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Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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Iniziativa SBALLATA DELLA CEI (Dio ci salvi!)

Ultimo Aggiornamento: 25/05/2009 15:23
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Sesso: Femminile
18/05/2009 14:51
 
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Ciò che leggerete non essendo tema di dogmi, ma di Dottrina SOCIALE della Chiesa che coinvolge le Famiglie e la morale cattolica PUO' ESSERE CONTESTATO ALLA CEI non lasciamoci suggestionare dal contesto dell'infallibilità e dell'obbedienza al Pontefice....se il Papa fosse a conoscenza realmente di queste iniziative, non ne sarebbe affatto contento...[SM=g7362]

LA CEI APRE AI FILM SU OMOSESSUALITA', EUTANASIA ETC.
 
 di Francesco Colafemmina dal Blog Fides et Forma


Leggiamo su Panorama di questa settimana a pagina 38 che don Dario Viganò, presidente della Fondazione Ente per lo Spettacolo, nonchè della Commissione Nazionale Valutazione Film della Cei, ha autorizzato la proiezione nelle sale parrocchiali di pellicole che parlano di omossessualità, eutanasia, crisi della fede, quali Brokeback Mountain, In memoria di me, Million dollar baby, Diverso da chi?.

Una domanda sorge spontanea: possibile che su Rai Due il film Brokeback Mountain sia stato inizialmente censurato ed epurato delle scene più squallide, per poi essere ritrasmesso in seconda serata nel marzo scorso e adesso la Cei ne autorizza la visione nelle sale parrocchiali? Forse la Rai è più sensibile della Cei alle tematiche da proiettare sullo schermo?

Fatto sta che a quanto pare la cultura gay è di moda nel mondo ecclesiale (e forse non è un caso). Addirittura adesso si promuovono incontri di preghiera fra cattolici e anglicani (noti per le loro aperture) e veglie in onore delle vittime dell'omofobia! E questa è solo una goccia nel mare dell'omofilia più che dell'omofobia. Lo sdoganamento è un'opera lenta ma graduale che va applicata in maniera anodina agli argomenti che più accorano l'autoreferenzialità di alcune figure. Perchè non ricordare a tal proposito una vasta operazione nata in quel di Milano alla fine degli anni novanta e allora ben sponsorizzata?

E che dire dell'eutanasia? Discutiamone, si, e lasciamo che le sale parrocchiali si infestino di volonterosi pannelliani! Ma forse è meglio così. La chiesa è oggi "adulta", emancipata, libera. Apre dibattiti, discussioni eminenti su tematiche che solo pochi anni fa erano un tabù. Accetta l'evoluzionismo biologico (non darwiniano), crede nell'esistenza degli UFO (e ogni tanto ne fa atterrare qualcuno progettato dall'architetto svizzero Botta)... cosa si può volere di più? Un lucano? No, neanche quello. I lucani hanno già fatto danni bastanti (vedi lo sconcertante volume "Vaticano S.p.A." appena uscito in libreria). La mondanizzazione è al completo.

Una Chiesa che sotto la scusa del confronto si piega al mondo e prima di aver chiara la propria identità si affretta a prostituirla con le lobby più scatenate è ormai un rottame autoreferenziale che solo la preghiera di molti laici e sacerdoti silenziosi potrà salvare da se stessa. E quest'ultimo piccolo fenomeno italico cinematologico è solo l'ennesima conferma del fatto che i fedeli sono spesso considerati degli "utili idioti" da certa gerarchia che tenta di imporre nella Chiesa elementi di una cultura estranea e deviante, facendoli passare per fondamentali espressioni di una modernità matura. E con ciò non parliamo solo di film, bensì di arte, architettura et cetera.

Sempre imposti dall'alto, con la spocchia di un intellettualismo illuminato in grado di decidere cosa è meglio per le pecorelle del gregge di Dio, senza alcun rispetto per ciò che sostanzia la Chiesa ovvero la fede e la tradizione.

A questo punto inutile prendersela con Dan Brown e Ron Howard: forse i loro film saranno delle emerite idiozie ma almeno sono divertenti!


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la mia riflessione:

 Ghigno  ma perchè esistono ancora le sale parrocchiali che proiettano film?

battute a parte io ho 46 anni e ricordo come fosse ieri un altro grave danno che i vescovi negli anni '70 (ingenuamente?) perpetrarono ai "più piccoli"...

