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Benedetto XVI, Kiril e Bartolomeo I: cosa hanno in comune?

Ultimo Aggiornamento: 07/05/2009 10:30
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07/05/2009 10:30
 
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Dal Blog Senza peli sulla lingua di padre Giovanni Scalese del quale condivido le ampie riflessioni e che ringrazio personalmente...[SM=g1740722]

i due messaggi che seguono vanno letti in sequenza....


sabato 2 maggio 2009

Cirillo e Benedetto

Il dott. Robert Moynihan, Direttore di Inside the Vatican, nella sua ultima "Newsflash", ha pubblicato un interessantissimo bilancio dei primi 100 giorni del nuovo Patriarca di Mosca Kirill (chi conosce l'inglese può leggerlo sul sito della rivista).

Nel suo lungo rapporto Moynihan, che conosce la Russia e la sua Chiesa molto bene, non dimentica nulla di quanto avvenuto durante questi primi tre mesi di "patriarcato". Scopo dell'articolo è porre la questione: "Will Kirill and Benedict meet?" (= Cirillo e Benedetto si incontreranno?). Da tutta una serie di indizi, sembrerebbe proprio che tale incontro possa aver luogo in un futuro non così remoto. Una cosa è certa: i rapporti tra le due Chiesa (quella cattolica e quella ortodossa) sono completamente cambiati. Ai tempi di Giovanni Paolo II (quando, secondo me, ci giocava anche un elemento etnico difficilmente superabile) essi erano pessimi; con l'elezione di Papa Ratzinger e ora con quella del Patriarca Cirillo (il quale, come responsabile per le relazioni esterne, aveva sempre mostrato grande apertura verso la Chiesa cattolica) essi sono entrati in una fase nuova.

Chiaramente non ci si può fare delle facili illusioni: pensare che l'incontro possa avvenire in quattro e quattr'otto e che il risultato dell'incontro sia la riunificazione delle due Chiese. Ci sono ancora numerosi ostacoli; il primo dei quali viene ricordato dallo stesso Moynihan: la costituzione, da parte di Papa Woytila, di alcune diocesi cattoliche sul territorio della Chiesa ortodossa russa. Per quanto un ortodosso possa essere "aperto", una cosa del genere rimarrà per lui sempre inaccettabile: uno stesso territorio non può essere oggetto di diverse giurisdizioni. Ma non credo che si tratti di difficoltà insormontabili; con un po' di buona volontà da entrambe le parti si riesce sempre a trovare qualche soluzione di compromesso, soprattutto quando si tratta di questioni canoniche. Questione canonica è anche il problema, ben più importante, del primato pontificio, che però comporta risvolti di carattere dottrinale. Ma anche qui sembra che la strada imboccata sia quella giusta; e che prima o poi si riesca a trovare un accordo. In questo caso non mi sento di parlare di "compromesso", perché non possono esserci compromessi in materia dogmatica; ma non è impossibile trovare un accordo che, salvando il principio del primato (non solo onorifico, ma giurisdizionale) del Pontefice Romano, possa mettere insieme tradizioni disciplinari diverse. A mio parere c'è ancora molto da lavorare non solo nelle relazioni tra le due Chiese, ma anche all'interno della stessa Chiesa cattolica, per approfondire, chiarire e definire il rapporto fra collegialità e primato, che il Vaticano II ha abbozzato, ma non ha definitivamente risolto.

Molto significativo e motivo di grande speranza mi sembra il recente incontro del Papa col Presidente della Bielorussia Lukashenko. Non sarebbe la prima volta che i politici riescono a realizzare quello che gli ecclesiastici non sono stati capaci di concludere. Non mi sembra in alcun modo impossibile che il sospirato incontro fra il Papa e il Patriarca possa avvenire proprio in Bielorussia. Mi sembra invece un po' più difficile (anche se non posso escluderlo a priori) che esso possa aver luogo nei prossimi gironi, a Roma stessa, in occasione dell'inaugurazione della nuova chiesa ortodossa di Santa Caterina, costruita sul terreno dell'Ambasciata russa.

Mi lascia invece un po' perplesso la profezia riportata da Moynihan al termine del suo articolo: si tratta di una profezia di Gioacchino da Fiore sulla riunificazione delle Chiese d'Oriente e d'Occidente. Personalmente preferisco far riferimento a un'altra profezia, fatta nell'Ottocento da un aristocratico russo convertito al cattolicesimo, il conte Gregorio Petrovic Schouvaloff, il quale, dopo la morte della moglie, non solo si fece cattolico, ma divenne anche religioso e sacerdote, entrando nell'Ordine dei Barnabiti con il nome di Agostino Maria. Morì ancor giovane, offrendo la sua vita per il "ritorno" (come allora si diceva) della Chiesa Russa all'unità cattolica, che si sarebbe un giorno realizzato grazie all'intercessione della Vergine Immacolata.


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martedì 5 maggio 2009

Ecumenismo dottrinale, etico o... estetico?

Dopo aver letto il mio post di sabato scorso su "Cirillo e Benedetto", un confratello mi ha procurato l'articolo "Roma-Mosca: prove tecniche d'intesa georeligiosa", del Prof. Roberto Morozzo della Rocca, docente all'Università di Roma Tre, pubblicato sull'ultimo numero della rivista Limes (3/2009), intitolato "Eurussia, il nostro futuro?". Purtroppo non posso darvi il link, perché non è pubblicato sul sito della "rivista italiana di geopolitica".

