale Joseph Ratzinger, legandolo al tema del peccato originale, come si evinceva già dalla risposta dell’illustre teologo alla domanda del giornalista tedesco Peter Seewald che gli chiedeva «cosa si può dire del dogma dell’Immacolata Concezione di Maria» (Dio e il mondo, Edizioni San Paolo 2001, pp. 276-277): «Lo sfondo di questo dogma è costituito dalla dottrina del peccato originale, secondo cui ogni uomo ha alle spalle un contesto di peccato (che abbiamo chiamato "distorsione relazionale") ed è quindi affetto fin dall’inizio da una distorsione nel suo rapporto con Dio. Gradualmente nel cristianesimo si è affermata la convinzione per cui Colei che, fin dall’inizio, è destinata ad essere la "porta di Dio", che è stata consacrata a lui in maniera tanto particolare, non fosse riconducibile a questo contesto.

«[…] Nel corso di una lunga disputa teologica si è lentamente formata la convinzione che l’appartenenza di Maria a Cristo prevalesse sull’appartenenza ad Adamo e che inoltre la sua consacrazione a Cristo fin dalla notte dei tempi (perché Dio precede ognuno di noi, e i pensieri di Dio ci plasmano fin dall’inizio) fosse l’elemento caratterizzante della sua esistenza.

«Maria non è concepibile all’interno del contesto creato dal peccato originale perché con lei ha inizio una nuova storia: la sua relazione con Dio non è distorta, fin dall’inizio gode dello sguardo benevolo di Dio che "ha guardato l’umiltà della sua serva" (Magnificat) e le ha consentito di sollevare a sua volta lo sguardo fino a lui.

«Non solo; ma la sua appartenenza a Cristo, così specifica, comporta anche la grazia di cui è ricolma. Le parole dell’angelo: "piena di grazia", che inizialmente ci paiono così semplici, possono essere interpretate fino ad abbracciare l’intero arco temporale della sua esistenza».











[Modificato da Caterina63 25/09/2009 16:14]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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15/12/2008 07:41
 
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La mariologia di Benedetto XVI – 21

 
di BRUNO SIMONETTO


L’Assunzione
di Maria al cielo
   

Il contenuto dogmatico dell’Assunta viene spiegato da Joseph Ratzinger come espressione del supremo culto della Chiesa a Maria, vista nella pienezza escatologica della sua unione con Dio.
 

L'ultimo dogma mariano, l’Assunzione di Maria al cielo "in anima e corpo", viene presentato dal futuro papa Benedetto XVI ne La figlia di Sion. La devozione a Maria nella Chiesa (Jaca Book, Milano 1979, pp. 69-79), in termini tanto originali quanto teologicamente profondi.

Come premessa al discorso che qui riassumiamo, vale la pena riportare in sintesi la risposta data dall’allora cardinale Ratzinger a Peter Seewald che lo intervistava sul dogma in questione: «Volendo esser provocatori», chiedeva il giornalista tedesco, «che cosa significa il dogma dell’Assunzione corporea di Maria in cielo? È stato definito molto tardi, nel 1950. Stranamente, fin dall’inizio non esistevano né un sepolcro né reliquie (corporee) di Maria».

«Questo dogma», rispondeva cauto il cardinale Ratzinger, «ci risulta particolarmente difficile da comprendere e accettare, perché non riusciamo a immaginarci cosa si possa intendere in questo caso per "cielo", e come un corpo possa essere "assunto in cielo". Questo dogma rappresenta quindi una grande sfida alla nostra capacità di comprendere che cosa siano il cielo, il corpo, l’uomo, e quale possa essere il futuro di questi».

Assunzione di Nicolas Poussin (1594-1665).
Assunzione di Nicolas Poussin (1594-1665).

«E lei personalmente», insisteva Peter Seewald, «come risolve questa sfida?».

«Mi soccorre in questo caso la teologia battesimale elaborata da san Paolo che dice: "Dio con Gesù Cristo ha risuscitato anche noi e ci ha fatti sedere nei cieli, in Cristo Gesù" (Ef 2, 6). Questo significa che, in quanto battezzati, il nostro futuro è già tracciato.

«Secondo il dogma, dunque, si adempie pienamente in Maria ciò che il battesimo opera in tutti noi: il dimorare ("sedere") con Dio "nei cieli" (perché Dio è i cieli!). Il battesimo (cioè l’unione a Cristo) dispiega in Maria la sua massima efficacia. In noi l’unione a Cristo, la risurrezione, è una condizione ancora incompiuta e imperfetta. Non così per lei, cui non manca più nulla, poiché è già entrata nella piena comunione con Cristo. E di questa comunione è partecipe anche una nuova corporeità, per noi inimmaginabile. In breve, il portato essenziale di questo dogma è la pienezza dell’unione di Maria a Dio, a Cristo, la pienezza del suo essere "cristiana"» (Dio e il mondo, San Paolo, 2001, p. 277). Su questo parametro di comprensione del dogma cerchiamo di addentrarci nella spiegazione che ne dà Benedetto XVI.

Il dogma dell’Assunta, esaltazione suprema di Maria

Il testo della bolla dogmatica (di Pio XII) del 1950 – spiega Ratzinger – ha tenuto conto della differenza tra risurrezione di Gesù Cristo (fatto storico concreto) e ciò che avvenne in Maria, con la sua "assunzione, in corpo e anima, alla gloria celeste". Ciò significa intanto che «il testo dogmatico non definisce quest’articolo di fede come un’affermazione storica, ma teologica» (p. 70).

Questo afferma Ratzinger per sgombrare il campo dall’obiezione di quanti (il teologo B. Altaner in particolare) ricordavano, nelle discussioni che hanno preceduto la proclamazione dogmatica da parte di Pio XII, che nelle fonti patristiche e teologiche non si comincia a parlare di "assunzione" prima del secolo VI.

«Ma», si chiede Ratzinger, «cosa vuol dire questo? Per spiegarlo bisognerebbe cominciare a parlare della storia dell’evoluzione del dogma ed anche dei fattori che lo hanno determinato nella sua formazione. Si scoprirebbe allora che la forza motrice decisiva per quest’affermazione [dogmatica] fu il culto di Maria; che il dogma, per così dire, ha la sua origine, la sua forza motrice e anche il suo obiettivo non tanto nel contenuto di una proposizione, quanto piuttosto nell’atto dell’omaggio, dell’esaltazione». (p. 70. L’autore rimanda all’ampio materiale in proposito in R. Laurentin, La question mariale, Paris 1963).

Assunzione di Philippe de Champaigne (1602-1674).
Assunzione di Philippe de Champaigne (1602-1674).

«Lo si riscontra», osserva, «anche nel testo della proclamazione dogmatica, quando vi si dice che il dogma è proclamato "ad onore del Figlio, a glorificazione della Madre e a gioia di tutta la Chiesa" (Denzinger-Schönmetzer 3903). Questo dogma voleva essere un atto di culto, la forma più alta della lode a Maria, dell’esaltazione [...]. Ciò distingue, in certo senso, i due ultimi dogmi mariani dalle precedenti forme nelle quali si è configurata la fede della Chiesa, sebbene il carattere dossologico in esse vi fosse sempre, in maniera più o meno accentuata» (pp. 70-71).

Ed ecco, allora, la spiegazione del contenuto stesso del dogma dell’Assunzione di Maria: «L’affermazione di contenuto che nel dogma viene fatta è completamente ordinata al culto; ma, viceversa, il culto si serve di questo contenuto e trova qui la sua ragione più forte: il culto si riferisce a colei che vive, a colei che è a casa, che è realmente arrivata al di là della morte, alla meta. Possiamo anche dire: la formula dell’Assunta rende esplicito ciò che è il presupposto interno del culto. Ma ogni culto che avviene sotto il predicato sanctus presuppone la vita col Signore; esso ha senso solamente quando chi è venerato vive ed è giunto alla meta. Si potrebbe dire perciò che il dogma dell’Assunta è semplicemente il grado supremo della canonizzazione nella quale il titolo "santo" viene attribuito nel senso più stretto, volendo significare cioè: interamente e totalmente nel compimento escatologico.

«Con ciò si dischiude ormai il contesto biblico fondamentale, che garantisce tutta l’affermazione (dogmatica). Noi possiamo cioè asserire che il dogma dell’Assunta non fa che descrivere nel suo contenuto ciò che è stato nel suo interno presupposto ed affermato nel grado supremo del culto. Nel medesimo tempo ci si può e ci si deve allora ricordare che il vangelo di Luca stesso profetizza ed esige il culto di Maria: "D’ora in poi, tutte le generazioni mi chiameranno beata" (Lc 1, 48)» (pp. 71-72).

Sulla base di questa intuizione, Ratzinger rileva ancora che «la registrazione di Luca presuppone che la glorificazione di Maria già esistesse nella Chiesa del suo tempo e che egli la ritiene un dovere della Chiesa per tutte le generazioni, vedendo incominciare questa lode di Maria con il saluto di Elisabetta: "Beata colei che ha creduto…" (Lc 1, 45)».

E segue un ulteriore passo del teologo: «In questa primissima forma di culto a Maria si riflette nuovamente l’unità dei Testamenti, caratteristica di tutto il tema mariano: il Dio d’Israele viene chiamato tramite uomini ai quali egli si è dimostrato grande, nella vita dei quali egli si rende visibile e presente. Essi sono, per così dire, il suo nome nella storia; e grazie a loro egli stesso ha un nome, per loro ed in loro egli diventa accessibile. Si chiama il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe; chiamarlo significa chiamare i padri, così come, viceversa, chiamare i padri significa ricordarsi di lui e riconoscerlo. Non invocare gli uomini, nei quali egli stesso si rende visibile, è ingratitudine, smemoratezza: per la fede d’Israele, però, è anche caratteristico che essa abbia memoria e sia memoria» (p. 72).

Assunzione, miniatura armena, XIV secolo.


Assunzione, miniatura armena, XIV secolo.

Significato del dogma: l’unione escatologica di Maria con Dio

Da qui la conclusione mariologica che ricava il futuro papa Benedetto XVI: «La glorificazione di Maria si congiunge all’idea di Dio che collega i padri col nome di Dio e sa che nella glorificazione dei padri c’è l’esaltazione di Dio» (p. 72). E spiega, in riferimento al testo in cui Marco («…il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe non è un Dio dei morti ma dei viventi!», Mc 12, 18-27) mette in relazione il tema di Dio Padre con il tema della risurrezione: «[Gesù] dimostra la risurrezione non sulla base di singoli testi della precedente letteratura profetica o apocalittica, ma sulla base del concetto stesso di Dio, "Dio dei viventi". [...] Sicché, la risurrezione dimostra che i "viventi" appartengono al nome di Dio stesso; e il diritto al culto comporta in sé la certezza della vittoria sulla morte, l’affermazione della risurrezione» (p. 73).

Accenniamo soltanto a un’obiezione che Ratzinger immagina possa essere fatta alla sua discussione teologica, rimandando l’approfondimento a una riflessione successiva.

«Si potrebbe dire: vittoria sulla morte, sì; ma perché (in Maria) nella forma suprema, definitiva ed escatologica come intende la formula dogmatica corpore et anima (che di fatto, "in tedesco" si può tentare di rendere semplicemente con il termine "escatologico")? Qui», continua Ratzinger, «si potrebbe rispondere chiarissimamente: ciò è lecito per il semplice fatto che il nome Maria sta al posto della Chiesa stessa, della sua definitiva condizione di salvezza» (pp. 73-74).

Torniamo così all’affermazione iniziale sopra riportata del cardinale Ratzinger in risposta al giornalista Peter Seewald nell’intervista sul significato del dogma dell’Assunzione corporea di Maria in cielo: «Si adempie pienamente in Maria ciò che il battesimo opera in tutti noi: il dimorare ("sedere") con Dio "nei cieli" [...]. Il battesimo (cioè, l’unione a Cristo) dispiega in Maria la sua massima efficacia. In noi l’unione a Cristo, la risurrezione, è una condizione ancora incompiuta e imperfetta. Non così per lei, cui non manca più nulla, poiché è già entrata nella piena comunione con Cristo. E di questa comunione è partecipe anche una nuova corporeità, per noi inimmaginabile. In breve, il portato essenziale di questo dogma è la pienezza dell’unione di Maria a Dio, a Cristo, la pienezza del suo essere "cristiana"» (p. 277).




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La mariologia di Benedetto XVI – 22

 
di BRUNO SIMONETTO


L’Assunzione di Maria al cielo
   

Nel dogma dell’Assunta si esprime il senso escatologico dell’immortalità dell’uomo e la realizzazione della pienezza del nostro battesimo.
 

Concludiamo la riflessione sull’ultimo dogma mariano, l’Assunzione di Maria al Cielo in anima e corpo, a partire dalla presentazione teologica che ne fa Joseph Ratzinger, attualmente papa Benedetto XVI, ne La figlia di Sion. La devozione a Maria nella Chiesa, Jaca Book, Milano 1979.

A quanto detto in precedenza sul contenuto dogmatico dell’Assunta, che per Ratzinger è espressione del supremo culto della Chiesa a Maria, vista nella pienezza escatologica della sua unione con Dio, aggiungiamo ora le altre argomentazioni teologiche del Papa.

Il significato escatologico dell’immortalità dell’uomo

«Maria [assunta in cielo] sta al posto della Chiesa stessa, della sua definitiva condizione di salvezza» (p. 74).

Ratzinger approfondisce questo concetto sviluppando anzitutto un altro tema che, per lui, riveste un ruolo importante anche nel testo della proclamazione dogmatica dell’Assunzione della Vergine in cielo. Eccone l’argomentazione:

«Come la vita dell’uomo è piantata, immersa in un mondo nel quale la morte è la condizione della vita, così la nascita è sempre ambivalente: essa è, al tempo stesso, un morire e un divenire. La sentenza di Gn 3, 16 ("Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli…") descrive appunto questo destino dell’uomo; l’ambivalenza della figura di Eva esprime quest’ambivalenza del divenire biologico: la nascita è una parte della morte; essa avviene sotto il segno della morte e rimanda alla morte che, in certo qual senso, essa anticipa, prepara ed anche presuppone». Sicché «generare alla vita significa sempre, al tempo stesso, aprirsi al morire.

Nostra Signora dell'Assunzione con san Miniato e san Giuliano (Andrea Del Castagno, 1450).
Nostra Signora dell’Assunzione con san Miniato e san Giuliano (Andrea Del Castagno, 1450).

«Ma se Maria è veramente genitrice di Dio, se ella genera colui che è per eccellenza la morte della morte e la vita, allora questo essere Madre di Dio è veramente "nuova nascita" (nova nativitas): un nuovo modo del generare, incastrato nell’antico, così come Maria è nuova alleanza nell’antica alleanza e come membro dell’antica. Questa nascita non è un morire, ma solamente un divenire, un prorompere della vita che toglie il morire e lo lascia definitivamente alle sue spalle. Perciò il titolo di "genitrice di Dio" da una parte rimanda all’indietro, alla Vergine: questa vita non è stata concepita nel morire e divenire quotidiani, ma è puro inizio; e dall’altra esso rimanda in avanti, all’Assunta: da questa nascita non viene alcuna morte, deriva solamente vita. Questa nuova "generazione" non ha come sua condizione il recedere nell’antica, ma essa produce la definitività del tutto.

«Qui si rivela però anche il legame con l’affermazione dell’Immacolata; esso potrebbe forse essere così descritto: là dove vi è totalità della grazia c’è totalità della salvezza. Dove la grazia non si trova nella precarietà di "giusto e peccatore al tempo stesso", ma essa è puro sì, lì non c’è spazio per la morte, lo sgherro del peccato.

«Ora, però, questo comporta un domandarsi: che cosa significa assunzione in corpo e anima nella gloria celeste? Che cosa significa propriamente "immortalità"? E che cosa significa "morte"? L’uomo non è mai immortale per se stesso, ma solamente nell’altro e coll’altro, provvisoriamente, sperimentalmente, frammentariamente nel bambino; in definitiva egli è veramente nella gloria soltanto nel totalmente-Altro ed a partire da lui: da Dio. Noi siamo mortali a causa dell’adeguata autarchia del "voler stare in se stessi", di quell’autarchia che si rivela illusione. In quanto fallimento dell’autarchia, in quanto possibilità di dare consistenza a se stessi, la morte non è solamente un fenomeno somatico, ma un fenomeno umano di radicale profondità. Là dove tuttavia manca il tentativo, per noi originario, dell’autarchia, là dove esiste la pura autoespropriazione di colui che non si fonda su se stesso (= grazia!), qui non c’è "morte" (benché vi sia la fine somatica), ma qui tutto l’uomo entra nella salvezza, poiché egli, come totalità, senza riduzione alcuna, sta eternamente nella memoria di Dio che è creatrice di vita, in quella memoria che, prendendolo come tale, lo custodisce nella sua stessa gloria» (pp. 74-76; in nota Ratzinger rimanda alla sua presentazione più dettagliata della problematica di immortalità e risurrezione in Kleine katholische Dogmatik del 1977, scritta a quattro mani con Johann Auer).

Nell’Assunta si è realizzata tutta l’essenza del battesimo

«Con questo», prosegue nel suo ragionamento Ratzinger, applicando il discorso alla Vergine Assunta in Cielo, «ritorniamo a quanto si era accennato poc’anzi. Abbiamo detto che chi può essere glorificato, esaltato col nome di Dio, vive. Avevamo aggiunto: per Maria e solamente per lei (per quanto noi sappiamo) ciò vale in modo definitivo, incondizionato, poiché ella sta per la Chiesa stessa, per quel suo definitivo essere salvata che non è più solamente promessa da venire, ma è già realtà.

«A questo proposito, mi sembra avere una certa importanza Col 3,3: "Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio". Ciò significa: esiste come una sorta di "ascensione" del battezzato, della quale parla in termini del tutto espliciti Ef 2,6: "Con lui Dio ci ha anche risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli, in Cristo Gesù". Stando a questo testo, il battesimo è partecipazione non soltanto alla risurrezione, ma anche all’ascensione di Cristo. Il battezzato, in altre parole, in quanto battezzato e nella misura in cui egli è tale, è già adesso inserito nell’ascensione e vive là, nel Signore glorificato, la sua vita nascosta (la sua vera vita!)» (pp. 76-77).

Visitazione (Franz Anton Maulbertsch, 1777).
Visitazione (Franz Anton Maulbertsch, 1777).

Come si può ben capire, per Ratzinger (che sempre più scopriamo essere davvero il san Tommaso d’Aquino dei nostri tempi!) la formula dogmatica dell’"Assunzione" di Maria in corpo e anima perde, sulla base dei testi biblici citati, ogni carattere speculativo e arbitrario: essa, infatti, è solamente la forma suprema della canonizzazione riferita a colei che ha generato il Signore («prima con il cuore poi nel corpo», dice sant’Agostino), della quale la fede, cioè il contenuto interiore del Battesimo, può essere affermata illimitatamente (in conformità a Luca 1, 45: "Beata colei che ha creduto all’adempimento delle parole del Signore"); Maria è colei nella quale «si è quindi realizzata tutta l’essenza del battesimo, in lei è stata inghiottita nella vittoria di Cristo, in lei ciò che ancora si oppone al battesimo (alla fede) è stato totalmente superato con la morte della vita terrena» (p. 77).

