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Sacramentum Caritatis: Enciclica sulla Liturgia di Bendetto XVI

Ultimo Aggiornamento: 04/08/2013 10:33
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Intervista a padre Edward McNamara


ROMA, martedì, 17 aprile 2007 (ZENIT.org).- La vera bellezza della liturgia traspare quando il prete e l’assemblea partecipano ad essa in modo attivo e pieno di fervore, afferma padre Edward McNamara, L.C.

Padre McNamara, professore di Liturgia presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma, scrive settimanalmente per la rubrica liturgica dell'edizione inglese di ZENIT.

ZENIT lo ha intervistato in relazione all’Esortazione apostolica postsinodale di Benedetto XVI, che raccoglie le conclusioni del Sinodo dei Vescovi dell’ottobre 2005, al quale il padre McNamara ha partecipato in qualità di esperto.

In questa intervista egli approfondisce alcune osservazioni ed esortazioni particolari che il Papa esprime nella “Sacramentum Caritatis”.

Al n. 35 il Papa scrive: “La liturgia, infatti, come del resto la Rivelazione cristiana, ha un intrinseco legame con la bellezza: è veritatis splendor”. È troppo dire che una liturgia bella è conditio sine qua non di una comunità cattolica viva?

Padre McNamara: Come afferma il Santo Padre, la bellezza è connaturata alla liturgia; è intimamente legata a una liturgia autentica.

Bellezza, tuttavia, non significa solo avere meravigliosi edifici sacri e musica sublime. La bellezza principale nella liturgia è quella che emerge da una comunità unita, cuore ed anima, nella preghiera e nella celebrazione del sacrificio di Cristo. È la bellezza di una partecipazione piena, attiva e piena di fervore del sacerdote e dell’assemblea, al Mistero.

Questa bellezza si raggiunge, nonostante eventuali carenze esteriori, ogni qual volta i ministri e ciascuno dei fedeli si sforzano di vivere in pienezza la liturgia.

Altre forme di bellezza: musica, arte, poesia e una sobria solennità nel rituale, derivano in modo naturale da questa bellezza interiore, perché quanto più profondamente una comunità vive e comprende la bellezza del mistero liturgico, tanto più essa cerca di esprimerlo in forme esteriori altrettanto belle. È la considerazione naturale secondo cui solo il meglio di ciò che possiamo offrire è veramente degno del Signore.

In questo senso, vi sono solidi elementi storici che dimostrano che persino prima dell’epoca delle persecuzioni, i cristiani celebravano l’Eucaristia con i materiali più preziosi che avevano a disposizione. Questo spiega perché il boom nella costruzione delle basiliche, subito dopo il periodo delle persecuzioni, e la solennità delle forme rituali che a ciò si accompagnò, fu percepito come un’evoluzione naturale, e non come una rottura, rispetto alla pratica precedente.

È la stessa considerazione che ha condotto le generazioni dei poveri immigrati negli Stati Uniti a fare grandi sacrifici pur di dotare le loro comunità parrocchiali con chiese maestose, colme di sublimi opere d’arte.

D’altra parte, forme liturgiche brutte, blande, banali e di cattivo gusto, sono segno di uno scarso apprezzamento del Mistero e talvolta, purtroppo, di scarsa fede.

Al n. 37 il Santo Padre scrive: “Poiché la liturgia eucaristica è essenzialmente actio Dei che ci coinvolge in Gesù per mezzo dello Spirito, il suo fondamento non è a disposizione del nostro arbitrio e non può subire il ricatto delle mode del momento”. Questa frase è indirizzata al clero?

Padre McNamara: È certamente indirizzata al clero, ma non solo ad esso. Anzitutto essa riguarda la struttura fondamentale della liturgia e non solo le rubriche; dicendo che la liturgia è principalmente un’azione di Dio, essa contraddice tutti coloro che tentano di ridurla ad una mera espressione sociologica che può essere liberamente adattata al mutare delle società.

Il pericolo di tenere la liturgia ostaggio dell’ultima moda riguarda non solo il clero ma tutti coloro che partecipano alla preparazione liturgica. Vi sono certamente dei preti che cambiano arbitrariamente la liturgia a loro piacimento, ma vi sono anche dei lettori che spontaneamente correggono le letture per motivi ideologici, e direttori di musica che subordinano la liturgia alle esigenze della musica e non viceversa, e coloro che introducono forme inappropriate di musica in nome dell’attualità.

Credo che il punto che il Santo Padre ha cercato di sottolineare è quello della necessità di reimparare a ricevere la liturgia come una preziosa eredità da custodire e non come un gioco con cui divertirsi.

Benedetto XVI dice schiettamente al n. 46 che: “In relazione all’importanza della Parola di Dio si pone la necessità di migliorare la qualità dell’omelia”. In che modo i sacerdoti possono migliorare in questo?

Padre McNamara: Vi sono molti testi eccellenti a cui si può attingere nei libri e su Internet, ma io credo che nulla può sostituire l’importanza delle tre “P” nel migliorare la qualità delle omelie: preghiera, preparazione e pratica. Anzitutto l’omelia deve essere il frutto della preghiera, di una genuina conversazione con Dio sul testo.

