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S.Caterina da Siena Dottore della Chiesa

Ultimo Aggiornamento: 18/01/2020 13:36
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27/11/2011 19:14
 
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IO, CATHARINA

 

seconda parte:

LA SCRITTRICE

Ma poi, era o non era analfabeta? Fateci caso: preferiva i maschi, anche come segretari. Lettere ai re: “I nostri tre nemici, che sono i nostri tiranni: il mondo, il dimonio, la fragile nostra carne”. “Pregovi, madre mia, che non schifiate di rispondere a me”, così Catharina scrive alla regina di Napoli. “Cognoscimento” dei segreti dei cuori: quelli ancora troppo “allacciati dal dimonio”. Un buon prete ha perso la voglia di dir messa; Caterina lo salva; ma perde lei la voglia di andar a messa. Nei 150 anni dell’unità d’Italia nessuno si è ricordato della sua patrona. La “cagione” della corruzione e ribellione dei fedeli alla Chiesa? La politica come “porco che s’involle nel loto”. Una tomista. Alla prostituta scrive: pensa non solo al male che fai a te stessa, ma a quanti, col “laccio del dimonio”, mandi all’inferno. Caterina scrive al sodomita (tacendone il nome): “Oimè, oimè! questi tali fanno del corpo loro una stalla, tenendovi dentro gli animali bruti”. E al re di Francia scrisse: “ Non indugiate più a far questa pace. Fate la pace, e tutta la guerra mandate sopra gl’infedeli”.

  

 


 

di Tea Lancellotti

 

 

MA POI, ERA O NON ERA ANALFABETA?

Chi pensasse di trovare, qui o altrove, scritti autografi della santa senese rimarrebbe deluso. Va detto, per onestà, che della maggior parte delle cosiddette “Lettere”, poche furono quelle scritte “di suo pugno”, molte furono quelle dettate da Caterina. Delle prime si riscontrano solo pochi originali, pervenuti a noi non completi; dalle seconde, invece, abbiamo potuto raccogliere un vasto patrimonio culturale, che va dall’ambito sociale a quello teologico-dottrinale.

Quando Caterina scriveva di suo pugno, soleva cominciare la lettera con queste parole: “Sappiate, mio caro figlio, che questa è la prima lettera che io scrivo di mia propria mano…”. Così avvenne anche per il famoso Dialogo della Divina Provvidenza, del quale alcune parti furono scritte da lei stessa, mentre altre furono dettate.

Possiamo allora ritenere affidabile il patrimonio letterario della mistica santa? Certamente sì. Grazie ad una continua copiatura (sotto dettatura), contemporanea alla Santa, ed alla raccolta e conservazione delle lettere, resa fedele dalla credibilità e dall’attendibilità di certi suoi figli spirituali, come il priore certosino Stefano Maconi, uno dei segretari di Caterina, che dal 1382 al 1384 cominciò la raccolta delle lettere di colei che chiamava “mamma” spirituale.

Ma prima di venire ad alcuni particolari delle Lettere, chiariamo una domanda che molti si pongono: Caterina Benincasa era analfabeta o no?

Sì, era analfabeta, come la maggior parte delle donne del suo tempo. Fu lei stessa a raccontare il prodigio di come la Divina Provvidenza le insegnò a leggere e a scrivere. Era l’anno 1377 e Caterina aveva 30 anni, come racconta il Caffarini: accadde un giorno che le capitasse fra le mani un certo vasetto pieno di cinabro, o minio, di cui uno scrittore aveva fatto uso per scrivere in rosso, o meglio per colorare le iniziali di un libro, così come era conforme all’uso del tempo; mossa da una “ispirazione divina”, la santa prese in mano la penna dell’artista e, quantunque non avesse mai imparato a formare lettere o a comporre versi, sentendo dentro di sé un “fuoco che le divorava il petto”, scrisse con caratteri chiari, precisi – e persino in bella grafia – i seguenti versi:

O Spirito Santo, vieni nel mio cuore; per la Tua potenza tiralo a Te Dio vero. Concedimi carità con timore; custodiscimi da ogni mal pensiero, riscaldami e infiammami del Tu’ amore, sì che ogni peso mi paia leggero. Santo mio Padre e dolce mio Signore, ora aiutatemi in ogni mio ministero, Cristo Amore, Cristo Amore! Amen

Con questi meravigliosi, ispirati versi, inizia la carriera della Caterina scrittrice.

Come arrivò ad imparare anche a leggere dal momento che iniziò a scrivere proprio da quel momento e con quei versi, ispirati dallo Spirito Santo? Va detto, infatti, che appena scrisse quei versi, Caterina non fu in grado di leggerli immediatamente, ma solo successivamente e con difficoltà.

Per una risposta lineare e completa, riportiamo un passo dalla biografia scritta dal suo confessore, il beato Raimondo da Capua: «…voglio dirti, o lettore, che questa santa vergine, senza che nessun mortale glielo avesse insegnato, sapeva leggere. Dico “leggere” e non che sapesse scrivere o parlare latino (parlava solo il toscano), ma prodigiosamente sapeva leggere le parole e pronunziarle. Una mattina, mi raccontò la santa vergine, si mise in preghiera e Gli disse: “Signore, se ti piace che io sappia leggere per salmeggiare e cantare le tue lodi, degnati di insegnarmelo, altrimenti nella mia ignoranza spenderò il tempo in altre virtù e meditazioni…” All’istante e, durante questa preghiera, ella seppe meravigliosamente comprendere i segni delle lettere. Inoltre riceveva sovente la visita di san Tommaso d’Aquino e di san Giovanni Evangelista i quali la istruivano…».

