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Il Sacramento dell'Ordine Sacro (Sacerdozio)

Ultimo Aggiornamento: 21/01/2013 00:03
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16/03/2009 14:00
 
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il Papa sta dando molti TASSELLI di un unico mosaico di 2000 anni di storia da ricomporre...e che qualcuno e qualcosa aveva DEVASTATO.... e riorda il Santo Curato d’Ars, Giovanni Maria Vianney...[SM=g1740721] 
 

Alle ore 12.15 di questa mattina 16.3.2009, nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i partecipanti alla Plenaria della Congregazione per il Clero e rivolge loro il discorso che riportiamo di seguito:

# DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signori Cardinali,

Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio!

Sono lieto di potervi accogliere in speciale Udienza alla vigilia della partenza per l’Africa, ove mi recherò per consegnare l’Instrumentum laboris della Seconda Assemblea Speciale del Sinodo per l’Africa, che si terrà qui a Roma nel prossimo ottobre. Ringrazio il Prefetto della Congregazione, il Signor Cardinale Cláudio Hummes, per le gentili espressioni con cui ha interpretato i comuni sentimenti, e ringrazio per la bella lettera che mi avete scritto. Con lui saluto tutti voi, Superiori, Officiali e Membri della Congregazione, con animo grato per tutto il lavoro che svolgete a servizio di un settore tanto importante della vita della Chiesa.

Il tema che avete scelto per questa Plenaria - «L’identità missionaria del presbitero nella Chiesa, quale dimensione intrinseca dell’esercizio dei tria munera» - consente alcune riflessioni per il lavoro di questi giorni e per i frutti abbondanti che certamente esso porterà. Se l’intera Chiesa è missionaria e se ogni cristiano, in forza del Battesimo e della Confermazione, quasi ex officio (cfr CCC, 1305) riceve il mandato di professare pubblicamente la fede, il sacerdozio ministeriale, anche da questo punto di vista, si distingue ontologicamente, e non solo per grado, dal sacerdozio battesimale, detto anche sacerdozio comune. Del primo, infatti, è costitutivo il mandato apostolico: «Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura» (Mc 16,15). Tale mandato non è, lo sappiamo, un semplice incarico affidato a collaboratori; le sue radici sono più profonde e vanno ricercate molto più lontano.

La dimensione missionaria del presbitero nasce dalla sua configurazione sacramentale a Cristo Capo: essa porta con sé, come conseguenza, un’adesione cordiale e totale a quella che la tradizione ecclesiale ha individuato come l’apostolica vivendi forma. Questa consiste nella partecipazione ad una "vita nuova" spiritualmente intesa, a quel "nuovo stile di vita" che è stato inaugurato dal Signore Gesù ed è stato fatto proprio dagli Apostoli. Per l’imposizione delle mani del Vescovo e la preghiera consacratoria della Chiesa, i candidati divengono uomini nuovi, divengono "presbiteri". In questa luce appare chiaro come i tria munera siano prima un dono e solo conseguentemente un ufficio, prima una partecipazione ad una vita, e perciò una potestas. Certamente, la grande tradizione ecclesiale ha giustamente svincolato l’efficacia sacramentale dalla concreta situazione esistenziale del singolo sacerdote, e così le legittime attese dei fedeli sono adeguatamente salvaguardate. Ma questa giusta precisazione dottrinale nulla toglie alla necessaria, anzi indispensabile, tensione verso la perfezione morale, che deve abitare ogni cuore autenticamente sacerdotale.

Proprio per favorire questa tensione dei sacerdoti verso la perfezione spirituale dalla quale soprattutto dipende l’efficacia del loro ministero, ho deciso di indire uno speciale "Anno Sacerdotale", che andrà dal 19 giugno prossimo fino al 19 giugno 2010. Ricorre infatti il 150° anniversario della morte del Santo Curato d’Ars, Giovanni Maria Vianney, vero esempio di Pastore a servizio del gregge di Cristo. Sarà cura della vostra Congregazione, d’intesa con gli Ordinari diocesani e con i Superiori degli Istituti religiosi, promuovere e coordinare le varie iniziative spirituali e pastorali che appariranno utili a far percepire sempre più l’importanza del ruolo e della missione del sacerdote nella Chiesa e nella società contemporanea.

