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Come nasce la Città dello Stato Vaticano?

Ultimo Aggiornamento: 24/03/2011 19:34
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02/02/2009 11:06
 
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11 febbraio Un nuovo anniversario



1. La ricorrenza della firma dei Patti lateranensi, avvenuta settantasette anni or sono, si colora questa volta della memoria forte e riconoscente del Santo Padre Giovanni Paolo II, che nel corso dell'anno ormai tramontato ha lasciato la città terrena.
Una memoria innanzitutto "forte", di cui è visibile traccia in monumenti sparsi in località di tutte le regioni italiane, più volte visitate con instancabile zelo apostolico dal Vescovo di Roma e Primate d'Italia, nel corso del lunghissimo pontificato; ma soprattutto una memoria rintracciabile nei segni profondi, originali, inconfondibili rimasti nella vita, nella cultura, nella sensibilità, nella spiritualità del popolo italiano, avendo saputo incarnare e far rifiorire, Lui polacco, la nobile e ricca tradizione del cristianesimo di questo Paese, forgiata da santi quali Francesco e Chiara, Caterina da Siena e Filippo Neri.

E poi una memoria riconoscente per questo pastore venuto da lontano, che tanto ha amato l'Italia e gli italiani e tanto ne è stato ricambiato. Lo hanno eloquentemente dimostrato le moltitudini silenziose, commosse ed oranti che in occasione del Suo decesso si sono volute recare, spesso anche con notevoli sacrifici, a porgere l'ultimo saluto alle sue spoglie mortali. È una riconoscenza che si radica nel ricordo della sollecitudine di Giovanni Paolo II per il Paese, espressa anche in eventi di significativo spessore: dal monito ai mafiosi lanciato da Agrigento il 9 maggio 1993, alla "grande preghiera per l'Italia" indetta il 10 gennaio 1994, alla visita, unica nel suo genere, al cuore della vita democratica, il Parlamento italiano, avvenuta il 14 novembre 2002.

2. In tale contesto, e con specifico riferimento alla ricorrenza che si vuole onorare, non si può fare a meno di ricordare che sotto il Suo pontificato giunse a maturazione il processo di revisione del Concordato del Laterano e che Egli volle la conclusione dell'Accordo firmato il 18 febbraio 1984. Come noto, questo fu teso ad armonizzare le disposizioni del 1929 agli insegnamenti del Concilio Vaticano II ed ai principi della Costituzione italiana, segnando il passaggio ad una nuova fase dei rapporti tra Chiesa e Stato in Italia, caratterizzata da un rinnovato e più forte impegno alla collaborazione "per la promozione dell'uomo e il bene del Paese", nel rispetto della reciproca indipendenza e sovranità.
Giovanni Paolo II, che veniva da un'esperienza personale in un contesto politico nel quale dignità della persona, libertà religiosa e libertas Ecclesiae, sana collaborazione fra le due autorità, erano apparse per tanto tempo beni irraggiungibili, colse con chiarezza il positivo impulso che in tal senso derivava dalla revisione del Concordato lateranense.

Non a caso nel discorso pronunciato il 3 giugno 1985, all'atto dello scambio degli strumenti di ratifica dell'Accordo, notava come "strumento di concordia e collaborazione, il Concordato si situa ora in una società caratterizzata dalla libera competizione delle idee e dalla pluralistica articolazione delle diverse componenti sociali: esso può e deve costituire un fattore di promozione e di crescita, favorendo la profonda unità di ideali e di sentimenti, per la quale tutti gli italiani si sentono fratelli in una stessa Patria". Ed aggiungeva che nell'esercizio della sua diaconia per l'uomo "la Chiesa intende operare nel pieno rispetto dell'autonomia dell'ordine politico e della sovranità dello Stato. Parimenti, essa è attenta alla salvaguardia della libertà di tutti, condizione indispensabile alla costruzione di un mondo degno dell'uomo, che solo nella libertà può ricercare con pienezza la verità e aderirvi sinceramente, trovandovi motivo ed ispirazione per l'impegno solidale ed unitario al bene comune".

L'Accordo, se contribuì a mettere in luce l'infondatezza di antiche e tornanti tesi circa l'inutilità delle pattuizioni concordatarie con le democrazie, si pose immediatamente come paradigma dei Concordati postconciliari, evidenziando i due principi supremi che sono chiamati a presiedere alle relazioni fra Chiesa e comunità politica: quello della distinzione di ambiti e quello della collaborazione. Una collaborazione motivata dal fatto che, come bene ha precisato il Vaticano II nella costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, entrambe, cioè la Chiesa e la comunità politica, "anche se a titolo diverso, sono a servizio della vocazione personale e sociale delle stesse persone umane" (n. 76).

