A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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Quando il Papa disse: FATE CONOSCERE IL MAGISTERO DELLA CHIESA

Ultimo Aggiornamento: 23/04/2011 20:07
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26/12/2008 23:42
 
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IL RICHIAMO

quanto segue  risale al 2004 vale la pena di meditare E APPLICRE se poi si vuole gridare "SANTO SUBITO"....[SM=g1740717]

Parlando alla Congregazione per la dottrina della fede il Papa ha invitato a riflettere sull’accoglienza dei documenti


http://www.avvenire.it/


«Il Magistero non si può ridurre a una battuta»

Di Giorgio Bernardelli

Le verità affermate dal Magistero? Ai fedeli troppo spesso arrivano solo attraverso qualche battuta dei mass-media. Che il più delle volte ne distorcono il senso complessivo. È un'analisi allarmata quella che il Papa ha proposto ieri mattina, incontrando nella Sala Clementina i partecipanti alla plentaria della Congregazione per la dottrina della fede. Nel giro di orizzonti che ogni due anni compie col dicastero dottrinale della Santa Sede, Giovanni Paolo II ha scelto di toccare anche il tema della recezione dei documenti del Magistero da parte dei cattolici.

Prendendo le mosse da una fotografia non certo confortante del mondo dei media: quando viene pubblicato un nuovo testo - ha osservato il Pontefice - «i fedeli spesso sono disorientati più che informati dalle immediate reazioni dei mezzi di comunicazione sociale».

La preoccupazione è molto seria. Quella del Magistero - ha spiegato ancora il Papa - è una «parola autorevole che fa luce su una verità di fede o su alcuni aspetti della dottrina cattolica contestati o travisati da particolari correnti di pensiero e di azione».


E «promuovere e tutelare la verità della fede cattolica» è un compito che, proprio davanti alla Congregazione vaticana a questo deputata. Giovanni Paolo II ha definito ancora una volta fondamentale. «Le moltitudini - ha spiegato citando la sua enciclica Redemptoris missio - hanno il diritto di conoscere la ricchezza del mistero di Cristo».

Perché «la piena adesione alla verità cattolica non diminuisce, ma esalta la libertà umana».
Ma si può davvero conoscere questa verità se ciò che si ha a disposizione è solo un titolo ad effetto?


Di qui l'invito ai vescovi e alle comunità cristiane ad adoperarsi in prima persona affinché le indicazioni del Magistero arrivino ai cattolici nella loro interezza. Perché prima ancora che un fatto mediatico - ha precisato Giovanni Paolo II - la pubblicazione di un documento deve essere «un evento ecclesiale di accoglienza, nella comunione e nel la condivisione più cordiale della dottrina della Chiesa».


Ecco allora il consiglio rivolto all'interno della Chiesa di «prevedere modi opportuni di trasmissione e di diffusione di ogni documento, che ne consentano la piena conoscenza innanzitutto da parte dei Pastori della Chiesa, primi responsabili dell'accoglienza e della valorizzazione del magistero pontificio come insegnamento che contribuisce a formare la coscienza cristiana dei fedeli di fronte alle sfide del mondo contemporaneo».

L'udienza di ieri alla plenaria della Congregazione per la dottrina della fede ha offerto tuttavia al Papa l'occasione per soffermarsi su altri due temi importanti. Innanzi tutto il concetto di legge morale naturale, quelle «norme prime ed essenziali, patrimonio della sapienza umana, sulla base delle quali si può costruire una piattaforma di valori condivisi». Si tratta di un cardine oggi in molti ambienti messo in discussione; con la conseguenza da una parte «della diffusione tra i credenti di una morale di carattere fideista» e, dall'altra, della mancanza «di un riferimento oggettivo per le legislazioni, che spesso si basano solo sul consenso sociale».


Sono temi - ha ricordato Giovanni Paolo II - già affrontati nelle encicliche Veritatis splendor e Fides et ratio. «Purtroppo - ha aggiunto però - questi insegnamenti non sembra siano stati recepiti finora nella misura auspicata». Di qui l'invito alla Congregazione ad approfondire questo tema «cercando anche convergenze con rappresentanti delle diverse confessioni, religioni e culture».



Giovanni Paolo II ha chiesto di applicare la normativa canonica facendo attenzione alla «proporzionalità tra colpa e pena». Ma ha anche ricordato come la migliore garanzia stia «nella giusta ed equilibrata formazione dei futuri sacerdoti».


 

Precisi richiami di Giovanni Paolo II sull'odierno contesto culturale


ANGELO MARCHESI
 
C'è da augurarsi che non sia sfuggita a nessuno, sia egli un laico cristiano o un sacerdote, l'importanza del discorso che Giovanni Paolo II ha tenuto in occasione dell'udienza ai partecipanti alla Sessione plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede svoltasi recentemente a Roma (cfr L'Osservatore Romano di sabato 7 febbraio 2004).

Dopo che il Cardinale Joseph Ratzinger, Prefetto di tale Congregazione, aveva presentato un indirizzo di omaggio al Papa, Giovanni Paolo II, esprimendo il Suo gradimento per tale incontro, non ha mancato di porre subito in rilievo il difficile compito del richiamo "all'unità della fede e della comunione di tutti i credenti", messo a confronto con "l'odierno contesto culturale, qualificato sia da un diffuso relativismo come dalla tentazione di un facile pragmatismo", contesto culturale che richiede, più che in altri tempi, "l'annuncio coraggioso delle verità che salvano l'uomo e un rinnovato slancio evangelizzatore".

Impegnandoci tutti in questo chiaro annuncio, sulla scorta della Evangelii nuntiandi, espressamente qui menzionata dal Pontefice:  "si rende un enorme servizio agli uomini che cercano la luce della verità", giacchè nel Vangelo, che richiede "la libera adesione dell'uomo" tutta l'umanità può "trovare, in una pienezza insospettabile, tutto ciò che essa cerca su Dio, sull'uomo e sul suo destino, sulla vita e sulla morte, sulla verità", come ricorda la Redemptoris missio ( 7-8), dello stesso Giovanni Paolo II.

Il Papa ha aggiunto che intende richiamare a questa "nuova evangelizzazione" tutta la Chiesa, proprio all'inizio di questo terzo millennio, ed ha significativamente insistito sulla necessità di una chiara e completa "ricezione dei documenti magisteriali da parte dei fedeli cattolici, spesso disorientati - ha detto - più che informati dalle immediate reazioni e interpretazioni dei mezzi di comunicazione sociale".
Su questo rilievo val la pena di insistere giacché - come ha fatto notare lo stesso Pontefice - la ricezione di un documento e di un insegnamento della Chiesa "più che un fatto mediatico, deve essere visto soprattutto come un evento ecclesiale di accoglienza del magistero nella comunione e nella condivisione più cordiale della dottrina della Chiesa".
 
Sovente infatti accade che, per superficiale frettolosità informativa, gli odierni mezzi di comunicazione sociale (giornali e reti televisive) confezionino in una o due frasi, quando non addirittura in "slogan", quello che l'autorità magisteriale della Chiesa propone in un suo specifico insegnamento, dottrinale o morale, e che esige quindi completezza di informazione e di conoscenza e pacata riflessione.
Troppe volte i mezzi di comunicazione sociale, ovviamente non solo su temi religiosi, nella gara di arrivare per primi finiscono per distorcere o falsare quello che vorrebbero (e dovrebbero!) comunicare con maggiore precisione e completa correttezza.

Giovanni Paolo II su questo tema aggiunge espressamente:  "Affinché la ricezione diventi un autentico evento ecclesiale, conviene prevedere modi opportuni di trasmissione e di diffusione del documento stesso, che ne consentano la piena conoscenza innanzitutto da parte dei Pastori della Chiesa..." per poter poi "formare la coscienza cristiana dei fedeli di fronte alle sfide del mondo contemporaneo".

Quante volte invece accade di ascoltare frettolosi (ed arruffati) dibattiti televisivi o generiche interviste giornalistiche di certi personaggi su temi e problemi morali, religiosi o anche civili che esigerebbero ben altri spazi temporali e ben altri modi di riflessione e di valutazione, al fine di aiutare realmente gli ascoltatori o i lettori a costruire un loro motivato giudizio.

La civiltà delle immagini televisive e della carta stampata deve impegnarsi non a schokkare (come usa dire!) il cittadino, ma a farlo riflettere in modo più consapevole e responsabile! Questo vale tanto per le diverse comunità religiose dei nostri giorni, evitando anche perniciosi fondamentalismi, quanto nella più vasta comunità civile, che ha bisogno non di essere sottoposta a docce scozzesi, ma di essere educata alla discussione democratica e alla costruzione di un meditato e motivato consenso sui diversi problemi del nostro tempo.
Legge morale naturale come tema rilevante in due recenti encicliche
Giovanni Paolo II, proseguendo il suo discorso, ha poi richiamato l'attenzione sul problema della "legge morale naturale", osservando che:  "Tale legge appartiene al grande patrimonio della sapienza umana, che la Rivelazione, con la sua luce, ha contribuito a purificare e sviluppare ulteriormente. La legge naturale, di per sé accessibile ad ogni creatura razionale, indica le norme prime ed essenziali che regolano la vita morale". I richiami a tale legge morale naturale sono espressamente presentati nelle pagine della Veritatis splendor, al cap. II, con puntuali rinvii alla Summa theologiae (I IIae, qq. 90 - 97) di Tommaso d'Aquino, tutt'altro che sorpassato.

Alla luce di questo importante richiamo alla "legge morale naturale" sulla cui base "si può costruire una piattaforma di valori condivisi, intorno ai quali sviluppare un dialogo costruttivo con tutti gli uomini e con la società secolare", sempre Giovanni Paolo II rileva che:  "oggi, in conseguenza della crisi della metafisica, in molti ambienti, non si riconosce più una verità inscritta nel cuore di ogni persona umana", con la diffusione o di una "morale di carattere fideista" oppure con l'assenza di un "riferimento oggettivo per le legislazioni, che spesso si basano soltanto sul consenso sociale, così da rendere sempre più difficile giungere ad un fondamento etico comune a tutta l'umanità", come invece dovrebbe verificarsi se la predetta "legge morale naturale" avesse il suo accertato fondamento metafisico e la sua corretta formulazione, universalmente valida per tutti.

Proprio ai fini di questo necessario ed irrinunciabile  "fondamento etico", Giovanni Paolo II rinvia qui, a buon diritto, alle sue Encicliche Veritatis splendor e Fides et ratio in cui egli, con rigoroso approfondimento filosofico e teologico, ha voluto deliberatamente "offrire elementi utili a riscoprire, tra l'altro, l'idea della legge morale naturale". (Si vedano in particolare i capp. II e III della Veritatis splendor, dedicati al tema del rapporto tra legge, libertà, verità e coscienza morale ai 28 - 105).

"Purtroppo - aggiunge Giovanni Paolo II con un palese accorato accenno - questi insegnamenti non sembra siano stati recepiti finora nella misura auspicata e la complessa problematica merita ulteriori approfondimenti", suggerendo quindi di:  "promuovere opportune iniziative (...) per contribuire ad un rinnovamento costruttivo della dottrina sulla legge morale naturale, cercando anche convergenze con rappresentanti della diverse confessioni religiose e culture".
In queste parole non è chi non veda l'urgenza sociale e culturale di un siffatto invito e la positività di questa proposta che sottolineano con chiarezza che, senza un preciso riferimento a Dio libero creatore dell'uomo e del mondo, non è assolutamente possibile parlare di una "natura umana" e di una legge morale naturale, inscritta nella coscienza dell'uomo. È palese infatti che se non si riconduce, in ultima analisi, il tema e il problema della "natura umana" ad un atto creativo e libero di Dio, si finisce inevitabilmente, o col negare tale realtà della "natura umana", che sta a fondamento della dignità della "persona", o col travolgere la realtà dell'uomo in una concezione storicistica o relativistica che annulla ogni possibile riferimento a valori etici perenni e sottopone l'uomo ad ogni possibile manipolazione, priva di ogni regola.

Non a caso Giovanni Paolo II si riferisce alla "crisi della metafisica" e rinvia ai testi delle due citate Encicliche, dove questi temi e problemi sono stati escussi e affrontati con precise indicazioni e motivazioni che non è qui possibile ora ripercorrere, ma che restano pietre miliari per chi vuole affrontare e chiarire questi urgenti problemi.

Auguriamoci quindi che il Suo invito trovi valide risposte, consapevole unità di intenti e coerenti approfondimenti dei temi qui sinteticamente richiamati.

(©L'Osservatore Romano - 13 Febbraio 2004)


         

A cura di frà Tommaso Maria di Gesù dei frati minori

Via alla Falconara n° 83 - 90100 Palermo

Domanda- Noi ci ribelliamo alle suddette affermazioni, perché Gesù condanna le tradizioni degli uomini, mentre il Cattolicesimo mette a fianco della S. Scrittura le tradizioni umane. Ascoltiamo la parola di Gesù che dice:


 

a- Mt 15,1-9: " ... Perchè voi trasgredite il comandamento di Dio in nome della vostra tradizione? ... Ipocriti! Bene ha, profetato di voi Isaia. dicendo: "Questo popolo mi onora con le labbra ma il suo cuore è lontano da me. Invano essi mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini".


 

b- Mc 7,1-13: " ... Quei farisei lo interrogarono, ed Egli (Gesù) rispose loro: "Bene ha profetato Isaia di voi ipocriti, come sta,scritto: "Questo popolo.mi onora con le labbra... insegnando dottrine che sono precetti di uomini".


c- Col 2,8.22: "Badate che nessuno vi inganni con la sua filosofìa e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo".


"... Tutte cose destinate a scomparire con l'uso: sono infatti prescrizioni e insegnamenti di uomini". Come mai i cattolici non vogliono comprendere la parola di Dio così chiara?

Risposta. La tradizione cattolica, sempre in relazione alla parola di Dio, é sana, santa e apostolica. Essa è, in definitiva, la vita stessa vissuta dalla Chiesa ed emana dai Sacri Testi.


Quelli che rigettano la tradizione cattolica, vivono completamente di tradizione ma di quella umana
soltanto che Gesù - e con Lui la "Sua" Chiesa - condanna, perchè è solo una profanazione della verità come ci è stato prospettato nelle obiezioni a), b), e c).

Infatti i vari gruppi, staccatisi dalla unica Chiesa di Gesù, pensano e credono, ognuno secondo gli ordini dei loro dirigenti, i quali ordini diventano "infallibili dogmi" da essere assolutamente creduti, pena la dissociazione, la scomunica, ecc.

Non c'è da meravigliarsi perchè con i princìpi escogitati dai dissidenti di ieri e di oggi, si possono fare "voli" sempre più lunghi...


Le emanazioni del Protestantesimo si contano a migliaia ed è facile che ben presto molti "profeti americani" saranno superati da altri che ci strabilieranno con l'annuncio di un'altra Buona Novella, finalmente quella vera, non ancora scoperta dalla Chiesa di Dio, in duemila anni di vita!...

E i nuovi profeti avranno anch'essi dei seguaci che saranno gli "apostoli veri", sinceri ed austeri, che si batteranno fanaticamente ed eroicamente per le "nuove verità!!!".
 

E allora, se la tradizione umana è condannata da Gesù e dalla Sua Chiesa, c'è anche una tradizione vera, santa, apostolica che Dio ha voluto e vuole e che i Sacri Testi ci raccomandano.


Proviamo a convincerci con qualche esempio:


1 -.1 Cor 11,2: "Vi lodo poi perchè in ogni cosa vi ricordate di me e conservate le tradizioni così come ve le ho trasmesse";
 

2 - 1 Cor 15,3: "Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati, secondo le Scritture";


3 - Lc 1,1-2: "Poichè molti han posto mano a stendere un racconto degli avvenimenti successi tra di noi, come ce li hanno trasmessi coloro che furono testimoni fin dal principio e divennero ministri della parola ...
 

4 - 2 Tes 3,6: "Vi ordiniamo pertanto, fratelli, nel Nome del Signore Nostro Gesù Cristo, di tenervi lontani da ogni fratello che si comporta in maniera indisciplinata e non secondo la tradizione che hanno ricevuto da noi".
 

5 - 2 Tes 2,15: "Perciò, fratelli, state saldi e mantenete le tradizioni che avete apprese così dalla nostra parola, come dalla nostra lettera".


..........
NON facciamo perciò del Magistero, il quale CONSERVA DI TRASMETTERCI QUESTE SANTE TRADIZIONI ED INSEGNA CIO' CHE E' RIPORTATO NELLA SCRITTURA, una sorta di slogan pubblicitario..[SM=g1740730] ...al quale poi stolti ed ignoranti applaudono contro pensando di poter abolire in questo modo la Chiesa.....e invece non si rendono conto che combattendolo diventono solo strumento di zizzania e di grande confusione.....perchè fino ad oggi NESSUNO è riuscito a buttare giù l'insegnamento della Chiesa, semmai lo si rifiuta, ma nessuno è riuscito a confutarlo...[SM=g1740729]

s.Cirillo di Gerisalemme......[SM=g1740717]
Cirillo era nato nel 315 da genitori cristiani. Ebbe qualche simpatia per gli ariani; ma se ne separò molto presto, aderendo ai semiariani omoiusiani, cioè a quell'indirizzo teologico incline al compromesso, che proponeva il termine « homoi-ousios » (di natura simile) al posto di « homo-ousios » (della stessa natura, cioè il Verbo della stessa natura del Padre): si trattava della semplice aggiunta di una lettera, ma era sufficiente per eliminare l'idea della consustanzialità tra il Padre e il Figlio. Cirillo però abbandonò anche i semiariani e aderì definitivamente alla dottrina ortodossa di Nicea difendendola al punto tale da vivere tre esilii e alla fine il martirio.
Cosa c'entra questo con il Magistero?
Ce lo spiega s.Cirillo dalla sua opera "La catechesi sui Misteri":

La spiegazione della fine del simbolo del Credo 

22. La fede professata è contenuta nel seguito: "(Crediamo) E in un solo battesimo di penitenza per la remissione dei peccati e nella santa Chiesa cattolica, e nella resurrezione della carne e nella vita eterna".
Sul battesimo e sulla penitenza si è parlato nelle catechesi precedenti.
Le cose dette sulla resurrezione dei morti sono state dette per spiegare: "e nella resurrezione della carne".
Le cose che rimangono sono dette per: "nell'unica santa Chiesa cattolica".
Di questa si potrebbe dire molto, ma lo diremo in breve.

La Chiesa cattolica

23. Si chiama cattolica perché si diffonde per tutto il mondo da un confine all'altro della terra; perché insegna universalmente e con esattezza tutti i principi che giovano alla conoscenza degli uomini nelle cose visibili ed invisibili, celesti e terrestri; perché è subordinato al suo culto tutto il genere umano, capi e sudditi, dotti e indotti; perché sana e cura da per tutto ogni specie di peccati dell'anima e del corpo che si commettono.
Essa ha in sé ogni conclamata virtù nelle opere, nelle parole e in ogni carisma spirituale.

Le radici del termine Chiesa

24. È chiamata appropriatamente Chiesa perché convoca e raccoglie insieme tutti, come nel Levitico dice il Signore: "Riunisci tutta la comunità alla porta del tabernacolo del convegno".
Degno di nota che il termine ecclesiason (cioè convoca) per la prima volta si legge qui nelle Scritture, quando
il Signore costituì Aronne al sommo sacerdozio.
Nel Deutoronomio Dio dice a Mosè: "Convocami il popolo ed ascolti le mie parole perché impari a temermi".

(ricordo a tutti che questo SACRO TIMOR DI DIO è uno dei Sette Doni dello Spirito Santo che chiediamo e riceviamo nella Cresima...-nota mia-[SM=g1740722] ) 

Di nuovo ricorda il nome di Chiesa quando parla delle tavole. In queste erano scritte tutte le parole che il Signore disse per voi sul monte, in mezzo al fuoco, nel giorno della riunione.
Quasi dicesse più apertamente: "Nel giorno in cui chiamati dal Signore vi riuniste".
Il salmista canta: "Ti confesserò, Signore, nella grande chiesa, tra gran popolo ti loderò"

La Chiesa cattolica e la chiesa degli eretici

26. Il nome di chiesa si addice a cose diverse, come della moltitudine nel teatro degli efesini è scritto:
"Dopo aver detto ciò sciolse l'adunanza". Giustamente qualcuno potrebbe chiamare, e con fondamento,
chiesa dei malvagi le adunanze degli eretici. Mi riferisco ai marcioniti, manichei ed altri.
Perciò ti è data saldamente la fede "nell'una santa Chiesa cattolica" perché, fuggendo le riunioni degli abominevoli, tu aderisca in tutto alla santa Chiesa cattolica, nella quale sei rinato.
Se poi passi per le città non chiedere semplicemente dov'è il "curiacon" (casa del Signore).
Anche le eresie degli empi pretendono di chiamare "curiaca" le loro spelonche.
Né dove si trova la chiesa, ma dove è la Chiesa cattolica. Questo è proprio il nome di quella santa e madre di noi tutti.

Essa è la sposa di nostro Signore Gesù Cristo, unigenito figlio di Dio.
È scritto infatti: "Come Cristo amò la Chiesa e si è sacrificato per essa" e il resto che segue.
Essa è figura ed imitazione di quella in alto, Gerusalemme, che è libera e madre di tutti noi. Prima era sterile ed ora è di molta prole.....


La pace, confine della Chiesa

27. Fu ripudiata la prima, nella seconda Chiesa cattolica, come dice Paolo: "Dio al primo posto stabilì gli apostoli, al secondo i profeti, al terzo i dottori, poi le potenza, poi i carismi delle guarigioni, le assistenze, i governi, i generi delle lingue" ed ogni specie di virtù.
Mi riferisco alla saggezza e all'intelletto, alla temperanza e alla giustizia, all'elemosina e alla misericordia, e alla pazienza invitta nelle persecuzioni.
Questa Chiesa, con le armi della giustizia nella destra e nella sinistra, con la gloria e l'ignominia, per prima nelle persecuzioni e nelle tribolazioni ha cinto i santi martiri di corone intrecciate dei vari fiori della pazienza.
Ora in tempo di pace per grazia di Dio riceve il dovuto onore dai re, dalle autorità e da uomini di ogni ceto e nazione. I re delle nazioni che abitano le singole regioni hanno i limiti del loro dominio.
La sola vera santa Chiesa cattolica ha, per tutto il mondo, un potere infinito.
Dio pose - come è scritto - la pace come confine ad essa. Se sulla Chiesa volessi parlare di ogni cosa mi occorrerebbero molte ore per il discorso...


[SM=g1740722]

************



Ma attenzione...queste parole di s.Cirillo hanno un significato solo se accogliamo L'INSEGNAMENTO DI QUESTA CHIESA e lo applichiamo a vantaggio del Cristo...altrimenti, venerare la Chiesa senza OBBEDIRLE...dire di volerle bene, ma NON fare ciò che insegna....diventa sterile idolatria.....e una radice marcia che produce appunto divisioni, infatti I PIU' GRANDI ERETICI furono vescovi, preti, monaci...un tantino inquieti e disobbedienti.....[SM=g1740730]


S.Cirillo ci invita a guardare al MAGISTERO[SM=g7831] , l'insegnamento appunto quando diceva già nell'anno nel 340 circa: 23. Si chiama cattolica perché si diffonde per tutto il mondo da un confine all'altro della terra; perché insegna universalmente e con esattezza tutti i principi che giovano alla conoscenza degli uomini nelle cose visibili ed invisibili, celesti e terrestri; perché è subordinato al suo culto tutto il genere umano, capi e sudditi, dotti e indotti; perché sana e cura da per tutto ogni specie di peccati dell'anima e del corpo che si commettono.....


Ecco perchè il Magistero NON è uno spot nè a questo può essere ridotto...se quanti lo contestano lo meditassero forse capirebbero di cosa si sta parlando, ma questi accusano il Magistero senza nemmeno averlo letto e contemplato, ma si basano solo sulle citazioni...o solo attraverso il..."passaparola"......e questa è stoltezza se viene fatto consapevolmente sapendo di recare un danno nei confronti del Prossimo che deve percepire la Verità....

Questo ha insegnato Giovanni Paolo II scrivendo anche un Motu Proprio dal titolo: AD TUENDAM FIDEM=DIFENDERE LA FEDE dal quale ha avuto origine questo forum...[SM=g1740721]

NON DITE "SANTO SUBITO" SE NON GLI CREDETE.....[SM=g7831]

Lo vedremo presto Santo ma per ottenerne poi i benfici occorrerà APPLICARE, METTERE IN PRATCA IL MAGISTERO CHE HA LASCIATO ALLA SANTA CHIESA ....
che ha amato e servito[SM=g7831]


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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27/12/2008 00:20
 
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Chi ascolta il Papa?[SM=g7581]

di Marco Invernizzi 


Il Magistero pontificio? Non viene letto e insegnato dentro le comunità ecclesiali. I mass media ne stravolgono il contenuto. E cosa si può fare per rilanciare lo studio della metafisica e della legge naturale? La preoccupazione del Papa.
 


Non posso che unirmi ad Angelo Marchesi che su L’Osservatore Romano del 13 febbraio 2004 ha scritto: «c’è da augurarsi che non sia sfuggita a nessuno, sia egli un laico cristiano o un sacerdote, l’importanza del discorso che Giovanni Paolo II ha tenuto» alla riunione plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede (e pubblicata il 7 febbraio dallo stesso quotidiano della Santa Sede). Perché un discorso così importante?

