È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!

A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

Il Sacramento della Confessione-Riconciliazione

Ultimo Aggiornamento: 20/11/2013 14:38
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 39.989
Sesso: Femminile
23/09/2009 00:09
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

1. IL VANGELO DELLA MISERICORDIA

Il sinodo ha voluto dire con forza alle nostre chiese l'urgenza di testimoniare il vangelo di misericordia. Tale vangelo è scritto nel cuore della missione affidataci da Cristo. Essa chiede di riascoltare e ripetere la Parola che dice un progetto di pace; di celebrare la memoria della pasqua, evento di riconciliazione; di farsi prossimo all'altro, accolto e cercato come fratello, in obbedienza al comando di Gesù; di dire a tutti: Vi supplichiamo in nome di Cristo, lasciatevi riconciliare con Dio! (2Cor 5,20).
Non potevo evitare di constatare, ascoltando questo messaggio fondamentale del sinodo, quanto ne sarebbe uscita illuminata anche la nostra fatica diocesana di pellegrini «partiti da Emmaus» per farsi «testimoni del Risorto». Il memoriale della pasqua è il culmine della riconciliazione offerta da Dio all'uomo e diviene il punto di partenza, il criterio e la forza per ogni offerta di riconciliazione agli uomini di oggi.

2. L'ITINERARIO DELLA PENITENZA

Al sinodo è risuonato frequentemente l'invito a percorrere con lucidità e coraggio tutti i sentieri che possono far ritrovare l'unità al cuore dell'uomo spesso smarrito e diviso e alla società ferita da drammatiche spaccature.
Come aiutare l'uomo a riconoscere nella verità il proprio volto sfigurato o rattristato e il volto paterno di Dio che lo cerca? Come dare un nome e un giudizio alle proprie scelte sbagliate, alle proprie azioni scorrette e a ciò che di negativo ciascuno coltiva nel cuore?
Il compito pastorale della chiesa rispetto al peccato è di vasta portata. Chiede l'impegno a liberare la libertà dell'uomo dai mille condizionamenti che la imprigionano; chiede di ridire continuamente il vangelo di un Dio che è giudice della storia e padre di tutti; chiede di esprimere con maggiore evidenza gli aspetti positivi e costruttivi delle esigenze morali annunciate da Gesù e accolte nella tradizione viva della chiesa.
Pastori, catechisti, genitori, insegnanti, tutti siamo coinvolti in una coraggiosa ricerca di verità che restituisca all'uomo e alla società di oggi la libertà di conoscere e giudicare ciò che fa, le strutture che ha costruito, il sistema in cui vive, il futuro per cui si affatica.
Chi vive a fondo gli interrogativi e le speranze del momento presente non può non cogliere l'importanza di porsi in dialogo con queste interpellanze del sinodo.

3. IL SACRAMENTO DELLA RICONCILIAZIONE

Emerge con forza dal complesso dei lavori sinodali la scelta di risignificare il valore e l'importanza del sacramento della penitenza attraverso il proseguimento di una capillare azione di rinnovamento della prassi pastorale e della mentalità teologica che l'ispira. Sono rimasto colpito dalla ricchezza degli interventi con cui i vescovi hanno approfondito, in prospettiva pastorale, il tema della celebrazione della penitenza. Se è vero, com'è stato ricordato da molti, che la pubblicazione di un nuovo rituale della penitenza nel 1974 non ha avuto un'accoglienza sufficientemente attenta, diverrà ancora più urgente dare un seguito coerente a un sinodo che, sul problema celebrativo della riconciliazione, ha voluto dare un forte impulso per un rinnovamento.
L'azione pastorale dovrà farsi attenta pertanto a riscattare la celebrazione della penitenza dal rischio della pratica insignificanza - radice non secondaria della sua crisi - in cui essa spesso viene posta. Il sinodo non è rimasto sul piano dell'esortazione astratta nel richiamare questo aspetto; lo ha accompagnato con degli orientamenti operativi assai concreti, di cui ne sottolineo alcuni.

- Far emergere con maggiore evidenza la connessione tra la richiesta di confessarsi e l'impegno di superare le divisioni (all'interno di se stessi, nel rapporto con gli altri e con la società).

- Illuminare l'evento di grazia celebrato nel sacramento della penitenza ponendolo in continuità tra il cammino di conversione della rigenerazione battesimale e la piena comunione significata e realizzata dalla cena eucaristica.

- Valorizzare concretamente, nei modi stabiliti dalla disciplina della chiesa, ciascuna delle forme celebrative previste dagli ordinamenti liturgici: da questa complementarietà uscirà arricchita tutta la pastorale della celebrazione.

- Farsi più attenti ai molteplici itinerari penitenziali, rapportati alla diversa situazione spirituale delle persone, (altra è ad esempio la domanda di chi ha rotto l'alleanza con Dio da quella di chi cerca una più delicata purificazione delle intenzioni del cuore) con i conseguenti adattamenti di carattere catechetico, celebrativo, formativo.