Queste ultime affermazioni (che per Maria hanno la piena evidenza personale nel collegamento a Luca 1, 45 ed Ef 2,6) si riferiscono «nuovamente e strettissimamente», continua Ratzinger, «a quei contesti tipologici che abbiamo continuamente tenuto presente: l’interamente battezzata, in quanto realtà personale della vera chiesa, è contemporaneamente la certezza di salvezza della chiesa, certezza non solamente promessa ma esistente in lei in carne e ossa, e certezza di salvezza di quella chiesa che in lei è già stata salvata: il nuovo Israele non è più respinto. È già entrato nel cielo. Esistono su questo punto preziosi testi patristici, che di fatto non fanno che sviluppare ciò che già si trova nella Bibbia» (pp. 77-78).

Il culto a Maria è come la "danza" del Magnificat

Infine, un’ultima osservazione che il cardinale Ratzinger propone per completare la sua originale riflessione sul dogma dell’Assunzione di Maria, che qui siamo andati illustrando. «Raccontando la visita di Maria ad Elisabetta», scrive, «Luca riferisce che il bimbo Giovanni, al risuonare del saluto di Maria, "ha esultato di gioia nel grembo" (Lc 1, 46). Per esprimere la gioia, egli usa lo stesso termine skirtôn ("saltellare") che ha impiegato anche per denotare la gioia di coloro che sono toccati dalle beatitudini (Lc 6, 23 ["rallegratevi in quel giorno ed esultate, skirtésate"]).

«In una delle antiche traduzioni greche dell’Antico Testamento, questo termine ricorre anche là dove si descrive la danza di Davide dinanzi all’arca santa che è finalmente ritornata in patria (2Sam 6, 16)». Ora – citando l’interpretazione di René Laurentin, che stabilisce un parallelismo tra Lc 1, 39-44 e 2Sam 6, 2-11 – si può dire che la scena (della Visitazione di Maria ad Elisabetta) «è costruita in maniera parallela con il ritorno in patria dell’arca, così che il saltellare del bambino proseguirebbe la gioia estatica di Davide dinanzi al segno che garantisce la vicinanza di Dio. Ma, comunque sia, si esprime qui qualcosa che per noi, nel nostro secolo critico, è andato quasi completamente perduto e che, tuttavia, appartiene all’interiorità della fede: per lui [Giovanni] è la gioia per la Parola che si è fatta uomo, è quel saltellare dinanzi all’arca dell’alleanza nella contentezza dimentica di sé che coglie colui che ha conosciuto la vicinanza salvatrice di Dio.

«Solamente chi capisce ciò», afferma a questo punto, con forte espressione, il futuro Benedetto XVI, quasi a voler raccogliere il senso di tutto quanto è andato spiegando ne La figlia di Sion, «può comprendere anche il culto di Maria: al di là di tutti i problemi, esso è l’essere trascinati dalla gioia perché il vero Israele esiste indistruttibile; è l’oscillare beato nella gioia del Magnificat e, perciò, nella lode di colui verso il quale è debitrice la figlia di Sion e di colui che lei porta come la vera, non deperibile, indistruttibile arca dell’alleanza» (pp. 79-79).

E su queste note "in crescendo" terminiamo le nostre riflessioni sui quattro dogmi mariani, rivisitati alla luce dell’insegnamento mariologico del teologo Ratzinger divenuto poi papa Benedetto XVI.





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 La mariologia di Benedetto XVI – 23

 
di BRUNO SIMONETTO


La "donna" Maria
, tra gnosi e femminismo
   

Prosegue il nostro discorso sulla mariologia di Benedetto XVI affrontando un tema biblico che richiede di essere correttamente interpretato: quello del "segno della donna". Con alcune premesse.
 

Dopo esserci soffermati, nelle puntate precedenti di questa rubrica, sui quattro dogmi mariani visti alla luce dell’insegnamento mariologico di papa Benedetto XVI, vogliamo continuare il discorso sulla mariologia e spiritualità mariana di Joseph Ratzinger affrontando temi specifici da lui variamente trattati in scritti e interventi orali diversi nell’arco del suo lungo magistero di vescovo e di Sommo Pontefice. Iniziamo con un tema tanto singolare quanto interessante: la Vergine Maria tra femminismo e gnosi.

Il segno della donna nell’esegesi biblica

In occasione della pubblicazione dell’Enciclica Redemptoris mater di Giovanni Paolo II (25 marzo 1987), Ratzinger, allora cardinale, pubblicò una riflessione sull’utilità di quell’enciclica, affrontando diversi temi di natura esegetico-biblica. La si può trovare ora in Maria. Chiesa nascente (San Paolo 1998, pp. 29-50).

Particolarmente interessante ci sembra il passaggio sul ruolo della Beata Vergine Maria quale "antidoto" alla «eresia eterna» costituita dalla gnosi, al moderno femminismo e agli altri errori del nostro tempo. Lo spunto per la riflessione di Ratzinger viene dal Vangelo apocrifo cosiddetto degli Egiziani, risalente al secolo II, che attribuisce a Gesù la seguente affermazione: «Sono venuto ad annullare le opere della realtà femminile» (logion 22).

«Tali parole», commenta Ratzinger, «esprimono un motivo fondamentale dell’interpretazione gnostica del cristianesimo; motivo fondamentale che, in una formulazione un po’ diversa, ricorre anche nel cosiddetto Vangelo di Tommaso: "Allorché di due ne farete uno, allorché farete [...] la parte superiore come l’inferiore, allorché del maschio e della femmina farete un unico essere, sicché non vi sia più né maschio né femmina […], allora entrerete nel Regno" (logion 15)» (p. 33). Similmente in chiara contrapposizione a Gal 4, 4 («Quando fu giunto il tempo stabilito, Dio mandò suo Figlio, nato da una donna»), in questo Vangelo apocrifo leggiamo: «Quando vedrete colui che non è nato da donna, prostratevi bocconi e adoratelo: egli è il vostro padre» (logion 15).

Riportando poi il pensiero di Romano Guardini (Ratzinger cita dal volume Das Christusbild der paulinischen und johanneischen Schriften, opera poco considerata che invece contiene considerazioni importanti e finora non recepite sull’interpretazione teologica della Bibbia e sull’esatta comprensione della cristologia paolina e giovannea), scrive: «In tale contesto è interessante osservare come Romano Guardini veda un segno del superamento dello schema fondamentale gnostico da parte degli scritti giovannei nel fatto "che nel complesso dell’Apocalisse il femminile gode di quella pari dignità del maschile che Cristo gli ha conferito. È vero che il momento del male, della sensualità e del femminile confluiscono nella figura della prostituta babilonese; ciò però sarebbe pensato in termini gnostici solo se dall’altra parte il bene comparisse soltanto in figura maschile. In verità, esso trova un’espressione radiosa nella comparsa della donna cinta di stelle. Perciò, se proprio volessimo parlare di una prevalenza, dovremmo piuttosto assegnarla al femminile; infatti, la figura in cui il mondo redento si struttura in maniera definitiva, è quella della "sposa"» (pp. 33-34).

Pala d’altare di san Giovanni di Hans Memling (1474-79): scene dall’Apocalisse, in alto la "donna" (cap. 12).
Pala d’altare di san Giovanni di Hans Memling (1474-79): scene dall’Apocalisse, in alto la "donna" (cap. 12).

E continua Ratzinger: «Con questa osservazione Guardini ha messo il dito su una questione fondamentale di una giusta interpretazione della Bibbia. L’esegesi gnostica è caratterizzata dal fatto di identificare il femminile con la materia, con il negativo e con il nulla, cose che non possono far parte dell’affermazione salvifica della Bibbia; naturalmente simili posizioni radicali possono anche capovolgersi nel loro opposto, nella rivolta contro valutazioni del genere e nel loro completo rovesciamento.

«Nell’evo moderno, a partire dal messaggio biblico, ha preso piede per altri motivi una esclusione meno radicale, ma non meno efficace del femminile; un "solus Christus" esagerato indusse a rifiutare ogni cooperazione della creatura, ogni significato autonomo della sua risposta e a vedervi un tradimento della grandezza della grazia. Perciò da Eva fino a Maria, lungo la linea femminile della Bibbia, non poteva esserci nulla di teologicamente rilevante: quanto i Padri e il Medioevo avevano detto al riguardo fu inesorabilmente bollato come ritorno al paganesimo, come tradimento dell’unicità del Redentore.

«Perciò», conclude Ratzinger, «i femminismi radicali odierni vanno senza dubbio interpretati solo come lo sfogo dello sdegno per una simile unilateralità, sfogo a lungo represso e che ora assume naturalmente posizioni davvero pagane o neognostiche: la rinuncia al Padre e al Figlio, che ivi si verifica, colpisce al cuore la testimonianza biblica» (pp. 34-35).

Ratzinger ha spiegato molto bene tali concetti ne La figlia di Sion. La devozione a Maria nella Chiesa (1979) e successivamente nel terzo capitolo di Maria. Chiesa nascente (1998), da cui abbiamo citato.
  

L’enciclica Redemptoris Mater e Maria nel mistero cristologico

Di queste due opere mariologiche del futuro papa Benedetto XVI abbiamo scritto più volte. Ma intanto, dell’Introduzione-commento del cardinale Ratzinger a Redemptoris mater di Giovanni Paolo II, riportiamo più estesamente quanto già riproposto in altre occasioni sul rischio di una lettura femminista dell’enciclica.

Ratzinger introduce il discorso facendo riferimento proprio a tale rischio: «Un’enciclica mariana, un anno mariano [si tratta del 1987, ndr]», scrive senza mezzi termini, «suscitano in genere poco entusiasmo nel cattolicesimo tedesco. Si teme possano appesantire il clima ecumenico; si paventa il pericolo di una pietà troppo emozionale, incapace di reggere di fronte a criteri teologici rigorosi.

«La comparsa di tendenze femministe ha naturalmente introdotto un elemento nuovo e inatteso, che minaccia di scompigliare un poco i fronti. Da un lato, l’immagine che la Chiesa traccia di Maria viene ivi presentata come la canonizzazione della dipendenza della donna e come la consacrazione della sua oppressione: la glorificazione della Vergine e Madre servizievole, obbediente e umile avrebbe fissato per secoli il ruolo della donna; una glorificazione tesa a tenerla soggetta. Dall’altro lato, la figura di Maria offre lo spunto per un’interpretazione nuova e rivoluzionaria della Bibbia: i teologi della liberazione si richiamano al "Magnificat" che annuncia la caduta dei potenti e l’elevazione degli umili; così il "Magnificat" diventa il faro di una teologia che considera suo compito incitare all’abbattimento degli ordinamenti esistenti» (Maria. Chiesa nascente, p. 29).

Sembra che sia specialmente questo secondo rischio a preoccupare il teologo Ratzinger: «La lettura femministica della Bibbia vede in Maria la donna emancipata che, libera e consapevole del proprio compito, si oppone a una cultura dominata dai maschi. La sua figura, assieme ad altri indizi speciosi, diventa una chiave ermeneutica che alluderebbe a un cristianesimo originariamente del tutto diverso, il cui slancio liberatore sarebbe poi stato di nuovo presto attutito e neutralizzato dalla struttura del potere maschile.

«Il carattere tendenzioso e forzato di simili interpretazioni è facile da riconoscere; comunque esse potrebbero avere il vantaggio di renderci di nuovo più attenti a quel che la Bibbia ha effettivamente da dire su Maria. Questo potrebbe perciò essere anche il momento di prestare più attenzione del solito a un’enciclica mariana, che da parte sua si preoccupa unicamente di far parlare la Bibbia» (pp. 29-30).

«Tanto più importante diventa leggere la Bibbia stessa e leggerla tutta. Allora si vede che, nell’Antico Testamento, accanto e con la linea che va da Adamo, ai patriarchi e al Servo del Signore, corre la linea che va da Eva, alle donne dei patriarchi, a figure come Debora, Ester e Rut e infine alla Sophia – un cammino che non si può teologicamente minimizzare, per quanto esso sia inconcluso e quindi aperto nella sua affermazione, per quanto esso sia incompiuto come tutto l’Antico Testamento, che rimane nell’attesa del Nuovo e della sua risposta. Ma come la linea adamitica riceve il suo senso da Cristo, così alla luce della figura di Maria e nella posizione dell’"ecclesia" diventa chiaro il significato della linea femminile, nella sua unione inseparabile col mistero cristologico.

«La scomparsa di Maria e dell’"ecclesia" in una corrente importante della teologia contemporanea è indice della sua incapacità di leggere la Bibbia nella sua totalità. L’allontanamento dall’"ecclesia" fa anzitutto scomparire il luogo esperienziale in cui tale unità diventa visibile. Tutto il resto segue poi da solo. Viceversa, per poter percepire il tutto, si presuppone l’accettazione del luogo fondamentale ecclesiale e quindi anche la rinuncia a una selezione storicistica all’interno del Nuovo Testamento, selezione secondo la quale ciò che si presume sia più antico viene dichiarato l’unico valido, con conseguente deprezzamento di Luca e Giovanni. Invece solo nel tutto troviamo il tutto.

«I radicalismi che lacerano il nostro tempo, che spingono la lotta di classe fino alle radici dell’essere umano – al rapporto fra uomo e donna – sono "eresie" nel senso letterale del termine: selezione, che rifiuta il tutto. Solo la riacquisizione di tutta la Bibbia può riportare l’uomo in quel centro, in cui egli diventa pienamente se stesso.

«Così il dramma odierno potrebbe aiutare a capire l’invito a una lettura anche mariana della Bibbia meglio di quanto ciò sembrasse possibile fino a poco tempo fa; viceversa noi abbiamo bisogno di questa lettura per poter far fronte alla sfida antropologica odierna» (Maria. Chiesa nascente, pp. 35-36).


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La mariologia di Benedetto XVI – 24

 
di BRUNO SIMONETTO


Il significato teologico dell’Assunzione

   

Il dogma dell’Assunta mette al riparo l’indispensabile tensione escatologica del credente, indicando in Maria il destino immortale che tutti ci attende.

In due precedenti puntate di questa rubrica abbiamo riproposto l’insegnamento di papa Benedetto XVI sul dogma dell’Assunzione di Maria al cielo. Ora, integrando questo specifico tema con riflessioni proposte dal suo eccezionale magistero in altri scritti, in omelie e ai vari Angelus, arricchiamo il quadro della mariologia di papa Ratzinger sul significato teologico-spirituale della festa dell’Assunta, che la Chiesa celebra il 15 agosto.

Ricordavamo intanto che il contenuto dogmatico dell’Assunta è spiegato da Ratzinger come espressione del supremo culto della Chiesa a Maria, vista nella pienezza escatologica (= definitiva, finale) della sua unione con Dio; e che nel dogma dell’Assunta trova fondamento il senso escatologico dell’immortalità dell’uomo e la realizzazione della pienezza del nostro battesimo.

Assunzione di Maria, di Annibale Carracci (1600), a Santa Maria del Popolo (Roma).
Assunzione di Maria, di Annibale Carracci (1600), a Santa Maria del Popolo (Roma).



Antologia dagli scritti di Ratzinger

1. La prima riflessione è tratta dal libro di Joseph Ratzinger Speranza del grano di senape. Meditazioni per ogni mese dell’anno (Queriniana, Brescia 2006, pp. 51ss.; l’originale tedesco è del 1974), da cui riprendiamo il brano che segue.

«Al giorno d’oggi, il dogma dell’Assunzione corporea di Maria alla gloria celeste ci è piuttosto estraneo e sfuggevole. Quasi tutti i suoi elementi suonano come parole originali, senza che ci sia possibile coglierne pienamente il senso: Maria, il cielo, la gloria. Una sola parola intendiamo bene: il corpo.

«Ciò che viene affermato in questa festa [dell’Assunta] è una confessione di fede nel corpo; e quindi nella terra, nella materia e nel futuro di tutte queste realtà. La Chiesa, in apparenza ostile al corpo, con questo dogma ha intonato un inno al corpo e lo ha posto in correlazione con quanto è divino. Infatti, il rapporto tra corpo e cielo, qui posto in luce, significa in verità una forte valutazione positiva del corpo: il corpo umano non è solo materia, ma ha un rapporto con il "cielo", cioè con Dio. Forse ciò ci risulta poco comprensibile, poiché in questa formulazione viene saltato un passaggio, intermedio, o esso viene dato come presupposto e di per sé evidente. Essa concerne quanto qui è più d’ogni altra cosa in gioco: il corpo ha a che fare con il cielo, perché esso ha a che fare con quanto è umano nell’uomo.

«Questa è un’affermazione di grandissima attualità; [...] poiché è soltanto quando si sa apprezzare l’umano alla luce della promessa di Dio che si rende davvero onore al corpo.

«Per queste ragioni, il reale radicamento dell’agire di Dio nel profondo della corporeità è – sia detto senza spiritualismi né saccenteria – tanto importante: iniziato con la nascita dalla Vergine Maria, esso ha raggiunto il culmine con la risurrezione del Signore e nel fatto che il di Dio, mediante il Figlio, ha potuto di nuovo incarnarsi nel della prima credente.

«E così tutte le parole del dogma [dell’Assunzione] confluiscono insieme: prima cielo e corpo, e ora anche Maria e gloria, corpo e cielo».

2. Nella seconda parte dell’opera La figlia di Sion. La devozione a Maria nella Chiesa (Jaca Book, Milano 1979), che tratta della fede mariana della Chiesa, troviamo un’importante affermazione del futuro papa Benedetto XVI: «La fede nell’esenzione di Maria da ogni peccato genera, a sua volta, la convinzione della sua partecipazione al destino di risurrezione del Figlio ed alla sua vittoria sulla morte» («assumpta est Maria in coelum», Denzinger-Schönmezter 3900-3904).

Riprendendo altrove tale discorso per spiegarlo diffusamente, il cardinale Ratzinger ricorre alla teologia battesimale elaborata da san Paolo che afferma: «Con lui [= Cristo] Dio ci ha anche risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli, in Cristo Gesù» (Ef 2,6). «Questo significa – rispondeva al giornalista tedesco Peter Seewald che lo intervistava sui principali temi della nostra fede – che, in quanto battezzati, il nostro futuro è già tracciato.

Papa Benedetto XVI nella "casa" di Maria a Efeso (28 novembre 2006, viaggio in Turchia).
Papa Benedetto XVI nella "casa" di Maria a Efeso (28 novembre 2006, viaggio in Turchia).

«Secondo il dogma dell’Assunzione di Maria al cielo si adempie, infatti, pienamente in Maria ciò che il battesimo opera in tutti noi: il dimorare ("sedere") con Dio "nei cieli" (perché Dio è nei Cieli!). Il battesimo (cioè, l’unione a Cristo) dispiega in Maria la sua massima efficacia. In noi l’unione a Cristo, la risurrezione, è una condizione ancora incompiuta e imperfetta. Non così per lei, cui non manca più nulla, poiché è già entrata nella piena comunione con Cristo. E di questa comunione è partecipe anche una nuova corporeità, per noi inimmaginabile. In breve, il portato essenziale di questo dogma è la pienezza dell’unione di Maria a Dio, a Cristo, la pienezza del suo essere "cristiana"» (Joseph Ratzinger, Dio e il mondo, San Paolo 2001, p. 277).

