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La Biblioteca Vaticana (Archivio del Vaticano) è consultabile in rete

Ultimo Aggiornamento: 06/12/2014 17:54
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Visita alla Biblioteca Vaticana... [SM=g1740771]
 









 
(La Bibbia di Gutenberg)


(un testo originale di san Tommaso d'Aquino)




Alle ore 11 di questa mattina, 26.6.2007, il Santo Padre Benedetto XVI si è recato in Visita alla Biblioteca Apostolica Vaticana e all’Archivio Segreto Vaticano e ha pronunciato il discorso che pubblichiamo di seguito:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signor Cardinale,
Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari fratelli e sorelle!

Ho accolto con gioia l'invito rivoltomi dal Signor Cardinale Jean-Louis Tauran, Archivista e Bibliotecario di Santa Romana Chiesa, a visitare la Biblioteca Apostolica Vaticana e l'Archivio Segreto Vaticano. Ambedue queste istituzioni, per l’importante servizio che rendono alla Sede Apostolica e al mondo della cultura, ben meritano da parte del Papa un’attenzione particolare. Sono venuto pertanto volentieri ad incontrarvi e nel ringraziare per la calorosa accoglienza, rivolgo a tutti voi il mio saluto cordiale. Saluto in primo luogo il Signor Cardinale Jean-Louis Tauran, ringraziandolo per le parole che mi ha indirizzato e per i sentimenti che a vostro nome ha espresso. Con uguale affetto saluto il Vescovo Mons. Raffaele Farina, e il Prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano, Padre Sergio Pagano, come pure voi qui presenti e quanti, con funzioni diverse, prestano la loro collaborazione nella Biblioteca e nell’Archivio. Il vostro, cari amici, non è semplicemente un lavoro ma, come dicevo poc’anzi, un singolare servizio che rendete alla Chiesa e, in modo speciale, al Papa.

È noto, del resto, che la Biblioteca Vaticana, la quale – come il Cardinale Tauran ha annunciato - si appresta ad affrontare ingenti lavori di restauro, non a caso porta il nome di "Apostolica" in quanto è un’Istituzione considerata sin dalla sua fondazione come la "Biblioteca del Papa", di Sua diretta appartenenza. Anche in tempi recenti il Servo di Dio Giovanni Paolo II ha voluto richiamare questo vincolo che lega la Biblioteca Apostolica al Successore di Pietro, vincolo che ne pone in luce la missione peculiare, già sottolineata dal Papa Sisto IV: "Ad decorem militantis Ecclesiae et fidei augmentum - A decoro della Chiesa militante e per la diffusione della fede". Gli faceva eco un altro mio Predecessore, il Papa Niccolò V, il quale ne indicava la finalità con le parole: "Pro communi doctorum virorum commodo - per l'utilità e l'interesse comune degli uomini di scienza". Nel corso dei secoli la Biblioteca Vaticana ha assimilato e affinato questa sua missione con una caratterizzazione inconfondibile, sino ad essere oggi un’accogliente casa di scienza, di cultura e di umanità, che apre le porte a studiosi provenienti da ogni parte del mondo, senza distinzione di provenienza, religione e cultura. Vostro compito, cari amici che quotidianamente qui operate, è di custodire la sintesi tra cultura e fede che traspira dai preziosi documenti e dai tesori che custodite, dalle mura che vi circondano, dai Musei che vi sono vicini e dalla splendida Basilica che appare luminosa alle vostre finestre.

Conosco bene anche il lavoro che si svolge, con umile e quasi nascosto impegno quotidiano, nell’Archivio Segreto, méta di tanti ricercatori provenienti dal mondo intero: nei manoscritti, meno solenni dei ricchi codici della Biblioteca Apostolica, ma non meno rilevanti per interesse storico, essi ricercano le radici di tante Istituzioni ecclesiastiche e civili, studiano la storia dei tempi lontani e più recenti, possono delineare i contorni di figure illustri della Chiesa e delle civiltà, e far meglio conoscere l'opera multiforme dei Pontefici Romani e di tanti Pastori. All'Archivio Vaticano, aperto alla consultazione dei dotti dalla sapiente lungimiranza di Leone XIII nel 1881, hanno fatto riferimento intere generazioni di storici, anzi le stesse Nazioni europee, che, per favorire le indagini in così antico e ricco scrinium della Chiesa di Roma, hanno fondato nella Città eterna specifici Istituti culturali. All'Archivio Segreto ci si rivolge oggi non soltanto per ricerche erudite, pure in se stesse meritevoli e degnissime, riguardanti periodi lontani da noi, ma anche per interessi concernenti epoche e tempi a noi vicini, ed anche molto vicini. Ne sono prova i primi frutti che la recente apertura agli studiosi del pontificato di Pio XI, da me decisa nel giugno del 2006, ha fino ad oggi prodotto. Ricerche, studi e pubblicazioni possono a volte far nascere, accanto ad un interesse precipuamente storico, anche talune polemiche. A questo riguardo non posso che lodare l'atteggiamento di servizio disinteressato ed equanime che l’Archivio Segreto Vaticano ha reso, tenendosi lontano da sterili e spesso anche deboli visioni storiche di parte ed offrendo ai ricercatori, senza preclusioni o preconcetti, il materiale documentario in suo possesso, ordinato con serietà e competenza.

Da più parti giungono all'Archivio Segreto, come alla Biblioteca Apostolica, segni di apprezzamento e di stima da parte di Istituti culturali e di privati studiosi di diverse Nazioni. Questo a me pare sia il migliore riconoscimento a cui le due Istituzioni possono aspirare. E vorrei assicurare ad entrambe, ai loro Superiori e a tutto il Personale, nei diversi gradi degli organici, la mia gratitudine e la mia vicinanza. Confesso che, al compimento del mio settantesimo anno di età, avrei tanto desiderato che l’amato Giovanni Paolo II mi concedesse di potermi dedicare allo studio e alla ricerca di interessanti documenti e reperti da voi custoditi con cura, veri capolavori che ci aiutano a ripercorrere la storia dell’umanità e del Cristianesimo. Nei suoi disegni provvidenziali il Signore ha stabilito altri programmi per la mia persona ed eccomi oggi tra voi non come appassionato studioso di antichi testi, ma come Pastore chiamato a incoraggiare tutti i fedeli a cooperare alla salvezza del mondo, compiendo ciascuno la volontà di Dio là dove Egli ci pone a lavorare.

Per voi, cari amici, si tratta di realizzare la vostra vocazione cristiana a contatto con ricche testimonianze di cultura, di scienza e di spiritualità, spendendo le vostre giornate e, alla fine, buona parte della vostra vita nello studio, nelle pubblicazioni, nel servizio al pubblico e, in particolare, agli organismi della Curia Romana. Per questa vostra molteplice attività vi avvalete delle tecniche più avanzate nell'informatica, nella catalogazione, nel restauro, nella fotografia e, in genere, in tutto quanto concerne la tutela e la fruizione del ricchissimo patrimonio che custodite. Nel lodarvi per il vostro impegno, vi esorto a voler sempre considerare questo vostro lavoro come una vera missione da svolgere con passione e pazienza, gentilezza e spirito di fede. Preoccupatevi di offrire sempre un’immagine accogliente della Sede Apostolica, consapevoli che il messaggio evangelico passa anche attraverso la vostra coerente testimonianza cristiana.

Sono lieto ora, a conclusione di questo nostro incontro, di annunciare la nomina del Signor Card. Jean-Louis Tauran a Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Al suo posto, quale Archivista e Bibliotecario di Santa Romana Chiesa, ho nominato Mons. Raffaele Farina, promuovendolo al tempo stesso alla dignità di Arcivescovo. A svolgere il compito di Prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana ho chiamato Mons. Cesare Pasini, finora Vice-Prefetto della Veneranda Biblioteca Ambrosiana. A ciascuno di loro porgo fin d’ora l’augurio di un proficuo svolgimento delle nuove mansioni.

Ringrazio ancora una volta tutti voi per il prezioso servizio che svolgete nella Biblioteca Apostolica e nell’Archivio Vaticano e, mentre vi assicuro il mio ricordo nella preghiera, imparto di cuore a ciascuno con speciale affetto la mia Benedizione, che volentieri estendo alle rispettive famiglie ed alle persone care.

[00951-01.01] [Testo originale: Italiano]

[B0350-XX.01]

fonte: Sala Stampa della Santa Sede



[Modificato da Caterina63 13/04/2012 14:02]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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Inventari e cataloghi della Vaticana

L'autocoscienza di una biblioteca


Il 22 e il 23 giugno si svolgerà a Genova il convegno dell'Associazione dei bibliotecari ecclesiastici italiani. Anticipiamo una parte dell'intervento che sarà tenuto dal prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana.


di Cesare Pasini


Alla Biblioteca Apostolica Vaticana si inventaria e si cataloga da circa cinque secoli e mezzo. La mia impressione, entrandovi, prima da "utente" e soprattutto ora, da responsabile, è stata quella di una grande tradizione, di una competenza che ha impregnato le mura e le persone "di generazione in generazione". Forse, e senza forse, vi sono stati - e vi sono - dei limiti; e non tutti questi secoli hanno visto il medesimo impegno e hanno fruttato i medesimi risultati, però l'insieme di questo percorso dice molto della competenza catalografica della Biblioteca Apostolica Vaticana.

Del resto, una biblioteca si manifesta nella sua capacità di servire quanti le si accostano e la frequentano; e uno strumento irrinunciabile di servizio, il primo a cui si accosta un "utente", è il catalogo o, se si vuole, sono i cataloghi nei loro diversi ambiti e in tutte le loro possibili modalità e specificità. Anche perché inventariare e catalogare, prima che un servizio agli altri - mi si perdoni il modo banale di esprimerlo - è un servizio alla stessa istituzione la quale, catalogando. prende cognizione di quanto ha ricevuto e ha a disposizione.

Un'autocoscienza preziosa, grazie alla quale e sulla quale si possono meglio fondare e rilanciare ad altre persone informazioni, indicazioni, conoscenze. Mi viene da osservare che il bibliotecario, e nella loro specificità i catalogatori, "toccano" una mole e una quantità di dati, di materiali, di documenti, che lo studioso, doverosamente orientato ad analizzare il proprio ambito di ricerca, non è abituato o indotto a cogliere. A ciascuno il suo, ovviamente.

Ma resta il fatto che la vocazione di una biblioteca e di coloro che vi operano ha il prezioso e positivo connotato di coltivare una conoscenza complessiva di quei beni culturali che ha ricevuto e che si industria a far conoscere e a porre a servizio di quanti desiderino fruirne.

Ciò che sto affermando trova un suo pratico punto di verifica nella pagina web del sito della Vaticana (www.vaticanlibrary.va) dove, sotto la dicitura complessiva di "Cataloghi on line", vengono presentati il "Catalogo Manoscritti", il "Catalogo Stampati", il "Catalogo Stampe e Disegni", il "Catalogo Monete e Medaglie".

E devo subito osservare che i materiali oggetto di catalogazione in Biblioteca non si riducono alle sei categorie enumerate nei quattro cataloghi ora elencati:  vi si debbono infatti aggiungere gli archivi (che saranno inseriti on line in un prossimo futuro), e si potrebbero anche ricordare, con una esemplificazione che non pretende di essere esauriente, le placchette plumbee o le bolle plumbee - conservate insieme a monete e medaglie - la raccolta delle legature sciolte dei manoscritti, i dipinti e gli oggetti d'arte presenti in Biblioteca. Non per nulla la commissione della Vaticana che sovraintende a questo ambito e, come recita lo Statuto (articolo 80), "decide e aggiorna le norme di catalogazione", reca un significativo plurale nella sua denominazione, essendo appunto definita come Commissione per le catalogazioni.

I cataloghi sono vari e riferiti a differenti materiali, ma sono allo stesso tempo coordinati fra loro. Anzi, molto presto si prevede di fornire on line un catalogo unitario di tutti i materiali. Lo si può ritenere utile - anzi veramente rilevante - per certe ricerche, quando, adoperando questa interrogazione integrata, si giunge a delineare mappe concettuali che attraversano le diverse tipologie documentarie e generano quindi informazioni e conoscenze poliedriche su di un determinato autore, epoca storica o argomento; può ovviamente essere inutile e controproducente per certe altre ricerche, quelle cioè che producessero soltanto un ampio "rumore" di disturbo nei risultati; ma in ogni caso la realizzazione di un catalogo unitario dice la stretta connessione fra le differenti catalogazioni e fornisce quindi de facto una visione unitaria del patrimonio bibliografico della Biblioteca.

