A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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Humani Generis: contro le false opinioni

Ultimo Aggiornamento: 25/08/2012 23:35
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"HUMANI GENERIS"
LETTERA ENCICLICA
AI VENERABILI FRATELLI PATRIARCHI
PRIMATI ARCIVESCOVI VESCOVI
E AGLI ALTRI ORDINARI
AVENTI CON L’APOSTOLICA SEDE
PACE E COMUNIONE.

"CIRCA ALCUNE FALSE OPINIONI CHE MINACCIANO
DI SOVVERTIRE I FONDAMENTI DELLA DOTTRINA CATTOLICA"

PIO PP. XII
SERVO DEI SERVI DI DIO

VENERABILI FRATELLI
SALUTE E APOSTOLICA BENEDIZIONE




Introduzione

I dissensi e gli errori degli uomini in materia religiosa e morale, per tutti gli onesti, soprattutto dei i sinceri e fedeli figli della Chiesa, sono sempre stati origine e causa di fortissimo dolore, ma specialmente oggi, quando vediamo come da ogni parte vengano offesi gli stessi principi della cultura cristiana.

Veramente non c'è da meravigliarsi, se fuori dell'ovile di Cristo sempre vi sono stati questi dissensi ed errori. Benché la ragione umana, assolutamente parlando, con le sue forze e con la sua luce naturale possa effettivamente arrivare alla conoscenza, vera e certa, di Dio unico e personale, che con la sua Provvidenza sostiene e governa il mondo, e anche alla conoscenza della legge naturale impressa dal Creatore nelle nostre anime, tuttavia non pochi sono gli ostacoli che impediscono alla nostra ragione di servirsi con efficacia e con frutto di questo suo naturale potere. Le verità che riguardano Dio e le relazioni tra gli uomini e Dio trascendono del tutto l'ordine delle cose sensibili; quando poi si fanno entrare nella pratica della vita e la informano, allora richiedono sacrificio e abnegazione.

Nel raggiungere tali verità, l'intelletto umano incontra ostacoli della fantasia, sia per le cattive passioni provenienti dal peccato originale. Avviene che gli uomini in queste cose volentieri si persuadono che sia falso, o almeno dubbio, ciò che essi "non vogliono che sia vero". Per questi motivi si deve dire che la Rivelazione divina è moralmente necessaria affinché quelle verità che in materia religiosa e morale non sono per sé irraggiungibili, si possano da tutti conoscere con facilità, con ferma certezza e senza alcun errore. (Conc. Vat. D. B. 1876, Cost. "De fide Cath.", cap. II, De revelatione).

Anzi la mente umana qualche volta può trovare difficoltà anche nel formarsi un giudizio certo di credibilità circa la fede cattolica, benché da Dio siano stati disposti tanti e mirabili segni esterni, per cui anche con la sola luce naturale della ragione si può provare con certezza l'origine divina della religione cristiana. L'uomo infatti, sia perché guidato da pregiudizi, sia perché istigato da passioni e da cattiva volontà, non solo può negare la chiara evidenza dei segni esterni, ma anche resistere alle ispirazioni che Dio infonde nelle nostre anime.

Chiunque osservi il mondo odierno, che è fuori dell'ovile di Cristo, facilmente potrà vedere le principali vie per le quali i dotti si sono incamminati. Alcuni, senza prudenza né discernimento, ammettono e fanno valere per origine di tutte le cose il sistema evoluzionistico, pur non essendo esso indiscutibilmente provato nel campo stesso delle scienze naturali, e con temerarietà sostengono l'ipotesi monistica e panteistica dell'universo soggetto a continua evoluzione. Di quest’ipotesi volentieri si servono i fautori del comunismo per farsi difensori e propagandisti del loro materialismo dialettico e togliere dalle menti ogni nozione di Dio.

Le false affermazioni di siffatto evoluzionismo, per cui viene ripudiato quanto vi è di assoluto, fermo ed immutabile, hanno preparato la strada alle aberrazioni di una nuova filosofia che, facendo concorrenza all'idealismo, all'immanentismo e al pragmatismo, ha preso il nome di "esistenzialismo" perché, ripudiate le essenze immutabili delle cose, si preoccupa solo della "esistenza" dei singoli individui.

Si aggiunge a ciò un falso "storicismo" che si attiene solo agli eventi della vita umana e rovina le fondamenta di qualsiasi verità e legge assoluta sia nel campo della filosofia, sia in quello dei dogmi cristiani.

In tanta confusione di opinioni, Ci reca un po' di consolazione il vedere coloro che un tempo erano stati educati nei principî del razionalismo, ritornare oggi, non di rado, alle sorgenti della verità rivelata, e riconoscere e professare la parola di Dio, conservata nella Sacra Scrittura, come fondamento della Teologia. Nello stesso tempo però reca dispiacere il fatto che non pochi di essi, quanto più fermamente aderiscono alla parola di Dio, tanto più sminuiscono il valore della ragione umana, e quanto più volentieri innalzano l'autorità di Dio Rivelatore, tanto più aspramente disprezzano il Magistero della Chiesa, istituito da Cristo Signore per custodire e interpretare le verità rivelate da Dio. Questo disprezzo non solo è in aperta contraddizione con la Sacra Scrittura, ma si manifesta falso anche con la stessa esperienza. Poiché frequentemente gli stessi "dissidenti" si lamentano in pubblico della discordia che regna fra di loro nel campo dogmatico, cosicché, pur senza volerlo, riconoscono la necessità di un vivo Magistero.

Ora queste tendenze, che più o meno deviano dalla retta strada, non possono essere ignorate o trascurate dai filosofi e dai teologi cattolici, che hanno il grave còmpito di difendere le verità divine ed umane e di farle penetrare nelle menti degli uomini. Anzi, essi devono conoscere bene queste opinioni, sia perché le malattie non si possono curare se prima non sono bene conosciute, sia perché qualche volta nelle stesse false affermazioni si nasconde un po' di verità, sia infine, perché gli stessi errori spingono la mente nostra a investigare e a scrutare con più diligenza alcune verità sia filosofiche che teologiche.

Se i nostri cultori di filosofia e di teologia da queste dottrine, esaminate con cautela, cercassero solo di cogliere i detti frutti, non vi sarebbe motivo perché il Magistero della Chiesa avesse a interloquire. Ma, benché Noi sappiamo bene che gli insegnanti e i dotti cattolici in genere si guardano da tali errori, è noto però che non mancano nemmeno oggi, come ai tempi apostolici, coloro che, amanti più del conveniente delle novità e timorosi di essere ritenuti ignoranti delle scoperte fatte dalla scienza in quest'epoca di progresso, cercano di sottrarsi alla direzione del sacro Magistero e perciò sono nel pericolo di allontanarsi insensibilmente dalle verità Rivelate e di trarre in errore anche gli altri.

Si nota poi un altro pericolo, e tanto più grave, perché si copre maggiormente con l'apparenza della virtù. Molti, deplorando la discordia e la confusione che regna nelle menti umane, mossi da uno zelo imprudente e spinti da uno slancio e da un grande desiderio di rompere i confini con cui sono fra loro divisi i buoni e gli onesti; essi abbracciano perciò una specie di "irenismo" che, omesse le questioni che dividono gli uomini, non cerca solamente di ricacciare, con unità di forze, l'irrompente ateismo, ma anche di conciliare le opposte posizioni nel campo stesso dogmatico.

