La Congregazione per l'Educazione Cattolica ha nominato per il prossimo triennio il nuovo rettore dell'Università Pontificia Salesiana, che entra in carica il 1° luglio. Docente di Filosofia dell'educazione e di pedagogia della scuola nella Facoltà di scienze dello stesso Ateneo, il rettore ha recentemente dato alle stampe il volume Educare cristianamente. Lettere spirituali a educatori insegnanti e formatori (Torino, Elledici, 2008, pagine 206, euro 13), dal quale pubblichiamo un estratto.
di Carlo Nanni
A scuola con i ragazzi e le ragazze, con i colleghi e le colleghe, a casa e fuori casa, in parrocchia e in giro si è sempre più messi in questione su ciò che è fondamentale nella nostra vita: chi siamo, cosa vogliamo essere, come comportarci con gli altri, come far fronte agli avvenimenti, alle novità e ai cambiamenti velocissimi che ci si parano davanti quasi ogni giorno. Non c'è da spaventarsi più di tanto. In fondo si tratta di un'occasione per qualificare meglio l'esistenza e le relazioni personali, e in particolare dare maggior spessore all'insegnamento e alla funzione educativa.
Ma è indubbio che certi modi di vedere tradizionali non sono più all'altezza del tempo e della storia. Anzi, secondo molti, c'è da rivedere gran parte di quella che diciamo la modernità, vale a dire la mentalità e la cultura che da dopo la rivoluzione francese, in Occidente e nel mondo intero, si è offerta come simbolo e strumento di progresso, di successo, di ideale libertà, fraternità, giustizia.
L'uomo occidentale moderno si sente tutto centrato su se stesso e costruttore del suo destino. Il rischio è la caduta nel soggettivismo e in una spasmodica ricerca dell'efficienza e della produttività. La libertà è pensata quasi esclusivamente come assenza di costrizione e soprattutto come libertà di scelta, possibilità di fare ciò che si vuole.
La razionalità esaltata è quella scientifica e tecnologica. Di fronte alle difficoltà presenti magari ci si rifugia nelle tradizioni o nella religione, che però rischia, così, di rimanere fonte di passività e di oscurantismo, strumento di oppressione e di autoritarismo individuale, familiare e sociale.
Un corretto e solido pensiero cristianamente ispirato ci può aiutare a superare questi possibili rischi dell'umanesimo moderno-occidentale illuministico.
Infatti, ci invita a pensare l'uomo, uomo-donna, come persona, cioè al contempo soggetto responsabile e aperto agli altri, agli animali, alle cose, al mondo, a Dio, che si presentano "di fronte" con una loro consistenza ontologica, cioè in rapporto, ma non riconducibili, al mondo dell'io e alle sue aspirazioni, e tanto meno fagocitabili da esso. Anche i figli, somigliano, ma non sono la fotocopia o la riproduzione dei genitori. Gli alunni non si riducono a puri "destinatari", cioè a "complementi di termine" della maestria degli insegnanti.
L'agire ne deve fare i conti. Secondo Antonio Rosmini, il pensatore cristiano dell'Ottocento recentemente beatificato, la regola aurea dell'agire era riassumibile nella massima: "adegua il tuo amore all'essere di ciascuna realtà con cui hai a che fare".
Il personalismo cristiano ci ha, inoltre, stimolato a dare spessore alla nostra libertà di scelta: rapportandola con il bene da fare, con i valori da riconoscere e da attuare; impegnandola a dar senso al mondo e alle cose, oltre che a se stessi; spingendola a partecipare responsabilmente e solidarmente a uno sviluppo storicamente sostenibile, umanamente degno per tutti e per ciascuno, per gli individui, per i popoli e per le nazioni.
Ma c'è un punto in cui si ha dà rivalutare attentamente i personali modi di vedere!
L'Occidente moderno è fondamentalmente empirico, sociologistico, sbilanciato sul pubblico: pensa cioè fatti, persone, eventi e cose solo in quanto appaiono alla superficie dell'esperienza storico-spaziale; distende i pensieri nel tempo e nello spazio sociale, limitandosi a ciò che è di pubblico interesse, mettendo da parte o privatizzando ciò che riguarda l'interiorità e la spiritualità personale. L'eterno è come non ci fosse: c'è solo l'attuale, il futuro, l'ulteriore, l'oltre.
Per questo siamo tendenzialmente materialisti, presentisti e molto trascinabili dalla mentalità consumistica del "tutto insieme e subito" e del "piglia consuma e butta via". Il faccia-a-faccia fa dimenticare il profondo e l'alto delle relazioni. L'orizzontale fa perdere di vista il verticale. La vita, invece, in ogni suo momento, è giocata all'incrocio e nella dinamicità di tutte e due le coordinate: quella orizzontale e quella verticale. Noi non siamo chiusi in noi stessi. Oltre che verso il sé e verso l'altro noi siamo protesi verso il profondo e verso l'alto, come diceva Pier Giorgio Frassati.
In questo clima di multicultura, di innovazione tecnologica e di globalizzazione, l'ispirazione cristiana invita a riandare alle radici della spiritualità, a recuperare culturalmente e mentalmente la specificità cristiana. Nell'orizzonte della creazione, dell'incarnazione e della presenza dello Spirito Santo nel tempo e nella storia, l'ispirazione cristiana permetterà di non essere travolti dalla globalizzazione, perché darà la possibilità non solo di aprirci all'altro, al mondo e al futuro, ma anche di rivolgere lo sguardo verso l'alto e verso il profondo. Potremo, cioè, cogliere e sentire intuitivamente e misteriosamente che la nostra vita è in Dio; che il tempo e l'eterno sono collegati intrinsecamente in ogni istante della nostra esistenza; che possiamo camminare nel tempo ma attaccati all'eterno, per cui anche l'offerta di un bicchiere d'acqua diventa atto divino, come fatto a Dio!
Potremo, in particolare, vivere la scuola e l'insegnamento come un modo concreto di "camminare nello Spirito" e come "ricerca del Regno di Dio", nella compagnia di Gesù e secondo il suo Vangelo, nella giustizia e nella verità, "facendo la verità nella carità": in quel Dio, che nel turbinio del tempo, come ci ricorda anche Dante per bocca di Piccarda Donati, "in la sua voluntade è nostra pace" (Paradiso, III, 85).