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Mons. N. Bux: La riforma Liturgica e il Concilio Vaticano II

Ultimo Aggiornamento: 09/04/2016 16:38
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09/05/2009 08:14
 
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Bellissima iniziativa del Prefetto del Culto Divino nel firmare la prefazione al libro di mons. Bux sulla Riforma di Benedetto XVI...

riporto da messainlatino  Sorriso

Card. Cañizares: il motu proprio non serve soltanto a soddisfare i tradizionalisti, ma a far conoscere a tutti un tesoro
 


Riportiamo di seguito alcuni brani, tra i più significativi, della esplicita e incisiva prefazione del Cardinal Cañizares all'edizione spagnola del bel libro LA RIFORMA LITURGICA del Rev.do don Nicola Bux, presentato a Toledo lo scorso giovedì 30 aprile 2009. Sicuramente alcune affermazioni del porporato sono forti ed impegnative e se da un lato suoneranno come severe "tirate d'orecchio" ai più, per molti serviranno quali attesi incoraggiamenti e sostegni. Non sfuggirà a nessuno come questo autorevole intervento faccia giustizia della ricorrente tesi (ripetuta in assoluta mala fede, tra l'altro, perché nessun 'addetto ai lavori' ignora il pensiero liturgico di Ratzinger) per cui il motu proprio sarebbe una graziosa concessione riservata a lefebvriani e simili, che non avrebbe nulla a vedere coi fedeli ordinari: giacché il timore maggiore in certi ambienti è proprio 'l'apostolato tridentino'.
Chi volesse gustare il teso per intero, nella versione originale, può andare al lodevole sito spagnolo Secretum meum mihi (sottol. nostre)


http://blog.messainlatino.it/2009/05/prefazione-del-cardinal-canizares.html


"Solo pochi mesi sono trascorsi dalla pubblicazione di questo libro per giungere a questa edizione in spagnolo. Ad ogni modo il significato di alcuni eventi, che sono accaduti durante questo tempo, ha grandemente cambiato il clima attorno al tema della liturgia, specialmente dovuto all’atmosfera di controversia che si era creata a seguito della revoca della scomunica dei 4 vescovi consacrati 20 anni fa da Mons. Lefebvre.

Quel gesto di graziosa misericordia del Santo Padre, al fine di aiutare la loro piena integrazione all’interno della Chiesa, che dimostra, nei fatti, che la Chiesa non rinuncia alla propria tradizione, ha portato che la Messa Tradizionale fosse collegata a problemi disciplinari e, peggio ancora, a problemi politici.

Conseguentemente, c’è il rischio di una distorsione del più profondo significato del Motu Proprio del 7 luglio 2007, un gesto di straordinario senso di comunione ecclesiale, col quale è stata riconosciuta la totale validità di un rito che ha nutrito la Chiesa per secoli.

Indubbiamente, un approfondimento ed un rinnovamento della liturgia era necessario. Ma spesso, questo non è stata un’operazione perfettamente riuscita.

La prima parte della Costituzione “Sacrosantum Concilium” non è entrata nel cuore dei Cristiani. Ci fu un cambio nelle forme, una riforma, ma non un genuino rinnovamento, come fu chiamato dai Padri Conciliari. Qualche cambiamento fu fatto semplicemente per il desiderio di cambiare rispetto ad un passato percepito come totalmente negativo ed obsoleto, concependo la riforma come una rottura, e non come un organico sviluppo della tradizione. Questo creò delle reazioni e delle resistenze sin da subito, con casi di cristallizzazione delle posizioni e delle attitudini che sfociarono a soluzioni estreme, ed anche a fatti concreti che furono puniti secondo le norme canoniche.

E’ urgente, ad ogni modo, distinguere i problemi disciplinari nati dalle attitudini disobbedienti di un gruppo dai problemi dottrinali e liturgici.

Se noi crediamo veramente che l’Eucarestia è realmente “la fonte e il culmine della vita cristiana” – come il Vaticano II ci ricorda –non possiamo ammettere che essa sia celebrata in un modo indegno.

