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Pio XII un legame INDISSOLUBILE della Chiesa

Ultimo Aggiornamento: 17/06/2012 15:42
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fra il prima e il dopo del Concilio


LA CONTINUITA' DELLA CHIESA ATTRAVERSO GLI ULTIMI PONTEFICI UNITI FRA LORO, NELLA TRADIZIONE DELLA CHIESA......
BEATO PIO IX Giovanni Maria Mastai Ferretti nacque a Senigallia il 13 maggio 1792, nono figlio. Il 1 giugno 1846 morì Gregorio XVI; due settimane dopo, il 14, cinquantadue cardinali si riunirono in conclave per eleggerne il successore. Sulla sera del 16, il card. Giovanni Maria Mastai Ferretti era già papa con il nome di Pio IX. Rimarrà sul soglio di Pietro per 32 anni, dando vita al più lungo pontificato della storia.


Speciale Pio IX: contro la leggenda nera.

La vita di Pio IX (link esterno al forum)




Foto di Enrico Battista Canè, 1877. Dall'album conservato nel Museo Pio IX al Palazzo Mastai di Senigallia.

**********************************


Pio X fu il primo papa dell’età contemporanea a provenire dal ceto contadino e popolare, seguito 65 anni dopo da papa Giovanni XXIII anch’egli di origini contadine, ma fu senz’altro uno dei primi pontefici ad aver percorso tutte le tappe del ministero pastorale, da cappellano a papa.
Nato il 2 giugno del 1835, aveva 68 anni quando salì al Soglio Pontificio instaurando una linea di condotta per certi versi di continuità con i due lunghissimi pontificati di Pio IX e Leone XIII che l’avevano preceduto, specie in campo politico, ma anche di rottura con certi schemi ormai consolidati, ad esempio, sebbene di umili origini egli rifiutò sempre di elargire benefici alla famiglia, come critica verso certi nepotismi e favoritismi più o meno evidenti, fino allora praticati.


Davanti ai grandi progressi di un liberalismo prevalentemente antireligioso, di un socialismo prevalentemente materialista e di uno scientismo presuntuoso, Pio X avvertì la necessità di erigere il papato contro la modernità, spezzando ogni tentativo di avviare un compromesso efficace tra i cattolici e la nuova cultura.

Con l’enciclica “Pascendi” del 1907 condannò il ‘modernismo’ ma attenzione da non confondersi con LA MODERNITA' E IL PROGRESSO BENEVOLO; in campo politico riprese la linea intransigente di Pio IX, egli considerava la separazione della Chiesa dallo Stato come un sacrilegio, gravemente ingiuriosa nei confronti di Dio al quale bisogna rendere non solo un culto privato ma anche uno pubblico.

La riaffermazione del potere papale, dopo le vicissitudini della caduta dello Stato Pontificio, portarono con il pensiero di Pio X ad identificare l’istituzione papale con la Chiesa intera, la Santa Sede con il popolo di Dio.
Fu beatificato il 3 giugno 1951 da papa Pio XII e proclamato santo dallo stesso pontefice il 29 maggio 1954

Enciclica Pascendi, sugli errori del modernismo.
(Oggi riferibile anche al falso tradizionalismo che aleggia in questi fora).
Altra pagina la troverete qui nel forum nella sezione dedicata ai Pontefici




 
Pio XI, Achille Ratti, nato a Desio (MI), arcivescovo di Milano (1921-22) e poi Papa. La scelta di questi Pontefici di portare lo stesso nome dei predecessori, fu segno anche di continuità programmatica.


Pio XI all'inaugurazione delle prime trasmissioni della Radio Vaticana (1929); dietro di lui Guglielmo Marconi, al suo fianco il Segretario di Stato card. Eugenio Pacelli, futuro Pio XII.






Pio XI si adoperò perché la Chiesa non si isolasse dalla società. Per questo motivo promosse la riforma dell'Azione Cattolica e ne incoraggiò la diffusione in molti paesi. Per regolare la posizione e i diritti della Chiesa, concluse i concordati con una ventina di stati. Il suo più importante successo diplomatico furono i patti lateranensi (Papa dal 11 febbraio 1929) che negoziò con Benito Mussolini, e con i quali fu fondato lo Stato del Vaticano, indipendente e neutrale. Con le encicliche "Divini Redemptoris" (Papa dal 1937) e "Mit brennender Sorge" condannò rispettivamente l comunismo e il nazismo. Fu il primo Papa a usare la radio per scopi pastorali. E' stato il 259° successore di S. Pietro alla guida della Chiesa di Cristo, il suo fu il pontificato del primo difficile dopoguerra, del sorgere e consolidarsi delle ideologie fasciste e naziste e terminò con l’angoscia di vedere approssimarsi sull’Europa e sul mondo, la grande catastrofe della Seconda Guerra Mondiale, che scoppiò sette mesi dopo la sua morte.

I disegni della Provvidenza lo tolsero dai suoi impegni di responsabile di austere Biblioteche, custodi del sapere del mondo Occidentale ed Orientale, per dargli responsabilità di respiro mondiale e facendo legare il suo nome, al finire definitivo della ‘Questione Romana’, che aveva visto i Pontefici dopo Pio IX, non uscire più dai Palazzi Vaticani, considerandosi quasi prigionieri del Regno d’Italia, che aveva annullato definitivamente con la presa di Roma del 20 settembre 1870, il millenario Stato Pontificio e quindi il potere temporale dei Papi.

Il 6 febbraio veniva eletto al Soglio Pontificio e scelse il nome di Pio XI; il suo primo atto fu quello di impartire la benedizione “Urbi et Orbi”, cioè a Roma e al mondo, dalla loggia esterna della Basilica di S. Pietro, che era chiusa per protesta dal 1870; come primo segno di una possibile riconciliazione con l’Italia.

Il suo pontificato durò poco più di sedici anni; Pio XI fissò il suo programma nel motto: “Pax Christi in regno Christi” e non tralasciò nulla per l’attuazione di un così vasto traguardo.

Alcuni suoi scritti importanti:

http://www.vatican.va/holy_father/pius_xi/encyclicals/index_it.htm



Purtroppo durante il suo pontificato avvennero spietate persecuzioni religiose, anche in Paesi notoriamente cattolici, denunziò al mondo i sanguinosi soprusi compiuti nel 1926, dal governo massonico nel Messico a danno dei fedeli e del clero; con l’enciclica “Divini Redemptoris” (19 marzo 1937) condannò il comunismo ateo che imperversava in Russia; dovette assistere con il cuore lacerato dal dolore, all’empia carneficina di oltre 7300 sacerdoti, religiosi e suore e tanti fedeli cattolici, vittime della Guerra Civile in Spagna, dal 1933 al 1939, ad opera delle milizie rosse rivoluzionarie, scatenate in un bieco anticlericalismo; condannò il razzismo nazista, che prima in forma strisciante, poi sempre più apertamente si affermava nella Germania di Adolf Hitler, estendendosi anche ai cristiani.

Il papa in quegli anni, che furono anche gli ultimi della sua vita, non esitò a schierarsi contro Berlino con l’enciclica “Mit brennender Sorge” del 1937 e anche se la sua opposizione si fece più acuta, rispecchiando i sentimenti del Pontefice, essa non riuscì a tradursi in azioni aperte.

