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Card. Bagnasco: la migliore tradizione del nostro cattolicesimo è stare col Papa

Ultimo Aggiornamento: 22/03/2010 20:01
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Il Cardinal Rodé sollecita una “chiara identità cattolica” nella vita consacrata

Oct 05, 2006
Intervista al Prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata

CITTÀ DEL VATICANO, martedì, 26 settembre 2006 (ZENIT.org).- Identità chiara, vita modesta e collaborazione con i laici. Sono alcuni dei suggerimenti dati dal Cardinale Franc Rodé, Prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e Società di Vita Apostolica.

“Presentarsi sempre con una chiara identità cattolica non vuol dire che noi ci fermiamo in noi stessi, ma al contrario identità cattolica suppone apertura verso gli altri”, afferma il porporato sloveno in questa intervista rilasciata a ZENIT.

Come si può vivere in una società sempre in continua evoluzione e sempre più consumistica la chiamata di Dio?

Cardinal Rodé: Io penso che questa nostra società, in continua evoluzione e poi segnata da una febbre consumistica, esiga soprattutto un’ascesi nei desideri e nelle esigenze da parte dei religiosi. Ci vuole in questo mondo di abbondanza, di consumismo, una vita sobria, una vita modesta, una vita senza grandi esigenze per se stessi.

Mentre, dall’altra parte ci vogliono degli spazi di silenzio e di raccoglimento. E soprattutto una disciplina nella vita della preghiera per conservare questo contatto intimo con il Signore che ci mette davanti alle esigenze del Vangelo.

Per riassumere dunque, una vita sobria, una vita modesta e uno spazio di silenzio, di raccoglimento e una vita intensa di preghiera. Solo questo può conservare il religioso nella sua vocazione.

Che tipo di collaborazione si dovrebbe instaurare tra laicato e religiose per una maggiore consapevolezza e partecipazione alla vita della Chiesa?

Cardinal Rodé: Io penso che le religiose in tante parti del mondo sia negli ospedali, sia negli ambulatori, sia nelle scuole, sia nelle case di riposo per anziani o per disabili hanno in genere dei posti di responsabilità. E sotto la loro responsabilità si trova spesso un personale laico abbastanza numeroso. Sono in genere le religiose che in queste istituzioni della Chiesa hanno la responsabilità per il loro andamento.

Allora, direi che la collaborazione tra laicato e religiose dovrebbe seguire le regole generali che sono previste o disposte nella vita della Chiesa: rispetto della vocazione di ciascuno, poi un desiderio sincero e mutuo di comprensione e di collaborazione armoniosa. Non vedo nessuna difficoltà ad una buona e vera collaborazione tra religiose e laici.

Come presentarsi per essere testimoni credibili di Cristo e speranza di un mondo ancora non pacificato?

Cardinal Rodé: Io credo che la cosa più importante per essere testimoni credibili di Cristo è di presentarsi con una chiara identità cattolica. Questa identità cattolica, questa identità di persone consacrate deve manifestarsi all’infuori anche con segni visibili, come ha ricordato anche il Santo Padre nell’incontro del 22 maggio con i Superiori e le Superiore Generali. Un segno visibile, per esempio, è l’abito religioso. Oppure con un altro segno che indichi che la persona è consacrata al Signore.

Poi il fatto di presentarsi sempre con una chiara identità cattolica non vuol dire che noi ci fermiamo in noi stessi, ma al contrario l’identità cattolica suppone apertura verso gli altri, volontà di dialogo sincero e nella verità, suppone ascolto rispettoso dell’altro.

Qual è il suo pensiero sulla relazione tra Cristo e i consacrati?

Cardinal Rodé: La relazione tra Cristo e i consacrati deve essere una relazione di profonda e di intensa intimità, una relazione di vera amicizia, un dialogo permanente, un dialogo ininterrotto con il Signore nella preghiera. E anche nell’offrire tutti i compiti, il lavoro quotidiano, le gioie e le prove che vengono dalla vita; nel viverle in relazione con il Signore come un’occasione per manifestare al Signore il nostro amore.

Il testo conciliare Perfectae Caritatis ha ribadito che “il rinnovamento dipende dalla formazione”. Se, dunque, il futuro della vita consacrata è legato alla formazione, dove bisogna focalizzare l’attenzione perché il processo formativo sia vitale e fecondo?

Cardinal Rodé: Io penso soprattutto che bisogna tener conto dei diversi contesti culturali in cui vivono e operano i religiosi e le religiose. Debbono essere preparati e formati per lavorare e vivere in un contesto concreto. E qui noi siamo in contesti molto diversi. C’è il contesto sud-americano, quello africano, asiatico ed europeo occidentale e poi quello nord-americano. Ogni contesto penso che esiga una formazione diversa adatta all’ambiente in cui uno è destinato a vivere e a lavorare.

Per esempio in Europa Occidentale e in America del Nord io penso che per essere veramente testimoni di Cristo si dovrà puntare sul voler essere un testimone del primato assoluto di Dio di fronte a questo mondo del relativismo e del secolarismo. Il primato del Signore, di Dio come Colui che è l’unico che può rispondere a tutte le attese del cuore umano. Qui si tratta soprattutto di essere testimoni del Dio vivo. In altri contesti ci saranno altre vocazioni a cui dovranno essere preparati i religiosi e le religiose.

La presenza sempre più multietnica e multiculturale nelle congregazioni femminili è certamente da leggere come una risorsa. Come vivere e testimoniare il dialogo multiculturale e multireligioso?

Cardinal Rodé: Io credo che non ci sia nessun problema. Nelle comunità religiose ci sono delle suore che possono essere di tale o talaltra provenienza, di tale o talaltra cultura. Una suora che viene dall’Asia, un’altra dall’Africa, un’altra consorella che sarà dell’America Latina e un’altra dell’Europa, ma non c’è problema. Ciascuna ha la sua cultura d’origine, ha la sua mentalità, ha la sua sensibilità. Questa grande diversità e provenienza culturale e di sensibilità può essere una ricchezza per le comunità.

Ma un fatto proprio indiscutibile è che tutte queste religiose vivono l’amore per Gesù nella Chiesa e la fede. L’amore per Cristo e la consacrazione al Signore e l’ideale di vita che hanno scelto fa una grande unità fondamentale tra di loro. Cosicché le religiose possono essere molto diverse e libere nel rispetto della diversità con un’unità di fondo che è la fede, l’amore verso la Chiesa, il lavoro, l’apostolato e la missione nella Chiesa e anche la vita consacrata nel segno dell’amore verso Gesù Cristo. È questo che fa l’unità di una comunità, che può essere dal punto di vista culturale o etnico anche molto eterogenea.

Quale è la sua visione sulle nove forme di vita consacrata?

Cardinal Rodé: Ci sono infatti delle nuove forme di vita consacrata. Per il momento sei sono state approvate dalla Santa Sede. Certamente altre ne seguiranno. La novità di queste nuove forme di vita consacrata è che coinvolgono anche le famiglie. Questa certamente è una grande novità nella vita della Chiesa, nella vita religiosa. E certamente vi è un criterio di discernimento che la Chiesa pratica quando si presenta al suo interno una nuova proposta di vita religiosa.

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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