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S.Caterina da Siena Dottore della Chiesa

Ultimo Aggiornamento: 18/01/2020 13:36
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Sesso: Femminile
13/10/2011 00:03
 
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IO, CATHARINA

 

PARTE PRIMA

 DONNA

Caterina. Dopo 800 anni. Il volto si è conservato: avevo "visto" il volto del suo Sposo

 

Raccontare al Mastino “Catharina”. Ma quale vocazione verginale!… era “sposatissima col Pezzo Grosso”. Una perfetta casalinga, a tutti i costi. Travestita da uomo: se non monaca, almeno la prendessero come monaco. Caterina protesta quando lo “Sposo” si lascia maltrattare dai preti infedeli. Caterina non fa il carnevale: è il giorno delle sue nozze mistiche. A buon diritto nella lista dei santi vituperati. Ma non era “gelosa”. “Cognoscimento di sè”, era questa la sua vera “patologia”. I santi: coloro che soffrono se Cristo non gli richiede più gravi prove; i buoni cristiani: quelli che soffrono perchè non possono soddisfarne di più gravi. A tu per tu col papa ad Avignone. Il papa non sa l’italiano, Caterina non sa il latino: come si parlano?

 

 

 

IN BREVE

Caterina è davvero innamorata, non ha occhi che per il suo Gesù, sposato in nozze mistiche; il Crocefisso, il tabernacolo, l’eucaristia, il confessionale, saranno per lei il vero talamo dove incontrare lo Sposo, per parlare a Tu per tu, discorrere, persino lamentarsi con lo Sposo quando vede la crisi nella Chiesa, l’infedeltà nei pastori, i tradimenti verso il pontefice. Protesta, Caterina: quando lo Sposo Divino si lascia trattare malamente dai sacerdoti infedeli, soffre a tal punto da riuscire a trasmettere, senza tenere nulla per sé e senza preoccuparsi delle critiche, questi sentimenti a tutte le persone del suo tempo ed oltre, ancora nei giorni nostri, attraverso le famose Lettere e il Dialogo della Divina Provvidenza.

Caterina vive con i piedi ben piantati per terra.

 

 

 

 

di Tea Lancellotti

 

 Ringraziando Mastino del sito papalepapale,com per la pubblicazione di questo mio umile articolo in onore di santa Caterina, invito tutto voi a meditarlo...

 

RACCONTARE AL MASTINO “CATHARINA”

Il Mastino mi aveva chiesto, come “caterinologa di fiducia”, di raccontare… proprio “raccontare” da capo, la grande Catharina. Ché aveva le sue curiosità, il Mastino. E poi voleva sapere come “raccordarla all’attualità”. Mi manda un messaggio dove scrive: “Ho sotto gli occhi tutta una serie di volumi della mia biblioteca su Catharina. Alcuni parlano della sua anoressia, altri dei suoi presunti bollori sessuali con sogni di angioli che dicevano cose spurcissime. Mi piacerebbe iniziare a leggere proprio un racconto della donna, esteriore e interiore, Caterina, il lato umano”. Gli faccio notare che la storia degli “angioli” sporcaccioni, va fatta risalire a Teresa d’Avila non a Caterina. L’avessi mai fatto!… E infatti, siccome le curiosità vengono una appresso all’altra, il Mastino, dinanzi alle mie precisazioni e al mio primo “accetto”, si è lasciato prendere la zampina… Mi ha chiesto in ordine come “ulteriori”, quanto segue circa la Catharina che immagina: L’aspetto, le patologie, la sessualità e la sua femminilità, il carattere, il rapporto col suo corpo, il suo relazionarsi con le persone, e le differenze nel relazionarsi con uomini e donne, debolezze e fortezze, quanto di se stessa reprimeva. Quindi aggiunge: “Alcuni, leggevo, la tacciano di isteria, altri di simulazione: si può confutare? Poi c’è la storia delle stimmate invisibili. Soprattutto: ma come diavolo riesce lei, la 24esima figlia di un commerciante a imporsi nientemeno che nel cuore temporale della Chiesa,a Roma e Avignone? Come è stato possibile?”.

Brevi cenni sull’universo, insomma.

