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Non ho capito un passo del Vangelo (chiarimenti e approfondimenti sulla Scrittura)

Ultimo Aggiornamento: 26/02/2018 19:20
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06/02/2018 18:32
 
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Un sacerdote risponde

Mi potrebbe spiegare il passo 1 Gv 5, 6-8 dove si dice che lo Spirito, l'acqua e il sangue sono concordi?

Quesito

Caro Padre Angelo,
Dio la benedica!
Mi potrebbe spiegare il passo 1 Gv 5, 6-8? Quando parla che lo Spirito, l'acqua e il sangue sono concordi. Si riferisce al battesimo?
Attendo sua gentile risposta.
Cordiali saluti e benedizioni.
Lorenzo


Risposta del sacerdote

Caro Lorenzo,
1. è utile anzitutto riportare il passo di san Giovanni: “E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio? 
Egli è colui che è venuto con acqua e sangue, Gesù Cristo; non con l'acqua soltanto, ma con l'acqua e con il sangue. Ed è lo Spirito che dà testimonianza, perché lo Spirito è la verità. 
Poiché tre sono quelli che danno testimonianza: 
lo Spirito, l'acqua e il sangue, e questi tre sono concordi. 
Se accettiamo la testimonianza degli uomini, la testimonianza di Dio è superiore: e questa è la testimonianza di Dio, che egli ha dato riguardo al proprio Figlio” (1 Gv 5-9).

2. San Giovanni vuole provare con una triplice testimonianza che Gesù Cristo è veramente Figlio di Dio.
Asserisce anzitutto che Gesù colui che è venuto a compiere la sua missione con l'acqua e con il sangue.

3. Due sono le principali interpretazioni di queste parole.
Secondo alcuni l'acqua alluderebbe al Battesimo di Gesù e il sangue alla sua morte in croce.
San Giovanni quindi direbbe che Gesù ha manifestato agli uomini la sua identità divina e la sua missione all’inizio della vita pubblica per mezzo dell'acqua, e cioè per mezzo del Battesimo ricevuto dal Battista quando si udì la voce del Padre che diceva: “Questi è il Figlio mio amato” (Mt 3,17 e Gv 1,32-34).
E l’ha manifestata anche al termine della sua vita quando versò il suo sangue sulla croce e quando il centurione dopo aver visto quanto era successo fu costretto a dire: “Veramente costui era Figlio di Dio” (Mt 27,54).

4. Qui – secondo molti (Tertulliano, di Beda e altri) - vi sarebbe un’allusione all’eresia di Cerinto il quale separava l’umanità di Cristo dalla divinità e diceva che Gesù era semplicemente un uomo.
Questo Cerinto affermava che al momento del Battesimo all’uomo Gesù si unì la divinità (il Cristo).
Ma al momento della passione il Cristo (la divinità) avrebbe abbandonato Gesù, in modo che chi è morto sulla croce fu semplicemente un uomo e non Dio fatto uomo.
Ma questo nega la redenzione universale e di valore infinito compiuta da Cristo.
Qui allora San Giovanni vuole dire che la medesima persona, quella che è stata manifestata al Battesimo con l’acqua, è quella che ha versato il sangue sulla croce.

5. Altri invece con Sant'Agostino pensano che l'Apostolo alluda all'acqua e al sangue che uscirono dal costato di Gesù morto sulla croce (Gv 19,34).
Qui l’'acqua non sarebbe solo la materia del Battesimo ma anche il simbolo della grazia (Gv 4,10 e 7,38).
Il sangue poi, senza l'effusione del quale non vi è remissione (Eb 9,22), è il simbolo dell'espiazione dei peccati.
Gesù Cristo dunque è venuto a redimere gli uomini con il suo sangue e a purificarli col Battesimo.
Non è venuto solamente per mezzo dell'acqua, ma per mezzo dell'acqua e del sangue, perchè quel Cristo che ha istituito il Battesimo è lo stesso che è morto per noi.
Oppure: è venuto per mezzo dell'acqua e del sangue usciti dal suo costato per attestare la realtà della sua umana natura.

6. Senza negare ogni valore alla spiegazione di Sant'Agostino, la prima sembra tuttavia la più probabile e da preferirsi.

