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Il CREDO: simbolo irrinunciabile della nostra Fede

Ultimo Aggiornamento: 26/07/2015 09:31
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Il Papa (nel suo viaggio a Monaco) ha SPIEGATO LA NOSTRA PROFESSIONE DI FEDE: IL CREDO APOSTOLICO....[SM=g1740734] [SM=g1740720] ...

Il papa a Regensburg:
la ragionevolezza della fede



L'omelia di Benedetto XVI alla Santa Messa di Regensburg. A oltre 350mila persone, il papa spiega la ragionevolezza della fede.


Cari fratelli e sorelle!

"Chi crede non è mai solo" è il motto di questi giorni. Lo vediamo qui realizzato. La fede ci riunisce e ci dona una festa. Ci dona la gioia in Dio, la gioia per la creazione e per lo stare insieme. Io so che in precedenza questa festa ha richiesto molta fatica e molto lavoro.

Attraverso i resoconti dei giornali ho potuto un po' rendermi conto di quante persone hanno impegnato il loro tempo e le loro forze per preparare questa spianata in modo così degno; grazie a loro c’è la Croce qui sulla collina come segno di Dio per la pace nel mondo; le vie di accesso e di partenza sono libere; la sicurezza e l'ordine sono garantite; sono stati approntati alloggi ecc. Non potevo immaginare – e anche adesso lo so solo sommariamente – quanto lavoro fin nei minimi particolari sia stato necessario perché potessimo ora trovarci tutti insieme in questo modo. Per tutto ciò non posso che dire semplicemente "Grazie di cuore!". Il Signore Vi ricompensi per tutto, e la gioia che noi ora possiamo sperimentare grazie alla vostra preparazione, ritorni centuplicata a ciascuno di voi! Mi sono commosso, quando ho sentito quante persone, in particolare delle scuole professionali di Weiden ed Amberg, come anche ditte e singole persone, uomini e donne, hanno collaborato per abbellire la mia casa e il mio giardino. Un po' confuso di fronte a tanta bontà, posso anche in questo caso dire soltanto un umile "Grazie!" per un tale impegno. Non avete fatto tutto ciò soltanto per un singolo uomo, per la mia povera persona; l'avete fatto nella solidarietà della fede, lasciandovi guidare dall'amore per il Signore e per la Chiesa. Tutto questo è un segno di vera umanità, che nasce dall'essere toccati da Gesù Cristo.

Ci siamo riuniti per una festa della fede. Ora, però, emerge la domanda: Ma che cosa crediamo in realtà? Che cosa significa: credere? Può una tale cosa di fatto ancora esistere nel mondo moderno? Vedendo le grandi "Somme" di teologia redatte nel Medioevo o pensando alla quantità di libri scritti ogni giorno in favore o contro la fede, si è tentati di scoraggiarsi e di pensare che questo è tutto troppo complicato. Alla fine, vedendo i singoli alberi, non si vede più il bosco. È vero: la visione della fede comprende cielo e terra; il passato, il presente, il futuro, l'eternità – e perciò non è mai esauribile. E tuttavia, nel suo nucleo è molto semplice. Il Signore, infatti, ne parla col Padre dicendo: "Hai voluto rivelarlo ai semplici – a coloro che sono capaci di vedere col cuore" (cfr Mt 11,25). La Chiesa, da parte sua, ci offre una piccola "Somma", nella quale tutto l'essenziale è espresso: è il cosiddetto "Credo degli Apostoli". Esso viene di solito suddiviso in dodici articoli – secondo il numero degli Apostoli – e parla di Dio, Creatore e Principio di tutte le cose, di Cristo e dell'opera della salvezza, fino alla risurrezione dei morti e alla vita eterna. Ma nella sua concezione di fondo, il Credo è composto solo di tre parti principali, e secondo la sua storia non è nient'altro che un'amplificazione della formula battesimale, che il Signore risorto consegnò ai discepoli per tutti i tempi quando disse loro: "Andate e ammaestrate tutte le nazioni battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo" (Mt 28,19).

In questa visione si dimostrano due cose: la fede è semplice. Crediamo in Dio – in Dio, principio e fine della vita umana. In quel Dio che entra in relazione con noi esseri umani, che è per noi origine e futuro. Così la fede, contemporaneamente, è sempre anche speranza, è la certezza che noi abbiamo un futuro e non cadremo nel vuoto. E la fede è amore, perché l'amore di Dio vuole "contagiarci".