- Valorizzare le espressioni penitenziali che la tradizione cristiana consegna alla chiesa nei tempi dell'anno liturgico o nelle forme consuete del digiuno, dell'orazione, dell'elemosina, reinterpretandole anche alla luce del contesto contemporaneo.

Mi propongo di ritornare su questo tema in occasione della prossima quaresima con alcune indicazioni per i ministri del sacramento della penitenza.

(card. Martini - Lettera alla diocesi Milano, 1 dicembre 1983)

--------------------------------------------------

LE LACRIME
DI SANT'AMBROGIO


Omelia del card. Martini
tenuta il 7 dicembre 1983

Vorrei prendere, come oggetto di questa mia omelia, un tema forse inconsueto a cui si potrebbe dare come titolo: le lacrime di sant'Ambrogio. È vero che, in connessione con il tema del recente sinodo mondiale dei vescovi, potremmo usare l'espressione: la penitenza di s. Ambrogio.

In realtà, il punto di partenza, il riferimento letterario e personale che il santo stesso ci dà è proprio il tema delle lacrime.

LA DUPLICE AFFLIZIONE DI AMBROGIO

La prima lettura liturgica che abbiamo ascoltato, descrivendo un atteggiamento abituale della vita del nostro grande patrono, ci ha ricordato: «... Godeva con chi era nella gioia, piangeva con chi era afflitto. Ogni volta che qualcuno gli confessava i suoi peccati per riceverne la penitenza, piangeva a tal punto da ridurre al pianto il penitente. Si considerava, infatti, peccatore con i peccatori».

In queste parole è possibile distinguere una duplice afflizione di s. Ambrogio.

La prima è quella generale della compassione, propria di ogni animo sensibile e, in lui, di un cuore affinato dalla grazia, di un cuore che ha la capacità di sentire al vivo, dentro di sé, le sofferenze altrui.

La seconda è l'afflizione del penitente, anzi del ministro della penitenza. È la capacità di sentire dentro di sé, in qualche modo come proprio, il peccato di altri e di piangerlo con lacrime di penitenza così da commuovere lo stesso peccatore.

Qui ci troviamo in presenza di un grande e raro dono interiore. Tuttavia non dovrebbe essere raro, almeno nelle sue forme espressive più generali: dovrebbe essere il dono specifico di ogni ministro della penitenza. Con le dovute proporzioni, anzi, dovrebbe essere il dono proprio di ogni persona che ha responsabilità di altri.

Penso ai genitori verso i figli, alla responsabilità comune dei coniugi l'uno verso l'altro, alla responsabilità degli educatori e dei docenti verso coloro che sono educati, alla responsabilità di chi ha cura sociale e politica verso coloro che gli sono affidati.

Per questo, vale la pena di approfondire l'atteggiamento di Ambrogio, anche in sintonia con le indicazioni del sinodo dei vescovi sulla riconciliazione e penitenza.

L'OFFERTA DELLA VITA

Può essere interessante per noi partire da un brano di omelia che san Carlo Borromeo tenne esattamente 400 anni fa, il 7 dicembre 1583, per la solennità di S. Ambrogio. Questa data, a meno di un anno dalla morte di san Carlo era anche la data della sua ordinazione episcopale: egli infatti fu ordinato il 7 dicembre 1563. Oggi è quindi giorno di anniversari importanti per la nostra chiesa ambrosiana: quello di s. Ambrogio, di s. Carlo e, come abbiamo ricordato ieri, dello stesso cardo Giovanni Colombo.

San Carlo, nell'omelia del 7 dicembre 1583, commentando il testo evangelico di Matteo: «Voi siete il sale della terra» (5,13), diceva tra l'altro: «E chi può dire quanto al vivo sentisse s. Ambrogio per gli altrui peccati, giacché si crede aver egli per questi domandato al Signore la morte, ed essere morto consumato d'una lunga febbre? Che cosa non faceva quando si trattava della salvezza di un'anima, quantunque non appartenesse al suo gregge?».

San Carlo non nomina espressamente le lacrime di Ambrogio, che pure erano a lui familiari perché quella del pianto era per lui una profonda esperienza spirituale. Tuttavia menziona qualcosa di ancor più significativo: la stessa offerta della vita per i penitenti, la febbre che consumò Ambrogio come derivante dalla sua viva partecipazione per i peccati degli uomini.

L'AMORE DI CRISTO PER IL PECCATORE

Cerchiamo allora di cogliere, dalle parole stesse di Ambrogio, ciò che viveva a questo proposito.

Nel Trattato sulla penitenza, nel libro secondo, richiamandosi all'episodio di Lazzaro, egli invoca che prima di tutto sia il suo Signore a piangere per lui e prega così: «Possa tu degnarti, Signore, di venire a questa mia tomba, di lavarmi con le tue lacrime, poiché nei miei occhi inariditi non ne ho tante da poter lavare le mie colpe!».

Ambrogio riconosce dunque che piangere i peccati, farne sincera penitenza, esserne pentiti profondamente nell'interno, è un dono di Dio. Egli non ha questo dono se per primo non è il Signore a venire a lui e a piangere per lui.