7. Lo Spirito Santo, assieme all'acqua e al sangue, attesta che Gesù Cristo è il Messia Figlio di Dio.
Lo Spirito ha reso questa testimonianza al Battesimo (Mt 3,16), nel giorno della risurrezione (“Ricevete lo Spirito Santo” Gv 20,22) e nel giorno di Pentecoste (At 2,33ss).
Questa testimonianza è resa dallo Spirito Santo che è la verità.

8. Per troncare ogni questione nei litigi gli Ebrei richiedevano due o tre testimoni.
San Giovanni si conforma a questa regola portando tre testimoni (lo Spirito, l’acqua e il sangue) che assieme confermano che Gesù è veramente il Messia, Figlio di Dio.

Con l’augurio che tu possa fruire sempre della grazia del Battesimo, della redenzione compiuta sulla croce e della santificazione operata dallo Spirito ti ricordo al Signore e ti benedico. 
Padre Angelo




Un sacerdote risponde

Che cosa s'intende per senso religioso e in quale modo faccia parte della persona

Quesito

Buongiorno p. Angelo e buona festa della Presentazione,
mi domandavo: cos'è il senso religioso? Come fa parte della persona? La coinvolge in quanto anima, o in quanto anima-e-corpo? È una struttura fondamentale dell'uomo? Credo di sì ma non riesco a sostenere formalmente l'ipotesi.
Grazie! Assicuro preghiere per le sue intenzioni.
Stefano


Risposta del sacerdote

Caro Stefano,
1. il senso o sentimento religioso consiste in un’intuizione emotiva per la quale l’uomo avverte il senso della propria finitudine e nello stesso tempo della propria dipendenza da Uno nelle cui mani è la sua vita e l’esistenza dell’universo.
Il Concilio Vaticano II parla di una forza arcana che gli uomini di tutti i tempi avvertono all’interno e al di là del cosmo.
“Dai tempi più antichi fino ad oggi presso i vari popoli si trova una certa sensibilità a quella forza arcana che è presente al corso delle cose e agli avvenimenti della vita umana, ed anzi talvolta vi riconosce la Divinità suprema o il Padre. Questa sensibilità e questa conoscenza compenetrano la vita in un intimo senso religioso” (Nostra aetate, 2).

2. Il senso religioso è quel sentimento che di fronte alla creazione fa sbocciare un senso di ammirazione e di gratitudine per Colui che l’ha fatta e che la regge e gli fa sentire l’esigenza di manifestargli culto.
Questo sentimento viene espresso in maniera molto bella e compiuta in un Salmo: “Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato?” (Quid retribuam Domino pro omnibus quae retribuit mihi?, Sal 116,12).
Ed ecco la risposta che si fa azione e concreto rendimento di grazie: “Alzerò il calice della salvezza?e invocherò il nome del Signore” (Calicem salutaris accipiam et nomen Domini invocabo, Sal 116,13). 
Era il sentimento di Giuseppina Bakita, pagana, che bambina e di fronte alla bellezza e alla munificenza del creato diceva: “Ditemi chi l’ha fatto perché lo voglio ringraziare.

3. La religione non è però semplicemente un’intuizione emotiva.
Sebbene parta da questa, a sua volta è originata e si sviluppa con domande alle quali nessuno sfugge: qual è il senso della vita, qual è il senso della sofferenza e soprattutto della morte.
Qualcuno (Pascal) ha notato che l’uomo è l’unico animale che sa di morire e pensa alla morte.
Come ricorda il Concilio: “L'uomo non è tormentato solo dalla sofferenza e dalla decadenza progressiva del corpo, ma anche, ed anzi, più ancora, dal timore di una distruzione definitiva.
Ma l'istinto del cuore lo fa giudicare rettamente, quando aborrisce e respinge l'idea di una totale rovina e di un annientamento definitivo della sua persona.
Il germe dell'eternità che porta in sé, irriducibile com'è alla sola materia, insorge contro la morte. Tutti i tentativi della tecnica, per quanto utilissimi, non riescono a calmare le ansietà dell'uomo: il prolungamento di vita che procura la biologia non può soddisfare quel desiderio di vita ulteriore, invincibilmente ancorato nel suo cuore” (Gaudium et spes, 18).
Sicché “in faccia alla morte l'enigma della condizione umana raggiunge il culmine” (Ib.).

4. La religione nasce dunque da un atteggiamento interiore (dell’anima) che si esprime nel culto, e cioè nel dare riverenza a Dio.
Tale riverenza nei suoi atti di culto coinvolge direttamente l’anima. Ma gli atti si esprimono anche con il corpo mediante i vari riti e le cerimonie.
È ciò che vediamo nella domanda e nella risposta del salmista che poco sopra ho menzionato: “Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato?” (anima); “Alzerò il calice della salvezza?e invocherò il nome del Signore” (corpo).