Per molti, accettare la riforma conciliare ha significato celebrare la messa in un modo dissacrante. Quanti preti sono stati chiamati “retrogradi” o “anticonciliari” per il semplice fatto di celebrare in modo solenne o pio, oppure semplicemente con il pieno rispetto delle rubriche!

E’ un imperativo uscire da questa dialettica. La riforma è stata completata ed è stata vissuta principalmente come un assoluto cambiamento, come se si dovesse creare un abisso tra il “prima” e il “dopo” il Concilio, in un contesto in cui il termine “preconciliare” fosse inteso come un insulto.

Anche questo fenomeno è richiamato alla mente dal Papa nella sua recente lettera ai Vescovi del 10 Marzo 2009: “Qualche volta si ha l’impressione che la nostra società necessiti di un gruppo verso il quale non essere tolleranti, e verso il quale ciascuno possa tranquillamente indirizzare il proprio odio”.

Per anni questo fu il caso in buona misura del gruppo dei preti e dei fedeli legati alla forma della Messa ereditata e consegnataci dai gruppo trattato spesso “come lebbrosi”, per usare parole dell’allora Cardinal Ratzinger bruscamente.

Oggi, grazie al Motu Proprio, questa situazione sta sensibilmente cambiando. E ciò sta accadendo in larga parte perché la decisione del Papa è stata presa non solo per soddisfare i seguaci di Mons. Lefebvre, o i fedeli che erano legati, per diverse ragioni, all’eredità liturgica rappresentata dal rito Romano, ma anche, in special modo, per aprire la ricchezza liturgica della Chiesa a tutti i fedeli, rendendo possibile la scoperta dei tesori del patrimonio liturgico della Chiesa a coloro che ancora non li conoscevano.

Quante volte l’atteggiamento di coloro che li disdegnano è dovuta a nient’altro che alla loro ignoranza!

Dunque, considerato da quest’ultimo aspetto, il Motu Proprio ha un senso al di là della presenza o assenza di conflitti: anche se non ci fosse stato un solo “tradizionalista” da soddisfare, questa “scoperta” sarebbe stata motivo sufficiente per giustificare il provvedimento del Papa.

E’ stato anche detto che questa disposizione fosse un “attacco” contro il Concilio, ma questo dimostra un’ignoranza del Concilio stesso, le cui intenzioni di dare a tutti i fedeli l’opportunità di conoscere e apprezzare i molteplici tesori della liturgia della Chiesa fu precisamente l’ardente volontà della grande assemblea: “in fedele obbedienza alla Tradizione, il Sacro Concilio dichiara che la Santa Madre Chiesa conserva tutti i legittimi e riconosciuti riti, tutti di eguali diritto e dignità; che essa auspica la loro preservazione nel futuro e nella loro promozione con ogni sforzo” (S. C., 4).

Inoltre quelle disposizioni non sono una novità: la Chiesa le ha sempre mantenute e quando occasionalmente non è stato così, le conseguenze erano state tragiche.

Non solo i riti dell’Oriente sono stati sempre rispettati e conservati, ma anche nell’Occidente le diocesi come Milano, Lione, Colonia, Praga, e vari ordini religioni hanno sempre conservato i loro riti diversi in maniera pacifica, attraverso i secoli. Ma il più chiaro precedente della situazione attuale è senza dubbio l’Arcidiocesi di Toledo. Il Cardinale Cisneros ha fatto di tutto per preservare come “straordinario” nella sua arcidiocesi il rito Mozarabico che era quasi estinto.

Non solo fece stampare il Messale e il Breviario, ma creò una cappella speciale nella Cattedrale, dove tutt’oggi il rito viene celebrato quotidianamente.

[…] L’attuale compito, come ci dice il libro di Don Nicola Bux, è di dimostrare la coincidenza tra la liturgia dei vari riti che son stati celebrati nel corso dei secoli, e la nuova liturgia, frutto della riforma, o meglio, se questa identità fosse stata attenuata, di riscoprirla.