Nel 1926 aveva espresso la sua condanna verso l’’Action française’, il cui esasperato nazionalismo gli parve pericoloso per la pace. Nel 1929, l’11 febbraio si giunse al ‘Concordato’ fra la Santa Sede e l’Italia con l’istituzione dello Stato indipendente della Città del Vaticano, firmato da Benito Mussolini e dal card. Gasparri, Segretario di Stato; l’atto prese il nome di “Patti Lateranensi”, che comprendevano appunto un Concordato ed un Trattato.
Ma sorsero ben presto contrasti con il Governo Italiano in merito all’applicazione degli stessi Patti (Enciclica “Domini illius magistri” del 1929), soprattutto per quanto riguardava l’Azione Cattolica, che era diventata l’obiettivo degli attacchi del regime fascista, che mal sopportava che vi fossero delle Associazioni giovanili, al di fuori della sua ottica politica e autorità.

Si giunse allo scontro più aperto il 31 maggio 1931 con lo scioglimento imposto alle Associazioni; papa Pio XI rispose il 29 giugno con l’enciclica “Non abbiamo bisogno”; solo nel 1932 si giunse ad un accordo con Mussolini.
Con la sua politica di Concordati, stipulati con molti Governi, indipendentemente dai regimi politici, per porre la Santa Sede in una posizione neutrale e per non suscitare reazioni antireligiose, papa Ratti attirò su di sé critiche in campo internazionale, come nel caso del silenzio-assenso dato al regime fascista, per le guerre in terra d’Africa.

Contro il dilagare delle dottrine materialistiche e neo-pagane, oppose il culto di “Cristo Re”. Fu chiamato oltre che il papa difensore dell’Azione Cattolica, anche il “Papa delle missioni”, per questo scopo primario del suo pontificato, spostò da Parigi a Roma, l’Opera per la Propagazione della Fede; incoraggiò l’Unione Missionaria del Clero, per stimolare l’interesse dei fedeli per le missioni estere in tutte le parrocchie.

Promosse la formazione del clero indigeno, consacrò nel 1926 nella Basilica di S. Pietro, i primi sei vescovi cinesi, nel 1927 uno giapponese e altri negli anni successivi di altre nazionalità.
Nel 1925 organizzò la grande Esposizione Missionaria, per far conoscere le problematiche missionarie e la necessità della decolonizzazione di quelle terre così lontane. Durante il suo pontificato si tenne l’Anno Santo del 1925 e quello del centenario della Redenzione nel 1933; proclamò santi s. Teresa del Bambino Gesù, s. Giovanni Bosco, s. Giuseppe Benedetto Cottolengo; la devozione al ‘Cuore di Gesù’ ebbe grande impulso.
Istituì la “Giornata pro Università Cattolica” per offrirle i mezzi per sostenersi; con l’enciclica “Quadragesimo anno” completò la politica sociale della Chiesa, espressa già con la “Rerum Novarum” di Leone XIII.

Abituato da buon lombardo a trattare con familiarità e simpatia la tecnologia, accettò con favore le nuove scoperte, inserendo di fatto la Santa Sede nello sfruttamento delle moderne tecniche di comunicazione. Incaricò per questo Guglielmo Marconi di costruire la Stazione di Radio Vaticana, che fu inaugurata nel 1931 e affidata ai Gesuiti.

Trasformò la Pontificia Accademia delle Scienze; ristrutturò la Specola astronomica vaticana, nominò il cardinale Eugenio Pacelli come Segretario di Stato, il quale sarà suo successore.

Non è possibile descrivere dettagliatamente, tutta l’opera pastorale, diplomatica, politica, missionaria, culturale, di più di sedici anni di pontificato di questo grande papa, vanto della terra milanese e dell’Italia, in questo spazio per forza ridotto, occorrerebbe un intero libro.
Certamente ha legato il suo nome ai Patti Lateranensi, salutati con immensa gioia dal popolo italiano, che vide per essi restituito “Dio all’Italia e l’Italia a Dio”. Inoltre i suoi ultimi mesi di vita, videro il vecchio papa amareggiato, rimproverare apertamente l’acquiescenza di Mussolini per l’annessione dell’Austria alla Germania nazista e ancora più combattivo, rifiutò ogni contatto con il dittatore tedesco, ritirandosi a Castelgandolfo quando venne in visita in Italia dal 3 al 9 maggio 1938, chiudendo i Palazzi e Musei Vaticani per impedire la visita dei nazisti in Vaticano.

Inoltre manifestò la sua tristezza, perché a Roma era stata inalberata una croce (svastica) “che non era quella di Cristo”.
Il grande pontefice si spense improvvisamente il 10 febbraio 1939 ad 82 anni, alla vigilia del primo decennale della Conciliazione, mentre vedeva addensarsi sull’Europa le nuvole minacciose della guerra. La sua morte improvvisa gl’impedì di leggere all’episcopato italiano, convocato al suo capezzale, il discorso che aveva preparato su un’ora tanto oscura e pericolosa per la pace del mondo.

Autore: Antonio Borrelli; sito
www.santiebeati.it





 
Pio XII.... Al secolo Eugenio Pacelli. Nato a Roma nel 1876 (+ 1958). Di nobile famiglia, seguì la carriera diplomatica: nel 1911 divenne sottosegretario e nel 1914 segretario agli Affari Straordinari di Stato. Fu poi nunzio in Baviera e a Berlino e dal 1920 al 1938 segretario di Stato.

Eletto papa il 2 marzo 1939, subito si preoccupò di parare la minaccia di guerra gravante sull'Europa ad opera soprattutto del nazismo. Mantenne buoni rapporti con il governo italiano, ma questi non valsero a distogliere il regime fascista dai suoi folli propositi di guerra. Contro il regime hitleriano denunciò i crimini dell'eugenetica e del razzismo nazista.
(Appena eletto Papa, Pio XII si dirige verso la Loggia delle Benedizioni)
Nell'ambito precipuamente religioso Pio XII svolse una vasta attività nel campo della dogmatica: pur lasciando ai principi la loro essenziale immutabilità, volle rivedere molti punti per adeguarne la formulazione esterna ai progressi tecnici e scientifici con opportuni aggiornamenti in campo morale e disciplinare.

Nel campo delle scienze Pio XII diede impulso alla Pontificia Accademia delle Scienze; ordinò scavi sotto l'altare della confessione in S. Pietro per rintracciare il sepolcro del primo pontefice romano.



Con il successore, Giuseppe Roncalli, futuro Giovanni XXIII



Con una delegazione di ebrei rifugiati in Vaticano durante la guerra.