Questo dunque il prodigio “…esso fu fuori del corso naturale, attestando che fu poi seguita sovente da san Giovanni evangelista e da san Tommaso d’Aquino…”. Da loro riceveva spesso anche la spiegazione e l’interpretazione di certi passi della Scrittura che le rimanevano di difficile comprensione: da questo possiamo comprendere l’importanza di questo epistolario e di come la Chiesa, attraverso il Dialogo della Divina Provvidenza, di cui parleremo in un’ altra puntata, riconobbe a Caterina da Siena la confidenza di Dio Padre, l’istruzione dello Spirito Santo, la predicazione perfetta del Verbo “Figliol Divino”, il tripudio della Santissima Trinità, tanto da renderla Dottore della Chiesa.

 

FATECI CASO: PREFERIVA I MASCHI, ANCHE COME SEGRETARI

Caterina sotto ispirazione divina detta le sue "lettere". A un uomo. Ne ha sempre al servizio

C’è una piccola curiosità: molti dei figli spirituali, nonché qualche segretario della santa, sono maschi. Sì, Caterina la senese attirava e faceva davvero “stragi di cuori”, ma ben conosciamo il significato di questa “attrazione” e chi era il vero responsabile di questi avvicinamenti che poi diventavano conversioni. Inoltre il fatto che il suo seguito fosse composto da molti uomini, per giunta di elevato spessore culturale e politico, tutti conosciuti, servì proprio per attestare la credibilità della sua missione e del contenuto delle sue lettere. Va anche detto, tuttavia, che ebbe come supporto anche il gentil sesso, con la collaborazione di sr. Francesca, vedova di Clemente di Goro, di Alessandra Saracini, di Giovanna Pazzi e di molte altre. Con lei collaborò anche un’altra Caterina, figlia spirituale di santa Brigida di Svezia. Se tali pii discepoli hanno creduto, raccogliendo le sue lettere, di dover conservare e tramandare il ricordo “dei profondi e soavi insegnamenti della loro madre e maestra”, è perché desideravano trasmettere ai lettori di ogni tempo, anche nel nostro tempo, la spiritualità ivi contenuta, la ricchezza dottrinale più che il profilo storico.

Dunque, queste lettere e lo stesso Dialogo cominciarono ad essere raccolti quando Caterina era ancora vivente e questo particolare è molto importante. Molte lettere venivano fatte girare fra i discepoli della santa sia per reciproca edificazione, sia per cominciarne la conservazione e, tanto per entrare nel vivo dell’argomento, usando il linguaggio tipico di chi, assai più autorevolmente di noi, ne tracciò le fondamenta per una comprensibile lettura, oseremo dire come loro: sembra di vederla, la Santa di Fontebranda, nella sua casa, attorniata dai suoi discepoli, con sguardo estatico, gli occhi lucidi e luminosi rivolti verso il Crocefisso e con le braccia aperte in forma di croce, dettare parole lucide e chiare, quasi le provenissero da una voce interiore. É un fuoco che esce dal suo petto, un fuoco che fa battere il suo cuore e le fa proferire parole anch’esse di fuoco. È come se, con lo sguardo della Divina Provvidenza, essa vedesse avanti a sè il Destinatario della lettera, ne avvertisse la presenza, sentisse l’angoscia per il suo essere imperfetta rispetto a Lui, le salisse dal cuore la preghiera: con arte finissima, allora, non spreca parole, va dritta al cuore del problema, colpisce nel segno e mette a nudo i drammi del suo tempo.

 

LETTERE AI RE: “I NOSTRI TRE NEMICI, CHE SONO I NOSTRI TIRANNI: IL MONDO, IL DIMONIO, LA FRAGILE NOSTRA CARNE”

Tutta espressività. Un fascio di nervi. Anoressica e febbricitante: brucia di passione divina

Facciamo notare che la provenienza delle Lettere di Caterina viene spesso attribuita al cuore della santa, mettendo in risalto l’ardore e la passione, più che l’”intelligenza”, come a voler sottolineare una provenienza soprannaturale anziché un “fai-da-te” nell’esporre la dottrina attraverso questi scritti.

Queste Lettere mistiche sono oggi raccolte in diversi volumi e suddivisi, pur mantenendo l’originale numerazione, per categorie dei Destinatari: abbiamo così le Lettere ai pontefici, di cui tratteremo in una terza puntata, le Lettere ai laici e le Lettere ai politici che all’epoca erano i “Reggenti, i funzionari pubblici, i re e persino i responsabili delle Contrade”. Ciò che disturba i critici di Caterina è il suo linguaggio spesso mistico, estatico, attraverso il quale si rivolge a persone che usavano invece un linguaggio più popolano e meno celestiale: tuttavia è proprio questo linguaggio che segnerà la credibilità del suo contenuto dottrinale e, del resto, se il desiderio di scrivere o di dettare all’improvviso le sorgeva dal cuore, spesso dopo lunghe ore di orazione, è comprensibile che lo stesso linguaggio rifletta la provenienza di quelle stesse parole, una provenienza non proprio umana ma che dell’umano vivere voleva correggee provvidenzialmente le deviazioni e far giungere così i destinatari delle lettere del suo tempo alla vera pace.