3. In colloquio con Vittorio Messori (raccolto nel famoso Rapporto sulla fede, San Paolo 1985, più volte ristampato), a proposito dei dogmi mariani Joseph Ratzinger diceva ancora: «La Chiesa ha proclamato i dogmi mariani – prima la verginità perpetua e la maternità divina, e poi, dopo una lunga maturazione e riflessione, il concepimento senza la macchia del peccato originale e l’assunzione al cielo – come atto direttamente funzionale alla fede in Cristo e non, in prima battuta, per devozione verso Maria, sua madre.

«Questi dogmi mettono al riparo la fede autentica in Cristo, vero Dio e vero uomo: due nature in una sola persona. Mettono al riparo anche l’indispensabile tensione escatologica, indicando in Maria Assunta il destino immortale che tutti ci attende. E mettono a riparo pure la fede, oggi minacciata, in Dio Creatore che [...] può liberamente intervenire anche sulla materia. Insomma, come ricorda anche il Concilio [Vaticano II], "Maria, per la sua intima partecipazione alla storia della salvezza, riunisce in certa misura e riverbera i massimi dati della fede" (LG 65)» (pp. 107ss.).

L’esistenza umana nella prospettiva dell’eternità

Altri pensieri di spiritualità ci vengono offerti dall’omelia tenuta da papa Benedetto XVI nella festa dell’Assunta del 2005 e alla recita dell’Angelus nel 2005 e nel 2006.

a) «Maria è assunta in cielo in corpo e anima: anche per il corpo c’è posto in Dio. Il cielo non è più per noi una sfera molto lontana e sconosciuta. Nel cielo abbiamo una Madre. E la Madre di Dio, la Madre del Figlio di Dio, è la nostra Madre. Egli stesso lo ha detto. Ne ha fatto la nostra Madre, quando ha detto al discepolo e a tutti noi: "Ecco la tua Madre!". Nel cielo abbiamo una Madre. Il cielo è aperto, il cielo ha un cuore» (omelia del 15 agosto 2005).

b) «Maria è assunta in corpo e anima alla gloria del cielo e con Dio e in Dio è regina del cielo e della terra. È forse così lontana da noi? È vero il contrario: proprio perché è con Dio e in Dio, è vicinissima ad ognuno di noi. Quando era in terra poteva essere vicina solo ad alcune persone. Essendo in Dio, che è vicino a noi – anzi, che è "interiore" a noi tutti –, Maria partecipa a questa vicinanza in Dio.

«Essendo in Dio e con Dio, è vicina a ognuno di noi, conosce il nostro cuore, può sentire le nostre preghiere, può aiutarci con la sua bontà materna e ci è data – come è detto dal Signore – proprio come "madre" alla quale possiamo rivolgerci in ogni momento. Ella ci ascolta sempre, ci è sempre vicina, ed essendo Madre del Figlio, partecipa del potere del Figlio, della sua bontà. Perciò, possiamo sempre affidare tutta la nostra vita a questa Madre, che non è lontana da nessuno di noi» (omelia del 15 agosto 2005).

Assunzione della Vergine, di Juan Martin Cabezalero (1665-70, Madrid).
Assunzione della Vergine, di Juan Martin Cabezalero (1665-70, Madrid).

c) «Nell’odierna solennità dell’Assunta contempliamo il mistero del passaggio di Maria da questo mondo al Paradiso: celebriamo, potremmo dire, la sua "pasqua". Come Cristo risuscitò dai morti con il suo corpo glorioso e ascese al cielo, così la Vergine Santa, a Lui pienamente associata, è stata assunta nella gloria celeste con l’intera sua persona. Anche in questo, la Madre ha seguito più da vicino il suo Figlio e ha preceduto tutti noi. Accanto a Gesù, nuovo Adamo, che è "la primizia" dei risorti (cf 1Cor 15,20.23), la Madonna, nuova Eva, appare come "primizia e immagine della Chiesa" (Prefazio), "segno di sicura speranza" per tutti i cristiani nel pellegrinaggio terreno (cf LG 68)».

«La festa dell’Assunta, tanto cara alla tradizione popolare, costituisce così per tutti i credenti un’utile occasione per meditare sul senso vero e sul valore dell’esistenza umana nella prospettiva dell’eternità. Cari fratelli e sorelle, è il Cielo la nostra definitiva dimora. Da lì Maria ci incoraggia con il suo esempio ad accogliere la volontà di Dio, a non lasciarci sedurre dai fallaci richiami di tutto ciò che è effimero e passeggero, a non cedere alle tentazioni dell’egoismo e del male che spengono nel cuore la gioia della vita» (Angelus, 15 agosto 2005).

d) «Maria è esempio e sostegno per tutti i credenti: ci incoraggia a non perderci di fiducia dinanzi alle difficoltà e agli inevitabili problemi di tutti i giorni. Ci assicura il suo aiuto e ci ricorda che l’essenziale è cercare e pensare "alle cose di lassù, non a quelle della terra" (Col 3,2). Presi dalle occupazioni quotidiane, rischiamo infatti di ritenere che sia qui, in questo mondo nel quale siamo solo di passaggio, lo scopo ultimo dell’umana esistenza. Invece è il Paradiso la vera meta del nostro pellegrinaggio terreno.

«Quanto diverse sarebbero le nostre giornate se ad animarle fosse questa prospettiva! Così è stato per i santi. Le loro esistenze testimoniano che quando si vive con il cuore costantemente rivolto a Dio, le realtà terrene sono vissute nel loro giusto valore perché ad illuminarle è la verità eterna dell’amore divino» (Angelus, 15 agosto 2006).

A Maria Assunta in cielo eleviamo con Tonino Bello il canto della fede e della speranza, come ci insegna papa Benedetto XVI: «Santa Maria, Madre tenera e forte, nostra compagna di viaggio sulle strade della vita, ogni volta che contempliamo le cose grandi che l’Onnipotente ha fatto in te, proviamo una così viva malinconia per le nostre lentezze, che sentiamo il bisogno di allungare il passo per camminarti vicino.

«Asseconda pertanto il nostro desiderio di prenderti per mano, e accelera le nostre cadenze di camminatori un po’ stanchi.

«Divenuti anche noi pellegrini nella fede, non solo cercheremo il volto del Signore, ma, contemplandoti quale icona della sollecitudine umana verso coloro che si trovano nel bisogno, raggiungeremo in fretta la "città", recando gli stessi frutti di gioia che portasti un giorno a Elisabetta lontana».



Bruno Simonetto

[Modificato da Caterina63 25/09/2009 16:17]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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La mariologia di Benedetto XVI – 25

 
di BRUNO SIMONETTO


Il rosario
secondo Ratzinger


  http://www.stpauls.it/madre/0710md/0710md16.htm 


Tutta la mariologia di Benedetto XVI confluisce in certo modo nel rosario: ne è come l’espressione riepilogativa. Presentiamo, oltre ad alcuni discorsi, squarci intimi di come il Papa vive questa preghiera.

Nel mese del rosario, proponiamo ancora una riflessione sull’importanza che Benedetto XVI riserva a questa devozione mariana, sempre vivamente raccomandata dai Papi, ricordando intanto la risposta che dava, ancora cardinale, nel 2000 al giornalista Peter Seewald che gli chiedeva: «Eminenza, quale pensa sia il segreto misterioso del rosario?». Ratzinger rispondeva puntualmente tracciando una specie di excursus storico-psicologico della pratica del rosario ed evidenziandone tutta la potenzialità: «L’origine storica del rosario risale al Medioevo. Era quello un tempo in cui i salmi rappresentavano il punto di riferimento principale per chi pregava. Ma i salmi biblici rappresentavano un ostacolo insuperabile per tutti coloro che all’epoca non sapevano leggere, che erano i più. Si è così cercato un salterio adeguato alle loro esigenze e lo si è trovato nella preghiera mariana cui si aggiungevano i misteri della vita di Gesù Cristo, allineati, uno dopo l’altro, come grani di una collana.

«Queste preghiere toccano la corda della meditazione; la reiterazione delle parole, il ritmo ripetitivo cullano l’anima e le trasmettono serenità, mentre il concentrarsi sulla parola e in particolare sulla figura di Maria e sulle immagini di Cristo, che si sgranano davanti ai nostri occhi, calmano l’anima e la liberano da preoccupazioni e le consentono di sollevare lo sguardo verso Dio.

«In effetti», continua, «il rosario ci restituisce quella sapienza originaria che sa bene come la reiterazione sia una componente importante della preghiera e della meditazione, sia un modo per cullarsi in un ritmo sempre uguale che ci trasmette la serenità [...].

«Coloro che allora recitavano il rosario, avevano duramente lavorato tutto il giorno. Non erano in grado, pregando, di compiere grandi percorsi intellettuali. Al contrario, avevano bisogno di una preghiera che restituisse loro la serenità, che li distraesse anche, che li liberasse dalle preoccupazioni e offrisse loro consolazione e ristoro. Penso che questa arcaica esperienza della storia delle religioni della reiterazione, del ritmo, della parola collettiva, della coralità che mi trascina e mi culla e riempie di sé lo spazio, che non mi tormenta, ma mi trasmette la calma, mi consola e mi libera, è stata pienamente assunta dal cristianesimo e ispira la preghiera e l’interiorizzazione della preghiera nel contesto mariano e nella riproposizione della figura di Cristo agli uomini, scavalcando l’intellettualismo a favore di una valorizzazione dell’effetto rasserenante che produce il cullarsi dell’anima nelle parole della preghiera» (Dio e il mondo, San Paolo 2001, pp. 289-290).

Papa Benedetto XVI recita il rosario (visita al santuario del Divino Amore del 1° maggio 2006).
Papa Benedetto XVI recita il rosario (visita al santuario del Divino Amore del 1° maggio 2006).

Da una riflessione di carattere più generale, il discorso dell’intervistatore si spostava su note più personali circa il modo di recitare il rosario dell’intervistato. Chiedeva Peter Seewald: «Lei ha una maniera particolare di recitare il rosario?». E il cardinale rispondeva con disarmante semplicità: «Lo faccio in modo molto semplice, proprio come i miei genitori mi hanno insegnato. Entrambi hanno amato molto il rosario. E più sono invecchiati più l’hanno amato. Invecchiando, si è sempre meno in grado di fare grossi sforzi spirituali e tanto più forte si sente l’esigenza di individuare un rifugio interiore e di farsi cullare dalle preghiere della Chiesa. Anch’io prego nel modo in cui l’hanno fatto loro».

Insisteva il giornalista: «Ma come si fa? Recita una sola parte del rosario o tutte e tre di seguito?». E Ratzinger, con umiltà e sincerità: «No, tre per me sono troppe; sono uno spirito irrequieto, non conserverei la concentrazione tanto a lungo. Ne scelgo una, e spesso mi limito alla proclamazione di due o tre dei cinque misteri, perché corrispondono alla pausa che io riesco a ritagliarmi dal lavoro e di cui ho bisogno per sgombrare la mente, per ritrovare serenità, in attesa di immergermi di nuovo nel lavoro, con più lena. In questa situazione un rosario intero sarebbe troppo» (pp. 290-291).

In realtà, si può dire che tutta la mariologia di Papa Ratzinger confluisce nel rosario, che per lui ne è come l’espressione riepilogativa.


Esortazioni di papa Benedetto alla pratica del rosario


A puro titolo esemplificativo (perché in tante altre occasioni anche papa Ratzinger – come gli altri Pontefici – ha invitato a ricorrere alla preghiera del rosario), citiamo alcune esortazioni di Benedetto XVI a questa pia pratica:

1 Nel Messaggio ai giovani d’Olanda, in occasione della 1ª Giornata nazionale dei giovani cattolici, scriveva (21 novembre 2005): «Vi invito a cercare ogni giorno il Signore, che non desidera altro se non che siate realmente felici. Intrattenete con Lui una relazione intensa e costante nella preghiera e, per quanto vi è possibile, trovate momenti propizi nella vostra giornata per restare esclusivamente in sua compagnia. Se non sapete come pregare, chiedete che sia Lui stesso ad insegnarvelo e domandate alla sua celeste Madre di pregare con voi e per voi. La recita del rosario può aiutarvi ad imparare l’arte della preghiera con la semplicità e la profondità di Maria».


2
In visita al santuario del Divino Amore a Roma, il Papa ha aperto nel 2006 il mese di maggio con la recita dei misteri gaudiosi del santo rosario, che ha poi sapientemente illustrato: « È per me motivo di conforto essere oggi con voi per recitare il santo rosario, in questo santuario della Madonna del Divino Amore, in cui si esprime il devoto affetto per la Vergine Maria, radicato nell’animo e nella storia del popolo di Roma. Una gioia particolare nasce dal pensiero di rinnovare così l’esperienza del mio amato predecessore Giovanni Paolo II che, esattamente ventisette anni or sono, primo giorno del mese di maggio 1979, compì la sua prima visita da Pontefice a questo santuario [...].



«Abbiamo recitato il santo rosario percorrendo i cinque misteri gaudiosi, che fanno passare davanti agli occhi del nostro cuore gli inizi della nostra salvezza, dal concepimento di Gesù per opera dello Spirito Santo nel grembo della Vergine Maria fino al ritrovamento di Lui, ormai dodicenne, nel tempio di Gerusalemme, mentre ascoltava e interrogava i dottori. Abbiamo ripetuto e fatto nostre le parole dell’angelo: "Rallègrati Maria, piena di grazia, il Signore è con te", e anche le espressioni con cui santa Elisabetta accolse la Vergine, che si era prontamente recata da lei per aiutarla e servirla: "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo". Abbiamo contemplato la fede docile di Maria, che si fida senza riserve di Dio e si mette totalmente nelle sue mani. Ci siamo sentiti anche noi, con i pastori, vicini al bambino Gesù che giace nella mangiatoia e abbiamo riconosciuto e adorato in Lui il Figlio eterno di Dio diventato, per amore, nostro fratello e così anche nostro unico Salvatore. Siamo entrati anche noi, con Maria e Giuseppe, nel tempio per offrire a Dio il bambino e compiere il rito della purificazione: e qui ci siamo sentiti anticipare, nelle parole del vecchio Simeone, insieme alla salvezza la contraddizione e la croce, e quella spada che, sotto la croce del Figlio, trafiggerà l’anima della Madre e proprio così la renderà non soltanto Madre di Dio ma anche nostra comune madre».



3
Nell’omelia a commento della recita del rosario nel santuario dell’Aparecida (12 maggio 2007), nel recente viaggio apostolico in Brasile, il Papa ha detto: «Come gli apostoli, insieme a Maria, "salirono alla stanza superiore" e lì, "uniti dallo stesso sentimento, si dedicavano assiduamente alla preghiera" (cf At 1,13-14), così anche noi quest’oggi ci siamo radunati qui nel santuario di Nostra Signora della Concezione Aparecida, che in questa ora è per noi "la stanza superiore" dove Maria, Madre del Signore, si trova in mezzo a noi. Oggi è Lei che guida la nostra meditazione; è Lei che ci insegna a pregare. È Lei che ci addita il modo di aprire le nostre menti ed i nostri cuori alla potenza dello Spirito Santo, che viene per essere trasmesso al mondo intero.


«Abbiamo appena recitato il rosario. Attraverso i suoi cicli meditativi, il divino Consolatore vuole introdurci nella conoscenza del Cristo che sgorga dalla fonte limpida del testo evangelico. Dal canto suo, la Chiesa del terzo millennio si propone di offrire ai cristiani la capacità di "conoscere – secondo le parole di San Paolo – il mistero di Dio, cioè Cristo, nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza" (Col 2,2-3).

«Maria santissima, la Vergine pura e senza macchia, è per noi scuola di fede destinata a guidarci e a darci forza sul sentiero che porta incontro al Creatore del cielo e della terra.

«Il Papa è venuto ad Aparecida con viva gioia per dirvi innanzitutto: "Rimanete alla scuola di Maria!". Ispiratevi ai suoi insegnamenti, cercate di accogliere e di conservare nel cuore le luci che Lei, per mandato divino, vi invia dall’alto.


«Com’è bello stare qui riuniti nel nome di Cristo, nella fede, nella fraternità, nella gioia, nella pace e "nella preghiera con Maria, la Madre di Gesù" (At 1,14).

«Com’è bello, carissimi presbiteri, diaconi, consacrati e consacrate, seminaristi e famiglie cristiane, essere qui nel santuario di Nostra Signora della Concezione Aparecida, che è dimora di Dio, casa di Maria e casa dei fratelli, e che in questi giorni si trasforma anche in sede della V Conferenza episcopale latino-americana e dei Caraibi.

«Com’è bello essere qui in questa basilica mariana verso la quale, in questo tempo, convergono gli sguardi e le speranze del mondo cristiano, in modo speciale dell’America Latina e dei Caraibi!

«È con grande speranza che mi rivolgo a voi tutti che vi trovate all’interno di questa maestosa basilica, o che hanno partecipato al santo rosario stando all’esterno, per invitarvi a diventare profondamente missionari e a portare la buona novella del Vangelo a tutti i punti cardinali dell’America Latina e del mondo. Chiediamo alla Madre di Dio, Nostra Signora della Concezione Aparecida, che protegga la vita di tutti i cristiani. Lei, che è la Stella dell’Evangelizzazione, guidi i nostri passi sul cammino verso il Regno celeste».




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La mariologia di Benedetto XVI – 26

 
di BRUNO SIMONETTO

Un antidoto all’"eresia eterna"
   

Nel 1997 il cardinale Ratzinger pubblicava un commento alla Redemptoris Mater, in cui presenta Maria come "antidoto" ad eresie ricorrenti nella storia, frutto di una visione negativa del femminile.

In occasione della presentazione dell’Enciclica di Giovanni Paolo II Redemptoris Mater, nel 1997, l’allora cardinale Ratzinger pubblicò una riflessione sull’utilità del documento pontificio (Maria tra femminismo e gnosi) nella quale affrontava diversi temi di natura esegetico-biblica.

Riproduciamo qui – con qualche annotazione esplicativa – la parte di tale riflessione relativa al ruolo della Beata Vergine Maria quale «antidoto all’eresia eterna» costituita dalla gnosi, al moderno femminismo e ad altri errori teologici connessi.

«Il cosiddetto Vangelo degli Egiziani (risalente al secolo II) attribuisce queste parole a Gesù: "Sono venuto ad annullare le opere della realtà femminile". Tali parole esprimono un motivo fondamentale dell’interpretazione gnostica del cristianesimo, motivo che – in una formulazione un po’ diversa – ricorre anche nel cosiddetto Vangelo di Tommaso: «Allorché di due ne farete uno, allorché farete [...] la parte superiore come l’inferiore, allorché del maschio e della femmina farete un unico essere, sicché non vi sia più né maschio né femmina [...], allora entrerete nel regno» (loghion 15, p. 486). Similmente ivi leggiamo, in chiara contrapposizione a Galati 4,4: "Quando vedrete colui che non è nato da donna, prostratevi bocconi e adoratelo: egli è il vostro padre".

«In questo contesto è interessante osservare come Romano Guardini vede un segno del superamento dello schema fondamentale gnostico da parte degli scritti giovannei [Vangelo e lettere di Giovanni, più Apocalisse, ndr] nel fatto che "nel complesso dell’Apocalisse, il femminile gode di quella pari dignità del maschile, che Cristo gli ha conferito. È vero che il momento del male, della sensualità e del femminile confluiscono nella figura della prostituta babilonese; ciò però sarebbe pensato in termini gnostici se dall’altra parte il bene comparisse solo in figura maschile. In verità esso trova un’espressione radiosa nella comparsa della donna cinta di stelle. Se proprio volessimo parlare di una prevalenza, dovremmo piuttosto assegnarla al femminile; infatti, la figura in cui il mondo redento si struttura in maniera definitiva è quello della "sposa"».

