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Quella mania di complicare sempre tutto..... K. Rahner non aveva altro da fare?

Ultimo Aggiornamento: 01/02/2018 08:03
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12/07/2010 08:35
 
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P.S. NON fermatevi al titolo ed alle prime righe, leggete fino in fondo....

IO ACCUSO IL “PICCOLO MONDO” TRADIZIONALISTA  (da Facebook)

di Antonio Margheriti

Quando anni fa mi stavo avvicinando al tradizionalismo cattolico, ebbi modo di scambiarci sopra quattro parole con un vescovo, né modernista né reazionario, consevatore moderato magari. E mi disse una frase che mi turbò non poco, che m'ha sempre accompagnato: <<Tu ti metti in mezzo a quelli lì? Fallo, ti accorgerai da solo della qualità umana di quella gente, di che umanità misera e senza misericordia è>>.
La mia frequentazione attiva dell'ambiente "tradizionalista" non è più tarda di due anni, e l'ultimo anno è stato il più intenso. Devo ammetterlo: sono state maggiori le delusioni, le disillusioni che non le soddisfazioni. Questo per gli uomini. Che se devo pensare alle loro idee, spesso contraddittorie fra l'altro, non mi resta che chiudere baracca e bagagli e chiedere asilo religioso ai peggio progressisti sedicenti cattolici.
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IL MIO BUON PARROCO “MODERNO”

Ho riflettutto molto 'sti giorni. Ho ripensato a molte cose che mi son state dette dai “tradizionalisti” in questi mesi. E sono stato scosso da una vertigine che non finiva. Ho pensato con rimpianto, con commozione al mio giovane (allora) parroco, alla sua prima esperienza pastorale, che ho servito come cerimoniere per 8 anni, fino all'adolescenza: eccessivo talora, tendente allo sproloquio omiletico roboante quand'era preda del fervorino, un po' creativo, di cattivo gusto spesso; ma poi a tante piccole cose della tradizione ci teneva; un po' improvvisato, arruffone, istrionico, ma dal cuore buono.
Il suo fervore veniva per intero fuori quando celebrava di nascosto, nella sua camera, ignaro che da una finestra io lo spiavo: una passione travolgente davanti al suo Dio “moderno”, qualcosa di mistico e carnale, e forse pure un po' si autosuggestionava. Sì, un po' era facile a credere ai miracoli, alle prurigini del popolino fedele, alle madonne piangenti, ai raccontini gotici di apparizioni di anime infernali e purganti che lasciavano impronte di mani infuocate sui muri.
Ma era un vero prete.
Inconsapevolmente talora avrà reso nullo l'ufficio della messa, con certe sue improvvisate trovate fraseologiche all'elevazione dell'ostia, di effetto, secondo lui. Quando una volta glielo feci notare, mi cacciò: <<Il maestrino lo farai quando esci dal seminario... che poi con quell'aria già cardinalizia che hai, può darsi pure che ti ci fanno cardinale, per fare meglio il maestrino. Ma al momento comando io. Fuori! E non farti manco più rivedere!>>.
Andai via convinto che in fondo era un buon vero prete dal grande cuore. Qualche giorno dopo trovò il modo di farsi perdonare mandandomi a chiamare, chiedendo di me a mia madre, facendomi avere dei libri a cui tenevo. Era un cuore che accumulava maldicenze, insubordinazione, invasioni di campo di laici spadroneggianti nella parrocchia, cattiverie. Un po' se le cercava; un po' se le teneva e ci soffriva; un po' si ribellava e sbraitava come uno scaricatore di porto.
 Ma nelle cose si buttava, a capofitto, troppo, senza badare a spese: quando nel paese anni '80 arrivò la tossicodipendenza, lui era là, a creare la prima comunità di recupero della Puglia. Sarà la sua gioia e la sua disgrazia. Era un prete moderno. Ma un prete vero. Anche anticomunista, mica no. Era legato a ogni vincolo della chiesa, voleva bene al papa come fosse un Dio, e per anni ha portato avanti il tormentone, durante le omelie, che sarebbe riuscito a portarci il papa polacco nel paese (di 9mila abitanti) a incoronare la statua della nostra madonna, la “Regina Pacis” (si era inventato lui questa madonna, il rito apposito che si faceva al sabato, sospetto anche certi discutibilissimi miracoli per invogliare i pellegrinaggi, e un giorno prese e la nominò patrona del paese... scatenando l'ira del vescovo e del parroco della chiesa madre): quando “arriverà la conferma del Vaticano” avrebbe fatto suonare a festa le campane per un'ora. Non suonarono mai.
Quando io glielo avevo profetizzato con aria di sufficienza, mi aveva cacciato ancora: <<Fuori! miscredente e anticlericale che non sei altro. E non farti mai più rivedere!>> Poi mi mandò a chiamare, trovando il modo di scusarsi senza scusarsi. Era il suo un sacerdozio vivo, moderno ma fedele a Cristo e alla chiesa, a volte sembrava uscito sì da un circo, ma tante altre da un seminario bigotto di papa Gregorio XVI. Era umanità e sacerdozio, ingenuità e fortezza, praticoneria e zelo. Ci confermò nella fede tutti. Un po' mi manca, manca a me, cattolico tradizionalista: a nostro modo eravamo una famiglia.
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E SE I VESCOVI NON è IL PAPA CHE VOGLIONO COLPIRE?

