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La Mariologia di Benedetto XVI per un vero Culto mariano

Ultimo Aggiornamento: 05/03/2013 15:09
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15/12/2008 07:41
 
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La mariologia di Benedetto XVI – 21

 
di BRUNO SIMONETTO


L’Assunzione
di Maria al cielo
   

Il contenuto dogmatico dell’Assunta viene spiegato da Joseph Ratzinger come espressione del supremo culto della Chiesa a Maria, vista nella pienezza escatologica della sua unione con Dio.
 

L'ultimo dogma mariano, l’Assunzione di Maria al cielo "in anima e corpo", viene presentato dal futuro papa Benedetto XVI ne La figlia di Sion. La devozione a Maria nella Chiesa (Jaca Book, Milano 1979, pp. 69-79), in termini tanto originali quanto teologicamente profondi.

Come premessa al discorso che qui riassumiamo, vale la pena riportare in sintesi la risposta data dall’allora cardinale Ratzinger a Peter Seewald che lo intervistava sul dogma in questione: «Volendo esser provocatori», chiedeva il giornalista tedesco, «che cosa significa il dogma dell’Assunzione corporea di Maria in cielo? È stato definito molto tardi, nel 1950. Stranamente, fin dall’inizio non esistevano né un sepolcro né reliquie (corporee) di Maria».

«Questo dogma», rispondeva cauto il cardinale Ratzinger, «ci risulta particolarmente difficile da comprendere e accettare, perché non riusciamo a immaginarci cosa si possa intendere in questo caso per "cielo", e come un corpo possa essere "assunto in cielo". Questo dogma rappresenta quindi una grande sfida alla nostra capacità di comprendere che cosa siano il cielo, il corpo, l’uomo, e quale possa essere il futuro di questi».

Assunzione di Nicolas Poussin (1594-1665).
Assunzione di Nicolas Poussin (1594-1665).

«E lei personalmente», insisteva Peter Seewald, «come risolve questa sfida?».

«Mi soccorre in questo caso la teologia battesimale elaborata da san Paolo che dice: "Dio con Gesù Cristo ha risuscitato anche noi e ci ha fatti sedere nei cieli, in Cristo Gesù" (Ef 2, 6). Questo significa che, in quanto battezzati, il nostro futuro è già tracciato.

«Secondo il dogma, dunque, si adempie pienamente in Maria ciò che il battesimo opera in tutti noi: il dimorare ("sedere") con Dio "nei cieli" (perché Dio è i cieli!). Il battesimo (cioè l’unione a Cristo) dispiega in Maria la sua massima efficacia. In noi l’unione a Cristo, la risurrezione, è una condizione ancora incompiuta e imperfetta. Non così per lei, cui non manca più nulla, poiché è già entrata nella piena comunione con Cristo. E di questa comunione è partecipe anche una nuova corporeità, per noi inimmaginabile. In breve, il portato essenziale di questo dogma è la pienezza dell’unione di Maria a Dio, a Cristo, la pienezza del suo essere "cristiana"» (Dio e il mondo, San Paolo, 2001, p. 277). Su questo parametro di comprensione del dogma cerchiamo di addentrarci nella spiegazione che ne dà Benedetto XVI.

Il dogma dell’Assunta, esaltazione suprema di Maria

Il testo della bolla dogmatica (di Pio XII) del 1950 – spiega Ratzinger – ha tenuto conto della differenza tra risurrezione di Gesù Cristo (fatto storico concreto) e ciò che avvenne in Maria, con la sua "assunzione, in corpo e anima, alla gloria celeste". Ciò significa intanto che «il testo dogmatico non definisce quest’articolo di fede come un’affermazione storica, ma teologica» (p. 70).

Questo afferma Ratzinger per sgombrare il campo dall’obiezione di quanti (il teologo B. Altaner in particolare) ricordavano, nelle discussioni che hanno preceduto la proclamazione dogmatica da parte di Pio XII, che nelle fonti patristiche e teologiche non si comincia a parlare di "assunzione" prima del secolo VI.

«Ma», si chiede Ratzinger, «cosa vuol dire questo? Per spiegarlo bisognerebbe cominciare a parlare della storia dell’evoluzione del dogma ed anche dei fattori che lo hanno determinato nella sua formazione. Si scoprirebbe allora che la forza motrice decisiva per quest’affermazione [dogmatica] fu il culto di Maria; che il dogma, per così dire, ha la sua origine, la sua forza motrice e anche il suo obiettivo non tanto nel contenuto di una proposizione, quanto piuttosto nell’atto dell’omaggio, dell’esaltazione». (p. 70. L’autore rimanda all’ampio materiale in proposito in R. Laurentin, La question mariale, Paris 1963).

Assunzione di Philippe de Champaigne (1602-1674).
Assunzione di Philippe de Champaigne (1602-1674).

«Lo si riscontra», osserva, «anche nel testo della proclamazione dogmatica, quando vi si dice che il dogma è proclamato "ad onore del Figlio, a glorificazione della Madre e a gioia di tutta la Chiesa" (Denzinger-Schönmetzer 3903). Questo dogma voleva essere un atto di culto, la forma più alta della lode a Maria, dell’esaltazione [...]. Ciò distingue, in certo senso, i due ultimi dogmi mariani dalle precedenti forme nelle quali si è configurata la fede della Chiesa, sebbene il carattere dossologico in esse vi fosse sempre, in maniera più o meno accentuata» (pp. 70-71).

