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Myriam di Nazareth, figlia del suo Figlio

Ultimo Aggiornamento: 06/11/2012 15:59
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06/11/2012 15:49
 
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Incontri con Maria

  di MARIA DI LORENZO


«Tu mi hai presa»

"La mia poesia è alacre come il fuoco, trascorre tra le mie dita come un rosario…".

«Quando il cielo baciò la terra nacque Maria. / Che vuol dire la semplice, / la buona, la colma di grazia. /Maria è il respiro dell'anima, / è l'ultimo soffio dell'uomo. / Maria discende in noi, / è come l'acqua che si diffonde / in tutte le membra e le anima, / e da carne inerte che siamo noi / diventiamo viva potenza». Versi potenti, e al tempo stesso semplici, di una grande poetessa italiana, Alda Merini, che alla Madonna dedicò molte pagine della sua ricca produzione e, in particolare, uno splendido libro uscito nel 2002 per l'editore Frassinelli: Magnificat. Un incontro con Maria. «Sei la povertà e la ricchezza – scrive rivolgendosi alla Madre di Dio – il sogno e la contraddizione, / la volontà di Dio e la volontà dell'uomo, / che tu educhi alla contemplazione. / Il dolore è la tua casa, è la casa del mondo, / eppure tu sei la regina degli angeli, / la regina nostra, la regina di tutti i tempi».

Un primo piano della poetessa Alda Merini.
Un primo piano della poetessa Alda Merini.

Una grande voce del Novecento. Alda Merini era nata a Milano il 21 marzo 1931 («Sono nata il ventuno a primavera / ma non sapevo che nascere folle, / aprire le zolle / potesse scatenar tempesta...»). Aveva iniziato a comporre le prime liriche a quindici anni e non ne aveva ancora venti quando, nel 1950, Giacinto Spagnoletti aveva pubblicato nell'antologia Poesia italiana contemporanea 1909-1949 le liriche Il gobbo e Luce. L'anno successivo, queste liriche insieme ad altri due componimenti verranno incluse da Vanni Scheiwiller nel volume Poetesse del Novecento, su consiglio di Eugenio Montale e Maria Luisa Spaziani. Già da questi primi versi si intuiscono i motivi ricorrenti della sua poesia: l'intreccio di temi mistici e sensuali, di luce e di ombra, il tutto però amalgamato da una concentrazione stilistica notevole, che nell'arco degli anni lascerà spazio a una poesia più immediata, intuitiva. Nel '53 sposa Ettore Carniti (da cui avrà quattro figlie: Emanuela, Flavia, Simona, Barbara) e lo stesso anno esce la prima raccolta poetica La presenza di Orfeo, seguita nel '55 da Paura di Dio e Nozze romane. Dopo la silloge Tu sei Pietro, edita nel '61 da Scheiwiller, segue un silenzio durato circa vent'anni, durante i quali la Merini viene ricoverata per disturbi mentali nell'ospedale psichiatrico Paolo Pini di Milano («Per me è stato un miracolo di Dio essere uscita viva da lì. Ho visto morire tanti ragazzi. Mi ha salvata mio marito che veniva a trovarmi, perché chi non aveva nessuno scompariva all'improvviso nel nulla»). Nel '79 il lungo silenzio editoriale è rotto e la Merini inizia a lavorare su quello che è considerato il suo capolavoro: La Terra Santa, vincitrice del premio Montale nel '93. La Terra Santa segna l'inizio di una poetica diversa, impregnata della devastante esperienza manicomiale («Il manicomio è il monte Sinai, / maledetto, su cui tu ricevi / le tavole di una legge / agli uomini sconosciuta»). Si tratta di liriche di un'intensità potente, dove la realtà lascia il posto all'idea stessa del reale, sublimata e deformata dal delirio della follia. La prima proposta di stampa dell'opera fu accolta da una totale indifferenza da parte degli editori. Solo Paola Mauri accetta di pubblicare trenta liriche, scelte su un dattiloscritto di oltre un centinaio di testi composti dalla Merini durante l'internamento, sul n. 4 della rivista Il cavallo di Troia, nel 1982. Due anni dopo Schweiller riprende le trenta liriche e, con l'aggiunta di altre dieci, dà alle stampe la prima edizione de La Terra Santa, decretando la fine dell'ostracismo dell'artista.

Maria discende in noi
«Maria discende in noi, /
è come l'acqua che si diffonde /
in tutte le membra e le anima...».