Oggi mi ritrovo contornato di tradizionalisti, venuti fuori come le lumache dopo l'acquazzone, e che già avevano fatto capolino con le corna, appena eletto Ratzinger.
Col Motu Proprio, vennero definitivamente allo scoperto. Apriti cielo! Porte di episcopi che si sbarravano al loro passaggio, portoni di chiese che si aprivano a tutti anche alle prostitute e agli infedeli ma che per i soli tradizionalisti restavano chiuse col saliscendi, opposizioni astiose di vescovi e preti, oltre i soliti modernisti, polemiche a non finire.
Perchè? E' davvero tutta merda quel che feta? E' opposizione diretta e frontale dei consacrati, come mai s'era vista dai tempi di Paolo VI, verso il papa? E' veramente con Benedetto che ce l'hanno? Attaccano il Motu per colpire indirettamente lui? Forse in alcuni casi sì. E se per i restanti casi, la maggioranza, fosse proprio voglia di colpire i tradizionalisti? E allora, in tal caso, perchè? Per una certa retorica declamatoria e distorta filo-conciliarista, che vorrebbe la chiesa come vecchia di soli 40 anni?, e ciò che era prima è solo inquisizione e superstizione? Talora sì. Ma non sempre.
Infatti penso che il più delle volte è proprio il rifiuto della chiesa “quotidiana” non tanto della tradizione in sé (della quale bene o male si sentono partecipi), ma proprio dei tradizionalisti. E' quasi il fattore umano che respingono. Cosa non gli va a genio al prete o al vescovo ordinario del tradizionalista classico? Il discorso è vasto, le ipotesi molteplici. Enumeriamone sommariamente alcune, solo alcune perchè una nota facebook non è un libro.
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IL FATTORE LEFEBVRE. O DELLA “MALEDUCAZIONE”

Lefebvre. C'è un fattore Lefebvre: per anni è stato visto e presentato come un fenomeno di esaltazione, uno sbandato, un randagio in preda a fumisterie sorpassate già prima del concilio stesso. Ma soprattutto continua a sopravvivere nella coscienza clericale collettiva come lo “scomunicato”. Quasi un eresiarca (quando persino si è smarrito lo stesso concetto esatto di eresia - E DIO NON VOGLIA, DI DOTTRINA- nelle loro coscienze, e perciò il sospetto di tale colpa può colpire a caso ed essere più vischioso), un tetro fenomeno di disobbedienza al papa tanto più grave quanto più fu serio, regolare, consumatosi cioè “dentro” la chiesa, soprattutto vissuto in diretta -ed è il primo caso- sui massmedia. L'impatto a suo tempo e negli anni successivi sarà enorme e costante. Fino a far risalire sommariamente qualsiasi fenomeno generico di “tradizionalismo”, ovunque manifestatosi, a lui e alla sua comunità: l'accusa di “lefebvrismo” sarà assai frequente nel catalogare qualsiasi forma di rimostranza contro gli abusi (ma anche no) liturgici perpetrati da consacrati e laici negli ultimi anni.