Nella Lettera 372, al futuro re di Napoli, messer Carlo della Pace, Caterina scrive: “Al nome di Gesù Cristo crocefisso e di Maria dolce…. attendete, carissimo fratello, che questo bene non potreste fare, d’essere virile e sovvenire alla necessità della Chiesa santa, se prima non combatteste e faceste guerra con i principali tre nostri nemici, cioè il mondo, il demonio e la fragile nostra carne… questi sono i principali tre tiranni (…), il mondo ci percuote con le vane e disordinate allegrezze, ponendoci dinanzi all’occhio dell’intelletto i nostri stati, ricchezze, onori e grandezze, con scellerati diletti, le quali cose tutte sono vane e corruttibili, che passano come il vento e sono mutabili (…) Questo vediamo manifestamente: di come l’uomo oggi è vivo e che domani è morto…”.

Nella Lettera 357 al re d’Ungheria così si esprime: “Carissimo padre, in Cristo dolce Gesù. Io Catharina, schiava de’ servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso Sangue Suo, con desiderio di vedervi fondato in vera e perfettissima carità (..) i nemici dell’uomo sono il mondo, il dimonio, e la fragile nostra carne, che ciascuno impugna contro lo spirito…”.

 

PREGOVI, MADRE MIA, CHE NON SCHIFIATE DI RISPONDERE A ME”, COSÌ CATHARINA SCRIVE ALLA REGINA DI NAPOLI

Nella Lettera 133 alla regina di Napoli, per promuovere la nuova crociata per liberare la Terra Santa, della quale parleremo successivamente, così scrive: “A voi reverendissima e carissima madre mia in Cristo Gesù. Io Catharina, serva e schiava de’ servi di Gesù Cristo, scrivo a voi, e confortovi nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio, col desiderio di vedervi perfetta sua figliuola (…) Debba dunque l’anima temere di non offendere al suo Creatore, però che Egli è l’unico vero Signore che ogni peccato punisce, e che ogni bene remunera (…) attendete che in due modi abbiate a fare giustizia. Cioè, prima, di voi medesima, sicché abbiate a rendere gloria e onore a Dio, riconoscendo a Lui la gloria e l’onore, e a voi rendete ciò che è vostro, il peccato e la miseria, con vero dispiacimento del peccato (…). Fovvi sapere le dolci e buone novelle; il nostro dolce Cristo in terra, il santo Padre ha mandata una Bolla a tre religiosi singulari, cioè al Provinciale de’ frati Predicatori, e al ministro de’ frati Minori, e a un nostro frate, servo fedele di Dio; e ha loro comandato che sappiano e facciano sapere per tutta Italia e in ogni altro paese che essi possono e debbono investigare coloro che volessero e avessero desiderio di morire per Cristo oltre mare, e andare sopra gl’infedeli (…). Vi prego e vi costringo da parte di Cristo Crocefisso, che vi disponiate e accendiate il vostro desiderio… di dare ogni aiuto e vigore che bisognerà, acciocché il luogo santo del nostro dolce Salvatore sia tratto dalle mani del demonio, acciò che partecipino al Sangue del Figliuolo di Dio, come noi. Pregovi umilmente, madre mia, che non schifiate di rispondere a me il vostro santo e buon desiderio che avete verso questa santa operazione. Altro non dico…(…) e perdonate la mia presunzione. Cristo dolce, Gesù Amore”.

Facciamo notare come santa Caterina da Siena ponga sempre come priorità la conversione a Cristo ed alla Chiesa e solo dopo invita ad intraprendere la battaglia per la Chiesa.

L’epistolario con la regina di Napoli è ricco. Ad un certo punto, deve essere accaduto qualcosa che ha fatto “allontanare” tale regina. Caterina, allora, le scrive, nella Lettera 362, un atto di accusa per aver tradito la Chiesa, papa Urbano VI, e per essere caduta nell’eresia. Ecco qualche passaggio: “Carissima e reverenda madre; cara mi sarete, quando io vedrò voi essere figliuola assidua e obbediente alla santa Chiesa, reverenda a me, in quanto io vi renderò la debita reverenza, per ciò che ne sarete degna quando abbandonerete la tenebra dell’eresia….(…) O dolcissima madre, io desidero di vedervi fondata in questa verità, la quale seguirete stando nel vero cognoscimento di voi, altrimenti no!”

