È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!

A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

Sacerdoti, riportate le anime al POST-COMMUNIO, ringraziamento

Ultimo Aggiornamento: 28/04/2010 11:11
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 39.989
Sesso: Femminile
21/03/2009 08:39
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

Il post-communio: un tempo per ringraziare.

Sant'Alfonso Maria de Liguori raccomandava vivamente sia ai sacerdoti, che ai fedeli laici di intrattenersi un po' di tempo con Gesù dopo la Comunione, per ringraziarlo e per offrirgli affetti d'amore.

Un giorno gli chiesero quanto tempo dovesse durare il “ringraziamento”. Egli rispose almeno un'ora... Ma i suoi interlocutori dissero che un'ora era troppo, avevano altri impegni... allora Sant'Alfonso disse almeno mezz'ora. Nuovamente gli risposero che era troppo. Con le lacrime agli occhi, il grande Dottore della Chiesa chiese che il ringraziamento durasse almeno un quarto d'ora. Non bisogna stupirsi. Sant'Alfonso era un uomo innamorato di Gesù Cristo, e gli sembrava una cosa normale passare molto tempo in compagnia del Redentore Divino.

Il Sommo Pontefice Pio XII (di gloriosa e immortale memoria), nell'enciclica “Mediator Dei” citata spesse volte sia da Giovanni Paolo II quanto oggi da Benedetto XVI, affermava:
“L'azione sacra, che è regolata da particolari norme liturgiche, dopo che è stata compiuta, non dispensa dal ringraziamento colui che ha gustato il nutrimento celeste; è cosa, anzi, molto conveniente che egli, dopo aver ricevuto il cibo Eucaristico e dopo la fine dei riti pubblici, si raccolga, e, intimamente unito al Divino Maestro, si trattenga con Lui, per quanto gliene diano opportunità le circostanze, in dolcissimo e salutare colloquio. Si allontanano, quindi, dal retto sentiero della verità coloro i quali, fermandosi alle parole più che al pensiero, affermano e insegnano che, finita la Messa, non si deve prolungare il ringraziamento [...] Per cui, se si deve sempre ringraziare Dio e non si deve mai cessare dal lodarlo, chi oserebbe riprendere e disapprovare la Chiesa che consiglia ai suoi sacerdoti e ai fedeli di trattenersi almeno per un po' di tempo, dopo la Comunione, in colloquio col Divin Redentore [...] Al Divin Redentore piace ascoltare le nostre preghiere, parlare a cuore aperto con noi, e offrirci rifugio nel suo Cuore fiammeggiante.

Anzi, questi atti, propri dei singoli, sono assolutamente necessari per godere più abbondantemente di tutti i soprannaturali tesori di cui è ricca la Eucaristia e per trasmetterli agli altri secondo le nostre possibilità affinché Cristo Signore consegua in tutte le anime la pienezza della sua virtù. Perché, dunque, Venerabili Fratelli, non loderemmo coloro i quali, ricevuto il cibo Eucaristico, anche dopo che è stata sciolta ufficialmente l'assemblea cristiana, si indugiano in intima familiarità col Divin Redentore, non solo per trattenersi dolcemente con Lui, ma anche per ringraziarlo e lodarlo, e specialmente per domandargli aiuto, affinché tolgano dalla loro anima tutto ciò che può diminuire l'efficacia del Sacramento, e facciano da parte loro tutto ciò che può favorire la presentissima azione di Gesù?

Li esortiamo, anzi, a farlo in modo particolare, sia traducendo in pratica i propositi concepiti ed esercitando le cristiane virtù, sia adattando ai propri bisogni quanto hanno ricevuto con regale liberalità. Veramente parlava secondo precetti e lo spirito della Liturgia l'autore dell'aureo libretto della Imitazione di Cristo, quando consigliava a chi si era comunicato: "Raccogliti in segreto e goditi il tuo Dio, perché possiedi colui che il mondo intero non potrà toglierti".

Dunque, se il Vicario di Cristo consiglia ai fedeli di praticare il ringraziamento dopo la Comunione, significa che è un bene per le anime. Non c'è un tempo minimo da osservare, tuttavia conviene non essere avari con Gesù, dopo tutto quello che ha patito per noi.(DL)

Fonte Cordialiter



[SM=g1740733]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
OFFLINE
Post: 39.989
Sesso: Femminile
02/05/2009 09:00
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

L’omelia del Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede in occasione delle ordinazioni di sacerdoti e diaconi della Fraternità sacerdotale dei missionari di San Carlo Borromeo. 24 giugno 2000, cattedrale della diocesi di Porto Santa Rufina, La Storta, Roma



Cari fratelli nel sacerdozio, cari ordinandi, cari fratelli e sorelle, in quest’ora della nostra celebrazione coincidono due feste della Chiesa che ci aiutano a capire meglio la realtà, l’avvenimento di questo giorno: la festa del precursore del Signore, Giovanni Battista, e la grande festa eucaristica della Chiesa, il Corpus Domini.

San Giovanni si è autodefinito «voce», voce che chiama alla penitenza, che chiama alla conversione, voce che invita a preparare le strade sulle quali potrà poi entrare Cristo, il re e salvatore. I padri della Chiesa hanno coniugato questa autodefinizione del precursore come voce con il titolo più profondo di Cristo che appare nel quarto vangelo: Cristo - ci dice san Giovanni evangelista - è il Logos, la Parola, l’autoespressione creatrice del Padre. Cristo è la Parola e san Giovanni è la voce che serve perché sia percepibile, perché sia accessibile, perché sia presente nel nostro mondo questa Parola eterna che si è fatta carne. Possiamo dire che san Giovanni, essendo la voce per questa Parola, vive una vita di servizio, una vita non per sé, ma una vita dell’autodonazione, una vita del donarsi per altro.