Come seconda cosa possiamo costatare:
il Credo non è un insieme di sentenze, non è una teoria. È, appunto, ancorato all'evento del Battesimo – ad un evento d'incontro tra Dio e l'uomo. Dio, nel mistero del Battesimo, si china sull'uomo; ci viene incontro e in questo modo ci avvicina anche tra noi. Perché il Battesimo significa che Gesù Cristo, per così dire, ci adotta come suoi fratelli e sorelle, accogliendoci con ciò come figli nella famiglia di Dio stesso. In questo modo fa quindi di tutti noi una grande famiglia nella comunità universale della Chiesa. Sì, chi crede non è mai solo. Dio ci viene incontro. Incamminiamoci anche noi verso Dio e andiamo così gli uni incontro agli altri! Non lasciamo solo, per quanto sta nelle nostre forze, nessuno dei figli di Dio!

Noi crediamo in Dio. Questa è la nostra decisione di fondo. Ma è possibile ancora oggi? È una cosa ragionevole? Fin dall'illuminismo, almeno una parte della scienza s'impegna con solerzia a cercare una spiegazione del mondo, in cui Dio diventi superfluo. E così Egli dovrebbe diventare inutile anche per la nostra vita. Ma ogniqualvolta poteva sembrare che ci si fosse quasi riusciti – sempre di nuovo appariva evidente: i conti non tornano! I conti sull'uomo, senza Dio,non tornano, e i conti sul mondo, su tutto il vasto universo, senza di Lui non tornano. In fin dei conti, resta l'alternativa: che cosa esiste all'origine? La Ragione creatrice, lo Spirito che opera tutto e suscita lo sviluppo, o l'Irrazionalità che, priva di ogni ragione, stranamente produce un cosmo ordinato in modo matematico e anche l'uomo, la sua ragione. Questa, però, sarebbe allora soltanto un risultato casuale dell'evoluzione e quindi, in fondo, anche una cosa irragionevole. Noi cristiani diciamo: "Credo in Dio Padre, Creatore del cielo e della terra" – credo nello Spirito Creatore.
Noi crediamo che all'origine c'è il Verbo eterno, la Ragione e non l'Irrazionalità. Con questa fede non abbiamo bisogno di nasconderci, non dobbiamo temere di trovarci con essa in un vicolo cieco. Siamo lieti di poter conoscere Dio! E cerchiamo di dimostrare anche agli altri la ragionevolezza della fede, come san Pietro ci esorta a fare nella sua Prima Lettera (cfr 3,15)!

Noi crediamo in Dio. Lo affermano le parti principali del Credo e lo sottolinea soprattutto la sua prima parte. Ma ora segue subito la seconda domanda: in quale Dio? Ebbene, crediamo appunto in quel Dio che è Spirito Creatore, Ragione creativa, da cui proviene tutto e da cui proveniamo anche noi.

La seconda parte del Credo ci dice di più. Questa Ragione creativa è Bontà. È Amore. Essa possiede un volto. Dio non ci lascia brancolare nel buio. Si è mostrato come uomo. Egli è tanto grande da potersi permettere di diventare piccolissimo. “Chi ha visto me ha visto il Padre”, dice Gesù (Gv 14,9). Dio ha assunto un volto umano. Ci ama fino al punto da lasciarsi per noi inchiodare sulla Croce, per portare le sofferenze dell’umani­tà fino al cuore di Dio. Oggi, che conosciamo le patologie e le malattie mortali della religione e della ragione, le distruzioni dell’immagine di Dio a causa dell’odio e del fanatismo, è importante dire con chiarezza in quale Dio noi crediamo e professare convinti questo volto umano di Dio. Solo questo ci libera dalla paura di Dio – un sentimento dal quale, in definitiva, nacque l’ateismo moderno. Solo questo Dio ci salva dalla paura del mondo e dall’ansia di fronte al vuoto della propria esistenza. Solo guardando a Gesù Cristo, la nostra gioia in Dio raggiunge la sua pienezza, diventa gioia redenta. Volgiamo durante questa celebrazione solenne dell’Eucaristia il nostro sguardo sul Signore e chiediamo a Lui la grande gioia che Egli ha promesso ai suoi discepoli (cfr Gv 16,24)!