 

COGNOSCIMENTO” DEI SEGRETI DEI CUORI. DI QUELLI ANCORA TROPPO “ALLACCIATI DAL DIMONIO”

Caterina e suor Palmerina. Visione dell'inferno

Santa Caterina era talmente impregnata dalla Divina Sapienza da essere ammirabile nelle sue esortazioni attraverso le quali incendiava davvero molti cuori. Fra’ Bartolomeo nel Processo Catalano così si esprime: “Scriveva con tanta eloquenza che uomini e donne del popolo, ma anche religiosi, tutti accorrevano per udire le sue parole, e ne derivava così tanta messe abbondante che lo stesso papa Gregorio XI, informato dei fatti, scrisse una Bolla mediante la quale essa poteva scegliersi tre confessori che potessero stare sempre con lei, i quali, per autorità del pontefice, potevano assolvere in qualunque luogo tutti quelli che la santa mandava, pentiti, da loro…”.

Il successo delle Lettere di Caterina si deve anche ad un dono speciale che ella ebbe in dote dal Signore suo “Sposo nella fede”: il cognoscimento delle coscienze degli uomini. Caterina, cioè, leggeva nei cuori e sapeva individuare la menzogna, così come poteva individuare l’ostacolo che il penitente non riusciva a rimuovere. Grazia grande questa, che la santa usava frequentemente per aiutare chi ricorreva a lei a fare il vero passo della conversione autentica. Ciò avveniva anche per mezzo delle Lettere. Anche per questo motivo, molte di queste non si comprendono nell’immediata lettura, in quanto si riferiscono alla coscienza del destinatario, con piccoli fatti o episodi chiari a lui soltanto.

Alcune volte incontrava peccatori, talmente “allacciati dal Demonio” da essere temporaneamente impediti verso una piena conversione. Allora la santa, con infinita pazienza e con amore, diceva loro segretamente: « Se ti dicessi il motivo grave che ti tiene schiavo e ti impedisce di confessarti pienamente, ti confesserai?». Una volta rivelato l’ostacolo, il penitente, vedendosi scoperto, messo a nudo in ciò che neppure lui riusciva a vedere, si buttava letteralmente ai suoi piedi per ringraziarla e correva subito a confessarsi. Nel Processo Catalano c’è la testimonianza di un facoltoso italiano, assai noto e affidabile, che ebbe a raccontare di se stesso: «Solo Iddio ed io sapevamo ciò che questa santa vergine mi ha detto, scoperchiando come un tal peccato mi impediva di vedere, onde vedo certamente che al cospetto di Dio ella è maggiore di ciò che si crede». Con questa somma carità e prudenza, Caterina liberava le anime dei peccatori dalle mani del demonio, consegnandole ai confessori che la seguivano. «Signore – implorava santa Caterina allo Sposo – non lascerò la Vostra Presenza fintanto che non Vi piacerà di fare ciò voglio!». “Ciò che voglio”: così parlava a Dio la Donna d’Italia ma, del resto, ciò che voleva corrispondeva a quanto Dio desiderava per il bene delle anime.

 

UN BUON PRETE HA PERSO LA VOGLIA DI DIR MESSA. CATERINA LO SALVA. MA PERDE LEI LA VOGLIA DI ANDAR A MESSA…

Caterina assiste al Santo Sacrificio della Messa. E riceve il "Panem angelorum" direttamente da loro

Naturalmente questi doni di Caterina suscitavano invidia. Una volta un suo caro amico di Firenze la mise al corrente che questo suo modo di acquistare le anime a Dio faceva mormorare non solo i laici, ma anche religiosi e vescovi. Lei rispose pronta: ” Ma questa è la gloria mia, questo è ciò che voglio: essere ben morsa nella vita mia. Non te ne curare, lascia dire chi dire vuole, mi rincresce di loro, ma non di me!”

Durante la peste venne colpita e la sua gioia, al pensiero di poter morire, era grande: credeva fosse giunto il suo momento e mentre preparava l’anima per incontrare eternamente lo Sposo, le apparve la Vergine Maria e le disse: «Caterina, figlia diletta, tu chiedi di morire, ma vorrei farti vedere questa moltitudine di anime che mi segue». La Vergine e Madre di Dio fece vedere alla santa anime che pur ricorrendo alla Madonna, non erano ancora pronte. Così le disse: «Se tu consenti a vivere, mio Figlio te le darà tutte. Scegli!». Caterina non ci pensò due volte e rispose: «Non sia mai che la mia volontà possa risultare diversa dalla Vostra; la volontà di Dio è la mia…». Guarita all’istante, riprese il suo posto d’onore al capezzale degli appestati. Da quel giorno, molte anime che a lei ricorrevano, poterono confessarsi e ricevere l’assoluzione.

Un giorno le scrissero (anche lei riceveva lettere) di un sacerdote, che non aveva mai dato segni di eresia e che era una brava persona; ma d’un tratto era diventato inquieto, spesso disturbato da cattivi pensieri a tal punto da decidere di non celebrare più la santa Messa. In questo caso, Caterina non risponde alla missiva, ma manda a chiamare questo sacerdote e gli spiega che, d’improvviso, il Signore ha permesso tutto questo per forgiare il suo carattere. Dopo avergli detto questo, gli si rivolge con queste parole: ” Vi supplico padre mio, non abbandonate la celebrazione della santa Messa, e da questo momento non preoccupatevi più di tali disturbi purché siate voi a gittare sulle mie spalle il peso delle vostre tribolazioni e apprensioni che tanto male vi provocano da inquietare il vostro buon cuore…”

Il sacerdote fece quanto la Santa gli chiese e, di colpo, tutti i disturbi e l’accidia, che lo aveva reso schiavo, scomparvero ma Caterina, dal momento stesso in cui il sacerdote sentì la pace, cominciò a provare perfino riluttanza e noia in tutto ciò che riguardava il servizio divino della Messa. Tali prove il Signore le aveva messo sulle spalle, certa della corrispondenza che la dolce Sua Amica senese le avrebbe dato. Dopo tanto patire, infatti, e dopo aver scontato quella pena anche per il sacerdote, poté cantare quel che ripeteva sovente: “O quanto è pietoso e misericordioso il Signore verso coloro che veramente sperano in Lui!”.