Dinanzi a queste incontinenti curisità del benedetto ragazzo, si è deciso di “raccontare” Caterina sezionandola: dopo la Caterina “intima e privata”, passeremo ad analizzare la Caterina pubblica, politica, quella che rincorre le supreme gerarchie ecclesiastiche; ancora dopo parleremo della mistica; non prima di averla analizzata come scrittrice; quindi la santa… quel che è venuto dopo, e ciò che oggi è rimasto di lei, e cosa del suo esempio sarebbe importante portare a memoria oggi, per i cattolici militanti e per i pastori.

Ma, naturalmente, tutto questo verrà fatto in più puntate. Adesso partiamo “dalla grande Catharina interiore ed esteriore” della quale tanto vorrebbe impicciarsi il succitato Mastino.

 

 

MA QUALE VOCAZIONE VERGINALE! ERA “SPOSATISSIMA COL PEZZO GROSSO”

Parlare di santa Caterina da Siena, oggi, a 550 anni dalla sua Canonizzazione, è un’impresa audace. Non solo perché, tutto sommato, già molto è stato scritto e detto di lei, ma soprattutto perché vorremmo evitare di farne una biografia. Eppure non vorremmo rischiare di perdere l’occasione e trarne un buon profitto per offrire, della Santa, un patrimonio da condividere. Anche perchè è una delle poche sante che non si è prestata, né da viva né da morta, a strumentalizzazioni.

Per comprendere il carattere di santa Caterina, il suo lato umano e fin dove ha saputo spingersi per vivere in pienezza il lato spirituale, dobbiamo seguirla in questa sua avventura e, soprattutto, provare meraviglia e stupirci nell’apprendere quale molla la spinse, fin da bambina, a fidarsi di Cristo, restare in famiglia, viaggiare, pregare, mangiare e digiunare…

Erroneamente si pensa a santa Caterina esclusivamente in quella vocazione verginale, incorniciandola in un’icona impenetrabile, quasi non vivesse su questa terra a causa delle ricche esperienze mistiche. Al contrario, essa è chiaramente leggibile da chiunque, purché la si legga senza paraocchi e naturalmente indossando gli occhiali della fede. Santa Caterina da Siena, infatti, non era affatto sola, non avvertì mai la solitudine, e la molla che mise in moto ciò che era e ciò che diventò fu la sua passione bruciante per il suo Gesù Cristo.

Fin da piccola, avendo sentito parlare di Gesù, ne era rimasta così affascinata e così innamorata, che decide, a soli sei anni, di dedicare a Lui tutta la sua vita. Caterina non parla di verginità in senso monacale (infatti non diventerà monaca come molti erroneamente pensano), ma chiede proprio di volerLo come Sposo! Incredibile audacia! Possiamo dire che la piccola Caterina aveva deciso non di rimanere sola e di rinunciare ad una famiglia: al contrario, aveva scelto come Sposo il pezzo Grosso, il Capo e come famiglia la Chiesa. Il carattere della santa senese si rivela così, fin da subito, molto forte, audace e tenace, fedele alle scelte fatte: mai un ripensamento, mai una caduta di stile, mai un’infedeltà.

Santa Caterina era così testarda nel carattere da arrivare ad ottenere ciò che chiedeva. In fondo, è sempre la promessa di Cristo che si rivelerà ancora una volta credibile e fedele: “Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto; perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto” (Mt 7, 7-8). Caterina chiede a Gesù di fare dell’anima sua la Sua sposa; il Signore vede le prodezze di questa Anima e le darà ciò che chiede… tutto qui!

 

 

UNA PERFETTA CASALINGA. A TUTTI I COSTI

La casa della famiglia Benincasa a Siena. Sulle mura è scritto: "Qui visse Caterina, sposa di Cristo"

Tutto qui? Certo! La difficoltà non sta nel fare buoni propositi, ma nel mantenere fede alle promesse fatte, nel conservarsi fedeli a quell’amore purissimo e gratuito offerto, nel mettersi in gioco giorno dopo giorno. Caterina non nasce santa ma vuole diventarlo, non nasce maestra e non pensa di diventarlo: i suoi la vogliono sposa e madre, e allora sia! Obbedirà ai genitori ma scegliendosi lo Sposo e diventando madre secondo i desideri dello Sposo. Perché Caterina la senese è consapevole della sua anima e del suo desiderio di eternità e con lei vive questa impresa, agisce nella fede, ben sapendo che il corpo, pur importante, deve essere curato solo quanto basta per far esprimere totalmente la sua anima passionale. Sublime!