Ed ecco, allora, la spiegazione del contenuto stesso del dogma dell’Assunzione di Maria: «L’affermazione di contenuto che nel dogma viene fatta è completamente ordinata al culto; ma, viceversa, il culto si serve di questo contenuto e trova qui la sua ragione più forte: il culto si riferisce a colei che vive, a colei che è a casa, che è realmente arrivata al di là della morte, alla meta. Possiamo anche dire: la formula dell’Assunta rende esplicito ciò che è il presupposto interno del culto. Ma ogni culto che avviene sotto il predicato sanctus presuppone la vita col Signore; esso ha senso solamente quando chi è venerato vive ed è giunto alla meta. Si potrebbe dire perciò che il dogma dell’Assunta è semplicemente il grado supremo della canonizzazione nella quale il titolo "santo" viene attribuito nel senso più stretto, volendo significare cioè: interamente e totalmente nel compimento escatologico.

«Con ciò si dischiude ormai il contesto biblico fondamentale, che garantisce tutta l’affermazione (dogmatica). Noi possiamo cioè asserire che il dogma dell’Assunta non fa che descrivere nel suo contenuto ciò che è stato nel suo interno presupposto ed affermato nel grado supremo del culto. Nel medesimo tempo ci si può e ci si deve allora ricordare che il vangelo di Luca stesso profetizza ed esige il culto di Maria: "D’ora in poi, tutte le generazioni mi chiameranno beata" (Lc 1, 48)» (pp. 71-72).

Sulla base di questa intuizione, Ratzinger rileva ancora che «la registrazione di Luca presuppone che la glorificazione di Maria già esistesse nella Chiesa del suo tempo e che egli la ritiene un dovere della Chiesa per tutte le generazioni, vedendo incominciare questa lode di Maria con il saluto di Elisabetta: "Beata colei che ha creduto…" (Lc 1, 45)».

E segue un ulteriore passo del teologo: «In questa primissima forma di culto a Maria si riflette nuovamente l’unità dei Testamenti, caratteristica di tutto il tema mariano: il Dio d’Israele viene chiamato tramite uomini ai quali egli si è dimostrato grande, nella vita dei quali egli si rende visibile e presente. Essi sono, per così dire, il suo nome nella storia; e grazie a loro egli stesso ha un nome, per loro ed in loro egli diventa accessibile. Si chiama il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe; chiamarlo significa chiamare i padri, così come, viceversa, chiamare i padri significa ricordarsi di lui e riconoscerlo. Non invocare gli uomini, nei quali egli stesso si rende visibile, è ingratitudine, smemoratezza: per la fede d’Israele, però, è anche caratteristico che essa abbia memoria e sia memoria» (p. 72).

Assunzione, miniatura armena, XIV secolo.


Assunzione, miniatura armena, XIV secolo.

Significato del dogma: l’unione escatologica di Maria con Dio

Da qui la conclusione mariologica che ricava il futuro papa Benedetto XVI: «La glorificazione di Maria si congiunge all’idea di Dio che collega i padri col nome di Dio e sa che nella glorificazione dei padri c’è l’esaltazione di Dio» (p. 72). E spiega, in riferimento al testo in cui Marco («…il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe non è un Dio dei morti ma dei viventi!», Mc 12, 18-27) mette in relazione il tema di Dio Padre con il tema della risurrezione: «[Gesù] dimostra la risurrezione non sulla base di singoli testi della precedente letteratura profetica o apocalittica, ma sulla base del concetto stesso di Dio, "Dio dei viventi". [...] Sicché, la risurrezione dimostra che i "viventi" appartengono al nome di Dio stesso; e il diritto al culto comporta in sé la certezza della vittoria sulla morte, l’affermazione della risurrezione» (p. 73).

Accenniamo soltanto a un’obiezione che Ratzinger immagina possa essere fatta alla sua discussione teologica, rimandando l’approfondimento a una riflessione successiva.

«Si potrebbe dire: vittoria sulla morte, sì; ma perché (in Maria) nella forma suprema, definitiva ed escatologica come intende la formula dogmatica corpore et anima (che di fatto, "in tedesco" si può tentare di rendere semplicemente con il termine "escatologico")? Qui», continua Ratzinger, «si potrebbe rispondere chiarissimamente: ciò è lecito per il semplice fatto che il nome Maria sta al posto della Chiesa stessa, della sua definitiva condizione di salvezza» (pp. 73-74).

Torniamo così all’affermazione iniziale sopra riportata del cardinale Ratzinger in risposta al giornalista Peter Seewald nell’intervista sul significato del dogma dell’Assunzione corporea di Maria in cielo: «Si adempie pienamente in Maria ciò che il battesimo opera in tutti noi: il dimorare ("sedere") con Dio "nei cieli" [...]. Il battesimo (cioè, l’unione a Cristo) dispiega in Maria la sua massima efficacia. In noi l’unione a Cristo, la risurrezione, è una condizione ancora incompiuta e imperfetta. Non così per lei, cui non manca più nulla, poiché è già entrata nella piena comunione con Cristo. E di questa comunione è partecipe anche una nuova corporeità, per noi inimmaginabile. In breve, il portato essenziale di questo dogma è la pienezza dell’unione di Maria a Dio, a Cristo, la pienezza del suo essere "cristiana"» (p. 277).




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La mariologia di Benedetto XVI – 22

 
di BRUNO SIMONETTO


L’Assunzione di Maria al cielo
   

Nel dogma dell’Assunta si esprime il senso escatologico dell’immortalità dell’uomo e la realizzazione della pienezza del nostro battesimo.
 