All'epoca avevo 14 anni, l'età dell'adolescenza ed ero al collegio delle suore...
La domenica avevamo la sala cinematografica nella quale, ovviamente, si proiettavano davvero film edificanti di santi...
Ma qualcosa all'improvviso mutò!

Ci fu l'avvio di un programma per adolescenti, dovevamo conoscere come era fatta la vita, come fosse la vita della donna...
tale programma SOCIALE imposto al collegio prevedeva una serie di film educativi sulla morale...
il progetto terminò alla proiezione del primo film che ebbe effetti devastanti su tutte noi collegiali adolescenti...

tale film, francese, raccontava la storia di due LESBICHE...una però aveva l'animo molto tormentato perchè di fatto era sposata e aveva con l'amica una amicizia alquanto libidinosa e contorta, naturalmente sotto l'effetto delle scene, le immagini erano comunque molto contenute anche se si capiva benissimo....
le scene più drammatiche furono tre:
- il parto di questa donna, sola a casa, nella vasca da bagno, con urla tremende, sangue ovunque e vomito....
- il rapporto con questa amica che alla fine SI TAGLIA LE VENE ma si salva...cercando di baciare l'amica...il gesto del suicidio a causa del figlio nato dell'amica che poneva una netta separazione fra le due amiche....
- il marito di lei praticamente inesistente, lo si vedeva solo che ritornava stanco dal lavoro e pretendeva il rapporto con la moglie...

Immaginate quale effetto devastante ebbe su di noi, di 14 anni, in un epoca ancora la TV mandava in onda Canzonissima o Pippicalzelunghe...o i Racconti di Padre Brown...
Al termine della proiezione noi notammo le espressioni in volto delle suore allibite, senza parole, con gli occhi sbarrati che cercavano di vedere a loro volta le nostre reazioni....
noi eravamo SCONVOLTE...alcune piangevano, qualcuna ha vomitato...finalmente una del gruppo delle più grandi ruppe il silenzio chiedendo: "ma perchè ci avete fatto vedere queste cose orribili?"
già perchè, si chiesero ingenuamente le suore....e lì terminò il programma SOCIALE di educazione alla NUOVA MORALE  del mondo moderno...

Alcune di noi, me compresa...ci portammo dietro questo film nel modo peggiore...una morbosità schifosa ed una scandolosa IMPOSIZIONE avevano davvero rotto, nel modo peggiore, la nostra INNOCENZA...ciò che davvero non sapevamo della vita, lo scoprimmo nel modo peggiore...in un modo devastante, e tutto con il consenso dei VESCOVI degli anni '70...

A distanza di tempo, quando poi da catechista e partecipante ai gruppi diocesani per il recupero dei tossicodipendenti, o per la pastorale matrimoniale, mi ritornavano sempre a mente quelle immagini, ne parlai anche con qualche sacerdote, supplicandoli a non ripetere gli stessi errori e mi son sempre chiesta se i vescovi che permettono certe cose, le abbiano davvero VISTE o se si affidano solo al parere di terzi...

Se qualcuno ha in potere di parlare con questi vescovi responsabili, avvisateli: questi film NON SONO EDUCATIVI, SONO DEVASTANTI...non raccontano la verità, sono film!!!! e quand'anche si fondassero su storie reali, il film e l'esigenza cinematografica ne distorce il senso, filtrando esclusivamente solo ciò che si vuol far fissare nella mente soprattutto degli adolescenti che sono ancora come spugne ed assorbono spesso IL PEGGIO che vedono e sentono...

Attenti a non scandalizzare i piccoli! Gesù ha in merito parole dure e severe....

Fraternamente CaterinaLD

P.S.
scrivete una Lettera di protesta (educata) alla CEI io l'ho fatto mandando la mia testimonianza...

http://www.chiesacattolica.it/cci_new/info.jsp?id_tab=2

LETTERA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
ALLA DIOCESI E ALLA CITTÀ DI ROMA
SUL COMPITO URGENTE DELL’EDUCAZIONE


Cari fedeli di Roma,


ho pensato di rivolgermi a voi con questa lettera per parlarvi di un problema che voi stessi sentite e sul quale le varie componenti della nostra Chiesa si stanno impegnando: il problema dell'educazione. Abbiamo tutti a cuore il bene delle persone che amiamo, in particolare dei nostri bambini, adolescenti e giovani. Sappiamo infatti che da loro dipende il futuro di questa nostra città. Non possiamo dunque non essere solleciti per la formazione delle nuove generazioni, per la loro capacità di orientarsi nella vita e di discernere il bene dal male, per la loro salute non soltanto fisica ma anche morale.