 

NEI 150 ANNI DELL’UNITÀ NESSUNO SI È RICORDATO DELLA SUA PATRONA

Patrona di un'Italia che l'ha dimenticata...

Ai “Signori difensori, e capitani del popolo, della città di Siena”, nella Lettera 121, così ammonisce Caterina: «Al nome di Gesù Cristo Crocefisso e di Maria dolce. Carissimi Signori in Cristo dolce Gesù. Io Caterina, serva e schiava de’ servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso Sangue Suo; con desiderio di vedervi veri signori e con cuore virile, cioè che signoreggiate la propria sensualità con vera e reale virtù, seguitando il nostro Creatore. Altrimenti non potreste tenere giustamente la signoria temporale, la quale Dio vi ha concessa per Sua grazia…(..) Vogliate credere e fidarvi de’ servi di Dio e non degl’iniqui servi del dimonio, che per ricoprire l’iniquità loro, vi fanno vedere quel che non è. Non vogliate porre i servi di Dio contra di voi. Ché tutte l’altre cose pare che Dio sostenga più che l’ingiuria, li scandali, e le infamie che sono imposte ai suoi servi. Non vi illudete, facendo a loro, fate ingiurie a Cristo medesimo!(…) Tutto il contrario pare che si faccia: cioè, che li cattivi sono uditi e soddisfatti, e li buoni e servitori della santa Chiesa sono spregiati, ingiuriati, cacciati…»

Nel leggere queste Lettere rivolte ai politici, fa riflettere come, in questo tempo in cui sono stati festeggiati i 150 anni dell’Unità d’Italia e in cui tanto si è parlato del Bel Paese, si è avuto ancora una volta il coraggio di lasciare in disparte lei, la santa Patrona d’Italia, che tanto fece per ottenere la vera Pace fra i Comuni e le Città, non prestandole l’attenzione che meritava perché tanto avrebbe avuto da dire dell’Italia stessa.

 

LA “CAGIONE” DELLA CORRUZIONE E RIBELLIONE DEI FEDELI ALLA CHIESA? LA POLITICA COME “PORCO CHE S’INVOLLE NEL LOTO”

Caterina tormentata "dalli demonia"

Nella Lettera 367, sempre destinata ai politici della Città di Siena, Caterina, descrivendo un mare di calamità, di povertà, di fabbisogno morale, sociale e culturale, usa parole come: «Non mi meraviglio se questi cotali commettono ingiustizia, perché essi si veggono fatti crudeli a loro medesimi, vivendo in cotanta immondizia che, dal porco che s’involle nel loto, a loro non ha cavelle, in tanta superbia che per tale non possono sostenere che sia detta ad essi la verità…». E ammonisce: « Chi ne è la cagione? Chi comanda per amor proprio, donde escono tutte queste ingiustizie! Ed è cagione dell’irriverenza della santa Chiesa, di figliuoli fedeli che per cagion vostra diventano infedeli…(…) Non dormite più, ché non è tempo da dormire, ma destatevi dal sonno (cfr Rm 13,11) per onore di Dio, per il bene della città, ad utilità vostra…»

Viene davvero voglia di fare un appello ai nostri vescovi, ai nostri sacerdoti: a quando prediche di questo spessore dagli odierni pulpiti? A quando parole così chiare nelle Lettere Pastorali? A quando la difesa della fede dai fedeli corrotti dalla politica del nostro tempo?

Nella Lettera 268 agli anziani e consoli gonfalonieri della città di Bologna, Caterina usa parole sulla gravità di un amore “disordinato e perverso” di straordinaria attualità politica, sociale, culturale e morale, tali da non poterci non fermare a riflettere: «Ma quelli che sono privati della carità, e pieni dell’amor proprio di loro, fanno tutto il contrario: e come essi sono disordinati nel cuore e nell’affetto loro, così sono disordinati in tutte quante le operazioni loro. Onde noi vediamo che gli uomini del mondo senza virtù servono e amano il prossimo loro, e con colpa; e per piacere e servire a loro, non si curano di servire a Dio, e dispiacergli, e far danno all’anime loro. Questo è quello amore perverso, il quale spesse volte uccide l’anima e il corpo; e tolleci il lume, e dacci la tenebra; tolleci la vita,e dacci la morte; privaci della conversazione de’ Beati, e dacci quella dell’inferno. E se l’uomo non si corregge mentre ch’egli ha il tempo; spegne la margarita lucida della santa giustizia, e perde il caldo della vera carità e obedienzia (…) Chi n’è cagione di tanta ingiustizia? L’amore proprio di sè. Ma è miserabili uomini del mondo, perché sono privati della verità, non cognoscono la verità, né secondo Dio per salute loro, né per loro medesimi; per conservare lo stato della signoria. Perché, se essi cognoscessero la verità, vedrebbero che solo il vivere col timore di Dio conserva lo stato e la città in pace… »