Concludiamo la riflessione sull’ultimo dogma mariano, l’Assunzione di Maria al Cielo in anima e corpo, a partire dalla presentazione teologica che ne fa Joseph Ratzinger, attualmente papa Benedetto XVI, ne La figlia di Sion. La devozione a Maria nella Chiesa, Jaca Book, Milano 1979.

A quanto detto in precedenza sul contenuto dogmatico dell’Assunta, che per Ratzinger è espressione del supremo culto della Chiesa a Maria, vista nella pienezza escatologica della sua unione con Dio, aggiungiamo ora le altre argomentazioni teologiche del Papa.

Il significato escatologico dell’immortalità dell’uomo

«Maria [assunta in cielo] sta al posto della Chiesa stessa, della sua definitiva condizione di salvezza» (p. 74).

Ratzinger approfondisce questo concetto sviluppando anzitutto un altro tema che, per lui, riveste un ruolo importante anche nel testo della proclamazione dogmatica dell’Assunzione della Vergine in cielo. Eccone l’argomentazione:

«Come la vita dell’uomo è piantata, immersa in un mondo nel quale la morte è la condizione della vita, così la nascita è sempre ambivalente: essa è, al tempo stesso, un morire e un divenire. La sentenza di Gn 3, 16 ("Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli…") descrive appunto questo destino dell’uomo; l’ambivalenza della figura di Eva esprime quest’ambivalenza del divenire biologico: la nascita è una parte della morte; essa avviene sotto il segno della morte e rimanda alla morte che, in certo qual senso, essa anticipa, prepara ed anche presuppone». Sicché «generare alla vita significa sempre, al tempo stesso, aprirsi al morire.

Nostra Signora dell'Assunzione con san Miniato e san Giuliano (Andrea Del Castagno, 1450).
Nostra Signora dell’Assunzione con san Miniato e san Giuliano (Andrea Del Castagno, 1450).

«Ma se Maria è veramente genitrice di Dio, se ella genera colui che è per eccellenza la morte della morte e la vita, allora questo essere Madre di Dio è veramente "nuova nascita" (nova nativitas): un nuovo modo del generare, incastrato nell’antico, così come Maria è nuova alleanza nell’antica alleanza e come membro dell’antica. Questa nascita non è un morire, ma solamente un divenire, un prorompere della vita che toglie il morire e lo lascia definitivamente alle sue spalle. Perciò il titolo di "genitrice di Dio" da una parte rimanda all’indietro, alla Vergine: questa vita non è stata concepita nel morire e divenire quotidiani, ma è puro inizio; e dall’altra esso rimanda in avanti, all’Assunta: da questa nascita non viene alcuna morte, deriva solamente vita. Questa nuova "generazione" non ha come sua condizione il recedere nell’antica, ma essa produce la definitività del tutto.

«Qui si rivela però anche il legame con l’affermazione dell’Immacolata; esso potrebbe forse essere così descritto: là dove vi è totalità della grazia c’è totalità della salvezza. Dove la grazia non si trova nella precarietà di "giusto e peccatore al tempo stesso", ma essa è puro sì, lì non c’è spazio per la morte, lo sgherro del peccato.

«Ora, però, questo comporta un domandarsi: che cosa significa assunzione in corpo e anima nella gloria celeste? Che cosa significa propriamente "immortalità"? E che cosa significa "morte"? L’uomo non è mai immortale per se stesso, ma solamente nell’altro e coll’altro, provvisoriamente, sperimentalmente, frammentariamente nel bambino; in definitiva egli è veramente nella gloria soltanto nel totalmente-Altro ed a partire da lui: da Dio. Noi siamo mortali a causa dell’adeguata autarchia del "voler stare in se stessi", di quell’autarchia che si rivela illusione. In quanto fallimento dell’autarchia, in quanto possibilità di dare consistenza a se stessi, la morte non è solamente un fenomeno somatico, ma un fenomeno umano di radicale profondità. Là dove tuttavia manca il tentativo, per noi originario, dell’autarchia, là dove esiste la pura autoespropriazione di colui che non si fonda su se stesso (= grazia!), qui non c’è "morte" (benché vi sia la fine somatica), ma qui tutto l’uomo entra nella salvezza, poiché egli, come totalità, senza riduzione alcuna, sta eternamente nella memoria di Dio che è creatrice di vita, in quella memoria che, prendendolo come tale, lo custodisce nella sua stessa gloria» (pp. 74-76; in nota Ratzinger rimanda alla sua presentazione più dettagliata della problematica di immortalità e risurrezione in Kleine katholische Dogmatik del 1977, scritta a quattro mani con Johann Auer).

Nell’Assunta si è realizzata tutta l’essenza del battesimo

«Con questo», prosegue nel suo ragionamento Ratzinger, applicando il discorso alla Vergine Assunta in Cielo, «ritorniamo a quanto si era accennato poc’anzi. Abbiamo detto che chi può essere glorificato, esaltato col nome di Dio, vive. Avevamo aggiunto: per Maria e solamente per lei (per quanto noi sappiamo) ciò vale in modo definitivo, incondizionato, poiché ella sta per la Chiesa stessa, per quel suo definitivo essere salvata che non è più solamente promessa da venire, ma è già realtà.

«A questo proposito, mi sembra avere una certa importanza Col 3,3: "Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio". Ciò significa: esiste come una sorta di "ascensione" del battezzato, della quale parla in termini del tutto espliciti Ef 2,6: "Con lui Dio ci ha anche risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli, in Cristo Gesù". Stando a questo testo, il battesimo è partecipazione non soltanto alla risurrezione, ma anche all’ascensione di Cristo. Il battezzato, in altre parole, in quanto battezzato e nella misura in cui egli è tale, è già adesso inserito nell’ascensione e vive là, nel Signore glorificato, la sua vita nascosta (la sua vera vita!)» (pp. 76-77).