Intanto, dopo la morte del marito, Alda Merini conosce il poeta Michele Pierri che sposa nell'83 trasferendosi a Taranto; qui però si riaffacciano i problemi mentali e nell'86 la Merini torna definitivamente a vivere a Milano, sulle rive dell'amato Naviglio, in una casa piena di libri, quadri e fotografie, in Ripa di Porta Ticinese 47. Lì ricomincia a scrivere con continuità, alternando versi e prosa. Sono anni assai fecondi, dove si contano sempre maggiori pubblicazioni ed interventi pubblici e in cui le vengono assegnati diversi premi letterari e una laurea honoris causa dall'Università di Messina. Nell'89 esce Delirio amoroso e nel '92 Ipotenusa d'amore, cui l'anno dopo fa seguito il volume in prosa La pazza della porta accanto. Nel '95 viene data alle stampe la raccolta Ballate non pagate e nel '96 le viene aggiudicato il premio Viareggio per la poesia. Nello stesso anno Alda Merini viene proposta per il Nobel per la letteratura dall'Academie française. Del '97 è la raccolta La volpe e il sipario, la più alta dimostrazione dello stile poetico dell'artista: una poesia che nasce dall'emozione, improvvisa e violenta, mai ritoccata, riletta. Una scrittura nata di getto, sull'onda del pensiero che si fa man mano sempre più astratto e simbolico. E nel 2002 esce per Frassinelli Magnificat. Un incontro con Maria, dove la Merini evoca la Vergine Madre indagandone soprattutto l'aspetto umano e femminile, opera che, nel settembre dello stesso anno, le vale il premio Dessì per la poesia. «Se Tu sei la mia mano, / il mio dito, / la mia voce, / se Tu sei il vento / che mi scompiglia i capelli, / se Tu sei la mia adolescenza / io ho il diritto di servirti / e il dovere, / perché l'adolescenza / non ha mai chiesto nulla / alle sue stagioni. / Tu mi hai presa / perché io non ero una donna / ma solo una bambina. / E le bambine si accolgono / e si avvolgono di mistero. / Tu mi hai resa donna, Signore, / e la donna è soltanto / un pugno di dolore. / Ma questo pugno / io non lo batterò / verso il mio petto, / lo allargherò verso di Te / come una mano / che chiede misericordia…».

Un destino mai tradito. I testi di Alda Merini sono tra le maggiori espressioni liriche del Novecento. La colpa e la grazia, l'inferno e la gloria, la tenebra e la luce sono stati i poli della sua ricerca poetica («Le più belle poesie / si scrivono sopra le pietre / coi ginocchi piagati / e le menti aguzzate dal mistero. / Le più belle poesie si scrivono / davanti a un altare vuoto, / accerchiati da agenti / della divina follia»). Un destino di poesia, il suo, «mai tradito», come scrive Maria Corti nella prefazione a Fiore di Poesia (Einaudi 1998), ma anche il destino di una donna capace di rinascere mille volte dalle proprie ceneri. Alda Merini si è spenta il 1° novembre 2009 all'ospedale San Paolo di Milano, in seguito ad un tumore. Aveva detto: «Ho la sensazione di durare troppo, di non riuscire a spegnermi: come tutti i vecchi le mie radici stentano a mollare la terra. Ma del resto dico spesso a tutti che quella croce senza giustizia che è stato il mio manicomio non ha fatto che rivelarmi la grande potenza della vita». Aveva 78 anni la «piccola ape furibonda » che, con la sua vita difficile e la sua opera sofferta, ha segnato la storia culturale italiana. La donna che per dodici anni era stata rinchiusa in manicomio, cui avevano allontanato le figlie, il cui cervello avevano folgorato con 37 elettrochoc. Nata il primo giorno di primavera e morta il giorno di tutti i Santi. Un'artista che ha saputo fondere vita e arte in un'unica, inscindibile forma. E che ha lasciato scritto, quasi un testamento: «Io la vita l'ho goduta tutta, a dispetto di quello che vanno dicendo sul manicomio. Io la vita l'ho goduta perché mi piace anche l'inferno della vita e la vita è spesso un inferno… Per me la vita è stata bella perché l'ho pagata cara».

Invito all'approfondimento: S.M.A. Dipace, Il multiforme universo di Alda Merini. Temi e figure, tesi di laurea 2001-2002 (Università di Bari), Prospettiva editrice 2008, senza indicazione pagine, sip.

Maria Di Lorenzo



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 Un canto per Maria

  a cura di MARIO MOSCATELLO e GIUSEPPE TARABRA


Fa crescere in noi la speranza

«Ella ci aiuta a interpretare anche oggi le nostre vicende in riferimento al suo figlio Gesù» (Giovanni Paolo II).