3. È qui che si radica la nozione di una sana laicità dello Stato, cioè di una laicità autentica, che è bene condiviso dalla Chiesa non meno che dalla comunità politica. Come ha detto con estrema chiarezza Benedetto XVI nel discorso pronunciato il 24 giugno 2005, in occasione della visita nel Palazzo del Quirinale al Presidente della Repubblica Italiana Carlo Azeglio Ciampi, "legittima è dunque una sana laicità dello Stato in virtù della quale le realtà temporali si reggono secondo le norme loro proprie, senza tuttavia escludere quei riferimenti etici che trovano il loro fondamento ultimo nella religione", aggiungendo che "l'autonomia della sfera temporale non esclude un'intima armonia con le esigenze superiori e complesse derivanti da una visione integrale dell'uomo e del suo eterno destino".

In questa prospettiva la Chiesa, pur svolgendo nel rigoroso rispetto dell'ordine proprio dello Stato la missione che è sua, vale a dire l'annuncio della Buona Novella, contribuisce alla crescita della stessa società civile. Perché, come annotava nella stessa occasione Benedetto XVI, "quando il suo messaggio viene accolto, la comunità civile si fa anche più responsabile, più attenta alle esigenze del bene comune, e più solidale con le persone povere, abbandonate ed emarginate", sicché non a caso "scorrendo la storia italiana, si resta impressionati dalle innumerevoli opere di carità a cui la Chiesa, con grandi sacrifici, ha dato vita per il sollievo di ogni genere di sofferenza".

4. Il Concordato italiano in vigore è dunque, al tempo stesso, espressione di sana laicità e strumento che contribuisce a garantire la sana laicità dello Stato.
Innanzitutto perché, in quanto accordo bilaterale, presuppone in maniera imprescindibile e chiara la distinzione tra Stato e Chiesa, che è base di una corretta idea di laicità, e con la sua vigenza continua a postulare nel tempo tale distinzione.
In secondo luogo perché esprime propriamente l'attitudine laica di uno Stato. Che non è quella di ignorare o addirittura contrastare il fenomeno religioso, sulla base di una insussistente contrapposizione tra ragione e fede, tra scienza e credenza, che conduce ad una degenerazione ideologica dello Stato qualificabile come laicismo; ma è quella di considerare il fenomeno religioso come una grandezza di segno positivo che attraversa il corpo sociale, meritevole di tutela, che pertanto lo Stato non ignora né tanto meno combatte, ma garantisce e favorisce, nella consapevolezza della propria incompetenza in materia e, quindi, nel rispetto dell'ordine proprio della Chiesa.

In terzo luogo perché, in quanto actio finium regundorum tra Stato e Chiesa, diviene strumento di consensuale individuazione dei confini che distinguono, nella concretezza della realtà storica, l'ordine dell'uno e l'ordine dell'altra, consentendo un'attuazione pratica e non prevaricatrice del principio, di origine evangelica, della distinzione necessaria tra di loro.

Infine perché diventa, nel pieno rispetto di tutti, strumento efficace per una regolamentazione delle modalità di esercizio del diritto di libertà religiosa dei cattolici, nel contesto della consapevolezza propria di ogni democrazia avanzata, secondo cui compito dello Stato non è solo quello di riconoscere tale libertà come diritto individuale e collettivo, ma anche di rimuovere - nella corretta visione di un'eguaglianza intesa anche in senso sostanziale - gli ostacoli di vario genere che possono, in concreto, impedire o limitare l'esercizio del diritto stesso. Da questo punto di vista alcune recenti sortite che vorrebbero riproporre sul tappeto la questione concordataria appaiono, oltre che antistoriche, in rotta di collisione con la Costituzione della Repubblica italiana

5. Per finire non si può non menzionare anche il Trattato del Laterano, con cui si pose fine all'annosa Questione romana, che aveva dilacerato gli animi di una generazione di italiani. Esso fa parte, come il Concordato, del sistema dei Patti, anzi costituisce il presupposto che ha reso possibile il Concordato, che ne è quindi il logico e necessario complemento.
Il Trattato è chiamato ad assicurare l'assoluta e visibile garanzia dell'indipendenza della Santa Sede nell'esercizio della sua missione universale. È un interesse, questo dell'indipendenza, proprio della Sede Apostolica e dell'intera cattolicità, ma condiviso dallo stesso Stato italiano, il quale, in tutte le sue componenti, è impegnato a tutelare i Patti Lateranensi, come inscindibili strumenti di reciproca libertà e di operosa collaborazione, con obbligo internazionalmente assunto e costituzionalmente confermato.