La missione del presbitero, come evidenzia il tema della plenaria, si svolge «nella Chiesa». Una tale dimensione ecclesiale, comunionale, gerarchica e dottrinale è assolutamente indispensabile ad ogni autentica missione e, sola, ne garantisce la spirituale efficacia. I quattro aspetti menzionati devono essere sempre riconosciuti come intimamente correlati: la missione è "ecclesiale" perché nessuno annuncia o porta se stesso, ma dentro ed attraverso la propria umanità ogni sacerdote deve essere ben consapevole di portare un Altro, Dio stesso, al mondo. Dio è la sola ricchezza che, in definitiva, gli uomini desiderano trovare in un sacerdote. La missione è "comunionale", perché si svolge in un’unità e comunione che solo secondariamente ha anche aspetti rilevanti di visibilità sociale. Questi, d’altra parte, derivano essenzialmente da quell’intimità divina della quale il sacerdote è chiamato ad essere esperto, per poter condurre, con umiltà e fiducia, le anime a lui affidate al medesimo incontro con il Signore. Infine le dimensioni "gerarchica" e "dottrinale" suggeriscono di ribadire l’importanza della disciplina (il termine si collega con "discepolo") ecclesiastica e della formazione dottrinale, e non solo teologica, iniziale e permanente.

La consapevolezza dei radicali cambiamenti sociali degli ultimi decenni deve muovere le migliori energie ecclesiali a curare la formazione dei candidati al ministero. In particolare, deve stimolare la costante sollecitudine dei Pastori verso i loro primi collaboratori, sia coltivando relazioni umane veramente paterne, sia preoccupandosi della loro formazione permanente, soprattutto sotto il profilo dottrinale e spirituale. La missione ha le sue radici in special modo in una buona formazione, sviluppata in comunione con l’ininterrotta Tradizione ecclesiale, senza cesure né tentazioni di discontinuità. In tal senso, è importante favorire nei sacerdoti, soprattutto nelle giovani generazioni, una corretta ricezione dei testi del Concilio Ecumenico Vaticano II, interpretati alla luce di tutto il bagaglio dottrinale della Chiesa. [SM=g1740721]
Urgente appare anche il recupero di quella consapevolezza che spinge i sacerdoti ad essere presenti, identificabili e riconoscibili sia per il giudizio di fede, sia per le virtù personali sia anche per l’abito, negli ambiti della cultura e della carità, da sempre al cuore della missione della Chiesa.

Come Chiesa e come sacerdoti annunciamo Gesù di Nazaret Signore e Cristo, crocifisso e risorto, Sovrano del tempo e della storia, nella lieta certezza che tale verità coincide con le attese più profonde del cuore umano. Nel mistero dell’incarnazione del Verbo, nel fatto cioè che Dio si è fatto uomo come noi, sta sia il contenuto che il metodo dell’annuncio cristiano. La missione ha qui il suo vero centro propulsore: in Gesù Cristo, appunto. La centralità di Cristo porta con sé la giusta valorizzazione del sacerdozio ministeriale, senza il quale non ci sarebbe né l’Eucaristia, né, tanto meno, la missione e la stessa Chiesa. In tal senso è necessario vigilare affinché le "nuove strutture" od organizzazioni pastorali non siano pensate per un tempo nel quale si dovrebbe "fare a meno" del ministero ordinato, partendo da un’erronea interpretazione della giusta promozione dei laici, perché in tal caso si porrebbero i presupposti per l’ulteriore diluizione del sacerdozio ministeriale e le eventuali presunte "soluzioni" verrebbero drammaticamente a coincidere con le reali cause delle problematiche contemporanee legate al ministero.[SM=g1740721]