A questo aggiungici che morto l'ultimo leone della chiesa pacelliana, il cardinale Siri, a molti cattolici tradizionali non restò che, come unico punto di riferimento, proprio mons. Lefebvre che si perpetuava nell sua Fraternità, ultima fiaccola accesa della “contestazione” conciliare, della tradizione “intramontabile” che inesorabilmente tramontava. I tradizionalisti si aggrapparono col cuore macellato alla sua memoria. Fu una scelta, la loro, disperata più che meditata. Non v'erano alternative: ma i più non abbandonarono Roma, né fecero ingresso nella comunità econiana: si tennero a distanza critica da Roma e a distanza di sicurezza da Lefebvre. Fu a un certo punto più questione di sentimenti e di emotività che non di politica ecclesiale. Quindi, da questo momento in poi saranno per i giornali e gli altri cattolici, facendo di tutt'erbe un fascio, dei “lefebvriani”, cioè “ribelli scismatici”.
Era un giudizio liquidatorio frettoloso e dovuto all'inerzia mentale, alla malafede e all'ignoranza. Ma era anche un marchio che metteva all'angolo: nelle sacrestie e nelle chiese, in qualsiasi gruppo; e in più i tradizionalisti non avevano veri movimenti , associazioni, gruppi ecclesiali che li rappresentassero e un po' li accreditassero nella chiesa ufficiale.
Quando Lefebvre invecchiò e si ammalò, perse un po' la lucidità e, ahimè, vittima di giornalisti profittatori, si lasciò andare a dichiarazioni assai infelici e improvvide, che non poco compromisero la causa legittima che portava avanti.
Queste sue valutazioni poco diplomatiche sulla chiesa, ebbero due effetti. Si stagliarono come un'ombra sinistra su tutto l'arcipelago tradizionalista a inficiarlo di disonore e, secondo, fece prendere col cattivo esempio una brutta piega alla sua stessa Fraternità Sacerdotale s.Pio X. Ne rafforzò la certa idea di se stessa che già di suo aveva, quel vanitoso senso di alterezza che punto e momento rimarcavano sdegnosamente per distinguersi “da Roma”; montò sino al ridicolo la loro superbia arcigna; fece srotolare da Econe fino a San Pietro lingue biforcute e irrispettose nonché velenose come un frullato di cobra. Divaricando il fosso che li separava dal papa. Davano l'idea che affatto volessero trovare un compromesso per tornare in pace con Roma, ma che anzi -era questo il messaggio che filtrava- lì dove stavano, a Econe, erano felici e contenti a pavoneggiarsi nel loro prezzolato sacerdozio all'antica. Che se ne venisse Roma a Econe, semmai.

Inutile dire che due altre erano le conseguenze di questo atteggiamento.
Il primo, era la sensazione serpeggiante, che non smentivano, di considerare quasi quasi illegittima la Cattedra, e che la messa montiniana forse era pure questa invalida, se non proprio eretica. Manco a dire che la seconda conseguenza fu un richiamo della foresta per sedevantisti, bastian contrari d'ogni risma, snob e aristocraticume fuori dal mondo e critici su tutto e assai poco cristiani; nonché matti e isolati per scelta propria e per scelta altrui (necessaria), insomma una umanità varia, miserevole, unita solo dalla stravaganza più che dall'amore per il culto divino e il divino stesso.
Fu un disgrazia che si abbattè sulla Fraternità e sui cattolici tradizionali etichettati da allora come “lefebvriani”.
Additati al pubblico disprezzo quali scorbutici fenomeni da baraccone, divennero più chiusi, spigolosi, marcarono ancora più le loro differenze e involontariamente le stravaganze, per difendersi mantenendo viva l'autostima.
che divenne orgoglio. Poi superbia. Infine arroganza. E ancora sfacciataggine. Dulcis in fundo, attaccabrighe incendiari. Il popolo tradizionalista, avendo questa unica fiaccola della tradizione in mano, si illuminò solo con questa, cominciò a comportarsi così pure esso. Anzi, si accanì nello studio meticoloso e lezioso di ogni particolare della vecchia liturgia, cerimoniale, dottrina: spesso in modo pretestuoso, spesso per avere cavilli con cui montare casini e occasioni di dichiare “invalido” questo e quest'altro a destra e manca, riguardo la forma di culto attuale.