Ovviamente questa connessione non si improvvisa:  nasce anzitutto da una "conversione" - diciamo una conversione della mente e del cuore "catalografici" - poiché i catalogatori dei vari ambiti (e non solo loro) si trovano intrecciati e reciprocamente dipendenti, e accettano quindi una minore autonomia nelle proprie scelte; e si richiede ovviamente, nel concreto, il rispetto di regole comuni (si pensi all'uso di un unico authority file) e una competenza sempre più adeguata anche in ambito informatico.

Si aggiunga che si tratta di accostare catalogazioni in parte fra loro assimilabili in parte reciprocamente più autonome:  in Vaticana gli stampati, le stampe e i disegni, le monete e le medaglie sono catalogati utilizzando uno stesso strumento informatico, egregiamente applicabile a tutti questi materiali; per i manoscritti e gli archivi si usa invece un altro strumento elaborato all'interno della Biblioteca e che si conforma per i manoscritti allo standard internazionale messo  a  punto dal consorzio Tei (Text Enconding Initiative) e per i documenti d'archivio alla normativa Ead (Encoded Archival Description).

Per i manoscritti (per gli archivi la sperimentazione è ancora ai primi passi) le fonti di immissione dei dati sono, per ora, tre:  il recupero dell'indice-schedario alfabetico di Bishop, l'inserimento dei dati essenziali tratti da cataloghi a stampa e l'inserzione della bibliografia (corrente, ma anche pregressa) dei manoscritti:  si tende cioè a fornire alcuni dati essenziali e a rimandare per il resto alle pubblicazioni a stampa. Ma alla base di tutti i materiali, catalogati sull'uno o sull'altro strumento informatico, sta in ogni caso una raffinata connessione che permette di coordinare i dati e, quale frutto ultimo, di gestirli e interrogarli in piena efficienza.

Quando si cataloga all'interno di questi progetti, si compie anche una curiosa scoperta:  nelle basi dati e ancor prima nelle schede e in genere nelle catalogazioni che ci hanno preceduto e alle quali si attinge, si rinvengono errori, imprecisioni, lacune, che appunto la catalogazione informatica fa spietatamente emergere. Talora ci si imbatte subito in queste "sorprese", più spesso le si coglie dopo, in occasione di una revisione o di un accorpamento di dati. È certo molto bello sapere come lo strumento informatico imponga di "pulire" le informazioni, quelle a noi antecedenti e le nostre, e di rispettare con meticolosità le regole e di inserire con scrupolo i dati:  ma tutto questo richiede molta pazienza e concentrazione, e spesso tempi non lievi di recupero all'interno del lavoro.

Mi si permetta un'osservazione che nasce dal cosiddetto "progetto sicurezza" che stiamo attuando in Biblioteca in questi anni, un progetto cioè che permette di identificare ogni volume, grazie a un microchip che lo collega in radiofrequenza alla base dati del catalogo informatico, e di controllarne la presenza nella sua posizione e di tracciarne l'eventuale percorso all'interno dell'edificio, oltre a garantirlo da una uscita indebita.

Poiché il progetto è realizzabile solo se ciascun volume risulti registrato nel catalogo informatico della Biblioteca, si è dovuto previamente condurre una verifica a tappeto nella sala di consultazione degli stampati e si sta ora procedendo nei vari piani del deposito stampati:  sono "emersi" volumi mai catalogati e ci si è pure accorti di carenze anche nella catalogazione dei nostri predecessori.

Ovviamente questo non crea alcuno scandalo - piuttosto aiuta a essere umili pensando alle carenze che i nostri successori presto o tardi rileveranno nel nostro operare - ma certamente richiede maggior lavoro e, se non altro, conferma l'esperienza secondo cui l'introduzione della strumentazione informatica richiede, e anche facilita e stimola, una "pulizia" molto rigorosa!

Un altro aspetto, connesso alla catalogazione, è quello delle immagini da allegare ai cataloghi on line:  in Vaticana vi si sta provvedendo, in modalità pressoché generale, per le stampe e i disegni e per le monete e le medaglie; si è pure iniziato a inserire immagini di manoscritti, esemplificate in uno o due fogli per elemento descritto; allo stesso modo si prevede di operare in futuro per incunaboli e cinquecentine. Sono strumenti di entità apparentemente modesta, ma che risultano preziosi a quanti consultano i cataloghi on line, per compiere verifiche, identificazioni, confronti.
 
Per rendere adeguatamente funzionante questo servizio e per garantirne la continuità, si deve ugualmente predisporre la conservazione delle immagini sia identificando un adeguato formato di conservazione sia predisponendo un sufficiente storage ("deposito"). Non è la sede per ampliare il discorso, che diventa ancor più delicato e complesso trattandosi di conservare una mole ampia di dati - si pensi alla sola digitalizzazione dei settantacinquemila manoscritti della Vaticana! - ma è ovviamente necessario per non lavorare invano nel tentativo di collegare le immagini alle descrizioni catalografiche.

Un ultimo aspetto si riscontra nella catalogazione informatizzata:  la globalizzazione. Lo rilevo in senso positivo. Non solo esistono ormai numerose istituzioni internazionali, che facilitano il confronto o il coordinamento fra biblioteche e istituzioni di analogo impianto - si pensi, fra tutte, all'Ifla (International Federation of Library Associations), che avrà il suo congresso annuale nel prossimo agosto a Milano - ma è in corso un lavoro di coordinamento globale, che inorgoglisce per le possibilità oggi offerte, dà fierezza quando si ha possibilità di esservi coinvolti, ma soprattutto conforta per il significato di unità e collaborazione fra popoli e culture che esso esprime.

Penso, per esempio, ai Principi internazionali di catalogazione di recente pubblicazione, frutto di anni di lavoro dei delegati delle più importanti agenzie nazionali catalografiche, tra cui la Vaticana, riunitisi in una commissione di esperti di catalogazione, sotto l'egida dell'Ifla. Penso, ancor più, alla possibilità, promossa dal Viaf (Virtual International Authority File), di creare un'authority file di impostazione universale che colleghi linguaggi e scritture dei differenti popoli:  latini e anglosassoni, indiani, cinesi, giapponesi.

La Vaticana, da poco inserita in questa istituzione insieme alla Library of Congress, alla Deutsche Nationalbibliothek, alla Bibliothèque Nationale de France e all'Oclc (On-line Computer Library Center), coglie tutta la bellezza, pratica e simbolica insieme, di una simile iniziativa.

Il mondo della catalogazione e la comunità dei catalogatori non si collocata dunque in un contesto di monotonia statica:  è piuttosto una realtà dinamica, con responsabilità e genialità, verso nuove mete che non sembrano di poco conto.



(©L'Osservatore Romano - 21 giugno 2009)

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Cesare Baronio e la storia vista dall'Oratorio

È Filippo Neri il padre degli "Annales"



Gli atti del convegno internazionale di studi "Baronio e le sue fonti" sono stati presentati il 27 novembre nel Palazzo Municipale di Sora. Pubblichiamo quasi integralmente l'intervento del procuratore generale della confederazione dell'Oratorio di san Filippo Neri.



di Edoardo Aldo Cerrato

Che cosa indusse san Filippo Neri a orientare allo studio della storia della Chiesa il giovane sorano Cesare Baronio, giunto a Roma da Napoli nell'ottobre del 1577 per continuare gli studi di Legge?
Nella deposizione al processo di canonizzazione di padre Filippo, richiamando gli inizi della sua esperienza all'Oratorio, il Baronio attesta: "Mi comandò ch'io parlassi dell'istoria ecclesiastica; replicando io che non era secondo il mio gusto, ma che ero più presto a trattare cose dello spirito (...) agramente mi insisté; il che mi ha dato a pensare che il Padre, illuminato dallo Spirito Santo, volesse che tal fatica, alla Chiesa di Dio utile, si facesse (...) e facendomi parlare di questo per trent'anni nell'Oratorio, senza per così dire avvedermene, mi trovo aver fatta questa fatica".

La "fatica" è, ovviamente, la composizione degli Annales Ecclesiastici che nascono dalla trentennale esposizione nell'Oratorio della storia della Chiesa: lavoro fondato sull'amore filiale per la Chiesa, ma nutrito, mano a mano che l'impegno avanzava, dalla ricerca severa e dallo studio dei documenti, in perfetta sintonia con la scuola di Filippo, ardente di pietà devota, ma per nulla incline a fantasie e illusioni. La trattazione della storia rappresentava senza dubbio una felice novità, quando l'esposizione di argomento storico non rientrava - né in forma sistematica, né saltuariamente - nel programma di formazione spirituale di nessuna delle antiche come delle recenti istituzioni dedite all'apostolato.

La scelta di Filippo Neri ha radice, certamente, nella sua impostazione di uomo pratico, attento a privilegiare i fatti e la concretezza, invece che le teorie e le astratte argomentazioni. Ma non si può prescindere, nel valutarla, anche dalla speciale capacità che egli mostra, in vari ambiti, di intuire i bisogni del tempo e di cercare per essi concrete soluzioni.

Filippo Neri ebbe "antenne" speciali. Egli che, senza mai parlare di riforma, cambiò attraverso il suo ministero il volto dell'Urbe, sentì forse, e in modo più chiaro di altri, l'esigenza di introdurre i discepoli, attraverso la storia della Chiesa - non soltanto mediante le vite dei santi (che tanto spazio avevano nell'Oratorio) - nella viva esperienza di fede che aveva percorso i secoli; segnata, senza dubbio, da zone d'ombra, ma concreta vicenda storica in cui si attua l'opera della salvezza. Non è già comprensibile a questa luce la predilezione di Filippo per le catacombe, memoria storica dei martiri, e la rinnovata proposta di visita alle Sette Chiese, come incontro vivo e concreto con la grande testimonianza della tradizione cristiana?

È lecito chiedersi, tuttavia, se padre Filippo non abbia anche percepito l'importanza che l'argomentazione storica rivestiva nel dibattito acceso dalla Riforma protestante. Si sarebbe presto diffuso in Europa il forte attacco critico, condotto su base storica, contro la Chiesa cattolica dalle Centurie di Magdeburgo, con le quali Matthias Vlacich (Flacio Illirico) si proponeva, con un piano prettamente teologico, di scardinare la legittimità storica del cattolicesimo romano dimostrando la degenerazione della Chiesa di Roma rispetto alle origini.

La pubblicazione dei primi tre tomi della Ecclesiastica historia integram Ecclesiae Christi ideam (...) secundum singulas centurias vedeva la luce a Basilea nel 1559, ma già nel 1554, in una Consultatio de conscribenda accurata historia ecclesiae, parlando della futura pubblicazione delle Centurie, Flacio Illirico non nascondeva la decisiva spinta polemica antiromana; e nel 1556, aveva pubblicato a Basilea una serie di testimonianze antipapali che costituiranno l'ossatura delle Centurie: il Catalogus testium veritatis qui ante nostram ætatem Pontifici Romano eiusque erroribus reclamaverunt.

L'incarico conferito da padre Filippo a Baronio si situa pochi mesi avanti l'edizione del primo volume delle Centurie, ma erano passati quattro anni dalla pubblicazione della Consultatio e due anni da quella del Catalogus. Non è azzardato pensare - come suggerisce anche Hubert Jedin - che a Roma, dove con facilità confluivano le notizie, egli ne fosse al corrente.

Si è dibattuto sull'ampiezza e la profondità della cultura di san Filippo Neri, della quale molti contemporanei hanno testimoniato l'eccellenza: quel che è certo è che egli possedeva la vivace intelligenza che consente di captare - anche in ambito culturale - i fermenti più significativi.

A fronte della sfida protestante, la Chiesa cattolica presentava se stessa come la forma attuale, ma fedele, della Chiesa apostolica. La prima risposta cattolica alle Centurie di Magdeburgo sarebbe giunta nel 1573 con l'Adversus Magdeburgenses Centuriatores del gesuita Francisco Turriano, che pone in evidenza lo scarso rigore degli autori delle Centurie o addirittura l'ignoranza di ogni buona regola storiografica; ma in campo cattolico si diffondeva la consapevolezza che la forza d'urto delle Centurie di Flacio stava nel fatto di proporre la ricostruzione globale della vita della Chiesa; e che occorreva pertanto rispondere con un'opera paradigmatica che si ponesse allo stesso livello.