Visitazione (Franz Anton Maulbertsch, 1777).
Visitazione (Franz Anton Maulbertsch, 1777).

Come si può ben capire, per Ratzinger (che sempre più scopriamo essere davvero il san Tommaso d’Aquino dei nostri tempi!) la formula dogmatica dell’"Assunzione" di Maria in corpo e anima perde, sulla base dei testi biblici citati, ogni carattere speculativo e arbitrario: essa, infatti, è solamente la forma suprema della canonizzazione riferita a colei che ha generato il Signore («prima con il cuore poi nel corpo», dice sant’Agostino), della quale la fede, cioè il contenuto interiore del Battesimo, può essere affermata illimitatamente (in conformità a Luca 1, 45: "Beata colei che ha creduto all’adempimento delle parole del Signore"); Maria è colei nella quale «si è quindi realizzata tutta l’essenza del battesimo, in lei è stata inghiottita nella vittoria di Cristo, in lei ciò che ancora si oppone al battesimo (alla fede) è stato totalmente superato con la morte della vita terrena» (p. 77).

Queste ultime affermazioni (che per Maria hanno la piena evidenza personale nel collegamento a Luca 1, 45 ed Ef 2,6) si riferiscono «nuovamente e strettissimamente», continua Ratzinger, «a quei contesti tipologici che abbiamo continuamente tenuto presente: l’interamente battezzata, in quanto realtà personale della vera chiesa, è contemporaneamente la certezza di salvezza della chiesa, certezza non solamente promessa ma esistente in lei in carne e ossa, e certezza di salvezza di quella chiesa che in lei è già stata salvata: il nuovo Israele non è più respinto. È già entrato nel cielo. Esistono su questo punto preziosi testi patristici, che di fatto non fanno che sviluppare ciò che già si trova nella Bibbia» (pp. 77-78).

Il culto a Maria è come la "danza" del Magnificat

Infine, un’ultima osservazione che il cardinale Ratzinger propone per completare la sua originale riflessione sul dogma dell’Assunzione di Maria, che qui siamo andati illustrando. «Raccontando la visita di Maria ad Elisabetta», scrive, «Luca riferisce che il bimbo Giovanni, al risuonare del saluto di Maria, "ha esultato di gioia nel grembo" (Lc 1, 46). Per esprimere la gioia, egli usa lo stesso termine skirtôn ("saltellare") che ha impiegato anche per denotare la gioia di coloro che sono toccati dalle beatitudini (Lc 6, 23 ["rallegratevi in quel giorno ed esultate, skirtésate"]).

«In una delle antiche traduzioni greche dell’Antico Testamento, questo termine ricorre anche là dove si descrive la danza di Davide dinanzi all’arca santa che è finalmente ritornata in patria (2Sam 6, 16)». Ora – citando l’interpretazione di René Laurentin, che stabilisce un parallelismo tra Lc 1, 39-44 e 2Sam 6, 2-11 – si può dire che la scena (della Visitazione di Maria ad Elisabetta) «è costruita in maniera parallela con il ritorno in patria dell’arca, così che il saltellare del bambino proseguirebbe la gioia estatica di Davide dinanzi al segno che garantisce la vicinanza di Dio. Ma, comunque sia, si esprime qui qualcosa che per noi, nel nostro secolo critico, è andato quasi completamente perduto e che, tuttavia, appartiene all’interiorità della fede: per lui [Giovanni] è la gioia per la Parola che si è fatta uomo, è quel saltellare dinanzi all’arca dell’alleanza nella contentezza dimentica di sé che coglie colui che ha conosciuto la vicinanza salvatrice di Dio.

«Solamente chi capisce ciò», afferma a questo punto, con forte espressione, il futuro Benedetto XVI, quasi a voler raccogliere il senso di tutto quanto è andato spiegando ne La figlia di Sion, «può comprendere anche il culto di Maria: al di là di tutti i problemi, esso è l’essere trascinati dalla gioia perché il vero Israele esiste indistruttibile; è l’oscillare beato nella gioia del Magnificat e, perciò, nella lode di colui verso il quale è debitrice la figlia di Sion e di colui che lei porta come la vera, non deperibile, indistruttibile arca dell’alleanza» (pp. 79-79).

E su queste note "in crescendo" terminiamo le nostre riflessioni sui quattro dogmi mariani, rivisitati alla luce dell’insegnamento mariologico del teologo Ratzinger divenuto poi papa Benedetto XVI.





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 La mariologia di Benedetto XVI – 23

 
di BRUNO SIMONETTO


La "donna" Maria
, tra gnosi e femminismo
   

Prosegue il nostro discorso sulla mariologia di Benedetto XVI affrontando un tema biblico che richiede di essere correttamente interpretato: quello del "segno della donna". Con alcune premesse.
 

Dopo esserci soffermati, nelle puntate precedenti di questa rubrica, sui quattro dogmi mariani visti alla luce dell’insegnamento mariologico di papa Benedetto XVI, vogliamo continuare il discorso sulla mariologia e spiritualità mariana di Joseph Ratzinger affrontando temi specifici da lui variamente trattati in scritti e interventi orali diversi nell’arco del suo lungo magistero di vescovo e di Sommo Pontefice. Iniziamo con un tema tanto singolare quanto interessante: la Vergine Maria tra femminismo e gnosi.