Se non si comprende questo di Caterina, difficile comprendere il resto.

Tutto questo non viene vissuto dalla santa estraniandosi dalla società del suo tempo o dai doveri familiari, o rinunciando al rapporto con gli altri. Caterina, infatti, vive in famiglia, mangiando alla mensa familiare; ogni mattina esce e, prima di aiutare la madre nelle varie commissioni, va alla Messa e si ferma sovente a parlare con il padre domenicano, con le sorelle (era la penultima di ben 25 figli). Partecipa alla vita sociale e culturale, anche se non sa leggere e scrivere, come la maggior parte delle donne del suo tempo, le quali dovevano “solo” apprendere, imparare ad ascoltare, mentre per gli uomini era più facile accedervi perché erano loro a condurre gli affari, a trattare e gestire le imprese familiari. Non leggetelo, però, come maschilismo, confrontando quell’epoca alla nostra: le donne, se volevano, avevano un gran bel da fare, non solo a partorire figli, ma anche a crescerli, educarli, avviarli nella vita sociale e a…spendere i soldi del marito quando potevano farlo.

Caterina era una perfetta donna di casa tanto che nel Processo Castellano si riporta la testimonianza di fra Bartolomeo, che dice: “… con amore per il Signore e per alleggerire il lavoro altrui, in una casa con molte persone, la si poteva trovare ogni giorno a spazzare la casa, a lavare le scodelle, a rifare i letti, a servire la mensa nonostante che vi fosse una donna di servizio a pagamento. E poiché i genitori non tolleravano più tale visione della figlia, le proibirono di dedicarsi a queste faccende. Caterina, per non venire meno all’obbedienza, escogitò l’aggiramento dell’ostacolo di non dare pubblico scandalo e pubblico dispiacere. Perciò di notte, mentre gli altri dormivano, eseguiva in silenzio e pregando, tanti altri piccoli servizi e quando le rimaneva tempo andava nel lavatoio a lavare i panni. I genitori dovettero arrendersi”.

 

 

TRAVESTITA DA UOMO: SE NON MONACA, ALMENO LA PRENDESSERO COME MONACO

Ma la giovane donna deve ancora forgiare il proprio carattere. Spesso è così impaziente di coronare il suo sogno che si racconta che un giorno, travestita da uomo, cercò di farsi accogliere in un monastero per dedicarsi totalmente a Dio in solitudine. Naturalmente non vi riuscì: lo Sposo aveva per lei altri progetti.

Aveva cura del suo aspetto, specialmente per i capelli come era tipico del suo tempo: li portava lunghi e legati. Non era vanitosa, però, e la sua femminilità era dignitosa. Guardava come modello alla Vergine Maria, la “dolce Fanciulla di Nazareth che san Giuseppe, sposo casto, prese in moglie per prendersi cura di Lei e del Divin Figlio”, ma il suo sogno era indossare “le bianche Lane di san Domenico”, il bianco in segno di purezza, il nero del mantello quale segno di umiltà. Giunse a tagliarsi i capelli da sola quando la madre, insistendo perché si sposasse e volendola distogliere dalla vita ascetica, costrinse involontariamente Caterina ad un gesto eloquente che non permettesse più a nessuno di mettere in dubbio la strada che aveva scelto. Per non dispiacere ai genitori, evitava di saltare la mensa familiare, pur attenendosi a piccoli pasti e mantenendosi in perfetto digiuno nei giorni prescritti dalla Chiesa e in tempo di Quaresima.

Solitamente trascorreva le serate facendosi leggere le vite dei Santi e dei Martiri (così infatti si usava la sera in famiglia). Presto, Caterina decise di imitare la pazienza dei Padri del Deserto e le penitenze degli asceti, comprendendo che per quella via sarebbe giunta ad incontrare lo Sposo in modo pieno e concreto. Da qui si sviluppa anche la sua devozione mariana: alla Vergine Maria fa continue promesse di fioretti e fedeltà affinché sia proprio Lei a porgerLe il Figlio Divino quale Sposo.