Il cardinale Joseph Ratzinger nel 1997, quando commentò la Redemptoris Mater.
Il cardinale Joseph Ratzinger nel 1997, quando commentò la Redemptoris Mater.

Un problema di giusta interpretazione della Bibbia

«Con questa osservazione Guardini ha messo il dito su una questione fondamentale di una giusta interpretazione della Bibbia. L’esegesi gnostica è caratterizzata dal fatto di identificare il femminile con la materia, con il negativo e con il nulla, cose che non possono far parte dell’affermazione salvifica della Bibbia; naturalmente, simili posizioni radicali possono anche capovolgersi nel loro opposto, nella rivolta contro valutazioni del genere e nel loro completo rovesciamento.

«Nell’evo moderno, a partire dal messaggio biblico, ha preso piede per altri motivi una esclusione meno radicale, ma non meno efficace del femminile; un "solus Christus" esagerato indusse a rifiutare ogni cooperazione della creatura, ogni significato autonomo della sua risposta e a vedervi un tradimento della grandezza della grazia. Perciò da Eva fino a Maria, lungo la linea femminile della Bibbia, non poteva esserci nulla di teologicamente rilevante: quanto i Padri e il Medioevo avevano detto al riguardo fu inesorabilmente bollato come ritorno al paganesimo e tradimento dell’unicità del Redentore.

«I femminismi radicali odierni», argomenta Ratzinger, «vanno senza dubbio interpretati solo come lo sfogo dello sdegno per una simile unilateralità, sfogo a lungo represso e che ora assume naturalmente posizioni davvero pagane o neognostiche: la rinuncia al Padre e al Figlio, che ivi si verifica, colpisce al cuore la testimonianza biblica.

«Tanto più importante diventa leggere la Bibbia stessa e leggerla tutta. Allora si vede che, nell’Antico Testamento, accanto e con la linea che va da Adamo ai patriarchi e al Servo di Dio, corre la linea che va da Eva, alle donne dei patriarchi, a figure come Debora, Ester e Rut e infine alla Sophia: un cammino che non si può teologicamente minimizzare, per quanto esso sia inconcluso e quindi aperto nella sua affermazione, per quanto esso sia incompiuto come tutto l’Antico Testamento, che rimane nell’attesa del Nuovo e della sua risposta. Ma come la linea adamitica riceve il suo senso da Cristo, così alla luce della figura di Maria e nella posizione della ecclesia diventa chiaro il significato della linea femminile, nella sua unione inseparabile col mistero cristologico.

«La scomparsa di Maria e della ecclesia in una corrente importante della teologia contemporanea è indice della sua incapacità di leggere la Bibbia nella sua totalità. L’allontanamento dalla ecclesia fa anzitutto scomparire il luogo esperienziale in cui tale unità diventa visibile. Tutto il resto segue poi da solo. Viceversa, per poter percepire il tutto, si presuppone l’accettazione del luogo fondamentale ecclesiale e quindi anche la rinuncia a una selezione storicistica all’interno del Nuovo Testamento, selezione secondo la quale ciò che è presuntamente più antico viene dichiarato l’unico valido, con conseguente deprezzamento di Luca e di Giovanni. Invece, solo nel tutto troviamo il tutto».

Tali concetti sono stati illustrati da Ratzinger anche nei suoi due saggi mariologici: La figlia di Sion. La devozione a Maria nella Chiesa e Maria. Chiesa nascente.

Il grande teologo e filosofo Romano Guardini (1885-1968).
Il grande teologo e filosofo Romano Guardini (1885-1968).

Maria e il nuovo femminismo

L’attenzione per la figura di Maria – che partecipa della condizione umana d’inferiorità sociale e religiosa in cui era lasciata la donna, ma che nello stesso tempo si eleva sulle sue sorelle come nuova Eva che esercita un influsso salvifico nella storia e come Theotókos o Madre verginale del Verbo incarnato – è intanto venuta recentemente crescendo nella riflessione della Chiesa, mentre il femminismo prende le distanze e non lesina critiche a questa immagine.

«La punta più impegnata del femminismo cattolico nei confronti della mariologia», rileva Stefano De Fiores in Maria. Nuovissimo Dizionario (vol. 1, EDB, pag. 621), «è rappresentata dalla teologa statunitense Elizabeth Johnson, che nel 2003 pubblica il grosso volume Vera nostra sorella. Una teologia di Maria nella comunione dei santi (Queriniana, Brescia 2005)».

La nuova prospettiva avanzata dalla Johnson è di lasciare il simbolismo per «vedere in Maria – storicamente madre di Gesù e definita nella fede Theotókos (o genitrice di Dio) – una donna concreta della nostra storia che ha camminato con lo Spirito [...]. La mia proposta è che per elaborare una teologia liberante di Maria una pista feconda sia collocarla nella comunione dei santi, e qui ricordarla, nel pericolo e nella consolazione, come una donna con la propria storia particolare, tra le sue contemporanee e dinanzi a Dio» (pp. 11 e 191).

Si tratta di un cambiamento radicale di prospettiva: superando l’inculturazione operata nel secondo millennio che considera Maria nella sua soggettività separata dall’economia della salvezza, occorre riallinearsi con il modello del primo millennio. Da mediatrice situata a metà strada tra Dio e noi, Maria deve tornare a essere «una donna che è vera nostra sorella nelle nostre lotte», deve cioè essere restituita alla sua umanità concreta. E da eccezione, conseguente alla cultura del privilegio, Maria deve essere vista con il Vaticano II come tipo e modello: «Soltanto quando Maria non sarà più l’eccezione, ma diventa la regola per lo status socio-ecclesiale delle donne, il suo culto potrà diventare credibile e la sua immagine potrà sviluppare un potere di trasformazione a favore della solidarietà, della giustizia e della liberazione» (E. Schüssler Fiorenza, Gesù, figlio di Miriam, profeta di Sophia. Questioni critiche di cristologia femminista, Torino 1996, p. 239).


Ma già il futuro papa Benedetto XVI nel citato commento all’Enciclica Redemptoris Mater aveva introdotto tale discorso, paventando il rischio di una lettura femminista del documento di Giovanni Paolo II: «La comparsa di tendenze femministe ha naturalmente introdotto un elemento nuovo e inatteso, che minaccia di scompigliare un poco i fronti. Da un lato, l’immagine che la Chiesa traccia di Maria viene ivi presentata come la canonizzazione della dipendenza della donna e come la consacrazione della sua oppressione: la glorificazione della Vergine e Madre servizievole, obbediente e umile avrebbe fissato per secoli il ruolo della donna; una glorificazione tesa a tenerla soggetta. Dall’altro lato, la figura di Maria offre lo spunto per un’interpretazione nuova e rivoluzionaria della Bibbia: i "teologi della liberazione" si richiamano al Magnificat che annuncia la caduta dei potenti e l’elevazione degli umili; così il Magnificat diventa il faro di una teologia che considera suo compito incitare all’abbattimento degli ordinamenti esistenti».


Sembra che fosse specialmente questo secondo rischio a preoccupare il teologo Ratzinger: «La lettura femminista della Bibbia», analizza, «vede in Maria la donna emancipata che, libera e consapevole del proprio compito, si oppone a una cultura dominata dai maschi. La sua figura, assieme ad altri indizi speciosi, diventa una chiave ermeneutica che alluderebbe a un cristianesimo originariamente del tutto diverso, il cui slancio liberatore sarebbe poi stato di nuovo presto attutito e neutralizzato dalla struttura del potere maschile.

La cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso, Bibbia miniata napoletana, 1340: un brano che viene spesso letto in modo fuorviante.
La cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso, Bibbia miniata napoletana, 1340:
 un brano che viene spesso letto in modo fuorviante.

«Il carattere tendenzioso e forzato di simili interpretazioni è facile da riconoscere; comunque, esse potrebbero avere il vantaggio di renderci di nuovo più attenti a quel che la Bibbia ha effettivamente da dire su Maria. Questo potrebbe perciò essere anche il momento di prestare più attenzione del solito a un’enciclica mariana, che da parte sua si preoccupa unicamente di far parlare la Bibbia». Proprio per questo, «al fine di rendere più accessibile e comprensibile il documento papale e per facilitarne la lettura», precisa Ratzinger, va posto in luce il modo di procedere dell’enciclica che invita:

1 A leggere la Bibbia come un tutto: «il Papa [in Redemptoris Mater] parla con la Bibbia in questo atteggiamento: egli prende le sue parole così come esse risultano dal suo significato totale, come verità, come informazione su ciò che Dio e l’uomo sono realmente».

2 La linea femminile nella Bibbia. Applicando questo principio alla Redemptoris Mater, osserva infine Ratzinger: «A mio giudizio, l’importanza e l’attualità dell’Enciclica consistono non da ultimo sul fatto che essa ci guida a riscoprire la linea femminile nella Bibbia, con il suo specifico contenuto salvifico, e a imparare che né la cristologia elimina il femminile o lo riduce a una realtà insignificante, né, viceversa, il riconoscimento del femminile pregiudica la cristologia. Solo nella loro giusta relazione e unione si manifesta la verità su Dio e su noi stessi».

Bruno Simonetto
   

Per saperne di più...

Gnosi/gnosticismo. Termine che viene dal greco (gnosis=conoscenza). Indica un complesso di dottrine filosofico-religiose, sorte verso il II secolo dopo Cristo, che fondono elementi attinti da varie tradizioni religiose. Tra le idee fondamentali: la contrapposizione tra Dio e il mondo/materia (visti come negativi), tra un Dio creatore (Demiurgo cattivo) e Dio redentore (buono), la "caduta" dell’anima dal mondo divino nella materia e la necessità di una rivelazione, destinata solo a pochi eletti, per ritornare a Dio (salvezza attraverso la conoscenza).

Alcune correnti della gnosi attingono molto dal cristianesimo e fanno di Gesù (visto come essere puramente spirituale, senza l’incarnazione) il "Salvatore" che rivela parole di sapienza nascosta agli uomini "spirituali". Gnostico è il Vangelo di Tommaso: Gesù parla (spesso con parole simili a quelle dei Vangeli), ma non si dice nulla delle sue azioni, né della sua incarnazione o della passione.




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 La mariologia di Benedetto XVI – 27

 
di BRUNO SIMONETTO

La Madre di Gesù sintesi vivente del Vangelo
   

Nel magistero ordinario della predicazione papa Benedetto XVI ripropone con arte catechetica le sue grandi pagine di mariologia. Ne è un esempio l’omelia tenuta a Mariazell lo scorso 8 settembre.

Anche nella predicazione ordinaria, è sempre incisivo il magistero mariano di papa Ratzinger, profondo esegeta della parola di Dio applicata nel modo più autentico alla figura della Santa Vergine.

Del resto, Gesù Cristo, che è la verità (cf Gv 14,6), ha affidato agli apostoli il deposito della rivelazione da custodire fedelmente (cf 1Tm 6,20) e il compito di annunciarlo a tutte le genti (Mt 28,18-20). Gli apostoli lasciarono come successori nel loro compito di maestri i vescovi, perché il Vangelo fosse conservato integro e vivo nella Chiesa (cf Dei Verbum 7). Il carisma, il munus docendi del Papa e dei vescovi, consiste nel custodire, interpretare, esporre, difendere e trasmettere in forma viva e attuale, alla luce della rivelazione e sotto la guida dello Spirito Santo, i contenuti della fede e della morale. È compito peculiare del magistero dei pastori trasmettere i tesori sempre attuali della parola di Dio.

L’importanza di Maria nella storia della salvezza

L’importanza della Madre di Gesù nella storia della salvezza e il suo posto nella vita di fede e nell’esperienza spirituale del popolo cristiano, mai sfuggita al magistero dei papi e dei vescovi, sono un’esperienza quotidiana, una cordiale consuetudine, almeno nelle Chiese cattolica e orientale.

Natività del Beato Angelico (Convento di San Marco, Firenze, 1441).
Natività del Beato Angelico (Convento di San Marco, Firenze, 1441).

Giovanni Paolo II, nella Lettera ai sacerdoti per il Giovedì Santo del 1995, scriveva che Maria è divenuta anche «fondamentale per il pensare cristiano. Lo è innanzitutto sul piano teologico, per lo specialissimo rapporto di Maria con il Verbo incarnato e la Chiesa, suo mistico corpo. Ma lo è anche sul piano storico, antropologico e culturale».

Non mancano, però, voci che ritengono Maria un fatto marginale nel cristianesimo o un’interpretazione esagerata del cattolicesimo romano. A queste si contrappongono non poche voci autorevoli di teologi, biblisti, patrologi e liturgisti che, per la loro consuetudine a scrutare e approfondire il mistero della Santissima Trinità, di Cristo e della Chiesa, hanno contribuito a dare ponderati contributi alla mariologia non solo cattolica.

Uno di questi teologi del nostro tempo è certamente Joseph Ratzinger, ora Papa, che sulla Madre di Gesù ha scritto e parlato in modo essenziale presentandola come sintesi vivente del Vangelo di Gesù e della missione compiuta nel suo nome, poiché insegna come si accoglie la Parola (Annunciazione), la si genera (Natività), la si presenta al mondo (Epifania), la si conserva dentro di sé (vita di Nazareth), le si crede (presenza a Cana), la si diffonde (Visitazione), le si è fedeli nell’ora della prova (Crocifissione), la si testimonia nella condivisione della fede (Pentecoste).

Per quanto riguarda Maria, nella lunga storia del cristianesimo, il magistero dei pastori è stato vigile nell’arginare insidiose deviazioni dottrinali riguardanti il ruolo e il significato della Madre del Signore, ricorrendo al testo evangelico; solerte nel discernere i fondamenti biblici della pietà ecclesiale e popolare; sollecito nel cogliere, dall’insieme della Scrittura, le radici di una divina Rivelazione su importanti punti della dottrina ecclesiale. Specialmente a partire dal Vaticano II, il magistero è stato sempre più attento alla necessaria dimensione trinitaria, ecclesiale, antropologica, ecumenica, interreligiosa e interculturale della mariologia.

Benedetto XVI, con la sua "mariologia breve", si pone nella scia di queste attenzioni, come risulta dai suoi scritti mariani. Lo conferma anche il magistero ordinario che si esprime nelle sue omelie nelle feste della Vergine Maria. Riportiamo ad esempio, qui di seguito, alcuni passaggi dell’omelia che Papa Ratzinger ha tenuto a Mariazell, nel suo recente viaggio apostolico in Austria, in occasione dell’850° anniversario della fondazione di quel santuario.

Omelia nella festa della Natività di Maria

Nell’omelia della messa celebrata nella festa della Natività di Maria l’8 settembre 2007, papa Benedetto XVI ha detto fra l’altro: «Oggi ci inseriamo nel grande pellegrinaggio di molti secoli. Facciamo una sosta dalla Madre del Signore e la preghiamo: "Mostraci Gesù. Mostra a noi pellegrini Colui che è insieme la via e la meta: la verità e la vita" [...].

«"Guardare a Cristo", è il motto di questo giorno. Questo invito, per l’uomo in ricerca, si trasforma sempre di nuovo in una spontanea richiesta, una richiesta rivolta in particolare a Maria, che ci ha donato Cristo come il Figlio suo: "Mostraci Gesù!". [...] Maria risponde, presentandolo a noi innanzitutto come bambino.

Gesù incontra sua madre, pirografia del paolino Mario Moscatello.
Gesù incontra sua madre, pirografia del paolino Mario Moscatello.

«Dio si è fatto piccolo per noi. Dio non viene con la forza esteriore, ma viene nell’impotenza del suo amore, che costituisce la sua forza. Egli si dà nelle nostre mani. Chiede il nostro amore. Ci invita a diventare anche noi piccoli, a scendere dai nostri alti troni ed imparare ad essere bambini davanti a Dio. Ci chiede di fidarci di lui e di imparare così a stare nella verità e nell’amore. Il bambino Gesù ci ricorda naturalmente anche tutti i bambini del mondo, nei quali vuole venirci incontro. I bambini che vivono nella povertà; che vengono sfruttati come soldati; che non hanno mai potuto sperimentare l’amore dei genitori; i bambini malati e sofferenti, ma anche quelli gioiosi e sani. L’Europa è diventata povera di bambini: noi vogliamo tutto per noi stessi, e forse non ci fidiamo troppo del futuro. Ma priva di futuro sarà la terra solo quando si spegneranno le forze del cuore umano e della ragione illuminata dal cuore, quando il volto di Dio non splenderà più sopra la terra. Dove c’è Dio, là c’è futuro.

«"Guardare a Cristo": gettiamo ancora brevemente uno sguardo al Crocifisso sopra l’altare maggiore. Dio ha redento il mondo non mediante la spada, ma mediante la croce. Morente, Gesù stende le braccia. Questo è innanzitutto il gesto della passione, in cui egli si lascia inchiodare per noi, per darci la sua vita. Ma le braccia stese sono allo stesso tempo l’atteggiamento dell’orante, una posizione che il sacerdote assume quando nella preghiera allarga le braccia: Gesù ha trasformato la passione – la sua sofferenza e la sua morte – in preghiera, e così l’ha trasformata in un atto di amore verso Dio e verso gli uomini. Per questo, le braccia stese del Crocifisso sono, alla fine, anche un gesto di abbraccio, con cui egli ci attrae a sé, vuole racchiuderci nelle mani del suo amore. Così Egli è un’immagine del Dio vivente, è Dio stesso, a lui possiamo affidarci.

«"Guardare a Cristo" . Se questo noi facciamo, ci rendiamo conto che il cristianesimo è di più e qualcosa di diverso da un sistema morale, da una serie di richieste e di leggi. È il dono di un’amicizia che perdura nella vita e nella morte: "Non vi chiamo più servi, ma amici" (cf Gv 15,15), dice il Signore ai suoi. A questa amicizia noi ci affidiamo. Ma proprio perché il cristianesimo è più di una morale, è appunto il dono di un’amicizia, proprio per questo porta in sé anche una grande forza morale di cui noi, davanti alle sfide del nostro tempo, abbiamo tanto bisogno. Se con Gesù Cristo e con la sua Chiesa rileggiamo in modo sempre nuovo il decalogo del Sinai, [...] allora ci si rivela come un grande, valido, permanente ammaestramento. Il decalogo è innanzitutto un "sì" a Dio, a un Dio che ci ama e ci guida, che ci porta e, tuttavia, ci lascia la nostra libertà, anzi, la rende vera libertà (i primi tre comandamenti). È un "sì" alla famiglia (quarto comandamento), un "sì" alla vita (quinto comandamento), un "sì" ad un amore responsabile (sesto comandamento), un "sì" alla solidarietà, alla responsabilità sociale e alla giustizia (settimo comandamento), un "sì" alla verità (ottavo comandamento) e un "sì" al rispetto delle altre persone e di ciò che ad esse appartiene (nono e decimo comandamento). In virtù della forza della nostra amicizia col Dio vivente noi viviamo questo molteplice "sì" e al contempo lo portiamo come indicatore di percorso in questa nostra ora del mondo.