Può sembrare duro, ma un prete o un diacono la cui omelia non è frutto della meditazione in realtà non ha nulla che meriti di essere pronunciato, perché egli avrà potuto solo che dare se stesso. Un’omelia di 8 o 10 minuti richiede una notevole preparazione per porre nella migliore forma umana possibile ciò che Dio vuole che venga detto.

Preparazione significa anche che il sacerdote o il diacono devono continuamente alimentare la propria anima e la propria mente attraverso una formazione continua. Un buon predicatore cerca anche di esercitarsi prima di pronunciare la sua omelia, nella sua dizione, nelle inflessioni e anche nella tempistica. Quest’ultima raccomandazione è particolarmente importante per i preti e diaconi più giovani, il cui entusiasmo unito ad una mancanza di esperienza spesso li porta a voler dire troppe cose tutte insieme.

Al n. 6 dell’Esortazione il Papa scrive: “Ogni grande riforma è legata, in qualche modo, alla riscoperta della fede nella presenza eucaristica del Signore in mezzo al suo popolo”. Questa importanza data all’Eucaristia la pone in precedenza rispetto ad altre priorità come l’ecumenismo, la vita familiare e i rapporti con l’Islam?

Padre McNamara: Io credo che sia più una questione della qualità di questi obiettivi, piuttosto che della loro priorità cronologica. Se noi cattolici non siamo profondamente ancorati ai principi fondamentali della nostra fede e della nostra pratica, allora l’impegno in altre priorità come l’ecumenismo o i rapporti con l’Islam sarà superficiale e vacuo, e basato su un falso irenismo e una vuota retorica.

Per esempio, un cristiano evangelico pieno di fervore e di grande cultura biblica si sentirebbe probabilmente più a suo agio con un cattolico di profondo zelo eucaristico, rispetto ad uno che sia carente in tale devozione. Magari si accorderebbero su pochi elementi da un punto di vista teologico, ma avrebbero una comprensione reciproca molto migliore come persone per le quali la questione della presenza di Dio costituisce una realtà vissuta. Qualcosa di simile si potrebbe dire riguardo ai musulmani devoti.

L’Esortazione incoraggia un uso più ampio del latino nelle celebrazioni eucaristiche. Quali sono i vantaggi che potrebbero derivare da un uso più diffuso del latino e come si può concepire questo in un mondo che in gran parte ha perso la sua familiarità con questa lingua?

Padre McNamara: I vantaggi sono molteplici. Si pensi alla differenza che comporterebbe, per la prossima Giornata Mondiale della Gioventù di Sydney, se i 500.000 giovani potessero cantare ad una sola voce “Sanctus, Sanctus” o il Padre Nostro, e non solo ascoltarne il coro. Il senso di appartenenza alla Chiesa potrebbe essere notevolmente rafforzato.

Da un altro punto di vista, celebrare ogni tanto, o anche più di frequente, la Messa in latino, e usare il latino dei canti gregoriani, aiuterebbe a recuperare il senso del sacro nella liturgia, poiché molti di questi canti riescono a musicare i testi molto meglio degli arrangiamenti in lingua locale.

È vero che vi è una familiarità con il latino molto minore rispetto a prima, ma paradossalmente, il fatto che le versioni originarie dei testi siano già ben impresse nella mente, potrebbe invece facilitare l’uso occasionale del latino. La gente conoscerebbe a memoria il significato del testo e potrebbe apprezzare la bellezza di quello latino, soprattutto per quanto riguarda i canti.

Alcuni dicono che si tratti di un’avventura stravagante, tuttavia sono molti gli esempi in tutto il mondo di parrocchie che hanno raggiunto un equilibrio tra l’uso della lingua locale e del latino, sia per i testi, sia per la musica, e di cui tutti hanno tratto beneficio spirituale.

Una sezione del documento tratta delle implicazioni sociali dell’Eucaristia. In che modo la nostra vita eucaristica ci induce ad una maggiore attenzione alla giustizia e alla carità?

Padre McNamara: Come si afferma nel già citato n. 37, la liturgia dell’Eucaristia ci porta a Cristo attraverso lo Spirito Santo. Più un’anima è vicina a Cristo, più essa si identifica con lui e cerca di imitarlo.

La vicinanza con Cristo ci porta a riconoscerlo negli altri, soprattutto nelle persone che hanno fame, sete, che sono nude, ignoranti, ammalate o in prigione. Essere vicini a Cristo significa essere vicini al suo atto supremo di donazione di se stesso sul Calvario, una donazione che rappresenta il culmine dei suoi insegnamenti delle beatitudini. In questo modo, un’autentica devozione eucaristica non può non portare frutti di giustizia e di carità.

Per alcuni, questo comporterà un impegno concreto in attività in cui si promuovono la giustizia e la carità. Per altri, implicherà forme di preghiera e di sacrificio in favore delle persone bisognose. Per tutti, significa praticare la giustizia e la carità nella nostra vita quotidiana e nei nostri rapporti con gli altri.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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