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L'Inferno, Purgatorio e Paradiso esistono: non ci scherzare troppo! I NOVISSIMI

Ultimo Aggiornamento: 05/05/2016 21:16
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04/12/2013 22:27
 
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  Santi all’inferno. Una discesa negli abissi infernali con i santi che ci sono stati

Posted on 04/12/2013 

Parlare dell’inferno è un atto d’amore

Viaggio tra gli scritti dei santi che all’inferno, per ordine di Dio, ci sono stati davvero. Per ricordarci che l’inferno esiste, e non è vuoto. E c’è anche Lucifero

 Cornelis-van-Haarlem-La-caduta-di-Lucifero

 Si parla dell’inferno e qualcuno sorride. Santi e beati, però, ci dicono che non c’è niente da ridere. Perché, condotti lì per grazia divina, i loro racconti mettono paura solo a leggere. Da san Giovanni Bosco a sant’Alfonso Maria de’ Liguori, da santa Veronica Giuliani a santa Faustina Kowalska, sono tutti concordi nel dire che i dannati soffrono terribilmente e per tutta l ‘eternità. Perciò, continuare a parlare dell’inferno è un atto di carità verso noi e verso il prossimo, per ricordare costantemente che esiste e che, come dice Benedettto XVI, garantisce la giustizia divina. E’ nelle nostre mani la possibilità di salvarci o di dannarci per l’eternità: Dio, nella sua infinita bontà, ci ha lasciato liberi di scegliere. E Papalepapale, con questa mappa dei santi che hanno visitato l’inferno, ricorda a tutti che occorre decidersi per la salvezza fin da ora.

di Dorotea Lancellotti

Oggi viviamo fra mille contraddizioni: da una parte si vuole eliminare Dio, il Paradiso (con la pretesa di entrarci senza meriti), l’Inferno, il Purgatorio; dall’altra parte, però non solo si vuole dare delle risposte alla nostra vita dopo la morte, ma anhe si cercano le fatidiche prove. Il paradosso sta poi nel fatto che quando queste prove le abbiamo e le portiamo, molti le rifiutano ma senza smettere di cercare, magari bussando ad altre porte, ad altre religioni. Così parlare dell’Inferno, già me lo immagino, in alcuni suscita orrore e persino noia, come fosse un tema obsoleto: «ma non l’avevano svuotato? esiste ancora l’Inferno!?», domande alle quali fanno seguito altri con risolini, ironia e varie.

Insomma, si cerca di esorcizzare il timore dell’Inferno, con barzellette più o meno divertenti tendenti a svuotarne il senso, se non l’inferno stesso: dalla caricatura del diavoletto buono, come il famoso fumetto Geppo, al mascheramento dei bambini da piccoli demoni per la festa di Halloween, è tutto un voler sottolineare che il diavolo non fa paura, sempre se esiste veramente. In ogni caso, non c’è mica bisogno dei preti che ci dicano come combatterlo (salvo poi fare ricorso agli stregoni: si dubita dell’inferno eppure si fanno arricchire medium e stregoni: imbarazzante!). Ecco come ragionano molti.

Ciò che più sconvolge, a dire il vero, non sono i non cristiani o gli atei che negano l’esistenza dell’Inferno e dei demoni cosìcome insegna la Chiesa, ma coloro che si dicono cristiani e per giunta cattolici. Specialmente non pochi teologi modernisti i quali ignorano, volutamente, che tutta la Bibbia ruota attorno al nostro fine ultimo: cosa avverrà dopo la morte. Parla fin dall’inizio di satana e ci sono veri e propri “dialoghi” con il demonio (leggasi il Libro di Giobbe come esempio), così come parla di angeli (Tobia), di Paradiso (Nuovo Testamento). Insomma è Gesù stesso che parla dell’Inferno (la parabola del ricco e di Lazzaro): la sua stessa morte di croce ci spiega che lì è finito per evitarci proprio l’Inferno eterno.

«Meglio entrare nella vita monco o zoppo, che avere due mani e due piedi ed essere gettato nel fuoco eterno» (Mt 18, 8).

«Se il tuo occhio ti scandalizza, cavalo: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, che essere gettato con due occhi nella Geenna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue» (Mc 9, 42).

Benedetto XVI racconta l’inferno come “garanzia di giustizia”

Parlare dell’inferno è importante, dice Benedetto XVI.

In definitiva, a parte la Scrittura sacra (che già dovrebbe bastare come prova), possiamo dire di avere le prove del nostro fine ultimo, dell’Inferno, del Paradiso, o anche del Purgatorio?