San Giovanni è voce della Parola. Riflettendo su questo nesso tra voce e Parola, possiamo capire, come primo punto, che l’essere in servizio, l’esistenza diaconale, non è una cosa transeunte, non è una cosa solo temporanea della vita, del sacramento dell’ordinazione: è una dimensione permanente, anche per i sacerdoti, per i vescovi, per il papa, perché Cristo stesso è rimasto diacono e san Giovanni, il suo precursore, è totalmente voce per altro, vive non per se stesso, ma per altro. Essere in servizio, essere servitore, essere diacono è una dimensione fondamentale del sacramento dell’ordine e voi, che ricevete oggi questo ordine, entrate così in una profonda comunione con la storia di Cristo, prefigurata e previssuta nel Precursore. Giovanni è voce, è diacono, è in servizio dell’altro.

Così possiamo anche capire che il ministero della Parola non è solo la funzione di predicare, funzione della catechesi, del dialogo religioso, ecc.; non è solo una funzione, ma è una realtà esistenziale ed essenziale nella vita del diacono, del sacerdote. Possiamo essere voce della Parola soltanto se la nostra vita è permeata della Parola, se la viviamo nella Parola. I padri greci hanno detto che la nostra esistenza deve essere una esistenza per la Parola e della Parola. In altri termini, le parole che noi possiamo pronunciare convincono soltanto se la nostra stessa vita è Parola, è nutrita dalla Parola, vive della Parola.


Sul suo petto

Così possiamo pensare alla storia commovente dell’Ultima Cena, nella quale san Giovanni ci comunica che il discepolo amato era inchinato sul petto del Signore: dicendo questo ci fa pensare all’inizio del Vangelo, dove si dice che il Figlio viene dal seno del Padre, è al petto del Padre e perciò ci fa vedere il Padre. Essere in servizio della Parola presuppone lo stare in questa relazione profonda con Colui che è la Parola, essere sul petto del Figlio come lui è sul petto del Padre, bere dal suo cuore la Parola, vivere in vicinanza del suo cuore, dal quale bere la Parola della vita. San Paolo ci dice le stesse cose con altri termini, dicendo che dobbiamo entrare nei sentimenti di Cristo.

Quali sono i sentimenti di Cristo? San Paolo risponde: si umiliò fino alla croce. E proprio umiliandosi ha superato la superbia di Adamo, la superbia che distrugge l’umanità. Nell’umiltà di questa discesa fino alla morte ha trasformato la miseria umana, perdendosi è divenuto realmente dominatore del cielo e della terra. E qui sentiamo la parola del Signore: solo chi si perde si trova veramente, chi vuole avere la sua vita per sé la perde e chi perde la sua vita la trova. Perdere la vita è il grande movimento dell’amore, che è il movimento del diacono, il movimento di san Giovanni Battista e finalmente il dinamismo di Cristo stesso. Entriamo in questi sentimenti di Cristo e impariamo così la Parola, per divenire con la stessa nostra vita parola di Cristo e della Vita.

Dicendo questo, siamo già arrivati all’altra festa che celebriamo in questa ora: la festa del Corpus Domini. È una festa nata nel Medioevo e perciò i riformatori del Cinquecento e un po’ anche i riformatori della liturgia nel nostro secolo l’hanno in un certo senso disprezzata: una cosa medievale non può essere - si diceva e si dice - una cosa grande, profonda. Domandiamoci allora: questa festa aggiunge veramente qualcosa di nuovo alla grande tradizione eucaristica precedente?

La novità, che appare nel Duecento, è il culto della adorazione eucaristica: col nascere di questa festa comincia l’uso dell’ostensorio, delle processioni, del tabernacolo e così anche il silenzioso colloquio davanti al tabernacolo nel quale incontriamo veramente il Signore: vediamo la sua presenza, sentiamo la sua parola, sentiamo che è presente. Secondo i riformatori del secolo della Riforma, tutto questo è sbagliato, è un grave errore, perché l’eucarestia, sotto le specie del pane e del vino, sarebbe stata creata per essere mangiata, non per essere guardata; il Signore avrebbe voluto soltanto la celebrazione della cena e la comunione nella celebrazione.


Cibo nuovo

Ma a questo punto dobbiamo chiederci che cos’è la comunione e come possiamo mangiare questo pane, il Signore stesso. Quanto mangiamo nella comunione non è un pezzo di materia, questo cibo è un cibo del tutto diverso: è il Figlio di Dio fattosi uomo. Mangiare questo nuovo cibo non è, dunque, mangiare qualcosa, è un incontro del mio io con l’io del Figlio di Dio, è una comunione da cuore a cuore. La comunione eucaristica non è qualcosa di esteriore: la comunione con il Figlio di Dio che si dà nell’ostia è un incontro con il Figlio di Dio e perciò comunicare è adorare. Possiamo riceverlo solo adorando, aprendo tutta la nostra esistenza alla sua presenza, aprendoci perché lui sia la forza della nostra vita.