E come un tempo vi furono coloro che si domandavano se l'apologetica tradizionale della Chiesa costituisse più un ostacolo che un aiuto per guadagnare le anime a Cristo, cosi oggi non mancano coloro che osano arrivare fino al punto di proporre seriamente la questione, se la teologia e il suo metodo, come sono in uso nelle scuole con l'approvazione dell'autorità ecclesiastica, non solo debbano essere perfezionate, ma anche completamente riformate, affinché si possa propagare con più efficacia il regno di Cristo in tutto il mondo, fra gli uomini di qualsiasi cultura o di qualsiasi opinione religiosa.

Se essi non avessero altro intento che quello di rendere, con qualche innovazione, la scienza ecclesiastica e il suo metodo più adatti alle odierne condizioni e necessità, non ci sarebbe quasi motivo di temere; ma alcuni, infuocati da un imprudente "irenismo", sembrano ritenere un ostacolo al ristabilimento dell'unità fraterna, quanto si fonda sulle leggi e sui principî stessi dati da Cristo e sulle istituzioni da Lui fondate, o quanto costituisce la difesa e il sostegno dell'integrità della fede, crollate le quali, tutto viene sì unificato, ma soltanto nella comune rovina.

Queste opinioni, provenienti da deplorevole desiderio di novità o anche da lodevoli motivi, non sempre vengono proposte con la medesima gradazione, con la medesima chiarezza o con i medesimi termini, né sempre i sostenitori di esse sono pienamente d'accordo fra loro; ciò che viene oggi insegnato da qualcuno più copertamente con alcune cautele e distinzioni, domani da altri, più audaci, viene proposto pubblicamente e senza limitazioni, con scandalo di molti, specialmente del giovane clero, e con detrimento dell'autorità ecclesiastica. Se di solito si usa più cautela nelle pubblicazioni stampate, di questi argomenti si tratta con maggiore libertà negli opuscoli distribuiti in privato, nelle lezioni dattilografate e nelle adunanze. Queste opinioni non vengono divulgate solo fra i membri del clero secolare e regolare, nei seminari e negli istituti religiosi, ma anche fra i laici, specialmente fra quelli che si dedicano all'educazione e all'istruzione della gioventù.

continua...........
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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Per quanto riguarda la Teologia, certuni intendono ridurre al massimo il significato dei dogmi; liberare lo stesso dogma dal modo di esprimersi, già da tempo usato nella Chiesa, e dai concetti filosofici in vigore presso i dottori cattolici, per ritornare nell'esporre la dottrina cattolica, alle espressioni usate dalla Sacra Scrittura e dai Santi Padri. Essi così sperano che il dogma, spogliato degli elementi estrinseci, come essi dicono, alla divina rivelazione, possa venire con frutto paragonato alle opinioni dogmatiche di coloro che sono separati dalla Chiesa e in questo modo si possa pian piano arrivare all'assimilazione del dogma con le opinioni dei dissidenti. Inoltre, ridotta in tali condizioni la dottrina cattolica, pensano di aprire cosi la via attraverso la quale arrivare, dando soddisfazione alle odierne necessità, a poter esprimere i dogmi con le categorie della filosofia odierna, sia dell'immanentismo, sia dell'idealismo, sia dell'esistenzialismo o di qualsiasi altro sistema.

E perciò taluni, più audaci, sostengono che ciò possa, anzi debba farsi, perché i misteri della fede, essi affermano, non possono mai esprimersi con concetti adeguatamente veri, ma solo con concetti approssimativi e sempre mutevoli, con i quali la verità viene in un certo qual modo manifestata, ma necessariamente anche deformata. Perciò ritengono non assurdo, ma del tutto necessario che la teologia, in conformità ai vari sistemi filosofici di cui essa nel corso dei tempi si serve come strumenti, sostituisca nuovi concetti agli antichi; cosicché in modi diversi, e sotto certi aspetti anche opposti, ma come essi dicono equivalenti, esponga al modo umano le medesime verità divine. Aggiungono poi che la storia dei dogmi consiste nell'esporre le varie forme di cui si è rivestita successivamente la verità rivelata, secondo le diverse dottrine e le diverse opinioni che sono sorte nel corso dei secoli.

Da quanto abbiamo detto è chiaro che queste tendenze non solo conducono al relativismo dogmatico, ma di fatto già lo contengono; questo relativismo e poi fin troppo favorito dal disprezzo verso la dottrina tradizionale e verso i termini con cui essa si esprime. Tutti sanno che le espressioni di tali concetti, usate sia nelle scuole sia dal Magistero della Chiesa, possono venir migliorate e perfezionate; è inoltre noto che la Chiesa non è stata sempre costante nell'uso di quelle medesime parole. È chiaro pure che la Chiesa non può essere legata ad un qualunque effimero sistema filosofico; ma quelle nozioni e quei termini, che con generale consenso furono composti attraverso parecchi secoli dai dottori cattolici per arrivare a qualche conoscenza e comprensione del dogma, senza dubbio non poggiano su di un fondamento così caduco. Si appoggiano invece a principî e nozioni dedotte da una vera conoscenza del creato; e nel dedurre queste conoscenze, la verità rivelata, come una stella, ha illuminato per mezzo della Chiesa la mente umana. Perciò non c'è da meravigliarsi se qualcuna di queste nozioni non solo sia stata adoperata in Concili Ecumenici, ma vi abbia ricevuto tale sanzione per cui non ci è lecito allontanarcene.

Per tali ragioni, è massima imprudenza il trascurare o respingere o privare del loro valore i concetti e le espressioni che da persone di non comune ingegno e santità, sotto la vigilanza del sacro Magistero e non senza illuminazione e guida dello Spirito Santo, sono state più volte con lavoro secolare trovate e perfezionate per esprimere sempre più accuratamente le verità della fede, e sostituirvi nozioni ipotetiche ed espressioni fluttuanti e vaghe della nuova filosofia, le quali, a somiglianza dell'erba dei campi, oggi vi sono e domani seccano; a questo modo si rende lo stesso dogma simile a una canna agitata dal vento. Il disprezzo delle parole e delle nozioni usate dai teologi scolastici, di per sé conduce all'indebolimento della teologia speculativa, che essi ritengono priva di una vera certezza in quanto si fonda sulle ragioni teologiche.

Purtroppo questi amatori delle novità facilmente passano dal disprezzo della teologia scolastica allo spregio verso lo stesso Magistero della Chiesa che ha dato, con la sua autorità, una cosi notevole approvazione a quella teologia. Questo Magistero viene da costoro fatto apparire come un impedimento al progresso e un ostacolo per la scienza; da alcuni acattolici poi viene considerato come un freno, ormai ingiusto, con cui alcuni teologi più colti verrebbero trattenuti dal rinnovare la loro scienza. E benché questo sacro Magistero debba essere per qualsiasi teologo, in materia di fede e di costumi, la norma prossima e universale di verità (in quanto ad esso Cristo Signore ha affidato il deposito della fede - cioè la Sacra Scrittura e la Tradizione divina - per essere custodito, difeso ed interpretato, tuttavia viene alle volte ignorato, come se non esistesse, il dovere che hanno i fedeli di rifuggire pure da quegli errori che in maggiore o minore misura s'avvicinano all'eresia, e quindi "di osservare anche le costituzioni e i decreti. con cui queste false opinioni vengono dalla Santa Sede proscritte e proibite" (Corp. Jur. Can., can. 1324; Cfr. Conc. Vat. D. B. 1820, Cost. "De fide cath.", cap. 4, De fide et ratione, post canones).