[…] La nostra generazione si trova di fronte a grande sfide in materia liturgica: aiutare la Chiesa intera al pieno rispetto di quanto indicato nella Costituzione Sacrosanctum Concilium del Vaticano II e nel Catechismo della Chiesa Cattolica (in materia di Liturgia); apprezzare quanto il Santo Padre ha scritto su questi temi, (specialmente nel bellissimo libro “Lo Spirito della Liturgia”) – quando era ancora Cardinale –; arricchire ciascuno di noi grazie al modo con cui il Santo Padre – assistito dall'Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche, che è presieduto da Mons. G. Marini, e di cui è membro l’autore di questo libro, come Consultore – celebra la liturgia. Le Celebrazioni papali siano esempio per tutta la Chiesa Cattolica Universale.

[...]Con la speranza che questo valido libro di don Nicola Bux possa servire a conoscere meglio le intenzioni del Santo Padre e a scoprire la ricchezza dell’eredità ricevuta e, allo stesso tempo, illuminare le nostre azioni, chiediamo al Signore di imparare a interpretare, come disse Paolo VI, i “segni dei tempi”.


+ Antonio Cardinal Cañizares
Prefetto della Sacra Congregazione del Culto
Divino e della Disciplina dei Sacramenti
Arcivescovo Amministratore Apostolico di Toledo
8 aprile 2009


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lettera morta

In questi giorni è ricorso il quarto anniversario della Lettera Circolare
sulla traduzione in volgare dell'espressione “pro multis” contenuta nella formula della Consacrazione del Prezioso Sangue, nel Canone della S. Messa

Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti

Roma, 17 ottobre 2006

Alle loro Eminenze / Eccellenze
I Presidenti delle Conferenze Episcopali Nazionali

Eminenza / Eccellenza,

Nel luglio del 2005 la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, d'accordo con la Congregazione per la Dottrina della Fede, ha scritto a tutti i Presidenti delle Conferenze Episcopali per chiedere il loro parere autorevole sulla traduzione nelle diverse lingue volgari dell'espressione pro multis nella formula della consacrazione del Prezioso Sangue durante la celebrazione della Santa Messa ( Prot. N. 467/05/L del 9 luglio 2005).

Le risposte ricevute dalle Conferenze Episcopali sono state studiate dalle due Congregazioni ed è stato inviato un rapporto al Santo Padre.

Secondo le Sue direttive, questa Congregazione si rivolge ora a Vostra Eminenza / Eccellenza nei seguenti termini:

1. Un testo corrispondente alle parole pro multis, tramandato dalla Chiesa, costituisce la formula che è stata in uso nel rito romano, in latino, fin dai primi secoli.

In questi ultimi trent'anni circa, alcuni testi in lingua volgare hanno adottato una traduzione che interpreta [il pro multis]come "per tutti", o equivalente.

2. Come ha dichiarato la Congregazione per la Dottrina della Fede (Sacra Congregatio pro Doctrina Fidei, Declaratio de sensu tribuendo adprobationi versionum formularum sacramentalium, 25 Ianuarii 1974, AAS 66 [1974], 664), non vi è alcun dubbio circa la validità delle Messe celebrate usando una formula debitamente approvata e contenente una formulazione equivalente a "per tutti". In effetti, la formulazione "per tutti" corrisponderebbe senza alcun dubbio ad una corretta interpretazione dell'intenzione del Signore espressa nel testo. È un dogma di fede che Cristo è morto sulla Croce per tutti gli uomini e le donne (cfr. Gv 11, 52; II Cor 5, 14-15; Tito 2, 11; I Gv 2, 2).