Tentarono l'impresa Onofrio Panvinio e Pietro Canisio, ma i loro scritti, pur validi, si rivelarono insufficienti. E a nulla approdò anche la commissione cardinalizia istituita da Pio V per confutare i centuriatori. Nel dicembre del 1578 Gregorio XIII affidò a Carlo Sigonio l'incarico di comporre una Historia ecclesiastica: lo storico la concepirà nel rispetto dei principi enunciati dal cardinale Gabriele Paleotti, ma l'opera rimase incompiuta.
Cesare Baronio, che per dieci anni aveva elaborato e approfondito il materiale raccolto fin dall'inizio del suo incarico, era ormai pronto a rispondere all'impegno e poteva iniziare nel 1588 la pubblicazione degli Annales Ecclesiastici che avrebbero raggiunto, l'anno della sua morte, il numero di dodici volumi in folio illustrando la storia della Chiesa dalle origini al 1198.

Pensò a quest'opera padre Filippo quando indusse Baronio allo studio della storia per i sermoni dell'Oratorio?

Nel "Ringraziamento" a Neri, posto a capo del ix volume (1598), quando ormai il padre era morto da tre anni e il suo processo di canonizzazione era iniziato, Cesare Baronio lo afferma; come pure farà nella seconda deposizione al processo canonico, rilasciata nel 1607, quando citerà il sogno in cui aveva visto il santo conferirgli esplicitamente l'incarico di scribere Annales.
Il distaccato atteggiamento del santo verso la traduzione in scrittura delle fatiche baroniane è tuttavia un fatto, ampiamente documentato: non da ascriversi, certo, a mancanza di interesse, ma piuttosto alla comprovata manifestazione del carattere di Filippo e alla costante preoccupazione per la crescita dei discepoli nell'umiltà; senza dimenticare che non mancava la realistica preoccupazione delle priorità incombenti sulla giovane Congregazione.

È di Filippo la paternità degli Annales: certamente della finalità di essi, se non dei tomi - alcuni editi, tuttavia, da una tipografia appositamente allestita dalla congregazione, vivente il padre - che diedero fama universale al discepolo già famoso per la pubblicazione del Martyrologium Romanum e delle Adnotationes che lo accompagnavano. Fu padre Filippo, infatti, a introdurre il Baronio nella attività che gli avrebbe consentito di rispondere con solidi argomenti all'attacco con cui il mondo protestante cercava di minare, su base storica, la dottrina della Chiesa Romana.



(©L'Osservatore Romano - 28 novembre 2009 )

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Insieme a tutti i testi ufficiali della Santa Sede

In rete i documenti vaticani
della seconda guerra mondiale


Ora è possibile, a chiunque sappia usare un computer e navigare in rete, consultare in formato pdf i dodici volumi degli Actes et documents du Saint Siège relatifs à la Seconde Guerre Mondiale, la raccolta voluta da Paolo VI nel 1964 e realizzata tra il 1965 e il 1981 dagli storici gesuiti Pierre Blet, Angelo Martini, Burkhart Schneider e Robert A. Graham.

La sezione "Testi Fondamentali" sul sito www.vatican.va
 rende oggi accessibile tale sconfinata miniera di testi finora disponibili in forma cartacea soltanto nelle biblioteche.

Quanti invocano chiarezza e documentazioni potranno così toccare con mano, e senza intermediari, l'entità e la consistenza di "un'opera rigorosa" come, a ragione, osservava poco tempo fa, alla vigilia della sua morte, padre Blet, l'ultimo dei quattro storici gesuiti che realizzarono la monumentale pubblicazione. "Un'opera rigorosa" di cui probabilmente si coglierà la portata quando l'Archivio Segreto Vaticano metterà a disposizione del pubblico tutte le carte attinenti al periodo 1939-1945.

"Troveranno (...) - diceva padre Blet - che non abbiamo nascosto niente. Mi sembra difficile che si potrà contraddire quanto è ampiamento mostrato nei documenti già pubblicati".
Ma le nuove accessioni in rete dei "Testi Fondamentali" del sito vaticano, non si limitano a questo. Sono infatti consultabili anche le intere collezioni degli "Acta Sanctae Sedis" (Ass) e degli "Acta Apostolicae Sedis" (Aas), cioè gli atti ufficiali della Santa Sede dal 1865 al 2007, sempre in formato pdf.

Gli "Acta Sanctae Sedis" dal 1865 al 1908 furono il periodico che pubblicava i principali documenti del Papa e della Curia romana, e conteneva una lista di appuntamenti romani. La rivista fu così apprezzata che con rescritto di Propaganda Fide del 23 gennaio 1904 il testo dei documenti fu considerato come autentico e ufficiale. Poi il 29 settembre 1908 Papa Pio X, con la costituzione apostolica Promulgandi pontificias, fondò gli "Acta Apostolicae Sedis" che presero il posto degli "Acta Sanctae Sedis", divenendo così la gazzetta ufficiale - per lo più mensile - della Santa Sede.


(©L'Osservatore Romano - 26 marzo 2010)

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Monsignor Pasini spiega i nuovi sistemi di protezione della Biblioteca Vaticana

Dan Brown s'inventi qualcos'altro



di Marcello Filotei

Interno giorno. Biblioteca Apostolica Vaticana o Archivio segreto, che per certi registi americani sono la stessa cosa. Un sotterraneo moderno. Enormi scaffalature custodiscono inconfessabili segreti. Vetri spessi e invalicabili, che se spingi bene comunque si rompono. Gli eroi senza macchia e con qualche peccato sono alla ricerca del volume che svelerà il secolare enigma. Assieme all'avvenente studiosa che l'accompagna trova il Galileo celato, da sempre portatore di una verità nascosta. Non c'è tempo per leggerlo, ma gli eroi non esitano:  strappano una pagina, la studieranno poi. Ma in fondo sanno già cosa c'è scritto, servirà loro per inchiodare alle proprie responsabilità i colpevoli del più immondo dei crimini:  la menzogna. Il fatto non è mai successo. La storia non ha alcun fondamento, come gran parte delle cose che racconta Dan Brown in libri che non varrebbe la pena di ritrovare tra qualche secolo in una qualsiasi biblioteca. Adesso, però, anche il più fantasioso dei calunniatori, dovrà inventare qualcosa di più raffinato se volesse anche solo sfiorare l'argomento. Tutti quei "segretissimi" volumi - da molti decenni a disposizione di chiunque voglia prendersi la briga di leggerli - sono stati catalogati con moderni metodi informatici e grazie a un enorme database si potranno consultare sempre più agevolmente. E soprattutto saranno superprotetti. Ce lo spiega il prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana, monsignor Cesare Pasini. Ma andiamo per ordine.

Qual è la prima novità che si troveranno di fronte gli studiosi alla riapertura della
Biblioteca Apostolica Vaticana?


L'ingresso.

L'ingresso?

È stato ristrutturato completamente e permette di accedere a diversi percorsi. Non solo c'è la scala solenne che va al primo piano, ma anche un sottopasso che permette di accedere direttamente all'ascensore degli studiosi, a sua volta rinnovato per permettere un accesso più agile.

E una volta entrati?

La prima cosa di cui si accorgeranno i visitatori abituali è che non riceveranno più la chiave che serviva ad aprire l'armadietto. Al posto di quello che era diventato quasi un simbolo, gli studiosi avranno una tessera magnetica che permetterà loro di entrare nelle sale, chiedere volumi in collegamento wi-fi e, in generale, vedere facilitate le operazioni di ricerca.

Quali spazi sono interessati dall'informatizzazione?

Grazie alla chiusura, siamo potuti intervenire non solo nelle strutture che dovevano essere recuperate per motivi di statica, ma anche negli altri ambienti:  ora tutti i locali aperti al pubblico sono cablati.

Cosa cambia nella consultazione?

La velocità è molto più elevata. Per esempio stiamo mettendo in rete la bibliografia a stampa pubblicata nel corso dei decenni. Per ora abbiamo lavorato sul periodo che va dal 1991 al 2000, presto partirà il lavoro di digitalizzazione degli anni precedenti. Dal 2000 in poi inseriamo direttamente i dati al computer senza fare una stampa come avveniva in precedenza. A tutti questi dati c'è un accesso immediato.

Le prime notizie che trapelano raccontano di un raffinato controllo della sicurezza.

È un sistema che è partito in fase sperimentale diversi anni fa, e che ora può entrare a regime. Tutti i volumi che si trovano nelle sale di consultazione e una parte di quelli nei depositi sono dotati di un tag elettronico che non solo fa suonare un allarme se il libro viene portato fuori dalla struttura, ma soprattutto fornisce indicazioni specifiche riguardo ai dati di quel volume. Queste informazioni vengono lette dai computer di controllo e quindi quando si oltrepassa un varco o quando un libro viene consegnato a un tavolo, il volume viene identificato e le informazioni relative vengono inviate a un database denominato Pergamon. Questo archivio memorizza i dati dei libri e li confronta con quelli delle persone che in quel momento circolano nella biblioteca con la loro tessera magnetica in tasca.

In pratica che succede?

Chiunque passa in un varco viene identificato, e avendo i dati di tutti i volumi si può verificare in tempo reale se quella persona è autorizzata a essere in quel posto e a spostare quello specifico libro da una sala all'altra.

E se qualcuno occulta un libro che non ha il permesso di consultare?

Ci sono dei blocchi meccanici che si attivano. Ma esistono anche interventi meno drastici che dipendono dalla gravità della violazione.

Tutto sotto controllo, dunque, ma per quando è prevista l'apertura?

Per il 20 settembre, anche se qualche animo tremebondo si fa nascere dei dubbi. La data è comunque confermata, è ora di tornare alla normalità:  noi apriamo le porte, gli studiosi aprono i libri.
Pagine strappate, naturalmente zero. Meditate sceneggiatori, meditate.


(©L'Osservatore Romano - 25 giugno 2010)
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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13/09/2010 22:20
 
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Nel Salone Sistino la conferenza stampa per la riapertura della Biblioteca Apostolica Vaticana

Il sogno dei manoscritti digitali


di Silvia Guidi


Non c'è più traccia di rumore e polvere:  dopo tre anni di delicati lavori di ristrutturazione, rimessa a norma degli impianti e vaglio dello stato di conservazione del materiale custodito, la Biblioteca Apostolica Vaticana splende nel chiarore dei suoi marmi.
 
La data della riapertura è fissata per lunedì 20 settembre, ma già si pensa ai progetti futuri:  come l'adattamento del bellissimo Salone Sistino, sede della biblioteca dalla fine del Cinquecento alla fine dell'Ottocento, a ulteriore sala di consultazione, una mostra e un libro per far conoscere al grande pubblico gli oltre cinque secoli di storia della Vaticana, e innovazioni ambiziose quanto necessarie nell'ambito della conservazione, come il progressivo salvataggio su supporto digitale dei manoscritti.
 
"Il progetto è stato ampiamente studiato e verificato - spiega il prefetto, monsignor Cesare Pasini - e si stanno cercando i fondi per la sua attuazione:  è un lavoro immenso perché qui abbiamo settantacinquemila manoscritti, ma anch'esso fa parte del nostro futuro".

La novità più evidente per gli studiosi che torneranno a riempire le sale di consultazione - ogni anno sono circa ventimila i ricercatori, provenienti da tutto il mondo, che varcano l'ingresso della Vaticana - sarà l'informatizzazione delle procedure. Ognuna di esse sarà infatti ricollegata alla tessera (munita di microchip Rfid) che lo studioso riceve all'atto dell'iscrizione e che ingloberà anche la chiave con la quale si aprivano gli armadietti e ci si identificava poi al banco della sala di consultazione degli stampati o dei manoscritti.

Sarà possibile registrarsi - in entrata e in uscita - anche nella sala di consultazione delle riviste; sarà di conseguenza aperto il passaggio che conduce a questa sala dallo scalone d'ingresso della biblioteca. Ci si potrà quindi spostare agilmente fra la sala di consultazione degli stampati e quella delle riviste utilizzando  le  scale  o  l'ascensore  rinnovato.

Nelle sale di consultazione, inoltre, sarà offerta la possibilità di collegarsi alla rete della biblioteca in modalità wi-fi dal proprio posto in sala:  ciascuno studioso all'atto dell'iscrizione riceverà una password che lo abiliterà a collegarsi alla rete interna anche attraverso il proprio personal computer e potrà così sia consultare i cataloghi o altre basi dati in linea sia - sperimentalmente ora solo per i manoscritti - inoltrare in questo modo le richieste dei codici che intende consultare.