Quanto viene esposto nelle Encicliche dei Sommi Pontefici circa il carattere e la costituzione della Chiesa, viene da certuni, di proposito e abitualmente, trascurato con lo scopo di far prevalere un concetto vago che essi dicono preso dagli antichi Padri, specialmente greci. I Pontefici infatti - essi vanno dicendo - non intendono dare un giudizio sulle questioni che sono oggetto di disputa tra i teologi; è quindi necessario ritornare alle fonti primitive, e con gli scritti degli antichi si devono spiegare le costituzioni e i decreti del Magistero.

Queste affermazioni vengono fatte forse con eleganza di stile; però esse non mancano di falsità. Infatti è vero che generalmente i Pontefici lasciano liberi i teologi in quelle questioni che, in vario senso, sono soggette a discussioni fra i dotti di miglior fama; però la storia insegna che parecchie questioni, che prima erano oggetto di libera disputa, in seguito non potevano più essere discusse.

Né si deve ritenere che gli insegnamenti delle Encicliche non richiedano, per sé, il nostro assenso, col pretesto che i Pontefici non vi esercitano il potere del loro Magistero Supremo.

Infatti questi insegnamenti sono del Magistero ordinario, di cui valgono poi le parole: "Chi ascolta voi, ascolta me" (Luc. X, 16); e per lo più, quanto viene proposto e inculcato nelle Encicliche, è già per altre ragioni patrimonio della dottrina cattolica. Se poi i Sommi Pontefici nei loro atti emanano di proposito una sentenza in materia finora controversa, è evidente per tutti che tale questione, secondo l'intenzione e la volontà degli stessi Pontefici, non può più costituire oggetto di libera discussione fra i teologi.

È vero pure che i teologi devono sempre ritornare alle fonti della Rivelazione divina: è infatti loro còmpito indicare come gli insegnamenti del vivo Magistero "si trovino sia esplicitamente sia implicitamente" nella Sacra Scrittura o nella divina tradizione. Inoltre si aggiunga che ambedue le fonti della Rivelazione contengono tali e tanti tesori di verità da non potersi mai, di fatto, esaurire. Le scienze sacre con lo studio delle sacre fonti ringiovaniscono sempre; al contrario, diventa sterile, come sappiamo dall’esperienza, la speculazione che trascura la ricerca del sacro deposito. Ma per questo motivo la teologia, anche quella positiva, non può essere equiparata ad una scienza solamente storica. Dio insieme a queste sacre fonti ha dato alla sua Chiesa il vivo Magistero, anche per illustrare e svolgere quelle verità che sono contenute nel deposito della fede soltanto oscuramente e come implicitamente. E il divin Redentore non ha mai dato questo deposito, per l'autentica interpretazione, né ai singoli fedeli, né agli stessi teologi, ma solo al Magistero della Chiesa. Se poi la Chiesa esercita questo suo officio (come nel corso dei secoli è spesso avvenuto) con l'esercizio sia ordinario che straordinario di questo medesimo officio, è evidente che è del tutto falso il metodo con cui si vorrebbe spiegare le cose chiare con quelle oscure; anzi è necessario che tutti seguano l'ordine inverso. Perciò il Nostro Predecessore di imperitura memoria Pio IX, mentre insegnava che è còmpito nobilissimo della teologia quello di mostrare come una dottrina definita dalla Chiesa è contenuta nelle fonti, non senza grave motivo aggiungeva le seguenti parole: "in quello stesso senso, con cui è stata definita dalla Chiesa".

continua..........
Fraternamente CaterinaLD

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Ritorniamo ora alle teorie nuove, di cui abbiamo parlato prima: da alcuni vengono proposte o istillate nella mente diverse opinioni che sminuiscono l'autorità divina della Sacra Scrittura. Con audacia alcuni pervertono il senso delle parole del Concilio Vaticano con cui si definisce che Dio è l’Autore della Sacra Scrittura, e rinnovano la sentenza, già più volte condannata, secondo cui l'inerranza della Sacra Scrittura si estenderebbe soltanto a ciò che riguarda Dio stesso o la religione e la morale.

Anzi falsamente parlano di un senso umano della Bibbia, sotto il quale sarebbe nascosto il senso divino, che è, come essi dichiarano, il solo infallibile. Nell'interpretazione della Sacra Scrittura essi non vogliono tener conto dell'analogia della fede e della tradizione della Chiesa; in modo che la dottrina dei Santi Padri e del Magistero dovrebbe essere misurata con quella della Sacra Scrittura, spiegata, però, dagli esegeti in modo puramente umano; e non piuttosto la Sacra Scrittura esposta secondo la mente della Chiesa, che da Cristo Signore è stata costituita custode e interprete di tutto il deposito delle verità rivelate.

Inoltre il senso letterale della Sacra Scrittura e la sua spiegazione elaborata, sotto la vigilanza della Chiesa, da tali e tanti esegeti, dovrebbe, secondo le loro false opinioni, cedere il posto ad una nuova esegesi, chiamata simbolica e spirituale; secondo quest’esegesi i libri del Vecchio Testamento, che oggi nella Chiesa sono una fonte chiusa e nascosta, verrebbero finalmente aperti a tutti. In questo modo - essi affermano - svaniscono tutte le difficoltà alle quali vanno incontro soltanto coloro che si attengono al senso letterale delle Scritture.

Tutti vedono quanto tutte queste opinioni si allontanino dai principi e dalle norme ermeneutiche giustamente stabilite dai Nostri Predecessori di felice memoria: da Leone XIII nell'Enciclica "Providentissimus Deus", da Benedetto XV nell'Enciclica "Spiritus Paraclitus", come pure da Noi stessi nell'Enciclica "Divino afflante Spiritu".

Non deve recare meraviglia che tali novità in quasi tutte le parti della teologia abbiano prodotto i loro velenosi frutti. Si mette in dubbio che la ragione umana, senza l'aiuto della divina Rivelazione e della grazia, possa dimostrare con argomenti dedotti dalle cose create, l'esistenza di un Dio personale; si afferma che il mondo non ha avuto inizio e che la creazione del mondo è necessaria, perché procede dalla necessaria liberalità del divino amore; così pure si afferma che Dio non ha prescienza eterna ed infallibile delle libere azioni dell'uomo: tutte opinioni contrarie alle dichiarazioni del Concilio Vaticano (Cfr. Conc. Vat. Cost. "De fide cath.", cap. 1: De Deo rerum omnium creatore).

Da alcuni poi si mette in discussione se gli angeli siano persone; se vi sia una differenza essenziale fra la materia e lo spirito. Altri snaturano il concetto della gratuità dell'ordine sovrannaturale, quando sostengono che Dio non può creare esseri intelligenti senza ordinarli e chiamarli alla visione beatifica. Né basta; poiché, messe da parte le definizioni del Concilio di Trento, viene distrutto il vero concetto di peccato originale e insieme quello di peccato in genere, in quanto offesa di Dio, come pure quello di soddisfazione data per noi da Cristo. Né mancano coloro che sostengono che la dottrina della transustanziazione, in quanto fondata su un concetto antiquato di sostanza, deve essere corretta in modo da ridurre la presenza reale di Cristo nell'Eucaristia ad un simbolismo, per cui le specie consacrate non sarebbero altro che segni efficaci della presenza di Cristo e della sua intima unione nel Corpo mistico con i membri fedeli.