Educare però non è mai stato facile, e oggi sembra diventare sempre più difficile. Lo sanno bene i genitori, gli insegnanti, i sacerdoti e tutti coloro che hanno dirette responsabilità educative. Si parla perciò di una grande "emergenza educativa", confermata dagli insuccessi a cui troppo spesso vanno incontro i nostri sforzi per formare persone solide, capaci di collaborare con gli altri e di dare un senso alla propria vita. Viene spontaneo, allora, incolpare le nuove generazioni, come se i bambini che nascono oggi fossero diversi da quelli che nascevano nel passato. Si parla inoltre di una "frattura fra le generazioni", che certamente esiste e pesa, ma che è l'effetto, piuttosto che la causa, della mancata trasmissione di certezze e di valori.


Dobbiamo dunque dare la colpa agli adulti di oggi, che non sarebbero più capaci di educare? E' forte certamente, sia tra i genitori che tra gli insegnanti e in genere tra gli educatori, la tentazione di rinunciare, e ancor prima il rischio di non comprendere nemmeno quale sia il loro ruolo, o meglio la missione ad essi affidata. In realtà, sono in questione non soltanto le responsabilità personali degli adulti o dei giovani, che pur esistono e non devono essere nascoste, ma anche un'atmosfera diffusa, una mentalità e una forma di cultura che portano a dubitare del valore della persona umana, del significato stesso della verità e del bene, in ultima analisi della bontà della vita. Diventa difficile, allora, trasmettere da una generazione all'altra qualcosa di valido e di certo, regole di comportamento, obiettivi credibili intorno ai quali costruire la propria vita.


Cari fratelli e sorelle di Roma, a questo punto vorrei dirvi una parola molto semplice: Non temete! Tutte queste difficoltà, infatti, non sono insormontabili. Sono piuttosto, per così dire, il rovescio della medaglia di quel dono grande e prezioso che è la nostra libertà, con la responsabilità che giustamente l'accompagna. A differenza di quanto avviene in campo tecnico o economico, dove i progressi di oggi possono sommarsi a quelli del passato, nell'ambito della formazione e della crescita morale delle persone non esiste una simile possibilità di accumulazione, perché la libertà dell'uomo è sempre nuova e quindi ciascuna persona e ciascuna generazione deve prendere di nuovo, e in proprio, le sue decisioni. Anche i più grandi valori del passato non possono semplicemente essere ereditati, vanno fatti nostri e rinnovati attraverso una, spesso sofferta, scelta personale.


Quando però sono scosse le fondamenta e vengono a mancare le certezze essenziali, il bisogno di quei valori torna a farsi sentire in modo impellente: così, in concreto, aumenta oggi la domanda di un'educazione che sia davvero tale. La chiedono i genitori, preoccupati e spesso angosciati per il futuro dei propri figli; la chiedono tanti insegnanti, che vivono la triste esperienza del degrado delle loro scuole; la chiede la società nel suo complesso, che vede messe in dubbio le basi stesse della convivenza; la chiedono nel loro intimo gli stessi ragazzi e giovani, che non vogliono essere lasciati soli di fronte alle sfide della vita. Chi crede in Gesù Cristo ha poi un ulteriore e più forte motivo per non avere paura: sa infatti che Dio non ci abbandona, che il suo amore ci raggiunge là dove siamo e così come siamo, con le nostre miserie e debolezze, per offrirci una nuova possibilità di bene.


Cari fratelli e sorelle, per rendere più concrete queste mie riflessioni, può essere utile individuare alcune esigenze comuni di un'autentica educazione. Essa ha bisogno anzitutto di quella vicinanza e di quella fiducia che nascono dall'amore: penso a quella prima e fondamentale esperienza dell'amore che i bambini fanno, o almeno dovrebbero fare, con i loro genitori. Ma ogni vero educatore sa che per educare deve donare qualcosa di se stesso e che soltanto così può aiutare i suoi allievi a superare gli egoismi e a diventare a loro volta capaci di autentico amore.


Già in un piccolo bambino c'è inoltre un grande desiderio di sapere e di capire, che si manifesta nelle sue continue domande e richieste di spiegazioni. Sarebbe dunque una ben povera educazione quella che si limitasse a dare delle nozioni e delle informazioni, ma lasciasse da parte la grande domanda riguardo alla verità, soprattutto a quella verità che può essere di guida nella vita.