L'odierna ricorrenza non riveste dunque solo il senso, pure apprezzabile, della memoria di un passato ormai lontano, segnato dall'importante evento della ritrovata pace religiosa in Italia; ma anche quello, attuale e propositivo, di ravvivare la consapevolezza delle ragioni profonde di una collaborazione.


(©L'Osservatore Romano - 11 Febbraio 2006)

Foto sotto: San Pietro prima dei Patti Lateranensi i quali permisero dopo di aprire la strada dedicandola alla Via della RICONCILIAZIONE fra Stato e Chiesa:

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Il Concordato del 1984
La Costituzione italiana prevede, nell'art. 7, la possibilità di giungere a modifiche consensuali degli accordi.
L'Insegnamento della Religione Cattolica nella scuola.


Così dal novembre 1968, con la commissione ministeriale presieduta dall'on. Guido Gonella inizia un lungo iter che porta, attraverso l'elaborazione di ben nove testi, alla firma inaspettata del «Nuovo Concordato» (l'Accordo di revisione del Concordato Lateranense con l'annesso Protocollo addizionale), il 18 febbraio 1984, tra il presidente del Consiglio Bettino Craxi e il segretario di Stato, card. Agostino Casaroli. Centrale per l'Insegnamento della Religione Cattolica è l'art. 9.2, che recita:

Legge n. 121 del 25 marzo 1985, Art. 9.2:
«La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i princìpi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado.
Nel rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori è garantito a ciascuno il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi di detto insegnamento.
All'atto dell'iscrizione gli studenti o i loro genitori eserciteranno tale diritto, su richiesta dell'autorità scolastica, senza che la loro scelta possa dar luogo ad alcuna forma di discriminazione».

Sono almeno quattro le novità di questo testo, che segna una svolta sostanziale e dà un volto ben preciso alla religione nella scuola, il cui oggetto è «Insegnamento della Religione Cattolica».

La prima novità riguarda le motivazioni invocate per giustificare la presenza dell'Insegnamento della Religione Cattolica nella scuola: pedagogica e storico-sociale.

La seconda consiste nell'estensione dell'Insegnamento della Religione Cattolica a tutti i gradi di scuola non universitari (compresa quindi la materna).

La terza si riferisce alla gestione bilaterale di tale insegnamento. Lo Stato non lo delega alla Chiesa, ma si fa carico dell'Insegnamento della Religione Cattolica come di ogni altra disciplina e lo condivide responsabilmente, per la sua peculiarità, con essa.

La quarta indica il profilo dell'Insegnamento della Religione Cattolica, che si qualifica per le seguenti caratteristiche:
- è un insegnamento che accetta le finalità della scuola;
- è un insegnamento materialmente confessionale, svolto secondo la dottrina della Chiesa e questo garantisce l'autenticità, l'oggettività, la serietà della proposta;
- è un insegnamento offerto a tutti ma non imposto a nessuno, quindi facoltativo e rispettoso della libertà di coscienza degli alunni e delle famiglie.
- È la formula italiana dell'insegnamento scolastico della religione, che la distingue da altre tradizioni e contesti.

Il Protocollo addizionale prevedeva l'Intesa fra Ministero della Pubblica Istruzione e la Conferenza Episcopale Italiana, siglata il 14 dicembre 1985 e modificata il 13 giugno 1990; essa sviluppa quattro aspetti:

- i programmi di Insegnamento della Religione Cattolica;
- le modalità di organizzazione dell'Insegnamento della Religione Cattolica;
- i criteri nella scelta dei libri di testo;
- i profili di qualificazione professionale degli insegnanti di religione.

Tra il mese di giugno del 1986 e quello di luglio del 1987 vengono pubblicati i programmi ministeriali di Insegnamento della Religione Cattolica per tutti e quattro i livelli di scuola (materna, elementare, media, secondaria superiore).

Negli anni successivi il dibattito sull'Insegnamento della Religione Cattolica non si arresta; nella sua gestione sorgono spesso nuovi problemi che vengono affrontati con circolari ministeriali applicative, risoluzioni parlamentari e talvolta sentenze della Corte Costituzionale. Vi sono però dei punti ormai acquisiti.