«"Mostraci Gesù!". Con questa domanda alla Madre del Signore ci siamo messi in cammino verso questo luogo. Questa stessa domanda ci accompagnerà quando torneremo nella nostra vita quotidiana. E sappiamo che Maria esaudisce la nostra preghiera: sì, in qualunque momento, quando guardiamo verso Maria, lei ci mostra Gesù. Così possiamo trovare la via giusta, seguirla passo passo, pieni della gioiosa fiducia che la via conduce nella luce – nella gioia dell’eterno Amore. Amen».

Cosa osservare su questo discorso mariologico dal tono schiettamente biblico-pastorale che appartiene all’insegnamento ordinario del Papa? Solo che anche nella sua predicazione di ogni giorno il Santo Padre trova il modo migliore per applicare in modo "catechetico" a Maria la profondità della sua teologia, ampiamente documentata dai suoi studi.


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Benedetto XVI al termine del Rosario a chiusura del mese dedicato a Maria
Il Magnificat è la più vera
interpretazione della storia



"Il Magnificat a distanza di secoli e millenni, resta la più vera e profonda interpretazione della storia". Lo ha affermato Benedetto xvi nel discorso al termine della recita del rosario a conclusione del mese mariano. La celebrazione si è svolta alla sera di sabato 31 maggio in piazza San Pietro.



Cari fratelli e sorelle!
Concludiamo il mese di maggio con questo suggestivo incontro di preghiera mariana. Vi saluto con affetto e vi ringrazio della vostra partecipazione. Saluto, in primo luogo, il Signor Cardinale Angelo Comastri; con lui saluto gli altri Cardinali, Arcivescovi, Vescovi e sacerdoti, intervenuti a questa celebrazione serale. Estendo il mio saluto alle persone consacrate e a tutti voi, cari fedeli laici, che con la vostra presenza avete voluto rendere omaggio alla Vergine Santissima.
Celebriamo quest'oggi la festa della Visitazione della Beata Vergine e la memoria del Cuore Immacolato di Maria.

Tutto pertanto ci invita a volgere lo sguardo con fiducia a Maria. A Lei, anche questa sera, ci siamo rivolti con l'antica e sempre attuale pia pratica del Rosario. Il Rosario, quando non è meccanica ripetizione di formule tradizionali, è una meditazione biblica che ci fa ripercorrere gli eventi della vita del Signore in compagnia della Beata Vergine, conservandoli, come Lei, nel nostro cuore. In tante comunità cristiane, durante il mese di maggio, esiste la bella consuetudine di recitare in modo più solenne il Santo Rosario in famiglia e nelle parrocchie. Ora, che termina il mese, non cessi questa buona abitudine; anzi prosegua con ancor maggiore impegno, affinché, alla scuola di Maria, la lampada della fede brilli sempre più nel cuore dei cristiani e nelle loro case.

Nell'odierna festa della Visitazione la liturgia ci fa riascoltare il brano del Vangelo di Luca, che racconta il viaggio di Maria da Nazareth alla casa dell'anziana cugina Elisabetta. Immaginiamo lo stato d'animo della Vergine dopo l'Annunciazione, quando l'Angelo partì da Lei. Maria si ritrovò con un grande mistero racchiuso nel grembo; sapeva che qualcosa di straordinariamente unico era accaduto; si rendeva conto che era iniziato l'ultimo capitolo della storia della salvezza del mondo. Ma tutto, intorno a Lei, era rimasto come prima e il villaggio di Nazareth era completamente ignaro di ciò che Le era accaduto.

Prima di preoccuparsi di se stessa, Maria pensa però all'anziana Elisabetta, che ha saputo essere in gravidanza avanzata e, spinta dal mistero di amore che ha appena accolto in se stessa, si mette in cammino "in fretta" per andare a portarle il suo aiuto. Ecco la grandezza semplice e sublime di Maria! Quando giunge alla casa di Elisabetta, accade un fatto che nessun pittore potrà mai rendere con la bellezza e la profondità del suo realizzarsi. La luce interiore dello Spirito Santo avvolge le loro persone. Ed Elisabetta, illuminata dall'Alto, esclama: "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore" (Lc 1, 42-45).

Queste parole potrebbero apparirci sproporzionate rispetto al contesto reale. Elisabetta è una delle tante anziane di Israele e Maria una sconosciuta fanciulla di uno sperduto villaggio della Galilea. Che cosa possono essere e che cosa possono fare in un mondo nel quale contano altre persone e pesano altri poteri? Tuttavia, Maria ancora una volta ci stupisce; il suo cuore è limpido, totalmente aperto alle luce di Dio; la sua anima è senza peccato, non appesantita dall'orgoglio e dall'egoismo. Le parole di Elisabetta accendono nel suo spirito un cantico di lode, che è un'autentica e profonda lettura "teologica" della storia: una lettura che noi dobbiamo continuamente imparare da Colei la cui fede è senza ombre e senza incrinature. "L'anima mia magnifica il Signore". Maria riconosce la grandezza di Dio. Questo è il primo indispensabile sentimento della fede; il sentimento che dà sicurezza all'umana creatura e la libera dalla paura, pur in mezzo alle bufere della storia.

Andando oltre la superficie, Maria "vede" con gli occhi della fede l'opera di Dio nella storia. Per questo è beata, perché ha creduto: per la fede, infatti, ha accolto la Parola del Signore e ha concepito il Verbo incarnato. La sua fede Le ha fatto vedere che i troni dei potenti di questo mondo sono tutti provvisori, mentre il trono di Dio è l'unica roccia che non muta e non cade. E il suo Magnificat, a distanza di secoli e millenni, resta la più vera e profonda interpretazione della storia, mentre le letture fatte da tanti sapienti di questo mondo sono state smentite dai fatti nel corso dei secoli.

Cari fratelli e sorelle! Torniamo a casa con il Magnificat nel cuore. Portiamo in noi i medesimi sentimenti di lode e di ringraziamento di Maria verso il Signore, la sua fede e la sua speranza, il suo docile abbandono nelle mani della Provvidenza divina. Imitiamo il suo esempio di disponibilità e generosità nel servire i fratelli. Solo, infatti, accogliendo l'amore di Dio e facendo della nostra esistenza un servizio disinteressato e generoso al prossimo, potremo elevare con gioia un canto di lode al Signore. Ci ottenga questa grazia la Madonna, che questa sera ci invita a trovare rifugio nel suo Cuore Immacolato. A voi tutti la mia Benedizione.
(©L'Osservatore Romano - 2-3 giugno 2008)

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Vogliamo essere veramente segno di contraddizione?

Altro non vi dico (…) Non vorrei più parole, ma trovarmi nel campo della battaglia, sostenendo le pene, e combattendo con voi insieme per la verità infino alla morte, per gloria e lode del nome di Dio, e reformazione della Santa Chiesa…”
(Santa Caterina da Siena, Lettera 305 al Papa Urbano VI ove lottò fino alla morte per difendere l’autorità del Pontefice)

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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25/09/2009 15:24
 
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In occasione della diffusione dell'Enciclica di Giovanni Paolo II "Redemptoris mater",
che trovate qui:
difenderelafede.freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=8756737&p=3&#idm...
l'allora Card. Ratzinger pubblicò una riflessione sull'utilità dell'enciclica nella quale affrontava diversi temi di natura esegetico-biblica.
Riproduciamo qui una breve riflessione sul ruolo della Beata Vergine Maria quale "antidoto" alla "eresia eterna" costituita dalla gnosi, al moderno femminismo e agli altri errori del nostro tempo.


[SM=g1740733]

Il cosiddetto Vangelo degli egiziani, risalente al secolo II, attribuisce queste parole a Gesù: "Sono venuto ad annullare le opere della realtà femminile" (1).

Tali parole esprimono un motivo fondamentale dell’interpretazione gnostica del cristianesimo, motivo fondamentale che – in una formulazione un po' diversa - ricorre anche nel cosiddetto Vangelo di Tomaso: "Allorché di due ne farete uno, allorché farete... la parte superiore come l'inferiore, allorché del maschio e della femmina farete un unico essere sicché non vi sia più né maschio né femmina…. allora entrerete nel regno" (2). Similmente ivi leggiamo in chiara contrapposizione a Gal 4,4: "Quando vedrete colui che non è nato da donna, prostratevi bocconi e adoratelo: egli è il vostro padre"(3).

In questo contesto è interessante osservare come Romano Guardini veda un segno del superamento dello schema fondamentale gnostico da parte degli scritti giovannei nel fatto "che nel complesso dell'Apocalisse il femminile gode di quella pari dignità del maschile, che Cristo gli ha conferito. E vero che il momento del male, della sensualità e del femminile confluiscono nella figura della prostituta babilonese; ciò però sarebbe pensato in termini gnostici solo se dall'altra parte il bene comparisse solo in figura maschile. In verità esso trova un'espressione radiosa nella comparsa della donna cinta di stelle. Se proprio volessimo parlare di una prevalenza, dovremmo piuttosto assegnarla al femminile; infatti la figura, in cui il mondo redento si struttura in maniera definitiva, è quello della 'sposa' (4).

Con questa osservazione Guardini ha messo il dito su una questione fondamentale di una giusta interpretazione della Bibbia. L'esegesi gnostica è caratterizzata dal fatto di identificare il femminile con la materia, con il negativo e con il nulla, cose che non possono far parte dell'affermazione salvifica della Bibbia; naturalmente simili posizioni radicali possono anche capovolgersi nel loro opposto, nella rivolta contro valutazioni del genere e nel loro completo rovesciamento.

Nell'evo moderno, a partire dal messaggio biblico, ha preso piede per altri motivi una esclusione meno radicale, ma non meno efficace del femminile; un "solus Christus" esagerato indusse a rifiutare ogni cooperazione della creatura, ogni significato autonomo della sua risposta e a vedervi un tradimento della grandezza della grazia. Perciò da Eva fino a Maria, lungo la linea femminile della Bibbia, non poteva esserci nulla di teologicamente rilevante: quanto i Padri e il medioevo avevano detto al riguardo fu inesorabilmente bollato come ritorno al paganesimo, come tradimento dell'unicità del Redentore.

I femminismi radicali odierni vanno senza dubbio interpretati solo come lo sfogo dello sdegno per una simile unilateralità, sfogo a lungo represso e che ora assume naturalmente posizioni davvero pagane o neognostiche: la rinuncia al Padre e al Figlio, che ivi si verifica, colpisce al cuore la testimonianza biblica (5).

Tanto più importante diventa leggere la Bibbia stessa e leggerla tutta. Allora si vede che, nell'Antico Testamento, accanto e con la linea che va da Adamo, ai patriarchi e al Servo di Dio, corre la linea che va da Eva, alle donne dei patriarchi, a figure come Debora, Ester e Rut e infine alla Sophia - un cammino che non si può teologicamente minimizzare, per quanto esso sia inconcluso e quindi aperto nella sua affermazione, per quanto esso sia incompiuto come tutto l'Antico Testamento, che rimane nell'attesa del Nuovo e della sua risposta. Ma come la linea adamitica riceve il suo senso da Cristo, così alla luce della figura di Maria e nella posizione della "ecclesia" diventa chiaro il significato della linea femminile, nella sua unione inseparabile col mistero cristologico.

La scomparsa di Maria e della "ecclesia" in una corrente importante della teologia contemporanea è indice della sua incapacità di leggere la Bibbia nella sua totalità. L'allontanamento dalla "ecclesia" fa anzitutto scomparire il luogo esperienziale, in cui tale unità diventa visibile. Tutto il resto segue poi da solo. Viceversa, per poter percepire il tutto, si presuppone l'accettazione del luogo fondamentale ecclesiale e quindi anche la rinuncia a una selezione storicistica all'interno del Nuovo Testamento, selezione secondo la quale ciò che è presuntamente più antico viene dichiarato l'unico valido, con conseguente deprezzamento di Luca e Giovanni. Invece solo nel tutto troviamo il tutto (5).

[…]

I radicalismi che lacerano il nostro tempo, che spingono la lotta di classe fino alle radici dell'essere umano - al rapporto fra uomo e donna -, sono "eresie" nel senso letterale del termine: selezione, che rifiuta il tutto. Solo la riacquisizione di tutta la Bibbia può riportare l'uomo in quel centro, in cui egli diventa pienamente se stesso.

Così il dramma odierno potrebbe aiutare a capire l'invito a una lettura anche mariana della Bibbia meglio di quanto ciò sembrasse possibile fino a poco tempo fa; viceversa noi abbiamo bisogno di questa lettura per poter far fronte alla sfida antropologica odierna.



NOTE

1) Logion 22. Cito dall'edizione copto-tedesca, che A. GUILLAUMONT, H.- CH. PUECH, G. GUISPEL e altri hanno pubblicato nel 1959 presso Brill a Leida [trad. it., in Apocrifi del nuovo Testamento, I. UTET, Torino 1971, 487]. Paralleli al logion 22 se ne riscontrano in una serie di altri logia, per es. 37; 106; 46; 31 ecc. Sulla natura e sulla datazione del Vangelo di Tomaso cf. H.-CH. PUECH, in HENNECKE - SCHNEEMELCHER. op. cit., I, 199-223. Molto illuminante sul significato di questi testi è il contributo di J. B. BAUER, "Echte Jesusworte?", in W. C. VAN UNNIK, Evangelien aus dem Nilsand, Frankfurt a. M. 1960, 108-150. Nell'odierno dibattito sul femminismo sarebbe importante tenere presente lo sfondo storico e culturale, qui emergente, su cui il cristianesimo andò strutturandosi nel mondo antico; ciò aiuterebbe a capire come nel cristianesimo ecclesiale e nella sua scelta degli scritti canonici fu salvaguardata l'unicità e la novità di Gesù contro le correnti, in cui lo spirito del tempo trasfigurava e assolutizzava religiosamente se stesso.

2) Logion 15 [trad. it, op. cit., 486].

3) R. GUARDINI, Das Christusbild der paulinischen und johanneischen Schriften, Wurzburg 1961, 180. Quest'opera troppo poco considerata di Guardini contiene una serie di osservazioni importanti e finora non recepite sia a proposito di questioni fondamentali dell'interpretazione teologica della Bibbia, sia a proposito dell'esatta comprensione della cristologia paolina e giovannea.

4) Sulla dissoluzione femministica dell'immagine cristiana di Dio è istruttivo CARL F. X. HENRY, God, Revelation and Authority V, Word Bootes, Waw Texas, s. d., ca. 1984; tipico dell'interpretazione femministica del Nuovo Testamento è E. SCHUSSLER-FIORENZA, In memory of Her. A Feminist theological reconstruction of Christian origins, New York 1983.

5) Ho cercato di spiegare questi concetti nel mio libricino Die Tochter Zion, Einsiedeln 1977.

(Brano tratto dal volume Maria: Chiesa nascente; Edizioni San Paolo
Cinisello Balsamo (MI) 2005, 1 ed., 88 pagine, ISBN 88-215-5471-6;
www.edizionisanpaolo.it/scheda.asp?CDUCompleto=98A3 )



[SM=g1740750]
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27/05/2011 15:45
 
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DISCORSO DEL SANTO PADRE A SANTA MARIA MAGGIORE

dopo la recita del Santo Rosario con i Vescovi, in occasione dei 150 anni dell'Unità d'Italia e per rinnovare l'Atto di affidamento a Maria della Nazione al Cuore Immacolato di Maria del 1959



Venerati e cari Confratelli,

siete convenuti in questa splendida Basilica - luogo nel quale spiritualità e arte si fondono in un connubio secolare - per condividere un intenso momento di preghiera, con il quale affidare alla protezione materna di Maria, Mater unitatis, l’intero popolo italiano, a centocinquant’anni dall’unità politica del Paese. È significativo che questa iniziativa sia stata preparata da analoghi incontri nelle diocesi: anche in questo modo esprimete la premura della Chiesa nel farsi prossima alle sorti di questa amata Nazione. A nostra volta, ci sentiamo in comunione con ogni comunità, anche con la più piccola, in cui rimane viva la tradizione che dedica il mese di maggio alla devozione mariana. Essa trova espressione in tanti segni: santuari, chiesette, opere d’arte e, soprattutto, nella preghiera del Santo Rosario, con cui il Popolo di Dio ringrazia per il bene che incessantemente riceve dal Signore, attraverso l’intercessione di Maria Santissima, e lo supplica per le sue molteplici necessità. La preghiera – che ha il suo vertice nella liturgia, la cui forma è custodita dalla vivente tradizione della Chiesa – è sempre un fare spazio a Dio: la sua azione ci rende partecipi della storia della salvezza. Questa sera, in particolare, alla scuola di Maria siamo stati invitati a condividere i passi di Gesù: a scendere con Lui al fiume Giordano, perché lo Spirito confermi in noi la grazia del Battesimo; a sederci al banchetto di Cana, per ricevere da Lui il “vino buono” della festa; ad entrare nella sinagoga di Nazaret, come poveri ai quali è rivolto il lieto messaggio del Regno di Dio; ancora, a salire sul Monte Tabor, per vivere la croce nella luce pasquale; e, infine, a partecipare nel Cenacolo al nuovo ed eterno sacrificio, che, anticipando i cieli nuovi e la terra nuova, rigenera tutta la creazione.

Questa Basilica è la prima in Occidente dedicata alla Vergine Madre di Dio. Nell’entrarvi, il mio pensiero è tornato al primo giorno dell’anno 2000, quando il Beato Giovanni Paolo II ne aprì la Porta Santa, affidando l’Anno giubilare a Maria, perché vegliasse sul cammino di quanti si riconoscevano pellegrini di grazia e di misericordia.

Noi stessi oggi non esitiamo a sentirci tali, desiderosi di varcare la soglia di quella “Porta” Santissima che è Cristo e vogliamo chiedere alla Vergine Maria di sostenere il nostro cammino ed intercedere per noi. In quanto Figlio di Dio, Cristo è forma dell’uomo: ne è la verità più profonda, la linfa che feconda una storia altrimenti irrimediabilmente compromessa. La preghiera ci aiuta a riconoscere in Lui il centro della nostra vita, a rimanere alla sua presenza, a conformare la nostra volontà alla sua, a fare “qualsiasi cosa ci dica” (Gv 2,5), certi della sua fedeltà. Questo è il compito essenziale della Chiesa, da Lui incoronata quale mistica sposa, come la contempliamo nello splendore del catino absidale. Maria ne costituisce il modello: è colei che ci porge lo specchio, in cui siamo invitati a riconoscere la nostra identità. La sua vita è un appello a ricondurre ciò che siamo all’ascolto e all’accoglienza della Parola, giungendo nella fede a magnificare il Signore, davanti al quale l’unica nostra possibile grandezza è quella che si esprime nell’obbedienza filiale: “Avvenga per me secondo la tua parola” (Lc 1,38). Maria si è fidata: lei è la “benedetta” (cfr Lc 1,42), che è tale per aver creduto (cfr Lc 1,45), fino ad essersi così rivestita di Cristo da entrare nel “settimo giorno”, partecipe del riposo di Dio. Le disposizioni del suo cuore – l’ascolto, l’accoglienza, l’umiltà, la fedeltà, la lode e l’attesa – corrispondono agli atteggiamenti interiori e ai gesti che plasmano la vita cristiana. Di essi si nutre la Chiesa, consapevole che esprimono ciò che Dio attende da lei.