Lo descrive sant’Agostino, quando parla delle sue visioni, nelle quali ha sentito il Signore eucaristico dirgli: è un cibo diverso, non tu dovrai assimilare me, ma tu devi essere assimilato a me. Quindi comunicare è adorare. L’adorazione non è una cosa incompatibile con la comunione, è la profondità della comunione e solo adorando entriamo veramente in comunione con Cristo. Così, con l’adorazione, la comunione con Cristo si è approfondita infinitamente. Sappiamo quanta benedizione è venuta dall’adorazione silenziosa nelle nostre chiese, sappiamo che i più grandi santi della carità si sono nutriti dell’adorazione del Cristo presente, perché adorandolo hanno imparato il suo amore, hanno mangiato e bevuto il suo amore fino alla fine e sono essi stessi divenuti amore vivente.

Possiamo comunicare bene solo se la comunione si estende, si approfondisce, si concretizza in una adorazione che riceve realmente il mistero di questa presenza.
L’adorazione, tuttavia, che fa parte del mistero eucaristico, che è dimensione intima della comunione, ha ancora un collegamento più profondo nel mistero della volontà del Signore. Dobbiamo chiederci, infatti: come è possibile che Gesù diventi cibo, che possiamo mangiare Gesù? È possibile soltanto perché si è trasformato, nell’atto dell’amore fino alla fine della croce e nella resurrezione, da un essere vivente in Spirito datore di vita, come dice san Paolo. Nella croce, nella autodonazione, nella risurrezione è divenuto Spirito datore di vita e così è sacramento per noi. Questa donazione che lo fa cibo, Spirito datore di vita, è adorazione.


Trasformazione del mondo

Quindi l’eucarestia non è una cena nella quale si distribuisce qualcosa, ma è presenza di questo passaggio in Spirito datore di vita, è presenza di questo dinamismo dell’accesso al Padre. È il Signore che apre la porta, come dice la lettera agli Ebrei: solo entrando in questo cammino di trasformazione del Signore, solo entrando in questo grande atto della adorazione nel quale il mondo dovrà trasformarsi in amore, possiamo bene partecipare al mistero eucaristico. Il mistero eucaristico ha questo compimento: non soltanto la trasformazione del pane in vino, ma quella di noi stessi e del mondo in ostia vivente.

E se noi sacerdoti, nel momento della consacrazione, pronunciamo le parole del Signore - «Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue» -, se il Signore ci presta la sua bocca per esprimere queste parole di conversione del pane e del vino, diciamo queste parole a noi stessi e al mondo e preghiamo perché il Signore ci trasformi e diventiamo noi stessi adorazione, ostia vivente. San Tommaso dice che l’ultimo contenuto dell’eucarestia è la charitas, è l’amore. La presenza del Signore serve a trasformarci, a trasformare il mondo in adorazione, cioè in un atto di amore e glorificazione di Dio.

Alla fine vorrei menzionare l’inizio della vita di Gesù come è descritto nella lettera agli Ebrei. Questa lettera ci dice che l’incarnazione si realizza in un dialogo tra Padre e Figlio. Il Figlio dice: «Sacrifici non hai voluto, ma un corpo mi hai preparato: allora ho detto: ecco io vengo». In questa parola è riassunta tutta la vita di Gesù: è la parola della incarnazione e della crocifissione insieme. Mi hai dato un corpo, ecco io vengo. È la parola sacerdotale, è la vita di Cristo. E se noi accettiamo l’ordinazione al sacerdozio, entriamo in questa parola, cari amici, diciamo anche noi in questo momento: Un corpo mi hai preparato, ecco io vengo, non voglio dare qualcosa, una parte o un’altra; un corpo mi hai preparato, voglio dare me stesso: ecco io vengo.

In questo momento preghiamo per voi, cari fratelli tutti, perché tutta la vostra vita sia collocata in questa parola e possiate così essere veri diaconi, veri sacerdoti di Cristo. Un corpo mi hai preparato, me stesso mi hai dato, ecco io vengo.

[SM=g1740717] [SM=g1740720]

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
OFFLINE
Post: 39.989
Sesso: Femminile
12/06/2009 12:40
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

FESTA DEL CORPUS DOMINI 2009....guardo questa immagine:

                          

e mi dico: guarda questi occhi, Dorotea, è lo sguardo di un uomo di 82 anni che VEDE E CREDE, CREDE E VEDE con ciò che san Tommaso d'Aquino definisce il sesto senso dell'Uomo: LA FEDE!
Una fede nella quale la ragione stessa della fede trova così IL COMPLETAMENTO, NON LA CONTESTAZIONE...
E' una immagine che commuove e ti prende dentro, non può lasciarci indifferenti... Occhiolino

Meditiamo ora ATTENTAMENTE sull'Omelia....CARI SACERDOTI, FATE DI QUESTA OMELIA IL VOSTRO BALUARDO Occhiolino


CELEBRAZIONE DEL CORPO E DEL SANGUE DI CRISTO

OMELIA DEL SANTO PADRE


«Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue».
Cari fratelli e sorelle, queste parole che Gesù pronunciò nell’Ultima Cena, vengono ripetute ogni volta che si rinnova il Sacrificio eucaristico.
Le abbiamo ascoltate poco fa nel Vangelo di Marco e risuonano con singolare potenza evocativa quest’oggi, solennità del Corpus Domini.

Esse ci conducono idealmente nel Cenacolo, ci fanno rivivere il clima spirituale di quella notte quando, celebrando la Pasqua con i suoi, il Signore nel mistero anticipò il sacrificio che si sarebbe consumato il giorno dopo sulla croce.