«Ave, Madre della Chiesa»: è un'espressione che ci porta ad immaginare Maria con le braccia distese verso il mondo. Non sappiamo il futuro di questo stanco mondo, percorso da piccoli e giganteschi egoismi, ormai contaminato nei suoi aspetti più belli e naturali; una cosa sola sappiamo con certezza, ed è sicuramente fonte di grande speranza: Maria, la madre dell'intera umanità, non ci abbandonerà mai e ci sosterrà affinché ognuno di noi lasci che il Cristo, vero pane di vita, si cali nelle profondità dell'essere. Paolo VI nel proclamare Maria "Madre della Chiesa" aveva ben in mente il quadro che raffigura la Vergine accanto alla croce di Gesù. Ai piedi di quella croce Gesù pronunciò parole significative: «Donna, ecco tuo figlio » e rivolto a Giovanni: «Ecco tua madre ». Queste parole esprimono da un lato un invito particolare a Maria verso una nuova maternità e dall'altro l'annuncio di una nuova missione, quella di madre spirituale dei discepoli. Maria, «nascostamente e in spirito di servizio, veglia sulla Chiesa e amorosamente protegge il cammino verso la Patria celeste».

Un pittore veneto, Crocifissione (sec. XVIII), Duomo di Cittadella (Padova).
Un pittore veneto, Crocifissione (sec. XVIII),
Duomo di Cittadella (Padova).

Il brano è strutturato in forma strofica con un ritornello che, in metro binario, si alterna ad una serie di strofe in metro ternario, le quali si ripetono a due a due: la prima con cadenza sospesa e la seconda sulla dominante che prepara la ripresa del ritornello. L'inserimento delle due suddivisioni ritmiche ci porta a fare una piccola riflessione sul testo la quale, poi, ci guida ad una scelta esecutiva: nel ritornello, dopo il saluto a Maria come madre della Chiesa, si lascia spazio ad un'esortazione attraverso la quale si richiede a Maria di «unire tutti gli uomini» sotto un unico padre. Il saluto è espresso, musicalmente, con tre suoni ascendenti che possono anche essere annunciati da una voce solista. Alla parte successiva si aggiunge l'assemblea che interviene con decisione e convinzione aumentando anche la sonorità. La seconda parte del ritornello è preceduta da una breve pausa che prepara l'intensità della richiesta testuale e apre la melodia verso suoni più acuti, che vanno poi via via diminuendo di sonorità, con la fine del fraseggio.

Il metro ternario delle strofe accompagna un testo meditativo e l'esecuzione deve essere convincente, ma graziosa e sciolta. È raccomandabile non accentare tutti gli ottavi, e quindi le sillabe, ma affidarsi all'accento tonico delle parole per creare una linea melodica fluida e scorrevole. La prima frase della strofa richiede una piccola apertura sulla parola «luce» dove l'autore ha anche inserito un prolungamento di suono che verrebbe anche spontaneo sulla parola «Sion» dove la conduzione melodica, però, non lo richiede. Nella seconda frase la melodia ascendente consente anche una maggiore intensità sonora che raggiunge il suo apice nell'intervallo di quinta della sesta battuta. Proprio in corrispondenza di questo intervallo è da controllare l'emissione vocale: un accento troppo in rilievo disturberebbe il percorso melodico. La linea musicale delle strofe è abbellita da una seconda voce che, procedendo con intervalli armonici di terza e sesta, accompagna solo la melodia creando una maggior pienezza sonora.


AVE, MADRE DELLA CHIESA


Ave, Madre della Chiesa,
sposa del Signore;
unisci tutti gli uomini
col Padre e col tuo Figlio nell'amor.


Piena di grazia sei tempio di luce,
umile Vergine, Figlia di Sion,
in te è disceso l'Amore di Dio
perché hai creduto
all'annunzio del ciel.
Eva novella sei vergine intatta,
Madre di Cristo sorgente di vita,
dal cuor di Dio al tuo seno fluita
per far rinascere l'umanità.
Tu benedetta fra tutte le donne,
sei figlia e madre d'un popolo eletto,
che nel tuo Figlio sarà benedetto
e avrà nel cielo la sua eredità.
Splendida immagine sei della Chiesa,
Figlia del Padre, tu Sposa al Signore,
Madre che generi i figli all'Amore,
Donna gloriosa nell'eternità.

Luisa Tarabra



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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