(La sua profonda devozione all'Eucarestia che gli valse il titolo di "Papa Angelico")


LA SUE ENCICLICHE  CHE VERRANNO RIPRESE DAL CONCILIO VATICANO II
  • Orientales Ecclesias (15 Dicembre 1952)
    [Portoghese]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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ANNIVERSARI

Settant’anni fa la presa di Addis Abeba: papa Ratti si dissociò dall’entusiasmo generale distinguendo tra legittima difesa delle frontiere e aggressione contro un altro Paese E l’impresa suscitò un ampio dibattito tra i cattolici italiani

E Pio XI disse: Etiopia «guerra ingiusta»


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Di Antonio Airò



Il 28 agosto 1935 Pio XI riceve in udienza a Castelgandolfo circa duemila infermiere di tutto il mondo. Parla per oltre un'ora. Ma sul finire, e fuori dal testo "ufficiale", si sofferma sulla guerra «in termini forti e risoluti». Da mesi il regime fascista si sta preparando al conflitto con l'Etiopia. Mussolini ha ottenuto il sostanziale consenso delle altre potenze coloniali europee. L'opinione pubblica italiana, compresa quella cattolica, è più che favorevole. C'è inoltre la dottrina della Chiesa sulla "guerra giusta" alla quale fare riferimento in questa specifica vicenda. Quello di Pio XI - per di più in una sede inusuale quale l'incontro con le infermiere - appare quindi come un richiamo, sia pure forte, alla pace tra gli Stati da raggiungersi con il negoziato perché «tutto si può accomodare senza la guerra».

Ma papa Ratti non si ferma a questa considerazione. Guardando alla situazione italiana avverte che quella contro l'Etiopia «è una guerra ingiusta». Probabilmente l'uditorio non si rende conto del senso di questa affermazione. Lo comprende bene il loro accompagnare, monsignor Giuseppe Pizzardo (futuro cardinale nel dopoguerra). Teme che le parole del Papa finiscano sull'"Osservatore romano" con conseguenti complicazioni con il governo di Roma, da sempre vigile sulle posizioni del Vaticano. Pizzardo si precipita quindi «avvilito, disfatto, pallido, disperato» nell'ufficio di monsignor Domenico Tardini, nella Segreteria di Stato. Rapido consulto e decisione immediata. In serata Tardini e il redattore del quotidiano vaticano che stende i discorsi del Papa si trovano e con un lavoro «sottile e metodico riusciamo ad attenuare assai la crudezza del pensiero papale».

Così si legge nel diario di monsignor Tardini, che ora lo storico Carlo Felice Casula riprende nel suo saggio introduttivo su La Chiesa tra guerra ed pace (Liberal edizioni, pagine 246, euro 14,00) nel quale ripercorre «dottrina, politica e modernità da Leone XIII a Giovanni XXII I».

«Nessuna censura - sottolinea Casula - anche perché sarebbe stato impensabile un intervento sulle parole del papa. Si può parlare piuttosto di un aggiustamento su una guerra "annunciata", quale era quella contro l'Etiopia e come sarà poi la seconda guerra mondiale, ben diversa dalla Grande guerra».

Il giorno dopo, l'operazione "chirurgica" - come lo stesso Tardini racconta - viene sottoposta a Pio XI per la pubblicazione. Papa Ratti va subito alla conclusione del testo dattiloscritto. Sembra soddisfatto del lavoro compiuto nella sera precedente. «Verissimo! Giustissimo!». Ma, dopo aver letto attentamente le variazioni, osserva «Ma, veramente, non abbiamo detto proprio così». Poi, di fronte all'impaccio del suo collaboratore: «No, lasciamo stare». Il discorso "aggiustato" sarà pubblicato dall'"Osservatore romano". E lo stesso Pio XI può precisare meglio il suo richiamo alla "guerra giusta". Lo fa «con frasi ben confezionate». L'Italia - è ancora Tardini a scriverlo - ha il diritto di difendere le sue colonie. Ma questo diritto, secondo il Papa, «significa munire le proprie frontiere, non già oltrepassarle per entrare nel territorio altrui. E in questa tesi il Papa è irremovibile».

Anche la guerra etiopica - iniziata il 2 ottobre 1935 e conclusa il 5 maggio di settant'anni fa con la proclamazione dell'impero - assume nelle parole di Pio XI un significato che va oltre le definizioni e le considerazioni sulla liceità o illiceità della guerra (a quali condizioni la si può ancora accettare?) e sulla costruzione, necessaria e obbligata, della pace che hanno interessato la vita della Chiesa. Casula parte da un testo quasi ignorato: la Praeclara gratulationis del 1894 di Leone XIII, nella quale si afferma che «questo stato di "pace armata" è divenuto ormai intollerabile» nella società del tempo; ripropone la nota affermazione di Benedetto XV nel 1917 sulla «guerra inutile strage» e quella altrettanto conosciuta di Pio XII alla vigilia del secondo conflitto mondiale: «Nulla è perduto con la pace, tutto può esserlo con la guerra» e arriva al culmine della Pacem in terris di Giovanni XXIII, completato poi dalle decise affermazioni di Paolo VI e Giovanni Paolo II sulla illiceità di qualsiasi guerra (se non in caso di legittima acclarata difesa o di interventi strettamente umanitari).

Le "riserve" di Pio XI ricordate da Tardini restano praticamente senza alcun riscontro immediato. «Anche se fosse stato reso noto il testo non "aggiustato" - aggiunge Casula - ben difficilmente sarebbe cambiato il consenso della grande maggioranza della Chiesa italiana sull'impresa etiopica. Si potrebbe forse avvertire nelle parole di papa Ratti una sorta di richiamo a certe cadute di stile di non pochi vescovi, che si erano come fatti travolgere dall'entusiasmo per la conquista dell'impero e per la guerra contro uno Stato nel quale il cristianesimo aveva una millenaria presenza».
Il consenso al regime non viene per nulla scalfito? Sembrerebbe di no. Eppure, già nel novembre del 1935, a invasione dell'Etiopia in atto, monsignor Vittorio Maini, avvocato generale della curia milanese, esprime al cardinale Schuster la sua disapprovazione per gli articoli «sbiaditi» del quotidiano cattolico, "L'Italia". E il diario di monsignor Tardini riflette criticamente su questo conflitto, mostrando di condividere l'originale condanna di Pio XI. Anche se espressa alle infermiere.

www.avvenire.it

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12 febbraio 1931 - Un momento dell'inaugurazione di Radio Vaticana
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20/05/2012 00:57
 
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Il radiomessaggio di Pio XII: una vera "enciclica sociale"


Il saluto di Monsignor dal Covolo ai partecipanti al convegno della Lateranense dedicato a papa Pacelli


ROMA, mercoledì, 16 maggio 2012 (ZENIT.org) - Riportiamo di seguito il saluto di monsignor Enrico dal Covolo, Rettore della Pontificia Università Lateranense, durante l'incontro Pio XII, la questione antropologica e l’ordine sociale. Ricordando il radiomessaggio del 1942, svoltosi oggi nell'Aula Paolo VI dell'Ateneo.

***

Eminenza Reverendissima,

Illustri Ospiti,

Professori e Studenti,

Amici tutti,

esprimo un sincero compiacimento agli organizzatori di questo convegno, in particolar modo al drappello dei membri, solerti e attivi, del “Comitato Papa Pacelli – Associazione Pio XII”, che da tempo, oramai, e con iniziative diverse, contribuiscono alla conoscenza dei poliedrici insegnamenti di questo venerabile Pontefice che – come auspichiamo – presto la Chiesa onorerà come beato.