L’istituzione dell’Eucaristia ci appare così come anticipazione e accettazione da parte di Gesù della sua morte. Scrive in proposito sant’Efrem Siro: « Durante la cena Gesù immolò se stesso; sulla croce Egli fu immolato dagli altri» (cfr Inno sulla crocifissione 3,1).
«Questo è il mio sangue».

Chiaro è qui il riferimento al linguaggio sacrificale di Israele. Gesù presenta se stesso come il vero e definitivo sacrificio, nel quale si realizza l’espiazione dei peccati che, nei riti dell’Antico Testamento, non era mai stata totalmente compiuta. A questa espressione ne seguono altre due molto significative. Innanzitutto, Gesù Cristo dice che il suo sangue « è versato per molti » con un comprensibile riferimento ai canti del Servo, che si trovano nel libro di Isaia ( cfr cap. 53). 

Con l’aggiunta - "sangue dell’alleanza" -, Gesù rende inoltre manifesto che, grazie alla sua morte, si realizza la profezia della nuova alleanza fondata sulla fedeltà e sull’amore infinito del Figlio fattosi uomo, un’alleanza perciò più forte di tutti i peccati dell’umanità. L’antica alleanza era stata sancita sul Sinai con un rito sacrificale di animali, come abbiamo ascoltato nella prima lettura, e il popolo eletto, liberato dalla schiavitù dell’Egitto, aveva promesso di eseguire tutti i comandamenti dati dal Signore (cfr Es 24, 3).

In verità, Israele sin da subito, con la costruzione del vitello d'oro, si mostrò incapace di mantenersi fedele a questa promessa e così al patto intervenuto, che anzi in seguito trasgredì molto spesso, adattando al suo cuore di pietra la Legge che avrebbe dovuto insegnargli la via della vita. Il Signore però non venne meno alla sua promessa e, attraverso i profeti, si preoccupò di richiamare la dimensione interiore dell’alleanza, ed annunciò che ne avrebbe scritta una nuova nei cuori dei suoi fedeli (cfr Ger 31,33), trasformandoli con il dono dello Spirito (cfr Ez 36, 25-27). E fu durante l’Ultima Cena che strinse con i discepoli e con l’umanità questa nuova alleanza, confermandola non con sacrifici di animali come avveniva in passato, bensì con il suo sangue, divenuto "sangue della nuova alleanza". La fondò quindi sulla propria obbedienza, più forte, come ho detto, di tutti i nostri peccati.

Questo viene ben evidenziato nella seconda lettura, tratta dalla Lettera agli Ebrei, dove l'autore sacro dichiara che Gesù è "mediatore di una alleanza nuova" (9,15). Lo è diventato grazie al suo sangue o, più esattamente, grazie al dono di se stesso, che dà pieno valore allo spargimento del suo sangue. Sulla croce, Gesù è al tempo stesso vittima e sacerdote: vittima degna di Dio perché senza macchia, e sommo sacerdote che offre se stesso, sotto l'impulso dello Spirito Santo, ed intercede per l’intera umanità. La Croce è pertanto mistero di amore e di salvezza, che ci purifica – come dice la Lettera agli Ebrei - dalle "opere morte", cioè dai peccati, e ci santifica scolpendo l’alleanza nuova nel nostro cuore; l’Eucaristia, rendendo presente il sacrificio della Croce, ci rende capaci di vivere fedelmente la comunione con Dio.

 
Cari fratelli e sorelle – che saluto tutti con affetto ad iniziare dal cardinale vicario e dagli altri cardinali e vescovi presenti – come il popolo eletto riunito nell’assemblea del Sinai, anche noi questa sera vogliamo ribadire la nostra fedeltà al Signore.
Qualche giorno fa, aprendo l’annuale convegno diocesano, ho richiamato l’importanza di restare, come Chiesa, in ascolto della Parola di Dio nella preghiera e scrutando le Scritture, specialmente con la pratica della lectio divina, della lettura meditata e adorante della Bibbia.
So che tante iniziative sono state promosse al riguardo nelle parrocchie, nei seminari, nelle comunità religiose, all’interno delle confraternite, delle associazioni e dei movimenti apostolici, che arricchiscono la nostra comunità diocesana. Ai membri di questi molteplici organismi ecclesiali rivolgo il mio fraterno saluto.

La vostra numerosa presenza a questa celebrazione, cari amici, pone in luce che la nostra comunità, caratterizzata da una pluralità di culture e di esperienze diver- se, Dio la plasma come «suo» popolo, come l’unico Corpo di Cristo, grazie alla nostra sincera partecipazione alla duplice mensa della Parola e dell’Eucaristia. Nutriti di Cristo, noi, suoi discepoli, riceviamo la missione di essere «l’anima» di questa nostra città ( cfr Lettera a Diogneto, 6: ed. Funk, I, p. 400; vedi anche Lumen gentium, 38) fermento di rinnovamento, pane « spezzato » per tutti, soprattutto per coloro che versano in situazioni di disagio, di povertà e di sofferenza fisica e spirituale. Diventiamo testimoni del suo amore.

Mi rivolgo particolarmente a voi, cari sacerdoti, che Cristo ha scelto perché insieme a Lui possiate vivere la vostra vita quale sacrificio di lode per la salvezza del mondo. Solo dall’unione con Gesù potete trarre quella fecondità spirituale che è generatrice di speranza nel vostro ministero pastorale.