5. Chiedi poi se la religione sia una struttura fondamentale dell'uomo.
Se per struttura intendi uno degli elementi essenziali e costitutivi dell’uomo, la risposta è no.
L’uomo è strutturato in anima e corpo. Questi sono i due suoi elementi costitutivi e sostanziali.
Non si tratta dunque di una terza componente dell’uomo da mettere a fianco dell’anima e del corpo.

6. Essa nasce da un’attività dell’anima che si esprime sia nell’intuizione di dipendenza da Qualcuno nelle cui mani è la nostra vita sia nelle ulteriori domande che l’uomo si pone e che coinvolgono anche la volontà e la propria vita corporale.
L’atto religioso è una presa di posizione personale per cui l’uomo nella sua totalità in anima e corpo si mette davanti alla divinità.

7. Probabilmente con il termine struttura tu intendi qualcosa di fondamentale che si esprime prima o poi nella vita di ogni uomo.
Se è così, ti do ragione.

8. Ma se volessimo usare un linguaggio più preciso, piuttosto di dire che è elemento strutturale dell’uomo, si può affermare che è una proprietà o caratteristica dell’uomo.
Essa appare come elemento differenziante dagli animali, i quali non hanno attività religiosa, essendo carenti di razionalità e di libertà.
Ed è un fenomeno universale perché in tutti i tempi l’uomo si è manifestato religioso e anche perché tutti gli uomini sono in qualche modo religiosi o comunque si pongono il problema religioso.
Plutarco (46-127 d.C.), pensatore e storico greco, fece questa interessante affermazione: “Se tu andassi in giro per il mondo, potresti trovare città prive di mura, che ignorano la scrittura, non hanno re, non fanno uso di monete, non conoscono teatri e palestre; ma nessuno vide né vedrà mai una città senza templi e senza divinità” (Contro Colote, 31).

9. Questo fatto ha permesso di dire ad un noto etnologo e antropologo, J. L. A. de Quatrefages (1810-1892), che l’uomo è un animale religioso.
Quest’espressione si trova anche nel Catechismo della Chiesa Cattolica: “Nel corso della loro storia, e fino ai giorni nostri, gli uomini in molteplici modi hanno espresso la loro ricerca di Dio attraverso le loro credenze ed i loro comportamenti religiosi (preghiere, sacrifici, culti, meditazioni, ecc).
Malgrado le ambiguità che possono presentare, tali forme d’espressione sono così universali che l’uomo può essere definito un essere religioso” (CCC 28). 
Sicché “l’uomo è per natura e per vocazione un essere religioso” (CCC 44).
E il motivo viene subito esplicitato: “Poiché viene da Dio e va a Dio, l’uomo non vive una vita pienamente umana, se non vive liberamente il suo rapporto con Dio” (Ib.).

10. Senza religione, e cioè senza Dio, l’uomo è privato della luce su se stesso.
Giustamente il Concilio Vaticano II ha affermato che “la creatura, infatti, senza il Creatore svanisce” (GS 36). 
E ha aggiunto: “Anzi, l'oblio di Dio priva di luce (oscura) la creatura stessa” (Ib.).

11. Vorrei aggiungere infine che la risposta piena alla domanda religiosa si trova solo in Cristo.
E non può essere diversamente se Gesù è Dio fatto carne.
Per questo il Concilio Vaticano II ha affermato che “solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo... Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione” (GS 22).

Ti ringrazio delle preghiere che mi hai assicurato, ti ricordo al Signore e ti benedico. 
Padre Angelo


Un sacerdote risponde

Se il battesimo con acqua di San Giovanni Battista sia iniziato con lui o se fosse un rito già in uso

Quesito

Sia lodato Gesù Cristo padre Angelo e a lei una preghiera.
Desideravo chiederle se il battesimo con acqua di San Giovanni Battista è iniziato con lui o se era un rito già in uso.
Io pensavo fosse iniziato con Giovanni, ma mi dicono che sono in errore.
Grazie di cuore


Risposta del sacerdote

Carissima, 
1. l'immagine dell'acqua purificatrice è frequente nei profeti e nei salmi.
Basti per tutte la citazione del Salmo 51 dove si invoca Dio con queste parole: “Lavami tutto dalla mia colpa, dal mio peccato rendimi puro” (Sal 51,4) e “Aspergimi con rami d'issòpo e sarò puro; lavami e sarò più bianco della neve” (Sal 51,9).