E continua: «Se piangerai per me sarò salvo. Se sarò degno delle tue lacrime, cancellerò il fetore di tutti i miei peccati. Se sarò degno che tu pianga qualche istante per me, mi chiamerai dalla tomba di questo corpo e dirai: Vieni fuori».

Ambrogio guarda a ciò che il Signore ha fatto per lui, all'iniziativa divina di salvezza, all'amore di Cristo per ogni uomo peccatore, alla forza di Cristo di piangere, per primo, per il penitente perché egli stesso possa entrare nella via della conversione.

E ancora: «Non permettere che si perda, ora che è vescovo, colui che, quando era perduto, hai chiamato all'episcopato, e concedimi anzitutto di essere capace di condividere con intima partecipazione il dolore dei peccatori».

Sente di dover chiedere, come vescovo e come responsabile, questa grazia al suo Signore che ha pianto per lui e lo ha chiamato alla penitenza. E dice addirittura che piangere il dolore dei peccatori, condividerlo, «è la virtù più alta».

«E ogni volta che si tratta del peccato di uno che è caduto, concedimi di provarne compassione e di non rimproverarlo altezzosamente, ma di gemere e di piangere, così che, mentre piango su un altro, io pianga su me stesso e dica: Tamar (la donna incestuosa della Bibbia) è più giusta di me!». Facendo poi passare altre categorie di peccati, Ambrogio conclude che sempre il vescovo che ascolta la confessione può dire: «Eppure costui che ha meno responsabilità di me, è più giusto di me!».

Pare quasi di risentire quella parte di colloquio tra il cardinal Federigo e don Abbondio, ricordato dal Manzoni, là dove il cardinale, dopo il suo acerbo rimprovero, aggiunge: «Tale è la misera e terribile nostra condizione. Dobbiamo esigere dagli altri quello che Dio sa se noi saremmo pronti a dare: dobbiamo giudicare, correggere, riprendere e Dio sa quel che faremmo noi nel caso stesso, quel che abbiamo fatto in casi somiglianti!».

S. Ambrogio conclude dicendo: «Non arrossiamo di riconoscere più grave il nostro peccato di quello che rimproveriamo agli altri... Non rallegriamoci del peccato di qualcuno ma piuttosto piangiamo... Rattristiamoci quando veniamo a sapere che è caduto un uomo per il quale è morto Cristo».

IL PIANTO DELLA CHIESA

Il santo vescovo non si accontenta però di chiedere che lui, e con lui ogni ministro della penitenza, pianga per il peccato di chi ha bisogno di perdono. Egli desidera che sia tutta la chiesa, tutta la comunità cristiana a piangere e a bagnare con le sue lacrime, cioè con la sua partecipazione affettuosa e dolorosa, il cammino del penitente.

Sempre nel Trattato sulla penitenza, invita il peccatore a chiedere che sia tutta la chiesa a pregare pubblicamente per lui: «Pianga per te la madre chiesa e con le sue lacrime lavi la tua colpa. Il Signore ama che molti preghino per uno solo: perciò nel vangelo, commosso dalle lacrime della vedova perché moltissimi piangevano per lei, ne risuscitò il figlio».

Queste parole di s. Ambrogio ci colpiscono particolarmente oggi che il sino do ci ha ricordato, da una parte il carattere comunitario della penitenza cristiana, dall'altra la comune responsabilità di ciascuno per il peccato del mondo.

Il sinodo, approfondendo le nozioni di peccato sociale, di peccato strutturale e di peccato collettivo, ha invitato ciascuno di noi a domandarci quanto noi siamo responsabili del peccato di altri e quanto il peccato dell'intera umanità, i peccati più. gravi dell'uomo, come il rifiuto di Dio e la violenza sul proprio fratello, non siano, in qualche modo, condivisi dalla negligenza, dalla povertà di amore, dalla povertà di giustizia che noi stessi viviamo.

IL NOSTRO CAMMINO PENITENZIALE

Ambrogio invita dunque tutti noi, oggi, a un profondo esame di coscienza:

Come vivo il cammino penitenziale?

Come mi lascio scuotere dall'intensità del cammino penitenziale di questo santo vescovo?

Come mi sento unito alle preghiere della chiesa per ogni peccato dell'uomo e per tutta l'umanità?

E, se sono prete, come vivo il ministero della penitenza?

Se ho responsabilità di altri, come aiuto le persone di cui sono responsabile?

S. Ambrogio ci conceda di prendere sul serio, in questo nostro tempo, il cammino della penitenza. Il mondo, come ci ricorda la Madonna a Lourdes e a Fatima, ha urgente bisogno di penitenza. Le catastrofi che ci minacciano esigono da ogni uomo, e prima di tutto da noi, di entrare in quel cammino penitenziale che il nostro patrono ha tracciato, con le sue parole e con la sua vita, per questa sua chiesa!

Omelia per la solennità di s. Ambrogio
Basilica di s. Ambrogio 7 dicembre 1983


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 11:44. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com