È riconosciuto che l'Insegnamento della Religione Cattolica resta materia curricolare per quanti se ne avvalgono.
È pacifico che l'Insegnamento della Religione Cattolica è disciplina scolastica e i docenti di religione sono operatori nella scuola e della scuola a pieno titolo.
È acquisito che la scelta dell'Insegnamento della Religione Cattolica non deve dar luogo ad alcuna forma di discriminazione: nella formazione delle classi, nella durata dell'orario scolastico giornaliero, nella collocazione dell'Insegnamento della Religione Cattolica nel quadro dell'orario delle lezioni.
È consuetudine che la scuola offra ai non avvalentesi dell'Insegnamento della Religione Cattolica quattro «alternative».
Anche se rimangono alcune questioni aperte (la realizzazione effettiva delle attività alternative, la difficoltà di definire un organico stabile di docenti nella scuola primaria, lo stato giuridico degli insegnanti di religione), l'Insegnante di Religione riesce ad operare nella scuola in modo complessivamente sereno e costruttivo, svolgendo un servizio culturale ed educativo a favore delle nuove generazioni.

http://www.bologna.chiesacattolica.it/irc/...o/storia/04.php






Monsignor D’Ascenzi ricorda il convegno sul Concordato che si tenne ad Arezzo nell’85
Un aiuto a superare pregiudizi reciproci


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Giovanni D’Ascenzi


Quando il 18 febbraio 1984 fu reso pubblico il testo dell’Accordo di revisione del Concordato stipulato dall’Italia e dalla Santa Sede, rimasi favorevolmente sorpreso dall’attenzione con cui fu accolto dalle componenti politiche, culturali e sociali dell’ambiente aretino, sicché aderii subito all’invito di partecipare all’iniziativa di un convegno a più voci su questo argomento.

Non ero ignaro della presenza in Arezzo di una classe politico-culturale che guardava alla Chiesa con persistente diffidenza, residuo di una visione laicista ancora tenacemente radicata. Non potevo dimenticare la risposta del sindaco di Arezzo all’invito di partecipare alla cerimonia del mio ingresso nella Cattedrale aretina l’11 giugno 1983: «Piuttosto la invito io, prima che entri in Cattedrale, a incontrare il Consiglio comunale nella sede del Comune». Naturalmente risposi declinando l’invito. Altra persistente diffidenza era diffusa nei ceti popolari per il sistema mezzadrile con il quale era gestito il patrimonio, assai consistente, dei benefici ecclesiastici.

La Chiesa di Arezzo, guidata dall’amatissimo vescovo Emmanuele Mignone, era stata a fianco della popolazione durante il passaggio delle truppe tedesche durante la Seconda guerra mondiale. Nel complesso circa trenta sacerdoti avevano donato la vita per proteggere la popolazione delle città e dei villaggi della Valdichiana, del Valdarno, del Pratomagno, del Casentino, del sacro Monte della Verna, di Camaldoli, della Valtiberina, del Chianti. Lo stesso vescovo aveva accolto i senzatetto nel Palazzo vescovile. Più volte era intervenuto con il comando militare tedesco per tutelare la vita di persone in prigione; ma purtroppo con scarsi risultati.

Al primo invito a promuovere un convegno di studio sul nuovo Concordato fecero seguito ripetuti scambi di idee relativamente ai contenuti, alla scelta dei relatori e delle istituzioni e delle persone da invitare. Nel porgere il saluto ai partecipanti al convegno potei dire tra l’altro queste parole: «Debbo confessare che il cammino intercorso tra persone di estrazione diversa, come si suol dire, ha fatto scoprire e alimentare un sincero spirito di amicizia».

In verità un convegno di studio sull’Accordo di revisione del Concordato presentava non poche difficoltà, sia per le polemiche che il Concordato sottoscritto l’11 febbraio 1929 aveva suscitato, sia per il dibattito in sede di Costituente per la formulazione dell’articolo 7 della Costituzione: «Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale».