Politica, a questo punto, zero, senso pratico zero: scrupolosi e, bisogna dirlo, rompicoglioni, tanto!
Questa è la seconda conseguenza. Lefebvre era un santo prete, era un uomo buonissimo. Ma non ci capiva nulla di politica né laica né ecclesiastica. Chiaro che non potè per questo esserne maestro per i suoi seguaci, sempre più decontestualizzati e alienati dal resto del mondo cattolico, che continuarono a crescere da impolitici.
Qui non si intende per politica solo quella istituzionale, quella propria dei politici laici. Parlo di politica come prassi, intuito, arte di persuasione, del possibile, psicologia, conoscenza dell'animo umano, abilità manovriera, fare il gioco sporco restando puliti, cognizione del minus et major malus, senso del provvido e dell'improvvido, dell'utile e dell'inutile, dell'urgete e del procrastinabile, capacità di capire il momento giusto per fare o dire o disfare e disdire le cose, come far scoppiare una bomba facendo finta d'aver fatto scoppiare l'amore, quando nascondersi e quando dominare il proscenio. Questo, tutto questo che rientra nel gioco complesso delle relazioni e dei rapporti di forza sociali, che è la politica, tutto questo è venuto a mancare ai lefebvriani, rimanendo degli impolitici. E perciò l'ultima fiaccola della tradizione impugnata da Lefebvre veniva ad ardere dentro una stalla piena di paglia: col rischio di spegnersi in un grande falò che avrebbe incenerito tutti, uomini e buoi.

Il caso Williamson ne è stato la prova: totalmente impolitico, privo di senso del reale e dell'utile, perciò mancante del senso della storia, incapace di valutare i risvolti politici delle sue parole, improvvido nello scegliere i momenti, non è stato nemmeno capace di immaginare che plateale, conclamata trappola al tritolo si stava preparando strumentalizzando la sua ingenuità politica, e ci ha messo del suo fino alla fine. Le schegge derivatene dall'esplosione a orologeria, hanno lambito persino la Sacra Persona del Pontefice, e sputtanato ingiustamente tutti i tradizionalisti. La politica è il più delle volte reprimere se stessi, non avere l'onestà di manifestarsi, perchè la verità che coviamo dentro è sempre oscenità e debolezza, e la tua debolezza è la forza dei tuoi nemici.
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IL PIVIALE DI WOJTYLA PER IL GIUBILEO: UNA DICHIARAZIONE DI GUERRA!

Poi arrivarono gli ultimi anni di Wojtyla, e con questi i fuochi d'artificio, sino al colpo scuro del Giubileo: si era in pieno circo mediatico e Piero Marini ci mise il carico da 90. Prendi (ne cito solo uno di esempio) il piviale dell'apertura della Porta Santa, con fantasie ricchione di stilista della categoria: sembra una cazzata, invece per chi conosce come me i tradizionalisti, era una vera dichiarazione di guerra da parte di Roma. Uno spartiacque. A cui i tradizionalisti risposero apertis verbis. E la cosa andò di male in peggio, degenerò (più da parte romana), a questo punto non più condotta dalla Fraternità, ma proprio dai laici tradizionalisti che lì s'erano in quegli ultimi anni abbeverati per non morir di sete. Guerra di logoramento, con tanto di nomi e cognomi e relativi epiteti lanciati in trincea come bombe a mano. Guerra totale su tutto e su ogni particolare: che non risparmiava cerimonieri, papi, cardinali, vescovi, preti, movimenti e congregazioni. Si cominciò ad additare, e alla maniera, quando non rude, spocchiosa e irritante che i tradizionalisti avevano imparato negli ultimi tempi dai lefebvriani...