Il segno della donna nell’esegesi biblica

In occasione della pubblicazione dell’Enciclica Redemptoris mater di Giovanni Paolo II (25 marzo 1987), Ratzinger, allora cardinale, pubblicò una riflessione sull’utilità di quell’enciclica, affrontando diversi temi di natura esegetico-biblica. La si può trovare ora in Maria. Chiesa nascente (San Paolo 1998, pp. 29-50).

Particolarmente interessante ci sembra il passaggio sul ruolo della Beata Vergine Maria quale "antidoto" alla «eresia eterna» costituita dalla gnosi, al moderno femminismo e agli altri errori del nostro tempo. Lo spunto per la riflessione di Ratzinger viene dal Vangelo apocrifo cosiddetto degli Egiziani, risalente al secolo II, che attribuisce a Gesù la seguente affermazione: «Sono venuto ad annullare le opere della realtà femminile» (logion 22).

«Tali parole», commenta Ratzinger, «esprimono un motivo fondamentale dell’interpretazione gnostica del cristianesimo; motivo fondamentale che, in una formulazione un po’ diversa, ricorre anche nel cosiddetto Vangelo di Tommaso: "Allorché di due ne farete uno, allorché farete [...] la parte superiore come l’inferiore, allorché del maschio e della femmina farete un unico essere, sicché non vi sia più né maschio né femmina […], allora entrerete nel Regno" (logion 15)» (p. 33). Similmente in chiara contrapposizione a Gal 4, 4 («Quando fu giunto il tempo stabilito, Dio mandò suo Figlio, nato da una donna»), in questo Vangelo apocrifo leggiamo: «Quando vedrete colui che non è nato da donna, prostratevi bocconi e adoratelo: egli è il vostro padre» (logion 15).

Riportando poi il pensiero di Romano Guardini (Ratzinger cita dal volume Das Christusbild der paulinischen und johanneischen Schriften, opera poco considerata che invece contiene considerazioni importanti e finora non recepite sull’interpretazione teologica della Bibbia e sull’esatta comprensione della cristologia paolina e giovannea), scrive: «In tale contesto è interessante osservare come Romano Guardini veda un segno del superamento dello schema fondamentale gnostico da parte degli scritti giovannei nel fatto "che nel complesso dell’Apocalisse il femminile gode di quella pari dignità del maschile che Cristo gli ha conferito. È vero che il momento del male, della sensualità e del femminile confluiscono nella figura della prostituta babilonese; ciò però sarebbe pensato in termini gnostici solo se dall’altra parte il bene comparisse soltanto in figura maschile. In verità, esso trova un’espressione radiosa nella comparsa della donna cinta di stelle. Perciò, se proprio volessimo parlare di una prevalenza, dovremmo piuttosto assegnarla al femminile; infatti, la figura in cui il mondo redento si struttura in maniera definitiva, è quella della "sposa"» (pp. 33-34).

Pala d’altare di san Giovanni di Hans Memling (1474-79): scene dall’Apocalisse, in alto la "donna" (cap. 12).
Pala d’altare di san Giovanni di Hans Memling (1474-79): scene dall’Apocalisse, in alto la "donna" (cap. 12).

E continua Ratzinger: «Con questa osservazione Guardini ha messo il dito su una questione fondamentale di una giusta interpretazione della Bibbia. L’esegesi gnostica è caratterizzata dal fatto di identificare il femminile con la materia, con il negativo e con il nulla, cose che non possono far parte dell’affermazione salvifica della Bibbia; naturalmente simili posizioni radicali possono anche capovolgersi nel loro opposto, nella rivolta contro valutazioni del genere e nel loro completo rovesciamento.

«Nell’evo moderno, a partire dal messaggio biblico, ha preso piede per altri motivi una esclusione meno radicale, ma non meno efficace del femminile; un "solus Christus" esagerato indusse a rifiutare ogni cooperazione della creatura, ogni significato autonomo della sua risposta e a vedervi un tradimento della grandezza della grazia. Perciò da Eva fino a Maria, lungo la linea femminile della Bibbia, non poteva esserci nulla di teologicamente rilevante: quanto i Padri e il Medioevo avevano detto al riguardo fu inesorabilmente bollato come ritorno al paganesimo, come tradimento dell’unicità del Redentore.

«Perciò», conclude Ratzinger, «i femminismi radicali odierni vanno senza dubbio interpretati solo come lo sfogo dello sdegno per una simile unilateralità, sfogo a lungo represso e che ora assume naturalmente posizioni davvero pagane o neognostiche: la rinuncia al Padre e al Figlio, che ivi si verifica, colpisce al cuore la testimonianza biblica» (pp. 34-35).

Ratzinger ha spiegato molto bene tali concetti ne La figlia di Sion. La devozione a Maria nella Chiesa (1979) e successivamente nel terzo capitolo di Maria. Chiesa nascente (1998), da cui abbiamo citato.
  

L’enciclica Redemptoris Mater e Maria nel mistero cristologico

Di queste due opere mariologiche del futuro papa Benedetto XVI abbiamo scritto più volte. Ma intanto, dell’Introduzione-commento del cardinale Ratzinger a Redemptoris mater di Giovanni Paolo II, riportiamo più estesamente quanto già riproposto in altre occasioni sul rischio di una lettura femminista dell’enciclica.