"Aggiungo un aspetto non "visibile" ma veramente prezioso per l'ordine e la sicurezza complessiva dei volumi nella biblioteca. Poiché anche i volumi sono dotati di badge, la presenza in biblioteca di adeguate strumentazioni di controllo - barriere, varchi, telecamere - permette di mantenere traccia dell'eventuale trasferimento dei volumi da una zona all'altra, ad esempio quando sono spostati per essere fotografati o restaurati o per verifiche da parte dei catalogatori, così da poterne ricostruire il percorso ricollegandolo alla persona che lo ha preso in carico".

Le stesse strumentazioni permettono il passaggio o, nel caso, lo impediscono alle persone non autorizzate al trasferimento di volumi:  insomma - continua Pasini - "abbiamo cercato di frenare per quanto possibile la possibilità di sottrazioni".

Alcune novità già poste in funzione:  ad esempio la possibilità di fare direttamente in rete le richieste di riproduzioni fotografiche. Un'innovazione che si colloca nell'ambito della ristrutturazione del sito web della biblioteca, totalmente rinnovato e in continuo aggiornamento.

"Grazie al sito, infatti, sul quale sono comparse, costantemente aggiornate, comunicazioni e informazioni relative ai servizi, alle iniziative, alle ultime pubblicazioni - ha detto il prefetto - durante i tre anni di chiusura abbiamo continuato a mantenere vivi i contatti con gli studiosi e gli amici della biblioteca. Uno strumento specifico a questo proposito è stato l'invio di newsletter, anch'esse pubblicate sul sito:  con la riapertura si cercherà di proseguire, per continuare a divulgare agilmente le notizie riguardanti la vita della biblioteca".

"Si hortum in bybliotheca habes deerit nihil ha spodestato il precedente motto erasmiano Nunc adeamus bibliothecam, non illam quidem multis instructam libris, sed exquisitis - ha chiosato con un sorriso il cardinale Raffaele Farina, bibliotecario di Santa Romana Chiesa durante la conferenza stampa di presentazione, nel Salone Sistino - e il consiglio ci è stato di grandissima utilità, sia per conservare il giardino e non trasformarlo in un brutto edificio, sia perché ora che i lavori si sono conclusi siamo felici di avere, con esso, una bella Biblioteca:  il motto di Cicerone ci sta proprio bene".


(©L'Osservatore Romano - 13-14 settembre 2010)

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Tesori di un mistero tutto da sfogliare


di Cesare Pasini

Sono rimasto "estraneo" alla Biblioteca Apostolica Vaticana sino al 1976, quando la necessità di consultare due manoscritti per la tesi di licenza in Scienze Ecclesiastiche Orientali presso il Pontificio Istituto Orientale mi aprì la possibilità di accedervi con una tessera abilitata a un numero ridotto di ingressi:  l'invito allo studio di un testo agiografico conservato in quei manoscritti veniva dalla professoressa Enrica Follieri, mentre la lettera di presentazione - non so se si chiamasse già di malleveria - fu stesa da padre Tomás Spidlík, il futuro cardinale, allora professore al Pontificio Istituto Orientale.

Posso datare a quegli anni gli inizi della mia conoscenza della Vaticana:  una conoscenza limitata all'ufficio ammissione studiosi, alle sale di consultazione, ai contatti con gli addetti nelle sale, all'acquisto di qualche volume in economato; e anche la percezione di un clima di serietà, di ordine, di grande competenza, di nobile raccoglimento. Penso sia la conoscenza che abitualmente possono concedersi gli studiosi ammessi in Biblioteca Apostolica.

Ovviamente, se si procede negli anni la frequentazione, i contatti con le persone - il personale interno o i colleghi di studio - si fanno più vivi, come si fa più ampia la conoscenza dei materiali di studio a propria disposizione, dei servizi offerti in Biblioteca; forse si prende anche un poco più di confidenza con l'ambiente, tuttavia senza mai perdere il "rispetto" per un contesto così alto e degno.

Si notano anche i cambiamenti o le innovazioni, ma ci si accorge che sono ben ponderati entro la scia di una "tradizione", che impronta tutta l'Istituzione e che non sembra possibile avventatamente alterare o abbandonare.

Penso che una simile frequentazione, e la conseguente conoscenza, sia invidiata da chi non può entrare in Biblioteca, non avendo motivo di accedervi per ricerche di studio. Purtroppo una biblioteca così specializzata come la Vaticana non può essere aperta a tutti, pena l'impossibilità di renderla disponibile a quanti da tutto il mondo vengono a consultarla per le ricerche specifiche sui materiali in essa custoditi. E del resto proprio questi materiali per la loro delicatezza e peculiarità esigono un'appropriata preparazione da parte di chi li riceve in consultazione e non possono essere concessi indifferentemente a qualsiasi "utente":  mancherebbe persino la capacità di saperli opportunamente utilizzare e, per altro verso, rischierebbero di essere usati in modo inadeguato e quindi di non essere debitamente protetti e conservati per il bene dell'umanità di oggi e di domani.
Il non accesso, si sa, può far nascere curiosità e sospetti:  si crea un alone di mistero.

A dire il vero, è bello che vi sia del "mistero" là dove stanno i tesori dell'umanità, le testimonianze di una storia e di una cultura che attraversano i secoli e i continenti:  in questo senso "mistero" significa qualcosa di più grande e profondo, che i non addetti ai lavori un po' sognano e un po' temono (e che nessuno può comunque accostare con superficialità!). È il mistero delle cose da scoprire, delle molte realtà che non si conoscono ancora (e forse non si conosceranno mai), il fascino dell'attività di quanti si dedicano alla ricerca e talvolta giungono a scoprire un testo, una notizia, una bella immagine, un disegno o una fotografia, una riflessione, un dato sfuggito ai precedenti ricercatori che - magari - sono transitati tante altre volte su quelle pagine di manoscritti o di stampati, su quelle stampe e disegni, su quelle monete e medaglie, non cogliendo il punto nuovo e importante.

Certo, se nasce il sospetto di chissà quali segreti tenuti volutamente nascosti, allora tutto si complica e si rovina:  non si è più affascinati dal grande mistero (che, per dirla tutta, si appaga solo quando dalle varie sfaccettature di interessanti verità parziali si arrivi alla infinita Verità che tutto sostiene), ma si è vittime di paura e di sfiducia, di diffidenze e di pregiudizi. Da simili situazioni o stati d'animo o puntigli - dai quali possono nascere pagine e filmati che affollano la rete web, con le allusioni o i sospetti più strani - è difficile essere liberati senza la collaborazione degli stessi interessati. Si potrebbe dire loro:  "Venite e vedete", se almeno ne volessero trarre vantaggio!
 
Tre anni fa mi è capitato di sentirmi dire, più o meno, con riferimento alla Biblioteca Apostolica Vaticana:  "Vieni e vedi" - a dir il vero, mi pare che nei fatti mi sia stato detto:  "Vieni e lavora", ma lasciamo correre. Vivere al di dentro di una istituzione, da prefetto o con qualsiasi altro incarico, è un passo in avanti grandissimo per poterla conoscere:  non solo per poterne perlustrare tutti gli angoli, quelli abitualmente accessibili o quelli più remoti, ma per respirare dal di dentro l'aria, percepirne direttamente il clima, coglierne la missione proprio mentre la si sta vivendo. Si arriva cioè a conoscere una casa non come ospiti o visitatori ma come membri della famiglia (fra parentesi:  una bella famiglia, quella della Biblioteca Apostolica, ricca di persone motivate, preparate, dedite e convinte della loro missione, e unite in una collaborazione impegnativa e feconda!).

Questa esperienza, per necessità di cose, è ancora più esclusiva della precedente, che riguardava i molti studiosi che frequentano la Biblioteca:  un nutrito drappello di circa centocinquanta persone al giorno, salvo i periodi di maggiore afflusso quando si superano le duecento unità, con una somma globale di più di ventimila presenze all'anno.

E tuttavia proprio la percezione gradita di una più ampia e profonda conoscenza della Biblioteca Apostolica Vaticana offerta a noi che vi operiamo - novanta persone in tutto più un ulteriore gruppo di collaboratori a diverso titolo - ci ha spinto a trovare uno strumento di comunicazione che offrisse il massimo di conoscenza anche a quanti non avranno mai la possibilità di frequentarla:  è nata così l'idea di una mostra e di questo catalogo che la illustra. Appunto:  "Conoscere la Biblioteca Vaticana". I vari contributi e le numerose schede del catalogo sono altresì frutto del lavoro del personale della Biblioteca, che con generosa disponibilità  e  con convinta adesione ha collaborato alla comune impresa.


L'indice del volume, come la sequenza delle sale espositive, chiarisce che la conoscenza che si vuol offrire è scandita dai vari ambiti in cui si articola la Biblioteca:  come a far entrare nelle sale, negli uffici, nei laboratori, e conoscere i protagonisti e il lavoro che vi si svolge. I numerosi materiali esposti, in originale o in facsimile o in riproduzione - manoscritti e carte di archivio, volumi a stampa antichi o più recenti, stampe e disegni, monete e medaglie - permettono un primo "assaggio" all'interno dell'immenso "scrigno" che è la Biblioteca Vaticana. Un "assaggio" non casuale, ma scelto con l'accuratezza di chi vuol far accostare i visitatori e i lettori agli esempi più significativi, più belli, più preziosi o più singolari e, per quanto possibile, a tutte le tipologie di materiali presenti.

Un aiuto a entrare nel "mistero" dei grandi beni dell'umanità conservati nella Biblioteca Apostolica senza smarrirsi o impaurirsi, anzi condotti per mano per meglio capire e valutare e valorizzare.
 
Il titolo della mostra segnala anche che si tratta di "una storia aperta al futuro". Ovviamente non si vuol solo affermare che, dopo tre anni di lavori straordinari, finalmente si può guardare di nuovo in avanti e riprendere il normale funzionamento della Biblioteca. Si vuole piuttosto far percepire lo spirito che anima l'Istituzione e che la sospinge in avanti:  non si tratta solo di conoscere persone e cose, ma di entrare in profondo nella comprensione della Biblioteca Apostolica così da coglierne la missione che, oggi come ieri - o forse ancor più di ieri? - la apre al futuro.
 
Del resto, quando - più sopra - discorrevamo di conoscenza, segnalavo come un passaggio ben più profondo di conoscenza quello che mi aveva permesso di percepire dal di dentro l'identità e la missione della Biblioteca.


È possibile comunicare in una mostra e in un catalogo anche questa specifica conoscenza, che è l'anima del futuro che ci attende? È certo più difficile. Di fatto dobbiamo rivolgerci alla sua storia, come ci aiuta a fare il vice prefetto, Ambrogio Piazzoni, nel primo contributo del catalogo. Dalla storia, infatti, emergono alcuni tratti perenni della Vaticana o, se si vuole, di ogni biblioteca che intenda rispettare la propria missione:  li potremmo identificare nello spirito di servizio, nello spirito umanistico e nello spirito di universalità.

Lo spirito di servizio dice che la biblioteca è disponibile e aperta, con i suoi libri e con tutto il servizio richiesto, a chiunque desideri approfondire, studiare e ricercare. Lo spirito umanistico - che nel termine stesso si riallaccia all'epoca in cui ebbe origine la Vaticana - esprime il convinto sostegno alla ricerca compiuta in modo serio e documentato, con pazienza, con pacatezza, con capacità di confronto e con umiltà nell'esprimere le proprie conquiste, proprio come l'umanesimo ha insegnato; e insieme rammenta il punto di riferimento imprescindibile di ogni ricerca, che è l'uomo, la sua razionalità, la sua realtà spirituale, la sua dignità. Lo spirito di universalità, infine, tipico di ogni autentico sapere, è quello che fa della Biblioteca Vaticana - come si espresse Papa Benedetto XVI nella visita del 25 giugno 2007 - "un'accogliente casa di scienza, di cultura e di umanità, che apre le porte a studiosi provenienti da ogni parte del mondo, senza distinzione di provenienza, religione e cultura" e insieme un luogo di collaborazioni e di intese culturali con persone e istituzioni di ogni angolo del mondo.