Naturalmente, va considerato che all’epoca in cui santa Caterina scrive queste Lettere, la situazione politica del suo tempo era decisamente diversa dalla nostra. La stessa Lettera alla città di Bologna, qui riportata, venne scritta da Caterina per indirizzare la città verso l’obbedienza al pontefice il quale, per amor di pace, aveva dato alla città l’autonomia che chiedeva. Eppure – come si comprenderà dopo – neppure questo bastò per soddisfare gli animi, nonostante la santa avesse ammonito e predetto: «L’amor proprio è il guastamento della città dell’anima, e guastamento e rivolgimento delle città terrene…», parole queste che ci riportano ad una spaventosa attualità!

 

UNA TOMISTA

C’è un’altro aspetto assai singolare di Caterina che si evince anche dai suoi scritti: essa mette in guardia dal paradigma di un profetismo inteso come conoscenza di eventi futuri ed è molto cauta nei confronti di forme di gnosi estatica e visionaria. Insomma, non parla mai di “segreti divini” che non sono tramandati dalla Scrittura. È assai prudente anche nella utilizzazione degli apocrifi, Caterina. È semplicemente tomista nell’invito costante a mantenere ben lucido e chiaro l’occhio dell’intelletto: forse per questo le sue Lettere possono risultare, per certi aspetti, ripetitive ma anche attuali, valide in ogni tempo. La santa sa perfettamente che la verità di cui hanno bisogno queste città in continua lotta fra loro è ciò che gli uomini debbono fare: convertirsi a Cristo senza se e senza ma! Caterina è severa, anche dura nell’opera di correzione, ma mantiene sempre intatta la riverenza e la devozione affettuosa nei confronti dei sacerdoti, ministri del dolce Sacramento. Un rispetto simile nutre nei confronti dei re e dei politici di turno: la santa sa bene che il Signore ha dato loro l’autorità e l’uso di un certo potere. I suoi interventi, infatti, sono mirati alla correzione della disobbedienza che inficia il raggiungimento di quello scopo del Progetto Divino per il quale essi hanno avuto l’autorità che vantano.

Questo aspetto, però, lo affronteremo meglio nella prossima puntata quando parleremo di santa Caterina nel rapporto con l’autorità ecclesiastica.

 

ALLA PROSTITUTA SCRIVE: PENSA NON SOLO AL MALE CHE FAI A TE STESSA, MA A QUANTI, COL “LACCIO DEL DIMONIO”, MANDI ALL’INFERNO

Caterina e la Maddalena

Santa Caterina avrà anche la com-passione per rivolgersi alle donne del suo tempo, invitandole sovente all’esercizio delle virtù ad imitazione della Vergine Maria nel compiere i propri doveri coniugali. Un esempio di Lettera davvero profonda è la n. 165, indirizzata a Bartolomea, moglie di Salviato da Lucca: “Quale è questa cosa che è nostra, che c’è data da Dio, che né demonio né creatura ce la può tollere? È la volontà. A cui venderemo questo tesoro di questa volontà? A Cristo crocifisso. Cioè, che volontariamente a con buona pazienzia renunceremo alla nostra perversa volontà; la quale quando è posta in Dio, è uno tesoro. E con questo tesoro compriamo la margarita delle tribolazioni, traendone il frutto con la virtù della pazienzia, il quale mangiamo alla mensa della vita durabile. Ora a questo cibo, mensa e latte v’invito figliuola mia dolcissima; e pregovi che ne siate sollecita di prenderlo. Levatevi dal sonno della negligenzia, poiché non voglio che siate trovata a dormire quando sarete richiesta dalla prima Verità”.

A Caterina il mondo non interessa, se non perché in esso sono contenute innumerevoli anime da salvare, da amare, da conquistare. Questa sua indipendenza spirituale dal mondo le consentirà di non lasciarsi mai influenzare da chicchessia, rimanendo salda nella dottrina e nel Magistero della Chiesa, riuscendo semmai a conquistare non certo il mondo, ma molte anime sue conterranee, ed oltre.

A una pubblica peccatrice, residente a Perugia (Lettera 276) scrive:

«Io piango e mi dolgo, figliola mia, che tu, creata e immagine e similitudine di Dio, ricomperata dal prezioso Sangue suo, non ragguardi la tua dignità, né il grande prezzo che fu pagato per te. Fatta sei schiava del peccato; preso hai per signore il demonio: e a lui servi il di e la notte. Non voler essere più membro del diavolo ché, col laccio suo, ti sei posta a pigliare le creature. Non basta assai il male che tu fai per te; pénsati di quanti sei cagione tu, di fare andare all´inferno! Non dico più. Ama Cristo Crocefisso, e pensa che tu devi morire e non sai quando. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesú dolce, Gesú amore. Maria dolce madre».