Certuni non si ritengono legati alla dottrina che Noi abbiamo esposta in una Nostra Enciclica e che è fondata sulle fonti della Rivelazione, secondo cui il Corpo mistico di Cristo e la Chiesa cattolica romana sono una sola identica cosa. Alcuni riducono ad una vana formula la necessità di appartenere alla vera Chiesa per ottenere l'eterna salute. Altri infine non ammettono il carattere razionale dei segni di credibilità della fede cristiana.

È noto che questi errori, ed altri del genere, serpeggiano in mezzo ad alcuni Nostri figli, tratti in inganno da uno zelo imprudente o da una scienza di falso conio; e a questi figli sono costretti a ripetere, con animo addolorato, verità notissime ed errori manifesti, indicando loro con ansietà i pericoli dell'errore.

continua.........
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III

Tutti sanno quanto la Chiesa apprezzi il valore della ragione umana, alla quale spetta il còmpito di dimostrare con certezza l’esistenza di un solo Dio personale, di dimostrare invincibilmente per mezzo dei segni divini i fondamenti della stessa fede cristiana; di porre inoltre rettamente in luce la legge che il Creatore ha impressa nelle anime degli uomini; ed infine il còmpito di raggiungere una conoscenza limitata, ma utilissima, dei misteri (Cfr. Conc. Vat. D. B. 1796).

Ma questo còmpito potrà essere assolto convenientemente e con sicurezza, se la ragione sarà debitamente coltivata: se cioè essa verrà nutrita di quella sana filosofia che è come un patrimonio ereditato dalle precedenti età cristiane e che possiede una più alta autorità, perché lo stesso Magistero della Chiesa ha messo al confronto con la verità rivelata i suoi principî e le sue principali asserzioni, messe in luce e fissate lentamente attraverso i tempi da uomini di grande ingegno. Questa stessa filosofia, confermata e comunemente ammessa dalla Chiesa, difende il genuino valore della cognizione umana, gli incrollabili principî della metafisica cioè di ragion sufficiente, di causalità e di finalità ed infine sostiene che si può raggiungere la verità certa ed immutabile.

In questa filosofia vi sono certamente parecchie cose che non riguardano la fede e i costumi, né direttamente né indirettamente, e che perciò la Chiesa lascia alla libera discussione dei competenti in materia; ma non vi è la medesima libertà riguardo a parecchie altre, specialmente riguardo ai principî ed alle principali asserzioni di cui già parlammo. Anche in tali questioni essenziali si può dare alla filosofia una veste più conveniente e più ricca; si può rafforzare la stessa filosofia con espressioni più efficaci, spogliarla di certi mezzi scolastici meno adatti, arricchirla anche - però con prudenza - di certi elementi che sono frutto del progressivo lavoro della mente umana; però non si deve mai sovvertirla o contaminarla con falsi principî, né stimarla solo come un grande monumento, sì, ma archeologico. La verità in ogni sua manifestazione filosofica non può essere soggetta a quotidiani mutamenti specialmente trattandosi dei principî per sé noti della ragione umana o di quelle asserzioni che poggiano tanto sulla sapienza dei secoli che sul consenso e sul fondamento anche della Rivelazione divina. Qualsiasi verità la mente umana con sincera ricerca ha potuto scoprire, non può essere in contrasto con la verità già acquisita; perché Dio, Somma Verità, ha creato e regge l'intelletto umano non affinché alle verità rettamente acquisite ogni giorno esso ne contrapponga altre nuove; ma affinché,, rimossi gli errori che eventualmente vi si fossero insinuati, aggiunga verità a verità nel medesimo ordine e con la medesima organicità con cui vediamo costituita la natura stessa delle cose da cui la verità si attinge. Per tale ragione il cristiano, sia egli filosofo o teologo, non abbraccia con precipitazione e leggerezza tutte le novità che ogni giorno vengono escogitate, ma le deve esaminare con la massima diligenza e le deve porre su una giusta bilancia per non perdere la verità già conquistata o corromperla, certamente con pericolo e danno della fede stessa.

Se si considera bene quanto sopra è stato esposto, facilmente apparirà chiaro il motivo per cui la Chiesa esige che i futuri sacerdoti siano istruiti nelle scienze filosofiche "secondo il metodo, la dottrina e i principi del Dottor Angelico" (Corp. Jur. Can., can. 1366, 2), giacché, come ben sappiamo dall'esperienza di parecchi secoli, il metodo dell'Aquinate si distingue per singolare superiorità tanto nell'ammaestrare gli animi che nella ricerca della verità; la sua dottrina poi è in armonia con la Rivelazione divina ed è molto efficace per mettere al sicuro i fondamenti della fede come pure per cogliere con utilità e sicurezza i frutti di un sano progresso (A. A. S. vol. XXXVIII, 1946, p. 387).

Perciò è quanto mai da deplorarsi che oggi la filosofia confermata ed ammessa dalla Chiesa sia oggetto di disprezzo da parte di certuni, talché essi con imprudenza la dichiarano antiquata per la forma e razionalistica per il processo di pensiero. Vanno dicendo che questa nostra filosofia difende erroneamente l'opinione che si possa dare una metafisica vera in modo assoluto; mentre al contrario essi sostengono che le verità, specialmente quelle trascendenti, non possono venire espresse più convenientemente che per mezzo di dottrine disparate che si completano tra loro, benché siano in certo modo l'una all'altra opposte. Perciò la filosofia scolastica con la sua lucida esposizione e soluzione delle questioni, con la sua accurata determinazione dei concetti e le sue chiare distinzioni, può essere utile - essi concedono - come preparazione allo studio della teologia scolastica, molto bene adattata alla mentalità degli uomini medievali; ma non può darci - aggiungono - un metodo ed un indirizzo filosofico che risponda alle necessità della nostra cultura moderna. Oppongono, inoltre, che la filosofia perenne non è che la filosofia delle essenze immutabili, mentre la mentalità moderna deve interessarsi della "esistenza" dei singoli individui e della vita sempre in divenire.

Però, mentre disprezzano questa filosofia, esaltano le altre, sia antiche che recenti, sia di popoli orientali che di quelli occidentali, in modo che sembrano voler insinuare che tutte le filosofie o opinioni, con l'aggiunta - se necessario - di qualche correzione o di qualche complemento, si possono conciliare con il dogma cattolico. Ma nessun cattolico può mettere in dubbio quanto tutto ciò sia falso, specialmente quando si tratti di sistemi come l'immanentismo, l'idealismo, il materialismo, sia storico che dialettico, o anche come l'esistenzialismo, quando esso professa l'ateismo o quando nega il valore del ragionamento nel campo della metafisica.