Sul bronzo della Porta Santa di questa Basilica è incisa la raffigurazione del Concilio di Efeso. L’edificio stesso, risalente nel nucleo originario al V secolo, è legato a quell’assise ecumenica, celebrata nell’anno 431. A Efeso la Chiesa unita difese e confermò per Maria il titolo di Theotókos, Madre di Dio: titolo dal contenuto cristologico, che rinvia al mistero dell’incarnazione ed esprime nel Figlio l’unità della natura umana con quella divina. Del resto, è la persona e la vicenda di Gesù di Nazaret a illuminare l’Antico Testamento e il volto stesso di Maria. In lei si coglie in filigrana il disegno unitario che intreccia i due Testamenti.

Nella sua vicenda personale c’è la sintesi della storia di un intero popolo, che pone la Chiesa in continuità con l’antico Israele. All’interno di questa prospettiva ricevono senso le singole storie, a partire da quelle delle grandi donne dell’Antica Alleanza, nella cui vita è rappresentato un popolo umiliato, sconfitto e deportato. Sono anche le stesse, però, che ne impersonano la speranza; sono il “resto santo”, segno che il progetto di Dio non rimane un’idea astratta, ma trova corrispondenza in una risposta pura, in una libertà che si dona senza nulla trattenere, in un sì che è accoglienza piena e dono perfetto. Maria ne è l’espressione più alta. Su di lei, vergine, discende la potenza creatrice dello Spirito Santo, lo stesso che “in principio” aleggiava sull’abisso informe (cfr Gen 1,1) e grazie al quale Dio chiamò l’essere dal nulla; lo Spirito che feconda e plasma la creazione. Aprendosi alla sua azione, Maria genera il Figlio, presenza del Dio che viene ad abitare la storia e la apre a un nuovo e definitivo inizio, che è possibilità per ogni uomo di rinascere dall’alto, di vivere nella volontà di Dio e quindi di realizzarsi pienamente.

La fede, infatti, non è alienazione: sono altre le esperienze che inquinano la dignità dell’uomo e la qualità della convivenza sociale! In ogni stagione storica l’incontro con la parola sempre nuova del Vangelo è stato sorgente di civiltà, ha costruito ponti fra i popoli e ha arricchito il tessuto delle nostre città, esprimendosi nella cultura, nelle arti e, non da ultimo, nelle mille forme della carità.

A ragione l’Italia, celebrando i centocinquant’anni della sua unità politica, può essere orgogliosa della presenza e dell’azione della Chiesa. Essa non persegue privilegi né intende sostituirsi alle responsabilità delle istituzioni politiche; rispettosa della legittima laicità dello Stato, è attenta a sostenere i diritti fondamentali dell’uomo.


Fra questi vi sono anzitutto le istanze etiche e quindi l’apertura alla trascendenza, che costituiscono valori previi a qualsiasi giurisdizione statale, in quanto iscritti nella natura stessa della persona umana. In questa prospettiva, la Chiesa – forte di una riflessione collegiale e dell’esperienza diretta sul territorio – continua a offrire il proprio contributo alla costruzione del bene comune, richiamando ciascuno al dovere di promuovere e tutelare la vita umana in tutte le sue fasi e di sostenere fattivamente la famiglia; questa rimane, infatti, la prima realtà nella quale possono crescere persone libere e responsabili, formate a quei valori profondi che aprono alla fraternità e che consentono di affrontare anche le avversità della vita. Non ultima fra queste, c’è oggi la difficoltà ad accedere ad una piena e dignitosa occupazione: mi unisco, perciò, a quanti chiedono alla politica e al mondo imprenditoriale di compiere ogni sforzo per superare il diffuso precariato lavorativo, che nei giovani compromette la serenità di un progetto di vita familiare, con grave danno per uno sviluppo autentico e armonico della società.

Cari Confratelli, l’anniversario dell’evento fondativo dello Stato unitario vi ha trovati puntuali nel richiamare i tasselli di una memoria condivisa e sensibili nell’additare gli elementi di una prospettiva futura. Non esitate a stimolare i fedeli laici a vincere ogni spirito di chiusura, distrazione e indifferenza, e a partecipare in prima persona alla vita pubblica. Incoraggiate le iniziative di formazione ispirate alla dottrina sociale della Chiesa, affinché chi è chiamato a responsabilità politiche e amministrative non rimanga vittima della tentazione di sfruttare la propria posizione per interessi personali o per sete di potere. Sostenete la vasta rete di aggregazioni e di associazioni che promuovono opere di carattere culturale, sociale e caritativo.

Rinnovate le occasioni di incontro, nel segno della reciprocità, tra Settentrione e Mezzogiorno. Aiutate il Nord a recuperare le motivazioni originarie di quel vasto movimento cooperativistico di ispirazione cristiana che è stato animatore di una cultura della solidarietà e dello sviluppo economico. Similmente, provocate il Sud a mettere in circolo, a beneficio di tutti, le risorse e le qualità di cui dispone e quei tratti di accoglienza e di ospitalità che lo caratterizzano. Continuate a coltivare uno spirito di sincera e leale collaborazione con lo Stato, sapendo che tale relazione è benefica tanto per la Chiesa quanto per il Paese intero.

La vostra parola e la vostra azione siano di incoraggiamento e di sprone per quanti sono chiamati a gestire la complessità che caratterizza il tempo presente. In una stagione, nella quale emerge con sempre maggior forza la richiesta di solidi riferimenti spirituali, sappiate porgere a tutti ciò che è peculiare dell’esperienza cristiana: la vittoria di Dio sul male e sulla morte, quale orizzonte che getta una luce di speranza sul presente. Assumendo l’educazione come filo conduttore dell’impegno pastorale di questo decennio, avete voluto esprimere la certezza che l’esistenza cristiana – la vita buona del Vangelo – è proprio la dimostrazione di una vita realizzata. Su questa strada voi assicurate un servizio non solo religioso o ecclesiale, ma anche sociale, contribuendo a costruire la città dell’uomo. Coraggio, dunque! Nonostante tutte le difficoltà, “nulla è impossibile a Dio” (Lc 1,37), a Colui che continua a fare “grandi cose” (Lc 1,49) attraverso quanti, come Maria, sanno consegnarsi a lui con disponibilità incondizionata.

Sotto la protezione della Mater unitatis poniamo tutto il popolo italiano, perché il Signore gli conceda i doni inestimabili della pace e della fraternità e, quindi, dello sviluppo solidale. Aiuti le forze politiche a vivere anche l’anniversario dell’Unità come occasione per rinsaldare il vincolo nazionale e superare ogni pregiudiziale contrapposizione: le diverse e legittime sensibilità, esperienze e prospettive possano ricomporsi in un quadro più ampio per cercare insieme ciò che veramente giova al bene del Paese.

L’esempio di Maria apra la via a una società più giusta, matura e responsabile, capace di riscoprire i valori profondi del cuore umano. La Madre di Dio incoraggi i giovani, sostenga le famiglie, conforti gli ammalati, implori su ciascuno una rinnovata effusione dello Spirito, aiutandoci a riconoscere e a seguire anche in questo tempo il Signore, che è il vero bene della vita, perché è la vita stessa.

Di cuore benedico voi e le vostre comunità.



IL TESTO DELL'ATTO DI AFFIDAMENTO DELLA NAZIONE ITALIANA ALLA VERGINE MARIA
del santo Padre Benedetto XVI

Vergine Maria,
Mater Unitatis,
questa sera intendiamo specchiarci in te
e porre sotto il manto della tua protezione
l’amato popolo italiano.

Vergine del Fiat,
la tua vita celebra il primato di Dio:
alimenta in noi lo stupore della fede,
insegnaci a custodire nella preghiera
quest’opera che restituisce unità alla vita.
Vergine del servizio,
donaci di comprendere a quale libertà
tende un’esistenza donata,
quale segreto di bellezza
è racchiuso nella verità di un incontro.

Vergine della Croce,
concedici di contemplare
la vittoria di Cristo sul mistero del male,
capaci di esprimere ragioni di speranza
e presenza d’amore nelle contraddizioni del tempo.

Vergine del Cenacolo,
sollecita le nostre Chiese a cooperare tra loro,
nella comunione con il Vescovo di Roma.
Rendi tutti noi partecipi del destino di questo Paese,
bisognoso di concordia e di sviluppo.

Vergine del Magnificat,
liberaci dalla rassegnazione,
donaci un cuore riconciliato,
suscita in noi la lode e la riconoscenza.
E saremo perseveranti nella fedeltà sino alla fine.






Pope Benedict XVI prays during the rosary prayer at St Mary Major   Basilica in Rome on May 26, 2011.Pope Benedict XVI prays during the rosary prayer at St Mary Major   Basilica in Rome on May 26, 2011.
Pope Benedict XVI prays during the rosary prayer at St Mary Major   Basilica in Rome on May 26, 2011.Pope Benedict XVI prays during the rosary prayer at St Mary Major   Basilica in Rome on May 26, 2011.
A   bishop holds rosary beads as he atttends a rosary prayer celebrated by   Pope Benedict XVI at Saint Mary Major Basilica in Rome May 26, 2011.A   prelate holds a rosary  as he listens to Pope Benedict XVI reciting the   rosary prayer, at the Santa Maria Maggiore Basilica in Rome Thursday,   May 26, 2011.
Pope Benedict XVI recites the rosary prayer, at the Santa Maria   Maggiore Basilica in Rome Thursday, May 26, 2011.
Pope Benedict XVI celebrates a rosary prayer at Saint Mary Major   Basilica in Rome May 26, 2011.



IL COMMENTO DI AGENZIA SIR

"Affidare" a Maria con il ricorso ad una delle preghiere più popolari quale il Rosario non è un atto di rassegnata attribuzione ad altri delle responsabilità, non è un gesto magico: "La fede non è alienazione", quanto una presa di coscienza, più profonda e lucida, della responsabilità delle persone chiamate a "fare spazio a Dio" nella vita privata e pubblica, e porsi "alla scuola di Maria". La Vergine ci invita a "condividere i passi di Gesù", camminare sul sentiero da lui indicato, imitando lui che è "la forma dell'uomo, la sua verità più profonda, la linfa che feconda una storia altrimenti irrimediabilmente compromessa". La preghiera dei vescovi con il Papa è invocazione a Dio, richiesta d'intercessione di Maria, è confessione di povertà e insufficienza delle risorse umane di fronte ai grandi e complessi problemi della storia contemporanea, ma è anche messaggio e ammonimento per amministratori, politici e cittadini. Un invito a prendere sul serio la dimensione politica della vita collettiva, a essere sensibili e capaci di rappresentare le istanze sociali, a ricostruire la storia in termini non faziosi, a concepire la laicità in modo rispettoso dei diritti dei fedeli e delle comunità religiose, a riconoscere l'importanza della presenza della Chiesa nella storia italiana di questi centocinquanta anni. In una parola ad affrontare la vita politica e sociale sulla base delle categorie della fraternità e del bene comune.

Benedetto XVI ha voluto ricordare a chiare lettere: "A ragione l'Italia celebrando i centocinquanta anni di unità politica può essere orgogliosa della presenza e dell'azione della Chiesa" e rivendica il diritto di rappresentare le istanze etiche e di difendere i valori e i diritti fondamentali dell'uomo che sono "previ rispetto a qualsiasi giurisdizione statale", in quanto iscritti nella natura stessa della persona umana.
La Chiesa così fa la sua politica, nel modo più alto e dignitoso, in ginocchio, con lo sguardo in alto, dando un segnale di umile forza, capace di trasformare il modo e lo stile di operare nella sfera pubblica, allontanandone la corruzione in tutte le sue molteplici forme, anche quella devastante degli speculatori finanziari, e le miserie e meschinità quotidiane.


Esplicitamente, mettendosi dalla parte di chi si trova in difficoltà ed è perdente in questo momento, mentre nelle piazze si attivano manifestazioni di protesta, segno di un crescente disagio, Benedetto XVI fa un appello a favore dei disoccupati, dei precari, per costruire insieme una società più giusta, tutelare la vita umana e sostenere gli sforzi della famiglia perché possa dar vita e educare nuove generazioni, persone libere e responsabili, per una società rinnovata.
In questo centocinquantesimo anniversario, superato ogni equivoco e dissapore, la Chiesa si trova bene in Italia e l'Italia non ha nulla da rimproverare alla Chiesa, anzi deve esserle grata per tutta l'opera di educazione, di promozione sociale che non ha mai cessato di svolgere. Ricostruendo la storia del cammino unitario non sarebbe inutile rimarcare il ruolo della preghiera e dell'invocazione, da quel "Gran Dio benedite l'Italia!" di Pio IX (1848), ai dogmi mariani dell'Ottocento e a quello ultimo di metà secolo scorso con la proclamazione di Maria Assunta in cielo. In tutto il territorio nazionale e nei suoi spazi anche più reconditi e riservati, nelle mille edicole di campagna e nelle immagini venerate nelle case, Maria, è una presenza rassicurante e benedetta e lo è anche negli snodi della nostra storia. In comunione con tutti i pastori il popolo non mancherà di perseverare nell'invocazione alla Madre di tutti gli italiani riconosciuta con Dante come segno di "speranza vivace".

 Sir


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Benedetto XVI ha voluto ricordare a chiare lettere: "A ragione l'Italia celebrando i centocinquanta anni di unità politica può essere orgogliosa della presenza e dell'azione della Chiesa" e rivendica il diritto di rappresentare le istanze etiche e di difendere i valori e i diritti fondamentali dell'uomo che sono "previ rispetto a qualsiasi giurisdizione statale", in quanto iscritti nella natura stessa della persona umana.
La Chiesa così fa la sua politica, nel modo più alto e dignitoso, in ginocchio, con lo sguardo in alto, dando un segnale di umile forza, capace di trasformare il modo e lo stile di operare nella sfera pubblica, allontanandone la corruzione in tutte le sue molteplici forme, anche quella devastante degli speculatori finanziari, e le miserie e meschinità quotidiane.


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è il più bel commento sull'evento....
un grazie a Benedetto XVI che ci ha riportato IN GINOCCHIO davanti al Tabernacolo e davanti a Maria....

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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05/11/2011 19:08
 
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[SM=g1740733] Cari Amici,
non vorremmo che sfuggisse alla nostra attenzione la stupenda Catechesi del santo Padre Benedetto XVI, in occasione della sua vistita Pastorale in Germania e per i Vespri presso il Santuario Mariano di Etezelsbach il 23 settembre 2011
Buona meditazione

it.gloria.tv/?media=212243

Movimento Domenicano del Rosario
www.sulrosario.org
info@sulrosario.org



[SM=g1740717]

[SM=g1740750]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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ASSEMBLEA SPECIALE PER IL MEDIO ORIENTE
DEL SINODO DEI VESCOVI

MEDITAZIONE DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
NEL CORSO DELLA PRIMA CONGREGAZIONE GENERALE

Aula del Sinodo
Lunedì, 11 ottobre 2010

  

Cari fratelli e sorelle,

l'11 ottobre 1962, quarantotto anni fa, Papa Giovanni XXIII inaugurava il Concilio Vaticano II. Si celebrava allora l'11 ottobre la festa della Maternità divina di Maria, e, con questo gesto, con questa data, Papa Giovanni voleva affidare tutto il Concilio alle mani materne, al cuore materno della Madonna. Anche noi cominciamo l'11 ottobre, anche noi vogliamo affidare questo Sinodo, con tutti i problemi, con tutte le sfide, con tutte le speranze, al cuore materno della Madonna, della Madre di Dio.

Pio XI, nel 1930, aveva introdotto questa festa, milleseicento anni dopo il Concilio di Efeso, il quale aveva legittimato, per Maria, il titolo Theotókos, Dei Genitrix. In questa grande parola Dei Genitrix, Theotókos, il Concilio di Efeso aveva riassunto tutta la dottrina di Cristo, di Maria, tutta la dottrina della redenzione. E così vale la pena riflettere un po', un momento, su ciò di cui parla il Concilio di Efeso, ciò di cui parla questo giorno.

In realtà, Theotókos è un titolo audace. Una donna è Madre di Dio. Si potrebbe dire: come è possibile? Dio è eterno, è il Creatore. Noi siamo creature, siamo nel tempo: come potrebbe una persona umana essere Madre di Dio, dell'Eterno, dato che noi siamo tutti nel tempo, siamo tutti creature? Perciò si capisce che c'era forte opposizione, in parte, contro questa parola. I nestoriani dicevano: si può parlare di Christotókos, sì, ma di Theotókos no: Theós, Dio, è oltre, sopra gli avvenimenti della storia. Ma il Concilio ha deciso questo, e proprio così ha messo in luce l'avventura di Dio, la grandezza di quanto ha fatto per noi. Dio non è rimasto in sé: è uscito da sé, si è unito talmente, così radicalmente con quest'uomo, Gesù, che quest'uomo Gesù è Dio, e se parliamo di Lui, possiamo sempre anche parlare di Dio. Non è nato solo un uomo che aveva a che fare con Dio, ma in Lui è nato Dio sulla terra. Dio è uscito da sé. Ma possiamo anche dire il contrario: Dio ci ha attirato in se stesso, così che non siamo più fuori di Dio, ma siamo nell'intimo, nell'intimità di Dio stesso.

La filosofia aristotelica, lo sappiamo bene, ci dice che tra Dio e l'uomo esiste solo una relazione non reciproca. L'uomo si riferisce a Dio, ma Dio, l'Eterno, è in sé, non cambia: non può avere oggi questa e domani un'altra relazione. Sta in sé, non ha relazione ad extra. È una parola molto logica, ma è una parola che ci fa disperare: quindi Dio stesso non ha relazione con me. Con l'incarnazione, con l’avvenimento della Theotókos, questo è cambiato radicalmente, perché Dio ci ha attirato in se stesso e Dio in se stesso è relazione e ci fa partecipare nella sua relazione interiore. Così siamo nel suo essere Padre, Figlio e Spirito Santo, siamo nell'interno del suo essere in relazione, siamo in relazione con Lui e Lui realmente ha creato relazione con noi. In quel momento Dio voleva essere nato da una donna ed essere sempre se stesso: questo è il grande avvenimento. E così possiamo capire la profondità dell’atto di Papa Giovanni, che affidò l’Assise conciliare, sinodale, al mistero centrale, alla Madre di Dio che è attirata dal Signore in Lui stesso, e così noi tutti con Lei.

Il Concilio ha cominciato con l'icona della Theotókos. Alla fine Papa Paolo VI riconosce alla stessa Madonna il titolo Mater Ecclesiae. E queste due icone, che iniziano e concludono il Concilio, sono intrinsecamente collegate, sono, alla  fine, un’icona sola. Perché Cristo non è nato come un individuo tra altri. È nato per crearsi un corpo: è nato — come dice Giovanni al capitolo 12 del suo Vangelo — per attirare tutti a sé e in sé. È nato — come dicono le Lettere ai Colossesi e agli Efesini — per ricapitolare tutto il mondo, è nato come primogenito di molti fratelli, è nato per riunire il cosmo in sé, cosicché Lui è il Capo di un grande Corpo. Dove nasce Cristo, inizia il movimento della ricapitolazione, inizia il momento della chiamata, della costruzione del suo Corpo, della santa Chiesa. La Madre di Theós, la Madre di Dio, è Madre della Chiesa, perché Madre di Colui che è venuto per riunirci tutti nel suo Corpo risorto.