La seconda parte del Credo si conclude con la prospettiva del Giudizio finale e la terza con quella della risurrezione dei morti. Giudizio – non è che con ciò ci viene inculcata nuovamente la paura? Ma, non desideriamo forse tutti che un giorno sia fatta giustizia per tutti i condannati ingiustamente, per quanti hanno sofferto lungo la vita e poi da una vita piena di dolore sono stati inghiottiti nella morte? Non vogliamo forse che l’eccesso di ingiustizia e di sofferenza, che vediamo nella storia, alla fine si dissolva; che tutti in definitiva possano diventare lieti, che tutto ottenga un senso?

Questa affermazione del diritto, questo congiungimento di tanti frammenti di storia che sembrano privi di senso, così da integrarli in un tutto in cui dominino la verità e l’amore: è questo che s’intende col concetto di Giudizio del mondo. La fede non vuol farci paura; vuole piuttosto – e questo sicuramente – chiamarci alla responsabilità. Non dobbiamo sprecare la nostra vita, né abusare di essa; neppure dobbiamo tenerla per noi stessi; di fronte all’ingiusti­zia non dobbiamo restare indifferenti, diventandone conniventi o addirittura complici. Dobbiamo percepire la nostra missione nella storia e cercare di corrispondervi. Non paura ma responsabilità – responsabilità e preoccupazione per la nostra salvezza, e per la salvezza di tutto il mondo sono necessarie. Quando, però, responsabilità e preoccupazione tendono a diventare paura, allora ricordiamoci della parola di san Giovanni: “Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo giusto” (1 Gv 2,1). “Qualunque cosa il nostro cuore ci rimproveri – Dio è più grande del nostro cuore ed Egli conosce ogni cosa” (1 Gv 3,20).

Celebriamo oggi la festa del “Nome di Maria”. A quante portano questo nome – la mia mamma e mia sorella ne facevano parte – vorrei quindi esprimere i miei più cordiali auguri per questo loro onomastico. Maria, la Madre del Signore, dal popolo fedele ha ricevuto il titolo di Advocata, essendo lei la nostra avvocata presso Dio. Così la conosciamo fin dalle nozze di Cana: come la donna benigna, piena di sollecitudine materna e di amore, la donna che avverte le necessità altrui e, per aiutare, le porta davanti al Signore. Oggi abbiamo sentito nel Vangelo, come il Signore la dona come madre al discepolo prediletto e, in lui, a tutti noi. In ogni epoca, i cristiani hanno accolto con gratitudine questo testamento di Gesù, e presso la Madre hanno trovato sempre di nuovo quella sicurezza e quella fiduciosa speranza, che ci rendono lieti in Dio. Accogliamo anche noi Maria come la stella della nostra vita, che ci introduce nella grande famiglia di Dio! Sì, chi crede non è mai solo.

Amen!

[SM=g1740733]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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Chiesa santa e uomini peccatori

La casta donna di tutti


di mons. Inos Biffi


Nel Credo professiamo e definiamo la Chiesa come "una, santa, cattolica e apostolica", dotata quindi di prerogative che le appartengono essenzialmente:  non potrebbe esserci una Chiesa "non-una", "non-santa", "non-cattolica", "non-apostolica". Se così fosse, avremmo il dissolvimento della stessa Chiesa, della quale si parla molto, ma spesso senza preoccuparsi di sapere che cosa dica di essa anzitutto la Parola di Dio.

Si sente proclamare da ogni parte:  "Finalmente si legge la Bibbia! La Scrittura è tornata a essere la fonte della teologia e della spiritualità cristiana!". Questo è certamente un bene. Senonché avviene non raramente di constatare che ci sono testi biblici stranamente dimenticati e quasi oscurati, e tra questi proprio dei testi ecclesiologici.

Si pensi a quelli della Lettera agli Efesini, dove appare chiaramente che "la Chiesa ha la sua origine nel mistero della provvidenza e predestinazione divine", dal momento che "da sempre Dio (...la) vede davanti a sé e la vuole" (Schlier). Vediamo questi testi. In uno si afferma che Cristo "è il capo del corpo, della Chiesa" (Colossesi, 1, 18. 24). In un altro la Chiesa è, ugualmente, chiamata "il corpo di lui (Cristo), la pienezza di colui che è il perfetto compimento di tutte le cose" (Efesini, 1, 23).