Ratzinger introduce il discorso facendo riferimento proprio a tale rischio: «Un’enciclica mariana, un anno mariano [si tratta del 1987, ndr]», scrive senza mezzi termini, «suscitano in genere poco entusiasmo nel cattolicesimo tedesco. Si teme possano appesantire il clima ecumenico; si paventa il pericolo di una pietà troppo emozionale, incapace di reggere di fronte a criteri teologici rigorosi.

«La comparsa di tendenze femministe ha naturalmente introdotto un elemento nuovo e inatteso, che minaccia di scompigliare un poco i fronti. Da un lato, l’immagine che la Chiesa traccia di Maria viene ivi presentata come la canonizzazione della dipendenza della donna e come la consacrazione della sua oppressione: la glorificazione della Vergine e Madre servizievole, obbediente e umile avrebbe fissato per secoli il ruolo della donna; una glorificazione tesa a tenerla soggetta. Dall’altro lato, la figura di Maria offre lo spunto per un’interpretazione nuova e rivoluzionaria della Bibbia: i teologi della liberazione si richiamano al "Magnificat" che annuncia la caduta dei potenti e l’elevazione degli umili; così il "Magnificat" diventa il faro di una teologia che considera suo compito incitare all’abbattimento degli ordinamenti esistenti» (Maria. Chiesa nascente, p. 29).

Sembra che sia specialmente questo secondo rischio a preoccupare il teologo Ratzinger: «La lettura femministica della Bibbia vede in Maria la donna emancipata che, libera e consapevole del proprio compito, si oppone a una cultura dominata dai maschi. La sua figura, assieme ad altri indizi speciosi, diventa una chiave ermeneutica che alluderebbe a un cristianesimo originariamente del tutto diverso, il cui slancio liberatore sarebbe poi stato di nuovo presto attutito e neutralizzato dalla struttura del potere maschile.

«Il carattere tendenzioso e forzato di simili interpretazioni è facile da riconoscere; comunque esse potrebbero avere il vantaggio di renderci di nuovo più attenti a quel che la Bibbia ha effettivamente da dire su Maria. Questo potrebbe perciò essere anche il momento di prestare più attenzione del solito a un’enciclica mariana, che da parte sua si preoccupa unicamente di far parlare la Bibbia» (pp. 29-30).

«Tanto più importante diventa leggere la Bibbia stessa e leggerla tutta. Allora si vede che, nell’Antico Testamento, accanto e con la linea che va da Adamo, ai patriarchi e al Servo del Signore, corre la linea che va da Eva, alle donne dei patriarchi, a figure come Debora, Ester e Rut e infine alla Sophia – un cammino che non si può teologicamente minimizzare, per quanto esso sia inconcluso e quindi aperto nella sua affermazione, per quanto esso sia incompiuto come tutto l’Antico Testamento, che rimane nell’attesa del Nuovo e della sua risposta. Ma come la linea adamitica riceve il suo senso da Cristo, così alla luce della figura di Maria e nella posizione dell’"ecclesia" diventa chiaro il significato della linea femminile, nella sua unione inseparabile col mistero cristologico.

«La scomparsa di Maria e dell’"ecclesia" in una corrente importante della teologia contemporanea è indice della sua incapacità di leggere la Bibbia nella sua totalità. L’allontanamento dall’"ecclesia" fa anzitutto scomparire il luogo esperienziale in cui tale unità diventa visibile. Tutto il resto segue poi da solo. Viceversa, per poter percepire il tutto, si presuppone l’accettazione del luogo fondamentale ecclesiale e quindi anche la rinuncia a una selezione storicistica all’interno del Nuovo Testamento, selezione secondo la quale ciò che si presume sia più antico viene dichiarato l’unico valido, con conseguente deprezzamento di Luca e Giovanni. Invece solo nel tutto troviamo il tutto.

«I radicalismi che lacerano il nostro tempo, che spingono la lotta di classe fino alle radici dell’essere umano – al rapporto fra uomo e donna – sono "eresie" nel senso letterale del termine: selezione, che rifiuta il tutto. Solo la riacquisizione di tutta la Bibbia può riportare l’uomo in quel centro, in cui egli diventa pienamente se stesso.

«Così il dramma odierno potrebbe aiutare a capire l’invito a una lettura anche mariana della Bibbia meglio di quanto ciò sembrasse possibile fino a poco tempo fa; viceversa noi abbiamo bisogno di questa lettura per poter far fronte alla sfida antropologica odierna» (Maria. Chiesa nascente, pp. 35-36).


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La mariologia di Benedetto XVI – 24

 
di BRUNO SIMONETTO


Il significato teologico dell’Assunzione

   

Il dogma dell’Assunta mette al riparo l’indispensabile tensione escatologica del credente, indicando in Maria il destino immortale che tutti ci attende.

In due precedenti puntate di questa rubrica abbiamo riproposto l’insegnamento di papa Benedetto XVI sul dogma dell’Assunzione di Maria al cielo. Ora, integrando questo specifico tema con riflessioni proposte dal suo eccezionale magistero in altri scritti, in omelie e ai vari Angelus, arricchiamo il quadro della mariologia di papa Ratzinger sul significato teologico-spirituale della festa dell’Assunta, che la Chiesa celebra il 15 agosto.

Ricordavamo intanto che il contenuto dogmatico dell’Assunta è spiegato da Ratzinger come espressione del supremo culto della Chiesa a Maria, vista nella pienezza escatologica (= definitiva, finale) della sua unione con Dio; e che nel dogma dell’Assunta trova fondamento il senso escatologico dell’immortalità dell’uomo e la realizzazione della pienezza del nostro battesimo.