Capirete che vescovi e preti, laici impegnati secondo i canoni alquanto distorti degli ultimi tempi, non avevano alcuna intenzione di ritrovarseli fra i piedi i tradizionalisti indispettiti a, di sicuro e come minimo, inciamparci: nelle proprie magagne scoperchiate; nel quieto vivere lassista e moralista compassionevole (complice) contestato, accusati delle loro piccole viltà quotidiane... Che non mettessero i tradizionalisti con la loro mancanza di tatto zizzania tra associazioni laicali e gruppi di fedeli contro altri, scatenando guerriglie tribali; che non scomodassero i preti diocesani da un ordinario torpore che se non altro li manteneva ciascuno al suo posto; infine perchè non venisse meno il clima di “normalità” che comunque, come ammetteva lo stesso Ratzinger a suo tempo, deve essere la condizione consueta della chiesa.
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IL FATTORE “CATACOMBE”. O DEL PERCHè I TRADIZIONALISTI SONO “STRONZI”

Per spiegare certe asprezze del carattere del tradizionalista classico, v'è un altro fattore. Il fattore catacombe. Un fattore che ne implica naturaliter una caterva di altri, più o meno sgradevoli, più o meno stravaganti, sterili quando non dannosi.
Negli ultimi 40 anni, chiuso il concilio della discordia (ma escluso Trento -che però nasceva già dallo scisma-, quasi ogni concilio ha portato con sé divisione, scismi, antipapi), per scelta o per forza molti tradizionalisti, scandalizzati o storditi dalla piega sinistra che stavano prendendo gli eventi dentro la chiesa, molto al di là dei propositi dei Padri, imboccarono la strada del loro Aventino, che più tardi, precipitando le cose, fu una discesa nelle catacombe, come i primi cristiani sotto le persecuzioni romane.

A questo “tristo esiglio” ci si avviò con spirito ciascuno diverso: aristocratico sdegno; voglia di non compromettersi con l'”apostasia”; sentimenti millenaristici di attesa della fine dei tempi che non poteva che “essere ormai” alle porte; con la speranza di riuscirne al ritorno di tempi migliori passata la tempesta; per paura di essere travolti nel crollo “immancabile” dell'edificio cristiano, discesero nelle catacombe cercando di salvare il salvabile della chiesa dell'ortodossia e cioè se stessi; in attesa della fine del pontificato montiniano con l'ascesa al soglio di Siri; altri proprio per fare un dispetto a Montini; per tal'altri fu l'occasione di dare, al riparo di occhi indiscreti, sfogo alle passioni più eccentriche; ancora molti altri (come Lefebvre) per tenere viva l'unica fiammella rimasta accesa della Tradizione “Intramontabile” affinchè non se ne spegnesse per sempre l'ultimo ricordo, nella certezza che proprio da quella ultima fiammella fioca e tremolante in tempi non lontani, nella generazione successiva in pratica, il fuoco sacro della tradizione cattolica sarebbe divampato nel cuore dei più giovani, quelli nati dopo il concilio... e in questo almeno fu profeta!

Ora questo periglioso esilio dei tradizionalisti, questa loro volontaria, e non, scissione dalla storia squallida e miserabile degli anni 60-80, questa loro giacenza indignata entro le moderne “catacombe”(fossero anche il muto dissenso partecipando con scetticismo alla messa moderna), ne ha indubbiamente segnato il carattere. Talvolta l'ha rovinato. E per forza!... in quelle condizioni, additati da tutti come cani arrabbiati prima e randagi poi, senza amici, e vedendosi condannati dal Vaticano: i soli!... mentre impunemente porci e puttane gli passavano innanzi nel regno dei cieli in terra, la chiesa. Fu una durezza ingiustificabile quella nei loro confronti, ma tipica di un certo pur mite Paolo VI, che all'occorrenza, su certi temi, sapeva essere parziale e partigiano come pochi.