Certamente perché si rivolge a quella Congregazione, presieduta dal card. Joseph Ratzinger, che ha come scopo la difesa e promozione della fede, ma soprattutto per i due temi affrontati, la recezione del Magistero oggi nella Chiesa e nel mondo e la percezione dell’importanza della legge naturale.


Questi due temi vengono affrontati in quell’ottica missionaria alla quale il Santo Padre ci ha abituato nel corso del suo lungo pontificato, speso, fra l’altro, al servizio di una nuova evangelizzazione degli antichi paesi cristiani, come ha ribadito parlando in Svizzera nel corso del viaggio pastorale del giugno 2004. Ogni documento, ogni gesto della Chiesa va letto nella prospettiva dell’evangelizzazione: «ogni sua attività deve essere inseparabile dall’impegno per aiutare tutti a incontrare Cristo nella fede», scrive il Papa nel discorso alla Congregazione per la dottrina della fede. Ma l’evangelizzazione incontra diversi ostacoli, esterni, come «l’odierno contesto culturale» negativamente segnato dal relativismo e «dalla tentazione di un facile pragmatismo», ma anche interni alla Chiesa, quando il Magistero non viene adeguatamente recepito dai fedeli, sia per la superficialità dei mezzi di comunicazione, sia anche per l’incapacità di noi cattolici di fare la fatica di studiare il Magistero e poi di cercare di comunicarlo.

Il Papa scrive di «fedeli disorientati più che informati» da come i testi del Magistero vengono presentati dai media, ma ricorda anche come un documento della Chiesa è un «evento ecclesiale» prima che un fatto mediatico, che i cattolici, a cominciare dai pastori fino a tutti i fedeli, devono accoglierlo «nella comunione e nella condivisione più cordiale della dottrina della Chiesa». Avviene così? Vi capita spesso di ascoltare incontri, conferenze, seminari, catechesi degli adulti nelle parrocchie italiane, in cui si tratti di documenti del Magistero? Ma allora a cosa serve, a chi si rivolge?


Nessuno nega la difficoltà di molti documenti magisteriali, ma proprio per questo meriterebbero un’attenzione maggiore da parte di chi dovrebbe incaricarsi di spiegarne il contenuto. E comunque il Papa pone un problema e una domanda a tutti i fedeli: «Perché la recezione diventi un autentico evento ecclesiale, conviene prevedere modi opportuni di trasmissione e di diffusione del documento stesso, che ne consentano la piena conoscenza innanzitutto da parte dei Pastori della Chiesa, primi responsabili dell’accoglienza e della valorizzazione del magistero pontificio come insegnamento che contribuisce a formare la coscienza cristiana dei fedeli di fronte alle sfide del mondo contemporaneo».

Parole importanti, su cui riflettere per cercare soluzioni.

Altro argomento importante e urgente che il Papa indica all’attenzione dei membri della congregazione è quello della legge naturale. Sento già l’obiezione di molti cattolici: «perché il magistero, il diritto naturale, tutte cose complicate quando invece sarebbe così semplice seguire Gesù Cristo?». C’è qualcosa di molto pericoloso in questa forma di fideismo, molto diffusa. Anzitutto la contrapposizione dialettica tra Rivelazione e legge naturale, tra fede e morale, quasi che la scelta di seguire il Signore non debba comportare una conversione, cioè un adeguare il nostro modo di agire, non soltanto ma anche di pensare. Ma c’è di più. Il Papa scrive che l’assenza di consapevolezza dell’esistenza di una verità iscritta nel cuore di ogni persona è una conseguenza della crisi della metafisica, cioè di quella scienza delle cause ultime, dei primi principi, senza la quale l’uomo non ha certezze umane, non conosce la sua identità.

Questa grave crisi è nata nelle scuole e università cattoliche, fra i pensatori cattolici e si è estesa ai fedeli, portandoli ad assumere posizioni fideiste nel campo della morale, per esempio. Nel dossier sul referendum contro il divorzio del 1974 (il Timone, febbraio 2004), è stato fatto notare come questo fideismo sia stato nefasto nella recente storia italiana, impedendo ai cattolici di essere consapevoli, proponendo l’indissolubilità matrimoniale, di offrire una soluzione per il bene di tutta la comunità, non soltanto per i cristiani. Questa crisi potrà essere superata soltanto quando dalle scuole e dalle università cattoliche arriveranno insegnamenti coerenti con quanto scrive Giovanni Paolo II.

Il Pontefice è consapevole che gli insegnamenti sulla legge naturale contenuti nelle due encicliche Veritatis splendor e Fides et ratio «non sembra siano stati recepiti finora nella misura auspicata».


Oltretutto, vi è un ultimo aspetto, che il Papa ricorda. La legge naturale, iscritta nel cuore di ognuno, è la base del dialogo con gli uomini di altre religioni. Senza la legge naturale «viene a mancare un riferimento oggettivo per le legislazioni», che così si basano esclusivamente sul consenso sociale, venendo a mancare ogni possibile fondamento etico comune a tutta l’umanità. Senza la legge naturale e senza Dio, che ne è il fondamento e l’origine, tutto diventa possibile, dall’omicidio dell’innocente con l’aborto, al terrorismo che colpisce la gente comune, al terrorista suicida. E così l’odio si candida a dominare la storia.


Bibliografia


Giovanni Paolo II, Enciclica Redemptoris missio, del 7 dicembre 1990.
Idem, Enciclica Veritatis splendor, del 6 agosto 1993.
Idem, Enciclica Evangelium vitae, del 25 marzo 1995.
Idem, Enciclica Fides et ratio, del 14 settembre 1998.
Antonio Livi, Lessico della Filosofia. Etimologia, semantica & storia dei termini filosofici, Ares 1995.
 

© il Timone n. 33, luglio 2004

     

C’è un gran bisogno di giornalisti cattolici, sostiene Benedetto XVI


Incontrando il Direttore di “El Observador” e corrispondente di ZENIT


CASTEL GANDOLFO, lunedì, 12 settembre 2005 (
ZENIT.org).- “La Chiesa ha bisogno del lavoro dei giornalisti cattolici e della stampa cattolica”, ha affermato questo lunedì Benedetto XVI al giornalista messicano Jaime Septién, Direttore di “El Observador” e corrispondente di ZENIT in Messico, America Centrale e aree ispaniche degli Stati Uniti.

Nel contesto della visita “ad limina apostolorum” dei Vescovi messicani al Papa, oggi è stata la volta di parte dei Vescovi suffraganei di San Luis Potosí e di Morelia, concretamente Tacámbaro, Apatzingán, Zamora e San Luis Potosí, accompagnati dall’Arcivescovo Luis Morales Reyes e dall’Arcivescovo emerito Arturo Antonio Szymanski Ramírez.

Accompagnando quest’ultimo, il Direttore del settimanale “El Observador” e corrispondente di ZENIT ha riferito di aver incontrato un Papa “affabile, affettuoso, umano, preoccupato per la stampa cattolica e per tutti noi che abbiamo scommesso sulla fedeltà alla Chiesa come parte essenziale della nostra vocazione”.

“Dopo avergli riferito il compito che svolgiamo con ‘El Observador’ e ZENIT, il Santo Padre mi ha detto in modo molto diretto che la Chiesa ha un grande bisgno del nostro lavoro e che lui, a livello personale, ci ringrazia per il servizio che prestiamo attraverso la comunicazione per la diffusione del Vangelo”, ha spiegato Septién.

”La visita è stata molto breve, ma straordinariamente efficace – ha aggiunto –, perché ho potuto mettere a disposizione di Benedetto XVI tutti noi che siamo impegnati in questo grande compito che è il giornalismo cattolico; sono uscito con spirito rinnovato, pieno di affetto per il Santo Padre, in cui ho visto un pastore di anime, uno sguardo trasparente, un sorriso meraviglioso e una forza che mi fanno augurare che, ancora una volta, si sbaglino tutti quei colleghi giornalisti che definivano questo papato come un periodo di transizione”.

I Vescovi che hanno incontrato oggi il Papa hanno concordato nell’affermare che Benedetto XVI ha delle maniere squisite e una capacità d’ascolto che lo fa sentire molto vicino alle diocesi del Messico.

Uno di loro – l’Arcivescovo di San Luis Potosí, monsignor Luis Morales Reyes – ha rivelato di aver chiesto al Papa “un compito: fare un’Enciclica sulla preghiera, al che il santo Padre ha risposto che aveva già ricevuto molte richieste a questo stesso riguardo”, ha detto.

Septién ha quindi ricordato che, al termine dell’incontro, il Papa lo ha invitato a continuare il suo lavoro in questo campo “e ha ribadito che ringraziava me per il mio lavoro e tutti coloro che lavorano nei media cattolici”.


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Non di rado qualcuno ci dice: COME MAI IL VATICANO TACE? COME MAI NON SMENTISCE? COME MAI NON CONFERMA?[SM=g1740729]
Il Vaticano non ha affatto alcun obbligo nè di smentire nè di confermare quanto ALEGGIA ATTORNO a quello che fa....ci sono i DOCUMENTI e i Bollettini della Santa Sede....il resto son chiacchiere da mercato[SM=g1740730]

Così diceva Giovanni Paolo I ai giornalisti[SM=g7831] :

La sacra eredità lasciataci dal Concilio Vaticano II e dai Nostri Predecessori Giovanni XXIII e Paolo VI, di cara e santa memoria, sollecita da Noi la promessa di un'attenzione speciale, di una franca, onesta ed efficace collaborazione con gli strumenti della comunicazione sociale, che voi qui degnamente rappresentate. E' una promessa che volentieri vi facciamo, consapevoli come siamo della funzione via via più importante che i mezzi della comunicazione sociale sono andati assumendo nella vita dell'uomo moderno. Non Ci nascondiamo i rischi di massificazione e di livellamento, che tali mezzi portano con sé, con le conseguenti minacce per l'interiorità dell'individuo, per la sua capacità di riflessione personale, per la sua obiettività di giudizio.

In occasione degli eventi di maggior rilievo o della pubblicazione di importanti Documenti della Santa Sede, voi dovrete spesso presentare la Chiesa, parlare della Chiesa, dovrete talvolta commentare il Nostro umile ministero; siamo sicuri che lo farete con amore della verità e con rispetto della dignità umana, perché tale è lo scopo di ogni comunicazione sociale. Vi chiediamo di voler contribuire anche voi a salvaguardare nella società odierna quella profonda considerazione per le cose di Dio e per il misterioso rapporto tra Dio e ciascuno di noi, che costituisce la dimensione sacra della realtà umana. Vogliate comprendere le ragioni profonde per cui il Papa, la Chiesa e i suoi Pastori devono talvolta chiedere, nell'espletamento del loro servizio apostolico, spirito di sacrificio, di generosità, di rinuncia per edificare un mondo di giustizia, di amore, di pace.

http://www.vatican.va/holy_father/j...8_press_it.html

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Messaggio del Papa per la 40a Giornata per le Comunicazioni Sociali

Il Papa Benedetto XVI invita a non sottovalutare

"l'impatto incisivo che i media elettronici esercitano nel generare un nuovo vocabolario e immagini, che introducono così facilmente nella società".
 

"Proprio perché i media contemporanei configurano la cultura popolare &endash; si legge nel Messaggio - essi devono vincere qualsiasi tentazione di manipolare, soprattutto i giovani, cercando invece di educare e servire. In tal modo, i media potranno garantire la realizzazione di una società civile degna della persona umana, piuttosto che il suo disgregamento".


Lo ha richiamato il Papa nel Messaggio per la 40a Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, che si celebrerà il 28 maggio sul tema "I Media: rete di comunicazione, comunione e cooperazione".



MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI
PER LA XL GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI

I media: rete di comunicazione,
comunione e cooperazione

Cari Fratelli e Sorelle,


1. Sulla scia del quarantesimo anniversario della conclusione del Concilio Ecumenico Vaticano Secondo, mi è caro ricordare il Decreto sui Mezzi di Comunicazione Sociale, Inter Mirifica, che ha riconosciuto soprattutto il potere dei media nell’influenzare l’intera società umana. La necessità di utilizzare al meglio tale potenzialità, a vantaggio dell’intera umanità, mi ha spinto, in questo mio primo messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, a riflettere sul concetto dei media come rete in grado di facilitare la comunicazione, la comunione e la cooperazione.


San Paolo, nella sua lettera agli Efesini, descrive accuratamente la nostra umana vocazione a “partecipare della natura divina” (Dei Verbum, 21): attraverso Cristo possiamo presentarci al Padre in un solo Spirito; così non siamo più stranieri e ospiti, ma concittadini dei santi e familiari di Dio, diventando tempio santo e dimora di Dio (cfr. Ef. 2,18-22). Questo sublime ritratto di una vita di comunione coinvolge ogni aspetto della nostra vita come cristiani. L’invito ad accogliere con autenticità l’autocomunicazione di Dio in Cristo significa in realtà una chiamata a riconoscere la Sua forza dinamica dentro di noi, che da noi desidera espandersi agli altri, affinché questo amore diventi realmente la misura dominante del mondo (cf. Omelia per la Giornata Mondiale della Gioventù, Colonia, 21 agosto 2005).


2. I progressi tecnologici nel campo dei media hanno vinto il tempo e lo spazio, permettendo la comunicazione istantanea e diretta tra le persone, anche quando sono divise da enormi distanze. Questo sviluppo implica un potenziale enorme per servire il bene comune e “costituisce un patrimonio da salvaguardare e promuovere” (Il Rapido Sviluppo, 10). Ma, come sappiamo bene, il nostro mondo è lontano dall’essere perfetto. Ogni giorno verifichiamo che l’immediatezza della comunicazione non necessariamente si traduce nella costruzione di collaborazione e comunione all’interno della società.

Illuminare le coscienze degli individui e aiutarli a sviluppare il proprio pensiero non è mai un impegno neutrale. La comunicazione autentica esige coraggio e risolutezza. Esige la determinazione di quanti operano nei media per non indebolirsi sotto il peso di tanta informazione e per non adeguarsi a verità parziali o provvisorie.
Esige piuttosto la ricerca e la diffusione di quello che è il senso e il fondamento ultimo dell’esistenza umana, personale e sociale (cf. Fides et Ratio, 5). In questo modo i media possono contribuire costruttivamente alla diffusione di tutto quanto è buono e vero.


3. L’appello ai media di oggi ad essere responsabili, ad essere protagonisti della verità e promotori della pace che da essa deriva, comporta grandi sfide. Anche se i diversi strumenti della comunicazione sociale facilitano lo scambio di informazioni e idee, contribuendo alla comprensione reciproca tra i diversi gruppi, allo stesso tempo possono essere contaminati dall’ambiguità. I mezzi della comunicazione sociale sono una “grande tavola rotonda” per il dialogo dell’umanità, ma alcune tendenze al loro interno possono generare una monocultura che offusca il genio creativo, ridimensiona la sottigliezza del pensiero complesso e svaluta la peculiarità delle pratiche culturali e l’individualità del credo religioso. Queste degenerazioni si verificano quando l’industria dei media diventa fine a se stessa, rivolta unicamente al guadagno, perdendo di vista il senso di responsabilità nel servizio al bene comune.


Pertanto, occorre sempre garantire un’accurata cronaca degli eventi, un’esauriente spiegazione degli argomenti di interesse pubblico, un’onesta presentazione dei diversi punti di vista
. La necessità di sostenere ed incoraggiare la vita matrimoniale e familiare è di particolare importanza, proprio perché si fa riferimento al fondamento di ogni cultura e società (cf. Apostolicam Actuositatem, 11). In collaborazione con i genitori, i mezzi della comunicazione sociale e le industrie dello spettacolo possono essere di sostegno nella difficile ma altamente soddisfacente vocazione di educare i bambini, presentando modelli edificanti di vita e di amore umano (cf. Inter Mirifica, 11). Come ci sentiamo scoraggiati e avviliti tutti noi quando si verifica il contrario! Il nostro cuore non soffre soprattutto quando i giovani vengono soggiogati da espressioni di amore degradanti o false, che ridicolizzano la dignità donata da Dio a ogni persona umana e minacciano gli interessi della famiglia?


4. Per incoraggiare sia una presenza costruttiva che una percezione positiva dei media nella società, desidero sottolineare l’importanza dei tre punti, individuati dal mio venerabile predecessore Papa Giovanni Paolo II, indispensabili per un servizio finalizzato al bene comune: formazione, partecipazione e dialogo (cf. Il Rapido Sviluppo, 11).


La formazione ad un uso responsabile e critico dei media aiuta le persone a servirsene in maniera intelligente e appropriata. L’impatto incisivo che i media elettronici in particolare esercitano nel generare un nuovo vocabolario e immagini, che introducono così facilmente nella società, non sono da sottovalutare. Proprio perché i media contemporanei configurano la cultura popolare, essi devono vincere qualsiasi tentazione di manipolare, soprattutto i giovani, cercando invece di educare e servire. In tal modo, i media potranno garantire la realizzazione di una società civile degna della persona umana, piuttosto che il suo disgregamento.


La partecipazione ai media nasce dalla loro stessa natura, come bene destinato a tutte le genti. In quanto servizio pubblico, la comunicazione sociale esige uno spirito di cooperazione e corresponsabilità, con una scrupolosa attenzione all’uso delle risorse pubbliche e all’adempimento delle cariche pubbliche (cf. Etica nelle Comunicazioni Sociali, 20), compreso il ricorso a norme di regolazione e ad altri provvedimenti o strutture designate a tal scopo.


Infine, i media devono approfittare e servirsi delle grandi opportunità che derivano loro dalla promozione del dialogo, dallo scambio di cultura, dall’espressione di solidarietà e dai vincoli di pace. In tal modo essi diventano risorse incisive e apprezzate per costruire una civiltà dell’amore, aspirazione di  tutti i popoli.

Sono certo che seri sforzi per promuovere questi tre punti aiuteranno i media a svilupparsi come rete di comunicazione, comunione e cooperazione, aiutando uomini, donne e bambini a diventare più consapevoli della dignità della persona umana, più responsabili e più aperti agli altri, soprattutto ai membri della società più bisognosi e più deboli (cf. Redemptor Hominis, 15;  Etica nelle Comunicazioni Sociali, 4).


Concludendo, voglio ricordare le incoraggianti parole di San Paolo: Cristo è nostra pace. Colui che ha fatto dei due un popolo solo (cf. Ef. 2,14). Abbattiamo il muro di ostilità che ci divide e costruiamo la comunione dell’amore, secondo i progetti del Creatore, svelati attraverso Suo Figlio!




Vaticano, 24 gennaio 2006, Solennità di San Francesco di Sales.


BENEDICTUS PP. XVI



                                           



In che modo vanno combattuti gli errori


7. 1. Aprendo il Concilio Ecumenico Vaticano II, è evidente come non mai che la verità del Signore rimane in eterno. Vediamo infatti, nel succedersi di un’età all’altra, che le incerte opinioni degli uomini si contrastano a vicenda e spesso gli errori svaniscono appena sorti, come nebbia dissipata dal sole.


2.
Non c’è nessun tempo in cui la Chiesa non si sia opposta a questi errori; spesso li ha anche condannati, e talvolta con la massima severità. Quanto al tempo presente, la Sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia invece di imbracciare le armi del rigore; pensa che si debba andare incontro alle necessità odierne, esponendo più chiaramente il valore del suo insegnamento piuttosto che condannando.


Non perché manchino dottrine false, opinioni, pericoli da cui premunirsi e da avversare; ma perché tutte quante contrastano così apertamente con i retti principi dell’onestà, ed hanno prodotto frutti così letali che oggi gli uomini sembrano cominciare spontaneamente a riprovarle, soprattutto quelle forme di esistenza che ignorano Dio e le sue leggi, riponendo troppa fiducia nel progressi della tecnica, fondando il benessere unicamente sulle comodità della vita.

Essi sono sempre più consapevoli che la dignità della persona umana e la sua naturale perfezione è questione di grande importanza e difficilissima da realizzare. Quel che conta soprattutto è che essi hanno imparato con l’esperienza che la violenza esterna esercitata sugli altri, la potenza delle armi, il predominio politico non bastano assolutamente a risolvere per il meglio i problemi gravissimi che li tormentano.


8. 1. Questa sollecitudine della Chiesa nel promuovere e tutelare la verità deriva dal fatto che, secondo il piano di Dio, "il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità" (1Tm 2,4), senza l’aiuto dell’intera dottrina rivelata gli uomini non possono pervenire ad una assoluta e saldissima unità degli animi, cui sono collegate la vera pace e l’eterna salvezza.


2.
Purtroppo tutta la comunità dei cristiani non ha ancora pienamente e perfettamente raggiunto questa visibile unità nella verità. La Chiesa Cattolica ritiene suo dovere adoperarsi attivamente perché si compia il grande mistero di quell’unità che Cristo Gesù con ardentissime preghiere ha chiesto al Padre Celeste nell’imminenza del suo sacrificio; essa gode di pace soavissima, sapendo di essere intimamente unita a Cristo in quelle preghiere; di più, si rallegra sinceramente quando vede che queste invocazioni moltiplicano i loro frutti più generosi anche tra coloro che stanno al di fuori della sua compagine.


3.
A questo proposito - per quanto tutti gli uomini che nascono siano stati anch’essi redenti nel sangue di Cristo - c’è veramente da dolersi che tuttora gran parte del genere umano non partecipi ancora di quelle fonti di grazia soprannaturale che ci sono nella Chiesa Cattolica.

Ne deriva che alla Chiesa Cattolica, la cui luce illumina tutte le cose e la cui forza di unità soprannaturale ridonda a vantaggio di tutta la comunità umana, si applicano perfettamente queste belle parole di San Cipriano:

 "Perfusa di luce, la Chiesa del Signore diffonde i suoi raggi sul mondo intero; è però un’unica luce che viene irradiata dovunque, né viene scissa l’unità del corpo. Estende i suoi rami su tutta la terra per il copioso rigoglio, espande a profusione i rivoli che scaturiscono con abbondanza; ma è unico il capo e unica l’origine e unica la madre fertile per le fortunate fecondità: da lei siamo partoriti, siamo nutriti dal suo latte, siamo vivificati dal suo spirito
(De Catholicae Ecclesiae unitate, 5).



Il resto del testo integrale lo trovate qui:


Discorso per la solenne apertura del SS. Concilio (11 ottobre 1962)

[Italiano]


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Data pubblicazione: 2006-04-10


I mezzi di comunicazione non sempre favoriscono i rapporti personali, riconosce il Papa


CITTA’ DEL VATICANO, lunedì, 10 aprile 2006 (
ZENIT.org).- Le nuove tecnologie e i mezzi di comunicazione non sempre favoriscono i rapporti personali, ha riconosciuto questo lunedì Benedetto XVI incontrando circa 6.500 universitari.

Erano i partecipanti al congresso internazionale annuale UNIV, dedicato quest’anno al tema “Progettare la cultura: il linguaggio dei mezzi di comunicazione”.

“Dobbiamo purtroppo constatare che non sempre in questo nostro tempo le nuove tecnologie e i mass media favoriscono le relazioni personali”, ha riconosciuto il Papa.

“Non sempre aiutano a coltivare l’interiorità del rapporto con Dio”, ha aggiunto
. [SM=g1740730]

Per questo motivo, ha proposto come obiettivo ai giovani di promuovere in tutti gli ambiti della vita, incluso quello della comunicazione, il “dialogo sincero” e “l’amicizia tra le persone”.

Ricordando la sua prima enciclica, “Deus caritas est”, ha spiegato che chi scopre Gesù come suo migliore amico si apre agli altri, considerandoli “fratelli” e “intrattenendo con ciascuno un rapporto di amicizia sincera”.

“Gesù Cristo, infatti, è proprio ‘l’amore incarnato di Dio’, e solo in Lui è possibile trovare la forza per offrire ai fratelli affetto umano e carità soprannaturale, in uno spirito di servizio che si manifesta soprattutto nella comprensione”, ha riconosciuto.