Ancor oggi, purtroppo, quando si parla del venerabile Pio XII si solleva la questione del suo presunto “silenzio” durante la tragedia dell’Olocausto. Anche se gli storici seri, di qualsiasi orientamento ideologico e di qualunque appartenenza religiosa, hanno mostrato l’infondatezza di questa obiezione – come sicuramente ci ricorderà anche il dottor Tornielli –, l’argomento rischia di far passare in oblio altri aspetti importantissimi dell’attività e del magistero di questo Papa, nonostante il pur cospicuo numero di simposi di vario genere e di pubblicazioni registrato cinque anni fa, in occasione del cinquantesimo anniversario del suo pio transitus.

Il convegno odierno si colloca dunque in un ampio contesto, scientificamente pregevole, di riscoperta degli insegnamenti di Papa Pacelli.

In particolar modo, il tema affrontato è Pio XII, la questione antropologica e l’ordine sociale. Ricordando il radiomessaggio del 1942. Ritengo che ricordare, a distanza di 70 anni, questo messaggio sia di non poca importanza per il vissuto ecclesiale e per le sfide culturali e sociali che stiamo affrontando.

1. Anzitutto, quel famoso radiomessaggio è di non poca importanza per il vissuto ecclesiale. Ne spiego la ragione che, a me, appare duplice.

In primo luogo perché esso rappresenta una delle fonti più ricche e articolate di quella forma del sapere cristiano, che conosciamo come “Dottrina sociale della Chiesa”. I temi affrontati nel radiomessaggio del 1942 spaziano dall’economia ai rapporti tra gli stati, dai fondamenti dell’ordinamento giuridico nazionale ed internazionale, fino alla pace tra i popoli e nella compagine sociale.

Si trattò di un intervento così poderoso, da potersi paragonare a una sorta di “enciclica sociale” non scritta da parte di Papa Pacelli. Non ci sorprende, dunque, che il documento più completo in materia di Dottrina sociale della Chiesa, ossia il “Compendio della Dottrina sociale della Chiesa” citi per sei volte riferimenti al radiomessaggio del 1942.

Vi è anche un’altra ragione, che rende significativo il radiomessaggio del 1942 per il vissuto ecclesiale odierno.

Come è noto, la Chiesa intera celebra il cinquantesimo anniversario della celebrazione del Concilio Ecumenico Vaticano II, e anche la PUL si è attivata con una serie di iniziative di notevole livello scientifico. Orientati dai moniti del Papa Benedetto XVI, tutti desideriamo evitare di adoperare la cosiddetta “ermeneutica della discontinuità”, sostenuta da opposte fazioni, per adottare, invece, quella – teologicamente più convincente – della “continuità”.

In effetti, un’ammirevole continuità collega il magistero di Pio XII a non pochi dei documenti conciliari. Se ciò è noto per i legami che sussistono, ad esempio, tra la Mediator Dei e la Sacrosanctum Concilium, tra la Mystici Corporis e la Lumen Gentium, credo che pure la cosiddetta “apertura al mondo”, che costituisce una delle scelte conciliari più rilevanti, non sarebbe stata pensabile senza il cospicuo magistero sociale del Papa Pio XII.

Oserei dire: senza il radiomessaggio del 1942, cui si associano quelli non meno considerevoli del 1941 e del 1944, non avremmo avuto elementi dell’impalcatura dottrinale della stessa costituzione Gaudium et Spes.

Auspico che il convegno odierno e altre iniziative, che seguiranno, possano illuminare tale aspetto e consolidare così l’approccio ermeneutico al Concilio Vaticano II, tanto raccomandato dal Papa Benedetto XVI.

2. Inoltre,l’argomento affrontato nel convegno di quest’oggi è significativo per le sfide che la società tout court sta affrontando drammaticamente. Nel 1942 l’umanità era sconvolta dalla tragedia della seconda guerra mondiale e il Papa Pio XII, mentre ancora non si intravedeva l’esito di quel conflitto di proporzioni mai sperimentate nella storia fino a quel momento, levò la sua voce autorevolissima per indicare principi e criteri per la ricostruzione spirituale, morale, economica e giuridica della società.

Oggi la società mondiale non è dilaniata da un conflitto armato, ma è percorsa da una crisi finanziaria, i cui sbocchi appaiono incerti e preoccupanti. La Chiesa, esperta in umanità, offre il suo contributo di azione e di pensiero, affermando che ogni soluzione non potrà ignorare, pena il fallimento dei tentativi, la dimensione etica e spirituale delle operazioni di rinnovamento, proprio come il Papa Pio XII ricordò ai belligeranti e agli uomini di buona volontà nel 1942.

Inoltre, quel celebre radiomessaggio egli costituì – e non uso un’espressione iperbolica – la magna charta del personalismo cristiano, ponendo a fondamento della società la persona umana, con la sua dignità inalienabile e i suoi diritti fondamentali, soprattutto in quanto lavoratore e in quanto membro di una famiglia fondata sul matrimonio.

Dalla ricchissima dottrina del personalismo, formulata ai tempi di Pio XII da pensatori del calibro di Gilson, Mounier, Maritain, purificata in qualche suo elemento meno convincente proprio dal magistero di Papa Pacelli, poi destinata a svilupparsi in concetti quali quello dell’ “umanesimo integrale”di Paolo VI, possiamo trarre motivi di speranza e di rinnovamento per rispondere anche alle gravissime sfide dei nostri giorni.

Mi piace perciò concludere il mio saluto, sinceramente affettuoso per ciascuno di voi, con una citazione tratta dal radiomessaggio del 1942: “Origine e scopo essenziale della vita sociale vuol essere la conservazione, lo sviluppo e il perfezionamento della persona umana”.


Fraternamente CaterinaLD

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[SM=g1740733] il 20 febbraio del 1946, Pio XII, nell'incardinare i nuovi Porporati alla guida della Chiesa, così la spiegava:

Pio XII, nella circostanza in cui, con gesto allora profetico e inaudito, volle allargare a tutte le nazionalità l’appartenenza al Sacro Collegio, non è «ufficio della Chiesa di comprendere e in qualche modo di abbracciare, come un gigantesco Impero mondiale, tutta la società umana. Questo concetto della Chiesa, come impero terreno o dominazione mondiale, è fondamentalmente falso; in nessuna epoca della storia è stato vero e corrispondente della realtà».....

ma leggiamo tutto il radiomessaggio



DISCORSO DI SUA SANTITÀ PIO XII
AI NUOVI CARDINALI

Mercoledì, 20 febbraio 1946

 

 

La elevatezza e la nobiltà dei sentimenti, che il vostro eminente interprete Ci ha espressi in nome Vostro, Venerabili Fratelli, i primi da Noi ascritti al Senato della, Chiesa Romana, sono tornate particolarmente gradite al Nostro cuore. La Nostra voce si dirige ora a voi, — per adoperare in questa solenne circostanza le parole del grande Agostino — a voi novelli germi di santità, dischiusi al soffio dello Spirito santo, fiori dell'onor Nostro; frutti della Nostra elezione,[1] coronati in quest'ora da Noi, con diadema non risplendente di oro e di gemme, ma di colore di fiamma e di sangue, perché nella fiamma e nel sangue ètutta la carità di Cristo, che sorpassa ogni scienza. I vostri nomi, le vostre virtù, i vostri meriti, le lotte da non pochi di voi sostenute con eroico coraggio contro l'oppressore per la difesa della verità e della giustizia, sono così noti al mondo intiero, che Ci sentiamo dispensati dal ricordare particolarmente ciò che con plauso è stato da tutti salutato ed accolto.