Se la Biblioteca Apostolica Vaticana è "storia aperta al futuro" lo deve ovviamente alle persone che vi operano e che ogni giorno affrontano il "futuro che viene"; lo deve ai beni che essa conserva, tesori culturali dell'umanità e per l'umanità, che non conoscono invecchiamento o tramonto; lo deve anche alle innovazioni che la scienza, informatica e non, permette continuamente di utilizzare per il buon funzionamento di molti apparati e servizi. Ma ciò che apre al futuro è certamente la presenza continua e sempre creativa dello spirito di servizio, umanistico e di universalità che ho cercato di descrivere e che costituisce la sua stessa missione.


(©L'Osservatore Romano - 8-9 novembre 2010)

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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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11/11/2010 15:58
 
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biblioteca vaticana: MEMORIA STORICA CHIESA UNIVERSALE
 
CITTA' DEL VATICANO, 11 NOV. 2010 (VIS). Il Santo Padre ha indirizzato una Lettera al Cardinale Raffaele Farina, S.D.B., Archivista e Bibliotecario di Santa Romana Chiesa, in occasione della riapertura della Biblioteca Apostolica Vaticana e dell'inaugurazione della Mostra: "Conoscere la Biblioteca Vaticana: una storia aperta al futuro".
 
  "Luogo eminente della memoria storica della Chiesa universale, nel quale sono custodite venerabili testimonianze della tradizione manoscritta della Bibbia, la Biblioteca Vaticana ha però un altro motivo per essere oggetto delle cure e delle preoccupazioni dei Papi. Essa conserva, fin dalle sue origini, l'inconfondibile apertura, veramente 'cattolica', universale, a tutto ciò che di bello, di buono, di nobile, di degno l'umanità ha prodotto nel corso dei secoli".
 
  "Nulla di quanto è veramente umano è estraneo alla Chiesa, che per questo ha sempre cercato, raccolto, conservato, con una continuità che ha pochi paragoni, gli esiti migliori degli sforzi degli uomini di elevarsi al di sopra della pura materialità verso la ricerca, consapevole o inconsapevole, della Verità".
 
  "La Biblioteca Vaticana non è dunque una biblioteca teologica o prevalentemente di carattere religioso; fedele alle sue origini umanistiche, essa è per vocazione aperta all'umano; e così serve la cultura (...). Anche col funzionamento di codesta 'sua' istituzione, la Chiesa si ripromette oggi - come cinque secoli fa - di servire tutti gli uomini, inscrivendo un tale suo ministero nel quadro più vasto di quel ministero che a lei è tanto essenziale da farla essere Chiesa: Chiesa come comunità che evangelizza e che salva".


                          Pope Benedict XVI blesses as he leads the weekly general audience in Paul VI Hall at the Vatican November 10, 2010.

LETTERA DEL SANTO PADRE ALL’ARCHIVISTA E BIBLIOTECARIO DI SANTA ROMANA CHIESA, IN OCCASIONE DELLA RIAPERTURA DELLA BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA, 11.11.2010


Pubblichiamo di seguito la Lettera che il Santo Padre Benedetto XVI ha inviato all’Archivista e Bibliotecario di Santa Romana Chiesa, Em.mo Card. Raffaele Farina, S.D.B., in occasione della riapertura della Biblioteca Apostolica Vaticana:

LETTERA DEL SANTO PADRE

Al Venerato Fratello
Cardinale RAFFAELE FARINA, S.D.B.
Archivista e Bibliotecario di Santa Romana Chiesa


La riapertura della Biblioteca Vaticana, dopo tre anni di chiusura per importanti lavori, viene celebrata con una mostra intitolata «Conoscere la Biblioteca Vaticana: una storia aperta al futuro» e con un convegno sul tema «La Biblioteca Apostolica Vaticana come luogo di ricerca e come istituzione al servizio degli studiosi». Seguo con particolare interesse queste iniziative, non solo per confermare la mia personale vicinanza di uomo di studio alla benemerita Istituzione, ma anche per continuare la secolare e costante cura che i miei Predecessori hanno riservato ad essa. Una delle due epigrafi apposte da Papa Sisto V accanto all’ingresso del Salone Sistino ricorda che essa fu incominciata (inchoata) da quei Papi che ascoltarono la voce dell’apostolo Pietro. In questa idea di continuità di una storia bimillenaria vi è una verità profonda: la Chiesa di Roma sin dai suoi inizi è legata ai libri; dapprima saranno stati quelli delle Sacre Scritture, poi quelli teologici e relativi alla disciplina e al governo della Chiesa. Infatti, se la Biblioteca Vaticana nasce nel XV secolo, nel cuore dell’Umanesimo, di cui è una splendida manifestazione, essa è l’espressione, la realizzazione istituzionale «moderna» di una realtà ben più antica, che ha sempre accompagnato il cammino della Chiesa. Tale consapevolezza storica mi induce a sottolineare come la Biblioteca Apostolica, al pari del vicino Archivio Segreto, faccia parte integrante degli strumenti necessari allo svolgimento del Ministero petrino e come essa sia radicata nelle esigenze del governo della Chiesa. Lungi dall’essere semplicemente il frutto della diuturna accumulazione di una bibliofilia raffinata e di un collezionismo dalle molte possibilità, la Biblioteca Vaticana è un mezzo prezioso al quale il Vescovo di Roma non può e non intende rinunciare, per avere, nella considerazione dei problemi, quello sguardo capace di cogliere, in una prospettiva di lunga durata, le radici remote delle situazioni e le loro evoluzioni nel tempo.

Luogo eminente della memoria storica della Chiesa universale, nel quale sono custoditi venerabili testimonianze della tradizione manoscritta della Bibbia, la Biblioteca Vaticana ha però un altro motivo per essere oggetto delle cure e delle preoccupazioni dei Papi. Essa conserva, fin dalle sue origini, l’inconfondibile apertura, veramente «cattolica», universale, a tutto ciò che di bello, di buono, di nobile, di degno (cfr Fil 4,8) l’umanità ha prodotto nel corso dei secoli; di qui la larghezza con la quale nel tempo ha raccolto i frutti più elevati del pensiero e della cultura umana, dall’antichità al medioevo, dall’epoca moderna al XX secolo.

Nulla di quanto è veramente umano è estraneo alla Chiesa, che per questo ha sempre cercato, raccolto, conservato, con una continuità che ha pochi paragoni, gli esiti migliori degli sforzi degli uomini di elevarsi al di sopra della pura materialità verso la ricerca, consapevole o inconsapevole, della Verità. Non a caso, nel programma iconografico del Salone Sistino, la successione ordinata delle rappresentazioni dei Concili ecumenici e delle grandi biblioteche dell’antichità sulle pareti destra e sinistra, le immagini degli inventori degli alfabeti nei pilastri centrali convergono tutte verso la figura di Gesù Cristo, «celestis doctrinae auctor», alfa e omega, vero Libro della vita (cfr Fil 4,3; Ap 3,5; 13,8; 17,8; 20,15; 21,27) al quale tende e anela tutto l’umano travaglio. La Biblioteca Vaticana non è dunque una biblioteca teologica o prevalentemente di carattere religioso; fedele alle sue origini umanistiche, essa è per vocazione aperta all’umano; e così serve la cultura, intendendo con essa – come ebbe a dire il mio venerato predecessore il Servo di Dio Paolo VI il 20 giugno 1975, in occasione del quinto centenario di codesta Istituzione – «maturazione umana (...) crescita dall’interno (...) acquisizione squisitamente spirituale; cultura è elevazione delle facoltà più nobili che Dio Creatore ha dato all’uomo, per farlo uomo, per farlo più uomo, per farlo simile a sé! Cultura e mente, dunque; cultura e anima; cultura e Dio. Anche con codesta "sua" istituzione, la Chiesa ci ripropone questi essenziali e vitali binomi, che toccano l’uomo nella sua dimensione più vera, e lo inclinano, quasi per un’inversione della legge di gravità, verso l’alto, e lo sollecitano (…) all’autosuperamento secondo la mirabile traiettoria agostiniana del quaerere super se (cfr S. Augustini, Confessiones, X, 6, 9: PL 32, 783). Anche col funzionamento di codesta "sua" istituzione, la Chiesa si ripromette oggi – come cinque secoli fa – di servire tutti gli uomini, inscrivendo un tale suo ministero nel quadro più vasto di quel ministero che a lei è tanto essenziale da farla essere Chiesa: Chiesa come comunità che evangelizza e che salva» (Insegnamenti, XIII [1975], p. 655).

Tale apertura all’umano non è rivolta solo al passato ma guarda anche al presente. Nella Biblioteca Vaticana tutti i ricercatori della verità sono sempre stati accolti con attenzione e riguardo, senza alcuna discriminazione confessionale o ideologica; ad essi è richiesta solo la buona fede di una ricerca seria, disinteressata e qualificata. In questa ricerca la Chiesa e i miei Predecessori hanno sempre voluto riconoscere e valorizzare un movente, spesso inconsapevole, religioso, perché ogni parziale verità partecipa della Somma Verità di Dio e ogni indagine approfondita, rigorosa, per accertarla è un sentiero per raggiungerla.

L’amore delle lettere, la ricerca storica e filologica, si intrecciano così al desiderio di Dio,
come ebbi modo di ricordare il 12 settembre 2008 a Parigi, incontrando il mondo della cultura al Collège des Bernardins e rievocando la grande esperienza del monachesimo occidentale. L’obiettivo dei monaci era e rimane quello di «quaerere Deum, cercare Dio. (…) La ricerca di Dio richiede per intrinseca esigenza una cultura della parola. (...) Il desiderio di Dio, le désir de Dieu, include l’amour des lettres, l’amore per la parola, il penetrare in tutte le sue dimensioni. Poiché nella Parola biblica Dio è in cammino verso di noi e noi verso di Lui, bisogna imparare a penetrare nel segreto della lingua, a comprenderla nella sua struttura e nel suo modo di esprimersi. Così, proprio a causa della ricerca di Dio, diventano importanti le scienze profane che ci indicano le vie verso la lingua. Poiché la ricerca di Dio esigeva la cultura della parola, fa parte del monastero la biblioteca che indica le vie verso la parola. Per lo stesso motivo ne fa parte anche la scuola, nella quale le vie vengono aperte concretamente. (…) Il monastero serve alla eruditio, alla formazione e all’erudizione dell’uomo – una formazione con l’obiettivo ultimo che l’uomo impari a servire Dio» (Insegnamenti, IV, 2 [2008], p. 272).

La Biblioteca Vaticana è dunque il luogo in cui le più alte parole umane vengono raccolte e conservate, specchio e riflesso della Parola, del Verbo che illumina ogni uomo (Gv 1,9). Mi piace concludere richiamando le parole che il Servo di Dio Paolo VI pronunciò nella sua prima visita alla Biblioteca Vaticana, l’8 giugno 1964, quando ricordò le «virtù ascetiche» che l’attività nella Biblioteca Vaticana impegna ed esige, immersa nella pluralità delle lingue, delle scritture e delle parole, ma guardando sempre alla Parola, attraverso il provvisorio cercando continuamente il definitivo. Di questa austera e al tempo stesso gioiosa ascesi della ricerca, nel servizio agli studi propri e altrui, la Biblioteca Vaticana nel corso della sua storia ha offerto innumerevoli esempi, da Guglielmo Sirleto a Franz Ehrle, da Giovanni Mercati a Eugène Tisserant. Possa essa continuare a camminare lungo la strada tracciata da queste luminose figure!

Con i migliori auspici, e con sentita riconoscenza, imparto a Lei, Venerato Fratello, al Prefetto della Biblioteca Vaticana, Mons. Cesare Pasini, a tutti i collaboratori e ricercatori la mia Apostolica Benedizione.

Dal Vaticano, 9 novembre 2010

BENEDICTUS PP. XVI

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Dopo la riapertura al pubblico a conclusione dei lavori di restauro

La visita di Benedetto XVI
alla Biblioteca Vaticana


Un'ora tra gli antichi manoscritti e gli incunaboli della "sua" biblioteca, per benedire quanti, frequentandola "per coltivare le scienze e le arti", "da onesti indagatori del vero" orientano "i loro sforzi alla costruzione di un mondo più umano". Sabato mattina, 18 dicembre, Benedetto XVI si è recato in visita alla Biblioteca Apostolica Vaticana, riaperta al pubblico lo scorso 20 settembre dopo tre anni di restauro e di ristrutturazione.