Assunzione di Maria, di Annibale Carracci (1600), a Santa Maria del Popolo (Roma).
Assunzione di Maria, di Annibale Carracci (1600), a Santa Maria del Popolo (Roma).



Antologia dagli scritti di Ratzinger

1. La prima riflessione è tratta dal libro di Joseph Ratzinger Speranza del grano di senape. Meditazioni per ogni mese dell’anno (Queriniana, Brescia 2006, pp. 51ss.; l’originale tedesco è del 1974), da cui riprendiamo il brano che segue.

«Al giorno d’oggi, il dogma dell’Assunzione corporea di Maria alla gloria celeste ci è piuttosto estraneo e sfuggevole. Quasi tutti i suoi elementi suonano come parole originali, senza che ci sia possibile coglierne pienamente il senso: Maria, il cielo, la gloria. Una sola parola intendiamo bene: il corpo.

«Ciò che viene affermato in questa festa [dell’Assunta] è una confessione di fede nel corpo; e quindi nella terra, nella materia e nel futuro di tutte queste realtà. La Chiesa, in apparenza ostile al corpo, con questo dogma ha intonato un inno al corpo e lo ha posto in correlazione con quanto è divino. Infatti, il rapporto tra corpo e cielo, qui posto in luce, significa in verità una forte valutazione positiva del corpo: il corpo umano non è solo materia, ma ha un rapporto con il "cielo", cioè con Dio. Forse ciò ci risulta poco comprensibile, poiché in questa formulazione viene saltato un passaggio, intermedio, o esso viene dato come presupposto e di per sé evidente. Essa concerne quanto qui è più d’ogni altra cosa in gioco: il corpo ha a che fare con il cielo, perché esso ha a che fare con quanto è umano nell’uomo.

«Questa è un’affermazione di grandissima attualità; [...] poiché è soltanto quando si sa apprezzare l’umano alla luce della promessa di Dio che si rende davvero onore al corpo.

«Per queste ragioni, il reale radicamento dell’agire di Dio nel profondo della corporeità è – sia detto senza spiritualismi né saccenteria – tanto importante: iniziato con la nascita dalla Vergine Maria, esso ha raggiunto il culmine con la risurrezione del Signore e nel fatto che il di Dio, mediante il Figlio, ha potuto di nuovo incarnarsi nel della prima credente.

«E così tutte le parole del dogma [dell’Assunzione] confluiscono insieme: prima cielo e corpo, e ora anche Maria e gloria, corpo e cielo».

2. Nella seconda parte dell’opera La figlia di Sion. La devozione a Maria nella Chiesa (Jaca Book, Milano 1979), che tratta della fede mariana della Chiesa, troviamo un’importante affermazione del futuro papa Benedetto XVI: «La fede nell’esenzione di Maria da ogni peccato genera, a sua volta, la convinzione della sua partecipazione al destino di risurrezione del Figlio ed alla sua vittoria sulla morte» («assumpta est Maria in coelum», Denzinger-Schönmezter 3900-3904).

Riprendendo altrove tale discorso per spiegarlo diffusamente, il cardinale Ratzinger ricorre alla teologia battesimale elaborata da san Paolo che afferma: «Con lui [= Cristo] Dio ci ha anche risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli, in Cristo Gesù» (Ef 2,6). «Questo significa – rispondeva al giornalista tedesco Peter Seewald che lo intervistava sui principali temi della nostra fede – che, in quanto battezzati, il nostro futuro è già tracciato.

Papa Benedetto XVI nella "casa" di Maria a Efeso (28 novembre 2006, viaggio in Turchia).
Papa Benedetto XVI nella "casa" di Maria a Efeso (28 novembre 2006, viaggio in Turchia).

«Secondo il dogma dell’Assunzione di Maria al cielo si adempie, infatti, pienamente in Maria ciò che il battesimo opera in tutti noi: il dimorare ("sedere") con Dio "nei cieli" (perché Dio è nei Cieli!). Il battesimo (cioè, l’unione a Cristo) dispiega in Maria la sua massima efficacia. In noi l’unione a Cristo, la risurrezione, è una condizione ancora incompiuta e imperfetta. Non così per lei, cui non manca più nulla, poiché è già entrata nella piena comunione con Cristo. E di questa comunione è partecipe anche una nuova corporeità, per noi inimmaginabile. In breve, il portato essenziale di questo dogma è la pienezza dell’unione di Maria a Dio, a Cristo, la pienezza del suo essere "cristiana"» (Joseph Ratzinger, Dio e il mondo, San Paolo 2001, p. 277).

3. In colloquio con Vittorio Messori (raccolto nel famoso Rapporto sulla fede, San Paolo 1985, più volte ristampato), a proposito dei dogmi mariani Joseph Ratzinger diceva ancora: «La Chiesa ha proclamato i dogmi mariani – prima la verginità perpetua e la maternità divina, e poi, dopo una lunga maturazione e riflessione, il concepimento senza la macchia del peccato originale e l’assunzione al cielo – come atto direttamente funzionale alla fede in Cristo e non, in prima battuta, per devozione verso Maria, sua madre.

«Questi dogmi mettono al riparo la fede autentica in Cristo, vero Dio e vero uomo: due nature in una sola persona. Mettono al riparo anche l’indispensabile tensione escatologica, indicando in Maria Assunta il destino immortale che tutti ci attende. E mettono a riparo pure la fede, oggi minacciata, in Dio Creatore che [...] può liberamente intervenire anche sulla materia. Insomma, come ricorda anche il Concilio [Vaticano II], "Maria, per la sua intima partecipazione alla storia della salvezza, riunisce in certa misura e riverbera i massimi dati della fede" (LG 65)» (pp. 107ss.).