Si, le abbiamo, a patto che non si imponga a queste prove una sorta di curiosità morbosa, perché in tal caso sarebbe Dio stesso a negarci la fede. A questi temi ci si deve accostare con il troppo dimenticato sacro “timor di Dio”, che è uno dei sette doni dello Spirito Santo, donato quando si fa la Cresima.

Il timor di Dio ci è dato dalla dottrina delle due vie. La confidenza (che ci fa fuggire il pericolo della disperazione) ci è data dalla devozione al Sacro Cuore di Gesù. «Unus ne desperetur, unus tantum ne presumetur», ossia «uno affinché tu non disperi, ma solo uno affinché tu non presuma», cioè di salvarti senza merito (Sant’Agostino): infatti dei due ladroni ce n’è uno che si salva affinché non cadiamo nella disperazione, ma ce n’è uno che si danna affinché non cadiamo nella presunzione. La Chiesa ci fa domandare nella liturgia: «Signore, degnatevi di accordarci di avere sempre assieme il timore e l’amore del vostro Santo Nome».

Ci si accosta allora con umiltà, preghiera, spirito di contrizione e desiderio ardente di voler stare con Dio, in Cristo Gesù.

Prima di addentrarci nelle prove di alcuni Santi,riteniamo indispensabile questa premessa.

Durante l’incontro con il clero nel febbraio del 2008, un sacerdote chiese a Benedetto XVI: «Il 25 marzo 2007 Lei ha fatto un discorso a braccio, lamentandosi come oggi si parli poco dei Novissimi. In effetti, nei catechismi della Cei usati per l’insegnamento della nostra fede ai ragazzi di confessione, comunione e cresima, mi sembra che siano omesse alcune verità di fede. Non si parla mai di inferno, mai di purgatorio, una sola volta di paradiso, una sola volta di peccato, soltanto il peccato originale. Mancando queste parti essenziali del credo, non Le sembra che crolli il sistema logico che porta a vedere la redenzione di Cristo? Mancando il peccato, non parlando di inferno, anche la redenzione di Cristo viene a essere sminuita. Non Le sembra che sia favorita la perdita del senso del peccato e quindi del sacramento della riconciliazione e la stessa figura salvifica, sacramentale del sacerdote che ha il potere di assolvere e di celebrare in nome di Cristo? Oggi purtroppo anche noi sacerdoti, quando nel Vangelo si parla di inferno, dribbliamo il Vangelo stesso. Non se ne parla. O non sappiamo parlare di paradiso. Non sappiamo parlare di vita eterna. Rischiamo di dare alla fede una dimensione soltanto orizzontale oppure troppo distaccata, l’orizzontale dal verticale. E questo purtroppo nella catechesi ai ragazzi, se non nell’iniziativa dei parroci, nella struttura portante, viene a mancare…»

Quel giudizio finale di cui oggi parlano in pochi…

La risposta di Benedetto XVI fu chiarissima:

«Lei ha parlato giustamente su temi fondamentali della fede, che purtroppo appaiono raramente nella nostra predicazione. Nell’Enciclica Spe salvi ho voluto proprio parlare anche del giudizio ultimo, del giudizio in generale, e in questo contesto anche su purgatorio, inferno e paradiso… Quando non si conosce il giudizio di Dio, non si conosce la possibilità dell’inferno, del fallimento radicale e definitivo della vita, non si conosce la possibilità e la necessità della purificazione…. Lei ha ragione: dobbiamo parlare anche e proprio del peccato come possibilità di distruggere se stessi e così anche altre parti della terra. Nell’Enciclica ho cercato di dimostrare che proprio il giudizio ultimo di Dio garantisce la giustizia….. Noi crediamo in questa risurrezione della carne, nella quale non tutti saranno uguali. Oggi si è abituati a pensare: che cosa è il peccato, Dio è grande, ci conosce, quindi il peccato non conta, alla fine Dio sarà buono con tutti. È una bella speranza. Ma c’è la giustizia e c’è la vera colpa. Coloro che hanno distrutto l’uomo e la terra non possono sedere subito alla tavola di Dio insieme con le loro vittime. Dio crea giustizia. Dobbiamo tenerlo presente. Perciò mi sembrava importante scrivere questo testo anche sul purgatorio, che per me è una verità così ovvia, così evidente e anche così necessaria e consolante, che non può mancare».





  continua....
 
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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