Altrove si afferma che "Cristo è Capo della Chiesa, lui che è salvatore del corpo"; egli l'"ha amata e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificata con il lavacro dell'acqua mediante la parola. E così egli vuole che la Chiesa compaia davanti a lui tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata" (Efesini, 5, 22, 25-26).

A questo punto ci domandiamo:  esiste veramente, oppure è solo un'ipostasi astratta, una Chiesa che è adesso il "Corpo di Cristo", la sua "pienezza" e il "luogo" in cui si rende "gloria a Dio"?

Una Chiesa "santa e purificata", per la quale Gesù ha dato se stesso e che è lo strumento della manifestazione della "multiforme sapienza di Dio" "ai Principati e alle Potenze dei cieli", così che la loro comprensione del mistero avviene contemplando la Chiesa?

Se una tale Chiesa non esistesse nella realtà, o fosse solo un abbozzo precario e una realtà futura, verrebbe smentita la Parola di Dio; anzi, lo stesso Gesù Cristo risulterebbe compromesso.

Scalfire la Chiesa, equivale a "intaccare" Cristo e alla fine ridurlo a una condizione anomala e di non esistenza. Ovviamente, non perché questa gli sia conferita dalla Chiesa, ma perché egli non esiste distaccato dalla Chiesa, senza Corpo e senza Sposa. E questo significherebbe che egli non nutre e non cura nessuna Chiesa (cfr. Efesini, 5, 29), e che la sua opera, in particolare il suo sacrificio è risultato vano.

Ma, se questa Chiesa esiste realmente, non può che essere una Chiesa "santa", cioè una Chiesa che non può assolutamente e mai essere definita "peccatrice". Il peccato, infatti, comporta il distacco da Cristo, per cui una Chiesa peccatrice sarebbe distaccata da lui, non sarebbe né suo Corpo né sua Sposa, ma semplicemente una non-Chiesa, come lo sarebbe una Chiesa non-una, non-cattolica, non-apostolica.

In realtà questa Chiesa "santa", Corpo e Sposa del Signore, c'è, adesso, ed è l'unica che può dirsi genuinamente Chiesa, formata dai giusti già in cielo e dai santi pellegrini sulla terra. Nella Chiesa nunc, come direbbe Agostino, ossia nel suo momento terreno, sono visibili senza dubbio dei membri ancora compromessi col peccato, ma questo non ci fa dire che allora la Chiesa è peccatrice.
È vero invece che, nella misura in cui siamo peccatori, non siamo compiutamente Chiesa, e abbiamo la possibilità e la speranza di diventarlo, proprio in virtù dell'esistenza della Chiesa santa. "La Chiesa - insegnava sant'Ambrogio con la sua abituale limpidità e acutezza - non è ferita in sé, ma è ferita in noi" (De virginitate, 8, 48).

Forse è il caso di ascoltare qui alcune voci autorevoli. Intendo dire non qualche teologo d'avanguardia, per esempio di quelli che amano scrivere puntigliosamente "chiesa" minuscolo (però Stato e Partito maiuscolo), ma per esempio Tommaso d'Aquino.
Questi - a commento della Lettera agli Efesini, 5, 25-26 - scrive:  "Sarebbe stato sconveniente che uno sposo immacolato si prendesse una sposa macchiata. Per questo la mostra senza macchia:  quaggiù in virtù della grazia e nel futuro in virtù della gloria".

Ma sentiamo ancora il vescovo di Milano, che tra tutti i Padri è quello che con più viva e prolungata compiacenza si è soffermato ad ammirare estasiato la Chiesa, che certo egli non riduceva a un "immaginario".
In particolare, "la percezione della bellezza della Chiesa - osserva il cardinale Giacomo Biffi - è un dato costante della teologia ambrosiana". Ambrogio non si stanca di riproporlo secondo gli accenti e le suggestioni che specialmente gli offre il Cantico dei Cantici, ecclesialmente interpretato:  "Cristo desiderò la bellezza della sua Chiesa e dispose di unirserla in matrimonio" (Apologia David altera, 9, 48).