San Luca ci fa capire questo nel parallelismo tra il primo capitolo del suo Vangelo e il primo capitolo degli Atti degli Apostoli, che ripetono su due livelli lo stesso mistero. Nel primo capitolo del Vangelo lo Spirito Santo viene su Maria e così partorisce e ci dona il Figlio di Dio. Nel primo capitolo degli Atti degli Apostoli Maria è al centro dei discepoli di Gesù che pregano tutti insieme, implorando la nube dello Spirito Santo. E così dalla Chiesa credente, con Maria nel centro, nasce la Chiesa, il Corpo di Cristo. Questa duplice nascita è l’unica nascita del Christus totus, del Cristo che abbraccia il mondo e noi tutti.

Nascita a Betlemme, nascita nel Cenacolo. Nascita di Gesù Bambino, nascita del Corpo di Cristo, della Chiesa. Sono due avvenimenti o un unico avvenimento. Ma tra i due stanno realmente la Croce e la Risurrezione. E solo tramite la Croce avviene il cammino verso la totalità del Cristo, verso il suo Corpo risorto, verso l'universalizzazione del suo essere nell'unità della Chiesa. E così, tenendo presente che solo dal grano caduto in terra nasce poi il grande raccolto, dal Signore trafitto sulla Croce viene l'universalità dei suoi discepoli riuniti in questo suo Corpo, morto e risorto.

Tenendo conto di questo nesso tra Theotókos e Mater Ecclesiae, il nostro sguardo va verso l'ultimo libro della Sacra Scrittura, l'Apocalisse, dove, nel capitolo 12, appare proprio questa sintesi. La donna vestita di sole, con dodici stelle sul capo e la luna sotto i piedi, partorisce. E partorisce con un grido di dolore, partorisce con grande dolore. Qui il mistero mariano è il mistero di Betlemme allargato al mistero cosmico. Cristo nasce sempre di nuovo in tutte le generazioni e così assume, raccoglie l'umanità in se stesso. E questa nascita cosmica si realizza nel grido della Croce, nel dolore della Passione. E a questo grido della Croce appartiene il sangue dei martiri.

Così, in questo momento, possiamo gettare uno sguardo sul secondo Salmo di questa Ora Media, il Salmo 81, dove si vede una parte di questo processo. Dio sta tra gli dei – ancora sono considerati in Israele come dei. In questo Salmo, in un concentramento grande, in una visione profetica, si vede il depotenziamento degli dei. Quelli che apparivano dei non sono dei e perdono il carattere divino, cadono a terra. Dii estis et moriemini sicut homines (cfr Sal 81, 6-7): il depotenziamento, la caduta delle divinità.

Questo processo che si realizza nel lungo cammino della fede di Israele, e che qui è riassunto in un'unica visione, è un processo vero della storia della religione: la caduta degli dei. E così la trasformazione del mondo, la conoscenza del vero Dio, il depotenziamento delle forze che dominano la terra, è un processo di dolore. Nella storia di Israele vediamo come questo liberarsi dal politeismo, questo riconoscimento — «solo Lui è Dio» — si realizza in tanti dolori, cominciando dal cammino di Abramo, l'esilio, i Maccabei, fino a Cristo. E nella storia continua questo processo del depotenziamento, del quale parla l'Apocalisse al capitolo 12; parla della caduta degli angeli, che non sono angeli, non sono divinità sulla terra. E si realizza realmente, proprio nel tempo della Chiesa nascente, dove vediamo come col sangue dei martiri vengono depotenziate le divinità, cominciando dall'imperatore divino, da tutte queste divinità. È il sangue dei martiri, il dolore, il grido della Madre Chiesa che le fa cadere e trasforma così il mondo.

Questa caduta non è solo la conoscenza che esse non sono Dio; è il processo di trasformazione del mondo, che costa il sangue, costa la sofferenza dei testimoni di Cristo. E, se guardiamo bene, vediamo che questo processo non è mai finito. Si realizza nei diversi periodi della storia in modi sempre nuovi; anche oggi, in questo momento, in cui Cristo, l'unico Figlio di Dio, deve nascere per il mondo con la caduta degli dei, con il dolore, il martirio dei testimoni. Pensiamo alle grandi potenze della storia di oggi, pensiamo ai capitali anonimi che schiavizzano l'uomo, che non sono più cosa dell’uomo, ma sono un potere anonimo al quale servono gli uomini, dal quale sono tormentati gli uomini e perfino trucidati. Sono un potere distruttivo, che minaccia il mondo. E poi il potere delle ideologie terroristiche. Apparentemente in nome di Dio viene fatta violenza, ma non è Dio: sono false divinità, che devono essere smascherate, che non sono Dio. E poi la droga, questo potere che, come una bestia vorace, stende le sue mani su tutte le parti della terra e distrugge: è una divinità, ma una divinità falsa, che deve cadere. O anche il modo di vivere propagato dall'opinione pubblica: oggi si fa così, il matrimonio non conta più, la castità non è più una virtù, e così via.

Queste ideologie che dominano, così che si impongono con forza, sono divinità. E nel dolore dei santi, nel dolore dei credenti, della Madre Chiesa della quale noi siamo parte, devono cadere queste divinità, deve realizzarsi quanto dicono le Lettere ai Colossesi e agli Efesini: le dominazioni, i poteri cadono e diventano sudditi dell'unico Signore Gesù Cristo. Di questa lotta nella quale noi stiamo, di questo depotenziamento di dio, di questa caduta dei falsi dei, che cadono perché non sono divinità, ma poteri che distruggono il mondo, parla l'Apocalisse al capitolo 12, anche con un'immagine misteriosa, per la quale, mi pare, ci sono tuttavia diverse belle interpretazioni. Viene detto che il dragone mette un grande fiume di acqua contro la donna in fuga per travolgerla. E sembra inevitabile che la donna venga annegata in questo fiume. Ma la buona terra assorbe questo fiume ed esso non può nuocere. Io penso che il fiume sia facilmente interpretabile: sono queste correnti che dominano tutti e che vogliono far scomparire la fede della Chiesa, la quale non sembra più avere posto davanti alla forza di queste correnti che si impongono come l'unica razionalità, come l'unico modo di vivere. E la terra che assorbe queste correnti è la fede dei semplici, che non si lascia travolgere da questi fiumi e salva la Madre e salva il Figlio. Perciò il Salmo dice – il primo salmo dell’Ora Media – la fede dei semplici è la vera saggezza (cfr Sal 118,130). Questa saggezza vera della fede semplice, che non si lascia divorare dalle acque, è la forza della Chiesa. E siamo ritornati al mistero mariano.

E c'è anche un'ultima parola nel Salmo 81, “movebuntur omnia fundamenta terrae” (Sal 81,5), vacillano le fondamenta della terra. Lo vediamo oggi, con i problemi climatici, come sono minacciate le fondamenta della terra, ma sono minacciate dal nostro comportamento. Vacillano le fondamenta esteriori perché vacillano le fondamenta interiori, le fondamenta morali e religiose, la fede dalla quale segue il retto modo di vivere. E sappiamo che la fede è il fondamento, e, in definitiva, le fondamenta della terra non possono vacillare se rimane ferma la fede, la vera saggezza.

E poi il Salmo dice: “Alzati, Signore, e giudica la terra” (Sal 81,8). Così diciamo anche noi al Signore: “Alzati in questo momento, prendi la terra tra le tue mani, proteggi la tua Chiesa, proteggi l'umanità, proteggi la terra”. E affidiamoci di nuovo alla Madre di Dio, a Maria, e preghiamo: “Tu, la grande credente, tu che hai aperto la terra al cielo, aiutaci, apri anche oggi le porte, perché sia vincitrice la verità, la volontà di Dio, che è il vero bene, la vera salvezza del mondo”.

Amen

 

 

[SM=g1740738] 


 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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14/03/2012 14:21
 
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[SM=g1740738] Il cammino di Maria

Dalla casa di Nazareth alle case degli uomini e delle donne di oggi

“La presenza orante”, “l’atteggiamento interiore di ascolto” accompagnato da un “perseverante clima di raccoglimento”: è l’esempio di Maria, offerto alla Chiesa, nelle parole di Benedetto XVI che oggi, nell’udienza del mercoledì 14 marzo, si è soffermato sul tema della preghiera “elemento ricorrente” negli Atti degli Apostoli e nelle Lettere di san Paolo.

Con la Chiesa e nella Chiesa. “Con Maria – ha detto il Papa rivolgendosi agli oltre diecimila fedeli radunati in piazza san Pietro – inizia la vita terrena di Gesù e con Lei iniziano anche i primi passi della Chiesa; in entrambi i momenti il clima è quello dell’ascolto di Dio, del raccoglimento. Ella ha seguito con discrezione tutto il cammino di suo Figlio durante la vita pubblica fino ai piedi della croce, e ora continua a seguire, con una preghiera silenziosa, il cammino della Chiesa”. Le tappe del cammino di Maria, “dalla casa di Nazaret a quella di Gerusalemme”, ha affermato il Pontefice, “sono segnate dalla capacità di mantenere un perseverante clima di raccoglimento, per meditare ogni avvenimento nel silenzio del suo cuore, davanti a Dio”.
“Venerare la Madre di Gesù nella Chiesa – ha spiegato Benedetto XVI – significa imparare da Lei a essere comunità che prega. Maria invita a aprire le dimensioni della preghiera, a rivolgersi a Dio non solamente nel bisogno e non solo per se stessi, ma in modo unanime, perseverante, fedele, con un ‘cuore solo e un’anima sola’”.
“La vita umana – ha proseguito il Pontefice – attraversa diverse fasi di passaggio, spesso difficili e impegnative, che richiedono scelte inderogabili, rinunce e sacrifici. La Madre di Gesù è stata posta dal Signore in momenti decisivi della storia della salvezza e ha saputo rispondere sempre con piena disponibilità, frutto di un legame profondo con Dio maturato nella preghiera assidua e intensa”. Maria, è stata la conclusione, “ci insegna la necessità della preghiera e ci indica come solo con un legame costante, intimo, pieno di amore con suo Figlio possiamo uscire dalla ‘nostra casa’ con coraggio, per raggiungere i confini del mondo e annunciare ovunque Gesù, Salvatore del mondo”.

[SM=g1740722]

Il Papa: Spesso la preghiera è dettata da situazioni di difficoltà, da problemi personali che portano a rivolgersi al Signore per avere luce, conforto e aiuto. Maria invita ad aprire le dimensioni della preghiera, a rivolgersi a Dio non solamente nel bisogno e non solo per se stessi, ma in modo unanime, perseverante, fedele, con un «cuore solo e un’anima sola»

Fidelis Schabet, "Pentecoste"

NUOVO CICLO DI CATECHESI SULLA PREGHIERA NEGLI ATTI DEGLI APOSTOLI E NELLE LETTERE DI SAN PAOLO




L’UDIENZA GENERALE, 14.03.2012

L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 in Piazza San Pietro dove il Santo Padre ha incontrato gruppi di fedeli e pellegrini provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo.
Nel discorso in lingua italiana il Papa ha iniziato un nuovo capitolo della sua catechesi: la preghiera negli Atti degli Apostoli e nelle Lettere di San Paolo, ed ha incentrato oggi la sua meditazione in particolare sulla presenza orante di Maria nel gruppo dei discepoli che saranno la prima Chiesa nascente.
Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre Benedetto XVI ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.
L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.

CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

La presenza orante di Maria nel gruppo dei discepoli che saranno la prima Chiesa nascente

Cari fratelli e sorelle,

con la Catechesi di oggi vorrei iniziare a parlare della preghiera negli Atti degli Apostoli e nelle Lettere di san Paolo.
San Luca ci ha consegnato, come sappiamo, uno dei quattro Vangeli, dedicato alla vita terrena di Gesù, ma ci ha lasciato anche quello che è stato definito il primo libro sulla storia della Chiesa, cioè gli Atti degli Apostoli.

In entrambi questi libri, uno degli elementi ricorrenti è proprio la preghiera, da quella di Gesù a quella di Maria, dei discepoli, delle donne e della comunità cristiana.

Il cammino iniziale della Chiesa è ritmato anzitutto dall’azione dello Spirito Santo, che trasforma gli Apostoli in testimoni del Risorto sino all’effusione del sangue, e dalla rapida diffusione della Parola di Dio verso Oriente e Occidente. Tuttavia, prima che l’annuncio del Vangelo si diffonda, Luca riporta l’episodio dell’Ascensione del Risorto (cfr At 1,6-9). Ai discepoli il Signore consegna il programma della loro esistenza votata all’evangelizzazione e dice: «Riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea, e la Samaria e fino ai confini della terra» (At 1,8). A Gerusalemme gli Apostoli, rimasti in Undici per il tradimento di Giuda Iscariota, sono riuniti in casa per pregare, ed è proprio nella preghiera che aspettano il dono promesso da Cristo Risorto, lo Spirito Santo.

In questo contesto di attesa, tra l’Ascensione e la Pentecoste, san Luca menziona per l’ultima volta Maria, la Madre di Gesù, e i suoi familiari (v. 14).

A Maria ha dedicato gli inizi del suo Vangelo, dall’annuncio dell’Angelo alla nascita e all’infanzia del Figlio di Dio fattosi uomo. Con Maria inizia la vita terrena di Gesù e con Maria iniziano anche i primi passi della Chiesa; in entrambi i momenti il clima è quello dell’ascolto di Dio, del raccoglimento.

Oggi, pertanto, vorrei soffermarmi su questa presenza orante della Vergine nel gruppo dei discepoli che saranno la prima Chiesa nascente. Maria ha seguito con discrezione tutto il cammino di suo Figlio durante la vita pubblica fino ai piedi della croce, e ora continua a seguire, con una preghiera silenziosa, il cammino della Chiesa.

Nell’Annunciazione, nella casa di Nazaret, Maria riceve l’Angelo di Dio, è attenta alle sue parole, le accoglie e risponde al progetto divino, manifestando la sua piena disponibilità: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua volontà» (cfr Lc 1,38). Maria, proprio per l’atteggiamento interiore di ascolto, è capace di leggere la propria storia, riconoscendo con umiltà che è il Signore ad agire. In visita alla parente Elisabetta, Ella prorompe in una preghiera di lode e di gioia, di celebrazione della grazia divina, che ha colmato il suo cuore e la sua vita, rendendola Madre del Signore (cfr Lc 1,46-55). Lode, ringraziamento, gioia: nel cantico del Magnificat, Maria non guarda solo a ciò che Dio ha operato in Lei, ma anche a ciò che ha compiuto e compie continuamente nella storia. Sant’Ambrogio, in un celebre commento al Magnificat, invita ad avere lo stesso spirito nella preghiera e scrive: «Sia in ciascuno l’anima di Maria per magnificare il Signore; sia in ciascuno lo spirito di Maria per esultare in Dio» (Expositio Evangelii secundum Lucam 2, 26: PL 15, 1561).

Anche nel Cenacolo, a Gerusalemme, nella «stanza al piano superiore, dove erano soliti riunirsi» i discepoli di Gesù (cfr At 1,13), in un clima di ascolto e di preghiera, Ella è presente, prima che si spalanchino le porte ed essi inizino ad annunciare Cristo Signore a tutti i popoli, insegnando ad osservare tutto ciò che Egli aveva comandato (cfr Mt 28,19-20).

Le tappe del cammino di Maria, dalla casa di Nazaret a quella di Gerusalemme, attraverso la Croce dove il Figlio le affida l’apostolo Giovanni, sono segnate dalla capacità di mantenere un perseverante clima di raccoglimento, per meditare ogni avvenimento nel silenzio del suo cuore, davanti a Dio (cfr Lc 2,19-51) e nella meditazione davanti a Dio anche comprenderne la volontà di Dio e divenire capaci di accettarla interiormente.

La presenza della Madre di Dio con gli Undici, dopo l’Ascensione, non è allora una semplice annotazione storica di una cosa del passato, ma assume un significato di grande valore, perché con loro Ella condivide ciò che vi è di più prezioso: la memoria viva di Gesù, nella preghiera; condivide questa missione di Gesù: conservare la memoria di Gesù e così conservare la sua presenza.

L’ultimo accenno a Maria nei due scritti di san Luca è collocato nel giorno di sabato: il giorno del riposo di Dio dopo la Creazione, il giorno del silenzio dopo la Morte di Gesù e dell’attesa della sua Risurrezione.

Ed è su questo episodio che si radica la tradizione di Santa Maria in Sabato.

Tra l’Ascensione del Risorto e la prima Pentecoste cristiana, gli Apostoli e la Chiesa si radunano con Maria per attendere con Lei il dono dello Spirito Santo, senza il quale non si può diventare testimoni. Lei che l’ha già ricevuto per generare il Verbo incarnato, condivide con tutta la Chiesa l’attesa dello stesso dono, perché nel cuore di ogni credente «sia formato Cristo» (cfr Gal 4,19). Se non c’è Chiesa senza Pentecoste, non c’è neanche Pentecoste senza la Madre di Gesù, perché Lei ha vissuto in modo unico ciò che la Chiesa sperimenta ogni giorno sotto l’azione dello Spirito Santo. San Cromazio di Aquileia commenta così l’annotazione degli Atti degli Apostoli: «Si radunò dunque la Chiesa nella stanza al piano superiore insieme a Maria, la Madre di Gesù, e insieme ai suoi fratelli.

Non si può dunque parlare di Chiesa se non è presente Maria, Madre del Signore… La Chiesa di Cristo è là dove viene predicata l’Incarnazione di Cristo dalla Vergine, e, dove predicano gli apostoli, che sono fratelli del Signore, là si ascolta il Vangelo» (Sermo 30,1: SC 164, 135).

Il Concilio Vaticano II ha voluto sottolineare in modo particolare questo legame che si manifesta visibilmente nel pregare insieme di Maria e degli Apostoli, nello stesso luogo, in attesa dello Spirito Santo.

La Costituzione dogmatica Lumen gentium afferma: «Essendo piaciuto a Dio di non manifestare apertamente il mistero della salvezza umana prima di effondere lo Spirito promesso da Cristo, vediamo gli apostoli prima del giorno della Pentecoste "perseveranti d’un sol cuore nella preghiera con le donne e Maria madre di Gesù e i suoi fratelli" (At 1,14); e vediamo anche Maria implorare con le sue preghiere il dono dello Spirito che all'Annunciazione l’aveva presa sotto la sua ombra» (n. 59). Il posto privilegiato di Maria è la Chiesa, dove è «riconosciuta quale sovreminente e del tutto singolare membro…, figura ed eccellentissimo modello per essa nella fede e nella carità» (ibid., n. 53).

Venerare la Madre di Gesù nella Chiesa significa allora imparare da Lei ad essere comunità che prega: è questa una delle note essenziali della prima descrizione della comunità cristiana delineata negli Atti degli Apostoli (cfr 2,42).

Spesso la preghiera è dettata da situazioni di difficoltà, da problemi personali che portano a rivolgersi al Signore per avere luce, conforto e aiuto. Maria invita ad aprire le dimensioni della preghiera, a rivolgersi a Dio non solamente nel bisogno e non solo per se stessi, ma in modo unanime, perseverante, fedele, con un «cuore solo e un’anima sola» (cfr At 4,32).