 

 

CATERINA PROTESTA QUANDO LO “SPOSO” SI LASCIA MALTRATTARE DAI PRETI INFEDELI

Se intendiamo correttamente, in termini propri del Vangelo e degli apostoli, questo amore passionale di Caterina verso Gesù, non ci sembrerà dell’altro mondo il modo di vivere di questa ragazza senese e il fatto che Gesù le risponderà, le andrà incontro annoverandola fra le vergini, ammantandola del mistico velo nuziale. Vi troveremo, infatti, tutte corrispondenze bibliche; Caterina è davvero innamorata, non ha occhi che per Gesù e il Crocefisso, il tabernacolo, l’eucaristia, il confessionale, saranno per lei il vero talamo dove incontrare lo Sposo, per parlare a Tu per tu, discorrere, persino lamentarsi con lo Sposo quando vede la crisi nella Chiesa, l’infedeltà nei pastori, i tradimenti verso il pontefice. Protesta, Caterina: quando lo Sposo Divino si lascia trattare malamente dai sacerdoti infedeli, soffre a tal punto da riuscire a trasmettere, senza tenere nulla per sé e senza preoccuparsi delle critiche, questi sentimenti a tutte le persone del suo tempo ed oltre, ancora nei giorni nostri, attraverso le famose Lettere e il Dialogo della Divina Provvidenza.

Caterina vive con i piedi ben piantati per terra. Sa che se vuole coronare il suo sogno deve attirarLo, avvicinarLo, deve farsi “trovare pronta”. Così trascorre ogni giorno alla ricerca dei poveri, porta loro da mangiare e si ferma a consolarli, a far loro una carezza sapendo di accarezzare Gesù. Quando scoppia la peste, la troviamo lì ad occuparsi dei moribondi, a chiudere gli occhi ai malati terminali. Quando qualcuno è condannato a morte, eccola, Caterina, in carcere, a portare la parola di Cristo per far morire in grazia di Dio chi attende la condanna capitale, promettendogli di supplicare per le sua anima la via del Paradiso.

Lo Sposo comincia a farsi “vedere”. Caterina otterrà, in queste missioni, molte conversioni: la sua parola è credibile, i suoi gesti affidabili, la gente le crede. Lei sa che questa è opera di Gesù, non attribuisce mai un successo a se stessa: solo quando qualcuno l’accusa di qualche esagerazione, ella attribuisce a se stessa l’incomprensione e l’incapacità di far meglio e, quando ciò accade, non si arresta sui sensi di colpa, sulla giustificazione o sulla difesa, ma piuttosto chiede scusa e va avanti. Non si cura d’altro: la sua meta è Cristo.

 

 

CATERINA NON FA CARNEVALE: E’ IL GIORNO DELLE SUE NOZZE MISTICHE

Non ci soffermeremo a raccontare dei tanti miracoli che ella fece durante la vita: qui ci preme mettere in risalto la persona che era e in quale modo ha combattuto la propria battaglia per la fede.

Caterina era una donna con una femminilità molto spiccata, come abbiamo visto, da pretendere, santamente, di poter ottenere Gesù come Sposo. A 16 anni, nel 1363 entra nel Terz’Ordine di san Domenico. Ha circa 20 anni quando sente dentro il cuore che qualcosa deve accadere e, così, continua a pregare incessantemente tanto da sentirsi un fuoco nel petto, un ardore decisivo che le fa dire: “Signore Gesù, sposami nella fede”. Nel carnevale del 1367, mentre gli schiamazzi riempiono la città e la sua stessa casa, la giovane è lì nella sua stanzetta che ripete assorta la sua preghiera sponsale per la millesima volta…Ed ecco apparirle il Signore che le dice: “Ora che gli altri si divertono io stabilisco di celebrare con te la festa dell’anima tua. Io ti sposerò a Me in fede perfetta”. Sarà Caterina stessa a raccontare l’episodio e di come la Regina del Paradiso, accompagnata dai santi e gloriosi apostoli Giovanni e Paolo, san Domenico ed anche il re Davide con il Libro dei Salmi, le prese la mano distendendola verso il Figlio Divino, pregandoLo, secondo ciò che aveva promesso, che Si degnasse di sposare quell’anima prediletta con la fede perfetta. L’anello sponsale, che solo Caterina poteva vedere, era anche il segno della Fede perfetta che Gesù le diede in dote.