2. Gli Israeliti hanno conosciuto da sempre le abluzioni religiose, come emerge ad esempio in Numeri: “Questa è la norma della legge che il Signore ha prescritto a Mosè: (…) quanto può sopportare il fuoco, lo farete passare per il fuoco e sarà reso puro, purché venga purificato anche con l'acqua della purificazione; quanto non può sopportare il fuoco, lo farete passare per l'acqua
Laverete anche le vostre vesti il settimo giorno e sarete puri; poi potrete entrare nell'accampamento»” (Num 31,21-24).
E come si evince anche dalla vicenda di Naaman il siro al quale Eliso dà questo comando: “Va', bàgnati sette volte nel Giordano: il tuo corpo ti ritornerà sano e sarai purificato” (2 Re,5,10).

3. All’approssimarsi dell'era cristiana, coloro che passavano dal paganesimo alla religione giudaica, adulti o bambini, dovevano sottomettersi ad una cerimonia che comportava, tra l'altro, un bagno purificatore, una specie di battesimo.
La setta degli Esseni praticava un'usanza analoga.
Pertanto la pratica comandata da Giovanni non era del tutto ignota, anzi.

4. Ma il battesimo di Giovanni aveva una caratteristica nuova: era un battesimo di penitenza che preparava la venuta immediata del Messia: “proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati” (Mc 1,4).
Era tuttavia ancora un battesimo simbolico: esprimeva il pentimento per i peccati e di per sé non produceva quell’interna e sacramentale trasformazione propria del Battesimo istituito da Gesù Cristo.
Lo si deduce nel Nuovo Testamento dai molti accenni con cui si sottolinea che Giovanni battezzava con acqua, ma che Cristo avrebbe battezzato “in Spirito Santo e fuoco” (Mt 3,11).

5. Gesù si è sottoposto al Battesimo di Giovanni.
Con questo però il Signore non confessò di essere un peccatore, ma significò apertamente la sua solidarietà con l'umanità peccatrice, che egli era venuto a redimere dai peccati.
Molto di più lo fece per ricevere quella testimonianza del Padre che lo indicava come il Figlio suo prediletto presente nel mondo.
Ecco il testo: “Allora Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui. Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». 
Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare. 
Appena battezzato, Gesù uscì dall'acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui.
Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento»” (Mt 3,13,17).

Con l’augurio di vivere in pienezza la vita nuova che hai ricevuto nel Battesimo di Gesù Cristo ti ricordo nella preghiera e ti benedico.
Padre Angelo



Un sacerdote risponde

La prima eucaristia attuata da Gesù è stata diversa da tutte le successive, sia da lui celebrate e da quelle celebrate dai suoi sacerdoti?

Quesito

Carissimo Padre Angelo
mentre ero a Messa l'altro giorno mi é venuta una domanda.
Nella S. Messa durante la consacrazione si fa il memoriale della passione e resurrezione di Gesù. Gesù ha istituito l'eucaristia prima che la sua passione fosse compiuta. Che significato ha avuto quindi la prima eucarestia?
Da lì poi ho cominciato a riflettere su tutte le altre successive volte che in cui Gesù ha comunicato i suoi discepoli, quando è apparso loro dopo la resurrezione. Possiamo dire che in questi casi Egli abbia celebrato il memoriale della sua passione e resurrezione?
In un certo senso la prima eucaristia è stata diversa da tutte le successive, sia quelle consacrate da Gesù che quelle consacrate dai suoi sacerdoti? 
Non intendo diversa nella sostanza, perché le credo tutte uguali, sono tutte il corpo e sangue di nostro Signore, ma nel significato.
Grazie infinite per il tempo che dedicherà nel rispondermi. Le assicuro un particolare ricordo davanti al tabernacolo.


Risposta del sacerdote

Carissima,
1. nell’enciclica Ecclesia de Eucharistia Giovanni Paolo II scrive: “L'istituzione dell'Eucaristia anticipava sacramentalmente gli eventi che di lì a poco si sarebbero realizzati, a partire dall'agonia del Getsemani. Rivediamo Gesù che esce dal Cenacolo, scende con i discepoli per attraversare il torrente Cedron e giungere all'Orto degli Ulivi. … Il sangue, che aveva poco prima consegnato alla Chiesa come bevanda di salvezza nel Sacramento eucaristico, cominciava ad essere versato; la sua effusione si sarebbe poi compiuta sul Golgota, divenendo lo strumento della nostra redenzione” (EE 3).