La situazione divenne esasperante. Si spiegano così anche le spigolosità del carattere del tradizionalista uscito dalle cavernosità catacombali, l'iracondia, la sprezzanteria, l'aggressività, la saccenteria, la spocchia, l'arroganza e via via tutte le sfaccettature di un carattere astioso e rancoroso, comunque complesso, che si manifesta soprattutto attraverso una lingua lunga quanto l'autostrada del Sole e velenosa come un crotalo dei deserti. La loro subitanea facilità nello scattare, al primo sentor di “abuso” e di “condiscendenza” verso l'abusatore liturgico, contro vescovi e se occorre pure il papa ormai è... cronaca! Riconoscere o distribuire patenti di “legittimità” od “odor d'eresia” o meno a chiunque rasenti -a loro dire- l'avvenierismo dottrinale e liturgico, è uno sport tradizionalista diffuso, lo sappiamo, e spesso pure praticato con insostenibile leggerezza.

Un capolavoro post-moderno di stronzaggine, insomma. E' chiaro che è gente che in parte ha perso la fiducia nella gerarchia, non del tutto nei fedeli; e sia chiaro. spesso a ragione l'hanno perduta... il resto fu moltiplicazione di pani e pesci. Anarchia, indomabilità, pigrizia, lagnosità, insubordinazione, pure queste solo peculiarità caratteriali sviluppate nell'oziosità della catacomba.
Ma non dimentichiamo neppure mai che il tradizionalista, è un cattolico che ha sofferto più di altri. Perchè il suo amore per la chiesa, alla fine dei conti, è un amore più grande. E passionale, possessivo, geloso, protettivo. Mentre tutti gli altri nei precedenti 30 anni facevano gioco festa nella chiesa, mentre si davano all'ammucchiata, i tradizionalisti stavano soli e avevano il cuore spezzato e lo stato d'animo d'una vecchia lumaca a cui hanno rotto il guscio, che poi è la sola casa che ha, e si porta sulle spalle.


ZOO TRADIZIONALISTA ODIERNO. NON Più “TRADIZIONE” MA “TRADIZIONI” (ANCHE SU FB)

Come si sa, il lungo isolamento è nemico dell'equilibrio mentale e amico d'ogni sorta di stravaganza. Nel nascondimento, avendo poco da perderci ormai, è facile indulgere ad azioni eccentriche, aderire a passioni insane e impietose, sostenere cause disperate e perdute. Molti tradizionalisti sono caduti in questi circoli viziosi e ancora non ne escono, né vogliono: ne dipendono.
Dentro le “catacombe”, in quelle condizioni penose, era difficile davvero sino alla fine reggere l'idea portentosa d'essere gli unici depositari dell Tradizione cattolica. E si era oggettivamente in pochi per farlo. Allora si è cominciato a cedere alla tentazione di allargare le “competenze”, o comunque le maglie del tradizionalismo per farvi fare ingresso a soggetti che, portatori di un proprio peculiare tradizionalismo manco tanto cattolico, di “tradizioni” autoctone e le più improbabili, riconoscevano comunque nella Tradizione cattolica, la madre e la chioccia di ogni sorta di tradizione minore o derivata; la regina delle battaglie per il recupero non più solo di una certa tradizione liturgica, ma proprio la restaurazioni di corpi, istituzioni e società appartenute ad una storia passata che “tardava a tornare” (e che, chiaramente, non sarebbe più tornata).