Fino ad alcuni anni fa (forse ancor oggi) c’era a Siena l’usanza che, nell’ultimo giorno di carnevale, a nessun corteo o maschera fosse concesso passare per la contrada di Fontebranda, là dove quelle mistiche nozze furono celebrate. Sul frontone dell’edificio dovrebbe esserci ancora scritto: “E’ questa la casa di Caterina, la Sposa di Cristo”.

La madre di Caterina non è contenta. Nel rapporto tra madre e figlia, è chiara l’opposizione tra un progetto “per il mondo”, che la madre ha sulla figlia, per la quale, come tutte le mamme, vedeva un matrimonio e sapeva che la figlia ne sarebbe stata all’altezza, e la strada alla quale Caterina si sente chiamata fin da bambina. Con la mamma, Caterina è dolce e obbediente: mai una arrabbiatura, mai un dispetto, mai un dispiacere. E’ anche inflessibile, però, nel seguire la sua vocazione. Più tardi – quando dovrà continuamente viaggiare per obbedire alla sua missione e la mamma si lamenterà delle sue lunghe assenze – Caterina, che è ormai diventata guida spirituale anche della madre, le scriverà: «(…) voi amate più quella parte che io ho tratta da voi, che quella che ho tratta da Dio, cioè la carne vostra della quale mi vestiste…» (lettera 240)

 

 

A BUON DIRITTO NELLA LISTA DEI SANTI VITUPERATI

Il 24.11.2010, Benedetto XVI, nel tratteggiare la figura e l’opera di Caterina da Siena, dice: «Caterina soffrì tanto, come molti santi. Qualcuno pensò addirittura che si dovesse diffidare di lei al punto che, nel 1374, sei anni prima della morte, il capitolo generale dei Domenicani la convocò a Firenze per interrogarla». Da questo episodio, dal quale per altro la senese uscì completamente vittoriosa, scaturirono purtroppo molte chiacchiere, le classiche che il sentire popolare – spesso invidioso, insofferente, astioso – trasforma in maldicenze striscianti, che tuttavia non scalfiscono mai la vera statura dei santi. Spesse volte, anzi, queste chiacchiere ostili fungono da contraltare dal quale emerge alla fine la verità…Di cosa parliamo? Di banalizzazioni della persona di Caterina, di quel suo amare con passione Gesù tanto da dipingerla sovente come una visionaria, patologica, esagerata, schizofrenica, persino impudica.

Caterina, con queste diffamazioni, potè a buon diritto entrare nella lista dei santi vituperati, e proprio per questo, vincenti!

Certo! forse Caterina era impudica agli occhi dei miserevoli e degli stolti, perché ella, senza curarsi di loro, continuava ad abbandonarsi a quella passione per il Cristo e, sovente, lo faceva per guadagnare allo Sposo questi animi ribelli, per spingere Gesù alla compassione e convertire i loro cuori. Tante sono le testimonianze di conversioni scaturite proprio dalla testimonianza di fede di Caterina, dalla sua ardente preghiera, dalla mortificazione e dalla compassione verso il Cristo.

Come accade per tutti i santi, anche per Caterina c’è un aspetto della sua fede e della sua passione che più la caratterizza: le piaghe di Cristo e il Suo Sangue.

Qui Caterina esprime molte fra le più belle pagine della mistica cattolica, con una proprietà di dottrina e di linguaggio che sembra davvero sia stata istruita dall’apostolo Giovanni, come spesso si dice, manifestando una perfetta ortodossia da lasciare spiazzati i sapienti del suo tempo. Al punto da diventare maestra perfino dei suoi confessori.