È tornato per la seconda volta, dopo esservi già stato il 25 giugno 2007, poco prima della chiusura triennale per i lavori. Più di recente, nel messaggio inviato lo scorso 9 novembre per il convegno e la mostra promossi in occasione della riapertura, il Pontefice aveva ricordato come la Biblioteca sia parte integrante degli strumenti necessari allo svolgimento del suo ministero, un mezzo prezioso al quale il vescovo di Roma non può e non intende rinunciare.

E a quel messaggio ha fatto riferimento nel congedarsi, quando ha salutato i presenti all'uscita che dà sulla Galea. "Cari amici - si è rivolto loro - vorrei dirvi grazie per il vostro lavoro. Nel mio messaggio ho già detto quanto penso circa la necessità e la grande importanza della Biblioteca", ha concluso prima di impartire la benedizione conclusiva e augurare buon Natale a tutti. L'attenzione di Joseph Ratzinger per questa istituzione, che ha scelto di visitare nel giorno di chiusura per non togliere spazio all'attività di ricerca che vi viene svolta, è stata ricambiata con tre doni (descritti nella scheda in pagina):  una medaglia in bronzo, un'agenda rilegata in pelle bianca e un volume.

Giunto in auto davanti all'ingresso principale sul piazzale del Belvedere, il Papa aveva trovato ad accoglierlo il cardinale Raffaele Farina, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa, il prefetto monsignor Cesare Pasini e il viceprefetto Ambrogio M. Piazzoni - che lo hanno accompagnato per tutta la visita - e il consiglio della Biblioteca. Con il Pontefice erano l'arcivescovo Harvey, prefetto della Casa pontificia, il vescovo De Nicolò, reggente della prefettura, e monsignor Gänswein, suo segretario particolare.

Nell'atrio d'ingresso, ai piedi dello scalone, presso la grande statua marmorea di Ippolito, il Papa ha recitato una breve preghiera per la benedizione dei locali rinnovati. Ha diretto il breve rito il maestro delle celebrazioni liturgiche monsignor Guido Marini.
Salito al terzo piano, Benedetto XVI ha quindi raggiunto la sala consultazione stampati. Qui si è affacciato da una delle finestre che danno sul cortile per vedere i due ascensori esterni:  uno completamente nuovo e uno rinnovato per poter raggiungere i livelli più alti della struttura. Il prefetto Pasini gli ha mostrato un volume dotato di badge, che consente di mantenere traccia degli eventuali spostamenti, così da poter ricostruire il percorso dei libri ricollegandoli alle persone che li prendono in carico. Infine il direttore del dipartimento degli stampati, Adalbert Roth, in tedesco, ha presentato al Pontefice i due antichi volumi della Bibbia di Gutenberg conservati dalla Biblioteca Apostolica Vaticana.

Trasferitosi nella sala consultazione manoscritti 2, il Papa si è soffermato su una stampa antica, presentatagli dal curatore delle stampe Barbara Jatta. È l'acquaforte "Vero dissegno deli stupendi edefitii giardini boschi fontane et cose maravegliose di Belvedere in Roma" del 1579, del milanese Ambrogio Brambilla e mostra un'immagine complessiva del Vaticano al tempo di Gregorio XIII, offrendo in primo piano una visione della basilica di San Pietro in costruzione, del cortile del Belvedere e dei giardini Vaticani inseriti nelle mura del Sangallo. Una veduta dello stato dei luoghi antecedente al 1587, quando venne costruita per volontà di Sisto v una nuova sede per la sua Biblioteca. L'architetto Domenico Fontana progettò il nuovo edificio, che ospita tuttora la Vaticana, collocandolo tra il cortile del Belvedere e quello superiore, detto oggi cortile della Biblioteca. L'incisione si trova inserita nella nota raccolta dello Speculum Romanae Magnificentiae di Antoine Lafréry.

In particolare è stato mostrato l'esemplare dello Speculum che reca la segnatura Riserva.S.7, il più antico che si conserva in Biblioteca e anche quello che più si avvicina alle prime copie rilegate della raccolta che uscivano dalla stamperia del Lafréry. Il volume proviene dalla biblioteca del cancelliere francese Séguier, politico al tempo dei re Luigi XIII e XIV, tra i fondatori dell'Accademia francese. Esso presenta ancora la legatura originale in pelle marrone, con una decorazione dorata, formata da un seminato di gigli che occupa l'intera superficie dei piatti, mentre al centro sono presenti rami dorati incrociati con altri fregi a formare un ovale. Il volume entrò poi in possesso di Hippolyte Destailleur, quindi dell'archeologo inglese Thomas Ashby e, agli inizi del xx secolo, fu acquistato dalla Biblioteca Vaticana.

Benedetto XVI ha anche ammirato due antiche monete, descrittegli dal direttore del dipartimento del gabinetto numismatico Giancarlo Alteri:  un medaglione in oro del 1929, commemorativo del Concordato tra l'Italia e la Santa Sede e del giubileo sacerdotale di Pio xi, e una moneta da dieci fiorini di Camera in oro, coniata da Sisto iv in occasione del giubileo del 1475. Il primo rappresenta, al dritto, il busto di Papa Ratti; sotto, la firma dell'incisore camerale Aurelio Mistruzzi.

Al rovescio la scena rappresentata e le date nel giro, in alto, si riferiscono al Giubileo sacerdotale del Pontefice bibliotecario:  l'ostia sopra il calice in primo piano è il simbolo del sacerdozio; la basilica di San Giovanni in Laterano e quella di San Pietro in Vaticano, sullo sfondo, sono rispettivamente le sedi dell'ordinazione sacerdotale e dell'incoronazione papale di Achille Ratti. Il riferimento ai Patti Lateranensi è contenuto nella leggenda dell'esergo. Questo medaglione, di oltre 82 millimetri di diametro, fu presentato al Papa proprio l'11 febbraio 1929, giorno della firma dei Patti, e piacque tanto al Pontefice, che volle fosse emesso anche come medaglia annuale del 29 giugno seguente, senza varianti.

La seconda al dritto rappresenta Gesù che affida a Pietro il gregge, che pascola in un campo alberato e illuminato dai raggi del sole. All'esergo, due angeli sorreggono lo stemma del Pontefice. Intorno si svolge la leggenda. Al rovescio è rappresentata la nave degli Apostoli sul mare agitato, mentre Gesù, in piedi sulle onde, salva Pietro che sta per annegare. La moneta fu emessa da Papa Della Rovere (1471-1485) in soli tre esemplari.

Passato attraverso la sala consultazione manoscritti 1, e salutato alcuni benefattori, il Papa si è poi diretto nell'ufficio del prefetto. Qui ha ricevuto i tre doni. Successivamente si è recato nella sala consultazione manoscritti 1, dove il direttore del dipartimento Paolo Vian e l'archivista capo Marco Buonocore gli hanno presentato rispettivamente due manoscritti e un documento d'archivio. Il primo Reg. lat. 124:  Rabano Mauro, De laude sanctae Crucis, è un manoscritto vergato e illustrato nell'abbazia di Fulda negli anni (822-847) in cui era abate lo stesso Rabano Mauro, che dunque deve avere seguito da vicino le diverse fasi dell'allestimento del codice, nel quale vi sono alcune miniature a piena pagina. Fra queste:  al foglio 2v, l'immagine di Alcuino (Albinus) che accompagna Rabano Mauro (Maurus) e lo presenta a san Martino di Tours; al foglio 4v, l'immagine dell'imperatore Ludovico il Pio. Il manoscritto è appartenuto a Cristina di Svezia ed è pervenuto alla Vaticana nel 1690. Il secondo è Vat. lat. 9850:  Tommaso d'Aquino, Autografo della Summa contra gentiles (ff. 2-89) e dei Commenti a Boezio (ff. 90-103) e a Isaia (ff. 105-114).

 Accanto alla scrittura di Tommaso, compare la mano di uno dei suoi segretari, Reginaldo da Priverno. Sono stati mostrati i fogli 14v-15r, con depennamenti di prime stesure autografe dei capitoli 53-54 della Summa contra gentiles e con la stesura definitiva redatta da Reginaldo, del quale è anche probabilmente la testa d'asino disegnata al foglio 14v. Il documento d'archivio è una Bolla di indizione del primo Giubileo (inc. Antiquorum habet fida relatio) che si trova nell'Archivio del Capitolo di San Pietro, capsa i, fascicolo 1, n. 9. Si tratta della lettera solenne (datata 22 febbraio 1300) mediante la quale la cancelleria annunciava l'indizione del primo Anno Santo. Veniva concessa l'indulgenza plenaria a chi si fosse confessato, avesse fatto penitenza nonché visitato le basiliche di San Pietro e di San Paolo fuori le Mura.

Successivamente il Papa è sceso nel primo seminterrato al deposito manoscritti, dove ha visitato anche la sala papiri. In un ambiente tenuto a temperatura e umidità costanti, aprendo il secondo cassetto sopra il ripiano estraibile, Vian gli ha mostrato un rotolo di papiro di tre segmenti (in tutto 2,70 metri) proveniente da un fondo archivistico del "nomos" di Marmarica in Egitto, con registrazioni fondiarie (dell'anno 190 d.C). Riutilizzato poco dopo, all'inizio del iii secolo, per trascrivere sul verso l'opera di Favorino di Arles, il papiro fu acquisito dalla Biblioteca Vaticana nel 1930.

Gli ultimi ambienti visitati dal Papa sono stati i nuovi locali dell'archivio fotografico al secondo piano e, al primo, la sezione nord del laboratorio di restauro, dove ha assistito a una breve rappresentazione del lavoro artigianale che vi viene svolto, eseguita dal responsabile del laboratorio Arnaldo Mampieri.

Sono stati sessanta minuti, quelli trascorsi da Benedetto XVI nella Biblioteca, nei quali ha percorso le grandi sale per rendersi conto di persona dei lavori effettuati e per tornare ad ammirare gli autentici "tesori dell'umanità" che vi sono conservati; ma soprattutto ha assaporato l'atmosfera di quello che avrebbe potuto essere un luogo in cui coltivare la sua passione di studioso, se non fosse stato chiamato al soglio di Pietro.
(gianluca biccini)


(©L'Osservatore Romano - 19 dicembre 2010)























[Modificato da Caterina63 18/12/2010 18:43]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Il Vaticano pubblicherà documenti sul genocidio degli armeni

Le carte che saranno raccolte in un volume sono tratte dall’Archivio segreto. L’annuncio in occasione della presentazione di una mostra che sarà aperta l’anno prossimo a Roma. Entro due o tre anni completata la sistemazione delle carte relative alla Seconda guerra mondiale e al pontificato di Pio XII.

Città del Vaticano (AsiaNews) – Il Vaticano sarà coeditore di un libro con documenti e testimonianze sul genocidio degli armeni. Carte tratte dall’Archivio segreto e che, nelle parole del responsabile della struttura, mons. Sergio Pagano, “mi fanno vergognare di essere uomo e, se non ci fosse la fede, mi farebbero vedere solo buio”.

L’annuncio di mons. Pagano, prefetto dell'Archivio segreto vaticano (nella foto), è venuto oggi, in occasione della presentazione della mostra “Lux in Arcana” che verrà aperta a febbraio dell’anno prossimo a Roma per illustrare uno delle raccolte di documenti più importanti del mondo, milioni di carte che si estendono per quasi 85 chilometri e che vanno dall’VIII al XX secolo.

L’illustrazione degli Archivi ha dato modo a mons. Pagano di dire, tra l’altro, che entro due o tre anni sarà completata la sistemazione delle carte relative alla Seconda guerra mondiale e al papato di Pio XII. Sarà poi il Papa a decidere se renderle pubbliche, come tutto lascia prevedere, o no.

Quanto al genocidio degli armeni, “se leggo i documenti delle procedure di tortura utilizzate dai turchi nei confronti degli armeni, provo un dolore e un orrore insopprimibili”. Secondo mons. Pagano, si descrivono soldati turchi che “scommettevano e giocavano a dadi tirando a indovinare il sesso del nascituro, che poi eliminavano con la baionetta una volta estratto dal grembo materno”.

La mostra presenterà naturalmente documenti meno sconvolgenti, ma di grande interesse storico. Tra i cento scelti, la Lettera dei membri della Camera dei lord inglese a Clemente VII sulla causa matrimoniale di Enrico VIII (1530); Il cosiddetto codice del processo di Galileo Galilei (1616-1633); La Lettera su seta di Elena di Cina a Innocenzo X (1650) e la Lettera su corteccia di betulla degli indiani d’America a Leone XIII (1887).