[SM=g1740722]

Il Magistero non è un’“opinione”, spiega il segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede.
Monsignor Angelo Amato interviene ad un seminario sulla comunicazione istituzionale della Chiesa[SM=g1740721]
ROMA, domenica, 30 aprile 2006
L’Arcivescovo Angelo Amato, sdb, segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, deplora il fatto che il Magistero sia considerato una “semplice opinione” e non venga apprezzato come “comunicazione della verità di Dio sull’uomo e sulla sua salvezza”.
Monsignor Amato ha compiuto questa distinzione venerdì 28 aprile intervenendo con una conferenza su “La presentazione del magistero della Chiesa nel mondo dei media” al quinto Seminario professionale sugli Uffici Comunicazione della Chiesa, svoltosi a Roma presso la Pontificia Università della Santa Croce.
Il presule ha riconosciuto che in questo momento esiste un “affievolimento nei fedeli di quel senso ecclesiale che i santi qualificavano come ‘amare Ecclesiam et sentire cum Ecclesia’”.
Per questo motivo, ha riconosciuto il teologo salesiano, oggi il Magistero è spesso “disatteso, contrastato e rifiutato”. Manca “l’obbedienza della fede e la fiducia nella efficacia della Parola di Dio per illuminare la nostra storia personale e comunitaria”.
“Alla verità di Dio si preferisce l’opinione dell’io”, una cosa che, come ha osservato, si può constatare molto chiaramente nei dibattiti televisivi.
Secondo questa logica, ha spiegato, “su un argomento intervengono molti interlocutori, tra cui anche, ad esempio, un sacerdote. L’opinione del sacerdote cattolico – dal mio punto di vista preferirei un laico cattolico, ben preparato – viene livellata a quella di tutti gli altri, perché il dibattito non intende puntare alla verità, ma soltanto enunciare opinioni”.
Il segretario della Congregazione vaticana ritiene che per comprendere meglio questo fenomeno si debba tener anche conto dell’“estrema povertà culturale di buona parte dei fedeli cristiani”.
In questo modo, ha aggiunto, si spiega lo “strano successo di un romanzo pervicacemente anticristiano, come il ‘Codice da Vinci’, pieno di calunnie, offese ed errori storici e teologici nei confronti di Gesù, dei Vangeli, della Chiesa”.
Per monsignor Amato, di fronte a questa situazione “i cristiani dovrebbero essere più sensibili al rifiuto della menzogna e della diffamazione gratuita”.
La diagnosi culturale e mediatica di monsignor Amato delinea una “cultura nichilista e relativista” che rende difficile la ricezione mediatica del Magistero.
In questo senso, ha spiegato la difficoltà di ricezione della dichiarazione “Dominus Iesus”, sottolineata dal Cardinale Joseph Ratzinger come prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede nel 2000, per la quale si è accusata la Chiesa cattolica di essere intollerante perché crede che Cristo è l’unico salvatore.
Per monsignor Amato il problema non risiede nel linguaggio, ma nell’incapacità dei media di accogliere il contenuto della fede: “non è il linguaggio che fa problema, ma il suo contenuto di fede. Il linguaggio del Magistero è sobrio, fondato sulla Sacra Scrittura, comprensibile a tutti”.
Il segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede ha insistito sul fatto che “Magistero e comunicazione sono in stretta relazione, dal momento che spetta al Magistero interpretare con fedeltà e comunicare con autorità ai fedeli la Parola di Dio”.
Quanto alla responsabilità dei media cattolici, ha affermato che questa deve essere creativa ed aiutare la formazione. Citando l’esempio della recente pubblicazione del “Vangelo di Giuda”, ha affermato che “la stampa cattolica non può limitarsi a dare la notizia”, ma “con la competenza di studiosi esperti di antichità cristiana deve, invece, offrire ai lettori quegli elementi per comprendere che si tratta di un vangelo apocrifo, conosciuto dai Padri ma non accolto dalla Chiesa primitiva”.
“La ricezione dei documenti ecclesiali più che un peso insopportabile e noioso può diventare una sorprendente e straordinaria formazione permanente dei pastori e dei fedeli”, ha sottolineato.
“Per fare ciò – ha concluso – ci vogliono professionisti, soprattutto laici che conoscano le due lingue: quella della comunicazione ma anche quella della teologia”.

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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27/12/2008 16:05
 
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Quella tentazione di forzare il titolo (ma anche di accontentarsi di una citazione)


http://www.avvenire.it/


Il titolo ad effetto è una tentazione vecchia quanto il nostro mestiere di giornalisti
.


Ma nella Babele di voci che è il mondo della comunicazione, ci sono parole che vengono da lontano. E non è possibile condensare in una battuta.

Le considerazioni proposte dal Papa su come viene riportato il Magistero sui mass-media suonano come un doppio esame di coscienza.

C'è quello di noi comunicatori, ovviamente: quante volte si è citata una frase del Papa, spesso estrapolata dal suo contesto, per dare peso a una certa tesi? [SM=g1740730]


È capitato persino che la citazione di un salmo in cui l'autore si chiedeva (retoricamente) se Dio non si fosse stancato degli uomini, diventasse automaticamente l'«anatema di Wojtyla
». [SM=g1740729]


Ma le parole del Papa suggeriscono anche un altro esame di coscienza: quanto noi cattolici ci preoccupiamo di leggere di prima mano ciò che il Magistero afferma? [SM=g1740730]


Non siamo noi per primi, troppo spesso, ad accontentarci di qualche sommaria citazione?


Aiutare a fare un passo in più è il motivo che spinge «Avvenire», ogni volta che è possibile, a pubblicare i testi integrali. E siamo fieri che molti nostri lettori l'apprezzino.


***************


Personalmente questo Gruppo-Forum RINGRAZIA Avvenire anche in formato web...dal quale abbiamo attinto molte volte per chiarimenti ed approfondimenti..[SM=g1740717] ...e ne approfittiamo per ricordare a TUTTI di NON accontentarsi MAI di una voce, lo abbiamo detto anche nel Regolamento...le fonti DEVONO avere più basi solide....devono essere confrontate e devono avere in sè una solida serietà nell'informazione e possibilmente PRIVA DI PREGIUDIZI....attraverso i quali impossibile sarà capire il vero insegnamento della Chiesa...


Con riconoscenza i Gestori tutti del Gruppo....[SM=g1740717]


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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24/09/2009 18:25
 
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Giovanni Paolo II in un libro di Gian Franco Svidercoschi

L'eredità del cuore


Un Papa che non muore. L'eredità di Giovanni Paolo II è il titolo di un volume appena pubblicato (Cinisello Balsamo, San Paolo, 2009, pagine 158, euro 13,50) per raccontare "il Wojtyla uomo e Papa, le grandi direttrici del suo Pontificato e la Chiesa che ha lasciato in eredità al cattolicesimo". L'autore del libro è stato vicedirettore del nostro giornale. Pubblichiamo quasi integralmente la prefazione scritta dal cardinale arcivescovo di Cracovia, le conclusioni di una riflessione posta al termine del libro e due estratti dai capitoli "Le radici polacche" e "Viaggio nella storia".

di StanisLaw Dziwisz

"Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me". Ogni volta che rileggo queste parole dell'Apocalisse, è come se rileggessi la vita di Giovanni Paolo II. Come se trovassi qui, spiegato con la massima semplicità, il segreto della sua ispirazione profetica. E cioè, del modo in cui lui, aprendo il suo animo, riusciva a far "vedere" il volto del Signore anche a chi non lo conosceva, anche a chi lo respingeva, lo negava.
 
È quella che io chiamo l'"eredità del cuore". E che, a mio giudizio, può spiegare ancora meglio il perché della straordinaria abbondanza di frutti spirituali che questo pontificato continua a far maturare. Ma, mi chiedo, gli storici, che si basano sui fatti concreti, accertati, sapranno prenderla ugualmente in considerazione nelle loro analisi?
attentato 
A dire il vero, in passato non era mai successo che l'eredità di un Papa si manifestasse in una maniera così immediata, così visibile. E, soprattutto, con una proiezione così universale. Attraversando barriere geografiche, culturali, superando muri ideologici e politici, e perfino divisioni confessionali.

Ovviamente, non si possono "quantificare" i sentimenti, e in particolare i sentimenti che appartengono alla sfera più intima. Ma tantissima gente, sotto le più diverse latitudini, è rimasta colpita o addirittura "contagiata" da come Giovanni Paolo II ha testimoniato la sua in Dio Padre, il Dio dell'amore, della misericordia; e ha visto quotidianamente nel segno della radicalità evangelica; e ha affrontato, con serenità e coraggio, tante prove, tante sofferenze, e infine la morte.
Ed è stata proprio questa testimonianza umana e cristiana, a far scoprire la trascendenza come punto comune di riferimento, punto di incontro e di convergenza; e quindi a tessere i fili di una nuova fraternità tra gli uomini di oggi.

Non è solo questo, naturalmente, il patrimonio  lasciato  da  Giovanni Paolo II. C'è la nuova immagine di Chiesa, rinnovata profondamente rispetto a com'era alla fine degli anni Settanta. C'è l'avvio di una grande azione evangelizzatrice, rivolta a promuovere un nuovo modo di essere cristiani oggi, di vivere da cristiani nel mondo contemporaneo. Senza paure e senza complessi! Perché è qui, nel mondo, come è sempre stato, che si incrociano le domande dell'uomo e le risposte di Dio.
E che ci fosse già una prima presa di coscienza da parte del popolo cristiano, me ne accorsi nei giorni della morte e dei funerali del Santo Padre. Me ne accorsi, devo dire, con una certa sorpresa. Erano giorni terribili, sconvolgenti. Eppure, proprio allora, nel vedere quella folla immensa intuii come stesse spuntando una nuova stagione spirituale. Il mondo nuovo di Dio. I nuovi cieli e la nuova terra.

Mi sembrava quasi di "vivere" quel brano finale sempre dell'Apocalisse di Giovanni, un brano stupendo, dove si parla del fiume dell'acqua che dà vita, e che è limpido come cristallo. "In mezzo alla piazza della città, da una parte e dall'altra del fiume, cresceva l'albero che dà la vita. Esso dà i suoi frutti dodici volte all'anno, per ciascun mese il suo frutto. Il suo fogliame guarisce le nazioni" (Apocalisse, 22, 2).
Ebbene, proprio in quei primi segnali di una "nuova Gerusalemme", penso si possa trovare l'elemento di maggiore continuità tra il pontificato di Giovanni Paolo II e quello del suo successore.

Anche Benedetto XVI si sta impegnando a fondo per la crescita di una nuova religiosità, che sappia riportare Dio nella coscienza dell'uomo d'oggi. Una religiosità che non sia moralismo né intellettualismo, e neppure solo una dottrina, un carico di imposizioni, di divieti; ma sia invece l'incontro con Qualcuno, sia vita, gioia. E capacità di difendere la verità di Cristo da tutte le minacce odierne, ma anche di vivere la novità rivoluzionaria del Vangelo nella società moderna.

E adesso, in conclusione, vorrei tornare al punto da dove sono partito, all'eredità del cuore. Perché è:  nel cuore di ciascuno di noi - come mi confidano tante persone - che Giovanni Paolo II ha lasciato un frammento di sé, del suo cuore:  parole che gli abbiamo sentito pronunciare, gesti che lo abbiamo visto fare; il suo modo di pregare annullandosi completamente in Dio; e poi, il ricordo di quando, pur in mezzo a una marea di gente, sembrava che guardasse solo noi; oppure quando ci ha aiutato a superare quel momento particolarmente difficile. E sempre, in ogni occasione, lo abbiamo sentito presente nella nostra vita, lo abbiamo sentito vivo.





E il capo del partito
imprecò al telefono


La notizia arrivò in Polonia mentre era in corso una riunione del comitato centrale del Poup, il partito comunista. Uno dei capi rispose al telefono e, sentendo ciò che c'era scritto nel dispaccio dell'agenzia di stampa, se ne uscì con una imprecazione. "Proprio lui!" esclamò. Non ci fu nemmeno bisogno di dirlo, gli altri lo capirono immediatamente. E dopo la sorpresa, dopo la rabbia, subentrò in tutti un profondo stato di depressione. Al punto che, non sapendo come presentare e commentare la notizia, il telegiornale venne rinviato un'incredibile infinità di volte.

Che fosse stato eletto Papa proprio lui, Karol Wojtyla, profondo conoscitore del marxismo e diventato ormai da tempo la "bestia nera" del governo di Varsavia, fu un autentico shock per l'intero mondo sovietico. Nelle capitali dell'impero, per una decina di giorni, dominò un silenzio totale. Ma, tre settimane dopo, era già pronta una prima analisi di Mosca sugli effetti destabilizzanti che avrebbe quasi sicuramente avuto nell'Urss l'elezione di un Papa polacco. Anzi, come si leggeva nel rapporto, "l'elezione di un cittadino di un Paese socialista".

Ma anche in Occidente, in certi ambienti diplomatici e politici, non furono in pochi a storcere il naso. Ricordo, un nome fra i tanti, il senatore Giovanni Spadolini:  un vero spirito liberale, eppure spaventatissimo da quella nomina. "Che ne sarà della Ostpolitik vaticana?", mi chiese. Si temeva soprattutto che ne derivassero dei pericoli per la stabilità della situazione geopolitica ereditata da Yalta, dalle imposizioni di Stalin, ritenendola comunque l'unica "risorsa" possibile per non rompere un equilibrio così precario e quindi per salvaguardare la pace.

Alla fine degli anni Settanta, lo scenario mondiale era molto diverso da oggi. C'era ancora la "guerra fredda", con la cortina di ferro a dividere in due l'Europa. C'era ancora l'Unione Sovietica a fronteggiare l'altra superpotenza, quella americana, perpetuando così sia il rischio a un conflitto nucleare sia il dominio in duopolio su un Sud sempre più povero. C'era ancora tutto un bagaglio ideologico che condizionava negativamente i rapporti fra gli Stati e la vita interna dei singoli Paesi. L'Italia era ancora sotto l'incubo del terrorismo, solo pochi mesi prima era stato barbaramente assassinato Aldo Moro.

I timori e le critiche, per la scelta operata dal Collegio cardinalizio, non provenivano però solo da fuori. Nella Curia romana, e anche tra i vescovi, c'era chi nutriva più di una perplessità nei confronti di un Papa che arrivava da un altro mondo, da un'altra storia, e aveva quindi un'altra concezione della vita ecclesiale, del governo della Chiesa.

E poi, nei circoli cattolici più progressisti, si avvertiva una diffidenza ancora maggiore verso "il polacco". Lo consideravano un conservatore, un tradizionalista, appunto perché era espressione di una Chiesa giudicata, preconciliare, di una religiosità intrisa di bigottismo, e, sotto sotto, di un cattolicesimo di serie b, ai margini dei grandi centri di pensiero e delle grandi riforme.

Si trattava chiaramente di giudizi, anzi, di pregiudizi, viziati in partenza da una scarsissima conoscenza dei fatti reali, degli sviluppi più recenti. Non si sapeva o si sapeva molto poco del rinnovamento conciliare attuato dalla Chiesa polacca, del suo dinamismo pastorale, dei seminari pieni, delle nuove forme di impegno missionario, dell'apertura sempre più larga ai laici nella vita ecclesiale. E proprio per essere riuscita a mantenere pubblicamente una sua presenza attiva, la Chiesa aveva creato spazi di libertà non solo per sé, ma per tutti i cittadini, potendo in questo modo dare sostegno a quanti - dissidenti, intellettuali, studenti, ebrei - erano oppressi dal potere comunista.

Così come non si sapeva o si sapeva molto poco del pensiero teologico-filosofico di Karol Wojtyla, della concezione che aveva maturato dell'uomo in quanto persona e della storia in quanto "luogo" in cui si realizza il disegno del Creatore. Dunque, non un atteggiamento "contro" qualcuno o qualcosa - e non importa che fosse il materialismo dialettico o il liberismo economico - bensì quella "verità" sull'uomo che presuppone il primato dell'essere umano sulle cose, la priorità dell'etica sulla tecnica e sui sistemi socio-economici, la superiorità dello spirito sulla materia. E poi anche da vescovo, del resto, monsignor Wojtyla si era sempre preoccupato più di rafforzare la missione della Chiesa, di rivendicare il rispetto dei diritti umani, che non di sfidare frontalmente il regime.

Diventato Papa, non nascose affatto le sue origini. Anche perché, con il passare dei mesi, si rese conto del carattere di provvidenzialità che il suo "essere polacco" avrebbe potuto avere per la Chiesa universale. E lo ricordò con parole forti (e forse anche un po' polemiche) durante il suo primo ritorno in Patria, nella visita ad Auschwitz (Oswiecim). "Può ancora meravigliarsi qualcuno che il Papa, nato ed educato in questa terra; il Papa che è venuto alla sede di San Pietro dalla diocesi nel cui territorio si trova il campo di Oswiecim, abbia iniziato la sua prima enciclica con le parole "Redemptor hominis" e che l'abbia dedicata nell'insieme alla causa dell'uomo...?".

Il 1° settembre del 1939, con l'invasione nazista della Polonia, era scoppiata la seconda guerra mondiale. Karol aveva allora 19 anni. Era fuggito con il padre verso Est, aveva percorso quasi 200 chilometri a piedi fino al fiume San; ma qui, avendo saputo che l'esercito russo era entrato nel territorio polacco da Oriente, era stato costretto a tornare indietro. Insomma, è come se il giovane Wojtyla avesse vissuto in prima persona il famigerato patto Ribbentrop-Molotov, la spartizione della Polonia fra Hitler e Stalin quando ancora andavano d'accordo.

Pietro tra Novecento e nuovo secolo


di Andrea Riccardi


Questo libro di Svidercoschi pone una questione decisiva per il futuro, l'eredità di Giovanni Paolo II, la questione della memoria storica si connette profondamente con quella della sua eredità nella Chiesa del XXI secolo. Benedetto XVI, appena eletto, si è posto chiaramente nella linea del suo predecessore. Lo ha fatto non solo per un atto di riverenza dovuto nei confronti della grandezza spirituale di Giovanni Paolo II. Papa Ratzinger è un uomo dal profilo teologico e pensante, chiaro e profondo, che lo ha portato a cogliere questa profonda spiritualità di Wojtyla anche collaborando personalmente con lui. Così ha voluto dirsi espressamente "successore di Giovanni Paolo II".

L'eredità di Giovanni Paolo II si connette al Concilio, come ho detto. Paolo VI è morto tredici anni dopo la conclusione del Vaticano II, di cui è stato l'architetto. Ma il tempo postconciliare di Papa Montini è stato assai turbolento, anche se egli ha operato riforme e indicato orientamenti di grande importanza nella linea del Vaticano II. La crisi degli anni montiniani era anche connessa alla difficile recezione del Vaticano II. Eletto nel cuore di questa crisi, Papa Wojtyla non ha imboccato un'altra strada, ma ha approfondito quella del Concilio.

Si può dire che Giovanni Paolo II sia stato il Papa della recezione del Concilio:  una recezione creativa, tutta incentrata sull'evangelizzazione. Per lui, il Vaticano II era la riproposizione della Tradizione e del Vangelo nel cuore del difficile secolo XX. Questa recezione non è stata però solo un evento novecentesco. Giovanni Paolo II ha guardato al nuovo millennio, anzi ha sentito forte la responsabilità di guidare la Chiesa in una nuova epoca. Il Grande Giubileo del Duemila è stato per lui un passaggio decisivo a cui ha guardato fin dal 1978, come provano numerose testimonianze.

Giovanni Paolo II infatti è stato anche il Papa del nuovo secolo. Non lo è stato solo per motivi cronologici, ma per una comprensione profonda dei "tempi nuovi". Il Duemila è stato il secolo che ha lasciato alle sue spalle le ideologie, mentre si è avviato alla globalizzazione del mercato e dell'economia. Il Papa, che si era misurato forte e giovane con il Novecento, è avanzato nel 2000 debole e malato. Ma gli ultimi cinque anni del suo pontificato non sono una "coda" di un governo glorioso, un tempo esangue e stanco. Hanno, in sé, un loro valore:  la testimonianza della "forza debole" del cristiano, che non si è fatto bloccare dalla difficoltà delle sue condizioni fisiche. Giovanni Paolo II ha condotto il suo ministero con vigore, pur nella sua fragilità estrema. Anche questo fa parte dell'eredità di Papa Wojtyla, che non è solo una grande visione, ma anche la testimonianza di un uomo di fede, per cui niente è impossibile a chi crede. Dobbiamo perciò essere grati a Gian Franco Svidercoschi che, con passione e competenza, traccia innanzi a noi la figura di Giovanni Paolo II, la propone alle giovani generazioni, mentre ci aiuta tutti a non dimenticare e a ricordare la sua grandezza.

Quella risposta arrivata il 13 maggio


Nel  giugno  seguente [1979], la  visita  in  Polonia. Karol Wojtyla desiderava rivedere almeno una volta la sua Patria. Ma, quello che era di per sé un viaggio sentimentale e insieme un viaggio di fede, non poteva inevitabilmente non assumere delle connotazioni politiche. Anche perché in quel periodo storico, e a maggior ragione, adesso con un polacco salito sulla cattedra di Pietro, la sfida del comunismo, di un ateismo eretto a sistema, strumento di oppressione dei credenti e delle Chiese, era al primo posto delle preoccupazioni e della strategia diplomatica della Santa Sede.

Giovanni Paolo IIPapa Wojtyla, senza comunque tirare mai la corda, aveva fatto capire subito come  la  pensasse. Aveva  aggiornato l'Ostpolitik vaticana, vincolando ogni eventuale accordo con l'Est (proprio in nome dell'Atto di Helsinki) al rispetto dei diritti umani. Aveva detto che sarebbe stato lui, ora, a parlare per la "Chiesa del silenzio". Aveva rilanciato la questione dell'unità europea, rifiutando perciò la logica divisoria di Yalta. E aveva insistito ripetutamente sul concetto di libertà religiosa, non più solo in una prospettiva individuale o come libertà di culto, ma nel senso di una dimensione "sociale e pubblica" della fede.
 
Alla fine, anche Breznev, il despota del Cremlino, dovette cedere. Il Papa polacco tornò nella sua Polonia, e, come intuì immediatamente il cardinale König, quella visita fu un terremoto. La presenza di milioni di persone, specialmente di giovani. Le Messe nelle piazze. Le preghiere che sembravano tante frecciate contro il regime. Come a Varsavia. "Scenda il Tuo Spirito! E rinnovi la faccia della terra. Di questa Terra!". Il Papa che a Gniezno dava voce ai popoli slavi. Il Papa in preghiera ad Auschwitz. Il Papa nella sua Cracovia. Tutto fu un vero terremoto. E spaventò anche il capo della diplomazia vaticana, Casaroli, il quale, mentre una sera Wojtyla parlava dalla finestra con i giovani, si lamentò con alcuni cardinali:  "Ma che cosa vuole? Uno spargimento di sangue? Oppure vuole rovesciare il governo?".

Proprio durante quel viaggio, invece, i polacchi scoprirono di non avere più paura; e, la stessa voglia di libertà, di riscatto, cominciò ad allargarsi per cerchi concentrici ai Paesi vicini. L'anno dopo nacque Solidarnosc. Il proletariato si rivoltava contro lo Stato-partito, che aveva calpestato i diritti dei lavoratori, del lavoro stesso. Era il primo sindacato libero nel blocco sovietico. E, con il sindacati, c'era tutta la società polacca. C'era il sostegno di Giovanni Paolo II. E quando pochi mesi dopo la situazione prese a farsi pericolosa, e arrivarono i segnali di una possibile invasione da parte dell'Armata Rossa, Wojtyla scrisse al presidente sovietico richiamando la storia della sua Patria, le sofferenze patite, il suo diritto a essere libera, sovrana, a decidere del proprio destino.

Quella lettera però non ebbe mai alcuna risposta. A meno che non si voglia considerare una "risposta" il tentativo di uccidere il Papa polacco, di eliminare colui che sarebbe stato un testimone troppo scomodo, troppo "ingombrante", al momento del colpo di Stato del generale Jaruzelski, e poi della repressione, della cancellazione legale non solo del movimento operaio ma, in pratica, della libertà di un'intera nazione. "Penso che esso sia stato - scrisse il Papa dell'attentato in Memoria e identità - una delle ultime convulsioni delle ideologie della prepotenza, scatenatasi nel XX secolo". Come non leggere in queste righe l'idea del Papa, se non addirittura la convinzione, che per individuare chi avesse armato la mano di Alì Agca sarebbe stato necessario risalire a qualche servizio segreto dell'Est?



(©L'Osservatore Romano - 25 settembre 2009)

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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ECCLESIA DE EUCHARISTIA LETTERA ENCICLICA SULL'EUCARESTIA NEL SUO RAPPORTO CON LA CHIESA DEL SOMMO PONTEFICE GIOVANNI PAOLO II. (tpfs*)

Brani scelti ad uso degli incontri di formazione teologica degli adulti della parrocchia di S.Melania


Indice


INTRODUZIONE

1. La Chiesa vive dell'Eucaristia. Questa verità non esprime soltanto un'esperienza quotidiana di fede, ma racchiude in sintesi il nucleo del mistero della Chiesa . Con gioia essa sperimenta in molteplici forme il continuo avverarsi della promessa: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» ( Mt 28,20); ma nella sacra Eucaristia, per la conversione del pane e del vino nel corpo e nel sangue del Signore, essa gioisce di questa presenza con un'intensità unica. Da quando, con la Pentecoste, la Chiesa, Popolo della Nuova Alleanza, ha cominciato il suo cammino pellegrinante verso la patria celeste, il Divin Sacramento ha continuato a scandire le sue giornate, riempiendole di fiduciosa speranza.
Giustamente il Concilio Vaticano II ha proclamato che il Sacrificio eucaristico è «fonte e apice di tutta la vita cristiana».1 «Infatti, nella santissima Eucaristia è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra Pasqua e pane vivo che, mediante la sua carne vivificata dallo Spirito Santo e vivificante, dà vita agli uomini».2 Perciò lo sguardo della Chiesa è continuamente rivolto al suo Signore, presente nel Sacramento dell'Altare, nel quale essa scopre la piena manifestazione del suo immenso amore.

8. …Questo scenario così variegato delle mie Celebrazioni eucaristiche me ne fa sperimentare fortemente il carattere universale e, per così dire, cosmico. Sì, cosmico! Perché anche quando viene celebrata sul piccolo altare di una chiesa di campagna, l'Eucaristia è sempre celebrata, in certo senso, sull'altare del mondo . Essa unisce il cielo e la terra. Comprende e pervade tutto il creato. Il Figlio di Dio si è fatto uomo, per restituire tutto il creato, in un supremo atto di lode, a Colui che lo ha fatto dal nulla. E così Lui, il sommo ed eterno Sacerdote, entrando mediante il sangue della sua Croce nel santuario eterno, restituisce al Creatore e Padre tutta la creazione redenta. Lo fa mediante il ministero sacerdotale della Chiesa, a gloria della Trinità Santissima. Davvero è questo il mysterium fidei che si realizza nell'Eucaristia: il mondo uscito dalle mani di Dio creatore torna a Lui redento da Cristo.