3. Tuttavia, vi sono molti argomenti a favore di una traduzione più precisa della formula tradizionale pro multis:

a. I Vangeli Sinottici (Mt 26, 28; Mc 14, 24) fanno specifico riferimento ai “polloi" (termine greco che sta per molti) per i quali il Signore offre il Sacrificio, e questo termine è stato messo in risalto da alcuni esegeti in relazione alle parole del profeta Isaia (53,11-12). Sarebbe stato del tutto possibile nei testi evangelici dire "per tutti" (vedi, per esempio, Lc 12,41); invece, la formula data nel racconto dell'istituzione è "per molti", ed è così che queste parole sono state fedelmente tradotte nella maggior parte delle versioni moderne della Bibbia.

b. Il rito romano in latino, nella consacrazione del Calice ha sempre detto pro multis e mai pro omnibus.

c. Le anafore dei vari riti orientali, in greco, in siriaco, in armeno, nelle lingue slave, ecc., nelle loro rispettive lingue contengono parole equivalenti al latino pro multis.

d. "Per molti" è una traduzione fedele di pro multis, mentre "per tutti" è piuttosto una spiegazione che appartiene propriamente alla catechesi.

e. L'espressione "per molti", pur restando aperta all'inclusione di ogni persona umana, riflette anche il fatto che la salvezza non è data meccanicamente: senza che la si voglia, o vi si partecipi; al contrario: il credente è invitato ad accettare nella fede il dono che gli è offerto, e a ricevere la vita soprannaturale che è data a coloro che partecipano a questo mistero e lo vivono nella loro esistenza affinché siano annoverati fra i “molti” ai quali il testo si riferisce.

f. Sulla scia dell’Istruzione Liturgiam authenticam, dovrebbe essere fatto uno sforzo per essere più fedeli ai testi latini delle edizioni tipiche.

4. Alle Conferenze Episcopali di quei paesi in cui la formula "per tutti" o il suo equivalente è attualmente in uso, si chiede di iniziare presso i fedeli, nei prossimi uno o due anni, la catechesi necessaria su questo argomento, al fine di prepararli all’introduzione di una precisa traduzione in lingua volgare della formula pro multis ( e cioè “per molti”) nella prossima traduzione del Messale Romano che i Vescovi e la Santa Sede approveranno per i loro paesi.

Con l'espressione della mia alta stima e del mio rispetto, Vi prego di credere, Eminenza / Eccellenza, alla mia devozione in Cristo.

+ Card. Francis Arinze, Prefetto


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Leggendo la circolare della Congregazione per il Culto Divino a tutti i Presidenti delle Conferenze Episcopali Nazionali (17 ottobre 2006) circa l’uso della corretta espressione “per molti”, invece della errata espressione “per tutti”, nel Canone della S. Messa, viene subito da ringraziare il Santo Padre per un provvedimento tanto opportuno quanto salutare.

Grazie a Dio, continuando così, sarà possibile recuperare quelle parti della dottrina, della liturgia, della catechesi e della pastorale che in questi anni del post Concilio sono state colpevolmente o dolosamente stravolte.

Tuttavia, proprio per l’importanza di un documento di tal fatta, riteniamo sia opportuno mettere a fuoco alcuni elementi che lo stesso documento propone in maniera forse inavvertita, mentre invece rivestono molta importanza.

Al n° 2 è detto che “… non vi è alcun dubbio circa la validità delle Messe celebrate usando una formula debitamente approvata e contenente una formulazione equivalente a “per tutti”. E questo perché l’espressione “per tutti” corrisponderebbe senza alcun dubbio ad una corretta interpretazione dell'intenzione del Signore espressa nel testo.”

Questa precisazione si presenta come una sorta di excusatio non petita, che la Congregazione sembra sia stata costretta o abbia sentito il dovere di inserire nel testo al fine di venire incontro alle obiezioni certo già sollevate e che verranno sollevate ulteriormente a partire da adesso.
Essa, peraltro, svolge la funzione di vanificare in parte (o forse anche in toto) il rimanente contenuto del documento.

Se l’uso di “per tutti” è “senza dubbio” conforme all’intenzione del Signore, così come Egli la esprime nel testo, perché la Congregazione va cercando il pelo nell’uovo ?
È essa stessa a dirlo, ed è sempre essa stessa a sostenere che è più corretto usare “per molti” invece di per tutti. Proprio perché “per molti” implica la precisazione che “la salvezza non è data meccanicamente: senza che la si voglia o vi si partecipi”, come è detto in questa stessa lettera, al punto “e”.
A questo si aggiunga che se la Congregazione ha sentito il bisogno di ribadire la “validità delle Messe… ecc.” è sicuramente perché il problema della loro eventuale invalidità si poneva a ragion veduta.