Sono certo che in questi giorni il lavoro dell’Assemblea plenaria, sotto il protezione della Mater Ecclesiae, potrà approfondire questi brevi spunti che mi permetto di sottoporre all’attenzione dei Signori Cardinali e degli Arcivescovi e Vescovi, invocando su tutti la copiosa abbondanza dei doni celesti, in pegno dei quali imparto a voi e alle persone a voi care una speciale, affettuosa Benedizione Apostolica.

[00405-01.01] [Testo originale: Italiano]

www.vatican.va
[Modificato da Caterina63 21/01/2013 00:03]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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Un sacerdote risponde

Mi ha turbato sapere che c'è un dogma che dichiara la verginità consacrata superiore al matrimonio

Quesito

Caro Padre Angelo,
vorrei che mi desse una delucidazione su un argomento che da parecchio tempo mi tormenta... riguarda il rapporto tra verginità e matrimonio.. ho letto nell'enciclica di  PIO XII SACRA VIRGINITAS che esiste addirittura un dogma che dice che la verginità consacrata è in sè stessa, per principio, superiore al matrimonio sacramentale.... questa cosa mi ha lasciato molto esterrefatto... Premetto che io sono casto e vergine e che quindi riconosco enorme valore alla castità e verginità, senza la cui prospettiva nemmeno il matrimonio potrebbe essere compreso... ma pensavo che la verginità consacrata fosse uguale in dignità e valore al sacramento del matrimonio... ma non è così... ma com'è possibile, visto che sia il matrimonio che la castità perfetta del celibato sono entrambe due vocazioni che vengono da Dio, che una possa essere migliore o peggiore dell'altra? Non è tutto perfetto ciò che viene da Dio? Tanto più che comunque il matrimonio esisteva anche prima del peccato originale...
Ma se il matrimonio per una persona è una vocazione di Dio stesso (per me è così), come può la verginità consacrata essere anche per la Chiesa in senso assoluto superiore al matrimonio??... è una contraddizione!...  Però è anche un dogma e un dogma non può essere contraddittorio...
Questo argomento mi sta mandando in crisi profonda, perchè questo dogma mi sembra proprio che implichi una contraddizione di fondo molto grande ed è la prima volta da tanti anni che leggo Encicliche Catechismi e Magistero che mi capita di trovarne una...
Attendo con ansia una Sua risposta che spero mi chiarisca le idee...


Risposta del sacerdote

Carissimo,
1. Prima di Pio XII san Paolo scrive: “Io vorrei che foste senza preoccupazioni: chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore; chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie, e si trova diviso! Così la donna non sposata, come la vergine, si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa nel corpo e nello spirito; la donna sposata invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere al marito. Questo poi lo dico per il vostro bene, non per gettarvi un laccio, ma per indirizzarvi a ciò che è degno e vi tiene unito al Signore senza distrazioni (...). In conclusione, chi si sposa fa bene, ma chi non si sposa fa meglio” (l Cor 7,32-35.38).
Già San Paolo dunque con l’affermazione chi si sposa fa bene, ma chi non si sposa fa meglio introduce una distinzione e anche un primato.

2. Va ricordato intanto che non si parla della verginità in quanto tale, ma della verginità per il regno dei cieli, e cioè per Cristo.
Si capisce già da questa prima battuta che se il matrimonio è nell’ordine dei mezzi, la verginità per il regno dei cieli attinge in qualche modo il fine.