2. “Anticipava” e rendeva presente il sacrificio di Cristo.
Ecco quanto dice ancora Giovanni Paolo II: “«Il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito» (1 Cor 11,23), istituì il Sacrificio eucaristico del suo corpo e del suo sangue. Le parole dell'apostolo Paolo ci riportano alla circostanza drammatica in cui nacque l'Eucaristia. Essa porta indelebilmente inscritto l'evento della passione e della morte del Signore.
Non ne è solo l'evocazione, ma la ri-presentazione sacramentale. 
È il sacrificio della Croce che si perpetua nei secoli.
Bene esprimono questa verità le parole con cui il popolo, nel rito latino, risponde alla proclamazione del «mistero della fede» fatta dal sacerdote: «Annunziamo la tua morte, Signore!»” (EE 11).

3. È da notare anche che nell’ultima cena quando Cristo ha istituito l’Eucaristia prima ha parlato e alla fine, dopo la cena, istituì il sacrificio.
Imbandì dunque due mense: quella della Parola e quella del sacrificio.

4. Nelle apparizioni pasquali si può dire con molti esegeti che Cristo abbia celebrato l’eucaristia nello spezzare il pane con i discepoli di Emmaus perché le parole usate dall’Evangelista “quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro” (Lc 24,30) sono le stesse di quelle usate per l’istituzione dell’Eucaristia.
Anche qui, se si tratta dell’Eucaristia, troviamo il medesimo schema: prima la mensa della parola, poi quella pane (il sacrificio).

5. Poco più di un secolo dopo San Giustino descrive come veniva celebrata l’eucaristia.
“Nel giorno chiamato «del Sole» (la nostra attuale domenica, n.d.r.) ci si raduna tutti insieme, abitanti delle città o delle campagne.
Si leggono le memorie degli Apostoli o gli scritti dei Profeti, finché il tempo consente.
Poi, quando il lettore ha terminato, il preposto con un discorso ci ammonisce ed esorta ad imitare questi buoni esempi.
Poi tutti insieme ci alziamo in piedi ed innalziamo preghiere sia per noi stessi… sia per tutti gli altri, dovunque si trovino, affinché, appresa la verità, meritiamo di essere nei fatti buoni cittadini e fedeli custodi dei precetti, e di conseguire la salvezza eterna.
Finite le preghiere, ci salutiamo l’un l’altro con un bacio.
Poi al preposto dei fratelli vengono portati un pane e una coppa d’acqua e di vino temperato.
Egli li prende ed innalza lode e gloria al Padre dell’universo nel nome del Figlio e dello Spirito Santo, e fa un rendimento di grazie (in greco: eucharistian) per essere stati fatti degni da lui di questi doni.
Quando egli ha terminato le preghiere ed il rendimento di grazie, tutto il popolo presente acclama: «Amen».
Dopo che il preposto ha fatto il rendimento di grazie e tutto il popolo ha acclamato, quelli che noi chiamiamo diaconi distribuiscono a ciascuno dei presenti il pane, il vino e l’acqua «eucaristizzati» e ne portano agli assenti” (Apologie, 65 e 67).
Anche qui dunque c’è il medesimo schema: prima la liturgia della parola, poi quella del pane o del sacrificio.

6. Il Catechismo della Chiesa Cattolica dice: “Fin dal secondo secolo, abbiamo la testimonianza di san Giustino martire riguardo alle linee fondamentali dello svolgimento della celebrazione eucaristica.
Esse sono rimaste invariate fino ai nostri giorni in tutte le grandi famiglie liturgiche” (1345).

7. Il Concilio Vaticano II con la riforma liturgica ha voluto dare il giusto risalto alla liturgia della parola che precedentemente era prerogativa del celebrante e di chi poteva seguire la celebrazione col messalino.

Ti ringrazio del quesito, ti ricordo al Signore e ti benedico. 
Padre Angelo



Un sacerdote risponde

Cos'è la Chiesa Celeste e la Liturgia Celeste? Ci sono delle differenze?