Non si tratta certo di questioni di poco conto.

Non solo. Ma come non notare con preoccupazione che questo documento della Congregazione, che ribadisce la corretta dottrina della Chiesa, sia indirizzato, non ai semplici fedeli, ma ai Vescovi e ai Cardinali, che dovrebbero essere i primi ad insegnarla ai fedeli.

Forse i Vescovi e i Cardinali non sapevano che la “salvezza non è data meccanicamente” ?

Non è una domanda retorica.

È una domanda seria.

Perché dalla risposta potrebbe derivare che: o per 40 anni ai fedeli sia stata insegnata una dottrina equivoca, e proprio tramite il momento culminante del Culto (la Consacrazione nel corso della S. Messa), oppure che la Congregazione oggi si trastulla con una cosa di poco conto.

E se per 40 anni i Vescovi avessero davvero insegnato, tramite la S. Messa, recitata a voce alta e in volgare, una dottrina equivoca, crede la Congregazione che basti una circolare come questa per riparare il danno provocato ?

In realtà, non è possibile supporre che i Vescovi non sapessero che il “per tutti” ha una connotazione equivoca e fuorviante, quindi è evidente che hanno, non tanto avallato, quanto “voluto” quella traduzione. Hanno cioè insegnato una dottrina equivoca a ragion veduta.

E, fino ad oggi, per 40 anni, tale traduzione e il suo uso liturgico conseguente sono stati approvati dalla stessa Congregazione che oggi si lamenta.

La cosa è davvero grave e avrebbe richiesto un intervento di ben altra portata che la semplice “circolare”. Forse occorrerebbero più encicliche per prendere seriamente in considerazione tutti gli elementi equivoci presenti nella nuova Messa, perché non è certo solo questo il punto in cui si forza e si tradisce la dottrina cattolica.

Facciamo un solo esempio per tutti.

Gloria in excelsis Deo, et in terra pax hominibus bonae voluntatis.

Tradotto, recitato e cantato con:

Gloria a Dio nell’alto dei cieli, e pace in terra agli uomini che Dio ama !

Da dove è venuto fuori questo totale stravolgimento del testo evangelico (Luca, 2, 14) ?

Gli Angeli, proprio in forza dell’Incarnazione del Verbo, annunciano la pace in terra agli uomini di “buona volontà”, cioè agli uomini la cui volontà, la cui intenzione, è “buona”, cioè conforme alla Volontà di Dio. Tutti gli altri, che non sono di buona volontà, non possono godere della pace che apporta l’Incarnazione del Verbo.

Scrivere, recitare e cantare, invece, “pace in terra agli uomini che Dio ama”, significa capovolgere l’insegnamento evangelico, stravolgere la dottrina, banalizzare la liturgia.

Dio ama tutti, è implicito nella sua stessa essenza, Egli è il Sommo Bene, è Amore, ma gli uomini si salvano, ricevono e godono la “pace” non perché Dio li ama, ma perché devono essere loro ad amare Dio: chi non ama Dio non gode di alcuna “pace”.

È questo che insegna il Vangelo.

Come si vede ci troviamo al cospetto di un capovolgimento simile a quello del “pro multis”, che non significa “per tutti”.

Ma questi capovolgimenti, che corrispondono ad una vera e propria sovversione della dottrina, non possono essere addebitati a qualche svista o a qualche particolare lettura esegetica, come per esempio nei famosi “polloi” (il greco “multis”) che per anni ci è stato spiegato fossero le “moltitudini” e quindi i “tutti”.

No. Questi capovolgimenti rispondono ad una precisa strategia “culturale” (come si usa dire oggi).

Il Figlio di Dio non può essersi incarnato per la salvezza “di molti” (quelli disposti a seguirlo e a conformarsi alle leggi di Dio),… è inaccettabile.