Ricorda san Leone Magno che « la nostra partecipazione al corpo e al sangue di Cristo non tende a nient’altro che a diventare ciò che riceviamo » (Sermo 12, De Passione 3,7, PL 54).
Se questo è vero per ogni cristiano, lo è a maggior ragione per noi sacerdoti.
Essere, divenire Eucaristia! Sia proprio questo il nostro costante desiderio e impegno, perché all’offerta del corpo e del sangue del Signore che facciamo sull’altare, si accompagni il sacrificio della nostra esistenza.

Ogni giorno, attingiamo dal Corpo e Sangue del Signore quell’amore libero e puro che ci rende degni ministri di Cristo e testimoni della sua gioia. È ciò che i fedeli attendono dal sacerdote: l’e- sempio cioè di una autentica devozione per l’Eucaristia; amano vederlo trascorrere lunghe pause di silenzio e di adorazione dinanzi a Gesù come faceva il santo Curato d’Ars, che ricorderemo in modo particolare durante l’ormai imminente Anno Sacerdotale.

San Giovanni Maria Vianney amava dire ai suoi parrocchiani: « Venite alla comunione... È vero che non ne siete degni, ma ne avete bisogno » (Bernard Nodet, Le curé d’Ars. Sa pensée – Son coeur, éd. Xavier Mappus, Paris 1995, p. 119).

Con la consapevolezza di essere inadeguati a causa dei peccati, ma bisognosi di nutrirci dell’amore che il Signore ci offre nel sacramento eucaristico, rinnoviamo questa sera la nostra fede nella reale presenza di Cristo nell’Eucaristia. Non bisogna dare per scontata questa fede!
C’è oggi il rischio di una secolarizzazione strisciante anche all’interno della Chiesa, che può tradursi in un culto eucaristico formale e vuoto, in celebrazioni prive di quella partecipazione del cuore che si esprime in venerazione e rispetto per la liturgia. È sempre forte la tentazione di ridurre la preghiera a momenti superficiali e frettolosi, lasciandosi sopraffare dalle attività e dalle preoccupazioni terrene.
 

Quando tra poco ripeteremo il Padre Nostro, la preghiera per eccellenza, diremo: «Dacci oggi il nostro pane quotidiano» , pensando naturalmente al pane d’ogni giorno per noi e per tutti gli uomini. Questa domanda però contiene qualcosa di più profondo. Il termine greco epioúsios, che traduciamo con « quotidiano » , potrebbe alludere anche al pane « sopra- sostanziale», al pane « del mondo a venire».

Alcuni Padri della Chiesa hanno visto qui un riferimento all’Eucaristia, il pane della vita eterna, del nuovo mondo, che ci è dato nella Santa Messa, affinché sin da ora il mondo futuro abbia inizio in noi. Con l’Eucaristia dunque il cielo viene sulla terra, il domani di Dio si cala nel presente e il tempo è come abbracciato dall’eternità divina.
Cari fratelli e sorelle, come ogni anno, al termine della Santa Messa, si snoderà la tradizionale processione eucaristica ed eleveremo, con le preghiere e i canti, una corale implorazione al Signore presente nell’ostia consacrata.

Gli diremo a nome dell’intera città: resta con noi Gesù, facci dono di te e dacci il pane che ci nutre per la vita eterna! Libera questo mondo dal veleno del male, della violenza e dell’odio che inquina le coscienze, purificalo con la potenza del tuo amore misericordioso.

E tu, Maria, che sei stata donna « eucaristica » in tutta la tua vita, aiutaci a camminare uniti verso la meta celeste, nutriti dal Corpo e dal Sangue di Cristo, pane di vita eterna e farmaco dell’immortalità divina.

Amen!




[Modificato da Caterina63 12/06/2009 21:53]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
OFFLINE
Post: 39.989
Sesso: Femminile
02/09/2009 19:15
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

Castillon Hoyos: la liturgia è una cosa seria...

di Bruno Volpe

Da poco si è conclusa a Barletta la sessantesima settimana liturgica dal titolo Celebriamo la misericordia di Dio, dedicata prevalentemente al sacramento della Penitenza. Inutile dire che il dibattito ha centrato anche la liturgia in genere.

Ne abbiamo discusso con il Cardinale colombiano Dario Castrillon Hoyos, Presidente Emerito della Pontificia Commissione Ecclesia Dei,autentico gentiluomo ed esperto di liturgia.

Eminenza, nel corso del dibattito di Barletta, è emerso un dato per altro già conosciuto. Ovvero,la confessione sacramentale vive un periodo di scarsa fortuna, a che cosa si deve?

“ la verità è che oggi è spesso sparito o comunque si è attenuato fortemente, il senso del peccato. La gente non sa riconoscere o non vuole, i peccati veniali da quelli mortali, non ha questo criterio e talvolta se ne costruisce di suoi. Questo,per altro lato, svilisce il senso di colpa e ... il rispetto della Legge di Dio, ovvero dei Comandamenti”.

Solo responsabilità dei fedeli?

“ nella maggior parte dei casi direi di sì, ma è triste e penoso riconoscere che qualche volta le responsabilità stanno anche tra i sacerdoti, che denotano una scarsa disponibilità al sacrificio e alcune volte rappresentano le condotte peccaminose in modo soft, dunque facendo quasi credere che certe cose siano naturali o normali”.

Passiamo ad aspetti tipicamente liturgici, visto e considerato che abbiamo parlato di sacerdoti. Molte volte si parla della Santa Messa come di festa o banchetto,condivide?