Il Nostro sguardo si riposa serenamente su di voi e contempla in voi, giunti da tutte le parti del mondo, la iutiera Chiesa questa « casa del Dio vivente », come la chiama il Concilio Vaticano, questa casa paterna « che accoglie tutti i fedeli uniti col vincolo dell'unica fede e carità ».[2] Voi siete venuti a Pietro, nel quale, secondo le parole dello stesso Concilio, l'Episcopato e i fedeli trovano « il principio e il visibile fondamento dell'unità ».[3]



[SM=g1740771]  continua............




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MANIFESTAZIONE DELLA SOPRANNAZIONALITÀ
 E UNIVERSALE UNITÀ DELLA CHIESA

Allorché Noi nel discorso della vigilia del S. Natale annunziammo al S. Collegio la Nostra intenzione di elevarvi alla Sacra Porpora, eravamo ben consapevoli del profondo interesse, che una tale manifestazione del carattere soprannazionale della Chiesa e della sua universale unità avrebbe suscitato nel mondo; povero mondo, che dappertutto ha fame e sete di unità e in vario modo lotta per conseguirla! Nelle Nostre parole i fedeli hanno trovato un nuovo motivo di consolazione e di incoraggiamento; agli altri — intendiamo di parlare delle persone oneste, non di coloro che sono schiavi del  « padre della menzogna » [4]— esse hanno offerto materia di seria riflessione. La Chiesa, come allora esponemmo, possiede in Dio, nell'Uomo-Dio, in Cristo, l'invisibile, ma incrollabile principio della sua unità e della sua interezza, vale a dire della unità del suo Capo e delle sue membra nella intiera pienezza della sua propria vita, la quale abbraccia e santifica tutto ciò che è veramente umano, e le molteplici aspirazioni e i fini particolari rivolge e ordina allo scopo totale e comune dell'uomo, che èla sua somiglianza il più possibile perfetta con Dio. E questa Chiesa si leva oggi, in mezzo al mondo lacerato e diviso, come un segno ammonitore, come un signum levatum in nationes, che invita a sé coloro i quali ancora non credono, e conferma i suoi figli nella fede che professano,[5] poiché senza Dio e lontano da Dio non può esservi fra gli uomini alcuna vera, solida e si­cura unità.

INFLUSSO DELLA CHIESA
SUL FONDAMENTO DELLA SOCIETÀ UMANA,
PER CIÒ CHE RIGUARDA
...

Se dunque oggi tanti da ogni parte, in una ansiosa aspettazione e in una trepida speranza, si volgono alla Chiesa, e le chiedono quale sia la sua parte nella salvezza della società umana, nello stabilimento di quel bene inestimabile, più prezioso di tutti i tesori, che è una durevole pace interna ed esterna, la risposta della Chiesa può essere molteplice e varia, come svariate sono le sue possibilità. Tuttavia la grande, la definitiva risposta, alla quale si possono ricondurre tutte le altre, rimane sempre la unità e la interezza della Chiesa fondata in Dio e in Cristo. Donde la necessità, — in primo luogo per i figli stessi della Chiesa, ma anche per la società umana in generale, — di avere una nozione chiara ed esatta dell'influsso praticamente esercitato da quella unità e da quella interezza. Tale influsso si esercita sul fondamento, sulla struttura e sulla dinamica della società umana. L'importanza principale del primo di questi tre punti Ci invita a farne, in congiunzione col ricordato discorso natalizio, l'oggetto delle parole che vi indirizziamo oggi, in questa solenne e straordinaria occasione, che riunisce intorno a Noi i novelli membri del S. Collegio, degni rappresentanti della universalità della Chiesa.

la solidità e la sicurezza.
La Chiesa e l'imperialismo moderno

La unità e la interezza della Chiesa, messa in luce dalla manifestazione della sua soprannazionalità, èdi grande importanza per il fondamento della vita sociale. Non già quasi che sia ufficio della Chiesa di comprendere e in qualche modo di abbracciare, come un gigantesco Impero mondiale, tutta la società umana. Questo concetto della Chiesa, come Impero terreno e dominazione mondiale, è fondamentalmente falso; in nessuna epoca della storia è stato vero e corrispondente alla realtà, a meno che si vogliano erroneamente trasportare ai secoli passati le idee e la terminologia proprie del nostro tempo.

La Chiesa — pur adempiendo il mandato del suo divino Fondatore di diffondersi per tutto il mondo e di conquistare al Vangelo ogni creatura [6] — non èun Impero, massime nel senso imperialistico, che si suol dare ora a questa parola. Essa segna nel suo progresso e nella sua espansione un cammino inverso a quello dell'imperialismo moderno. Essa progredisce innanzi tutto in profondità, poi in estensione e in ampiezza. Essa cerca primieramente l'uomo stesso; si studia di formare l'uomo, di modellare e perfezionare in lui la somiglianza divina. Il suo lavoro si compie nel fondo del cuore di ognuno, ma ha la sua ripercussione su tutta la durata della vita, su tutti i campi della attività di ciascuno. Con uomini così formati la Chiesa prepara alla società umana una base, sulla quale questa può riposare con sicurezza. L'imperialismo moderno, al contrario, segue una via opposta. Esso procede in estensione e in ampiezza. Non cerca l'uomo in quanto tale, ma le cose e le forze, alle quali lo fa servire; con ciò porta in sé germi, che mettono in pericolo il fondamento della convivenza umana. In tali condizioni può forse recar meraviglia l'ansia presente dei popoli per la loro reciproca sicurezza? Ansia la quale deriva dalla smodata tendenza alla espansione; che ha in sé il verme roditore della continua inquietudine, e fa sì che a un bisogno di sicurezza ne sussegua senza intermissione un altro, forse anche più urgente.

la coesione e l'equilibrio.
 Azione della Chiesa nell'intimo dell'uomo

Ma inoltre vana sarebbe la solidità della base, se la costruzione mancasse di coesione e di equilibrio. Ora la Chiesa Contribuisce anche alla coesione e all'equilibrio di tutti i molteplici e complessi elementi dell'edifizio Sociale. Anche qui la sua azione è innanzi tutto interiore. I puntelli, i contrafforti applicati dal di fuori a un edificio vacillante non sono che un palliativo precario e non possono che ritardare alquanto il crollo fatale. Se le ingiurie del tempo, che non hanno risparmiato tanti monumenti di data più recente; hanno rispettato le magnifiche cattedrali gotiche del secolo XIII, se queste. hanno continuato ad ergersi serene al di sopra delle rovine che le circondano, è perché i loro speroni non fanno che apportare un concorso, prezioso, sì, ma accessorio, dal di fuori, alla potenza intrinseca dell'organismo ogivale, di un'architettura geniale, non meno ferma e precisa che audace e leggiera.