CAPITOLO PRIMO: MISTERO DELLA FEDE

11. …La Chiesa ha ricevuto l'Eucaristia da Cristo suo Signore non come un dono, pur prezioso fra tanti altri, ma come il dono per eccellenza , perché dono di se stesso, della sua persona nella sua santa umanità, nonché della sua opera di salvezza. Questa non rimane confinata nel passato, giacché «tutto ciò che Cristo è, tutto ciò che ha compiuto e sofferto per tutti gli uomini, partecipa dell'eternità divina e perciò abbraccia tutti i tempi».10
Quando la Chiesa celebra l'Eucaristia, memoriale della morte e risurrezione del suo Signore, questo evento centrale di salvezza è reso realmente presente e «si effettua l'opera della nostra redenzione».11 Questo sacrificio è talmente decisivo per la salvezza del genere umano che Gesù Cristo l'ha compiuto ed è tornato al Padre soltanto dopo averci lasciato il mezzo per parteciparvi come se vi fossimo stati presenti. Ogni fedele può così prendervi parte e attingerne i frutti inesauribilmente. Questa è la fede, di cui le generazioni cristiane hanno vissuto lungo i secoli.

12. … Non affermò soltanto che ciò che dava loro da mangiare e da bere era il suo corpo e il suo sangue, ma ne espresse altresì il valore sacrificale , rendendo presente in modo sacramentale il suo sacrificio, che si sarebbe compiuto sulla Croce alcune ore dopo per la salvezza di tutti… In effetti, «il sacrificio di Cristo e il sacrificio dell'Eucaristia sono un unico sacrificio ».14 Lo diceva efficacemente già san Giovanni Crisostomo: «Noi offriamo sempre il medesimo Agnello, e non oggi uno e domani un altro, ma sempre lo stesso. Per questa ragione il sacrificio è sempre uno solo. [...] Anche ora noi offriamo quella vittima, che allora fu offerta e che mai si consumerà».15
La Messa rende presente il sacrificio della Croce, non vi si aggiunge e non lo moltiplica.16

13. In forza del suo intimo rapporto con il sacrificio del Golgota, l'Eucaristia è sacrificio in senso proprio , e non solo in senso generico, come se si trattasse del semplice offrirsi di Cristo quale cibo spirituale ai fedeli. Il dono infatti del suo amore e della sua obbedienza fino all'estremo della vita (cfr Gv 10,17-18) è in primo luogo un dono al Padre suo. Certamente, è dono in favore nostro, anzi di tutta l'umanità (cfr Mt 26,28; Mc 14,24; Lc 22,20; Gv 10,15), ma dono innanzitutto al Padre : «sacrificio che il Padre accettò, ricambiando questa totale donazione di suo Figlio, che si fece “obbediente fino alla morte” ( Fil 2,8), con la sua paterna donazione, cioè col dono della nuova vita immortale nella risurrezione».18

14. …Sant'Ambrogio lo ricordava ai neofiti, come applicazione alla loro vita dell'evento della risurrezione: «Se oggi Cristo è tuo, egli risorge per te ogni giorno».20

15. La ripresentazione sacramentale nella Santa Messa del sacrificio di Cristo coronato dalla sua risurrezione implica una specialissima presenza che – per riprendere le parole di Paolo VI – «si dice “reale” non per esclusione, quasi che le altre non siano “reali'', ma per antonomasia perché è sostanziale, e in forza di essa Cristo, Uomo-Dio, tutto intero si fa presente».22 È riproposta così la sempre valida dottrina del Concilio di Trento: «Con la consacrazione del pane e del vino si opera la conversione di tutta la sostanza del pane nella sostanza del Corpo di Cristo, nostro Signore, e di tutta la sostanza del vino nella sostanza del suo Sangue. Questa conversione in modo conveniente e appropriato è chiamata dalla santa Chiesa cattolica transustanziazione».23 … Resta il confine additato da Paolo VI: «Ogni spiegazione teologica, che tenti di penetrare in qualche modo questo mistero, per essere in accordo con la fede cattolica deve mantenere fermo che nella realtà obiettiva, indipendentemente dal nostro spirito, il pane e il vino han cessato di esistere dopo la consacrazione, sicché da quel momento sono il corpo e il sangue adorabili del Signore Gesù ad essere realmente dinanzi a noi sotto le specie sacramentali del pane e del vino».26

CAPITOLO SECONDO: L'EUCARISTIA EDIFICA LA CHIESA

21. Il Concilio Vaticano II ha ricordato che la Celebrazione eucaristica è al centro del processo di crescita della Chiesa. Infatti, dopo aver detto che «la Chiesa, ossia il regno di Cristo già presente in mistero, per la potenza di Dio cresce visibilmente nel mondo»,35 quasi volendo rispondere alla domanda: «Come cresce?», aggiunge: «Ogni volta che il sacrificio della Croce “col quale Cristo, nostro agnello pasquale, è stato immolato” ( 1 Cor 5,7) viene celebrato sull'altare, si effettua l'opera della nostra redenzione. E insieme, col sacramento del pane eucaristico, viene rappresentata e prodotta l'unità dei fedeli, che costituiscono un solo corpo in Cristo (cfr 1 Cor 10,17)».36
C'è un influsso causale dell'Eucaristia , alle origini stesse della Chiesa.

22. L'incorporazione a Cristo, realizzata attraverso il Battesimo, si rinnova e si consolida continuamente con la partecipazione al Sacrificio eucaristico, soprattutto con la piena partecipazione ad esso che si ha nella comunione sacramentale. Possiamo dire che non soltanto ciascuno di noi riceve Cristo , ma che anche Cristo riceve ciascuno di noi . Egli stringe la sua amicizia con noi: «Voi siete miei amici» ( Gv 15,14). Noi, anzi, viviamo grazie a Lui: «Colui che mangia di me vivrà per me» ( Gv 6,57). Nella comunione eucaristica si realizza in modo sublime il «dimorare» l'uno nell'altro di Cristo e del discepolo: «Rimanete in me e io in voi» ( Gv 15,4).

nota 41 Cfr. Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sul ministero e la vita dei presbiteri Presbyterorum Ordinis , 5. Lo stesso Decreto, al n. 6 dice: «Non è possibile che sia costruita una comunità cristiana se non avendo come radice e come cardine la celebrazione della santissima Eucaristia».

23. … Puntuale e profondo il commento di san Giovanni Crisostomo: «Che cos'è infatti il pane? È il corpo di Cristo. Cosa diventano quelli che lo ricevono? Corpo di Cristo; ma non molti corpi, bensì un solo corpo. Infatti, come il pane è tutt'uno, pur essendo costituito di molti grani, e questi, pur non vedendosi, comunque si trovano in esso, sì che la loro differenza scompare in ragione della loro reciproca perfetta fusione; alla stessa maniera anche noi siamo uniti reciprocamente fra noi e tutti insieme con Cristo».42 L'argomentazione è stringente: la nostra unione con Cristo, che è dono e grazia per ciascuno, fa sì che in Lui siamo anche associati all'unità del suo corpo che è la Chiesa.

25. Il culto reso all'Eucaristia fuori della Messa è di un valore inestimabile nella vita della Chiesa. Tale culto è strettamente congiunto con la celebrazione del Sacrificio eucaristico. La presenza di Cristo sotto le sacre specie che si conservano dopo la Messa – presenza che perdura fintanto che sussistono le specie del pane e del vino45 – deriva dalla celebrazione del Sacrificio e tende alla comunione, sacramentale e spirituale.46 … È bello intrattenersi con Lui e, chinati sul suo petto come il discepolo prediletto (cfr Gv 13,25), essere toccati dall'amore infinito del suo cuore. Se il cristianesimo deve distinguersi, nel nostro tempo, soprattutto per l'«arte della preghiera»,48 come non sentire un rinnovato bisogno di trattenersi a lungo, in spirituale conversazione, in adorazione silenziosa, in atteggiamento di amore, davanti a Cristo presente nel Santissimo Sacramento? Quante volte, miei cari fratelli e sorelle, ho fatto questa esperienza, e ne ho tratto forza, consolazione, sostegno!
Di questa pratica ripetutamente lodata e raccomandata dal Magistero,49 numerosi Santi ci danno l'esempio. In modo particolare, si distinse in ciò sant'Alfonso Maria de' Liguori, che scriveva: «Fra tutte le devozioni, questa di adorare Gesù sacramentato è la prima dopo i sacramenti, la più cara a Dio e la più utile a noi».50 L'Eucaristia è un tesoro inestimabile: non solo il celebrarla, ma anche il sostare davanti ad essa fuori della Messa consente di attingere alla sorgente stessa della grazia.

Nota 49 «Durante il giorno i fedeli non omettano di fare la visita al Santissimo Sacramento, che dev'essere custodito in luogo distintissimo, col massimo onore nelle chiese, secondo le leggi liturgiche, perché la visita è prova di gratitudine, segno d'amore e debito di riconoscenza a Cristo Signore là presente»: Paolo VI, Lett. enc. Mysterium fidei (3 settembre 1965): AAS 57 (1965), 771.

CAPITOLO TERZO: L'APOSTOLICITÀ DELL'EUCARISTIA E DELLA CHIESA

29. L'espressione, ripetutamente usata dal Concilio Vaticano II, secondo cui «il sacerdote ministeriale compie il Sacrificio eucaristico in persona di Cristo»,58 era già ben radicata nell'insegnamento pontificio.59 Come ho avuto modo di chiarire in altra occasione, in persona Christi «vuol dire di più che “a nome”, oppure “nelle veci” di Cristo. In persona : cioè nella specifica, sacramentale identificazione col sommo ed eterno Sacerdote, che è l'autore e il principale soggetto di questo suo proprio sacrificio, nel quale in verità non può essere sostituito da nessuno».60 Il ministero dei sacerdoti che hanno ricevuto il sacramento dell'Ordine, nell'economia di salvezza scelta da Cristo, manifesta che l'Eucaristia, da loro celebrata, è un dono che supera radicalmente il potere dell'assemblea ed è comunque insostituibile per collegare validamente la consacrazione eucaristica al sacrificio della Croce e all'Ultima Cena.
L'assemblea che si riunisce per la celebrazione dell'Eucaristia necessita assolutamente di un sacerdote ordinato che la presieda per poter essere veramente assemblea eucaristica. D'altra parte, la comunità non è in grado di darsi da sola il ministro ordinato. Questi è un dono che essa riceve attraverso la successione episcopale risalente agli Apostoli . È il Vescovo che, mediante il sacramento dell'Ordine, costituisce un nuovo presbitero conferendogli il potere di consacrare l'Eucaristia. Pertanto «il Mistero eucaristico non può essere celebrato in nessuna comunità se non da un sacerdote ordinato come ha espressamente insegnato il Concilio Lateranense IV».61

31. Se l'Eucaristia è centro e vertice della vita della Chiesa, parimenti lo è del ministero sacerdotale. Per questo, con animo grato a Gesù Cristo Signore nostro, ribadisco che l'Eucaristia «è la principale e centrale ragion d'essere del Sacramento del sacerdozio, nato effettivamente nel momento dell'istituzione dell'Eucaristia e insieme con essa».63
Le attività pastorali del presbitero sono molteplici. Se si pensa poi alle condizioni sociali e culturali del mondo attuale, è facile capire quanto sia incombente sui presbiteri il pericolo della dispersione in un gran numero di compiti diversi. Il Concilio Vaticano II ha individuato nella carità pastorale il vincolo che dà unità alla loro vita e alle loro attività. Essa – soggiunge il Concilio – «scaturisce soprattutto dal Sacrificio eucaristico, il quale risulta quindi il centro e la radice di tutta la vita del presbitero».64

32. …Quando la comunità è priva del sacerdote, giustamente si cerca di rimediare in qualche modo affinché continuino le celebrazioni domenicali, e i religiosi e i laici che guidano i loro fratelli e le loro sorelle nella preghiera esercitano in modo lodevole il sacerdozio comune di tutti i fedeli, basato sulla grazia del Battesimo. Ma tali soluzioni devono essere ritenute solo provvisorie, mentre la comunità è in attesa di un sacerdote.
L'incompletezza sacramentale di queste celebrazioni deve innanzitutto spingere l'intera comunità a pregare con maggior fervore, affinché il Signore mandi operai nella sua messe (cfr Mt 9,38); e deve poi stimolarla a porre in atto tutti gli altri elementi costitutivi di un'adeguata pastorale vocazionale, senza indulgere alla tentazione di cercare soluzioni attraverso l'affievolimento delle qualità morali e formative richieste ai candidati al sacerdozio.

CAPITOLO QUARTO: L'EUCARISTIA E LA COMUNIONE ECCLESIALE

35. La celebrazione dell'Eucaristia, però, non può essere il punto di avvio della comunione, che presuppone come esistente, per consolidarla e portarla a perfezione. Il Sacramento esprime tale vincolo di comunione sia nella dimensione invisibile che, in Cristo, per l'azione dello Spirito Santo, ci lega al Padre e tra noi, sia nella dimensione visibile implicante la comunione nella dottrina degli Apostoli, nei Sacramenti e nell'ordine gerarchico. L'intimo rapporto esistente tra gli elementi invisibili e gli elementi visibili della comunione ecclesiale è costitutivo della Chiesa come sacramento di salvezza.71 Solo in questo contesto si ha la legittima celebrazione dell'Eucaristia e la vera partecipazione ad essa. Perciò risulta un'esigenza intrinseca all'Eucaristia che essa sia celebrata nella comunione, e concretamente nell'integrità dei suoi vincoli.

36. …In questa linea giustamente il Catechismo della Chiesa Cattolica stabilisce: «Chi è consapevole di aver commesso un peccato grave, deve ricevere il sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla comunione».74 Desidero quindi ribadire che vige e vigerà sempre nella Chiesa la norma con cui il Concilio di Trento ha concretizzato la severa ammonizione dell'apostolo Paolo affermando che, al fine di una degna ricezione dell'Eucaristia, «si deve premettere la confessione dei peccati, quando uno è conscio di peccato mortale».75

39. Inoltre, per il carattere stesso della comunione ecclesiale e del rapporto che con essa ha il sacramento dell'Eucaristia, va ricordato che «il Sacrificio eucaristico, pur celebrandosi sempre in una particolare comunità, non è mai celebrazione di quella sola comunità: essa, infatti, ricevendo la presenza eucaristica del Signore, riceve l'intero dono della salvezza e si manifesta così, pur nella sua perdurante particolarità visibile, come immagine e vera presenza della Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica».79 Deriva da ciò che una comunità veramente eucaristica non può ripiegarsi su se stessa, quasi fosse autosufficiente, ma deve mantenersi in sintonia con ogni altra comunità cattolica.
La comunione ecclesiale dell'assemblea eucaristica è comunione col proprio Vescovo e col Romano Pontefice . Il Vescovo, in effetti, è il principio visibile e il fondamento dell'unità nella sua Chiesa particolare.80 Sarebbe pertanto una grande incongruenza se il Sacramento per eccellenza dell'unità della Chiesa fosse celebrato senza una vera comunione col Vescovo. Scriveva sant'Ignazio di Antiochia: «Si ritenga sicura quell'Eucaristia che si realizza sotto il Vescovo o colui a cui egli ne ha dato incarico».81 Parimenti, poiché «il Romano Pontefice, quale successore di Pietro, è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell'unità sia dei Vescovi sia della moltitudine dei fedeli»,82 la comunione con lui è un'esigenza intrinseca della celebrazione del Sacrificio eucaristico. Di qui la grande verità espressa in vari modi dalla Liturgia: «Ogni celebrazione dell'Eucaristia è fatta in unione non solo con il proprio Vescovo ma anche con il Papa, con l'Ordine episcopale, con tutto il clero e con l'intero popolo. Ogni valida celebrazione dell'Eucaristia esprime questa universale comunione con Pietro e con l'intera Chiesa, oppure oggettivamente la richiama, come nel caso delle Chiese cristiane separate da Roma».83

40. L'Eucaristia crea comunione ed educa alla comunione . San Paolo scriveva ai fedeli di Corinto mostrando quanto le loro divisioni, che si manifestavano nelle assemblee eucaristiche, fossero in contrasto con quello che celebravano, la Cena del Signore. Conseguentemente l'Apostolo li invitava a riflettere sulla vera realtà dell'Eucaristia, per farli ritornare allo spirito di comunione fraterna (cfr 1 Cor 11,17-34). Efficacemente si faceva eco di questa esigenza sant'Agostino il quale, ricordando la parola dell'Apostolo: «Voi siete corpo di Cristo e sue membra » ( 1 Cor 12,27), osservava: «Se voi siete il suo corpo e le sue membra, sulla mensa del Signore è deposto quel che è il vostro mistero; sì, voi ricevete quel che è il vostro mistero».84 E da tale constatazione deduceva: «Cristo Signore [...] consacrò sulla sua mensa il mistero della nostra pace e unità. Chi riceve il mistero dell'unità, ma non conserva il vincolo della pace, riceve non un mistero a suo favore, bensì una prova contro di sé».85

45. Se in nessun caso è legittima la concelebrazione in mancanza della piena comunione, non accade lo stesso rispetto all'amministrazione dell'Eucaristia, in circostanze speciali, a singole persone appartenenti a Chiese o Comunità ecclesiali non in piena comunione con la Chiesa cattolica. In questo caso, infatti, l'obiettivo è di provvedere a un grave bisogno spirituale per l'eterna salvezza di singoli fedeli, non di realizzare una intercomunione , impossibile fintanto che non siano appieno annodati i legami visibili della comunione ecclesiale.
In tal senso si è mosso il Concilio Vaticano II, fissando il comportamento da tenere con gli Orientali che, trovandosi in buona fede separati dalla Chiesa cattolica, chiedono spontaneamente di ricevere l'Eucaristia dal ministro cattolico e sono ben disposti.95 Questo modo di agire è stato poi ratificato da entrambi i Codici, nei quali è considerato anche, con gli opportuni adeguamenti, il caso degli altri cristiani non orientali che non sono in piena comunione con la Chiesa cattolica.96

CAPITOLO QUINTO: IL DECORO DELLA CELEBRAZIONE EUCARISTICA

48. Come la donna dell'unzione di Betania, la Chiesa non ha temuto di «sprecare» , investendo il meglio delle sue risorse per esprimere il suo stupore adorante di fronte al dono incommensurabile dell'Eucaristia . Non meno dei primi discepoli incaricati di predisporre la «grande sala», essa si è sentita spinta lungo i secoli e nell'avvicendarsi delle culture a celebrare l'Eucaristia in un contesto degno di così grande Mistero. Sull'onda delle parole e dei gesti di Gesù, sviluppando l'eredità rituale del giudaismo, è nata la liturgia cristiana .

49. … Su questa base si è sviluppato anche un ricco patrimonio di arte . L'architettura, la scultura, la pittura, la musica, lasciandosi orientare dal mistero cristiano, hanno trovato nell'Eucaristia, direttamente o indirettamente, un motivo di grande ispirazione.
È stato così, ad esempio, per l'architettura, che ha visto il passaggio, non appena il contesto storico lo ha consentito, dalle iniziali sedi eucaristiche poste nelle « domus » delle famiglie cristiane alle solenni basiliche dei primi secoli, alle imponenti cattedrali del Medioevo, fino alle chiese grandi o piccole, che hanno via via costellato le terre raggiunte dal cristianesimo. Le forme degli altari e dei tabernacoli si sono sviluppate dentro gli spazi delle aule liturgiche seguendo di volta in volta non solo i motivi dell'estro, ma anche i dettami di una precisa comprensione del Mistero. Altrettanto si può dire della musica sacra , se solo si pensa alle ispirate melodie gregoriane, ai tanti e spesso grandi autori che si sono cimentati con i testi liturgici della Santa Messa. E non si rileva forse un'enorme quantità di produzioni artistiche , dalle realizzazioni di un buon artigianato alle vere opere d'arte, nell'ambito degli oggetti e dei paramenti utilizzati per la Celebrazione eucaristica?
Si può dire così che l'Eucaristia, mentre ha plasmato la Chiesa e la spiritualità, ha inciso fortemente sulla «cultura», specialmente in ambito estetico.

50. In questo sforzo di adorazione del Mistero colto in prospettiva rituale ed estetica, hanno, in certo senso, «gareggiato» i cristiani dell'Occidente e dell'Oriente.

CAPITOLO SESTO: ALLA SCUOLA DI MARIA, DONNA «EUCARISTICA»

53. …A prima vista, il Vangelo tace su questo tema. Nel racconto dell'istituzione, la sera del Giovedì Santo, non si parla di Maria. Si sa invece che Ella era presente tra gli Apostoli, «concordi nella preghiera» ( At 1,14), nella prima comunità radunata dopo l'Ascensione in attesa della Pentecoste . Questa sua presenza non poté certo mancare nelle Celebrazioni eucaristiche tra i fedeli della prima generazione cristiana, assidui «nella frazione del pane» ( At 2,42).
Ma al di là della sua partecipazione al Convito eucaristico, il rapporto di Maria con l'Eucaristia si può indirettamente delineare a partire dal suo atteggiamento interiore. Maria è donna «eucaristica» con l'intera sua vita . La Chiesa, guardando a Maria come a suo modello, è chiamata ad imitarla anche nel suo rapporto con questo Mistero santissimo.

54. Mysterium fidei! Se l'Eucaristia è mistero di fede, che supera tanto il nostro intelletto da obbligarci al più puro abbandono alla parola di Dio, nessuno come Maria può esserci di sostegno e di guida in simile atteggiamento. Il nostro ripetere il gesto di Cristo nell'Ultima Cena in adempimento del suo mandato: «Fate questo in memoria di me!» diventa al tempo stesso accoglimento dell'invito di Maria ad obbedirgli senza esitazione: «Fate quello che vi dirà» ( Gv 2,5). Con la premura materna testimoniata alle nozze di Cana, Maria sembra dirci: «Non abbiate tentennamenti, fidatevi della parola di mio Figlio. Egli, che fu capace di cambiare l'acqua in vino, è ugualmente capace di fare del pane e del vino il suo corpo e il suo sangue, consegnando in questo mistero ai credenti la memoria viva della sua Pasqua, per farsi in tal modo “pane di vita”».

55. In certo senso, Maria ha esercitato la sua fede eucaristica prima ancora che l'Eucaristia fosse istituita, per il fatto stesso di aver offerto il suo grembo verginale per l'incarnazione del Verbo di Dio .

57. … Vivere nell'Eucaristia il memoriale della morte di Cristo implica anche ricevere continuamente questo dono. Significa prendere con noi – sull'esempio di Giovanni – colei che ogni volta ci viene donata come Madre. Significa assumere al tempo stesso l'impegno di conformarci a Cristo, mettendoci alla scuola della Madre e lasciandoci accompagnare da lei. Maria è presente, con la Chiesa e come Madre della Chiesa, in ciascuna delle nostre Celebrazioni eucaristiche. Se Chiesa ed Eucaristia sono un binomio inscindibile, altrettanto occorre dire del binomio Maria ed Eucaristia. Anche per questo il ricordo di Maria nella Celebrazione eucaristica è unanime, sin dall'antichità, nelle Chiese dell'Oriente e dell'Occidente.



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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29/06/2010 21:52
 
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La propaganda fidei di Wojtyla. Crisi curiale, gossip e iconoclastia: ma ci vuol altro per un Papa Magno

Prima le accuse di copertura dei peccati carnali del clero mosse contro gran parte dell’establishment della curia romana sotto il pontificato precedente a quello di Benedetto XVI. Poi un importante cardinale italiano, amico fedelissimo della casa pontificia di Giovanni Paolo II, indagato per corruzione dalla magistratura italiana: Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, tra i più capaci factotum del pontificato wojtyliano, dal 2001 al 2006 “Papa rosso” e cioè prefetto di Propaganda fide. Sono dei flashback tra il chiaro e l’oscuro che, da diverse settimane, arrivano a condizionare il giudizio su un protagonista indiscusso della fine del Novecento: Giovanni Paolo II, al secolo Karol Wojtyla, il cardinale polacco che sale al soglio di Pietro una sera di ottobre del 1978 dopo lo choc della fine repentina (33 giorni appena) del primo Giovanni Paolo, l’italiano Albino Luciani. Wojtyla, l’uomo che il popolo vuole “santo subito” il giorno delle esequie in piazza San Pietro (8 aprile 2005). Alla cerimonia partecipa un parterre mai visto prima di capi di stato e re e autorità religiose mondiali. L’attuale decano del collegio cardinalizio, il cardinale Angelo Sodano, definisce Giovanni Paolo, nelle ore successive alla sua morte, “Papa Magno”. Sul sagrato di San Pietro Ratzinger, il decano di allora e futuro Papa, accenna alla presenza celeste dell’anima del Papa defunto, mentre il vento scompiglia le cotte porpora dei cardinali e le pagine del Vangelo posto sulla bara. Ora, più o meno tra le righe, incomincia un esercizio dissacratorio: è l’intero quarto di secolo in cui quel gigante è stato al timone della chiesa che viene rivisitato da fuori, ma anche da dentro le sacre mura, con un ritratto pieno di ombre.