La base della sua dottrina è il Crocefisso, i capitoli di studio sono le Sue piaghe, lo svolgimento dei temi è il costato trafitto e il sangue. Sì! Possiamo dire che questa caratteristica di Caterina ha dell’inaudito, del meraviglioso. Per quanto si possa parlare di miracolo poiché tutto questo è opera di Dio, tuttavia, va detto anche che la santa, fin da bambina, si è volontariamente immersa in Dio, spontaneamente lo ha accolto, liberamente Gli si è offerta, docilmente lo ha seguito sempre e ovunque. Mai ha distolto la mente da Lui, prendendo e vivendo alla lettera le parole di san Paolo: “Nessuno di noi, infatti, vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo dunque del Signore” (Rm 14,7). Santa Caterina ha preso il “Fiat” di Maria Santissima sul serio, e, sovente, ha pregato la Vergine Maria di aiutarla a dire sempre quel “sì” ogni giorno e in piena fedeltà.

 

 

MA NON ERA “GELOSA”

Poiché, per parlare di Dio, occorre l’abbondanza e la purezza del cuore prima che della mente, ella non sprecava mai le parole e, così, mentre Dio suppliva alle carenze dell’intelletto istruendola e suggerendole cosa dire, Caterina non faceva altro che parlare di Dio e di tutto ciò che a Lui ci conduce; non faceva altro che essere strumento del Verbo; nella Chiesa, da perfetta “donna di casa” non faceva altro che servire lo Sposo, vivere per Lui, senza mai essere gelosa: al contrario, non vedeva l’ora di condividere con gli altri i frutti di questa unione mistica attraverso le famose Lettere. «La mia natura è fuoco!», ripeteva spesso, e questo ardore non lo tratteneva per sé.

Tanti i momenti forti di questo rapporto con il Signore. Uno era, per esempio, all’inizio della preghiera del breviario: “Deus, in adiutorium meum intende. Domine, ad adiuvandum me festina ⁄ O Dio vieni a salvarmi, Signore vieni presto in mio aiuto”, Gesù le aveva promesso che sarebbe venuto a farle visita ogni qual volta avesse pronunciato queste parole con passione sincera: e sovente le appariva, infatti, e lei continuava la salmodia, alla quale spesso si univa il suo angelo custode, altri angeli e, qualche volta, anche alcuni santi. Dobbiamo capire che questi ed altri episodi delle vite dei Santi sono una realtà delle promesse di Gesù, sempre valide in ogni tempo e per ognuno di noi.

Apro un breve inciso: ciò che delle vite dei Santi desta in noi la meraviglia, non deve arrestarsi al sentimento. Piuttosto deve sollecitarci ed incoraggiarci a vivere con lo stesso ardore il nostro rapporto con Dio: questo significa davvero “imitare i santi”. Non bisogna, infatti, scimmiottarli nelle cose che hanno fatto: ognuno segue il progetto che Dio ha preparato per lui. Dobbiamo essere sempre noi stessi, trovando nei santi degli alleati e degli ottimi consiglieri: seguirli nel modo in cui hanno combattuto la propria battaglia per la vera fede e avere fiducia in ciò che ci hanno trasmesso. In una parola: avere cura della nostra anima; alimentarla con le promesse del Cristo e curare il corpo non per le vanità del mondo, quanto piuttosto per essere pronti all’incontro con Lui!

 

 

COGNOSCIMENTO DI SÈ”, ERA QUESTA LA SUA VERA “PATOLOGIA”

Qualcuno parla di “patologia” per questa santa ragazza, come se Caterina avesse avuto dei disturbi, un disordine al suo interno. In verità tutti i santi sono accusati di vivere stati patologici e questo dipende spesso da chi, incredulo di fronte a tanta santità, proietta sui santi le patologie che forse vive lui stesso. A voler essere pignoli, senza dubbio santa Caterina, come tutti i Santi, era “fissata” sì, ma per demolire in se stessa ogni imperfezione. Non per mania di superiorità: al contrario, per quella consapevolezza di sapersi peccatrice e bisognosa del soccorso di Dio. L’autentica “patologia” di cui soffrono i santi – e in questo caso la nostra Caterina da Siena – è esattamente quella del vero “cognoscimento di sè“, ossia quel giungere alla vera conoscenza di se stessi e della propria anima, per correggersi, morire a se stessi e lasciare che Dio prenda pienamente posto dentro il proprio cuore, e non arrendersi fino a quando non si è raggiunto lo scopo.