Cari amici, la vita umana attraversa diverse fasi di passaggio, spesso difficili e impegnative, che richiedono scelte inderogabili, rinunce e sacrifici. La Madre di Gesù è stata posta dal Signore in momenti decisivi della storia della salvezza e ha saputo rispondere sempre con piena disponibilità, frutto di un legame profondo con Dio maturato nella preghiera assidua e intensa. Tra il venerdì della Passione e la domenica della Risurrezione, a Lei è stato affidato il discepolo prediletto e con lui tutta la comunità dei discepoli (cfr Gv 19,26). Tra l’Ascensione e la Pentecoste, Ella si trova con e nella Chiesa in preghiera (cfr At 1,14).

Madre di Dio e Madre della Chiesa, Maria esercita questa sua maternità sino alla fine della storia. Affidiamo a Lei ogni fase di passaggio della nostra esistenza personale ed ecclesiale, non ultima quella del nostro transito finale. Maria ci insegna la necessità della preghiera e ci indica come solo con un legame costante, intimo, pieno di amore con suo Figlio possiamo uscire dalla «nostra casa», da noi stessi, con coraggio, per raggiungere i confini del mondo e annunciare ovunque il Signore Gesù, Salvatore del mondo. Grazie.

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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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[SM=g1740733] Benedetto XVI In cammino con Maria (testo integrale sopra)

Cari Amici, il santo Padre Benedetto XVI ha aperto un unuovo ciclo di Catechesi del Mercoledì nelle quali analizzerà per noi un aspetto particolare degli Atti degli Apostoli: la Preghiera nella prima comunità ecclesiale. Come prima Catechesi ha trattato la presenza di Maria Santissima dal giorno della Pentecoste nella Chiesa orante e, dice il Papa: Il posto privilegiato di Maria è la Chiesa, dove è riconosciuta quale sovreminente e del tutto singolare membro…Non si può dunque parlare di Chiesa se non è presente Maria, Madre del Signore…
Buona meditazione a tutti
www.gloria.tv/?media=268731


[SM=g1740733] Cari Amici, dopo aver chiesto il permesso al mittente, vi condivido (omettendo il nome e provenienza come sua richiesta) questa breve e-mail-messaggio ricevuto attraverso la posta di una persona che ha letto e seguito questo ed altri video....
Facciamone tesoro!


***
Gentile LDCaterina, non ci conosciamo è la prima volta che le scrivo, ma è un pò di tempo che seguo i video che posta per far conoscere ciò che lei definisce il vero culto mariano.
Tutto ciò sorprende innanzi tutto me stesso perchè io sono un protestante, da famiglia protestante, ma anche un luterano in crisi e devo dirle in crisi da quando seguo gli incontri e i testi del vescovo di Roma il vostro Papa Benedetto XVI.
Questo discorso di Benedetto XVI sul camminare insieme con Maria, citando e spiegando la sacra Scrittura, mi ha veramente colpito e credo di poter dire che forse per la prima volta ho compreso, o almeno spero, che cosa intendete voi cattolici quando parlate di interpretazione, e ciò che dico che mi sorprende è l'essere rimasto affascinato da questa interpretazione e dal coraggio del Papa di non negare quel primato che 500 anni fa mise in crisi il nostro Lutero.
Ho partecipato a molti incontri ecumenici ma mai ho sentito parlare così forte di Maria e della Chiesa, mai mi è stato spiegato così bene e in modo semplice, questo rapporto che la Chiesa fa bene a difendere e a proclamare.
Sono deluso, devo dire, da certi incontri ecumenici che mettono da parte Maria. E' molto probabile che io sia più sensibile all'argomento e ne sia deluso per come il tema venga gestito in modo riduttivo negli incontri ecumenici.
Vorrei fare un appello ai cattolici: non minimizzate il ruolo di Maria per far piacere a noi protestanti, noi abbiamo forse più fame e più sete di voi della verità, forse oggi siamo protestanti, e mi vien da dire che protestiamo, perchè per facilitare certi dialoghi che non feriscano nessuno si finisce con il nasconderci il grande patrimonio della Chiesa universale di Cristo. Del resto è palese che siamo alle strette, gli eventi storici che si sono susseguiti dopo l'avvento di Lutero, dimostrano che la Chiesa di Roma ne è uscita più trionfante, non è decaduta, non è stata uccisa neppure dall'Unità d'Italia, i Papi si sussuegono e i Cattolici aumentano in tutto il mondo, non esiste un altra Chiesa di Cristo, di questo ne sono più che convinto e avverto che il ruolo di Maria sta diventando sempre più importante nonostante il negazionismo protestante al suo culto, alla sua venerazione.
E' un peccato che voi cattolici (parlo in generale, non rivolto a lei e al movimento che rappresenta nel video) non sappiate esprimere la dottrina della Chiesa, per questo sono meravigliato di questi video su Maria, non ho trovato altrove materiale spicciolo che mi aiutasse a capire questa vostra devozione e, soprattutto, la grande saggezza di questo vescovo di Roma.
La ringrazio molto. Cercherò di capire anche questa vostra devozione al rosario, sono sicuro che se è volere di Gesù, alla fine capirò anche questa vostra tradizione.

(seguono le presantazioni, luogo e firma con saluti)

******************

La mia risposta:

Gentile sig. ****
a nome del MDR e mio, la ringraziamo per aver espresso in poche parole, una profonda panoramica della situazione.
L'Ecumenismo vero, come spiega il santo Padre Benedetto XVI, non è quello che mortifica la verità, la dottrina e la tradizione della Chiesa, al contrario è il Papa stesso che ci richiama a non omettere nulla, e di chiedere nella Preghiera questa unità che non è frutto nostro, non può partire dal basso, ma deve venire dall'alto, da Nostro Signore ^__^
Le prometto un ricordo nella Preghiera, specialmente nel santo Rosario auspicando di cuore una sua precoce comprensione della bellezza di questa Preghiera e dei contenuti misterici che la compongono e la rendono viva....
La ringraziamo per averci seguito fin qui, ci auguriamo di averla ancora come nostro simpatizzante, specialmente nella Preghiera del Padre Nostro così da averla almeno in una parte del Rosario e nella fatica, nella serietà dei video che offriamo a tutti, senza alcuna pretesa, ma solo con il desiderio di condividere e di giungere ad essere quel parlare "un cuor solo ed un anima sola".... perchè il mondo creda...
Continui a seguire il santo Padre Benedetto XVI, vedrà che non resterà deluso ;-)

LDCaterina63

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Il santo Padre Benedetto XVI, dalla sua visita pastorale a Cuba, ci incoraggia a seguire Gesù in compagnia di Maria Santissima, alla Sua sequela, imitandola nel Suo "Sì" a Dio....
La storia della Virgen de la Caridad del Cobre e del Santuario, è il luogo di pellegrinaggio più venerato di Cuba, ha inizio nel 1606 quando tre pescatori, due indios ed uno schiavo nero, trovano un'immagine di legno della Vergine che galleggia sulla acque della Bahía de Nipe, con la scritta "Soy la Virgen de la Caridad". L'immagine fu portata alla miniera di rame ad El Cobre, e nella stessa località sorse nel 1684 il primo Santuario. Nel 1801 viene letto nel Santuario il "Manifesto per la libertà degli schiavi delle miniere di El Cobre", grazie anche all'impegno del cappellano del Santuario a favore degli schiavi. Nel 1916 il Papa Benedetto XV proclama "La Virgen de la Caridad" Patrona di Cuba. L'8 settembre 1927, viene inaugurato l'attuale Santuario, ed oggi 26/28 marzo 2012, è visitato da Benedetto XVI che ha portato alla Vergine la Rosa d'Oro, dono dei Pontefici alla Madre di Dio.

www.gloria.tv/?media=272899

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[SM=g1740757] [SM=g1740750] [SM=g1740752]


[SM=g1740733] L'11 ottobre del 2010 il santo Padre Benedetto XVI ha tenuto, ai Vescovi riuniti in un Sinodo, una profonda meditazione su Maria "Theotokos", Dei Genitrix, ripercorrendo con noi e per noi, le tappe più importanti della Chiesa sul ruolo di Maria Santissima nella Chiesa e per la Chiesa. Un ruolo mai isolato messo in risalto maggiormante dal Concilio Vaticano II quando la proclamò Mater Ecclesiae.
Noi vi riproniamo questa Catechesi davvero magisteriale nell'audio e nel video integrali, diviso in due parti perchè lo possiamo maggiormente meditare, ascoltando davvero le parole del Papa.

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L'11 ottobre del 2010 il santo Padre Benedetto XVI ha tenuto, ai Vescovi riuniti in un Sinodo, una profonda meditazione su Maria "Theotokos", Dei Genitrix in rapporto con la Chiesa, qui abbiamo postato in video ed audio la prima parte:
www.gloria.tv/?media=277265

In questa seconda parte il santo Padre approfondisce il dolore della Madre Chiesa per i suoi Figli perseguitati ma anche di quanti non hanno ancora conosciuto il Signore Gesù.
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[Modificato da Caterina63 12/04/2012 10:53]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Benedetto XVI ai partecipanti al congresso internazionale su mariologia e Concilio Vaticano II

Maria tra razionalità teologica e affettività dei credenti


La Lumen gentium resta «l’orizzonte ermeneutico essenziale per ogni ulteriore riflessione sia di carattere teologico, sia di carattere più prettamente spirituale e pastorale» sulla figura e sul ruolo della Vergine Maria nella storia della salvezza.

L’udienza concessa questa mattina, sabato 8 settembre, a Castel Gandolfo, ai partecipanti al XXIII congresso mariologico mariano internazionale, ha offerto a Benedetto XVI l’occasione per ribadire gli insegnamenti del Vaticano II sulle questioni relative alla figura della Madre Dio.
Pur senza aver esaurito tutte le relative problematiche, il documento è la risultanza delle decisioni assunte dai padri conciliari sul modo di trattare la figura di Maria e la sua «cooperazione al piano della salvezza e all’unica mediazione di Cristo».
Si stabilì di arricchire la Costituzione Dogmatica sulla Chiesa con un capitolo dedicato alla Vergine. Pertanto è al testo conciliare che ci si deve riferire quale «prezioso punto di equilibrio, sempre necessario, tra la razionalità teologica e l’affettività credente».
E il Papa non ha mancato di ricordare che già nella Verbum Domini aveva invitato a proseguire in proposito sulla linea dettata dal Concilio.


Maria




Alle ore 12.15 di questa mattina, nel Cortile del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i partecipanti al 23° Congresso Mariologico Mariano Internazionale, che si svolge in questi giorni presso la Pontificia Università Antonianum di Roma, in occasione del 50° anniversario dell'inizio del Concilio Vaticano II.
Riportiamo di seguito il discorso che il Santo Padre rivolge ai presenti:

DISCORSO DEL SANTO PADRE


Cari fratelli e sorelle,


con grande gioia accolgo tutti voi qui a Castel Gandolfo, quasi a conclusione del XXIII Congresso Mariologico Mariano Internazionale. Molto opportunamente state riflettendo sul tema: «La mariologia a partire dal Concilio Vaticano II. Ricezione, bilancio e prospettive», dato che ci accingiamo a ricordare e celebrare il 50° anniversario dell’inizio della grande Assise, apertasi l’11 ottobre del 1962.

Saluto cordialmente il Cardinale Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, Presidente del Congresso; il Cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e del Consiglio di Coordinamento tra Accademie Pontificie, come pure il Presidente e le Autorità Accademiche della Pontificia Accademia Mariana Internazionale, a cui va la mia gratitudine per l’organizzazione di questo importante evento. Un saluto ai Vescovi, ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai Presidenti e ai rappresentanti delle Società mariologiche presenti, agli studiosi di mariologia e, infine, a tutti coloro che partecipano ai lavori del Congresso.

Il Beato Giovanni XXIII volle che il Concilio Ecumenico Vaticano II si aprisse proprio l’11 ottobre, nello stesso giorno in cui, nel 431, il Concilio di Efeso aveva proclamato Maria «Theotokos», Madre di Dio (cfr AAS 54, 1962, 67-68). In tale circostanza egli iniziò il suo discorso con parole significative e programmatiche: «Gaudet Mater Ecclesia quod, singulari Divinae providentiae munere, optatissimus iam dies illuxit, quo, auspice Deipara Virgine, cuius materna dignitas hodie festo ritu recolitur, hic ad Beati Petri sepulchrum Concilium Oecumenicum Vaticanum Secundum sollemniter initium capit». [trad. it: «La Madre Chiesa si rallegra perché, per un dono speciale della divina Provvidenza, è ormai sorto il giorno tanto desiderato nel quale, auspice la Vergine Madre di Dio, di cui oggi si celebra con gioia la dignità materna, qui, presso il sepolcro di san Pietro, inizia solennemente il Concilio Ecumenico Vaticano II»].

Come sapete, il prossimo 11 ottobre, per ricordare quello straordinario avvenimento, si aprirà solennemente l’Anno della Fede, che ho voluto indire con il Motu proprio Porta fidei, in cui, presentando Maria come modello esemplare di fede, invoco la Sua speciale protezione e intercessione sul cammino della Chiesa, affidando a Lei, beata perché ha creduto, questo tempo di grazia. Anche oggi, cari fratelli e sorelle, la Chiesa gioisce nella celebrazione liturgica della Natività della Beata Vergine Maria, la Tutta Santa, aurora della nostra salvezza.

Il senso di questa festa mariana ci viene ricordato da sant’Andrea di Creta, vissuto tra il VII e l’VIII secolo, in una sua famosa Omelia per la Festa della Natività di Maria, in cui l’evento viene presentato come un tassello prezioso dello straordinario mosaico che è il disegno divino di salvezza dell’umanità: «Il mistero del Dio che diventa uomo, la divinizzazione dell’uomo assunto dal Verbo, rappresentano la somma dei beni che Cristo ci ha donati, la rivelazione del piano divino e la sconfitta di ogni presuntuosa autosufficienza umana.
La venuta di Dio fra gli uomini, come luce splendente e realtà divina chiara e visibile, è il dono grande e meraviglioso della salvezza che ci venne elargito. La celebrazione odierna onora la natività della Madre di Dio. Però il vero significato e il fine di questo evento è l’incarnazione del Verbo. Infatti Maria nasce, viene allattata e cresciuta per essere la Madre del Re dei secoli, di Dio» (Discorso I: PG 97, 806-807). Questa importante e antica testimonianza ci porta al cuore della tematica su cui riflettete e che il Concilio Vaticano II volle sottolineare già nel titolo del Capitolo VIII della Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium: «La Beata Vergine Maria Madre di Dio nel mistero di Cristo e della Chiesa». Si tratta del «nexus mysteriorum», dell’intimo collegamento tra i misteri della fede cristiana, che il Concilio ha indicato come orizzonte per comprendere i singoli elementi e le diverse affermazioni del patrimonio della fede cattolica.


Nel Concilio, a cui presi parte da giovane teologo come esperto, ebbi modo di vedere i vari modi di affrontare le tematiche circa la figura e il ruolo della Beata Vergine Maria nella storia della salvezza. Nella seconda sessione del Concilio un nutrito gruppo di Padri chiese che della Madonna si trattasse in seno alla Costituzione sulla Chiesa, mentre un altrettanto numeroso gruppo sostenne la necessità di un documento specifico che mettesse adeguatamente in luce la dignità, i privilegi e il singolare ruolo di Maria nella redenzione operata da Cristo. Con la votazione del 29 ottobre 1963 si decise di optare per la prima proposta e lo schema della Costituzione Dogmatica sulla Chiesa fu arricchito con il capitolo sulla Madre di Dio, nel quale la figura di Maria, riletta e riproposta a partire dalla Parola di Dio, dai testi della tradizione patristica e liturgica, oltre che dalla ampia riflessione teologica e spirituale, appare in tutta la sua bellezza e singolarità e strettamente inserita nei misteri fondamentali della fede cristiana. Maria, di cui è sottolineata innanzitutto la fede, è compresa nel mistero di amore e di comunione della SS. Trinità; la sua cooperazione al piano divino della salvezza e all’unica mediazione di Cristo è chiaramente affermata e posta nel giusto rilievo, facendone così un modello e un punto di riferimento per la Chiesa, che in Lei riconosce se stessa, la propria vocazione e la propria missione. La pietà popolare, da sempre rivolta a Maria, risulta infine nutrita dai riferimenti biblici e patristici.

Certo, il testo conciliare non ha esaurito tutte le problematiche relative alla figura della Madre di Dio, ma costituisce l’orizzonte ermeneutico essenziale per ogni ulteriore riflessione, sia di carattere teologico, sia di carattere più prettamente spirituale e pastorale. Rappresenta, inoltre, un prezioso punto di equilibrio, sempre necessario, tra la razionalità teologica e l’affettività credente.

La singolare figura della Madre di Dio deve essere colta e approfondita da prospettive diverse e complementari: mentre rimane sempre valida e necessaria la via veritatis, non si può non percorrere anche la via pulchritudinis e la via amoris per scoprire e contemplare ancor più profondamente la fede cristallina e solida di Maria, il suo amore per Dio, la sua speranza incrollabile. Per questo, nell’Esortazione apostolica Verbum Domini, ho rivolto un invito a proseguire sulla linea dettata dal Concilio, invito che rivolgo cordialmente a voi, cari amici e studiosi.

Offrite il vostro competente contributo di riflessione e di proposta pastorale, per far sì che l’imminente Anno della Fede possa rappresentare per tutti i credenti in Cristo un vero momento di grazia, in cui la fede di Maria ci preceda e ci accompagni come faro luminoso e come modello di pienezza e maturità cristiana a cui guardare con fiducia e da cui attingere entusiasmo e gioia per vivere con sempre maggiore impegno e coerenza la nostra vocazione di figli di Dio, fratelli in Cristo, membra vive del suo Corpo che è la Chiesa.

Affido tutti voi e il vostro impegno di ricerca alla materna protezione di Maria e vi imparto una particolare Benedizione Apostolica.

Fraternamente CaterinaLD

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(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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25/09/2012 12:42
 
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[SM=g1740750] - Annus Fidei Benedetto XVI e Maria nel Concilio Vaticano II (3)

Nell'incontro al 23° Congresso Mariologico Mariano Internazionale l'8 settembre, Natività di Maria Santissima (che trovate integralmente nel post precedente a questo), il santo Padre
Benedetto XVI ha tenuto un Discorso su Maria nel Concilio, accennando ai passi fatti ed alle disposizioni atte a preservare, custodire e
tramandare, incorrottamente, l'insegnamento già acquisito dalla Chiesa sulla Madre di Dio, sui titoli onorifici, sulla sua mediazione e cooperazione al progetto di Dio nel Figlio e con il Figlio, e su queste disposizioni ha incoraggiato ad andare avanti, con fedeltà e unità ecclesiale. Ascoltiamolo!

www.gloria.tv/?media=337492




[SM=g1740717]


[SM=g1740757]


[SM=g1740733] Intervista a Benedetto XVI su Maria ai piedi della Croce

Il 22 aprile del 2011 Benedetto XVI accolse l'invito della trasmissione A sua immagine per rispondere a sette domande. Noi qui vi proponiamo quella relativa alla Madre di Dio quando Gesù ce la donò ai piedi della Croce. Ascoltiamo questa risposta nella quale il Papa spiega il perchè non è necessario, al momento, di rifare un Atto di Consacrazione alla Madonna, invitandoci ad interiorizzare, vivere e testimoniare le ben tre Consacrazioni fatte dai Pontefici precedenti.

www.gloria.tv/?media=409084

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[SM=g1740750] [SM=g1740752]
[Modificato da Caterina63 05/03/2013 15:09]
Fraternamente CaterinaLD

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