Così la Chiesa: essa agisce nel più intimo dell'uomo, dell'uomo nella sua dignità personale di creatura libera, nella sua dignità infinitamente più alta di figlio di Dio. Questo uomo la Chiesa forma ed educa, perché egli solo, completo nell'armonia della sua vita naturale e soprannaturale, nell'ordinato sviluppo dei suoi istinti e delle sue inclinazioni, delle sue ricche qualità e delle sue svariate attitudini; èal tempo stesso l'origine e lo scopo della vita sociale, e con ciò anche il principio del suo equilibrio.

Ecco perché l'Apostolo delle Genti, parlando dei cristiani, proclama che essi non sono più come « bambini vacillanti »,[7] dall'andatura incerta in mezzo alla società umana. Il Nostro Predecessore di f. m. Pio XI, nella sua Enciclica sull'ordine sociale « Quadragesimo anno », traeva da questo stesso pensiero una conclusione pratica, allorché enunciava un principio di generale valore, vale a dire: ciò che gli uomini singoli possono fare da sé e con le proprie forze, non deve essere loro tolto e rimesso alla comunità; principio che vale egualmente per le comunità minori e di ordine inferiore di fronte alle maggiori e più alte. Poiché — così proseguiva il sapiente Pontefice — ogni attività sociale è per natura sua sussidiaria; essa deve servire di sostegno per i membri del corpo sociale, e non mai distruggerli e assorbirli.[8] Parole veramente luminose; che valgono per la vita sociale in tutti i suoi gradi, ed anche per la vita della Chiesa, senza pregiudizio della sua struttura-gerarchica.

Ed ora, Venerabili Fratelli, con questa dottrina e con questa prassi della Chiesa paragonate, nella loro realtà, le tendenze imperialistiche. Qui voi non trovate alcun principio di equilibrio interno; e 'così la solidità della convivenza umana subisce un nuovo e ingente danno. Se infatti tali giganteschi organismi non hanno alcun reale fondamento morale, essi si evolvono necessariamente verso un sempre maggiore accentramento e una sempre più stretta uniformità. Pertanto il loro equilibrio, la loro stessa coesione, si mantengono unicamente con la forza e la costrizione esteriore delle condizioni materiali e degli espedienti giuridici; degli avvenimenti édelle istituzioni, e non in virtù della intima adesione degli uomini, della loro attitudine e prontezza a prendere iniziative e ad assumere responsabilità. Il cosiddetto ordine interno si riduce quasi a una semplice tregua fra i vari gruppi, con la continua minaccia di rottura del loro equilibrio ad ogni variazione sia degli interessi in giuoco, sia della proporzione fra le rispettive forze. Essendo così fragili e instabili nella loro costituzione interna, questi organismi sono tanto più esposti a divenire pericolosi anche per la intima famiglia degli Stati.

l'uguaglianza.
L'uomo completo al centro dell'ordine sociale

Senza dubbio ben diverso è il caso di un Impero fondato sopra una base, il cui carattere spirituale si è stabilito e rafforzato nel corso della storia, e che trova il suo appoggio nella coscienza di una grande maggioranza dei cittadini. Ma non presta esso forse il fianco a un pericolo di un'altra natura, quello cioè di accordare una stima esagerata, un'attenzione esclusiva a tutto ciò che è proprio, e di non saper apprezzare, o anche soltanto conoscere ciò che gli è estraneo? Ed ecco di nuovo l'unità. e la integrità della comunanza umana scosse per la breccia fatta al suo fondamento in un punto essenziale; ecco vulnerato il principio sacro della uguaglianza e della parità fra gli uomini.

Anche qui la Chiesa èquella che può curare e guarire una tale ferita. Anche qui essa lo fa, penetrando nelle più intime profondità dell'essere umano e ponendolo al centro di tutto l'ordine sociale: Ora questo essere umano non è l'uomo astratto, né considerato solamente nell'ordine della pura natura, ma l'uomo completo, qual esso è agli occhi di Dio, suoCreatore e Redentore, qual è nella sua realtàconcreta e storica, che non si potrebbe perdere di vista senza compromettere l'economia normale della convivenza umana. La Chiesa lo sa ed agisce conseguentemente. Se. in determinati tempi e luoghi, l'una o l'altra civiltà, l'uno o l'altro gruppo etnico o ceto sociale hanno fatto più che altri sentire il loro influsso sulla Chiesa, ciò non significa però che essa s'infeudi ad alcuno, né che s'impietrisca, per così dire, in un momento della storia, chiudendosi ad ogni ulteriore sviluppo. Al contrario, china com'è sull'uomo con una incessante attenzione, ascoltando tutti i battiti del suo cuore, essa ne conosce tutte le ricchezze, ne percepisce tutte le aspirazioni con quella chiaroveggente intuizione e penetrante finezza, che possono derivare soltanto dal lume soprannaturale della dottrina di Cristo e dal calore soprannaturale della sua divina carità. Così la Chiesa nel suo progresso segue senza sosta e senza urto il cammino provvidenziale dei tempi e delle circostanze. Tale è il senso profondo della sua legge vitale di continuo adattamento, che alcuni, incapaci di sollevarsi a questa magnifica concezione, hanno interpretato e presentato come opportunismo. No, la comprensione universale della Chiesa non ha nulla che vedere con la strettezza di una setta, né con la esclusività di un imperialismo prigioniero della sua tradizione.

Essa tende con ogni cura allo scopo che S. Tommaso d'Aquino, alla scuola del filosofo di Stagira, dà alla vita comune, che è di stringere tra di loro gli uomini coi legami dell'amicizia.[9] E stato detto che, con tutti i moderni mezzi di comunicazione, i popoli e gli uomini sono ora più isolati che non siano mai stati prima. Ciò però non deve potersi dire dei cattolici, dei membri della Chiesa.

il normale sviluppo nello spazio e nel tempo.
 Le deportazioni dei popoli.

La Chiesa è infatti la società perfetta, la società universale, che abbraccia e unisce fra loro nella unità del Corpo mistico di Cristo tutti gli uomini : « Omnes gentes quas fecisti, venient et adorabunt te, Domine ». [10] Tutti, i popoli e gli uomini singoli, sono chiamati a venire alla Chiesa. Ma questa parola « venire » non richiama allo spirito nessuna idea di migrazione, di espatriazione, di quelle deportazioni con le quali i pubblici poteri o la dura forza degli avvenimenti strappano le popolazioni dalle loro terre e dai loro focolari; non implica l'abbandono di salutari tradizioni, di venerandi costumi; non la permanente o almeno lunga separazione violenta di sposi, genitori e figli, fratelli, parenti e amici; non la degradazione degli uomini nella umiliante condizione di una « massa ». Questa funesta specie di trasferimenti degli uomini è pur troppo oggi divenuta più frequente, ma anch'essa, nelle sue forme antiche e nuove, in molteplici modi direttamente e indirettamente si ricollega con le tendenze imperialistiche del tempo. Il « venire » alla Chiesa non richiede questi tristi trapiantamenti, sebbene la mano di Dio misericordiosa e potente si serva anche di queste stesse angustie per condurre tante delle loro vittime alla Chiesa, alla casa paterna; tuttavia non il suo cuore le ha volute; egli non ne aveva bisogno, e S. Agostino lo espresse assai giustamente quando scriveva : « Non enim de locis suis migrando venient, sed in locis Sttis credendo ».[11]