Certamente, ragione della bellezza è Gesù Cristo, l'unico che riesca ad affascinarla:  "Molti tentano la Chiesa, ma nessun incantesimo di arte magica le può nuocere. Ella ha il suo incantatore:  è il Signore Gesù" (Exameron, iv, vi, 8, 33), il suo Sposo:  "Il marito è Cristo, la moglie è la Chiesa, sposa per l'amore, vergine per l'intatta purezza".

Certamente la Chiesa non si trova sullo stesso piano di Cristo, dal momento che essa "rifulge non della propria luce, ma di quella di Cristo, e prende il suo splendore dal Sole di giustizia, così che può dire:  "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me"" (Exameron, iv, vi, 8, 32)

Sarà il metodo ambrosiano di considerare la Chiesa:  quello di considerarla sempre con lo sguardo rivolto a Gesù Cristo, in contemplazione di lui, e quindi nel riflesso della bellezza, del "decoro", "ravvivato dal sangue di Cristo" (Expositio Psalmi cXVIii, 17, 22) e della grazia del suo Signore:  la Chiesa, che è il fiore "che annunzia il frutto, cioè il Signore Gesù Cristo" (ibidem, 5, 12.), il quale, volgendosi a lei, esclama:  "Tu sei il  mio  sigillo, creata  a  mia  immagine e somiglianza" (ibidem, 22, 34). "Il costato di Cristo è la vita della Chiesa" (Expositio evangelii secundum Lucam, ii, 86).

Ma non è sant'Ambrogio a parlare della Chiesa come casta meretrix (ibidem, iii, 23)?
Certo che è lui, e lui solo, ma non per dire quello che intendono e vanno affermando alcuni "blasonati" teologi. "L'espressione casta meretrix - osserva ancora Giacomo Biffi, al quale dobbiamo finalmente l'esegesi esatta del testo di sant'Ambrogio - lungi dall'alludere a qualche cosa di peccaminoso e di riprovevole, vuole indicare - non solo nell'aggettivo ma anche nel sostantivo - la santità della Chiesa; santità che consiste tanto nell'adesione senza tentennamenti e senza incoerenze a Cristo suo sposo (casta) quanto nella volontà di raggiungere tutti per portare tutti a salvezza (meretrix)".
 
Della meretrice la Chiesa imita, quindi, non il peccato, ma la disponibilità, solo che è una "casta" disponibilità, cioè una larghezza di grazia.

Ma riportiamo per intero l'audace testo ambrosiano, tutto costruito secondo l'esegesi allegorica:  "Rahab nel tipo (ossia nel simbolo e nella profezia) era prostituta, ma nel mistero (in quello che significava) è la Chiesa, vergine immacolata, senza ruga, incontaminata nel pudore, amante pubblica, meretrice casta, vedova sterile, vergine feconda:  meretrice casta, perché molti amanti la frequentano per l'attrattiva dell'affetto ma senza la sconcezza del peccato; vedova sterile, perché non è suo uso partorire quando il marito è assente; vergine feconda, perché ha partorito questa moltitudine, vendendo i frutti del suo amore e senza esperienza di libidine" (ibidem, iii, 23). D'altra parte, la Chiesa vive di Spirito Santo. E, infatti, è dopo lo Spirito Santo che nel Credo professiamo la Chiesa, mentre in una formula battesimale ricorre la domanda:  "Credi nello Spirito santo, buono e vivificante, che tutto purifica nella santa Chiesa?".

Il grande Ireneo scriveva:  "Dove c'è la Chiesa, là c'è lo Spirito di Dio, e dove c'è lo Spirito di Dio, là c'è la Chiesa, là c'è ogni grazia. Alla Chiesa è stato affidato il Dono di Dio, così come Dio ha affidato il respiro alla carne plasmàta (il primo Adamo), affinché tutti i membri ne ricevano la vita" (Adversus haereses, 3, 24, 1).

Abbiamo sentito la voce di Ireneo, di Ambrogio, di Tommaso d'Aquino. Possiamo ascoltare anche un laico, Alessandro Manzoni, che nell'inno sacro La Pentecoste, con raro senso teologico, canta il mistero della Chiesa come nessun ecclesiologo dei suoi tempi avrebbe saputo fare. È lui a definire la Chiesa come "Madre dei Santi":  ma una "Madre dei Santi" come può essere definita "peccatrice"?

In ogni caso, come non convenire con il cardinale Biffi che "dir male della Chiesa non è mai stato ritenuto nell'ascesi un atto particolarmente meritorio"?