Dall’elezione di Luciani all’apparizione sulla loggia centrale della basilica vaticana di un Papa inatteso che sorride a Roma e dice in un italiano stentato “se sbaglio mi corrigerete”, c’è il lasso di tempo di un respiro. Wojtyla cerca da subito la comprensione del popolo e in particolare l’affetto di Roma. Dirà don Stanislaw Dziwisz, suo segretario particolare: “Un attimo prima che i cerimonieri aprissero le ante della loggia della benedizione, la sera del 16 ottobre 1978, Wojtyla chiede: ‘Come mi accoglieranno i romani, cosa diranno di un Papa venuto da un paese lontano?’”. Inizialmente non dicono nulla, i romani. Si guardano increduli cercando di decifrare quel cognome tanto strano. Ma poi, già alle prime balbettate parole, piovono applausi. E sorrisi: è un feeling da subito indissolubile quello tra Wojtyla e Roma, tra il Papa e l’Italia. Dopo quasi mezzo millennio – dal tempo cioè di Adriano VI (1522-1523) – il collegio dei cardinali torna a scegliere come vescovo di Roma un ecclesiastico straniero. Per la prima volta a divenire Pontefice romano è uno slavo. “Da un paese lontano” scrive Gian Maria Vian sull’Osservatore Romano il 16 ottobre del 2008, “furono le parole che Wojtyla disse subito alla città che amava sin dal tempo dei suoi studi e a quel mondo che presto avrebbe cominciato a percorrere da Papa”. E ancora: “Con la passione di un mistico immerso nel suo tempo e il vigore di un’età relativamente giovane (e alla quale i conclavi non erano più abituati dal 1846, quando venne eletto il cinquantaquattrenne Giovanni Maria Mastai Ferretti).

Si iniziava così un pontificato che sarebbe stato il più lungo dopo quello di Pio IX. Lungo e soprattutto di rilevanza storicamente incisiva nelle vicende dell’ultimo scorcio del Novecento, sino a entrare nei primi anni del nuovo secolo. Secondo una visione della storia che Giovanni Paolo II lasciò trasparire sin dalla sua prima enciclica, dove era disegnato il cammino del cattolicesimo avviato a compiere il secondo Millennio”. C’è un tratto di Giovanni Paolo II che più d’altri dà fastidio, disturba: il suo essere anti moderno. “L’ultimo Papa anti moderno” scrive poche ore dopo la sua morte Sandro Magister. Un Papa che propone la fede come antidoto allo spirito dei tempi. Un Pontefice non conforme alle mode del momento e per questo osteggiato. La fede, per lui, è una spada da piantare nel cuore del mondo. Nessun arretramento. Nessun senso d’inferiorità. Fino all’ultimo. Fino al Giubileo del 2000 e alla croce della malattia, i due momenti più alti della sua epopea. Festa e dolore vissuti alla luce della fede, in pubblico, davanti a tutti. Certo, non tutti nella chiesa apprezzano. Anche Ratzinger, che con Wojtyla ha piena sintonia di vedute e di linea e che su nessun terreno gli è stato avversario, alla vigilia del Giubileo confida ai giornalisti di essere “un po’ tra quelle persone che hanno difficoltà a trovarsi in una struttura celebrativa permanente”. Poi, alla presentazione di un fascicolo dedicato all’anno giubilare, l’allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede cita un giudizio di Giovanni Papini sul Giubileo del 1950, il quale si lamenta che “moltissimi, troppi, ne discorrono (del Giubileo) come se dovesse essere una fruttuosa stagione turistica”.

Wojtyla fa parlare di sé fin dall’inizio. Il 22 ottobre 1978 San Pietro è addobbata a festa per l’inizio del Pontificato. Dice il Papa: “Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa ‘cosa è dentro l’uomo’. Solo lui lo sa!”. Dopo tre secoli di liberalismo, illuminismo, comunismo e capitalismo, Wojtyla si convince che occorre non solo resistere ma anche contrattaccare. Chiamare alla battaglia cristiani forti e pugnaci. Le parole del Papa e i primi gesti del pontificato scuotono i fedeli. Racconta George Weigel, biografo di Wojtyla: “Nel 1978 abitavo a Seattle. La notizia dell’elezione di Wojtyla arrivò all’ora di pranzo. Come tanti altri non sapevo nulla di lui, e non immaginavo che di lì a poco avrebbe cambiato il mondo (oltre che la mia vita). Dal 2 al 10 giugno 1979 Wojtyla visitò la Polonia: i ‘nove giorni di Giovanni Paolo II’, li chiamo nel capitolo conclusivo della biografia ‘The end and the beginning’ che uscirà in settembre. Furono quei giorni che mi convinsero che quest’uomo aveva la capacità di plasmare la storia”.
Wojtyla viene eletto principalmente dai cardinali dei paesi benestanti: tedeschi, olandesi, nordamericani. L’idea è una: conficcare nel cuore dell’impero sovietico un puntello capace di scardinarne il sistema. Ma forse molti dei cardinali che l’hanno eletto sottovalutano l’altra caratteristica di Wojtyla: il suo essere antimoderno rispetto all’occidente, alla sua mancanza di fede, al suo modo di vivere dimentico di Dio. Massimo Camisasca negli anni di Wojtyla è portavoce di Cl in Vaticano. Ricorda la novità dirompente di quelle ore.

Dice: “Per valutare esattamente la svolta che il pontificato di Giovanni Paolo II ha impresso alla vita della chiesa occorre riandare alla fine degli anni Settanta, profondamente segnati dalla confusione: nella teologia, nell’educazione dei sacerdoti, nella liturgia, nella concezione che gli uomini di chiesa avevano del sacramento ecclesiale. In pochi mesi ci si è trovati catapultati in un altro clima. All’incertezza, al dubbio sono succeduti la chiarezza e il coraggio. Attraverso eventi straordinari Giovanni Paolo II ridà a una moltitudine di uomini la fierezza della fede o anche semplicemente la fierezza della loro umanità. La straordinarietà dei viaggi, la planetarietà degli interventi sottraggono inevitabilmente energie alla guida ordinaria della chiesa. Alcuni problemi sono rimasti aperti: la ricerca di uomini più validi per l’episcopato, la riforma dei seminari, un più efficace inserimento delle forze vive dei movimenti e delle nuove comunità nella realtà delle diocesi. Ma molto è rimasto: il frutto del pontificato destinato a incidere di più nel futuro della chiesa è, a mio parere, il catechismo della chiesa cattolica, opera di Joseph Ratzinger che però non sarebbe stata possibile senza l’influsso e l’appoggio di Giovanni Paolo II”.

Wojtyla fa capire da subito chi sono i suoi nemici. Il comunismo è tra questi. Lo combatte e lo vince. Ma non se ne prende il merito. Dice: “Il comunismo è caduto da solo, in conseguenza dei suoi errori e abusi”. Spiega Vittorio Messori: “Wojtyla era convinto che il comunismo fosse caduto principalmente per implosione. Insieme, era consapevole che l’annuncio della fede sarebbe stato una necessità per la chiesa anche dopo il comunismo. Per questo viaggiò in tutto il mondo. I suoi viaggi avevano un coté escatologico. Citava il Vangelo dove si legge che Cristo tornerà quando la sua parola sarà annunciata a tutti i popoli. E lui questo si mise a fare: annunciare il Vangelo”. Molto annuncio e poco governo, dicono alcuni. Racconta Messori: “Wojtyla fa una scelta. L’annuncio e non il governo. La missione e, per il resto, l’‘intendance suivra’. Intervistai una volta il cardinale Giuseppe Siri, che fino all’ultimo sarebbe potuto diventare Papa al posto di Wojtyla. Lui sarebbe stato un Papa attento all’amministrazione. Ma i cardinali non lo scelsero”.
Benny Lai, decano dei vaticanisti, conosce bene la curia wojtyliana. E sa che il governo della macchina in realtà c’era. Soltanto non lo gestiva il Papa. Lasciava fare ad altri. Non per disprezzo del governo, ma per scelta di vita. Dice: “Uomini santi insieme a manager che sanno come raggiungere gli obiettivi che si propongono. Questa è la curia di Giovanni Paolo II. Da qui partono anche oggi i giudizi negativi su di lui. Ma chi critica si dimentica che la chiesa non vive di solo spirito. La linfa è fatta anche di soldi. La macchina non sta in piedi solo col cielo.

Servono anche la terra, le donazioni dei fedeli, le collette, l’obolo di San Pietro, l’8 per mille. Wojtyla lo sapeva e non si faceva impressionare. Accettava le donazioni e le ributtava nelle missioni. Solidarnosc è cresciuto grazie ai soldi che Giovanni Paolo II ha girato al sindacato da benefattori polacchi americani. Wojtyla fece da tramite. Wojtyla non voleva governare. Ma non disprezzava l’arte del governo. Sapeva benissimo che la chiesa senza soldi, strutture, apparati, non si regge. Stimava molto Sepe. La stima che aveva per lui era simile a quella che ebbe tempo prima per Paul Casimir Marcinkus. Li vedeva come due amministratori capaci di risolvere i problemi. E li lasciava fare. Forse intuiva che avrebbero potuto anche commettere errori. Ma non se ne preoccupava. Non si scandalizzava e li lasciava lavorare. Non aveva un approccio moralista ai soldi, alla ricchezza”.

Chi ha governato la curia romana al posto di Wojtyla? Risponde Benny Lai: “Quattro persone: Agostino Casaroli, Angelo Sodano, Stanislaw Dziwisz e Wanda Poltawska. Wanda era l’amica prediletta del Papa. I consigli più intimi li chiedeva a lei. Dziwisz era il suo compagno di lavoro fedele. Sodano e Casaroli amministrarono la macchina romana in modo diverso. Casaroli in continuità con la linea dell’appartamento. Sodano fu una sorta di contro altare a Dziwisz e Wanda. Ma comunque amministrarono”.
Per Wojtyla ciò che conta è l’annuncio. E l’annuncio è sempre pubblico. E dunque ha delle conseguenze che non piacciono a tutti: il gigantismo giubilare, l’ipertrofia celebrativa, la moltiplicazione dei santi e dei beati. Tra questi tanti Papi canonizzati. Prima di Giovanni Paolo II, dall’anno 1000 in su, di Papi santi ce n’erano stati solo quattro: Gregorio VII, Celestino V, Pio V, il Papa della battaglia di Lepanto, e Pio X, canonizzato nel 1951. Ma con Giovanni Paolo II si aprono le dighe. Ha fatto beati Giovanni XXIII e Pio IX. Ha definito servi di Dio Pio XII, Paolo VI e Giovanni Paolo I. Degli ultimi nove Papi hanno già l’aureola o l’avranno presto in sei. E oggi? Non tutto è definito. Il processo di Giovanni Paolo II procede. Ma dopo il “santo subito” richiesto in piazza dalla folla adorante il giorno dei funerali, ci sono resistenze. Non tutti dentro la curia romana apprezzano la dispensa concessa da Benedetto XVI dei cinque anni di attesa dopo la morte per aprire l’iter di beatificazione. Il cardinale Sodano, ad esempio, non ha voluto testimoniare al processo limitandosi a spedire una lettera (resa nota qualche settimana fa dal Giornale) nella quale citava tra l’altro l’opinione di quanti avrebbero desiderato aspettare essendo ancora in corso i processi di Pio XII e Paolo VI.

Wojtyla fa discutere, oggi. Ma parecchio fece discutere quando, nel pieno del pontificato, attaccò un’ideologia propria dell’era moderna: quella della “sanità riproduttiva”. “Tutti sanno che include il libero aborto”, disse Giovanni Paolo II. Un concetto espresso davanti ai potenti e anche ai responsabili dei programmi anti natalisti dell’Onu. Memorabile l’udienza del 2 giugno 1994, quella che Giovanni Paolo II concede a Bill Clinton, allora presidente degli Stati Uniti. Le cronache parlano di un incontro burrascoso: “Sorrisi col Papa, ma sull’aborto nessun dialogo”, titola il 3 giugno il Corriere della Sera. Le idee del Papa in merito alla “sanità riproduttiva” squarciano, sempre nel 1994, il velo d’omertà che avvolge la Conferenza del Cairo su popolazione e sviluppo. Wojtyla vede nella Conferenza la volontà di aprire alla liberalizzazione della contraccezione forzata e dell’aborto a fini demografici. E ribadisce le sue convinzioni. Dice che la Conferenza si basa su una “concezione della sessualità totalmente individualista”. Le leggi sull’aborto, per Wojtyla, altro non sono che un “programmato cimitero dei non nati”. Chiede: “Può esistere un’istanza umana, un Parlamento, che abbia il diritto di legalizzare l’uccisione di un essere umano innocente e indifeso?”. La risposta è “assolutamente no”, e viene sviscerata nel 1995 nell’enciclica “Evangelium vitae”. Scrive il Papa: “Quando una legge civile legittima l’aborto o l’eutanasia, cessa, per ciò stesso, di essere una vera legge civile, cioè moralmente obbligante”.

Qui sta uno dei nemici che Giovanni Paolo II vuole combattere. Un nemico che ha i suoi affiliati anche nella chiesa. A contestare, da subito, l’“Evangelium vitae” è un plotone di cardinali, vescovi, religiosi, teologi, fedeli. Pensavano d’essersi liberati per sempre dello spettro tanto odiato dell’“Humanae Vitae” di Paolo VI. E, invece, ecco Wojtyla. In “Conversazioni notturne a Gerusalemme” (Mondadori), è il cardinale Carlo Maria Martini a spiegare questa continuità tra Montini e Wojtyla. Dice: “Dopo Paolo VI venne però Giovanni Paolo II che seguì la via di una rigorosa applicazione dei divieti dell’enciclica. Non voleva che su questo punto sorgessero dubbi. Pare che avesse perfino pensato a una dichiarazione che godesse il privilegio dell’infallibilità papale”. Giovanni Paolo II va sempre controcorrente. Il suo avvento è una ventata di fresca energia, un “colpo d’ala” dirà più avanti il cardinale Camillo Ruini. Le chiese locali nel mondo reagiscono al suo arrivo in modo differente. Ci sono le chiese che lo osteggiano. E ci sono quelle che lo seguono anima e corpo. L’Italia, nonostante varie resistenze esterne, è tra queste ultime. Grazie, principalmente, a Ruini. Nell’idea di Wojtyla la chiesa italiana deve fare da modello anzitutto alle chiese europee. Ruini fa proprio questo progetto.

Tutto inizia al convegno ecclesiale di Loreto del 1985? In realtà molto prima. A rivelarlo è stato poco più di un mese fa proprio Ruini con un intervento svolto alla Libera Università Maria Assunta di Roma e significativamente intitolato: “L’inatteso pontificato di Giovanni Paolo II”. Dice Ruini: “Wojtyla si è occupato più intensamente della chiesa italiana” soprattutto “negli anni precedenti il convegno di Loreto”. “Man mano che aumentava la sua conoscenza della situazione dell’Italia e della chiesa italiana, il Pontefice poteva scoprire la presenza di un convincimento diffuso: la convinzione, cioè, che il processo di secolarizzazione fosse irreversibile e che l’unica strategia pastorale, e anche culturale e politica, che avesse speranza di ottenere risultati non effimeri fosse quella di non contrastare tale processo, bensì di accompagnarlo e, per così dire, di evangelizzarlo, evitando che esso degenerasse in un secolarismo ostile alla fede cristiana”. Giovanni Paolo II pensava “che il grande compito della chiesa oggi fosse l’evangelizzazione intesa in senso forte e pieno”. Ruini, ai tempi di Loreto, era ausiliare di Reggio Emilia. Ebbe il merito di comprendere più di altri cosa voleva il Papa dalla chiesa italiana. Per questo si fece molti nemici. Affiliati di una chiesa di retroguardia che oggi, a pontificato wojtyliano concluso, provano ad alzare la testa per guadagnare quello spazio che non hanno mai avuto.

La chiesa in Italia modello delle chiese del mondo, a cominciare da quelle europee. Questo vuole Wojtyla. Una chiesa scomoda, soprattutto rispetto ai governi, anche i più democratici. Anche in materia di pace e guerra Wojtyla si muove in modo alternativo. Se è vero che contesta fino all’ultimo, nel 1990-1991 la guerra del Golfo contro l’Iraq, per la Bosnia fa l’opposto. Reclama che l’occidente intervenga a “disarmare l’aggressore”. Durante l’interminabile conflitto tra Israele e i palestinesi chiede che nell’assetto di pace sia riconosciuto uno statuto internazionale per Gerusalemme e i luoghi santi. Dopo l’attacco terroristico dell’11 settembre 2001 dà un tacito assenso al contrattacco in Afghanistan, mentre contesta la guerra angloamericana in Iraq. Anche se, poi, chiama “costruttori di pace” i soldati occidentali rimasti ad aiutare la nascita della democrazia in quel paese. Scrive Magister: “Giovanni Paolo II negò sempre d’essere pacifista per principio. E lo dimostrò con i fatti. Di volta in volta giudicava se una guerra fosse ‘giusta’ o no. Anche qui in linea con l’idea che appartiene alla chiesa la sapienza di ‘educare’ al retto uso della libertà e quindi alla pace”. Giovanni Paolo II, un Papa contro corrente in ogni direzione. Un Papa che oggi subisce il destino di ogni predecessore: santificazione & dissacrazione. Un Papa che le manovre curiali e anticuriali mettono sullo sfondo della crisi istituzionale della chiesa di Roma. Un Papa la cui immensa immagine popolare attira la furia degli iconoclasti. Il Papa del calcio d’avvio al terzo Millennio, che alcuni vorrebbero dare in pasto ai pettegoli. Ma ci vuol altro che un migliaio di metri quadrati ambiguamente gestiti nel centro di Roma per disperdere una eredità tanto ricca.

Leggi “La propaganda fidei di Wojtyla” anche qui.

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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24/01/2011 10:06
 
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Nell'avvicinarci al giorno della beatificazione di Giovanni Paolo II, cerchiamo di avvicinarci ALLA VERITA',  evitando il rischio di idolatrare il Pontefice o di farne derivare il culto della persona....

PRIMO MAGGIO 2011 BEATIFICAZIONE DI GIOVANNI PAOLO II


NON STRUMENTALIZZIAMO questa beatificazione, ma andiamo al nocciolo della VERITA'....


L’opera del Santo Padre
per la custodia del Deposito della Fede
e la preservazione della Disciplina Ecclesiastica

1978
• Il primo documento ufficiale "ad extra" del nuovo Pontefice è una lettera del 2 dicembre 1978 al segretario generale dell'Onu, Kurt Waldheim, in occasione del 30° anniversario della firma della dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Il Pontefice chiede alle Nazioni Unite e a tutti gli Stati di garantire e difendere in ogni modo i diritti umani e, in particolare, la libertà religiosa. E’ l’alba di un grandissimo Pontificato, che – come cercheremo di evidenziare attraverso alcuni degli interventi di Giovanni Paolo II - non si limiterà soltanto all’evangelizzazione agli "uomini di volontà", ma vedrà anche un notevolissimo sforzo di conservazione del Deposito della Fede e della disciplina interna alla Chiesa. Presentiamo di seguito un elenco commentato dei principali di questi aspetti lasciati artatamente in ombra dal mondo mediatico. Si tratta di un elenco che, per ragioni di spazio, non è certamente completo ma che, per finalità proposte, può essere considerato significativo.



1979
• Intervenendo il 28 gennaio, a Puebla (Messico), alla III Conferenza generale dell'episcopato latino-americano, il Papa condanna una certa "teologia della liberazione", ossia una diffusissima eresia di stampo socialistico che si va espandendo particolarmente nella Chiesa latino-americana: "[…] è un errore affermare che la liberazione politica, economica e sociale coincide con la salvezza in Gesù Cristo; che il "Regnum Dei" si identifica con il "Regnum hominis". Si ingenera, in alcuni casi, un atteggiamento di sfiducia verso la Chiesa "istituzionale" o "ufficiale", qualificata come alienante, e alla quale si opporrebbe un’altra Chiesa "popolare", "che nasce dal popolo" e si concreta nei poveri".
• Il Santo Padre nomina l'arcivescovo colombiano Mons. López Trujillo (nel 1972 segretario generale e attualmente presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia), presidente del Celam, la Conferenza Episcopale Latino-Americana. Il prelato sarà un fedelissimo esecutore del mandato Pontificio, in particolare per la drammatica situazione infra ecclesiale dovuta alla diffusione di una certa Teologia della liberazione.
• Il redentorista tedesco Bernhard Haering, per anni docente all'Accademia alfonsiana di Roma, uno dei teologi più alla moda del post-Concilio, viene convocato (27 febbraio) dalla Congregazione per la Dottrina della Fede (d'ora in poi, Cdf) che gli chiede l'impegno solenne di non criticare più l'Humanae vitae - l'enciclica con cui, nel 1968, Paolo VI aveva ripetuto l’immoralità della contraccezione. Haering, purtroppo, rifiuta.
• La Cdf proibisce al teologo domenicano francese Jacques Pohier di presiedere assemblee liturgiche e di insegnare pubblicamente. Su Dio, e sull'Eucaristia, il teologo
aveva espresso in pubblico le proprie elucubrazioni ambigue e fuorvianti. Dopo il Concilio Vaticano II, è la prima volta che la Sede Apostolica sanziona con questa misura chi propugna errori conto la fede e i costumi
• Il Santo Padre, pellegrino negli USA, reitera la dottrina cattolica in occasione di una richiesta della rappresentante delle suore statunitensi intesa a permettere l'accesso delle donne "a tutti i ministeri nella Chiesa". Al contrario, a Washington, il 7 ottobre, il Papa ricorda che "la fedeltà a Cristo, soprattutto nella vita religiosa, non può essere mai separata dalla fedeltà alla Chiesa […] non è da sottovalutare il fatto che la vostra consacrazione a Dio deve manifestarsi nel segno esteriore permanente di un semplice e idoneo abito religioso".
• In dicembre, il famoso teologo olandese Edward Schillebeeckx viene ascoltato a Roma dalla Cdf. Si tratta di una prima verifica delle proposizioni più ambigue del teologo che, purtroppo, non porterà mai lo Schillebeeckx a una piena riabilitazione.
• La Cdf il 15 dicembre dichiara: "Il professor Hans Küng [svizzero-tedesco] è venuto meno, nei suoi scritti, all'integrità della verità della fede cattolica, e pertanto non può più essere considerato teologo cattolico né può, come tale, esercitare il compito di insegnare". Il teologo, forse il più alla moda del periodo post conciliare, aveva messo in discussione il dogma dell’infallibilità papale, erroneamente contrapponendolo a quello dell’indefettibilità della Chiesa.

1980
• In gennaio, in un Sinodo particolare dedicato all'Olanda, il Papa corregge alcune ambiguità ed esagerazioni del c.d. "Concilio" pastorale olandese (1966-1970), diffuse da alcuni centri di propaganda negli anni precedenti. Alla conclusione i vescovi olandesi adottano risoluzioni concernenti il sacerdozio ministeriale, la vita religiosa, la partecipazione del laicato alla missione della Chiesa, i sacramenti, l’Eucaristia e la confessione, la liturgia, la catechesi e l’ecumenismo in linea con l’insegnamento di Cristo. Al termine viene appositamente costituito un Consiglio sinodale per promuovere e coordinare l’applicazione delle risoluzioni sinodali.
• La Cdf, con la Lettera Circolare "La dispensa dal celibato sacerdotale", del 14 ottobre, ristabilisce le norme riguardanti la dispensa dal celibato e la riduzione allo stato laicale dei sacerdoti che abbandonano il ministero.
• Il prefetto della Cdf, card. Franjo Seper, il 20 novembre scrive al p. Edward Schillebbeckx per ripetere che i chiarimenti teologici da lui forniti anche a Roma "non sono sufficienti per eliminare le ambiguità (cristologiche)" dei suoi scritti.

1981
• Il 17 febbraio la CdF interviene per una rettifica circa alcune troppo benevole interpretazioni contenute, tra l'altro, nella "Dichiarazione della Conferenza dei Vescovi della Germania", del 12-5-1980. Il vecchio Codice (can. 2335), sotto pena di scomunica, proibiva ai cattolici di iscriversi alle associazioni massoniche o ad altre dello stesso tipo. Nel 1974, pur ribadendo la stessa norma, la Congregazione per la dottrina della fede specificava che la condanna riguarda «soltanto quei cattolici che si iscrivono ad associazioni le quali di fatto operano contro la Chiesa». Nella Dichiarazione del 1981 la stessa Congregazione interveniva affermando che «non è stata cambiata in nessuna forma l'attuale disciplina canonica che prosegue nel suo totale vigore [...] non è stata abrogata la scomunica né le altre pene previste» e specificava che il documento del 1974 intendeva essere «un richiamo ai principi generali [...] per la soluzione dei casi di singole persone che possono essere sottoposti al giudizio degli ordinari», senza demandare agli Ordinari o alla Conferenze Episcopali questioni di natura dottrinale non di loro competenza. 
• In ottobre il Papa nomina un suo delegato di fiducia per aiutare nel discernimento e soccorrere la Compagnia di Gesù nell’adempimento del suo carisma originario. Si tratta di un’attenzione pastorale della quale non si hanno precedenti riscontri.
• Nell'esortazione apostolica postsinodale Familiaris consortio (22 novembre) il Papa ribadisce che i divorziati cristiani risposati non possono accedere all'Eucaristia, e che debbono vivere come fratello e sorella.

1982
• Il 27 marzo la Cdf interviene per rettificare alcune ambiguità e lacune in tema di ecumenismo, contenute nel Rapporto finale della Commissione Internazionale Anglicana Romano-Cattolica.
• Il 29 giugno il Papa scrive ai vescovi del Nicaragua per condannare la "Chiesa popolare" (cioè quella collegata alle Comunità "di base" e a una certa Teologia della Liberazione).
• Il 23 agosto la Sede Apostolica – suscitando l’entusiasmo di decine di vescovi e milioni di fedeli - erige la "Prelatura personale di Santa Croce e Opus Dei".