3. Ti stupisci della superiorità dell’uno sull’altro dal momento che sono stati voluti ambedue da Dio. Ma tante altre cose sono volute da Dio. Ognuna la ha sua perfezione, ma si può pure fare un confronto e vedere che cosa è meglio.
San Paolo enumera molti carismi. Ognuno ha la sua perfezione, tutti sono per l’utilità comune, tutti sono opera dello Spirito, tutti vanno ricevuti con riconoscenza e utilizzati per l’edificazione del Corpo di Cristo.
Ma essi, pur tendendo ad un unico fine, non sono tutti uguali. Ad esempio, San Paolo in 1 Cor 14 confronta il carisma della profezia con quello del parlare in lingue, e dichiara: “In realtà è più grande colui che profetizza di colui che parla con il dono delle lingue” (v. 5).
San Paolo fa la stessa cosa in 1 Cor 7 per il matrimonio e la verginità.

4. Va detto ancora chiaramente che parlare della superiorità della verginità consacrata sul matrimonio non equivale a dire che coloro che sono consacrati sono più santi di quelli che vivono nel matrimoni. Si fa un confronto solo tra gli stati di vita, non tra le persone.
San Francesco, ad esempio, non era sacerdote, ma è stato più santo di molti sacerdoti.
Santa Gianna Beretta Molla non era consacrata, ma sposata ed è stata più santa di molti consacrati.

5. Il riferimento al regno dei cieli è indispensabile perché è proprio questo che permette di far comprendere la superiorità della verginità.
Il matrimonio rimane una cosa buona, perché l’ordine della creazione non viene abolito.
Ma nel nuovo ordine, quello della risurrezione, esso diventa sorgente di “tribolazione” (1 Cor 7,28).
La “tribolazione” va intesa nel senso che la famiglia impone di pensare all’avvenire dei figli e, quindi, di occuparsi delle cose di questa terra, necessarie alla vita di ogni giorno.
L’amore per il Signore Risorto fa gridare anche a chi è sposato: “Maranà tha, vieni Signore” (1 Cor 16,22). Ma l’amore per i figli e il pensiero che essi hanno ancora bisogno di loro, fa desiderare che il Signore ritardi la sua venuta. Ecco il cuore “diviso”.
Chi è sposato sa che il regno di Dio è la realtà ultima e definitiva, e per questo prega ogni giorno dicendo: “Venga il tuo Regno” (Mt 6,10).
Tuttavia l’amore naturale per i figli gli fa desiderare di vederli crescere e affermarsi nella vita. Sicché si trova a desiderare che questo mondo duri, e la manifestazione della gloria del Regno ritardi.
Secondo gli studiosi San Paolo allude a questo quando dice: “Chi è sposato si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie, e si trova diviso” (1 Cor 7,33-34).

6. Mi pare che sia sotto gli occhi di tutti che chi si trova nella castità consacrata è più libero nelle cose del Signore. Chi è sposato deve badare ai doveri della famiglia.

7. L’affermazione di Pio XII non è stata la prima in materia.
Già il concilio di Trento aveva sancito in termini dogmatici: “Se qualcuno dice che lo stato coniugale deve essere anteposto allo stato di verginità o di celibato, e che non è migliore e più felice cosa (“melius ac beatius”) rimanere nello stato di verginità o di celibato piuttosto che contrarre matrimonio, sia anatema” (sess. 24,10, DS 1810).

8. Giovanni Paolo II in Familiaris consortio scrive: “Rendendo libero in modo speciale il cuore dell’uomo, così da accenderlo maggiormente di carità verso Dio e verso tutti gli uomini, la verginità testimonia che il Regno di Dio e la sua giustizia sono quella perla preziosa che va preferita ad ogni altro valore sia pure grande, e va anzi cercato come l’unico valore definitivo.
È per questo che la Chiesa durante tutta la sua storia, ha sempre difeso la superiorità di questo carisma nei confronti di quello del matrimonio, in ragione del legame tutto singolare che esso ha con il Regno dei cieli” (FC 16).

Ti ringrazio di avermi dato l’opportunità di presentare questo stralcio della dottrina della Chiesa.
Ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo


Pubblicato 22.02.2011

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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