Con questa intima attrazione spirituale, Venerabili Fratelli, la Chiesa non ha forse contribuito e non contribuisce ancora efficacemente a costituire il solido fondamento della società umana? L'uomo, quale Iddio lo vuole e la Chiesa lo abbraccia, non si sentirà mai fermamente fissato nello spazio e nel tempo senza territorio stabile e senza tradizioni. Qui i forti trovano la sorgente della loro vitalità ardente e feconda, e i deboli, che sono la maggioranza, dimorano al sicuro contro la pusillanimità e l'apatia, contro il decadimento della loro dignità umana. La lunga esperienza della Chiesa come educatrice dei popoli lo conferma; essa perciò ha cura di congiungere in ogni modo la vita religiosa coi costumi della patria e cura con particolare sollecitudine coloro che l'emigrazione o il servizio militare tiene lontani dal paese nativo. Il naufragio di tante anime dà tristemente ragione a questa materna apprensione della Chiesa e obbliga a concludere che la stabilità del territorio e l'attaccamento alle tradizioni avite, indispensabili alla sana integrità dell'uomo, sono anche elementi fondamentali della comunità umana. Sarebbe però evidentemente un capovolgere e convertire nel suo contrario il benefico effetto di questo postulato, se alcuno volesse servirsene per giustificare il rimpatrio forzato e la negazione del diritto di asilo riguardo a coloro che per gravi ragioni desiderano di fissare altrove la loro residenza.

La Chiesa vivente nel cuore dell'uomo e l'uomo vivente nel seno della Chiesa, ecco, Venerabili Fratelli, la unione più profonda e operante che possa concepirsi. Con questa unione la Chiesa eleva l'uomo alla perfe­zione del suo essere e della sua vitalità per dare alla società umana uomini così formati: uomini costituiti nella loro inviolabile integrità come immagini di Dio; uomini fieri della loro dignità personale e della loro sana libertà; uomini giustamente gelosi della parità coi loro simili in tutto ciò che tocca il fondo più intimo della dignità umana; uomini stabilmente attaccati alla loro; terra e alla loro tradizione; uomini, in una parola, caratterizzati da questo quadruplice elemento, ecco ciò che conferisce alla società umana il suo solido fondamento e le procura sicurezza, equilibrio, uguaglianza, normale sviluppo nello spazio e nel tempo. Tale è dunque anche il vero senso e l'influsso pratico della soprannazionalità della Chiesa, che, — ben lungi dall'essere simile a un Impero, — elevandosi al di sopra di tutte le differenze, di tutti gli spazi e i tempi, incessantemente costruisce sul fondamento inconcusso di ogni società umana. Abbiamo fiducia in lei; se tutto vacilla intorno a lei, essa rimane ferma. A lei si applica anche ai nostri giorni la parola del Signore : « Etsi moveatur terra cum omnibus incolis suis, ego firmavi columiuts eius ».[12]

[SM=g1740733] LE DUE COLONNE PRINCIPALI
DELLA SOCIETÀ UMANA:
FAMIGLIA E STATO

Sopra un tale fondamento riposano soprattutto le due colonne .principali, l'armatura della umana società, quale è stata concepita e voluta da Dio: la famiglia e lo Stato. Appoggiate sopra un tale fondamento, esse possono adempire sicuramente e perfettamente i loro scopi rispettivi la famiglia come fonte e scuola di vita, lo Stato quale tutore del diritto, che, come la società stessa in generale, ha la sua origine prossima e il suo fine nell'uomo completo, nella persona umana, immagine di Dio. L'Apostolo Chiama i fedeli con due magnifici nomi « concittadini dei santi » e« membri della famiglia di Dio », « cives sanctorum et domestici Dei ». [13] Non vediamo noi forse che di queste due parole la prima si riferisce alla vita dello Stato e la seconda a quella della famiglia? E non è forse permesso di scorgervi un'allusione al modo in cui la Chiesa contribuisce a stabilire il fondamento della società secondo la sua struttura intima, nella famiglia e nello Stato?

Questa: Concezione e questa maniera di agire avrebbero oggi perduto il loro valore? Le due colonne maestre della società, discostandosi dal loro centro di gravità, si sono pur troppo staccate dal loro fondamento. E che cosa ne è risultato, se non che la famiglia ha veduto declinare la Sua forza vitale ed educatrice, e che lo Stato, dal canto Suo, è sul punto di rinunziare alla sua missione di difensore dél diritto per tramutarsi in quel Leviathan dell'Antico Testamento, che tutto domina; perchè quasi tutto vuol trarre a sé? Senza dubbio oggi, nella inestricabile confusione in cui il mondo si agita, lo Stato si trova nella necessità di assumere a sé un immenso peso di doveri e di uffici; ma questa anormale condizione di cose non minaccia forse di compromettere gravemente la sua intima forza e l'efficacia della sua autorità?




[SM=g1740771]   continua...

[Modificato da Caterina63 17/06/2012 15:36]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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17/06/2012 15:42
 
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L'ARDUA MISSIONE DELLA CHIESA

Ed ora che cosa da tutto ciò consegue per la Chiesa? Essa dovrà oggi più che mai vivere la sua missione; dovrà più energicamente che mai respingere quella falsa e angusta concezione della sua spiritualità e della sua vita interiore, che vorrebbe confinarla cieca e muta, nel ritiro del santuario.

La Chiesa non può, rinchiudendosi inerte nel segreto dei suoi templi, disertare la sua missione divinamente provvidenziale di formare l'uomo completo, e con ciò di collaborare senza posa alla costituzione del solido fondamento della società. Tale missione è in lei essenziale. [SM=g1740722]

Considerata da questo lato, la Chiesa può dirsi la società di coloro che, sotto l'influsso soprannaturale della grazia, nella perfezione della loro dignità personale di figli di Dio e nello sviluppo armonico di tutte le inclinazioni e le energie umane, edificano la potente armatura della convivenza umana.