1983
• Il 25 gennaio il Papa promulga il nuovo Codice di diritto canonico; una guida pastorale nella quale spicca una rinnovata, fermissima carità disciplinare, permeata da profondo spirito pastorale e attenzione alla situazione della Chiesa nel mondo.
• A Managua, nel corso della visita pastorale in Nicaragua, governata da un feroce regime socialista, in marzo, il Papa rimprovera coraggiosamente e pubblicamente padre Ernesto Cardenal, che ha accettato di entrare a far parte del governo sandinista. Alla Santa Messa, resiste impavido all'organizzata contestazione di sedicenti ''madri della rivoluzione'', che sacrilegamente gridano fino a coprire la voce del Papa; riprendendo la parola il Santo Padre ripete la ferma condanna della c.d. "Chiesa popolare" e del "falso ecumenismo" dei cristiani impegnati nel locale processo rivoluzionario.
• La Congregazione per i Religiosi e gli Istituti Secolari ottiene che suor Agnes Mary Mansour, delle "Sorelle della misericordia", abbandoni l'Istituto. La suora non aveva accettato di interrompere la sua attività di direttrice presso i servizi sociali dello stato del Michigan (USA) preposti al rimborso delle spese delle donne che abortiscono. E’ il primo di una lunghissima serie di abbandoni di religiose lasciatesi irretire dalla modernità.
• Verifica delle posizioni espresse pubblicamente da mons. Raymond Hunthausen, arcivescovo di Seattle, a favore del disarmo e dell'obiezione fiscale. La visita ispettiva, su incarico della Santa Sede, è condotta da mons. James Hickey, arcivescovo di Washington
• Il 26 novembre, a fronte di alcune maliziose interpretazioni del Nuovo Codice di Diritto Canonico, che non contiene più il termine "massoneria", la CdF risponde a un quesito ribadendo che "Rimane pertanto immutato il giudizio negativo della Chiesa nei riguardi delle associazioni massoniche, poiché i loro principi sono stati sempre considerati inconciliabili con la dottrina della Chiesa e perciò l’iscrizione a esse rimane proibita. I fedeli che appartengono alle associazioni massoniche sono in stato di peccato grave e non possono accedere alla Santa Comunione. Non compete alle autorità ecclesiastiche locali di pronunciarsi sulla natura delle associazioni massoniche con un giudizio che implichi deroga a quanto sopra stabilito". Due anni dopo, perdurando i tentativi di sminuire la portata della plurisecolare condanna della massoneria, la CdF tornerà ad intervenire sull'argomento  con un sintetico ma efficace testo comparso su L'Osservatore Romano del 23-2-1985, nel quale si spiega che la principale ragione dell'inconciliabilità tra cattolicesimo e massoneria è costituita dall'impossibilità di essere indifferente alla distinzione tra la sola verità e le innumerevoli forme di errore.

1984
• La Cdf pone sotto verifica alcune opere del teologo "della liberazione" peruviano Gustavo Gutierrez perché in esse si teme "l'influenza del marxismo".
• Il 13 giugno la Cdf chiede ancora una volta a P. Schillebeeckx l’adesione alla dottrina cattolica sul sacerdozio, questa volta manifestando adesione alla lettera "Sacerdotium ministeriale" dell’anno precedente.
• Con l'Istruzione Libertatis nuntius del 6 agosto, la Cdf condanna "una certa Teologia della liberazione" di stampo socialista e marxista.
• Il 7 settembre, il francescano Leonard Boff, teologo brasiliano "della liberazione", viene convocato a Roma.
• Incontro a Roma i vescovi peruviani per chiarimenti circa una certa Teologia della Liberazione.
• In dicembre il generale dei gesuiti, p. Peter-Hans Kolvenbach, espelle dall'ordine p. Fernando Cardenal (fratello di Ernesto), ministro dell'educazione nel governo socialista nicaraguense.
• Con l'esortazione apostolica post-sinodale Reconciliatio et paenitentia (2 dicembre) il Papa ricorda la corretta prassi del sacramento della confessione e condanna gli abusi circa la "confessione comunitaria" come mezzo ordinario per confessarsi.

1985
Padre Gyorgy Bulanyi, sacerdote ungherese delle Comunità "di base", sostenitore dell'obiezione di coscienza al servizio militare – che egli ritiene intrinsecamente malvagio - viene chiamato a Roma dalla Cdf per un colloquio. Gli scritti di p. Bulanyi erano già stati vagliati dalla Congregazione per il Clero.
• Con una notificazione dell'11 marzo la Cdf dichiara che "le opzioni di Leonard Boff [contenute nel libro Chiesa, carisma e potere] sono tali da mettere in pericolo la sana dottrina della fede".
• Alcune Congregazioni romane, su segnalazione di congregazioni religiose femminili fedeli all’ortoprassi cattolica, bloccano alcune deviazioni delle suore Carmelitane Scalze.
• Il controverso vescovo brasiliano Dom Helder Câmara viene sostituito da mons. José Cardoso Sobrinho, che provvede al riordino della diocesi attraverso una lunga serie di richieste di chiarimento – e, a fronte di ribellione, di allontanamento - di docenti, religiosi e sacerdoti vicini ad una certa Teologia della liberazione.
• Tra il 9 ed il 13 aprile, si svolge a Loreto il II Convegno della Chiesa italiana, dal titolo: "Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini". L'intervento del Papa a quel convegno segna l’inizio di una rinnovata cura pastorale di Giovanni Paolo II per la Chiesa che è in Italia. Un anno dopo, il 26 giugno 1986, Giovanni Paolo II nomina Mons. Camillo Ruini segretario della Cei. Il prelato svolgerà un delicato ruolo inteso all’adeguamento della cristianità italiana alle necessità della Nuova Evangelizzazione ispirata dallo Spirito Santo a Giovanni Paolo II. Per l’Azione Cattolica, tale adeguamento verrà svolto da mons. Antonio Bianchin, dal 1987 nuovo Assistente generale, che procede a un rinnovamento dei quadri direttivi nazionali, troppo sbilanciata sulla diocesi ambrosiana.

1986
• Il 22 marzo è pubblicata l’Istruzione della Cdf Libertatis Coscientia su Libertà cristiana e liberazione
, con una nuova messa in guardia verso l’influenza di socialismo e marxismo nella prassi pastorale.
• In una Notificazione del 15 settembre la Cdf afferma che "la concezione del ministero così come è esposta dal professor Schillebeeckx rimane in disaccordo con l'insegnamento della Chiesa su punti importanti".
• La Cdf (25 luglio) dichiara "non idoneo all'insegnamento della teologia cattolica" il teologo statunitense Charles Curran, critico del Magistero dell’enciclica di Paolo VI Humanae vitae e confuso sostenitore di una presunta "legittimità del dissenso dall'autorità".
• L'arcivescovo statunitense di Seattle, mons. Raymond Hunthausen, tramite una lettera, informa i suoi sacerdoti di aver rinunciato, su indicazione della Sede Apostolica, a poteri pastorali nei seguenti importanti campi: tribunale diocesano, liturgia, formazione del clero, sacerdoti che hanno lasciato il ministero, questioni morali.
• Vede la luce la coraggiosissima lettera Homosexualitatis problema (1° ottobre) della Cdf, che ribadisce come "l'inclinazione [omosessuale] stessa dev'essere considerata come oggettivamente disordinata"; e che in nessun modo può essere moralmente accettato l'esercizio della sessualità tra persone dello stesso sesso. Le forze infernali si scatenano in una violenta campagna di denigrazione di S. Em.za il card. Ratzinger.

1987
• L'abate della basilica romana di San Paolo fuori le Mura, P. Giuseppe Nardin, rassegna le proprie dimissioni e si ritira in un luogo di preghiera a seguito di osservazioni sulla di lui collaborazione con il precedente abate, Giovanni Franzoni, fondatore della Comunità "di base" di san Paolo e già fiancheggiatore del Partito Comunista.
• La Cdf consiglia mons. Mattew Clark, della diocesi statunitense di Rochester, di ritirare l'imprimatur a un manuale sulla sessualità di ausilio ai genitori per l'educazione dei figli scritto da cattolici.
• Ad aprile il comboniano padre Alex Zanotelli, su richiesta del prefetto del dicastero per l'Evangelizzazione dei Popoli (ex Propaganda fide, da cui dipendono le Congregazioni missionarie), card. Josef Tomko, si dimette dalla direzione (assunta nel 1978) del mensile "Nigrizia". Lo Zanotelli aveva dato un’impronta fortemente socialistica alla rivista, che da tempo non aveva più alcuna traccia del suo nativo carattere missionario.
• La Congregazione per i Religiosi provvede alla correzione di alcune fuorvianti interpretazioni del Concilio Vaticano II in merito a presunte "
pari opportunità" di
religiosi laici e religiosi sacerdoti
nella guida degli Ordini e Istituti religiosi. L’Ordine dei Cappuccini si segnala tra i primi che provvedono a rettificare alcune disposizioni capitolari.

1988
• Su proposta della Cdf, sono destituiti i gesuiti José Maria Castillo e Juan Antonio Estrada dall'insegnamento universitario e il claretiano Benjamin Forcano dalla direzione del periodico "Mision Abierta".
• La Congregazione per il Culto Divino il 2 giugno riafferma che non è in alcun modo ammesso offrire il sacrificio eucaristico in assenza di un sacerdote validamente ordinato.
• Con la costituzione apostolica Pastor bonus (28 giugno) il Santo Padre riordina l’organizzazione della Sede Apostolica romana, dando ad essa nuovo slancio nel coordinamento dell'episcopato e del Sinodo dei vescovi.
• Il 1° luglio la Cdf pubblica la "Professione di fede" e il "Giuramento di fedeltà", ricordando, tra l'altro, il dovere di obbedienza in coscienza a "tutti i contenuti trasmessi dal Magistero ordinario e universale della Chiesa" e alle "verità circa la dottrina che riguarda la fede o i costumi" e agli "insegnamenti del Pontefice" e "del collegio episcopale" quando "esercita il suo Magistero autentico".
• Il decreto Dominus Marcellus Lefebvre della Congregazione per i vescovi, del 1° luglio 1988, commina la scomunica per scisma all’arcivescovo pseudo tradizionalista Marcel Lefebvre e ai suoi seguaci. Il Santo Padre con il Motu proprio "Ecclesia Dei" del 2 luglio, auspica che "si metta in luce la continuità del Concilio con la Tradizione".
• Nella lettera apostolica Mulieris dignitatem (15 agosto) il Santo Padre riafferma il dogma sulla ordinazione sacerdotale riservata alle persone di sesso maschile.
• Il nunzio apostolico del Brasile, mons. Carlo Furno, consegna a mons. Pedro Casaldáliga, vescovo di São Felix do Araguaia, una lettera (Intimatio) in cui lo si ammonisce per le sue simpatie per la Teologia della Liberazione e si impongono limiti ai suoi compiti pastorali. Purtroppo il vescovo – talvota ripreso anche in abiti da guerrigliero - rifiuta la lettera.

1989
• Il 6 gennaio 163 teologi e teologhe di area germanofona firmano la "Dichiarazione di Colonia" in cui contestano il fatto che alla Sede Apostolica si debba obbedienza sia su alcune verità fondamentali della fede riguardanti Gesù Cristo che altre esposte dal magistero ordinario universale (in particolare relativamente all’enciclica di Papa Paolo VI Humanae vitae). Essi, inoltre, rivendicano una sorta di "votazione popolare" per la nomina dei vescovi. Il Santo Padre, direttamente o indirettamente, respingerà punto per punto le richieste dei ribelli.
• La Santa Sede pone il veto alla pubblicazione di un libro che avrebbe dovuto contenere gli atti di un congresso di moralisti cattolici svoltosi a Roma, all'Accademia alfonsiana, nell'aprile dell'88. Il volume avrebbe dovuto riportare una relazione del p. Bernhard Haering (già convocato dalla Cdf nel 1979), nella quale il discusso teologo criticava l'antropologia e la teologia che sottostanno all'enciclica paolina Humanae vitae, che nel pontificato di Giovanni Paolo II assume il ruolo di baluardo per la difesa della sessualità umana.
• Per intervento diretto della Congregazione per l'Educazione Cattolica, la Pontificia Università Lateranense ritira al professor don Luigi Sartori - uno dei teologi italiani più alla moda - la cattedra di Ecumenismo. Don Sartori è uno dei promotori del manifesto di teologi italiani ribelli corrispondente alla "Dichiarazione di Colonia".
• A marzo padre Eugenio Melandri lascia, dopo dieci anni, la direzione del mensile dei missionari saveriani "Missione Oggi". Da tempo il periodico suscitava il dolore e la preoccupazione di S. Em.za il card. Josef Tomko, prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, a causa della linea editoriale caratterizzata da una smaccata politicizzazione, per giunta di parte. Tale disorientamento si era manifestato in particolare con un numero tutto dedicato al regime socialista del Nicaragua e in occasione di una tornata elettorale, schierandosi apertamente con i partiti della sinistra.
Il gesuita direttore di "Estudes", Paul Valadier, uno dei 157 teologi francofoni firmatari di una lettera di solidarietà ai 163 ribelli della "Dichiarazione di Colonia", si dimette dall'incarico.
• La Cdf, in novembre, alla vigilia dell'assemblea annuale della Conferenza episcopale statunitense, richiede la cancellazione dall'ordine del giorno della discussione di un ambiguo testo sul rapporto paritetico vescovi-teologi e sulle "Responsabilità ecclesiali del teologo".
Don Vittorio Cristelli, direttore del settimanale diocesano "Vita trentina", si dimette dall’incarico. Il settimanale aveva pubblicato il documento dei 63 teologi italiani in sostegno della "Dichiarazione" dei ribelli di Colonia.
• La Congregazione per l'Educazione Cattolica decreta la chiusura in Brasile del seminario regionale del Nordeste 2 e dell'Istituto teologico di Refice, entrambi fondati da mons. Helder Câmara. La motivazione trova radice nell’educazione "non affidabile" in essi impartita.
• La Segreteria di Stato (7 agosto) riafferma che né la Joc (Gioventù operaia cristiana) né la correlata Joci (Gioventù operaia cristiana internazionale) sono più riconosciute come legittimi interlocutori dalla Santa Sede. La decisione trova ragione a causa di una smaccata politicizzazione di parte dei due organismi.
• La Congregazione per i Religiosi istituisce un coordinamento per la Clar (Conferenza Latinoamericana dei Religiosi) al fine di preservarla dall’influenza di una certa Teologia della liberazione.
• Il 19 settembre la Cdf pubblica l’Istruzione "I fedeli chiamati" che rinnova l’obbligo della pubblica professione di fede per quanti sono chiamati ad esercitare un ufficio in nome della chiesa. La precedente professione di questo tipo risale al Pontificato di san Pio X.

CONTINUA......

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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24/01/2011 10:08
 
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continua....

1990
• Il 24 maggio la Cdf pubblica l’Istruzione "Donum veritatis" sulla vocazione ecclesiale del teologo, intesa risolvere alla radici fraintendimenti ed ambiguità diffuse nei mesi precedenti all’interno della Chiesa dai vari "Manifesti" di teologi ribelli.
• La Congregazione per l'educazione cattolica pone il veto alla Facoltà di Teologia dell'Università svizzera di Friburgo di dare la laurea "honoris causa" a mons. Rembert Weakland, vescovo di Milwaukee (USA), noto per alcune interpretazioni del Concilio Vaticano II che risentono di ambiguità tipiche del post-concilio.

1991
• La Sede Apostolica rimuove il vescovo messicano di Oaxaca, mons. Bartolomé Carrasco Briseno, compromessosi con alcune frange estremistiche della Teologia della Liberazione.
• La Santa Sede fornisce alla Conferenza latino-americana dei Religiosi un sostegno di coordinamento e verifica pastorale, in considerazione del dilagare di una certa Teologia della liberazione.
• Avvio del riesame dell’edizione della Bibbia stampata dalle Edizioni Paoline del Brasile, sostenuta da alcuni teologi della liberazione.
• Sostegno e coordinamento a "Vozes", la più antica editrice cattolica brasiliana, che vede come direttore dell'omonima rivista Padre Leonardo Boff. Il religioso, in coerenza con le proprie idee, lascerà la rivista e l'ordine francescano l'anno dopo.
• Su indicazione della Congregazione per l'Educazione Cattolica, il card. Aloisio Lorscheider, arcivescovo di Fortaleza, dimette tre sacerdoti sposati che insegnavano all'Istituto teologico e pastorale della città brasiliana.
• La Sede Apostolica interdice dall'insegnamento il teologo e psicanalista tedesco Eugen Drewermann, le cui opere risultano viziate da una subalternità verso la psicanalisi più faziosa e anti scientifica, nonché da banali quanto ingiustificate critiche all’organizzazione ecclesiastica e al celibato sacerdotale. Poco dopo viene proibita a Drewermann anche la predicazione. Purtroppo, in coerenza con il proprio pensiero del tutto secolarizzato, il teologo ribelle, a marzo, lascia il sacerdozio.

1992
• Il 31 gennaio la Cdf condanna un’opera del teologo moralista canadese André Guindon le cui tesi sui temi della sessualità conterrebbero "gravi dissonanze non solo con l'insegnamento del Magistero più recente, ma anche con la dottrina tradizionale della Chiesa".
• L’ordine domenicano allontana il teologo Mattew Fox, che già era stato richiamato nel 1988 dalla Sede Apostolica, perché ribelle all'insegnamento morale sessuale di Cristo.
• La Sede Apostolica dichiara "fuori luogo" - cioè neanche da discutere – la proposta dell'arcivescovo di Milwaukee, mons. Rembert Weakland, di ordinare sacerdoti, in situazioni pastorali di "estrema necessità", uomini sposati.
• Con la lettera Communionis notio (28 maggio), al Cdf ripropone la dottrina cattolica a fronte di alcune esagerazioni in tema di collegialità episcopale.
• La Santa Sede suggerisce un ripensamento sul nihil obstat a un’opera del domenicano p. Philippe Denis della Facoltà di Teologia cattolica di Strasburgo per ingiuste e false tesi sull'Opus Dei.

1993
• Il 22 aprile la sala stampa vaticana rende nota la dichiarazione finale di un convegno organizzato in marzo dal Pontificio Consiglio per la Famiglia. Il testo - firmato tra gli altri dal card. Alfonso López Trujillo, presidente del Consiglio, e da mons. Dionigi Tettamanzi – riafferma che la contraccezione "corrompe l'intimità coniugale" e che la comunità cristiana deve opporsi alla legalizzazione del divorzio.
• In una lettera pastorale comune (10 luglio) tre vescovi tedeschi (tra essi mons. Karl Lehmann, vescovo di Magonza) si domandano se un divorziato/a risposato/a che sia in coscienza convinto/a che il suo precedente matrimonio sia irrimediabilmente naufragato possa accostarsi alla comunione eucaristica. La Cdf chiarisce in una lettera ai presuli che ciò non è lecito.
• Il 22 ottobre il Papa riafferma energicamente la legge del celibato sacerdotale per la Chiesa latina e, aggiunge, di fronte alle contestazioni e critiche, "bisogna ardire (conservando il celibato), mai ripiegare".
• Il 28 ottobre, il nunzio apostolico in Messico, mons. Girolamo Prigione, annuncia la possibile rimozione dalla diocesi messicana di San Cristóbal de las Casas di mons. Samuel Ruiz.

1994
• Nel gennaio 1994 il quotidiano italiano "Avvenire" vede un nuovo direttore, Dino Boffo. Organi di stampa attribuiscono la designazione direttamente al Cardinale Runi, primate d’Italia.
• La Cdf pubblica il 20 dicembre la lettera circolare "A due anni", destinata ai presidenti delle conferenze episcopali e riguardante le "opere di sintesi" del Catechismo della chiesa cattolica. Tale lettera trova ragione anche a causa di alcune traduzioni in inglese caratterizzate da un linguaggio troppo secolarizzato sulla concezione della donna.
• Con la lettera apostolica Ordinatio sacerdotalis (22 maggio) il Santo Padre, "in virtù del [suo] ministero di confermare i fratelli" dichiara che "la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l'ordinazione sacerdotale, e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli".
• La Cdf, nella "Lettera ai vescovi della Chiesa Cattolica circa la recezione della comunione eucaristica da parte di fedeli divorziati risposati" (14 settembre) ribadisce l’impossibilità di dare la comunione ai cattolici divorziati e risposati.
• La Cdf interviene in merito alla nomina della teologa femminista Teresa Berger alla cattedra di Liturgia della Facoltà teologica dell'Università di Bochum, in Germania.

1995
• Secondo il settimanale inglese "The Tablet", il prefetto della Congregazione per l'Educazione Cattolica, card. Pio Laghi, ha suggerito venisse cancellata una conferenza che il teologo della Liberazione Gustavo Gutiérrez avrebbe dovuto svolgere a Roma nel novembre '94. Gutiérrez, nel 1990, aveva pubblicato un'edizione riveduta del suo "Teologia della Liberazione" che aveva in parte fugato i dubbi sulla sua ortodossia.
• La Congregazione per i Vescovi dimette mons. Jacques Gaillot, vescovo di Evreux (Francia), che con il suo ministero fortemente secolarizzato e la sua azione politicizzata provocava grave disorientamento tra i fedeli.
• Su indicazione del sostituto della Segreteria di Stato vaticana mons. Giovanni Battista Re, e del prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, card. Jozef Tomko, il missionario comboniano p. Renato Kizito Sesana viene rimosso dal suo incarico di direttore della rivista keniana "New People", divenuta ormai del tutto priva di ogni finalità missionaria.
• Nell'enciclica Evangelium vitae (25 marzo) il Santo Padre definisce "democrazie totalitarie" i parlamenti che approvano leggi che consentono l'interruzione volontaria della gravidanza.
• La Cdf suggerisce ed ottiene dalle Superiore della congregazione delle "Sorelle di Nostra Signora" di mandare per due anni in Europa a studiare buona teologia la suora brasiliana Ivone Gebara, lasciatasi irretire da teorie di stampo femminista.
Mons. Samuel Ruiz, vescovo del Chiapas, teorico di una chiesa indigena distinta da quella di Gesù Cristo, resta al suo posto, ma viene affiancato da un vescovo coadiutore con diritto di successione, mons. Raúl Vera Lopez.

1996
• Con un editoriale su L'Osservatore romano del 2 febbraio e firmato "***" (che per consuetudine è indicatore della massima autorevolezza dell’estensore), la Sede Apostolica condanna le opinioni di 16 teologi moralisti di area germanofona che in un libro avevano contestato l'enciclica Veritatis splendor "su questioni fondamentali della dottrina morale" (6 agosto '93) ed affermato che essa era un tentativo di imporre una posizione teologica di parte. L'editoriale riafferma il ruolo del magistero papale e l'obbedienza ad esso dovuta.

1997
• La Cdf scomunica, con una "Notificazione" datata 2 gennaio il teologo Tissa Balasuriya, poiché con le sue teorie "scalza su punti essenziali la fede cristiana". Sarà riabilitato, dopo un 'mea culpa', nel '98. Osservazioni su un libro del p. Balasuriya, erano già state diffuse nel 1994.
• L'11 febbraio 1997 S. Em.za il Card. Ruini ottiene dal Papa un decreto inteso ad una maggiore vigilanza sulla Società San Paolo, la casa delle Edizioni Paoline: Giovanni Paolo II nomina mons. Antonio Buoncristiani delegato presso la Società S. Paolo, con l'incarico di "esercitare tutte le funzioni spettanti normalmente sia al Superiore generale che al Superiore provinciale". Nel decreto si specifica "per completezza di informazione" che la sua autorità si estende sui Periodici "Famiglia Cristiana", "Jesus", "Vita Pastorale
", ecc. e sulle Edizioni S. Paolo. Alcuni religiosi paolini avevano rifiutato di rimettere alla direzione don Stefano Andreatta, sottomessosi alle indicazioni del Vicario di Cristo, da essi ingiustamente destituito. Dopo un dolorosissimo alternarsi di dichiarazioni e smentite da parte di alcuni paolini , nell'aprile del '98, viene rimosso dalla guida di "Famiglia cristiana" il direttore, don Leonardo Zega, definitivamente allontanato dal giornale il 12 ottobre del '98.
• La Santa Sede, dopo la visita apostolica condotta nel '95 da mons. Xavier Lozano Barragân nei seminari dei gesuiti in Messico e dopo l'interessamento del prefetto della Congregazione per l'Educazione Cattolica card. Pio Laghi, fa chiudere l'Istituto Interreligioso e il Centro di Studi cattolici di Città del Messico, dipendenti dalla Conferenza degli Istituti religiosi messicani (CIRM) nonché l'Istituto Teologico del Collegio Maximo de Cristo Rey con l'annesso Centro di riflessione teologica retto dalla Compagnia di Gesù. S. Em.za il card. Laghi indica nell'opzione a favore della Teologia della Liberazione la causa principale della "confusione e controversia" diffusa a piene mani dagli istituti.
• La Conferenza dei religiosi colombiani viene biasimata con una lettera inviata da mons. Tarcisio Bertone, segretario della Cdf, per le deviazioni riscontrate nella relazione del primo incontro nazionale di teologia della vita religiosa, svoltosi a Bogotà nell'aprile 1996 e pubblicate nella rivista "Vinculum" della Conferenza dei religiosi colombiani. La relazione contiene uno stile "rivendicativo, aggressivo e critico verso la stessa gerarchia ecclesiastica" e pretende di elaborare una teologia della vita religiosa "prescindendo da uno studio serio delle Scritture, della Tradizione e del Magistero".
• Con una Istruzione interdicasteriale (firmata il 15 agosto dai responsabili di ben otto dicasteri e uffici della Curia Romana) la Sede Apostolica ristabilisce i giusti limiti della collaborazione dei laici al ministero dei sacerdoti.
• Il 20 settembre mons. Jorge Medina Estévez, pro-prefetto della Congregazione per il Culto Divino, scrive a mons. Anthony Pilla, presidente della Conferenza episcopale statunitense, per comunicargli che la traduzione inglese dei libri liturgici, compiuta dai vescovi USA, "non esprime accuratamente" il senso del testo latino e "non è esente da problemi dottrinali". Sulla questione gli otto cardinali statunitensi si erano già incontrati a Roma con i cardinali Medina Estévez e Ratzinger.
• A seguito di una lettera inviata dal prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei popoli Card. Josef Tomko, la Conferenza episcopale della Corea del Sud sancisce il divieto di pubblicazione per tre sacerdoti, p. John Sye Kong-seok, p. Paul Cheong Yang-mo (entrambi docenti dell'Università Sogang di Seul, tenuta dai gesuiti) e p. Edouard Ri Je-min (professore dell'Università cattolica di Kwangiu e direttore della rivista "Skinhak Chonmang"). I tre risultano sostenitori di idee "per nulla conformi alla dottrina cattolica", in particolare su temi quali il sacerdozio femminile, il celibato dei preti, l'evangelizzazione e l'inculturazione.