“ dunque, la messa è anche una festa, ma non nel senso pagano in cui si crede. Viene prima,ma molto prima, il concetto di sacrificio incruento di Cristo e una volta compreso che la Messa è sacrificio,dono e mistero, si può parlare di festa. Ma limitarsi alla festa è quasi un aspetto protestante,superficiale”.

Secondo alcuni autori e liturgisti sarebbe venuto meno il senso del sacro...

“ vero e condivido, è venuto meno il senso del sacro. Nel senso di rispetto di adorazione, silenzio, venerazione. Ecco, perché la Messa deve recuperare al più preso questo aspetto di sacralità”.


In alcune chiese,specie di stile moderno, il Tabernacolo è finito in seconda posizione, quasi in un cantuccio,come se il padrone di casa desse fastidio...

“ su questo punto io andrei cauto. Credo certamente che la posizione più corretta del Tabernacolo,proprio per favorire l’adorazione, sia centrale, ovvero collocato nell’altare principale. Questo va benissimo in Chiese piccole e specialmente di modesti centri. Il discorso si fa un poco diverso quando pensiamo a cattedrali grandi o città di arte dove le chiese vengono visitate più per motivi turistici che di fede e anche da non cattolici,penso a San Pietro a Roma. In quei casi mettere il Santissimo in una cappella laterale non è male, a condizione che quella cappella sia un luogo consono e degno a quello che ospita”.

Veniamo agli abusi liturgici durante le messe...

“ si potrebbe fare un campionario,ma io qui non voglio polemizzare e tanto meno stilare paragoni. Mi limito a dire che nessuno è padrone della santa liturgia della Chiesa e ci sono due cose che fanno male al senso del sacro, cioè le invenzioni teologicamente campate in aria di alcuni preti e le arbitrarie modifiche ai testi. Si mettano in testa che nessuno è padrone della liturgia,neppure il sacerdote. Spiacevolmente oggi alcuni sacerdoti,per mania di protagonismo, rassomigliano a mediocri intrattenitori televisivi”.

Che cosa pensa delle celebrazione verso oriente?

“ lo ripeto,non voglio fare polemiche. Ma io la penso come il Papa su questo punto. Il sacerdote è mediatore tra i fedeli e Cristo, non è protagonista,ma attua nella persona di Cristo e a lui umilmente si rivolge alzando le mani. Dunque se si rivolge a Cristo,la posizione più logica e naturale e direi teologicamente corretta, è verso Oriente non per un motivo geografico,ma perché oriente rappresenta il Sole, ovvero Cristo. Questo per alcune parti della liturgia come per le preghiere. Mentre le letture e la relativa spiegazione non hanno alcuna necessità di collocazione ad oriente e possono benissimo essere fatte di volto ai fedeli”.

Fonte Pontifex

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
OFFLINE
Post: 39.989
Sesso: Femminile
25/03/2010 15:12
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

Dal Blog Vitae Fratrum dei novizi Domenicani di Bergamo, riporto questa riflessione molto utile....


Nelle mie mani

Nella mia giornata standard, il pomeriggio si chiude con la messa delle 18.30, seguita dai vespri e dalla cena. Non è facile parlare della messa: è una cosa così comune, non ha nulla di "esoterico", di potenzialmente strano o misterioso, come magari l'ufficio delle letture o la mensa dei frati per chi non è mai entrato in un convento. Non ci sono "chicche" o "gag" o "altarini" da rivelare, perchè a messa ci siamo stati - almeno una volta - tutti. Eppure è il culmine di una giornata, il momento più importante di tutti.

E all'interno della messa c'è un momento che è il più importante di tutti: l'Eucarestia. Dio si fa pane e si fa vino e si fa mangiare da noi... che a dirlo così sembra una sciocchezza, ma a pensarci bene è roba da far cascare la mascella. Capisco, quindi, papa Benedetto, quando si sforza di inculcarci tutta la "strabiliantezza" di questo mistero, facendo prendere la comunione in ginocchio e direttamente in bocca.

Però, diciamocelo chiaramente, prendere l'Eucarestia nelle proprie mani è tutta un'altra cosa. Poter contemplare, anche se per pochi minuti, in piedi di fronte all'altare, quel piccolo cerchio di pane azzimo che è il Corpo di Cristo. Tenerlo sul palmo della mano: potresti sbriciolarlo in un momento eppure è Dio ed è nelle mie mani. Ogni volta che ci penso (e ci penso ogni volta che faccio la comunione) mi commuovo: mi commuovo per la vulnerabilità di Dio e per la straordinaria fiducia in me, al punto di affidarsi totalmente e incondizionatamente alle mie mani, nemmeno tanto pulite.

E' come vivere la lavanda dei piedi. Anzi: è la lavanda dei piedi. E' Dio che si fa servo, che si fa bambino, che si fa pane e vino. Wow!