 

CATERINA SCRIVE AL SODOMITA (TACENDONE IL NOME): “OIMÈ, OIMÈ! QUESTI TALI FANNO DEL CORPO LORO UNA STALLA, TENENDOVI DENTRO GLI ANIMALI BRUTI”

Inferno. Girone dei sodomiti. Dice Caterina: "Neppure li demonia li vogliono"

La Lettera 21 è dedicata ad un destinatario di cui si tace il nome, ma colpevole del peccato contro natura. Caterina parte nel descrivere prima la Passione di Cristo e poi giunge, come una falce, a condannare il peccato per recuperare il peccatore. Vale la pena di leggere e meditare:

“O dolce e amoroso Figliuolo di Dio, inestimabile Verbo, Carità dolcissima, tu sei entrato ricolta e pagatore; tu hai stracciato la carta dell’obbligazione fra l’uomo e il dimonio; che per lo peccato era obligato a lui: sì che stracciando la carta del corpo tuo, scioglieste noi. Oimè, Signore mio! Chi non si consuma a tanto fuoco d’amore? Non si consumeranno coloro, che ogni dì di nuovo fanno carta nuova col dimonio non ragguardando te, Cristo Gesù flagellato, satollato d’obbrobri, Dio ed uomo. Oimè, oimè! Questi tali fanno del corpo loro una stalla, tenendovi dentro gli animali bruti senza veruna ragione.

Oimè, fratello carissimo, non dormite più nella morte del peccato mortale (..). Venite traendo il fracidume dell’anima e del corpo vostro. Non siate crudele di voi, né manigoldo, tagliandovi dal vostro capo, Cristo dolce e buono Gesù. Non più fracidume, non più immondizia! E ricorrete al vostro Creatore; aprite l’occhio dell’anima vostra, e vedete quanto è ‘l fuoco della sua carità, che v’ha sostenuto, e non ha comandato alla terra che si sia aperta, né agli animali bruti, che v’abbiamo divorato. (..)

O ladro ignorante debitore, non aspettate più tempo; fate sacrificio a Cristo crocifisso della mente, dell’anima e del corpo vostro. Non dico, che vi diate la morte perché voi vogliate questo per separazione di vita corporale; ma morte negli appetiti sensitivi; che la volontà ci sia morta, e viva la ragione, seguitando le vestigie di Cristo crocifisso. (..) Che merita colui che uccide? D’essere morto. Cosi ci conviene uccidere questa volontà fiagellando la carne nostra; afiliggerla, ponerli il giogo de’ santi comandamenti di Dio. E non vedete voi che ella è mortale? Tosto passa la verdura sua, siccome il fiore che è levato dal suo principio. Non state più cosi, per l’amore di Cristo crocifisso! Ch’io vi prometto che tanta abominazione e tanta iniquità Dio non la sosterrà, non correggendo la vita vostra; anco, ne farà grandissima giustizia mandando il giudizio sopra di voi. Dicovi che non tanto Dio, ch’è somma purità, ma le dimonia non la possono sostenere: ché tutti gli altri peccati stanno a vedere, eccetto questo peccato contro natura. Or sete voi bestia, o animale bruto? Io veggo pure, che voi avete forma d’uomo; ma è vero che di quest’uomo è fatto stalla: dentro ci sono gli animali bruti de’ peccati mortali. Oimè! Non più, per l’amore di Dio! Attendete, attendete alla salute vostra: rispondete a Cristo, che vi chiama. Voi sete fatto per esser tempio di Dio; cioè che dovete ricevere Dio per Grazia, vivendo virtuosamente, partecipando il sangue dell’Agnello; dove si lavano le nostre iniquità.

Oimè, oimè sventurata l’anima mia! Io non so metter mano alle mie e vostre iniquità. Or come fu tanto crudele, e spietata l’anima vostra, e la vostra bestiale passione sensitiva, che voi oltre al peccato contro natura… Oimè! Scoppino e’ cuori, dividasi la terra, rivolgansi tutte le pietre sopra di noi, i lupi ci divorino; non sostengano tanta immondizia, e offesa fatta a Dio e all’anima vostra. Fratello mio ci vien meno la lingua, e tutti e’ sentimenti. Ohimè! Non voglio più così. Ponete fine e termine alla miseria ch’io v’ho detto: e vi ricordo che Dio nol sosterrà, se voi non vi correggete. Ma bene vi dico che se voi vorrete correggere la vita vostra in questo punto del tempo, che v’è rimaso, Iddio è tanto benigno e misericordioso, che vi farà misericordia; benignamente vi riceverà nelle braccia sue, faravvi partecipare il frutto del sangue dell’Agnello, sparto con tanto fuoco d’amore: ché non è neuno sì gran peccatore, che non trovi misericordia. (..) Fratello mio dolce in Cristo dolce Gesù, non voglio che questa prigione né condennagione venga sopra di voi; ma voglio, e pregovi (e io vi voglio aiutare) da parte di Cristo crocifisso, che voi usciate delle mani del diavolo. Pagate il debito della santa confessione con dispiacimento dell’offesa di Dio, e proponimento di non cader più in tanta miseria. Abbiate memoria di Cristo crocifisso; spegnete il veleno della carne vostra colla memoria della carne fiagellata di Cristo crocifisso, Dio ed uomo. Ché per l’unione della natura divina colla natura umana è venuta in tanta dignità la nostra carne, che ella è esaltata sopra tutti i cori degli angeli. (..) E non indugiate, né aspettate il tempo, perché il tempo non aspetta voi. (..) Invitate voi medesimo a far resistenzia, e non consentite al peccato per volontà né attualmente mandarlo ad effetto; ma dite: «porta oggi, anima mia, questa poca pena; fa resistenzia, e non consentire. Forse che domani sarà terminata la vita tua. E se pure sarai vivo, farai quello che ti farà fare Dio. Fa tu oggi questo». Dicovi che facendo così, l’anima vostra e il corpo, che ora è fatto stalla, sarà fatto tempio dove Dio si diletterà abitando in voi per Grazia. (..) Ché se io non v’amessi, non me ne impaccerei, né curerei perché io vi vedessi nelle mani del dimonio: ma perché io v’amo, nol posso sostenere. Voglio che partecipiate il sangue del Figliuolo di Dio. Gesù dolce, Gesù amore, Maria dolce”.