Si tratta di un interessantissimo articolo, che analizza i rapporti tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa russa dopo l'elezione del Patriarca Cirillo da una prospettiva diversa rispetto a quella del Dott. Robert Moynihan, una prospettiva che potremmo appunto definire "geopolitica". L'articolo approfondisce quello che io avevo chiamato nel mio post l'elemento etnico che aveva reso difficili le relazioni fra le due Chiese durante il pontificato di Giovanni Paolo II. Aggiunge un altro aspetto che avevo trascurato: l'esistenza della Chiesa "uniate" ucraina. Sono tutti elementi che giocano un ruolo non indifferente nella partita fra Santa Sede e Patriarcato di Mosca.

Molto interessante vedere come anche le tensioni scaturite dalla costituzione di alcune diocesi cattoliche sul "territorio canonico" della Chiesa ortodossa russa abbiano un risvolto positivo: il fatto che il Patriarcato di Mosca si lamenti di ciò solo con la Chiesa cattolica è indice di un rapporto privilegiato con noi; è il riconoscimento che Chiesa romana e Chiesa russa sono Chiesa apostoliche sorelle, ciascuna competente sul proprio territorio (secondo la concezione canonica orientale).

Nella seconda parte del suo studio, il Prof. Morozzo della Rocca si sofferma sulla politica ecumenica del nuovo Patriarca. A quanto pare, Cirillo sarebbe abbastanza disilluso: "L'ecumenismo come è stato praticato tra cristiani europei sarebbe secondo Kirill ormai logoro, spento, specie sul piano dottrinale". Forse non ha tutti i torti: l'ingenuo ottimismo di qualche anno fa deve fare i conti con divergenze dottrinali che appaiono insormontabili. Ormai sappiamo che cosa ci unisce e che cosa ci divide; abbiamo stilato dichiarazioni comuni, in cui sono stati evidenziati i punti su cui ci troviamo d'accordo; ma, arrivati ai punti che ci dividono, che cosa fare?[SM=g1740733]

Quale sarebbe allora la proposta di Cirillo per l'ecumenismo oggi? Esso "potrebbe riprendere slancio qualora le maggiori Chiese europee si alleassero per resistere al relativismo etico che stravolge la concezione cristiana dell'uomo e secolarizza la società".  "Kirill, come patriarca, piú ancora che in passato cercherà di trovare un accordo con la Chiesa cattolica romana in nome di una convergenza antropologica ed etica. Le sue idee coincidono singolarmente con quelle di Benedetto XVI e con il discorso cattolico sui valori «non negoziabili» connessi all'antropologia cristiana".

Tale prospettiva è certamente interessante, non va in alcun modo trascurata (se si può fare qualcosa per la povera vecchia Europa, va fatto); ma, se devo essere sincero, non mi entusiasma piú di tanto. Prima di tutto perché mi sembra un modo per un altro per accantonare il problema ecumenico propriamente detto, che, secondo me, non può essere accantonato. In fondo, agli ortodossi può anche andar bene cosí: lasciamo che tutto resti come è sempre stato: ciascuno a casa sua; voi non date noia a noi, noi non diamo noia a voi; cerchiamo di avere rapporti di buon vicinato e cerchiamo di collaborare per il recupero dei valori morali in Europa. Ma questo non è accettabile per un cattolico, che è, per sua natura, "ecumenico". Il ristabilimento della piena comunione fra le Chiese non può essere disatteso, proprio se vogliamo il bene dell'Europa. Che ci siano delle difficoltà, è vero; ma non mi sembra giusto arrendersi di fronte ad esse. Sono d'accordo che non si può essere ingenui (solo uno "spirito conciliare" da quattro soldi poteva alimentare certe illusioni...); è doveroso essere realisti; ma non possiamo porre limiti alla Provvidenza. Specialmente con gli ortodossi, mi sembra che gli ostacoli non siano insormontabili. Si tratta di conciliare il principio del primato con quello della collegialità, e di trovare nuove formule canoniche che permettano la compresenza di diverse tradizioni nell'unica Chiesa.[SM=g1740722]

In secondo luogo, mentre condivido che è possibile, e forse doveroso, cercare convergenze sui comuni valori umani nel dialogo con i "laici" e i non-cristiani (dal momento che non ci sono altri terreni comuni su cui incontrarsi), fra cristiani mi sembra un po' poco accontentarsi di questo, come se non avessimo altro su cui trovarci d'accordo. E Gesú Cristo? [SM=g1740733] Capirei di piú una "crociata" comune di rievangelizzazione del vecchio continente, piuttosto che una campagna per il recupero dei valori morali. Oltre tutto, mi sembra un tantino rischioso, per i cristiani, insistere piú del dovuto sull'etica, come se questa fosse concebile a prescindere dai suoi fondamenti teologici. Esiste un problema di fondo: può l'uomo salvarsi da solo, con i suoi sforzi? Può l'uomo vivere secondo la legge morale senza il soccorso della grazia? È ovvio che questi discorsi non possiamo farli con i non-cristiani e i non-credenti, ma fra noi non possiamo eluderli.

Nel frattempo, viste le difficoltà dell'ecumenismo dottrinale e vista la pericolosità dell'ecumenismo etico, preferisco rifugiarmi in un altro tipo di ecumenismo, che chiamerei "estetico". Sono convinto che l'arte svolgerà (o meglio, sta già svolgendo) un ruolo non secondario nel ristabilimento della piena comunione fra le Chiese. Con le Chiese orientali sono soprattutto le arti figurative (le icone) che stanno a poco a poco avvicinandoci. Con le comunità scaturite dalla riforma, invece, credo che un ruolo importante possa essere giocato dalla musica: i meravigliosi inni liturgici della tradizione protestante (già in uso anche presso i cattolici) possono essere un ponte che unirà le nostre comunità piú di tanti sterili colloqui teologici.


[SM=g1740733]

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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