Infine alla filosofia delle nostre scuole essi fanno questo rimprovero: che essa nel processo del pensiero bada solo all'intelletto e trascura la funzione della volontà e del sentimento. Ciò non corrisponde a verità. La filosofia cristiana non ha mai negato l'utilità e l'efficacia che hanno le buone disposizioni di tutta l'anima per conoscere ed abbracciare le verità religiose e morali; anzi, ha sempre insegnato che la mancanza di tali disposizioni può essere la causa per cui l'intelletto, sotto l'influsso delle passioni e della cattiva volontà, venga cosi oscurato da non poter rettamente vedere. Di più, il Dottor Comune ritiene che l'intelletto possa in qualche modo percepire i beni di grado superiore dell'ordine morale sia naturale che soprannaturale, in quanto esso esperimenta nell'ultimo una certa "connaturalità" sia essa naturale, sia frutto della grazia, con i medesimi beni (Cfr. S. Thom., Summa Theol. IIa IIæ, quæst. I, art. 4 ad 3; et quæst. 45, art. 2, in c.); ed è chiaro quanto questa, sia pur subcosciente, conoscenza possa essere di aiuto alla ragione nelle sue ricerche. Ma altro è riconoscere il potere che hanno la volontà e le disposizioni dell'animo di aiutare la ragione a raggiungere una conoscenza più certa e più salda delle verità morali, ed altro in quanto vanno sostenendo quei tali novatori: cioè che la volontà e il sentimento hanno un certo potere intuitivo e che l'uomo, non potendo col ragionamento discernere con certezza ciò che dovrebbe abbracciare come vero, si volge alla volontà, per cui egli possa compiere una libera risoluzione ed elezione fra opposte opinioni, mescolando malamente così la conoscenza e l'atto della volontà.

Non c'è da meravigliarsi che con queste nuove opinioni siano messe in pericolo le due scienze filosofiche che, per natura loro, sono strettamente collegate con gli insegnamenti della fede, cioè la teodicea e l'etica; essi ritengono che la funzione di queste non sia quella di dimostrare con certezza qualche verità riguardante Dio o altro ente trascendente, ma piuttosto quella di mostrare come siano perfettamente coerenti con le necessità della vita le verità che la fede insegna riguardo a Dio, Essere personale, e ai suoi precetti, e che perciò devono essere accettate da tutti per evitare la disperazione e per ottener l'eterna salvezza. Tutte queste affermazioni e opinioni sono apertamente contrarie ai documenti dei Nostri Predecessori Leone XIII e Pio X, e sono inconciliabili con i decreti del Concilio Vaticano.

Sarebbe veramente inutile deplorare queste aberrazioni, se tutti, anche nel campo filosofico, fossero ossequienti con la debita venerazione verso il Magistero della Chiesa, che per istituzione divina ha la missione non solo di custodire e interpretare il deposito della Rivelazione, ma anche di vigilare sulle stesse scienze filosofiche perché i dogmi cattolici non abbiano a ricevere alcun danno da opinioni non rette.

continua..........
Fraternamente CaterinaLD

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IV

Rimane ora da parlare di quelle questioni che, pur appartenendo alle scienze positive, sono più o meno connesse con le verità della fede cristiana. Non pochi chiedono instantemente che la religione cattolica tenga massimo conto di quelle scienze. Il che è senza dubbio cosa lodevole, quando si tratta di fatti realmente dimostrati; ma bisogna andar cauti quando si tratta piuttosto di ipotesi, benché in qualche modo fondate scientificamente, nelle quali si tocca la dottrina contenuta nella Sacra Scrittura o anche nella tradizione. Se tali ipotesi vanno direttamente o indirettamente contro la dottrina rivelata, non possono ammettersi in alcun modo.

Per queste ragioni il Magistero della Chiesa non proibisce che in conformità dell'attuale stato delle scienze e della teologia, sia oggetto di ricerche e di discussioni, da parte dei competenti in tutti e due i campi, la dottrina dell'evoluzionismo, in quanto cioè essa fa ricerche sull'origine del corpo umano, che proverrebbe da materia organica preesistente (la fede cattolica ci obbliga a ritenere che le anime sono state create immediatamente sia Dio). Però questo deve essere fatto in tale modo che le ragioni delle due opinioni, cioè di quella favorevole e di quella contraria all'evoluzionismo, siano ponderate e giudicate con la necessaria serietà, moderazione e misura e purché tutti siano pronti a sottostare al giudizio della Chiesa, alla quale Cristo ha affidato l'ufficio di interpretare autenticamente la Sacra Scrittura e di difendere i dogmi della fede (Cfr. Allocuzione Pont. ai membri dell'Accademia delle Scienze, 30 novembre 1941; A. A. S. Vol. , p. 506). Però alcuni oltrepassano questa libertà di discussione, agendo in modo come fosse già dimostrata con totale certezza la stessa origine del corpo umano dalla materia organica preesistente, valendosi di dati indiziali finora raccolti e di ragionamenti basati sui medesimi indizi; e ciò come se nelle fonti della divina Rivelazione non vi fosse nulla che esiga in questa materia la più grande moderazione e cautela.

Però quando si tratta dell'altra ipotesi, cioè del poligenismo, allora i figli della Chiesa non godono affatto della medesima libertà. I fedeli non possono abbracciare quell'opinione i cui assertori insegnano che dopo Adamo sono esistiti qui sulla terra veri uomini che non hanno avuto origine, per generazione naturale, dal medesimo come da progenitore di tutti gli uomini, oppure che Adamo rappresenta l'insieme di molti progenitori; non appare in nessun modo come queste affermazioni si possano accordare con quanto le fonti della Rivelazione e gli atti del Magistero della Chiesa ci insegnano circa il peccato originale, che proviene da un peccato veramente commesso da Adamo individualmente e personalmente, e che, trasmesso a tutti per generazione, è inerente in ciascun uomo come suo proprio (cfr. Rom. V, 12-19; Conc. Trident., sess. V, can. 1-4).

V

Come nelle scienze biologiche ed antropologiche, cosi pure in quelle storiche vi sono coloro che audacemente oltrepassano i limiti e le cautele stabilite dalla Chiesa. In modo particolare si deve deplorare un certo sistema di interpretazione troppo libera dei libri storici del Vecchio Testamento; i fautori di questo sistema, per difendere le loro idee, a torto si riferiscono alla Lettera che non molto tempo fa è stata inviata all'arcivescovo di Parigi dalla Pontificia Commissione per gli Studi Biblici (16 gennaio 1948; A. A. S., vol. XL, pp. 45-48).

Questa Lettera infatti fa notare che gli undici primi capitoli del Genesi, benché propriamente parlando non concordino con il metodo storico usato dai migliori autori greci e latini o dai competenti del nostro tempo, tuttavia appartengono al genere storico in un vero senso, che però deve essere maggiormente studiato e determinato dagli esegeti; i medesimi capitoli - fa ancora notare la Lettera - con parlare semplice e metaforico, adatto alla mentalità di un popolo poco civile, riferiscono sia le principali verità che sono fondamentali per la nostra salvezza, sia anche una narrazione popolare dell'origine del genere umano e del popolo eletto.

Se qualche cosa gli antichi agiografi hanno preso da narrazioni popolari (il che può essere concesso), non bisogna mai dimenticare che hanno fatto questo con l'aiuto dell'ispirazione divina, che nella scelta e nella valutazione di quei documenti li ha premuniti da ogni errore. Quindi le narrazioni popolari inserite nelle Sacre Scritture non possono affatto essere poste sullo stesso piano delle mitologie o simili, le quali sono frutto più di un'accesa fantasia che di quell'amore alla verità e alla semplicità che risalta talmente nei Libri Sacri, anche del Vecchio Testamento, da dover affermare che i nostri agiografi son palesemente superiori agli antichi scrittori profani.