Anche la sofferenza fa parte della verità della nostra vita. Perciò, cercando di tenere al riparo i più giovani da ogni difficoltà ed esperienza del dolore, rischiamo di far crescere, nonostante le nostre buone intenzioni, persone fragili e poco generose: la capacità di amare corrisponde infatti alla capacità di soffrire, e di soffrire insieme.


Arriviamo così, cari amici di Roma, al punto forse più delicato dell'opera educativa: trovare un giusto equilibrio tra la libertà e la disciplina. Senza regole di comportamento e di vita, fatte valere giorno per giorno anche nelle piccole cose, non si forma il carattere e non si viene preparati ad affrontare le prove che non mancheranno in futuro. Il rapporto educativo è però anzitutto l'incontro di due libertà e l'educazione ben riuscita è formazione al retto uso della libertà.

Man mano che il bambino cresce, diventa un adolescente e poi un giovane; dobbiamo dunque accettare il rischio della libertà, rimanendo sempre attenti ad aiutarlo a correggere idee e scelte sbagliate. Quello che invece non dobbiamo mai fare è assecondarlo negli errori, fingere di non vederli, o peggio condividerli, come se fossero le nuove frontiere del progresso umano.


L'educazione non può dunque fare a meno di quell'autorevolezza che rende credibile l'esercizio dell'autorità. Essa è frutto di esperienza e competenza, ma si acquista soprattutto con la coerenza della propria vita e con il coinvolgimento personale, espressione dell'amore vero. L'educatore è quindi un testimone della verità e del bene: certo, anch'egli è fragile e può mancare, ma cercherà sempre di nuovo di mettersi in sintonia con la sua missione.


Carissimi fedeli di Roma, da queste semplici considerazioni emerge come nell'educazione sia decisivo il senso di responsabilità: responsabilità dell'educatore, certamente, ma anche, e in misura che cresce con l'età, responsabilità del figlio, dell'alunno, del giovane che entra nel mondo del lavoro. E' responsabile chi sa rispondere a se stesso e agli altri. Chi crede cerca inoltre, e anzitutto, di rispondere a Dio che lo ha amato per primo.


La responsabilità è in primo luogo personale, ma c'è anche una responsabilità che condividiamo insieme, come cittadini di una stessa città e di una nazione, come membri della famiglia umana e, se siamo credenti, come figli di un unico Dio e membri della Chiesa. Di fatto le idee, gli stili di vita, le leggi, gli orientamenti complessivi della società in cui viviamo, e l'immagine che essa dà di se stessa attraverso i mezzi di comunicazione, esercitano un grande influsso sulla formazione delle nuove generazioni, per il bene ma spesso anche per il male.

La società però non è un'astrazione; alla fine siamo noi stessi, tutti insieme, con gli orientamenti, le regole e i rappresentanti che ci diamo, sebbene siano diversi i ruoli e le responsabilità di ciascuno. C'è bisogno dunque del contributo di ognuno di noi, di ogni persona, famiglia o gruppo sociale, perché la società, a cominciare da questa nostra città di Roma, diventi un ambiente più favorevole all'educazione.


Vorrei infine proporvi un pensiero che ho sviluppato nella recente Lettera enciclica Spe salvi sulla speranza cristiana: anima dell'educazione, come dell'intera vita, può essere solo una speranza affidabile. Oggi la nostra speranza è insidiata da molte parti e rischiamo di ridiventare anche noi, come gli antichi pagani, uomini "senza speranza e senza Dio in questo mondo", come scriveva l'apostolo Paolo ai cristiani di Efeso (Ef 2,12). Proprio da qui nasce la difficoltà forse più profonda per una vera opera educativa: alla radice della crisi dell'educazione c'è infatti una crisi di fiducia nella vita.

Non posso dunque terminare questa lettera senza un caldo invito a porre in Dio la nostra speranza.

Solo Lui è la speranza che resiste a tutte le delusioni; solo il suo amore non può essere distrutto dalla morte; solo la sua giustizia e la sua misericordia possono risanare le ingiustizie e ricompensare le sofferenze subite. La speranza che si rivolge a Dio non è mai speranza solo per me, è sempre anche speranza per gli altri: non ci isola, ma ci rende solidali nel bene, ci stimola ad educarci reciprocamente alla verità e all'amore.

Vi saluto con affetto e vi assicuro uno speciale ricordo nella preghiera, mentre a tutti invio la mia Benedizione.


Dal Vaticano, 21 gennaio 2008

BENEDICTUS PP. XVI





[SM=g8925]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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