(©L'Osservatore Romano - 18 giugno 2010)

Fraternamente CaterinaLD

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12/05/2011 23:10
 
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Vi invitiamo a leggere anche questo thread:

PROFESSIONE DI FEDE NEL CREDO dal Concilio di Trento al Vaticano II: è necessario un nuovo SILLABO?

e AD ASCOLTARE DALLA VIVA VOCE, COMMOVENTE, DI PAOLO VI, LA PROFESSIONE DI FEDE SOLENNE ALLA CHIUSURA DELL'ANNO DELLA FEDE 30.6.1968

È possibile ascoltare e scaricarli in formato MP3 (due file di circa 15MB ciascuno):
1a parte ¦ 2a parte

 


[Modificato da Caterina63 12/05/2011 23:14]
Fraternamente CaterinaLD

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31/10/2011 09:32
 
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E' possibile credere senza praticare?


Un Arcivescovo brasiliano commenta la frase frequente Credo ma non pratico


 

SAN PAOLO, doomenica, 30 ottobre 2011 (ZENIT.org).- E' possibile credere ma non praticare? Se lo è chiesto monsignor Murilo S. R. Krieger, scj, Arcivescovo di São Salvador da Bahia (Brasile), soffermandosi in un articolo su una frase che si sente ripetere spesso a questo proposito.

“Quando, in un incontro tra amici, la conversazione ruota intorno a questioni religiose, è comune che qualcuno dica, con naturalezza e sicurezza: 'Credo ma non pratico!' E' un'affermazione che sembra tanto ben formulata, tanto logica che in genere nessuno la contesta. Così, qualche giorno dopo, in un altro gruppo, se la discussione verte su questioni religiose, è possibile che qualcuno pronunci la stessa affermazione”, indica l'Arcivescovo.

“Più che essere un'affermazione isolata, questa idea per cui si può credere senza mettere in pratica ciò in cui si crede è così comune che in molti ambienti è già diventata una mentalità”, osserva.

Per monsignor Krieger, “la giustificazione di questo comportamento varia da persona a persona”: “c'è quella che ha messo da parte la pratica religiosa per la delusione nei confronti di una guida della comunità; un'altra, senza rendersene conto, ha abbandonato a poco a poco la sua vita di fede; ha passato tanto tempo senza leggere la Parola di Dio, senza pregare e senza assistere alla Messa domenicale che, quando l'ha notato, aveva già organizzato la propria vita di modo che non c'era più spazio per espressioni religiose”.

Altre persone, invece, “avevano una conoscenza così superficiale della propria religione che l'hanno abbandonata senza farsi tante domande”, così come ci sono “quelle che vogliono il Battesimo dei figli come semplice atto sociale”.

“E' possibile credere senza praticare?”, chiede l'Arcivescovo brasiliano.

“Certe persone lasciano la pratica religiosa dicendo di cercare una maggiore autenticità. Dicono di non amare norme e riti, di preferire una religione 'più spirituale', senza strutture”.

A suo avviso, “dimenticano che siamo esseri umani, non angeli”. “Gli angeli non hanno bisogno di segni, gesti e parole per relazionarsi”.

“Noi, al contrario, usiamo perfino il nostro corpo come mezzo di comunicazione. Traduciamo i nostri sentimenti con un sorriso o una stretta di mano, una parola o una pacca sulle spalle; ci teniamo a riunirci con la famiglia nei giorni di festa e telefoniamo a un amico per fargli gli auguri nel giorno del suo compleanno; regaliamo una rosa alla nostra mamma e restiamo incantati per il gesto del bambino che apre le braccia per accogliere il papà che arriva”.

“Come possiamo allora relazionarci con Dio solo con il linguaggio degli angeli, che nemmeno conosciamo?”, chiede il presule.

“La fede ci introduce nella famiglia dei figli e delle figlie di Dio”, ha sottolineato. “In essa, è fondamentale la pratica dell'amore verso Dio e verso il prossimo. La nostra famiglia cristiana ha una storia, una ricca tradizione e celebrazioni bellissime. Può essere che qualcuno non le capisca. Ma prima di ignorarle semplicemente o, peggio, di disprezzarle, non sarebbe più producente cercare di conoscerle, penetrare nel loro significato e scoprirne i valori?”.