Non dubitiamo che, nell'inerzia delle “catacombe”, queste new entry, rispondessero pure a un bisogno di cambiare un po' l'aria stantia, soprattutto d'avere un minimo di compagnia per passare il tempo. Non fosse che questi signori non sempre conoscevano a fondo il cattolicesimo, anzi talora portavano con sé risentimenti persino precedenti lo stesso concilio e magari erano pure leggermente sedevacantisti di professione, se non proprio, in origine, piuttosto anticlericali, quando non anticattolici addirittura. Molti di questi compagni di sventura a qualsiasi epoca, dipendevano, circa le Verità cattoliche, da fonti autonome che prescindevano dal magistero della chiesa. Ve la faccio breve.

Insomma, d'improvviso, il piccolo mondo antico del tradizionalismo, nato dalla contestazione dentro il concilio (ma soprattuto dopo il concilio, dinanzia a gigantesche deviazioni), se non proprio cambia faccia, ne assume almeno una multiforme. Questa sua metamorfosi, a mio modo di vedere, inizia in una data precisa. A metà anni '70 quando l'arcigna principessa Elvina Pallavicini aprì le porte della sua magione a mons. Lefebvre, proprio mentre la curia le serrava contro di lui. Fu un raro caso di ammutinamento di un casato (l'ultimo veramente attivo) dell'aristocrazia nera romana contro lo stesso sovrano pontefice. In questo momento si ufficializzò questa trasformazione del tradizionalismo post-conciliare da fenomeno puramente ecclesiale a fenomeno spurio, ideologico, sociale e di costume (intendendo talora proprio quelli di carnavale). Insomma se ne fece un zoo di specie umane curiose, rare e molte in via d'estinzione. Difficilmente simpatiche, quasi mai popolari.

Si stava passando dalla “TRADIZIONE” alle “TRADIZIONI”. Fenomeno oggi visibile in modo privilegiato su molti profili di utenti “tradizionalisti” (in senso lato) di facebook...
MA QUESTA è Già UN'ALTRA STORIA...
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IL VICARIO DI CRISTO. IL GRANDE CUORE DEL PADRE COMUNE
COSA LI HA SPINTI NELLE CATACOMBE
COSA LI HA SPINTI NELLE CATACOMBE
COSA LI HA SPINTI NELLE CATACOMBE
COSA LI HA SPINTI NELLE CATACOMBE
1988. PER NON SPEGNERE L'ULTIMA FIACCOLA. PER NON MORIRE. L'arcivescovo Lefebvre consacra 4 vescovi.
IL SUCCESSORE PRUDENTE. VERSO ROMA. ROMA HA COMINCIATO A CAPIRE.
L'IMPOLITICO. L'IMPOLITICITà è UNA CARATTERISTICA DI CERTI CATTOLICI ZELANTI. WILLIAMSON
FENOMENI SPURI, ASSAI CONSUETI OGGI, ANCHE SU FB. DOVE LA TRADIZIONE VIENE INTERSECATA CON LE "TRADIZIONI". UN FENOMENO PERICOLOSO, CHE PUò ALLONTANARE I SEMPLICI FEDELI DAL RITORNO ALLA TRADIZIONE
UN SACERDOTE DEI NOSTRI GIORNI. CELEBRA LA MESSA RIFORMATA, MA è ATTENTISSIMO AL PATRIMONIO TRADIZIONALE E ALLA SOLENNITà DEL RITO CURATO ANCHE NEI PARTICOLARI. IL PEGGIO è COMUNQUE PASSATO...
1987. IL MIO PARROCO "MODERNO A MODO SUO" DON FRANCO, FRESCO DI CONSACRAZIONE, MI Dà LA PRIMA COMUNIONE. DI LUI PARLO IN QUESTA NOTA. FUI SUO CHIERICHETTO E CERIMONIERE A LUNGO IN ERCHIE.
OGGI.
EPPUR RINASCE.
QUESTA TRADIZIONE I CUI ANTICORPI ABBIAMO NEL SANGUE...
ORMAI I RITI ANTICHI SI STANNO MOLTIPLICANDO... CELEBRATI IN MIGLIAIA DI CITTà DELL'ORBE CATTOLICA
RINGRAZIAMO!

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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