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16/09/2011 21:10
 
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Alle origini della Biblioteca Apostolica Vaticana

Il sogno di Niccolò

 

Sabato 17 settembre a Sarzana, città natale di Papa Niccolò V, fondatore della Biblioteca Apostolica Vaticana, è presentato il volume Le origini della Biblioteca Vaticana tra Umanesimo e Rinascimento (1447-1534) a cura di Antonio Manfredi (Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 2010, pagine 531). Parteciperanno il prefetto della Biblioteca, monsignor Cesare Pasini, il curatore del volume e il direttore dei Musei Vaticani del quale anticipiamo l'intervento.

di ANTONIO PAOLUCCI

Il sogno di Borges è stato anche il sogno metodico, costante dei romani pontefici. Da quando la Chiesa ha avuto un minimo di organizzazione e di struttura, si è sempre preoccupata di raccogliere, di custodire, di moltiplicare i libri. Non poteva non essere così dal momento che, per i cristiani, tutto "prende avvio da una Parola, il lògos di Dio che si fa carne ed entra nella storia e lascia traccia scritta di sé e del suo messaggio nelle Scritture, il libro fatto di libri che è la Bibbia".

Cito da Cesare Pasini, prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana e dalla sua introduzione che apre il libro imponente e bellissimo fitto di bibliografia e di indici, che inaugura la storia della Biblioteca delle Biblioteche. Perché questo è stata, archetipo e modello per ogni simile istituzione nel mondo, la Libreria dei Papi di Roma.

Il volume di cui qui si parla, curato da Antonio Manfredi con la partecipazione di una folta squadra di eccellenti studiosi (Buonocore, Rita, Di Sante, Cerri, Cantatore, Pesut, Proverbio, Ceresa, Sassòli, Bertoldi) è dedicato alle origini della Biblioteca fino all'età dell'Umanesimo e del Rinascimento. Altri sei volumi seguiranno, di analogo impegno e di simili proporzioni, fino ad arrivare ai nostri giorni e alla grande impresa di riordinamento e di aggiornamento compiuta dal cardinale Raffaele Farina, l'ultimo Bibliotecario apostolico successore di Bartolomeo Platina.

Non a caso ho ricordato il Platina, perché il fuoco di questo primo volume è dedicato agli anni che videro sul soglio di Pietro i Papi umanisti Niccolò V Parentucelli e Sisto IV della Rovere.
La Libreria dei Papi aveva conosciuto nei secoli vicissitudini e dispersioni innumerevoli. Allestita all'origine nel complesso del Laterano, ricordata nel medioevo in una non meglio identificata turris cartholaria presso il Settizonio, poi trasferita ad Avignone, poi frammentata in varie sedi durante il grande scisma che dilaniò la cristianità fra Trecento e Quattrocento, bisogna attendere il pontificato di Niccolò V (1447-1455) perché la Biblioteca Apostolica in Vaticano possa dirsi ufficialmente e definitivamente formata.

Niccolò V era filologo coltissimo, umanista squisito, bibliofilo appassionato. Era amico di intellettuali del calibro di Leonardo Bruni, di Poggio Bracciolini, di Giovanni Aurispa, di Carlo Marsuppini. Di lui il grande editore fiorentino Vespasiano di Bisticci poteva scrivere "due cose farebbe s'egli mai potesse spendere, ch'era in libri et in murare e l'una e l'altra fece nel suo pontificato".
La carriera diplomatica aveva portato Tommaso Parentucelli a Napoli, a Venezia, a Firenze per il concilio del 1439 per l'effimera riconciliazione di Roma con le Chiese d'Oriente e poi legato papale in Germania e in Inghilterra. Aveva conosciuto gli intrighi della Curia Romana, le tendenze scismatiche delle Chiese nazionali, la cupidigia, le ambizioni, la stoltezza degli uomini. Per questo, come Cicerone, come Seneca, come i suoi amati autori latini, trovava pace e consolazione nei libri. E molti libri preziosi per la Biblioteca Apostolica comprò, studiò, catalogò con inflessibile amore.
Quando Niccolò V pensava alla Chiesa che la provvidenza gli aveva affidato la immaginava povera, virtuosa, sapiente ed eloquente. Per mettere in figura questa sua idea di Chiesa chiamò, appena eletto Papa, Giovanni da Fiesole, il frate pittore che noi conosciamo come Beato Angelico.

Lo aveva conosciuto a Firenze nel 1439, nel suo ruolo di legato papale al concilio ecumenico. In quel periodo l'umanista e bibliofilo Parentucelli era in rapporti di fraterna amicizia con Cosimo de' Medici, il dominus della oligarchia bancaria che dominava la Firenze di allora. Nel convento abitato da frate Giovanni, Cosimo volle fondare una biblioteca trilingue greca, latina ed ebraica, aperta a chiunque avesse ragioni e titolo per frequentarla, modello umanista della pubblica biblioteca moderna. Fu il cardinale Parentucelli a selezionare i volumi, a organizzare le sezioni nello spazio mirabile progettato dall'architetto Michelozzo di Bartolomeo. Oggi è rimasto il guscio vuoto. Dobbiamo immaginare la biblioteca di Michelozzo gremita di libri oggi in buona parte dispersi o transitati nella Medicea Laurenziana, un ambiente affrescato in colore verde - i restauri recenti lo hanno certificato - perché il verde è amico della vista come i sapienti antichi avevano sempre affermato; una biblioteca aperta sul giardino perché la natura e i libri stanno bene insieme come aveva scritto Cicerone nelle Familiares: si hortum cum bibliotheca habebis nihil deherit. Non ti mancherà nulla se avrai accanto a te gli alberi, i fiori e i libri che ami.

L'Angelico conosciuto a Firenze il Papa lo volle a Roma perché dipingesse la sua cappella privata. La Nicolina è un ambiente piccolo, ci stanno non più di venti persone ma gli affreschi dell'Angelico sono un vero e proprio manifesto insieme culturale e religioso.
Ci sono dipinti gli evangelisti e i dottori, quelli greci e quelli latini. Poi ci sono le storie dei santi diaconi Stefano e Lorenzo. Entrambi predicarono la carità e in atti di carità li rappresentò l'Angelico, entrambi erano eloquenti. Sapevano vittoriosamente confrontarsi con i poteri di questo mondo - con il sinedrio dei Giudei, con l'imperatore dei Romani - sapevano convincere ed educare il popolo di Dio. Entrambi fecero dono della propria vita offrendosi eroicamente al martirio.

Una Chiesa dunque colta, eloquente, povera, virtuosa, caritatevole fino all'estremo sacrificio. Questo era il sogno di Chiesa coltivato da un Papa che amava i libri.




(©L'Osservatore Romano 17 settembre 2011)

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19/10/2011 17:02
 
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A proposito della scoperta del manoscritto vaticano dell'"Ethica" di Baruch Spinoza

La ricerca
ai tempi di internet

 

Nel pomeriggio di martedì 18 ottobre nella sede romana del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) si svolge un incontro sulla scoperta del manoscritto vaticano dell'"Ethica" di Spinoza (Biblioteca Vaticana, Vat. lat. 12838), annunciata con grande scalpore nello scorso maggio. All'incontro prendono parte, con il presidente del Cnr Francesco Profumo, Tullio Gregory, Marta Fattori, Paolo Cristofolini, Andreina Rita. Pubblichiamo l'inizio e la conclusione dell'intervento del direttore del Dipartimento Manoscritti della Biblioteca Vaticana.

di PAOLO VIAN

Come è possibile che in una biblioteca frequentata e perlustrata come la Vaticana, con una ultrasecolare tradizione di intensi studi, di qualificate ricerche e di esperte pratiche bibliotecarie, si possano verificare scoperte come quella del manoscritto dell'Ethica di Spinoza, al centro di questo incontro? Dobbiamo dunque credere che la Vaticana non sappia quel che custodisce oppure, nella direzione opposta, sospettare che essa sia depositaria di ancora altri segreti, magari eversivi per la fede, occultati alla consapevolezza dei più, sull'onda di un clima alla Dan Brown?

Ho incontrato persone, non completamente sprovvedute, fermamente convinte per esempio che la Vaticana possegga un fornitissimo enfer di opere pornografiche; e fra le lettere ricorrenti che un tempo arrivavano alla Biblioteca una delle più frequenti era quella di quanti cercavano nei fondi manoscritti vaticani l'originale di una lettera di Ponzio Pilato a Tiberio a proposito di Gesù. Al di là dello scherzo e del sorriso, vicende come quella della scoperta del manoscritto dell'Ethica possono essere l'occasione per riflettere su cosa significhi oggi cercare e trovare nelle grandi biblioteche di conservazione (e negli archivi), per considerare la loro natura e per sfatare alcuni luoghi comuni; ma anche per interrogarsi sulla possibilità nelle ricerche umanistiche della "scoperta", eventualità spesso contemplata solo nell'ambito delle scienze naturali.

Sarà utile per questo ripercorrere le vicende di quattro ritrovamenti, di quattro scoperte o "inventiones" avvenute in Biblioteca Vaticana negli ultimi anni e che hanno fatto un certo scalpore. Ripercorrerne le tappe e le modalità, quasi senza commenti, ci metterà probabilmente in grado di rispondere alle domande iniziali (...).
I quattro casi di scoperte brevemente illustrati (scilicet di una sconosciuta commedia di Menandro nel palinsesto Vat. sir. 623 da parte di Francesco D'Aiuto, del testo autografo italiano de L'ateismo trionfato di Tommaso Campanella nel Barb. lat. 4458 da parte di Germana Ernst, di un codice di musica polifonica cinquecentesca nel Vat. mus. 440 da parte di Arnaldo Morelli e, infine, del manoscritto dell'Ethica spinoziana, da parte di Leen Spruit e Pina Totaro) presentano caratteristiche comuni. Nel processo di ognuna di esse gli elementi per la scoperta erano sostanzialmente noti, visibili, sotto gli occhi di tutti, da tempo. Ma per renderli veramente significativi, per far scattare la scintilla della novità e appunto della scoperta bisognava combinarli insieme, bisognava interpretarli, bisognava in altri termini renderli eloquenti attraverso una lettura intelligente. Per usare l'antica formula agostiniana, accedit verbum ad elementum et fit sacramentum. La materia preesiste, è lì, alla portata di chi la voglia trattare; ma deve sopraggiungere un intervento esterno, il verbum, accorto e consapevole, perché l'elementum si trasformi in sacramentum. Così, nella ricerca solo l'intelligenza - in misura assai limitata assecondata dal caso - può pervenire alla scoperta, di qualcosa che talvolta, come nel caso dell'individuazione nel 1992 da parte di Michael McCormick di centinaia di note tironiane e di glosse in latino e in alto-tedesco fra le righe di un celeberrimo manoscritto virgiliano tardo-antico della Vaticana, il Virgilio Palatino (Pal. lat. 1631), era sotto gli occhi di tutti, quasi come la lettera rubata di Edgar Allan Poe.

In un'epoca in cui siamo tutti meno abituati a cercare perché ormai viziati dalla possibilità del reperimento comodo e immediato, senza neanche alzarsi dalla sedia e dal nostro tavolo, nell'epoca della pur meritevole e a volte utilissima Wikipedia e dei sempre più potenti motori di ricerca - che in realtà sono la morte non solo dell'erudizione ma della ricerca tout court e la consacrazione del reperimento senza sforzo - i quattro casi delle recenti scoperte in Vaticana ci insegnano la bellezza, la necessità, ma anche le straordinarie potenzialità di una ricerca umile e faticosa, spesso non realizzata attraverso "connessioni remote" ma con l'assidua presenza fisica nelle biblioteche (ahimé, invece sempre più disertate), fra gli scaffali, prendendo ancora in mano inventari cartacei manoscritti o dattiloscritti.

Nelle grandi biblioteche di conservazione, spesso in ragione di una lunga storia di catalogazioni e inventariazioni, rimane infatti ancora necessario e indispensabile il ricorso a cataloghi, inventari, indici manoscritti, dattiloscritti o stampati che talvolta risalgono alla fine del Cinquecento o agli inizi del Seicento. Le nuove tecnologie ci permettono oggi - come è avvenuto recentemente in Biblioteca Vaticana - di ritirare dalla consultazione i preziosi e unici originali e di sostituirli con copie digitali e cartacee. Ma prima che tutti questi dati vengano riversati in catalogazioni elettroniche, con liste di autorità verificate e, soprattutto, passati al vaglio di nuove catalogazioni modernamente consapevoli e avvertite dei manoscritti in essi descritti, passeranno anni, molti anni.