 

E AL RE DI FRANCIA SCRISSE: “ NON INDUGIATE PIÙ A FAR QUESTA PACE. FATE LA PACE, E TUTTA LA GUERRA MANDATE SOPRA GL’INFEDELI”

La gloria di Caterina la senese. Roma, chiesa omonima a Magnanapoli

Cari sacerdoti, fateci udire ancora di queste prediche sante che, sollecitandoci ad avere vergogna dei nostri peccati, ci salvano l’anima!

Alcuni Pensieri:

Il demonio non vorrebbe altro, se non farci cadere in disperazione. (Lettere 287)

Orsú dunque con l´arme della fede! E sconfiggiamo il demonio con la eterna volontà sua (perversa sete di male); e col pensiero cacciamo il pensiero, cioè con pensieri di Dio cacciamo quelli del diavolo. (Lettere 335)

Infine, vogliamo concludere questa seconda puntata con una fra le più belle Lettere indirizzate al re di Francia, un vero monito, e un umile appello, a tutti i nostri attuali politici: la n. 235. Queste le parole di Caterina:

“Carissimo Signore e padre in Cristo dolce Gesù. Io Catharina, serva e schiava de’ servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi osservatore de’ santi e dolci comandamenti di Dio: considerando me, che in altro modo non potiamo partecipare il frutto del sangue dell’Agnello immacolato. Il quale Agnello dolce Gesù ci ha insegnata la via (…) ci ha insegnata la dottrina salendo in su la cattedra della santissima Croce. Venerabile padre, che dottrina e che via egli vi dà? La via sua è questa: pene, obbrobri, vituperii, scherni e villanie; sostenere, con vera pazienza, fame e sete; satollato d’obbrobri, confitto e chiavellato in croce per onore del Padre, e salute nostra. (…) Questo dolce Agnello,(…) ha odiato il vizio, e amata la virtù. Voi, come figliuolo e servo fedele a Cristo Crocifisso, seguitate le vestigie sua e la via la quale egli v’insegna; cioè, che ogni pena, tormento e tribolazione che Dio permette che il mondo vi faccia, portiate con vera pazienza. (…) Siate, siate amatore delle virtù, fondato in vera e santa giustizia, e spregiatore del vizio.

Tre cose vi prego singolari, per l’amore di Cristo Crocefisso, che facciate nello stato vostro. La prima si è, che spregiate il mondo, e voi medesimo, con tutti i difetti suoi; possedendo voi il reame vostro come cosa prestata a voi, e non vostra. (…)

L’altra cosa è, che voi manteniate la santa e vera giustizia; e non sia guasta né per amore proprio di voi medesimo, né per lusinghe, né per veruno piacere d’uomo (…)

La terza cosa si è, d’osservare la dottrina che vi dà questo Maestro in Croce; che è quella cosa che più desidera l’anima mia di vedere in voi; ciò è l’amore e dilezione col prossimo vostro, col quale tanto tempo avete avuto guerra (…).

Oh quanto si debbe vergognare l’uomo che sèguita la dottrina del dimonio e della sensualità, curandosi più d’acquistare ricchezze del mondo e di conservarle (ché tutte sono vane, e passano come vento), che dell’anima sua e del prossimo suo! (…)

Io vi dico, da parte di Cristo crocifisso, che non indugiate più a far questa pace. Fate la pace, e tutta la guerra mandate sopra gl’infedeli.

Aiutate a favoreggiare, e a levar su l’insegna della santissima croce; la quale Dio vi richiederà, a voi e agli altri, nell’ultima estremità della morte, di tanta negligenzia e ignoranzia, quanta ci si è commessa, e commette tutto dì. Non dormite più (per l’amore di Cristo crocifisso, e per la vostra utilità!), questo poco del tempo che ci è rimasto; perocché il tempo è breve, e dovete morire, e non sapete quando. Cresca in voi un fuoco di santo desiderio a seguitare questa santa croce, e pacificarvi col prossimo vostro. E per questo modo seguiterete la via e la dottrina dell’Agnello svenato,derelitto in croce; e osserverete i comandamenti (…) Non dico più. Perdonate alla mia presunzione. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce. Gesù amore.

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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