Quesito

Salve Padre da molto seguo la sua rubrica e la trova interessante e molto dettagliata.
Le faccio i miei complimenti per questo.
Anch'io le sto scrivendo perché ho una domanda da porle.
Cos'è la Chiesa Celeste e la Liturgia Celeste?
Ci sono delle differenze?
Grazie in anticipo per la risposta.


Risposta del sacerdote

Carissimo,
1. per Chiesa celeste s’intende la Chiesa che attualmente si trova in cielo. In passato veniva chiamata la “Chiesa trionfante”.
Veniva chiamata così rispetto alla condizione nostra di pellegrini sulla terra, della Chiesa di quaggiù che veniva chiamata “Chiesa militante”.
Si parlava anche di “Chiesa purgante” in riferimento alle anime del purgatorio.

2. Il Concilio non ha mai usato la dizione di Chiesa trionfante.
Nel titolo del Capitolo 7 della Lumen gentium si legge: “Indole escatologica della chiesa peregrinante e sua unione con la chiesa celeste”.

3. Poi dice di che cosa si tratta: “Fino a che dunque il Signore non verrà nella sua gloria, accompagnato da tutti i suoi angeli (cfr. Mt 25,31) e, distrutta la morte, non gli saranno sottomesse tutte le cose (cfr. 1 Cor 15,26-27), alcuni dei suoi discepoli sono pellegrini sulla terraaltri, compiuta questa vita, si purificano ancoraaltri infine godono della gloria contemplando «chiaramente Dio uno e trino, qual è».
Tutti però, sebbene in grado e modo diverso, comunichiamo nella stessa carità verso Dio e verso il prossimo e cantiamo al nostro Dio lo stesso inno di gloria.
Tutti infatti quelli che sono di Cristo, avendo lo Spirito Santo, formano una sola Chiesa e sono tra loro uniti in lui (cfr. Ef 4,16).
L'unione quindi di quelli che sono ancora in cammino coi fratelli morti nella pace di Cristo non è minimamente spezzata; anzi, secondo la perenne fede della Chiesa, è consolidata dallo scambio dei beni spirituali” (LG 49).

4. Per liturgia celeste s’intende il culto che viene elevato a Dio dagli abitanti del Paradiso.
Questo culto è costituito soprattutto dall’offerta del perenne sacrificio di Cristo che è sempre vivo per intercedere a nostro favore e dalle preghiere dei Santi.
Noi ci uniamo alla Chiesa celeste soprattutto nell’offerta del sacrificio di Cristo (l’Eucaristia).
Il Concilio dice che “la nostra unione con la Chiesa celeste si attua in maniera mobilissima” (LG 50).
E dice anche che questa unione viene vissuta “specialmente nella sacra liturgia” nella quale “tutti, di ogni tribù e lingua, di ogni popolo e nazione, riscattati col sangue di Cristo e radunati in un'unica Chiesa, con un unico canto di lode glorifichiamo Dio uno in tre Persone.
Perciò quando celebriamo il sacrificio eucaristico, ci uniamo in sommo grado al culto della Chiesa celeste, comunicando con essa e venerando la memoria soprattutto della gloriosa sempre vergine Maria, del beato Giuseppe, dei beati apostoli e martiri e di tutti i santi” (LG 50).

5. È di grande utilità per noi sapere di essere uniti alla liturgia del Cielo perché “gli abitanti del cielo, a causa i della loro più intima unione con Cristo, rinsaldano tutta la Chiesa nella santità, nobilitano il culto che essa rende a Dio qui in terra e in molteplici maniere contribuiscono ad una più ampia edificazione” (LG 49).
Infatti “ammessi nella patria e presenti al Signore (cfr. 2 Cor 5,8), per mezzo di lui, con lui e in lui non cessano di intercedere per noi presso il Padre offrendo i meriti acquistati in terra mediante Gesù Cristo, unico mediatore tra Dio e gli uomini (cfr. 1 Tm 2,5), servendo al Signore in ogni cosa e dando compimento nella loro carne a ciò che manca alle tribolazioni di Cristo a vantaggio del suo corpo che è la Chiesa (cfr. Col 1,24).
La nostra debolezza quindi è molto aiutata dalla loro fraterna sollecitudine” (LG 49).

Augurandoti di essere anche tu un giorno cittadino definitivo della Chiesa celeste e di associarti al suo culto ti assicuro la mia preghiera e ti benedico.
Padre Angelo



[Modificato da Caterina63 06/02/2018 18:39]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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