Sotto questo aspetto, Venerabili Fratelli, i fedeli, e più precisamente i laici, si trovano nella linea più avanzata della vita della Chiesa; per loro la Chiesa è il principio vitale della società umana. Perciò essi, specialmente essi, debbono avere una sempre più chiara consapevolezza, non soltanto di appartenere alla Chiesa; ma di essere la Chiesa, vale a dire la comunità dei fedeli sulla terra sotto la condotta del Capo comune, il papa, e dei Vescovi in comunione con lui. Essi sono la Chiesa, e perciò fin dai primi tempi della sua storia, i fedeli, col consenso dei loro Vescovi, si sono uniti in associazioni particolari concernenti le più diverse manifestazioni della vita. E la Santa Sede non ha mai cessato di approvarle e di lodarle. [SM=g1740733]

Così il senso precipuo della soprannazionalità della Chiesa è di dare durevolmente figura e forma al fondamento della società umana, al di sopra di tutte le diversità, al di là dei limiti dello spazio e del tempo. Una tale opera è ardua, specialmente ai nostri giorni, in cui la vita sociale sembra essere divenuta per gli uomini un enigma, un inestricabile viluppo.
Circolano nel mondo erronee opinioni che dichiarano un uomo colpevole e responsabile, soltanto Perchè è membro o parte di una deter­minata comunità, senza curarsi di ricercare od esaminare se da parte sua vi sia stata veramente una colpa personale di azione o di omissione. Ciò significa un arrogarsi i diritti di Dio, Creatore e Redentore, che solo nei misteriosi disegni della sua sempre amorosa Provvidenza è Signore assoluto degli avvenimenti e come tale concatena, se così giudica, nella sua infinita sapienza, le sorti del colpevole e dell'innocente, del responsabile e del non responsabile. A questo si aggiunge che soprattutto le complicazioni di ordine economico e militare hanno fatto della società come una macchina gigantesca, di cui l'uomo non ha più la padronanza, e che anzi teme. La continuità nel tempo era sempre apparsa essenziale alla vita sociale, e sembrava che questa non potesse concepirsi isolando l'uomo dal passato, dal presente e dal futuro. Ora tale è appunto lo scon­certante fenomeno, di cui siamo oggi testimoni. Troppo spesso di tutto il passato non si sa più quasi nulla, o appena quanto basta per indovinarne la traccia confusa nel cumulo delle sue rovine. Il presente non è per molti che la fuga disordinata di un torrente, il quale precipita gli uomini, come relitti, verso la notte oscura di un avvenire, in cui essi vanno a perdersi insieme con la corrente stessa che li trascina.

LE ARCANE VIRTÙ
DEL SANTO SACRIFICIO DELLA MESSA
PER IL BENE DELLA SOCIETÀ UMANA.

Soltanto la Chiesa può ricondurre l'uomo da quelle tenebre alla luce; essa soltanto può rendergli la coscienza di un vigoroso passato, la padro­nanza del presente, la sicurezza dell'avvenire. [SM=g1740721]

Ma la sua soprannazionalità non opera a guisa di un Impero, che protende i suoi tentacoli in tutte le direzioni con la mira di una dominazione mondiale, Come una madre di famiglia, essa ogni giorno raduna nella intimità tutti i suoi figli sparsi nel mondo; essa li raccoglie nella unità del suo vitale principio divino. Non vediamo noi forse tutti i giorni sui nostri innumerevoli altari, come Cristo Vittima divina, con le braccia che si estendono da una estremità all'altra del mondo, avvolge e contiene al tempo stesso nel suo passato, nel suo presente, nel suo avvenire la intera società umana? [SM=g1740722]

É la santa Messa, quel sacrificio incruento istituito dal Redentore nell'ultima Cena, « quo cruentum illud semel in cruce peragendum repraesentaretur eiusque memoria in finem usque saeculi permaneret, atque illius salutaris virtus in remissionem eorum, quae a nobis quotidie committuntur, peccatorum applicaretur ».[14] Con queste parole lapidarie del Concilio di Trento, scolpite a perpetua memoria in una delle ore più gravi della storia, la Chiesa difende e proclama i suoi migliori e più alti valori, che sono anche i migliori e più alti valori per il bene della società, i quali uniscono indissolubilmente il suo passato, il suo presente, il suo futuro e gettano una viva luce sugli inquietanti enigmi del nostro tempo.
Nella santa Messa gli uomini divengono sempre più consapevoli del loro passato di colpe e in pari tempo degli immensi benefici divini nel ricordo del Golgota, del più grande avvenimento della storia della umanità, ricevono la forza per liberarsi dalla più profonda miseria del presente, la miseria dei peccati quotidiani, mentre anche i più derelitti sentono un soffio del personale amore del misericordioso Iddio; e il loro sguardo viene indirizzato verso un sicuro avvenire, verso la consumazione dei tempi nella vittoria del Signore là sull'altare, di quel Giudice supremo, che pronunzierà un giorno l'ultima e definitiva sentenza.

Venerabili Fratelli, nella santa Messa la Chiesa presta dunque il suo più grande sostegno al fondamento della società umana. Tutti i giorni, da dove nasce il sole fin dove tramonta, senza distinzione di popoli e di nazioni, si offre un'oblazione pura, [15] a cui partecipano in intima frater­nità tutti i figli della Chiesa sparsi nell'universo, e tutti vi trovano il rifugio nelle loro necessità e la sicurezza nei loro pericoli.

AMIAMO LA CHIESA

Amiamo la Chiesa, questa Chiesa santa, amorevole e forte, questa Chiesa veramente soprannazionale. Facciamola amare da tutti i popoli e da tutti gli uomini. Siamo noi stessi il fondamento stabile della società; che essa divenga effettivamente l'« Una gens », di cui parla il grande Vescovo d'Ippona. « Una gens », «quia una fides, quia una spes, quia una caritas, guia, una expectatio ». [16]

Affinché pertanto coloro, che la grazia del Signore ha chiamato alla sua Chiesa « da tutte le tribù e lingue e popoli e nazioni »,[17]siano nella grave ora presente consapevoli del loro sacro dovere d'irradiare dalla loro fede viva e operosa lo spirito e l'amore di Cristo nella società umana; affinché alla loro volta tutti i popoli e gli uomini, vicini alla Chiesa o ancora da lei lontani, riconoscano che essa è la salute di Dio fino alla estremità della terra; [18] impartiamo di cuore a voi, Venerabili Fratelli, ai Vescovi e ai sacerdoti che collaborano con voi nell'apostolato, ai fedeli delle vostre diocesi, alle vostre famiglie e a tutte le persone e le istituzioni che vi sono care, alle vostre nazioni, ai vostri popoli, alla Chiesa tutta e alla intiera famiglia umana, con particolare affetto la Nostra pa­terna Apostolica Benedizione.


[1] Cfr. S. Aug. Serm., ed. Alorin, Romae, Typ. Vatic. 1930, Serm. LXXXIX, p. 330; Miscell. Agost. vol. I.

[2]Concilio Vaticano I, sess. 4, Const. dogm. prima de Ecclesia Christi, Coll. Lac. t.7 p. 482ss.

[3] lbíd.

[4] Io. 8, 44.

[5] Concilio Vaticano I, sess. 3, Const. dogm. de fide catholica, Coll. Lac. t.7 p. 251.

[6] Marc. 16,15.

[7] Eph. 4,14

[8] Cfr. Acta Ap. 8., vol. 23, 1931, pag. 203

[9] Cfr. S. Th. 1a 2aa q. 92 a. 2.

[10] Ps. 85, 9.

[11] Epist. 199 cap. 12 n. 47 - Migne, PL, t. 33 col. 923.

[12] Ps. 74, 4.

[13] Eph. 2, 19.

[14] Cono. Trid. Sess. XXII, Cap. 1, ed. Goerres., tom. octavus (Actorum pars quinta), pag. 960.

[15] Cfr. Malaoh. 1, 11.

[16] Enarr. in Ps. 85 n. 14 — Migne, PL, t. 37, col. 1092.

[17] Apoo. 5, 9.

[18] Cfr. /s. 49, 6.










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