Follia? Stoltezza? Perché piuttosto non prendere in seria considerazione che l’unica vera follia è quella di vivere una vita mediocre, fredda nella fede, tiepida nella Croce? E che l’unica vera stoltezza è ostinarsi a percorrere la via larga anziché quella stretta, camminare sui tappeti delle comodità anziché sulla via sassosa, ed in salita, del Calvario?

Così la santa raccontava al suo confessore Raimondo da Capua: «Sappiate padre, che per la misericordia del Signore, io porto già nel mio corpo le sue stimmate… vidi il Signore confitto in croce, che veniva verso di me in una gran luce e fu tanto lo slancio dell’anima mia, desiderosa di andare incontro al suo Creatore che il corpo fu costretto ad alzarsi. Allora dalle cicatrici delle sue santissime piaghe, vidi scendere in me cinque raggi sanguigni diretti alle mani e ai piedi e al mio cuore. Subito esclamai: Ah Signore, Dio mio: te ne prego: che non appariscano queste cicatrici all’esterno del mio corpo. Mentre dicevo così, prima che i raggi arrivassero a me, cambiarono il loro colore sanguigno in colore splendente». (Legenda Maior, 195 – ed. Cantagalli). La sua testa appare coronata di spine splendenti in ricordo di un episodio molto importante: Gesù stesso, presentandole una corona d’oro e un diadema di spine, le chiese di scegliere e lei «subito tolse con ardore dalla mano del Salvatore il diadema di spine e se lo calò sul capo»…

 

 

I SANTI: COLORO CHE SOFFRONO SE CRISTO NON GLI RICHIEDE PIÙ GRAVI PROVE. I BUONI CRISTIANI: QUELLI CHE SOFFRONO PERCHÈ NON POSSONO SODDISFARNE DI PIÙ GRAVI

Sì, senza dubbio, per la nostra mentalità materialista, i santi hanno esagerato, sono stati folli o stolti: questo, però, non perché essi hanno ecceduto quanto piuttosto perché noi li giudichiamo con i nostri parametri, spesso offuscati dalle comodità del mondo. Quando Gesù, infatti, chiede sovente a santa Caterina: «Cerca di rimuovere dal tuo cuore ogni altra sollecitudine e preoccupazione, pensa solo a Me e con Me riposati», non lo sta chiedendo solo a lei, ma sta invitando anche ognuno di noi verso questa strada. E quando santa Caterina da Siena, sussurrandoci queste confidenze, ci dice anche che queste sono state vincenti, ci sta invitando a seguirla. Tuttavia, quante volte noi fingiamo di non vedere e di non sentire oppure ignorare per opportunismo?

Rammentiamo questo episodio descritto da san Marco: «Mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: – Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna? – . Gesù gli disse: Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre.

Egli allora gli disse: Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza. Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!. Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni” (Mc 10, 17-22).

Gesù continua ad amarci anche se non corrispondiamo alle Sue richieste, ma i santi sono coloro che non si accontentarono di essere “bravi, buoni, obbedienti ai Comandamenti”. Essi volevano e vogliono di più; desiderano volare più in alto, ci insegnano come possiamo osare. Le richieste di Gesù – sembra dirci santa Caterina da Siena ancora oggi – non sono un capriccio per la Sua soddisfazione, bensì sono per il nostro vero appagamento, per la nostra autentica soddisfazione. Infatti, leggiamo nel brano, il giovane “se ne andò rattristato”: era triste non per la risposta ricevuta, ma perché sentiva di non poterla soddisfare, poiché “possedeva infatti molti beni” e non voleva disfarsene. I santi, invece, anelano a risposte come queste e sono tristi fino a quando il Signore non li chiama…perché vogliono accondiscendere alle Sue richieste. E’ qui che si comprende quando Caterina dice: «la mia natura è fuoco»!

 

 

A TU PER TU COL PAPA AD AVIGNONE. IL PAPA NON SA L’ITALIANO, CATERINA NON SA IL LATINO. COME SI PARLANO?