L’ambito del convegno di studio fu indicato nel tema: “Concordato 1984: premesse e prospettive”. Si svolse ad Arezzo dal 24 al 26 gennaio 1985. Parteciparono come relatori Pietro Scoppola (con la relazione “Il Concordato del 1929. Profilo storico”); Ombretta Fumagalli Carulli (“I Patti del Laterano: il dibattito parlamentare e le reazioni del Paese”); Carlo Cardia (“Principi costituzionali e Concordato tra Stato e Chiesa cattolica”); Orazio Niceforo (“I cattolici e la scuola: la tentazione integralistica”); Ugo De Siervo (“Scuola pubblica e scuola privata”); Luciano Pazzaglia (“L’insegnamento della religione nella scuola di Stato”); Giulio Andreotti (“Il Concordato di Villa Madama del 1984 e le sue prospettive”); Attilio Nicora (“Le novità del Concordato circa gli enti e i beni ecclesiastici e circa il trattamento economico del clero”); Bruno Benigni (“Assistenza sociale e volontariato. Stato, regioni ed enti locali”); Gennaro Acquaviva e io stesso.

Scorrendo le pagine degli atti pubblicati a cura dell’editrice Quattroventi di Urbino, dopo il telegramma a firma del segretario di Stato cardinale Agostino Casaroli che, nel trasmettere la benedizione del Santo Padre, esprimeva compiacimento, auspicio e interesse a conoscere i risultati del dibattito, segue un ampio ma interessante saluto rivolto ai convegnisti dal sindaco di Arezzo, professor Aldo Ducci, aderente al Partito socialista italiano e noto per il suo passato anticlericale.

Ducci esprimeva il ringraziamento dell’Amministrazione comunale e suo personale per l’iniziativa del convegno sul Concordato del 1984, che affrontava il tema dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa in Italia, spesso nel passato tempestosi e accompagnati da pregiudizi reciproci che rendevano difficile il dialogo. Ducci, pur dichiarando la fede religiosa della sua famiglia di origine, non negava di essere stato coinvolto da quel clima anticlericale; tuttavia riconosceva che l’Accordo di revisione del Concordato, stipulato il 18 febbraio 1984, aveva avuto ampio consenso nelle delibere del Parlamento; e riconosceva ancora che un grande contributo al superamento o all’attenuazione del reciproco rifiuto fu favorito dal comportamento generoso dei cattolici nella lotta partigiana, dall’eroismo del clero e in particolare del vescovo Mignone.

Inoltre disse: «Il Concilio è stato un fatto di importanza veramente storica non solo per i credenti, ma anche per i non credenti che hanno visto in esso la dimostrazione di una possibilità di dialogo e di confronto basati sul reciproco rispetto. Per questi motivi Giovanni Battista Roncalli, il grande Papa del Concilio, rappresenta un punto di riferimento morale anche per i laici. Papa Giovanni, con la sua visione fiduciosa dei rapporti possibili e positivi fra genti diverse, fra mondi qualche volta opposti, fra tradizioni culturali e religiose storicamente ostili, ha indicato la possibilità di individuare denominatori comuni ed elementi unificanti tali da consentire la collaborazione e il rispetto nell’affermazione del valore supremo della pace come condizione di ogni avanzamento umano».

Dopo quello del sindaco ci fu il mio saluto in cui spiegai come avevo dato immediata e serena adesione alla proposta rivoltami di promuovere insieme alle componenti laiche della città di Arezzo un convegno di studio sul nuovo Concordato: «Chiesa e istituzioni civili vivono e operano nella stessa società. Talvolta vivono accanto, ma non si conoscono a fondo; forse il convegno potrà giovare perché si realizzi una convivenza aperta a una “collaborazione reciproca per la promozione dell’uomo e il bene del Paese” come opportunamente afferma nell’articolo 1 il testo concordatario».

Aggiunsi: «Questo convegno non potrà compiere miracoli; ci aiuterà tuttavia a guardarci in faccia con lealtà; fors’anche ci aiuterà a gettare dietro le spalle pregiudizi e sospetti, che hanno radici più o meno recenti. C’è un domani da costruire insieme fin da oggi: sia nel piccolo mondo di Arezzo che ci interpella non solo con la presenza dei drogati, degli handicappati, degli anziani, della disoccupazione giovanile, ma anche per la crescita di una coscienza sociale e civile; sia nel mondo più vasto di tutta l’umanità, che ci è sempre meno estraneo. È un mondo che ci interpella e ci stimola ad una partecipazione attiva e cosciente per la soluzione dei problemi della pace, della fame, della libertà per tutti i popoli, di rapporti internazionali improntati al rispetto reciproco.

Un mondo in cui tante frontiere culturali vengono giornalmente ridotte, ma dove ancora lento appare il cammino per il superamento degli egoismi. La Chiesa con il suo messaggio universale di giustizia, di pace e di amore può dare il suo contributo per affratellare realmente uomini e popoli».

http://www.30giorni.it/it/articolo.asp?id=3748




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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