Veramente Noi sappiamo che la maggioranza dei dottori cattolici, dei cui studi raccolgono i frutti gli Atenei, i Seminari e i Collegi dei religiosi, sono lontani da quegli errori che apertamente o di nascosto oggi vengono divulgati, sia per smania di novità, sia anche per una non moderata intenzione di apostolato. Ma sappiamo anche che queste nuove opinioni possono fai presa tra le persone imprudenti; quindi preferiamo porvi rimedio sugli inizi, piuttosto che somministrare la medicina quando la malattia è ormai invecchiata.

Per questo motivo, dopo matura riflessione e considerazione, per non venir meno al Nostro sacro dovere, ordiniamo ai Vescovi e ai Superiori Generali degli Ordini e Congregazioni religiose, onerata in maniera gravissima la loro coscienza, di curare con ogni diligenza che opinioni di tal genere non siano sostenute nelle scuole o nelle adunanze e conferenze, né con scritti di qualsiasi genere e nemmeno sans insegnate, in qualsivoglia maniera, ai chierici o ai fedeli.

Gli insegnanti degli Istituti ecclesiastici sappiano che essi non possono esercitare con tranquilla coscienza l'ufficio di insegnare che è stato loro affidato, se non accettano religiosamente le norme che abbiamo stabilite e non le osservano esattamente nell'insegnamento delle loro materie. Quella doverosa venerazione ed obbedienza che nel loro assiduo lavoro devono professare verso il Magistero della Chiesa le infondano anche nella mente e nell'anima dei loro scolari.

Conclusione

Cerchiamo con ogni sforzo e con passione di concorrere al progresso delle scienze che insegnano; ma si guardino anche dall'oltrepassare i confini da Noi stabiliti per la difesa della fede e della dottrina cattolica. Alle nuove questioni, che la cultura moderna e il progresso hanno fatto diventare di attualità, diano l'apporto delle loro accuratissime ricerche, ma con la conveniente prudenza e cautela; infine, non abbiano a credere, per un falso "irenismo", che si possa ottenere un felice ritorno nel seno della Chiesa dei dissidenti e degli erranti, se non si insegna a tutti, sinceramente, tutta la verità in vigore nella Chiesa, senza alcuna corruzione e senza alcuna diminuzione.

Fondati su questa speranza, che sarà aumentata dalla vostra pastorale solerzia, come auspicio dei celesti doni e segno della Nostra paterna benevolenza, impartiamo di gran cuore a voi tutti singolarmente, come al clero e al popolo vostri, l'apostolica Benedizione.

Dato a Roma, presso San Pietro, il giorno 22 del mese di Agosto dell'anno 1950, XII del Nostro Pontificato.

PIO PP. XII
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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CHI ERA EUGENIO PACELLI, PIO XII?



Pastore Angelico, questo è il titolo che si è meritato in vita e che nessuno potrà mai contestargli. Eugenio Pacelli nacque a Roma il 2 maggio 1876 da una nobile famiglia i cui appartenenti da due generazioni erano al servizio della Chiesa, il padre decano degli avvocati concistoriali, il nonno co-fondatore dell’Osservatore Romano. E dalla nobiltà della famiglia prese i tratti sia fisici che interiori, negli atteggiamenti, nella scrupolosa esattezza dei suoi atti; primeggiò negli studi, apprezzato dai compagni di studio e professori per la sua mitezza e bontà, fu esonerato dall’esame finale della licenza liceale per l’alta media riportata in tutte le materie, il titolo gli fu concesso ‘ad honorem’ con una medaglia d’oro.
Frequentò il Collegio Capranica, la Pontificia Università Gregoriana, l’Ateneo Pontificio di S. Apollinare, l’Università Statale; si laureò in teologia, in diritto “utroque iure”, si specializzò in Diritto Canonico, Sacra Scrittura, Patrologia, Vita della Chiesa e Storia Ecclesiastica, si può ben dire che da giovane seminarista e poi novello sacerdote nel 1899, era già un pozzo di scienza.

Il cardinale vicario di Roma conoscendo le sue doti, ritenne opportuno introdurlo nella Curia Romana nella Congregazione per gli Affari Ecclesiastici Straordinari, iniziò così nel 1901 quella carriera nella Curia pontificia che lo vedrà salire da minutante della Segreteria fino alla carica di Segretario di Stato per divenire poi papa, caso quasi unico di un ecclesiastico della Chiesa cattolica che trascorre tutta la sua vita nell’amministrazione e nella diplomazia vaticana per diventare papa senza aver avuto un’esperienza di tipo pastorale in qualche parrocchia o diocesi.

Lavorò in varie Congregazioni, commissioni ecclesiastiche, direttore spirituale di varie Associazioni, rappresentante della Santa Sede in varie missioni all’estero, lavorò per i papi Leone XIII, Pio X, Benedetto XV che nel 1917 lo consacrerà vescovo, Pio XI.
E nel 1917 fu inviato per la prima volta come Nunzio apostolico in Baviera, qui fu l’artefice fino al dicembre 1929 di un intensa attività diplomatica passando dalla Baviera alla Prussia, a Berlino presso il kaiser Guglielmo II e poi con la nuova Repubblica Tedesca; fu l’artefice dei Concordati stipulati fra la Santa Sede e la Baviera e poi con la Prussia, Land più protestante e potente della Germania.
Questo periodo di Nunzio coincise con il dopoguerra della 1ª Guerra Mondiale, che lo vide protagonista di aiuti alla popolazione più povera delle città tedesche, dovette affrontare le turbolenze violente di bande che si scagliavano anche contro la Chiesa, una di queste bande di fanatici assalì anche la Nunziatura puntandogli addosso le pistole.

I risultati raggiunti in quest’opera diplomatica dovuti ad una sua immensa rettitudine, accompagnata da signorilità, intelligenza e cultura, gli procurarono da parte di papa Ratti, Pio XI, il cappello cardinalizio e la carica di Segretario di Stato succedendo al cardinale Gasparri suo precedente maestro e superiore nella Curia romana.

Lasciò quindi la Germania nel dicembre 1929 dopo dodici anni di Nunziatura e iniziò a Roma il 7 febbraio 1930 il suo compito di massimo responsabile della Segreteria di Stato; la situazione mondiale non era per niente tranquillizzante; il Messico era al centro di un anticlericalismo di tipo massonico, in Italia sorgeva il fascismo, a Berlino sorgeva un totalitarismo che avrebbe portato al nazismo, vi era una dittatura materialistica in Unione Sovietica.
La sua opera si esplicò in una politica tendente ad evitare fratture e persecuzioni e nel contempo difendendo i valori spirituali e morali cristiani, salvaguardando i diritti della Chiesa e dell’umanità. Il 29 luglio 1933 firmò il Concordato con il Reich, estendendo le clausole dei precedenti Concordati con le singole Nazioni germaniche a tutto il territorio tedesco. Inviò, come Segretario di Stato ben sessanta note diplomatiche a Berlino a difesa dei diritti della Chiesa e dei diritti umani contro la politica dittatoriale del nazismo.

Visse insieme al papa Pio XI i tormenti di quell’epoca inquieta, mentre si usciva dalla persecuzione anticattolica del Messico, in Spagna dilagava una guerra civile con larga persecuzione religiosa, le vittime cattoliche erano migliaia; il comunismo cercava di estendersi in tante parti del mondo con le sue teorie ateistiche; collaborò alle encicliche allarmate sui movimenti ideologici in corso, che nel 1937, papa Pio XI promulgò, le “Mit brennender Sorge” e “Divini Redemptoris”.