Ci troveremmo al cospetto di una vera e propria discriminazione.

Senza contare la violazione di ogni minima regola di civile convivenza e di democrazia. … Quindi la dottrina insegnata fino a quel punto dev’essere corretta; anche a costo di cambiare le parole in bocca a Nostro Signore.

Lo stesso dicasi che la “pace” apportata da questa Incarnazione.

L’amore di Dio è tale, è talmente onnicomprensivo, che non può produrre alcun discrimine. Data l’Incarnazione non può ammettersi alcunché di diverso di una “pace” data a tutti, indipendentemente dalla volontà di ognuno, una “pace” automatica e necessaria, come è automatico e necessario l’amore di Dio. D’altronde, sarebbe assurdo supporre che Dio non ami tutti: e, se li ama tutti, è impossibile che certuni possano ricevere la “pace” e certi altri no.

Quanto poi al fatto che certe cose sono scritte nei Vangeli, si tratta di un particolare a cui si può ovviare facilmente: se non hanno sbagliato gli Angeli, hanno sbagliato di certo gli estensori dei Vangeli, magari senza accorgersene.

Ironia a parte, è esattamente questo il contesto “culturale”, religioso, liturgico e dottrinale in cui si cala questa circolare della Congregazione per il Culto Divino. Il contesto cioè composto dalle migliaia di Vescovi, preti, teologi, liturgisti e catechisti. È su questo terreno che vengono gettati i semi della correzione.

Verranno i frutti ?

Ce lo auguriamo, e preghiamo per questo, fidando fortemente nell’aiuto di Dio.

Ma intanto non possiamo evitare di far notare che il richiamo con cui si conclude questa circolare (Alle Conferenze Episcopali… si chiede di iniziare presso i fedeli, nei prossimi uno o due anni, la catechesi necessaria su questo argomento,…) ci sembra un po’ anacronistico.

Davvero si è convinti che gli stessi Vescovi che hanno volutamente insegnato una dottrina equivoca, da adesso, sulla base della circolare, saranno in grado di catechizzare i fedeli spiegando loro che in questi 40 anni si sono sbagliati ?

Ci sbaglieremo, ma a noi sembra che il meglio che possa accadere è l’apertura di un “dibattito”, dove ognuno finirà col dire la sua, senza che si possa mai giungere a niente di serio.

D’altronde, sappiamo per esperienza, che neanche la pubblicazione di un’enciclica sull’Eucarestia (Ecclesia de Eucharistia) e di una conseguente istruzione su come evitare le distorsioni e gli abusi nella celebrazione della S. Messa (Redemptionis Sacramentum), sia servito a un granché; a dimostrazione del fatto che è necessario un lavoro di maggiore incisività, un lungo e faticoso processo di decontaminazione innanzi tutto delle menti e dei cuori dei preti, dei religiosi e dei chierici in genere.

Una circolare come questa sembra davvero una goccia nel mare.

Tant’è.

Ma riconosciamo che per fare una cosa grande si deve necessariamente partire con una cosa piccola, sicuramente. E siamo i primi a pregare perché le cose vadano sempre più e sempre meglio nella giusta direzione, per il bene della Chiesa e per la salvezza delle ànime dei fedeli

Prendiamo atto allora di questa circolare e insieme della volontà di voler porre mano al recupero del vero insegnamento cattolico, e ringraziamo il Santo Padre per questo.

Da parte nostra, nel nostro piccolo, ci prodigheremo perché si tengano presenti anche i diversi aspetti implicati in una operazione come questa, soprattutto da parte dei laici, che oggi più di ieri hanno il compito di rimanere vigili e critici per la salvaguardia della Tradizione della Santa Chiesa.

Preghiamo la Santa Vergine perché, come ci ha assistiti in questi 40 anni, continui ad assisterci ancora, aiutandoci ad agire sempre e solo alla maggior gloria di Dio.

commento tratto da http://www.unavox.it/

[Modificato da Caterina63 10/09/2011 16:49]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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