Caterina al cospetto di papa Urbano VI

Dopo aver analizzato il carattere di santa Caterina da Siena, il suo rapporto con se stessa e con gli altri, seppur brevemente, potremmo rispondere all’antica curiosità del Mastino: come ha fatto lei, la 24esima figlia di un commerciante, a imporsi nientemeno che nel cuore temporale della Chiesa, Roma e Avignone? Come è stato possibile?

La prima risposta che ci viene è: la Provvidenza! Naturalmente, quanto abbiamo detto fino a qui ci chiarisce come il Signore l’avesse preparata ad una grande missione perché, è giusto rammentarlo, Dio non fa nulla che debba rimanere nascosto o inutile. Tutti i santi fino ad oggi conosciuti hanno compiuto una missione. Santa Caterina da Siena è stata preparata per questa missione di pace: riportare il Papa a Roma e seguire le sorti della Chiesa del suo tempo.

Come ci riesce? Semplice: Caterina, già ben conosciuta come ambasciatrice di pace fra le varie città italiane spesso in lotta fra loro, viene mandata dai fiorentini ad Avignone perché chieda a Papa Gregorio XI di riappacificarsi con loro. Il Papa ha della santa un’ottima considerazione: fa preparare i bagagli e vorrebbe ritornare con tutta la curia a Roma. Ahimè! Le cose, però, si mettono male. La curia e lo stesso re di Francia si oppongono e il Papa non sa come risolvere il problema. Chiede consiglio a Caterina. La santa, umilmente, risponde che, in quanto donna, non spetta a lei dare consigli al Sommo Pontefice. Questi allora le dice: «Non ti chiedo consigli, ma di svelarmi la volontà di Dio». Quest’episodio ci mostra come fosse il Papa stesso che confermava a Caterina il privilegio della confidenza Divina. Imponendogli così l’obbedienza, la Santa risponde: «Chi può sapere ciò meglio di Vostra Santità, che promise a Dio di fare questo viaggio?» A queste parole, il Papa rimane stupefatto, perché, come egli stesso raccontò successivamente, nessuno sapeva di questo voto che aveva fatto. Così, finalmente, dopo 70 anni di cattività avignonese, il Papa e la curia possono ritornare a Roma.

Questi i fatti.

Una curiosità: in che lingua si parlavano il Santo Padre e la santa senese?

Il beato Raimondo da Capua, confessore della santa, faceva da interprete fra Caterina e Gregorio XI perché lei non conosceva il latino, eccetto quello delle preghiere e della Messa, e il Papa non aveva appreso l’italiano. Il beato confessore, nella sua Legenda Major, racconta pure che, mentre la santa parlava con il Papa, ella si rammaricò con lui che nella curia, dove avrebbe dovuto esserci un paradiso di celesti virtù, in verità sentisse il puzzo dei vizi dell’inferno. Allora il Pontefice domandò all’interprete da quanto tempo Caterina fosse giunta alla curia e avendo sentito che vi era arrivata da pochi giorni le domandò: «Come hai potuto, in pochi giorni, conoscere i costumi della Curia?». La santa allora, mutando l’atteggiamento dismesso (si trovava in ginocchio), si alzò in piedi davanti al Papa, assumendo un portamento regale, e rispose che, per onore di Dio Onnipotente, aveva sentito maggior puzzo dei peccati che si commettevano nella curia standosene a Siena, dove era nata, meglio di come lo sentissero coloro che li avevano commessi e che li commettevano tutti i giorni.

Il Papa rimase zitto – continua a raccontare il beato Raimondo – e lui stesso, stupito, allibito, si domandava con quale autorità erano state dette certe parole in faccia al Sommo Pontefice.

La credibilità di Caterina partiva da una regola di vita indiscutibile: «Noi dobbiamo prima correggerci dei nostri peccati, liberarci delle pastoie del demonio, e poi parlare di Dio». Tanto altro ci sarebbe da dire, ma lo faremo in una seconda puntata… perché da qui parte la missione di Caterina in favore della Chiesa, la battaglia contro la corruzione nel clero, la diffusione delle sue Lettere e la composizione del Dialogo della Divina Provvidenza. Caterina, intanto, torna a Roma con il Papa perché con lui deve riformare la Chiesa…

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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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