L’esistenza umana nella prospettiva dell’eternità

Altri pensieri di spiritualità ci vengono offerti dall’omelia tenuta da papa Benedetto XVI nella festa dell’Assunta del 2005 e alla recita dell’Angelus nel 2005 e nel 2006.

a) «Maria è assunta in cielo in corpo e anima: anche per il corpo c’è posto in Dio. Il cielo non è più per noi una sfera molto lontana e sconosciuta. Nel cielo abbiamo una Madre. E la Madre di Dio, la Madre del Figlio di Dio, è la nostra Madre. Egli stesso lo ha detto. Ne ha fatto la nostra Madre, quando ha detto al discepolo e a tutti noi: "Ecco la tua Madre!". Nel cielo abbiamo una Madre. Il cielo è aperto, il cielo ha un cuore» (omelia del 15 agosto 2005).

b) «Maria è assunta in corpo e anima alla gloria del cielo e con Dio e in Dio è regina del cielo e della terra. È forse così lontana da noi? È vero il contrario: proprio perché è con Dio e in Dio, è vicinissima ad ognuno di noi. Quando era in terra poteva essere vicina solo ad alcune persone. Essendo in Dio, che è vicino a noi – anzi, che è "interiore" a noi tutti –, Maria partecipa a questa vicinanza in Dio.

«Essendo in Dio e con Dio, è vicina a ognuno di noi, conosce il nostro cuore, può sentire le nostre preghiere, può aiutarci con la sua bontà materna e ci è data – come è detto dal Signore – proprio come "madre" alla quale possiamo rivolgerci in ogni momento. Ella ci ascolta sempre, ci è sempre vicina, ed essendo Madre del Figlio, partecipa del potere del Figlio, della sua bontà. Perciò, possiamo sempre affidare tutta la nostra vita a questa Madre, che non è lontana da nessuno di noi» (omelia del 15 agosto 2005).

Assunzione della Vergine, di Juan Martin Cabezalero (1665-70, Madrid).
Assunzione della Vergine, di Juan Martin Cabezalero (1665-70, Madrid).

c) «Nell’odierna solennità dell’Assunta contempliamo il mistero del passaggio di Maria da questo mondo al Paradiso: celebriamo, potremmo dire, la sua "pasqua". Come Cristo risuscitò dai morti con il suo corpo glorioso e ascese al cielo, così la Vergine Santa, a Lui pienamente associata, è stata assunta nella gloria celeste con l’intera sua persona. Anche in questo, la Madre ha seguito più da vicino il suo Figlio e ha preceduto tutti noi. Accanto a Gesù, nuovo Adamo, che è "la primizia" dei risorti (cf 1Cor 15,20.23), la Madonna, nuova Eva, appare come "primizia e immagine della Chiesa" (Prefazio), "segno di sicura speranza" per tutti i cristiani nel pellegrinaggio terreno (cf LG 68)».

«La festa dell’Assunta, tanto cara alla tradizione popolare, costituisce così per tutti i credenti un’utile occasione per meditare sul senso vero e sul valore dell’esistenza umana nella prospettiva dell’eternità. Cari fratelli e sorelle, è il Cielo la nostra definitiva dimora. Da lì Maria ci incoraggia con il suo esempio ad accogliere la volontà di Dio, a non lasciarci sedurre dai fallaci richiami di tutto ciò che è effimero e passeggero, a non cedere alle tentazioni dell’egoismo e del male che spengono nel cuore la gioia della vita» (Angelus, 15 agosto 2005).

d) «Maria è esempio e sostegno per tutti i credenti: ci incoraggia a non perderci di fiducia dinanzi alle difficoltà e agli inevitabili problemi di tutti i giorni. Ci assicura il suo aiuto e ci ricorda che l’essenziale è cercare e pensare "alle cose di lassù, non a quelle della terra" (Col 3,2). Presi dalle occupazioni quotidiane, rischiamo infatti di ritenere che sia qui, in questo mondo nel quale siamo solo di passaggio, lo scopo ultimo dell’umana esistenza. Invece è il Paradiso la vera meta del nostro pellegrinaggio terreno.

«Quanto diverse sarebbero le nostre giornate se ad animarle fosse questa prospettiva! Così è stato per i santi. Le loro esistenze testimoniano che quando si vive con il cuore costantemente rivolto a Dio, le realtà terrene sono vissute nel loro giusto valore perché ad illuminarle è la verità eterna dell’amore divino» (Angelus, 15 agosto 2006).

A Maria Assunta in cielo eleviamo con Tonino Bello il canto della fede e della speranza, come ci insegna papa Benedetto XVI: «Santa Maria, Madre tenera e forte, nostra compagna di viaggio sulle strade della vita, ogni volta che contempliamo le cose grandi che l’Onnipotente ha fatto in te, proviamo una così viva malinconia per le nostre lentezze, che sentiamo il bisogno di allungare il passo per camminarti vicino.

«Asseconda pertanto il nostro desiderio di prenderti per mano, e accelera le nostre cadenze di camminatori un po’ stanchi.

«Divenuti anche noi pellegrini nella fede, non solo cercheremo il volto del Signore, ma, contemplandoti quale icona della sollecitudine umana verso coloro che si trovano nel bisogno, raggiungeremo in fretta la "città", recando gli stessi frutti di gioia che portasti un giorno a Elisabetta lontana».



Bruno Simonetto

[Modificato da Caterina63 25/09/2009 16:17]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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