1998
• La Cdf riapre ancora una volta la verifica sulla teologia del peruviano Gustavo Gutiérrez, che suscita problemi nella Chiesa latino-americana almeno dal 1983.
• La Cdf pone sotto osservazione il libro del teologo australiano Paul Collins "Il potere papale. Una proposta di cambiamento per il cattolicesimo del Terzo millennio". Collins lascerà purtroppo il sacerdozio nel 2001, rilasciando dichiarazioni coerenti con le eresie contenute nelle sue opere.
• La Congregazione per il Clero, presieduta dal card. Darío Castrillón Hoyos suggerisce al vescovo inglese mons. Peter Smith il ritiro di un testo di religione per le scuole secondarie perché in esso si sostiene la Teologia della Liberazione.
• Con una Notificazione (24 giugno), la Cdf dichiara che il gesuita indiano Anthony de Mello ha sostenuto nelle sue opere "posizioni incompatibili con la fede cattolica". Le opere del De Mello, benché deceduto da tempo, occupano le scansie di numerose librerie anche cattoliche.
• Giovanni Paolo II con il Motu proprio Ad tuendam fidem rende ancora più chiara l'applicazione della professione di fede del 1989. La lettera è accompagnata da una densa "Nota dottrinale illustrativa" della Cdf, che illustra come ciascun teologo debba esplicitamente impegnarsi ad accogliere "fermamente" verità proclamate "in modo definitivo" dal Magistero, senza che sia necessaria una esplicita "definizione dogmatica". In tale categoria, precisa il testo, rientra l'insegnamento papale sull'ordinazione sacerdotale da riservarsi soltanto agli uomini.
• Con il motu proprio Apostolos suos (21 maggio) il Papa chiarisce la natura e i poteri delle Conferenze episcopali. Il documento trova ragione in casi di travisamento della natura pastorale e non precipuamente dottrinale delle Conferenze medesime.
• La Cdf richiede ed ottiene l’allontanamento dall'insegnamento presso la Pontificia Università Gregoriana del teologo gesuita Jacques Dupuis per il suo libro "Verso una teologia cristiana del pluralismo religioso". La condanna è pubblicata nel 2001 con una Notificazione (24 gennaio) nella quale si afferma che nel libro del gesuita vi sono "notevoli ambiguità e difficoltà su punti dottrinali di portata rilevante, che possono condurre il lettore a opinioni erronee o pericolose".
• La Congregazione per l'Educazione Cattolica, presieduta dal card. Pio Laghi, allontana dalla cattedra di Filosofia del Diritto dell'Università cattolica del Sacro Cuore di Milano il prof. Luigi Lombardi Vallauri che aveva imprudentemente diffuso su larga scala bizzarre tesi sull'inferno, sul peccato originale, sull'autorità del magistero e sulla morale sessuale.
• In Perù, a sostituire il cardinale gesuita Augusto Vargas Alzamora, da nove anni primate della Chiesa cattolica di Lima, è chiamato (nonostante una violenta pressione mass mediatica operata anche da alcuni ecclesiastici) un membro dell'Opus Dei, Mons. Luis Cipriani. Il Presule, nei dieci anni passati alla guida dell'arcidiocesi di Ayacucho, si era segnalato per la ferma carità pastorale verso i seguaci della Teologia della liberazione di stampo marxista e per la decisa condanna del terrorismo di matrice socialista.

1999
• Il 6 aprile la Cdf corregge numerose "proposte di cambiamento" formalizzate da una specie di Sinodo denominato "Dialogo per l'Austria", in particolare sulla contraccezione, la comunione ai divorziati risposati, il clero uxorato.
• Il 18 settembre la Segreteria di Stato e la Cdf dispongono il ritiro dei consultori cattolici germanici dal sistema statale dei consultori dai quali, per legge, ogni donna che voglia abortire deve ottenere il certificato di avvenuta consulenza.
• Domenica 27 giugno la Sacra Rota – così riferisce la stampa nazionale - ordina il sequestro e proibisce la traduzione di un ignominioso libello dal titolo "Via col vento in Vaticano
". Il portavoce e co-autore confesso del pamphlet, mons. Luigi Marinelli, è convocato dal dicastero; secondo fonti giornalistiche è avviato un procedimento inteso alla sua "sospensione a divinis".
• A suor Jeannine Gramick ed a p. Robert Nugent – religiosi statunitensi – la Cdf vieta "permanentemente ogni attività pastorale in favore delle persone omosessuali", perché i due, sin dall’inizio delle loro attività nel 1977, non condannano "la malizia intrinseca degli atti omosessuali", mettendo inoltre "ripetutamente in discussione elementi centrali dell'insegnamento della Chiesa" in materia.
• Il 12 marzo 1999, la presidente dell’Azione Cattolica italiana Paola Bignardi rettifica in un’intervista al quotidiano Avvenire alcune dichiarazioni sulle cosiddette "coppie di fatto" rilasciate al quotidiano social-comunista l'"Unità".

2000
• Il 14 gennaio, in una lettera al presidente della Commissione Internazionale per la lingua inglese nella liturgia (ICEL), mons. Maurice Taylor, il segretario della Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei sacramenti, mons. Francesco Pio Tamburrino, chiede di ritirare tutte le copie del Libro liturgico dei Salmi tradotto in inglese, perché contengono errori dottrinali che rischiano di arrecare un danno alla fede.
• Nel corso dell’anno, la Conferenza Episcopale degli Stati Uniti approva - con 223 sì e 31 no – un decreto di applicazione della Costituzione Apostolica Ex corde ecclesiae di Giovanni Paolo II (del 15 agosto 1990), nella quale il Santo Padre chiedeva di prendere misure per rafforzare l’identità delle Università cattoliche e ai docenti delle stesse di ottenere, per insegnare, "referenze" del proprio vescovo. I vescovi americani dispongono così che "gli statuti delle università cattoliche istituite dall’autorità gerarchica, da istituti religiosi o altre persone giuridiche devono essere approvati dall'autorità ecclesiastica competente" (art. 3,3); nel Consiglio di amministrazione la maggioranza "dovrebbe essere composta da cattolici impegnati nella Chiesa" (art. 4, 2b); il presidente dovrebbe essere un cattolico (art. 4, 3a); l'università dovrebbe cercare di reclutare e nominare come docenti dei cattolici, in modo che "coloro che sono impegnati nella testimonianza della fede costituiscano la maggioranza del corpo docente" (art. 4, 4a); e, soprattutto, "i cattolici che insegnano discipline teologiche in un'università cattolica devono avere un mandatum da parte dell'autorità ecclesiastica competente" (art. 4, 4e, 1), ossia il vescovo della diocesi in cui si trova l'università. Questo mandato, che deve essere scritto, è "un riconoscimento da parte dell'autorità della Chiesa sul fatto che un docente cattolico di una disciplina teologica insegna in piena comunione con la Chiesa cattolica", e riconosce l'impegno di tale docente a "astenersi dal proporre come dottrina cattolica qualcosa che è contrario al magistero della Chiesa". Una volta ottenuto, questo mandato resta in vigore finché il professore è in carica e "a meno che non gli venga ritirato dall'autorità ecclesiastica competente" (art. 4, 4e, 4b). Questi temi erano stati efficacemente proposti da S. Em.za il card. Ratzinger nel corso di un ciclo di conferenze e incontri tenuti l’anno precedente, nel corso dei quali il Prefetto della Cdf aveva messo in guardia i cattolici impegnati nelle locali università da cedimenti nei confronti della modernità.
• In Messico la Sede Apostolica trasferisce alla diocesi di Saltillo mons. Raúl Vera López, che era già stato inviato alla diocesi di San Cristóbal de las Casas (Chiapas) come coadiutore con diritto di successione di mons. Samuel Ruiz. Mons. Vera López era stato inviato nel Chiapas nel '95 per alcune difficoltà circa la cosiddetta "teologia india" di mons. Ruiz. Il turbinoso succedersi di eventi anche violenti e la pressione mass mediatica mondiale, confondono il vescovo designato e ne consigliano altra destinazione al compimento dei 75 anni di Mons. Ruiz.
• Nel giugno del 2000, durante un incontro a San Paolo su Aids e sfide per la Chiesa in Brasile, la stampa attribuisce al vescovo di Goiás, Eugene Rixen, una frase secondo la quale "tra il condom e l'espansione dell'Aids, siamo obbligati a scegliere il male minore". Il presidente del Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari, Mons. Lozano Barragán, suggerisce ed ottiene dalla Conferenza episcopale brasiliana la diffusione di una Nota di chiarimento, nella quale si riafferma che l'uso del preservativo, in qualunque circostanza, è contrario alla dottrina di Cristo.
• La Santa Sede protesta vivacemente presso il Governo italiano perché impedisca la celebrazione del cosiddetto Gay pride
a Roma e, in particolare, perché le autorità impediscano la grande manifestazione degli attivisti omosessuali, che malvagiamente diffondono idee che provocano confusione e sofferenza verso la categoria di persone che falsamente pretendono di rappresentare. L'indomani, all'Angelus, il Papa esprime "amarezza per l'affronto recato al grande Giubileo dell'anno Duemila e per l'offesa ai valori cristiani di una città che è tanto cara al cuore dei cattolici di tutto il mondo".
• Con la dichiarazione Dominus Iesus (6 agosto) la Cdf riafferma l’unicità salvifica di Cristo, richiamando implicitamente all’ortodossia una certa teologia "asiatica" (Cfr. ad es. i provvedimenti precedentemente adottati a carico del sacerdote dello Sri Lanka T. Balasuriya).
• A succedere al discusso cardinale brasiliano Paulo Evaristo Arns, esponente di punta di una certa Teologia della liberazione, che aveva solidarizzato con il tiranno socialista cubano Fidel Castro, è chiamato Mons. Claudio Hummes. La nomina del prelato (vicino al movimento carismatico e nominato appena due anni prima arcivescovo di Fortaleza, dove aveva provveduto a riordinare l’ex Diocesi del card. Aloísio Lorscheider secondo le indicazioni della Santa Sede) avviene nonostante le pressioni mass mediatiche, operate anche da ecclesiastici, che "esige" la nomina di uno dei vescovi ausiliari di Arns oppure dell'arcivescovo di Mariana ed ex presidente della Cnbb (Conferenza episcopale brasiliana) Mons. Luciano Mendes de Almeida.
• La Congregazione per il Culto Divino, il 28 luglio, pubblica una "Istruzione generale sul Messale romano", che funge da introduzione alla nuova versione del Messale romano. In essa si ricorda, a fronte di alcuni casi di abusi, che i laici non possono avvicinarsi all'altare prima che il celebrante si sia comunicato; non possono mettere nella patena le ostie consacrate; che devono ricevere la patena dalle mani del celebrante e non prenderla da soli dall'altare; che il celebrante non può dare il segno della pace ai fedeli lasciando l'altare.
• Nel settembre 2000 cessa le pubblicazioni il settimanale dell’Azione Cattolica italiana "SegnoSette", che in troppe occasioni aveva espresso posizioni divergenti dall’insegnamento cattolico su temi politici, ecclesiali e morali.
• La Cdf, con una Notificazione del 30 novembre, ottiene l'abiura del teologo austriaco Reinhard Messner che aveva tra l’altro sostenuto che "in caso di conflitto è sempre la tradizione, ovvero la teologia, che deve essere corretta a partire dalla Scrittura, e non la Scrittura che deve essere interpretata alla luce di una tradizione successiva (o di una decisione magisteriale)".


continua.....

[Modificato da Caterina63 24/01/2011 10:17]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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2001
• La Cdf, con una Notificazione (22 febbraio) ottiene dal teologo redentorista spagnolo p. Marciano Vidal la ritrattazione delle sue tesi su contraccezione, aborto, omosessualità, che si allontanavano da quelle di Cristo.
• La Cdf inizia le verifica delle teorie del gesuita p. Roger Haight, nei cui scritti emergono ambiguità nella cristologia.
• La Sede Apostolica vieta a suor Joan Chittister, teologa benedettina statunitense, di partecipare in giugno, a Dublino, alla Conferenza della rete mondiale per l'ordinazione delle donne. La suora, purtroppo, si ribella.
• Con una Notificazione (17 settembre) le loro Em.ze i cardinali Ratzinger, Medina Estévez e Darío Castrillon Hoyos (prefetto della Congregazione per il Clero) ribadiscono l’impossibilità dell'ordinazione della donna-diacono. Il documento è da alcuni interpretato come un riferimento indiretto a mons. Samuel Ruiz che, nella diocesi messicana di San Cristóbal de las Casas, aveva ordinato circa quattrocento diaconi sposati, accompagnati all'altare, nella cerimonia dell'ordinazione, dalle loro mogli.
• Nell'esortazione apostolica post-sinodale Ecclesia in Oceania il Papa (22 novembre) chiarisce ai presuli di quell’area geografica alcuni dubbi (ad es. circa l’atteggiamento verso i divorziati risposati) emersi nel corso del Sinodo per l’Oceania, celebrato a Roma nel 1998.
• Il 24 dicembre il Santo Padre riaccoglie nella comunione con la Chiesa i sacerdoti brasiliani divenuti pseudo tradizionalisti anche per reazione al clima imperante nella Chiesa che è in Brasile, che reggevano l’intera Diocesi di Campos. Tra questi sacerdoti, scomunicati perché seguaci del vescovo scismatico Lefebvre, è nominato il vescovo della Diocesi, Mons. Licinio Rangel. Si tratta di un gesto di grande portata ecumenica, che alcuni mass media indicano come inteso a rafforzare il dialogo con alcune chiese orientali scismatiche (c.d. "ortodossi").

2002
• Il frate minore francescano svizzero Josef Imbach, docente di teologia fondamentale alla Pontificia Facoltà teologica San Bonaventura di Roma lascia l'incarico a seguito di osservazioni su un suo libro che poneva interrogativi circa la storicità degli eventi miracolosi narrati nel Nuovo Testamento.
• Con un Monitum del 5 luglio la Cdf preannuncia la scomunica - a meno di un ravvedimento entro il 22 luglio, che non avverrà - a sette donne che il 29 luglio, su un battello in navigazione sul Danubio, tra Austria e Germania, intendono farsi "ordinare prete" da un vescovo argentino già scomunicato.
• Un comunicato (17 ottobre) della Commissione teologica internazionale, presieduta dal card. Ratzinger, ribadisce che ragioni teologiche e storiche impediscono l'ordinazione diaconale delle donne. Alcuni media dell’area del dissenso intra-ecclesiale sostengono che tale chiarificazione è da mettere in relazione con dichiarazioni foriere di confusione attribuite a vari cardinali, come Carlo Maria Martini, l'ex arcivescovo di Firenze Silvano Piovanelli e il tedesco Karl Lehmann vescovo di Magonza.
• Il 22 novembre 2002 l'abate di Montevergine, padre Giovanni Tarcisio Nazzaro, emana nei confronti di don Vitaliano Della Sala – un controverso sacerdote segnalatosi per la sua attività come fiancheggiatore di socialisti, comunisti e "no global" - un decreto (preceduto da due ammonizioni canoniche nel 2000 e 2001) di rimozione dalla funzione di parroco. Nel provvedimento, fortemente voluto dalla Sede Apostolica, Dom Nazzaro implora il ribelle di cessare il pubblico dissenso dal Magistero dei Pastori e dalla Sede Apostolica, di interrompere la "frequenza di 'centri' e 'associazioni' ben noti per la diffusione di idee in contrasto con la dottrina e l'insegnamento della Chiesa e che non rifuggono neanche dalla violenza", e lo invita a pentirsi di aver trascurato i suoi doveri parrocchiali.
• L'8 dicembre 2002, il Pontificio Consiglio per la Famiglia, con la prefazione del prefetto del dicastero, il card. Alfonso Lopez Trujillo, presenta "Lexicon. Temi ambigui e discussi su famiglia vita e questioni etiche", un pregevole volume nel quale, su tutti i problemi propagandati dai network di cattolici ribelli - come contraccezione, divorzio, omosessualità, rapporto tra princìpi etici cristiani e legislazione civile -, esprime autorevolmente ed argomenta con efficacia la dottrina proposta dal Magistero papale.
• Il card. Medina Estévez, prefetto della Congregazione per il Culto Divino, in una lettera del 16 maggio ripete che è "assolutamente sconsigliabile", "imprudente" e "rischiosa" l'ordinazione sacerdotale di omosessuali.


2003
• La Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica comunica (15 gennaio) ai Superiori e alle Superiori generali che la Cdf ha ribadito di escludere i transessuali dalla vita consacrata.
• Con un decreto della Cdf (25 gennaio) - decreto emanato "dal sommo Pontefice Giovanni Paolo II, con suprema ed inappellabile decisione senza alcuna possibilità di appello" - don Franco Barbero delle Comunità "di base" (Pinerolo) viene "dimesso dallo stato clericale". Il disgraziato sacerdote, nonostante ripetuti avvertimenti anche dell’Ordinario diocesano, aveva ripetutamente e pubblicamente benedetto "matrimoni" tra omosessuali e, ancor più, aveva predicato una ribellione generalizzata verso la Chiesa di Cristo, in particolare tra le Comunità sedicenti "di base". La condanna, purtroppo, non ottiene l’effetto sperato tra le Comunità "di base".
• Nella "settimana di preghiera per l’unità dei cristiani", all’udienza del mercoledì, il Papa ribadisce che
proprio il primato petrino è il garante di quest'unità.
• La Cdf propone ed ottiene dalla Commissione dottrinale della Conferenza episcopale spagnola di far sapere, in un documento, che le tesi su Gesù Cristo contenute in un libro del teologo Juan José Tamayo contengono gravi errori dottrinali.
• Con l'enciclica Ecclesia de Eucharistia (17 aprile) il Santo Padre riafferma la dottrina della transustanziazione - formulata dal Concilio di Trento - e vieta qualsiasi "intercomunione" (partecipazione di protestanti alla comunione durante la Santa Messa, e dei cattolici alla cena protestante) con le chiese di originate dalla rivolta protestante. L'enciclica ribadisce che i cattolici divorziati e risposati non possono accostarsi all'Eucaristia, lamentando inoltre gli "abusi" che, nel post-Concilio, si sono fatti in materia liturgica.
• Il 24 maggio, a nome del papa, il card. Castrillón Hoyos, celebra nella Basilica di S. Maria Maggiore in Roma la S. Messa nel rito cosiddetto "di San Pio V", per le comunità "tradizionaliste" rimaste fedeli alla Sede Apostolica.
• La Cdf, con le chiarissime "Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali" (3 giugno), chiede ai parlamentari e ai politici cattolici di tutto il mondo di impedire in ogni modo l'approvazione di leggi che ammettano una qualsiasi equiparazione tra il matrimonio e l'unione di due persone dello stesso sesso.
• Il 4 giugno viene sospeso a divinis padre Bernard Kroll, che in occasione del primo Kirchentag ecumenico della storia, davanti a più di 2.500 persone, aveva celebrato il 31 maggio "una specie di messa" con pastori protestanti, distribuendo la comunione a fedeli luterani e prendendo il pane e il vino della ‘cena’ evangelica nella chiesa protestante dei Gethsemani, situata a Berlino nel quartiere Prenzlauer Berg Nord.
• Giugno. Il Pontificio Consiglio per la Famiglia viene denunciato da esponenti radical-progressisti italiani per aver pubblicato il Lexicon. Termini discussi su famiglia, vita e questioni bioetiche
(edizioni EDB), in cui è riportata e motivata (sia alla luce dei testi magisteriali, sia mediante la sola ragione) la riprovazione dell’omosessualità.
• Il 7 ottobre, l’arcivescovo scozzese di Edinburgo Keith Patrick O'Brien, in procinto di ricevere la porpora cardinalizia e oggetto di calunnie a mezzo stampa, recita una solenne professione di fede nella quale ribadisce l’obbligatorietà del celibato sacerdotale, l’immoralità degli atti omosessuali, la piena adesione al Magistero della Chiesa sulla contraccezione.
• Il 19 ottobre il nunzio vaticano per il Venezuela, Mons. André Dupuy, condanna il regime socialista di Hugo Chávez, intervenendo sul periodico "El Nacional" e definendo "una tragedia umana" la situazione in cui si trova il Paese.
• Sempre il 19 ottobre, a seguito dell’esclusione dell’On. Buttiglione da una importante carica nella Unione Europea in quanto cattolico, i cardinali Martino – "Ministro degli Esteri" della Santa Sede - ed Herranz – Presidente del Pontificio Consiglio per l’interpretazione dei testi legislativi - segnalano che siamo "di fronte a un’ondata di fondamentalismo laicista […] il tentativo di fare del laicismo – non della laicità – una religione di Stato. Con il rischio di instaurare una forma di totalitarismo laico".
• Il 22 novembre 2003 vede la luce un chirografo del Papa, Per il centenario del Motu Proprio Tra le sollecitudini
sulla musica sacra. In esso il Pontefice sottolinea "la necessità di purificare il culto da sbavature di stile, da forme trasandate di espressione, da musiche e testi sciatti e poco consoni alla grandezza dell'atto che si celebra"; mette in guardia dalle innovazioni musicali: "È chiaro tuttavia che ogni innovazione in questa delicata materia deve rispettare peculiari criteri, quali la ricerca di espressioni musicali che rispondono ai necessario coinvolgimento dell’intera assemblea nella celebrazione e che evitino, allo stesso tempo, qualsiasi cedimento alla leggerezza e alla superficialità", restando il canto gregoriano "il supremo modello della musica sacra". Pertanto: "il sacro ambito della celebrazione liturgica non deve mai diventare laboratorio di sperimentazioni o di pratiche compositive ed esecutive introdotte senza un'attenta verifica".
• Il 4 dicembre viene pubblicata la Lettera Apostolica Spiritus et Sponsa , di Giovanni Paolo II, per il XL anniversario della Costituzione conciliare sulla liturgia. In essa si ricordano la necessaria serietà dei riti liturgici e si mette in guardia sul fatto che "non rispettando la normativa liturgica, si giunge talvolta ad abusi anche gravi, che mettono in ombra la verità del mistero e creano sconcerto e tensioni nel Popolo di Dio". Il Card. Prefetto Arintze spiega: "c’è una tentazione alla quale si deve resistere: cioè, quella di pensare che sia una perdita di tempo prestare attenzione agli abusi liturgici". Il Papa chiede inoltre che sia coltivata "con maggiore impegno all’interno delle nostre comunità l’esperienza del silenzio", forma eccellente della partecipazione liturgica attiva raccomandata dal Concilio.


2004
• Il 25 marzo la Congregazione per il Culto Divino pubblica l’Istruzione "Redemptionis Sacramentum", un documento su alcune cose che si devono osservare ed evitare circa la Santissima Eucarestia. In essa vengono elencati alcuni "abusi liturgici gravi": si ricorda che non si possono sostituire i testi biblici con altri considerati più moderni, è necessaria più cautela con danze e balli in chiesa; è vietato ai laici rivestire ruoli che sono esclusivamente del sacerdote, pronunciando l'omelia o leggendo il Vangelo. I fedeli che dovessero riscontrare tali abusi sono autorizzati a denunciarli al vescovo o alla Santa Sede.
• Il 31 maggio la CdF pubblica la LETTERA ai Vescovi della Chiesa Cattolica sulla collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo, nella quale, tra l’altro, viene confermata la differenza tra i sessi e confutata la teoria del gender (genere), base teorica della legittimazione delle c.d. "unioni omosessuali".
• 20 giugno, è rimosso dalla parrocchia di "Maria Santissima Assunta" a Rignano Garganico (diocesi di San Severo) don Fabrizio Longhi
che, la notte del 24 dicembre, aveva affidato l'incarico di fare l'omelia a Pasquale Quaranta, giornalista e militante del movimento gay.
• Luglio; fonti giornalistiche non smentite svelano l’esistenza di una lettera della CdF contenente il divieto assoluto di dare la comunione ai politici cattolici americani che sono favorevoli all'aborto. La lettera – dell’inizio di giugno - è indirizzata, al card. Theodore McCarrick, arcivescovo di Washington e al presidente della Conferenza episcopale stessa, Mons. Wilton Gregory.
• In settembre, nella Diocesi basca di Deusto-San Ignacio a Bilbao, viene rimosso e destituito un sacerdote aderente al movimento "Noi Siamo Chiesa", (We are church), don Aitor Urresti, fautore degli errori in materia morale - propri di quel movimento - circa la condotta pubblica e privata delle persone omosessuali.
• Il 7 ottobre, a conclusione di anno speciale dedicato al Santo Rosario, il Santo Padre indice l’Anno dell’Eucaristia. Nella Lettera Apostolica Mane nobiscum Domine, il Pontefice torna sul dramma centrale di tutto il Suo Pontificato: "Mistero grande, l'Eucaristia! Mistero che dev'essere innanzitutto ben celebrato. Bisogna che la Santa Messa sia posta al centro della vita cristiana, e che in ogni comunità si faccia di tutto per celebrarla decorosamente, secondo le norme stabilite". E torna ad invocare un maggiore silenzio nelle celebrazioni: "le norme ricordano — e io stesso ho avuto modo recentemente di ribadirlo — il rilievo che deve essere dato ai momenti di silenzio sia nella celebrazione che nell'adorazione eucaristica. È necessario, in una parola, che tutto il modo di trattare l'Eucaristia da parte dei ministri e dei fedeli sia improntato a un estremo rispetto".