I cataloghi elettronici dei fondi manoscritti si vanno felicemente incrementando (quello della Vaticana è stato inaugurato nel 2007) ma guai a credere - come talvolta capita di sentire - che essi rappresentino la totalità dei fondi manoscritti; per molti anni ancora essi rispecchieranno una piccola, modesta porzione di essi e allora si dovrà ancora ricorrere ai vecchi strumenti, conosciuti nelle loro caratteristiche e nelle loro logiche, interrogati con pazienza, con fatica, con intelligenza. Per fare un esempio relativo alla Vaticana, al di là delle molte, spesso accurate ed esaustive catalogazioni tematiche, quando potremo fare totalmente a meno degli inventari e degli indici otto e novecenteschi di Sante (1802-1887) e Alessandro (†1902) Pieralisi per i manoscritti Barberiniani - quasi 12.000 - (...) e di Giuseppe Baronci (1857-1949) per i manoscritti Chigiani - quasi 4.000? O di quelli dell'immenso fondo dei Vaticani latini - che supera i 15.000 elementi - solo in piccola parte descritto in cataloghi a stampa?

Le nuove tecnologie costituiscono e sempre più in futuro costituiranno un sussidio formidabile, del quale le generazioni precedenti non potevano godere. E, per citare Marie-Dominique Chenu nel suo capolavoro sulla teologia nel XII secolo, come allora i migliori teologi furono quelli che seppero fare più ricorso alla modernità delle categorie grammaticali, così oggi i ricercatori più agguerriti saranno quelli più capaci di padroneggiare gli strumenti digitali per sfruttarli ai loro fini. Ma non illudiamoci: senza il verbum non potremo mai accedere al sacramentum.

Dunque, torniamo a frequentare le biblioteche e gli archivi, ripensiamo (se possibile) ritmi, esigenze e modalità della vita accademica e della formazione universitaria, riserviamo sempre più tempo alla presenza fisica, si vorrebbe dire alla militanza sul campo, nei luoghi della memoria. E allora biblioteche e archivi riveleranno veramente i loro segreti, che non sono quelli immaginati da Dan Brown, gelosamente sottratti alla conoscenza di molti da una ristretta casta di loro illuminati depositari; ma sono, più semplicemente, quelli che si rivelano all'umile e tenace ricercatore che sappia ancora leggere, consultare, accostare, riflettere.



(©L'Osservatore Romano 19 ottobre 2011)

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13/04/2012 13:59
 
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BIBLIOTECA VATICANA: DIGITALIZZAZIONE DI UN MILIONE DI PAGINE DI MANOSCRITTI E INCUNABOLI

Città del Vaticano, 13 aprile 2012 (VIS). Nella giornata di ieri, l'Osservatore Romano ha riportato l'annuncio del Prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana, Monsignor Cesare Pasini, relativo alla digitalizzazione, nei prossimi cinque anni, di un milione e mezzo di pagine di manoscritti e incunaboli della Biblioteca Apostolica e delle Bodleian Libraries di Oxford. È la più estesa iniziativa di digitalizzazione intrapresa finora dalla Biblioteca Apostolica Vaticana e sarà realizzata grazie alla Polonsky Foundation.

Due terzi dei volumi da digitalizzare - circa un milione di pagine, equivalenti a circa 2.500 libri - saranno selezionati fra i manoscritti greci ed ebraici e gli incunaboli della Biblioteca Apostolica Vaticana. La Biblioteca possiede 8.900 incunaboli, la quarta collezione più importante del mondo in quanto a numero. Recentemente è stato trasferito sulla rete il catalogo informatico degli incunaboli; grazie al nuovo progetto di digitalizzazione, si spera di porre a disposizione di tutti i navigatori della rete oltre 800 esemplari completamente digitalizzati, fra i quali il famoso incunabolo "De Europa", di Pio II Piccolomini, stampato da Albrecht Kunne a Memmingen prima del 1491; e la Bibbia latina delle 42 linee di Johann Gutenberg, il primo libro stampato con caratteri mobili fra il 1454 e il 1455.

Della collezione di manoscritti ebraici, saranno digitalizzati alcuni di speciale valore storico, come il "Sifra", scritto fra la fine del secolo IX e la metà del secolo X, probabilmente il codice ebraico più antico di quelli giunti sino a noi; un'intera Bibbia scritta in Italia intorno all'anno 1100; commentari biblici e talmudici; Halakah e Kabbalah; e scritti filosofici, medici e astronomici.

Dei manoscritti greci saranno digitalizzati opere di Omero, Sofocle, Platone, Ippocrate, i codici del Nuovo Testamento e dei Padri della Chiesa, molti dei quali riccamente decorati con miniature bizantine.

La Biblioteca Vaticana possiede oltre 80.000 manoscritti e 8.900 incunaboli. Monsignor Pasini ha affermato che "digitalizzare significa sia conservare meglio i beni culturali, rendendone meno assidua la consultazione e garantendo una riproduzione di alto livello prima di un possibile degrado dell'originale, sia renderle più immediatamente accessibili, in rete, a molte più persone".

Due anni orsono si è parlato per la prima volta di un progetto globale di digitalizzazione della Biblioteca Apostolica Vaticana. Il numero dei manoscritti digitalizzati aumenta poco a poco grazie all'attività del Laboratorio di riproduzione della Biblioteca; e grazie anche a progetti concreti in collaborazione con istituzioni culturali, come l'attuale digitalizzazione dei manoscritti Palatini latini realizzata dall'Università di Heidelberg.

 

 

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[SM=g1740733] 19.12. 2010
Un anno indimenticabile per la Biblioteca Apostolica Vaticana. L''istituzione plurisecolare ha avuto oggi la gioia di accogliere il Pontefice, a pochi mesi dalla riapertura.

Ci sono voluti, infatti, tre anni per portare a compimento gli audaci lavori di restauro e ristrutturazione che hanno restituito agli studiosi di tutto il mondo il patrimonio inestimabile custodito nello Stato del Vaticano. Benedetto XVI, che si era già recato nei medesimi locali il 25 giugno 2007, nell''imminenza della chiusura, stamani ha potuto rimirare il nuovo volto della Biblioteca dei Papi.

Nella Lettera indirizzata al cardinale Raffaele Farina, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa, lo scorso 9 novembre, il Papa ricordava che la Biblioteca è parte integrante degli strumenti necessari allo svolgimento del Ministero petrino, un mezzo prezioso al quale il Vescovo di Roma non può e non intende rinunciare. L''inizio della storia moderna della Biblioteca Vaticana è posto alla metà del Quattrocento: fu Niccolò V a decidere di aprire alla consultazione degli eruditi i codici latini, greci ed ebraici, la cui collezione era stata dal Pontefice notevolmente ampliata. Oggi questa "accogliente casa di scienza, di cultura e di umanità" offre un patrimonio composto di 150 mila manoscritti, un milione di libri stampati, 300 mila tra monete e medaglie, oltre centomila tra stampe e incisioni.

www.gloria.tv/?media=118111



[SM=g1740771]


[SM=g1740757]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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19/05/2012 10:06
 
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[SM=g1740733] Un evento mediatico e culturale senza precedenti: 100 documenti originali, custoditi da 400 anni nell’Archivio dei papi, per la prima volta nella storia varcheranno i confini della Città del Vaticano e saranno visibili ai Musei Capitolini di Roma, dal 1° marzo al 9 settembre 2012, in occasione della mostra Lux in arcana - L’Archivio Segreto Vaticano si rivela. Conclavi, eresie, papi e imperatori. Crociate, scomuniche, lettere cifrate. Manoscritti, codici, antiche pergamene. Un evento unico ed irripetibile che racconta la Storia attraverso le sue fonti.

www.luxinarcana.org/?lang=it


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[Modificato da Caterina63 07/10/2014 13:46]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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07/10/2014 13:45
 
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  Scoperto un antico documento del I secolo che descrive un miracolo operato da Gesù Cristo raccontato da un testimone oculare

7 ottobre 2014 

 

Secondo Ignazio Perrucci, uno storico ed archivista che lavoro per gli immensi archivi vaticani, con il compito di analizzare e classificare circa 6mila documenti da poco scoperti in quell'archivio, potrebbe trattarsi di un documento eccezionale. Si tratta di uno scritto dello storico dell'antica Roma Marco Velleio Patercolo che conterrebbe la prima testimonianza oculare di un miracolo di Gesù non descritta da uno degli evangelisti, la resurrezione di un bambino nato morto.
Patercolo è uno storico romano vissuto all'epoca dell'imperatore Tiberio e morto si presume intorno al 31 dopo Cristo, la cui opera da molti è stata criticata per essere troppo omaggiante nei confronti dello stesso Tiberio.

Proprio poco prima della sua presunta morte, lo storico era tornato da un viaggio in medio oriente che racconta in questo documento. Ma soprattutto quello che ha attirato Perrucci è la descrizione di un evento che ebbe luogo nella città di Sebastia negli attuali territori palestinesi cosiddetti del West Bank. Patercolo descrive l'arrivo in città di un leader con un gruppo di discepoli e seguaci che fece accorrere sul luogo molti abitanti delle zone vicine.

Il nome di costui, come si legge, è Iesous de Nazarenus, la traduzione greco latina del nome ebraico di Gesù, Yeshua haNotzri. Nel racconto si legge che Gesù va a visitare una donna di nome Elisheba che ha messo alla luce un bambino nato morto. Patercolo, che assiste a tutta la scena, dice che Gesù prese il bambino, recitò una preghiera definita "incomprensibile" e riportò quasi immediatamente alla vita il bimbo. Il documento è stato sottoposto  a molti esami e sembra essere proprio del primo secolo dopo Cristo, tra il 20 e il 45 dopo Cristo. Insomma, a parte i vangeli, questa sarebbe la prima documentazione scritta storica da parte di qualcuno che non era un autore dei vangeli stessi, e neppure un ebreo, di un miracolo di Gesù e della sua stessa esistenza.

 

ilsussidiario.net

 

Il miracolo consisterebbe nell'aver resuscitato un bambino dalla morte






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06/12/2014 17:54
 
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  Quattro secoli di storia in un video del Centro televisivo vaticano - Quella scritta scomoda nella stanza di Cristina


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2014-12-06 L’Osservatore Romano


Da quattro secoli l’Archivio Segreto Vaticano rappresenta la memoria storica dell’attività millenaria della Chiesa; una memoria raccontata per immagini dal documentario Archivio Segreto Vaticano. Un viaggio nella storia, una passeggiata attraverso i lunghi corridoi vaticani, visionando antiche pergamene, bolle e codici, ma anche il Laboratorio di Restauro e di Conservazione oppure la Legatoria.


 



Il documentario sarà presentato in anteprima come evento speciale di apertura, il prossimo 9 dicembre, al XVIII Tertio Millennio Film Fest della Fondazione Ente dello Spettacolo e proiettato pochi giorni dopo, il 12 dicembre, al XXXVI Festival Internacional del Nuevo Cine Latinoamericano de La Habana a Cuba. La voce di Giancarlo Giannini accompagnerà lo spettatore in luoghi raramente accessibili. Il video ha un andamento narrativo che miscela riprese originali e interviste ad hoc, con l’integrazione di alcune immagini di archivio per la parte storica, in particolare relative alla Seconda guerra mondiale e al concilio Vaticano II.


Una curiosità raccontata nel documentario riguarda la ex regina Cristina di Svezia che, dopo aver pronunciato la professione di fede cattolica, partì alla volta di Roma, dove giunse il 20 settembre 1655, entrando in città dalla Porta del Popolo, allestita con maestosi apparati scenografici.Il Papa Alessandro VII le offrì ospitalità nel Palazzo Apostolico, scegliendo per la sua ospite una delle stanze più famose del Vaticano, la cosiddetta Sala della Meridiana. La parete sud mostra ancora oggi la scena evangelica della Tempesta sedata: la barca su cui si trovano Gesù e i discepoli è immagine della Chiesa sbattuta dalle onde sollevate dal vento del Nord, raffigurato allegoricamente sulla parete opposta come un vecchio e canuto personaggio. Sotto questa immagine era stato scritto a chiare lettere il motto ab Aquilone pandetur omne malum. Quando Alessandro VII scelse la Sala della Meridiana per ospitare Cristina, diede ordine di cancellare quella scritta, che avrebbe potuto offendere l’ex regina protestante proveniente dall’estremo Nord.






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