Defunto quasi improvvisamente il papa, il cardinale Eugenio Pacelli venne eletto suo successore con il nome di Pio XII in un conclave brevissimo il 2 marzo 1939, quando sul mondo si addensavano le nubi della follia umana che porterà alla Seconda guerra mondiale. Impossibilitato a bloccarla, si adoperò per alleviare in qualche modo i disastrosi effetti sui popoli, istituì la P.O.A. (Pontificia Opera Assistenza) che proseguirà la sua attività per molti anni anche nel dopoguerra; l’Ufficio Informazioni Vaticane, che cercò di ritrovare o sapere della sorte di 11 milioni di persone coinvolte nel disastro mondiale, lanciò celebri messaggi natalizi radiofonici alle Nazioni in guerra esortandole alla pace.

La necessità di evitare ulteriori rappresaglie lo trattenne da una azione antinazista aperta, ma nel segreto egli operò tramite le sue Organizzazioni ad un capillare aiuto ai perseguitati delle leggi antirazziali, in particolare di circa 860.000 ebrei, come si può riscontrare dalle note degli Archivi Vaticani. Certamente tutto questo gli procurò angoscia, con la sola consolazione di aver risparmiato con il suo agire un numero grande di vittime.
Purtroppo negli anni a venire questo suo apparente silenzio gli verrà contestato da varie parti, in una campagna denigratoria sul suo operato, in quel tragico momento storico. Tentò invano di far dichiarare Roma ‘città aperta’ per risparmiarle quei bombardamenti che gli Alleati comunque le inflissero.

Nel dopoguerra lo vediamo artefice di un’opposizione e condanna del comunismo ateo dilagante ed oppressivo, in particolare nell’Europa dell’Est ed Estremo Oriente che aveva determinato la cosiddetta ‘Chiesa del Silenzio’, con persecuzioni, deportazioni e carcere per fedeli e clero cattolico.

La sua alta cultura, la conoscenza di più lingue, gli permisero di indirizzare più di 300 discorsi a Congressisti riuniti a convegni sulle più disparate scienze; scrisse 40 encicliche; promulgò nel 1954 l’Anno Mariano, proclamò nel 1950 durante l’Anno Santo, il Dogma dell’Assunzione di Maria.

I suoi discorsi e radiomessaggi sono raccolti in venti volumi a testimonianza di un immane opera di sensibilità al mondo moderno; fece eseguire gli arditi lavori archeologici sotto l’altare maggiore della Basilica di S. Pietro per portare alla luce le reliquie dell’Apostolo.

Resse la Chiesa con polso fermo prendendo decisioni anche impopolari come la non approvazione del movimento dei preti operai in Francia; dopo la morte del Segretario di Stato dell’epoca non lo sostituì, prendendo su di sé anche quest’incombenza che tenne fino alla morte.
Pio XII concluse la sua vita terrena il 9 ottobre 1958 nella residenza pontificia di Castelgandolfo, dopo quasi 20 anni di sofferto pontificato; è tumulato nelle Grotte Vaticane sotto la basilica, di fronte alla ritrovata tomba di s. Pietro.


Autore: Antonio Borrelli

www.santiebeati.it/dettaglio/90029

www.vatican.va/holy_father/pius_xii/encyclicals/documents/hf_p-xii_enc_12081950_humani-generis...
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19/07/2011 23:09
 
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Le parole di Pio XII ai medici

Quante sofferenze
sono state evitate

 

di JOSÉ MARÍA SIMÓN CASTELLVI
Presidente della Federazione internazionale delle associazioni mediche cattoliche

Noi medici abbiamo un grande debito di riconoscenza nei confronti di Pio XII e del suo magistero. Papa Pacelli, infatti, è stato una persona di grande sensibilità, che ha dedicato molto tempo e altrettanti sforzi a favore dei medici cattolici e degli altri operatori della salute e della vita.

Personalmente, come molti, sono sempre rimasto colpito dalle sue doti intellettuali, dalla consolazione che seppe dare alle vittime dei bombardamenti di Roma durante la guerra, con la sua tonaca bianca e la sua intimità con Dio.

Dispongo di informazioni di prima mano grazie a un medico di Barcellona, ormai anziano, che assistette a Roma a molti degli incontri di quel grande Papa con i medici. Ancora sono vivi in lui i consigli saggi che egli offriva.

Una volta, in una sala per le conferenze vicino a San Pietro, centinaia di medici si accalcarono per ascoltarlo e per formulargli domande di ogni tipo. A tal proposito ho letto un volume curato dal cardinale Fiorenzo Angelini, che fu suo collaboratore e poi presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari. In esso si trovano raccolti quei grandi insegnamenti che abbiamo anche trasferito sulla pagina web della Federazione internazionale delle associazioni mediche cattoliche.

Ben noto è l'insegnamento di Pio XII sull'anestesia e sull'analgesia: essa si può e si deve applicare, se è necessario, sebbene indirettamente possa abbreviare la vita a causa di effetti secondari indesiderati. Le sue parole hanno evitato sofferenze a milioni di persone.

Per quanto riguarda la trasmissione della vita, egli ha anticipato, in sostanza, il contenuto della Humanae vitae, sottolineando che noi medici possiamo e dobbiamo essere d'aiuto in caso di infertilità, ma mai possiamo sostituirci ai coniugi.

Ci ha poi lasciato una preziosa Preghiera del medico che fu letta in pubblico per la prima volta da padre Pio l'8 maggio 1958, all'ottavo Congresso italiano di medici cattolici: "O medico divino delle anime e dei corpi, Redentore Gesù, che durante la tua vita mortale prediligesti gl'infermi" iniziava. La sua vita fu piena di attenzioni verso i medici e gli infermi.

Discorsi ai membri delle associazioni di san Luca (uno dei patroni dei medici), allocuzioni a gruppi di specialisti diversi (oftalmologi, otorini, chirurghi) ai donatori di sangue, a coloro che hanno a che fare con i problemi biologici del cancro, messaggi radio agli infermi, ecc. Il 29 settembre 1949 tenne un discorso al quarto Congresso internazionale dei medici cattolici. Rivolse parole rimaste celebri anche alle infermiere, alle balie, ai pellegrini malati, alle associazioni familiari di diversi Paesi, agli psicoterapeuti, ai genetisti, ai microbiologi, ai farmacisti, ai tecnici, ai religiosi ospedalieri. E non dimenticò i politici, anche per la prevenzione degli incidenti.

Il suo magistero è stato tenuto presente e apprezzato dai suoi successori. Per questo gòli siamo grati e ripetiamo con la Preghiera da lui composta: "Come medici che ci gloriamo del tuo nome, promettiamo che la nostra attività si muoverà costantemente nell'osservanza dell'ordine morale e sotto l'impero delle sue leggi".