***********************************************


La mia riflessione


"potresti sbriciolarlo nelle tue mani"....veramente ciò avviene anche dentro, specialmente se preso in stato di peccato!...e avviene anche nella realtà, posso dirti le volte che come catechista e addetta anche alla sistemazione della chiesa abbiamo trovato pezzi di Ostia per terra fra i banchi...:-(

L'idea di averlo tra le mani e coccolarlo, contemplarlo, è indubbiamente bello, paradisiaco, ma al tempo stesso, proprio perchè si tratta di DIO, e noi siamo limitati e fragili, è meglio non farlo
Il perchè è presto detto: Cristo viene a noi all'interno di un Mistero, il Dio vivo e vero è ciò che si cela non ciò che si vede...e poichè in qualità di fedeli siamo molto sbrigativi in tutto, non si farebbe a tempo neppure a contemplarLo, rischiando così una sorta di richiamo superstizioso VERSO L'OSTIA anzichè il suo contenuto...
Se Dio poi ha scelto questo mezzo per restare con noi e per darsi a noi, io credo che ciò vada rispettato fino in fondo, non per metà, ergo l'Ostia deve essere toccata solo dai Ministri Consacrati (o dai diaconi e laici addetti alla distribuzione della Comunione) proprio per non far perdere quel senso di mistero e di Sacro che emana dalla sua contemplazione senza toccarla

Lo dico proprio in qualità di laica...
la tantum che dava l'opportunità di ricevere Gesù nella mano è diventata, abusivamente, la prassi...e da allora la fede invece di crescere è diminuita, il sacro si è affievolito perchè noi umani siamo così fragili ed abitudinari che...una volta avuto in MANO IL MISTERO, abbiamo finito con il MATERIALIZZARLO-umanizzarlo...

Quando mi toccò fare i conti con la morte, stando una notte intera al Pronto Soccorso con un infarto (coronarico) in atto (solo che ci misero 6 ore per capirlo!), ebbi all'inizio un caos di pensieri: i figli, il marito, la confessione, il Papa in America per il quale stavo pregando...i debiti da pagare...ad un tratto ho detto: Mio Dio ti prego: voglio solo TE! ed ebbi chiara l'immagine dell'Eucarestia, l'unica cosa che ora avevo davanti era l'Eucarestia e supplicavo Maria Santissima di farmi avere il Dolce Viatico se fosse davvero giunta la mia ora...
Il dolore mi impediva di concentrarmi lungamente, tuttavia è stata una grazia grande quella che il Signore mi ha dato (benchè non lo meritassi): una consolazione profonda che mi faceva assaporare col solo desiderio la Santa Eucarestia per tutta la notte...
Il giorno dopo, dopo l'intervento, in terapia intensiva, chiesi la visita di un Sacerdote...non chiesi neppure la visita del marito o dei figli, davvero ERA LUI VICINO A ME CHE SI DONAVA GRATUITAMENTE...lo sentivo, non pensavo neppure dove stavo, mi interessava che Lui venisse a me il più presto possibile...
Capii che quell'incontro non era semplicemente fra due Innamorati, ma che LUI era davvero innamorato di me peccatore...e che mi voleva strappare via da ogni male dandomi Se Stesso...

L'infermiera e il dottore si accorserso di quanto fossi felice e dissero: "bene, bene, tutto questo ottimismo e questa sua carica l'aiuteranno a superare il grave pericolo che ha corso, è un miracolo che si sia salvata, il suo infarto è di tipo nascosto, di quelli che si comprendono spesso con l'autopsia!"
Ringraziandoli risposi: grazie Dottore per quello che ha fatto! Ma è evidente che ho un Amico speciale che da ieri è rimasto qui accanto a me....ed ho guardato al sacerdote che stava riponendo le Sacre Particole...

Grazie Luca R per questi pensieri...mi raccomando, abbiate sempre cura e decoro e conservazione del Mistero immenso che verrà affidato alle vostre mani quali Alter Christi...
Gesù è davvero il nostro TUTTO! e noi siamo nulla senza di Lui!



Ulteriori riflessioni sull'argomento:


Il RITORNO all'Eucarestia IN GINOCCHIO

Il Card. Canizares (del Culto Divino) spinge verso il ritorno della Comunione in ginocchio

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
OFFLINE
Post: 39.989
Sesso: Femminile
28/04/2010 11:11
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

meminisse iuvabit   la Sacrosanctum Concilium cita molte volte il Concilio di Trento a riguardo della Liturgia....leggiamo allora cosa dice quel Concilio:




Concilio di Trento
SESSIONE XII (10 settembre 1551)

Capitolo VII.
Della preparazione necessaria per ricevere degnamente la santa eucarestia.

Se non è lecito ad alcuno partecipare a qualsiasi sacra funzione, se non santamente, certo, quanto più il cristiano percepisce la santità e la divinità di questo celeste sacramento, tanto più diligentemente deve guardarsi dall’avvicinarsi a riceverlo senza una grande riverenza e santità, specie quando leggiamo presso l’apostolo quelle parole, piene di timore: Chi mangia e beve indegnamente, mangia e beve il proprio giudizio, non distinguendo il corpo del Signore (221).

Chi, quindi, intende comunicarsi, deve richiamare alla memoria il suo precetto: L’uomo esamini se stesso (225). E la consuetudine della chiesa dichiara che quell’esame è necessario così che nessuno, consapevole di peccato mortale, per quanto possa credere di esser contrito, debba accostarsi alla santa eucarestia senza aver premesso la confessione sacramentale.

Il santo sinodo stabilisce che questa norma si debba sempre osservare da tutti i cristiani, anche da quei sacerdoti che sono tenuti per il loro ufficio a celebrare, a meno che non manchino di un confessore. Se poi, per necessità, il sacerdote celebrasse senza essersi prima confessato, si confessi al più presto.

Capitolo VIII.
Dell’uso di questo ammirabile sacramento.

Quanto al retto e sapiente uso, i nostri padri distinsero tre modi di ricevere questo santo sacramento. Dissero, infatti, che alcuni lo ricevono solo sacramentalmente, come i peccatori. Altri solo spiritualmente, quelli, cioè che desiderando di mangiare quel pane celeste, loro proposto, con fede viva, che agisce per mezzo dell’amore (226), ne sentono il frutto e l’utilità. Gli altri lo ricevono sacramentalmente e spiritualmente insieme, e sono quelli che si esaminano e si preparano talmente prima, da avvicinarsi a questa divina mensa vestiti della veste nuziale (227).