2005
• Il 9 gennaio, il Nunzio Apostolico per il Brasile Mons. Lorenzo Baldisseri, chiede a dom Pedro Casaldáliga, il noto vescovo "di base" e guerrigliero di São Félix do Araguaia in Brasile, di lasciare la città prima dell’arrivo del suo successore.
• Il 10 gennaio, nel messaggio al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, il Papa antepone ad ogni altro problema dell’umanità, anche a quello della fame, "la sfida della vita". Elencando i fattori di una "cultura della morte" in aborto, fecondazione artificiale, clonazione, eutanasia, unioni di fatto e omosessuali, il Papa precisa che: "lo Stato ha come suo compito primario proprio la tutela e la promozione della vita umana
".
• Il 13 gennaio il Santo Padre riceve e si congratula con il Presidente della regione Lazio, On. Francesco Storace esponente della destra politica italiana, e gli esprime il suo " vivo compiacimento per l’approvazione dello Statuto della Regione Lazio. Esso infatti, oltre a sottolineare il ruolo di Roma come centro del Cattolicesimo, riconosce esplicitamente il primato della persona e il valore fondamentale della vita. Riconosce, inoltre, i diritti della famiglia quale società naturale fondata sul matrimonio e si propone di sostenerla nell’adempimento della sua funzione sociale, facendo esplicita menzione dell’Osservatorio regionale permanente sulle famiglie. Lo Statuto prevede anche che la Regione garantisca il diritto allo studio e la libertà di scelta educativa".
• Il 24 gennaio, ricevendo i vescovi spagnoli nella visita ad limina, il Santo Padre denuncia: "Nell'ambito sociale si sta diffondendo anche una mentalità ispirata dal laicismo, ideologia che porta gradualmente, in modo più o meno consapevole, alla restrizione della libertà religiosa fino a promuovere il disprezzo o l'ignoranza dell'ambito religioso, relegando la fede alla sfera privata e opponendosi alla sua espressione pubblica".
• Il 7 febbraio la CdF rende nota la condanna del volume Jesus Symbol of God, scritto da Padre Roger Haight S. J., che implica la negazione della missione salvifica universale di Gesù Cristo e, di conseguenza, la missione della Chiesa di annunciare e comunicare il dono di Cristo salvatore a tutti gli uomini.
• Il 21 febbraio, in un messaggio alla Pontificia Accademia per la vita, il Santo Padre ribadisce con forza la condanna di aborto, fecondazione artificiale, eutanasia e ricorda che "la salute non è un bene assoluto"
• Il 22 febbraio viene sospeso a dinivis per sei mesi don Vitaliano della Sala, parroco italiano di S. Angelo a Scala,
partecipante a manifestazioni assieme a
comunisti e no-global.







Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Nelle tre encicliche trinitarie di Giovanni Paolo II

L'Evento che spiega l'uomo all'uomo



di ANGELO SCOLA

Pubblichiamo un estratto della relazione - dal titolo L'insegnamento di Karol Wojty?a. Giovanni Paolo II e l'uomo postmoderno - pronunciata dal cardinale patriarca di Venezia al convegno organizzato sabato 12 marzo, nel capoluogo lagunare, dall'Istituto superiore di scienze religiose "San Lorenzo Giustiniani", inserito nello Studium Generale Marcianum.

La proposta di Dio formulata da Giovanni Paolo II, soprattutto nelle tre encicliche trinitarie, risponde al desiderio di Dio dell'uomo postmoderno. Un desiderio insopprimibile anche quando viene sepolto sotto le macerie dell'odierno clima nichilistico. La via maestra scelta dal Papa polacco è quella della contemporaneità di Gesù Cristo.

Sin dall'inizio del suo pontificato, Giovanni Paolo II ha formulato con forza una decisiva lettura del concilio Vaticano II basata sull'icastica affermazione: "Redentore dell'uomo, Cristo è il centro del cosmo e della storia" (Redemptor hominis, 1). Con questa enciclica egli propone programmaticamente tale prospettiva per permettere una comprensione esatta del nucleo costitutivo dell'esperienza cristiana, intesa come pienezza dell'esperienza comune, integrale ed elementare dell'uomo.

L'affermazione iniziale è ulteriormente approfondita dai paragrafi 6-9, che sostengono non solo il primato di Cristo redentore ma il primato di Cristo tout court. Cristo è il Capo per mezzo del quale esistono tutte le cose. In Lui, l'uomo è pensato, voluto e creato e non solo redento. Il Papa riprende a questo punto il passo di Gaudium et spes, 22 che ha ispirato tutta la sua vita di uomo e di sacerdote, affermando che gli uomini "proprio nel Figlio primogenito sono stati, fin dall'eternità, predestinati a divenire figli di Dio e chiamati alla grazia, chiamati all'amore". E tale rivelazione dell'amore e della misericordia "ha nella storia dell'uomo una forma e un nome: si chiama Gesù Cristo". Giovanni Paolo II ci guida così nel passaggio da Gesù al Padre attraverso la strada che Cristo stesso ci ha mostrato per rivelarci la Trinità: da Gesù al Padre nello Spirito.

Questo tema viene ulteriormente indagato nella seconda enciclica del trittico trinitario: Dives in misericordia, che, approfondendo il cristocentrismo, scardina la falsa contrapposizione fra teocentrismo e antropocentrismo proposta da "varie correnti del pensiero umano" (1). Ciò è possibile perché Gesù, la misericordia incarnata, rivelando Dio nell'impenetrabile mistero del Suo essere, ne mostra anche chiaramente l'amore per l'uomo. È nell'orizzonte del Logos-Amore, come non cessa anche oggi di affermare Benedetto XVI, che il desiderio di Dio incontra un'adeguata risposta. In questo Dio infatti, la ragione, la fede e la vera religione scoprono il loro nesso profondo e fecondo. Il manifestarsi della misericordia del Padre in Cristo spiega il senso esatto del mistero della creazione, consentendo anche di lumeggiare il mistero dell'elezione di ogni uomo in Gesù Cristo.

Il percorso che dall'evento Gesù Cristo conduce alla vita intima della Trinità si completa nella terza enciclica trinitaria di Giovanni Paolo II, la Dominum et vivificantem, in cui è descritto il dialogo vitale che lo Spirito consente tra la Trinità e l'uomo. Questa enciclica mostra la portata estrema della pretesa di Gesù Cristo, descritto come immagine perfetta del Padre e quindi come la figura dell'uomo, perché questi, a sua volta, è creato a immagine di Dio. Per la grazia dello Spirito, l'uomo scopre "in se stesso l'appartenenza a Cristo" e attraverso questa appartenenza comprende meglio il senso della sua dignità.

In che modo allora la centralità storica e cosmica di Cristo alfa e omega può ancora incontrare l'interesse dell'uomo odierno? Cosa offre Cristo alla sua ragione iper-esigente e alla sua libertà spesso insoddisfatta? Gli offre una risposta esauriente all'enigma da cui è costituito senza annullarne la libertà dal momento che Cristo non pre-decide il dramma del singolo. Secondo la riflessione teologica sulla singolarità di Gesù Cristo, il Figlio di Dio incarnato, rivelandosi a un tempo non solo come redentore universale ma anche come capo della creazione, si attesta come l'Evento che spiega l'uomo all'uomo. In tale Evento la libertà infinita del Deus Trinitas si piega, attraverso il Logos-Amore, sulla libertà finita dell'uomo, liberandola.

L'affermazione di Cristo, nostro contemporaneo, come attestazione della possibilità di nominare Dio oggi, presuppone una lettura della sua Persona in quanto Persona salvifica, come emerge dal trittico trinitario di Giovanni Paolo II. Una lettura siffatta permette di rendere conto dell'interesse per la sua venuta nel mondo.

Nella persona storica di Gesù Cristo si trovano veramente unificate e proiettate, nell'escatologia del mondo nuovo/cieli nuovi, tutte le dimensioni antropologiche. Emerge così anche l'interesse per l'uomo nuovo senza il quale l'interesse per Cristo è nominale e, nello stesso tempo, si evidenzia l'interesse per Cristo senza il quale l'interesse per l'uomo resta ultimamente vuoto. La questione dell'interesse per, che riprende il tema della con-venientia di Tommaso, è pedagogicamente assai attuale e quindi decisiva per la nuova evangelizzazione.



(©L'Osservatore Romano 13 marzo 2011)
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Fu il fulcro dell'impegno di Giovanni Paolo II nei lunghi anni da vescovo a Pontefice

La persona
come pietra angolare



Pubblichiamo integralmente un articolo apparso sul supplemento di "Avvenire" che esce nella diocesi del Papa, "Roma Sette", di domenica 17 aprile.

di LUCETTA SCARAFFIA

La prova più significativa del suo amore per la vita, Giovanni Paolo II l'ha data negli ultimi anni, e soprattutto negli ultimi mesi, quando ha accettato di esporre non solo il suo corpo malato che portava tutti i segni del tormento fisico a cui era esposto, ma persino la sua difficoltà a comunicare.
Solo una persona capace di credere che la vita umana ha un senso in qualsiasi condizione venga vissuta può, infatti, avere il coraggio di vivere in pubblico il percorso estremo verso la morte, insegnando così a ognuno dei suoi fedeli quale dovesse essere l'amore e il rispetto per ogni essere vivente, in qualsiasi condizione egli si trovi a vivere.

Perché Wojty?a non ha combattuto solamente contro il comunismo, sconfiggendolo, ma anche contro il nuovo disprezzo della vita che vedeva affermarsi nelle tecnologiche società occidentali.
Aveva cominciato quando era ancora vescovo, membro della commissione istituita da Papa Montini sul problema della popolazione e della limitazione delle nascite. Creato cardinale nel 1967, Wojty?a, pur non potendo partecipare intensamente come avrebbe voluto ai lavori per le restrizioni che gli imponeva il regime, svolse un ruolo molto importante.

Costituì a Cracovia un gruppo che doveva produrre un documento da sottoporre al Papa, nel quale la grande amica Wanda Poltawska è stata parte importante. Un gruppo che si schiererà su posizioni ben diverse da quelle della maggioranza della commissione pontificia che si era pronunciata a favore dei contraccettivi a causa della condizione demografica mondiale e delle aspettative dei fedeli. Ma anche il testo di minoranza contrario ai contraccettivi, scritto dal cardinale Ottaviani, non lo entusiasma: lo trova troppo freddo, ben lontano dal calore e dalla fiducia nell'unione fra i coniugi che Wojty?a aveva espresso così bene nel suo libro Amore e responsabilità

La proposta dell'arcivescovo di Cracovia verrà accolta e valorizzata da Paolo VI per l'enciclica Humanae vitae, pubblicata nell'estate del 1968, e il cardinale polacco starà al suo fianco durante le dure polemiche che seguirono il documento papale e che lacerarono la Chiesa.

All'inizio del 1969 Wojty?a spiega il suo sostegno all'enciclica contestata in un lungo articolo su "L'Osservatore Romano", dove addirittura cita Gandhi per affermare il valore del controllo della sessualità. Il tema gli è così caro che, appena eletto Papa, dedicherà molte delle sue catechesi proprio all'amore umano dei coniugi e alla famiglia. La famiglia è la culla della vita, e difendere la famiglia secondo Giovanni Paolo II significa difendere la vita. È al di fuori della famiglia che la vita non viene accolta, o è disprezzata se richiede troppa assistenza: il Papa rafforzerà allora l'organismo pontificio che si occupa della famiglia. Ma il problema si aggrava con il passare del tempo. Negli anni Settanta in molti Paesi europei era infatti stato legalizzato l'aborto, che è solo un primo passo per la strada dell'intervento (o della soppressione dell'embrione) nella procreazione assistita.

Wojty?a osserva preoccupato questi cambiamenti, che aggrediscono la vita umana nei suoi momenti di massima debolezza, all'inizio e alla fine, e nel 1995 interviene sul tema con una enciclica potente e importante, l'Evangelium vitae, in cui si fa un quadro pessimistico ma realistico della condizione storica in cui si trovava a vivere. "Con le nuove prospettive aperte dal progresso scientifico e tecnologico - scrive nell'enciclica - nascono nuove forme di attentati alla dignità dell'essere umano, mentre si delinea e consolida una nuova situazione culturale, che dà ai delitti contro la vita un aspetto inedito (...) suscitando ulteriori gravi preoccupazioni: larghi strati dell'opinione pubblica giustificano alcuni delitti contro la vita in nome dei diritti di libertà individuale e, su tale presupposto, ne pretendono non solo l'impunità ma persino l'autorizzazione da parte dello Stato, al fine di praticarli in assoluta libertà ed anzi con l'intervento gratuito delle strutture sanitarie".

E finisce con parole drammatiche che sono un grido di allarme: "Allora tutto è convenzionabile, tutto è negoziabile: anche il primo dei diritti fondamentali, quello alla vita". Ma già nel 1988 Giovanni Paolo II coglie perfettamente che alle radici di questo disprezzo della vita sta una malintesa emancipazione femminile, che si sta affermando in Occidente come equiparazione delle donne all'identità maschile, e risponde con la lettera Mulieris dignitatem, nella quale loda e benedice la diversità femminile, che si identifica nella maternità, cioè nella creazione e nella custodia della vita.
Combatterà poi anche i tentativi delle femministe di far riconoscere l'aborto come diritto umano, come proposto nella conferenza Onu del Cairo nel 1994, e di far dichiarare che l'umanità non è divisa in due sessi, ma in cinque, nella conferenza di Pechino dell'anno successivo.

Del resto, l'aveva dichiarato fin dall'inizio: "Ritengo che la pietra angolare del mio pontificato sia proprio la spiegazione del valore trascendente della persona umana".



(©L'Osservatore Romano 18-19 aprile 2011)
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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23/04/2011 20:07
 
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I ricordi del cardinale Tarcisio Bertone nel libro intervista "Un cuore grande"

Quando Papa Wojtyla
volle spiegare la "Dominus Iesus"


"Tutti e due vengono da grandi esperienze, quella del pre-Concilio, quindi della preparazione alla grande riforma della Chiesa e l'esperienza del Vaticano II stesso. E poi sono entrambi passati attraverso i totalitarismi, e hanno vissuto in profondità i problemi dell'0ppressione, della soppressione delle libertà. Due uomini di Dio appassionati della verità, della libertà, amanti dell'umanità. Quindi entrambi amici dell'uomo".
Sono i principali tratti comuni tra Benedetto XVI e Papa Wojtyla nell'ottica di un testimone d'eccezione: il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, intervistato nel libro Un cuore grande. Omaggio a Giovanni Paolo II (Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 2011, pp. 124, euro 14) di cui anticipiamo alcuni punti interessanti. Frutto delle conversazioni con Michele Zannucchi, direttore di "Città Nuova", il volume reca la prefazione del cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Bertone ragiona del pontificato wojtyliano e ricorda episodi inediti. Del viaggio del Papa a Cuba, ad esempio, racconta: "Il suo giudizio era molto positivo. Innanzitutto per l'entusiasmo della popolazione che aveva conosciuto una sorta di respiro di liberazione grazie a quella visita. Fidel Castro manifestò anche un sicuro affetto per il Papa che, lo ricordiamo, era già malato. Giovanni Paolo II mi confidò che forse nessun capo di Stato si era preparato alla visita di un Papa in modo tanto accurato. Aveva letto le encicliche e i principali discorsi e persino alcune poesie".
In un altro passaggio, il porporato rievoca il viaggio del Papa a Torino nel settembre 1988, per il centenario delle morte di don Bosco. "Aveva la febbre alta - confida - e fece uno sforzo tremendo soprattutto nell'incontro con i giovani in una grande tendopoli a Valdocco, nel luogo delle origini delle opere salesiane: ricordo come fosse ieri la fatica che fece per non deludere le richieste dei giovani". Particolarmente significative le pagine del capitolo "Fede e cultura" di cui anticipiamo ampi stralci.

Karol Wojtyla sapeva parlare con la modernità e con la laicità. È anche la sua impressione?

Dobbiamo riconoscere che Paolo VI era stato un uomo capace di parlare con modernità e laicità: aveva stabilito un vero e proficuo dialogo con la cultura contemporanea. E poi Giovanni Paolo II, partendo dal Concilio e approfittando anche della sua capacità di relazionarsi con gli altri, portò avanti questo dialogo con energia e convinzione. Dialogo che poi sta continuando con il Papa attuale, col "Cortile dei gentili". Certamente, in Papa Wojtyla la cultura non poteva essere disgiunta dalla fede granitica. E così? Giovanni Paolo II è stato un uomo di grande fede e insieme di grande cultura. Certamente nei tornanti difficili della sua vita ha manifestato una fede a tutta prova. Credo che, se non fosse stato sorretto da essa, sarebbe stato difficile per lui resistere e non soccombere: dapprima nella lotta contro il regime comunista, come Arcivescovo di Cracovia, e poi da pontefice, in momenti drammatici per la sua persona, come l'attentato subìto nel 1981, senza dimenticare alcuni passaggi cruciali della vita della Chiesa. Momenti in cui ha dovuto prendere decisioni estremamente difficili.

Qualche esempio di queste decisioni?

Alcuni fatti mi sono rimasti impressi per la loro valenza, in quanto a rigore dottrinale e capacità di apertura, anche per averli seguiti da vicino durante il mio incarico di segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede. Si tratta per esempio della importante decisione di accogliere nella Chiesa Cattolica gli ex Pastori anglicani, già sposati, e di consentire loro di vivere nel matrimonio. Da una parte confermò la tradizione della Chiesa Cattolica, secondo la decisione di Papa Leone XIII di richiedere la cosiddetta "ordinazione assoluta", cioè la riordinazione senza condizioni, essendo ritenute invalide le ordinazioni della Chiesa anglicana. Dall'altra, fu aperto nel concedere l'esercizio del ministero ai sacerdoti anglicani uxorati. Mi sembra che quest'atteggiamento duplice esprima la piena conformità e la piena continuità con la fede della Chiesa Cattolica, con la sua dottrina tradizionale e consolidata, pur nell'apertura e nell'accoglienza.

Come rileggere oggi quest'atteggiamento di Giovanni Paolo II alla luce degli ultimi avvenimenti che riguardano la Comunione anglicana e l'accoglienza di suoi Pastori nella Chiesa Cattolica?

L'accoglienza riservata agli ex Pastori anglicani continua, poiché nuovi candidati si presentano tuttora alle porte della Chiesa Cattolica. Le procedure sviluppate sotto il Pontificato di Giovanni Paolo II per l'accettazione al presbiterato di ministri anglicani già sposati vengono ancora seguite per trattare questi nuovi casi. Tali procedure richiedono studi formali e un periodo di tempo per la crescita e il discernimento spirituali. La recente Costituzione apostolica circa l'istituzione di Ordinariati personali per anglicani che entrano nella piena comunione con la Chiesa Cattolica (Anglicanorum coetibus), estende l'accoglienza a quanti chiedono di mantenere in qualche modo il patrimonio dell'anglicanesimo e, nel contempo, di essere parte della piena comunione della Chiesa Cattolica. Invece che singoli ministri anglicani, questa nuova apertura riguarda gruppi di persone, o anche parrocchie, con i loro ministri. Anche in questo caso, le procedure - che ora stanno iniziando nell'Ordinariato di Our Lady of Walsingham, in Gran Bretagna - seguono la tradizione della Chiesa Cattolica che richiede per i candidati al sacerdozio una adeguata formazione accademica e spirituale.

Anche se la maggior parte dei primi sacerdoti dell'Ordinariato sarà composta da uomini sposati...

Certo, ma il valore perenne del celibato viene riaffermato, richiedendo che per il futuro i preti non sposati diventino la norma in tali Ordinariati. Questi candidati dovrebbero ricevere la loro formazione, se possibile, con gli altri seminaristi diocesani, assicurando loro una seria preparazione accademica, pastorale e spirituale. L'accoglienza di questi anglicani viene perciò vissuta nel contesto di fedeltà alla dottrina e alla prassi della Chiesa Cattolica.

Un altro momento particolarmente difficile nel Pontificato di Giovanni Paolo II è stato quello in cui ha dovuto mettere mano a certe discutibili interpretazioni cristologiche. Parliamo della "Dominus Iesus", per intenderci, a cui abbiamo già accennato.

Un elemento tipico della fermezza dottrinale di Giovanni Paolo II riguarda proprio la sua passione per una cristologia vera, autentica. Il Papa stesso ha voluto in prima persona la dichiarazione dogmatica circa l'unicità e l'universalità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa (Dominus Jesus), nonostante le dicerie che hanno attribuito a una "fissazione" del cardinale Ratzinger o della Congregazione per la Dottrina della Fede il fatto di aver voluto questa famosa dichiarazione, dicerie che si erano propagate anche in campo cattolico. Sì, è Giovanni Paolo II stesso che aveva chiesto in prima persona la dichiarazione, perché era rimasto colpito dalle reazioni critiche alla sua Enciclica sulla missionarietà, la Redemptoris Missio, con la quale voleva incoraggiare i missionari ad annunciare il Cristo anche nei contesti dove sono presenti altre religioni, per non ridurre la figura di Gesù a un qualsiasi fondatore di un movimento religioso. Le reazioni erano state negative, soprattutto in Asia, e il Papa ne era rimasto molto amareggiato. Allora, nell'Anno Santo - anno cristologico per eccellenza - disse: "Per favore, preparate una dichiarazione dogmatica". È stata così preparata la Dominus Jesus, densa, scarna e con un linguaggio dogmatico. Essa permane assai importante nell'attuale temperie della Chiesa perché, partendo dall'analisi di una situazione preoccupante a raggio mondiale, offre ai cristiani le linee di una dottrina fondata sulla rivelazione che deve guidare il comportamento coerente e fedele al Signore Gesù, unico e universale Salvatore.

Inutile ricordare come, davanti a questa dichiarazione promulgata il 6 settembre 2000, sia immediatamente seguita la stroncatura da parte delle grandi agenzie di stampa internazionali e di tanti intellettuali. Come reagiste in Vaticano?

Non solo in campo "laico", ma anche in campo cattolico alcuni si allinearono a queste critiche. Il Papa rimase doppiamente amareggiato. Ci fu una sessione di riflessione proprio su queste reazioni, soprattutto dei cattolici. Alla fine della riunione, con forza il Papa ci disse: "Voglio difenderla e voglio parlarne domenica 1° ottobre, durante la preghiera dell'Angelus - eravamo presenti io, il Cardinale Ratzinger e il Cardinale Re - e vorrei dire questo e quest'altro". Abbiamo preso nota delle sue idee e abbiamo redatto il testo che lui ha approvato e poi pronunciato. Era la domenica in cui venivano canonizzati i martiri cinesi. La coincidenza aveva suggerito a qualcuno una certa prudenza: "Non conviene - gli suggerivano taluni - che lei parli della Dominus Iesus proprio in quel giorno, è meglio che lo faccia in un altro contesto. È meglio che lo rimandi, potrebbe renderlo pubblico l'8 ottobre, nella domenica del Giubileo dei Vescovi, alla presenza di centinaia di presuli". Ma il Papa rispose così a tali obiezioni: "Come? Adesso devo rimandare? Assolutamente no! Ho deciso per il primo ottobre, ho deciso per questa domenica, e domenica lo farò!".

A Madras, nel corso del suo viaggio in India del 1986, il Papa aveva parlato della necessità di un "rispettoso annuncio". Ma quel primo ottobre si era dimostrato inflessibile...

Assolutamente sì. Il Papa pronunciò senza tentennamenti né esitazioni il suo discorso in difesa della Dominus Iesus, di cui mi preme ricordare alcuni passaggi: "Con la dichiarazione Dominus Iesus - Gesù è il Signore -, approvata da me in forma speciale, ho voluto invitare tutti i cristiani a rinnovare la loro adesione a Lui nella gioia della fede, testimoniando unanimemente che Egli è, anche oggi e domani, la Via, la Verità e la Vita (Gv 14, 6). La nostra confessione di Cristo come unico Figlio, mediante il quale noi stessi vediamo il volto del Padre (cfr. Gv 14, 8), non è arroganza che disprezza le altre religioni, ma gioiosa riconoscenza perché Cristo si è mostrato a noi senza alcun merito da parte nostra. Ed Egli, nello stesso tempo, ci ha impegnati a continuare a donare ciò che abbiamo ricevuto e anche a comunicare agli altri ciò che ci è stato donato, perché la Verità donata e l'Amore che è Dio appartengono a tutti gli uomini. Con l'Apostolo Pietro noi confessiamo che "in nessun altro nome c'è salvezza" (Atti 4, 12)". E precisava ancora: "Il Documento chiarisce gli elementi cristiani essenziali, che non ostacolano il dialogo, ma mostrano le sue basi, perché un dialogo senza fondamenti sarebbe destinato a degenerare in vuota verbosità".



(©L'Osservatore Romano 24 aprile 2011)
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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