(©L'Osservatore Romano 20 luglio 2011)
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25/08/2012 23:35
 
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L’enciclica di Pio XII «sulle false opinioni che minacciano l’integrità della dottrina cattolica»


Il 12 agosto 1950 veniva pubblicata l’Humani generis. Validità e attualità di quell’insegnamento


di Lorenzo Cappelletti


Sfogliando le riviste teologiche sia italiane che estere, sia di taglio divulgativo che specialistico, dell’anno 2000 e di questo primo scorcio del 2001, non è dato incontrare articoli dedicati all’enciclica di Pio XII «sulle false opinioni che minacciano l’integrità della dottrina cattolica» Humani generis, che ha celebrato il 12 agosto dello scorso anno il suo cinquantesimo anniversario. Che in quella data l’abbia ricordata L’Osservatore Romano non fa certo notizia, semmai colpisce il tono celebrativo dell’articolo (a firma di un autore non così noto) che stride con la sua collocazione nel taglio basso della pagina 6.

L’incontro di Gesù con la Samaritana al pozzo, di Giacobbe, Alessandro Turchi, collezione privata, Verona

L’incontro di Gesù con la Samaritana al pozzo, di Giacobbe, Alessandro Turchi, collezione privata, Verona

Siamo dunque prossimi al termine dell’“anno giubilare” di Humani generis e fin qui – a meno che qualche contributo non giunga proprio in dirittura d’arrivo – bisogna rilevare che né le riviste delle pontificie università romane (Gregorianum, Lateranum, Euntes docete [dell’Urbaniana], Angelicum, Salesianum, Antonianum, Teresianum, Annales theologici, [del Pontificio Ateneo della Santa Croce], Alpha Omega [dell’Ateneo “Regina apostolorum”]) né le “milanesi” La scuola cattolica e Teologia né le “napoletane” Rassegna di Teologia e Asprenas né le riviste teologiche internazionali come Communio, Concilium o Nouvelle Revue Théologique né le riviste di alta divulgazione o di attualità come La Civiltà Cattolica, Studi Cattolici, Vita e pensiero(dell’Università Cattolica), Rivista del clero italiano, Rocca, Il Regno, Nuntium (della Pontificia Università Lateranense), Études, The Tablet, hanno dedicato articoli a questo documento che, da qualunque angolazione lo si guardi, vuoi per valorizzarne certi aspetti vuoi per criticarli, resta obbiettivamente di grande importanza.

Un silenzio peraltro che non sembra frutto di una congiura, ma forse scaturisce dall’imbarazzo o ancor più semplicemente dal ritenere superate le questioni poste da Humani generis di fronte a temi teologici di maggiore attualità (ma va ricordato che, fra i documenti di Pio XII, Humani generis è il più citato dal Catechismo della Chiesa cattolica e l’unico citato più volte dall’enciclica Fides et ratio).


Potremmo elencare ancora altre decine di riviste, ma sarebbe superfluo perché la nostra rassegna è destinata a rimanere comunque parziale, benché indicativa di una generalizzata omissione. A fronte di tale omissione da una parte c’è stata, per usare il linguaggio giornalistico, una imponente copertura del Grande Giubileo, e del relativo esordio del terzo millennio, che ha lasciato poco spazio ad altre ricorrenze (anche se la Revue philosophique de Louvain ha trovato modo di ricordare i cinquant’anni dalla morte di Maurice Blondel e Communio ha meritoriamente voluto dedicare alcune belle pagine ad Heinrich Schlier nel centenario della sua nascita); e, dall’altra parte, ci sono stati commenti, pressoché in ogni rivista, alla Fides et ratio, alla Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione e alla Dominus Iesus, nonché frequenti riflessioni sulla pena di morte e sulla Chiesa e le colpe del passato.

Peraltro, se non si sfogliano solo gli indici ma ci si addentra nelle pagine di Recherches de science religieuse e della Revue d’histoire ecclésiastique, troviamo che Humani generis è ricordata negli articoli di due studiosi del modernismo, Pierre Colin e Étienne Fouilloux. Un ricordo pacifico fintantoché compiuto in prospettiva storica, pieno di inquietudine quando paventa che possa essere rimessa in discussione la vittoria ormai riportata su Humani generis.

Ma perché ce ne interessiamo noi?
Arrivati a questo punto sarà bene dichiarare la nostra intenzione. La nostra intenzione non è nostalgica né polemica, cioè non intendiamo lamentarci della altrui dimenticanza e nemmeno intendiamo brandire tale dimenticanza come un’ascia di guerra di nuovo dissotterrata contro le novità, che nel frattempo sono diventate teologia largamente diffusa, della “nouvelle théologie”.

Nostra intenzione è quella di affermare la libertà dei fedeli di rimanere nella semplicità della Tradizione, nell’adesione al Magistero della Chiesa, liberi di fronte a qualunque egemonia di opinioni teologiche. Dal punto di vista della chiara distinzione dei contenuti di dottrina proposti dal Magistero dalle riflessioni delle varie scuole teologiche, si possono richiamare le osservazioni del cardinal Ruini quando, riferendosi proprio ad Humani generis, disse (La questione del soprannaturale. Natura e grazia, testo di una sua relazione pubblicata sul numero 2-3 del Nuovo Areopago 2000) che tanto l’interpretazione della gratuità del soprannaturale sostenuta dagli esponenti della “nouvelle théologie”, quanto naturalmente la tradizionale interpretazione tomista non sono «attualmente in contrasto col Magistero [...]. Entrambe possono liberamente confrontarsi, e anzi penso sia del tutto possibile e corretto, da parte di un teologo, continuare a pensare che vi sia una incompatibilità oggettiva tra la tesi di de Lubac e il carattere divinizzante e totalmente gratuito della salvezza cristiana, senza ritenere per questo che tale incompatibilità sia oggi da censurarsi» (p. 21).
Posizione a ben vedere non del tutto estranea fin da principio alle stesse parti in causa cioè, paradossalmente, tanto a Humani generis («la Chiesa non può essere legata ad un qualunque effimero sistema filosofico») quanto al padre Congar che così scrive nel suo diario da poco pubblicato (Journal d’un théologien: 1946-1956, Éditions du Cerf, Paris 2000): «Il tragico della situazione attuale e del modo con cui concretamente è esercitato il Magistero ordinario romano è che questo Magistero fa continuamente teologia e espone con l’autorità del Magistero cattolico posizioni di scuola teologica» (p. 221).


Al di là di differenti posizioni di scuola riguardo alla dottrina della gratuità del soprannaturale, che è bene rimangano tali senza che tutto si risolva in un cambio di egemonia sul Magistero, resta che la messa in guardia fatta da Pio XII quando, nell’elenco di errori che costituisce proprio il cuore dell’enciclica, parla di coloro che «snaturano il concetto della gratuità dell’ordine soprannaturale» e subito dopo della «distruzione del vero concetto di peccato originale» offre, a nostro avviso, la chiave di lettura più intelligente del percorso della filosofia e teologia moderna.

Per fare solo un accenno esemplificativo, è un intrinsecismo alla Malebranche – per riallacciarsi alla critica sviluppata da Blondel e ripresa da Del Noce – che oggi snatura il concetto della gratuità dell’ordine soprannaturale e distrugge il vero concetüo di peccato originale, ben più dell’estrinsecismo cartesiano. Si potrebbe dire che la gnosi (l’esoterismo e il satanismo cui la presunzione gnostica alla fine conduce) sceglie oggi questa via per tentare di impadronirsi del contenuto stesso della Rivelazione. Per questo l’insegnamento di Humani generis non solo, evidentemente, è valido anche oggi, ma, sorprendentemente, è anche così attuale.


Fraternamente CaterinaLD

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