Nel ricevere la comunione sacramentale fu sempre uso, nella chiesa di Dio, che i laici la ricevessero dai sacerdoti; e che i sacerdoti che celebrano si comunicassero da sé. Quest’uso, che deriva dalla tradizione apostolica, deve a buon diritto esser osservato.

Finalmente questo santo sinodo con affetto paterno esorta, prega e supplica, per la misericordia del nostro Dio (228), che tutti e singoli i cristiani convengano una buona volta e siano concordi in questo segno di unità, in questo legame di amore, in questo simbolo di concordia; e che, memori di tanta maestà e di così meraviglioso amore di Gesù Cristo, nostro signore, che sacrificò la sua vita diletta come prezzo della nostra salvezza, e ci diede la sua carne da mangiare (229), credano e venerino questi sacri misteri del suo corpo e del suo sangue con tale costanza e fermezza di fede, con tale devozione dell’anima, con tale pietà ed ossequio, da poter ricevere frequentemente quel pane supersostanziale (230), ed esso sia davvero per essi vita dell’anima e perpetua sanità della mente, cosicché, rafforzati dal suo vigore, da questo triste pellegrinaggio possano giungere alla patria celeste, dove potranno mangiare, senza alcun velo, quello stesso pane degli angeli (231), che ora mangiano sotto sacre specie.

Ma poiché non basta dire la verità, se non si scoprono e non si ribattono gli errori, è piaciuto al santo sinodo aggiungere questi canoni, di modo che tutti, conosciuta ormai la dottrina cattolica, sappiano anche da quali eresie devono guardarsi e devono evitare.

CANONI SUL SANTISSIMO SACRAMENTO DELL’EUCARESTIA

1. Se qualcuno negherà che nel santissimo sacramento dell’eucarestia è contenuto veramente, realmente, sostanzialmente il corpo e il sangue di nostro signore Gesù Cristo, con l’anima e la divinità, e, quindi, tutto il Cristo, ma dirà che esso vi è solo come in un simbolo o una figura, o solo con la sua potenza, sia anatema.

2. Se qualcuno dirà che nel santissimo sacramento dell’eucarestia assieme col corpo e col sangue di nostro signore Gesù Cristo rimane la sostanza del pane e del vino e negherà quella meravigliosa e singolare trasformazione di tutta la sostanza del pane nel corpo, e di tutta la sostanza del vino nel sangue, e che rimangono solamente le specie del pane e del vino, - trasformazione che la chiesa cattolica con termine appropriatissimo chiama transustanziazione, - sia anatema.

3. Se qualcuno dirà che nel venerabile sacramento dell’eucarestia, fatta la separazione, Cristo non è contenuto in ognuna delle due specie e in ognuna delle parti di ciascuna specie, sia anatema.

4. Se qualcuno dirà che, fatta la consacrazione, nel mirabile sacramento dell’eucarestia non vi è il corpo e il sangue del signore nostro Gesù Cristo, ma solo nell’uso, mentre si riceve, e non prima o dopo; e che nelle ostie o parti consacrate, che dopo la comunione vengono conservate e rimangono, non rimane il vero corpo del Signore, sia anatema.

5. Se qualcuno dirà che il frutto principale della santissima eucarestia è la remissione dei peccati, o che da essa non provengono altri effetti, sia anatema.

6. Se qualcuno dirà che nel santo sacramento dell’eucarestia Cristo, unigenito figlio di Dio, non debba essere adorato con culto di latria, anche esterno; e, quindi, che non debba neppure esser venerato con qualche particolare festività; ed esser portato solennemente nelle processioni, secondo il lodevole ed universale rito e consuetudine della santa chiesa; o che non debba essere esposto alla pubblica venerazione del popolo, perché sia adorato; e che i suoi adoratori sono degli idolatri, sia anatema.

7. Se qualcuno dirà che non è lecito conservare la santa eucarestia nel tabernacolo; ma che essa subito dopo la consacrazione debba distribuirsi agli astanti; o non esser lecita che essa venga portata solennemente agli ammalati, sia anatema.

8. Se qualcuno dirà che Cristo, dato nell’eucarestia, si mangia solo spiritualmente, e non anche sacramentalmente e realmente, sia anatema.

9. Se qualcuno negherà che tutti e singoli i fedeli cristiani dell’uno e dell’altro sesso, giunti all’età della ragione, sono tenuti ogni anno, almeno a Pasqua, a comunicarsi, secondo il precetto della santa madre chiesa, sia anatema.

10. Se qualcuno dirà che non è lecito al sacerdote che celebra comunicare se stesso, sia anatema.

11. Se qualcuno dirà che la fede è preparazione sufficiente per ricevere il sacramento della santissima eucarestia, sia anatema.

E perché un così grande sacramento non sia ricevuto indegnamente e, quindi, a morte e a condanna, lo stesso santo sinodo stabilisce e dichiara che quelli che hanno la consapevolezza di essere in peccato mortale, per quanto essi credano di essere contriti, se vi è un confessore, devono necessariamente premettere la confessione sacramentale.

Se poi qualcuno crederà di poter insegnare, predicare o affermare pertinacemente il contrario, o anche difenderlo in pubblica disputa, perciò stesso sia scomunicato.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 14:12. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com