Per l'Arcivescovo di São Salvador da Bahia, “non si può volere una fede senza gesti - o senza dottrina - con la scusa della ricerca di maggior autenticità o libertà”.

“Il Padreterno, quando ci ha voluto dimostrare il suo amore, ha tenuto conto del nostro modo di essere, di pensare e di agire. Più che esprimere 'spiritualmente' il suo amore, lo ha concretizzato: ci ha inviato suo Figlio, che ha abitato tra noi”.

“'Credo ma non pratico'. La fede ('credo') e la vita ('non pratico') non possono essere separate. Per loro stessa natura, devono essere unite. Una fede senza opere è morta; le opere, anche se di pietà, senza fede diventano vuote”, ha concluso.

 

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  Un sacerdote risponde

http://www.amicidomenicani.it/leggi_sacerdote.php?id=4236 

Chi ha scritto il Credo e qual è il significato di questa bellissima e articolata preghiera?

Quesito

Caro Padre Angelo, 
recitando il Credo mi è sorta la domanda "chi lo ha scritto"? 
E soprattutto il significato di questa bellissima e articolata preghiera. 
E' possibile avere una spiegazione su tutti i suoi passaggi?
Grazie infinite per quello che fa'.  
Le chiedo di ricordarsi di me nelle sue preghiere.
Pietropaolo


Risposta del sacerdote

Caro Pietropaolo, 
1. certamente con la tua domanda ti vuoi riferire al Credo che si recita a Messa.
Questo è uno dei tre antichi simboli della fede della Chiesa.

2. Il primo è quello chiamato anche con il nome di “Simbolo degli Apostoli”, perché inizialmente si riteneva che fosse stato codificato dagli apostoli stessi.
Viene riespresso in forma di dialogo nella liturgia del Battesimo, al momento delle promesse Battesimali
Ed è quello che in passato era conosciuto dal popolo cristiano e ripreso nelle preghiere personali. Tra l’altro è il Credo viene recitato nella coroncina della Divina Misericordia.
È il simbolo della nostra fede che viene presentato e commentato nel Catechismo della Chiesa Cattolica.

2. Il secondo è il Simbolo di Atanasio (IV secolo), che inizia con la parola “Quicumque”. È molto lungo e veniva recitato di domenica dai sacerdoti nella recita del Breviario fino a una cinquantina d’anni fa.

3. Il terzo è il Simbolo niceno costantinopolitano, che risulta dalla fusione del Simbolo del concilio di Nicea (325) con quello del Concilio di Costantinopoli (381). 
È quello che si recita a Messa ed è quello di cui tu chiedi un commento.

4. Non è possibile in breve esporre tutto il credo, ma desidero coglierne le linee essenziali.
1-. Innanzitutto viene affermato che Dio è l’unico creatore delle realtà visibili e invisibili. 
Non vi è essere in questo mondo (anche i demoni) che non abbia ricevuto la sua esistenza di Dio.
Tutti sono sue creature e tutti ricevono esistenza da Lui.
2-. Si afferma la divinità di Cristo, difesa dal Concilio di Nicea contro gli ariani, i quali asserivano che  Cristo è la prima creatura di Dio, ma non sarebbe Dio. 
In opposizione agli ariani si confessa che è “Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero. Generato, non creato, della stessa sostanza del Padre”.
3-. In terzo luogo si afferma che Dio è incarnato per la nostra salvezza in un momento preciso della storia (sotto Ponzio Pilato) e ha compiuto la redenzione con la sua passione e morte, con la sua risurrezione e ascensione al cielo.
Si afferma poi che Cristo tornerà nello splendore della sua gloria alla fine del mondo per giudicare i vivi e i morti.
4. In quarto luogo si ricordano le affermazioni del concilio di Costantinopoli che sostennero la divinità dello Spirito Santo, contro i macedoni che la negavano.
Per questo diciamo: “Credo nello Spirito Santo che è Signore (e cioè Dio) e dà la vita e con il Padre e il Figlio è onorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti”.
5. Infine crediamo nella Chiesa, istituita da Cristo e all’interno della quale Cristo continua il suo magistero, il suo sacerdozio (sacramenti) e guida l’umanità redenta alla salvezza.

Ti ringrazio del quesito, ti ricordo al Signore e ti benedico. 
Padre Angelo






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